I – Nel bordello 

II – L’emiro dell’Arram

III – L’asta

 

 

A Kharana, l’abitazione di sayyd Omar, oggi ferve un’intensa attività. Kharana è una residenza molto ampia, che il suo proprietario chiama castello. Non è una vera fortezza, anche se è cinta da un muro ed è molto più grande di tutte le abitazioni del vicino villaggio e dell’area circostante.

A Kharana si prepara un grande banchetto. Nelle cucine le donne sono al lavoro già dall’alba. Sono stati invitati gli uomini di due villaggi e, anche se l’invito è arrivato solo ieri, pochi hanno detto di no: sayyd Omar è il capo della tribù e nessuno vorrebbe mancargli di rispetto.

Omar abita all’estremità sud-occidentale del territorio di Shakra, non lontano dall’Arram, che fino a non molto tempo fa era sotto il dominio dei franchi: il signore era Ferdinando, che ora è diventato un brigante. Omar è un uomo potente e deve obbedienza solo allo sceicco di Shakra e al signore della Siria e dell’Egitto, Salah ad-Din. È stato lui a sgominare la banda di briganti cristiani che imperversava non lontano. Nove di quei banditi sono stati impalati, alcuni vivi, altri, più fortunati, già cadaveri. Solo due sono riusciti a fuggire, aprendosi la strada con le armi. Pare che si siano uniti al brigante Ferdinando, insieme ad altri della banda che al momento dell’attacco si trovavano altrove.

Omar ha detto di aver organizzato il grande banchetto in onore di Rani, che gli ha annunciato la sua visita, di passaggio verso Damasco. Rani è cugino di Omar e fratello della sua terza moglie, morta nel dare alla luce una figlia.

Chi è informato sui rapporti tra Omar e Rani si è stupito della festa che si prepara: sayyd Omar ha accolto altre volte questo guerriero coraggioso, ma non ha mai organizzato banchetti in suo onore: è un parente e in quanto tale viene ricevuto, ma tutti sanno che in fondo Omar lo disprezza e non gli spiace sentir parlare male di lui. Molti pensano che ne invidi la giovinezza, la prestanza, il successo con le donne e con i ragazzi, anche se certo nessuno lo dice al vecchio signore: Omar è sempre stato un uomo irritabile e spietato e gli anni non hanno migliorato il suo carattere.

Ma oggi sayyd Omar offrirà un grande banchetto in onore di questo ospite e i servitori si affannano a sistemare i tappeti e a preparare il vasellame.

Aaron osserva gli uomini al lavoro. Non partecipa all’attività che ferve tutt’intorno: non è un servitore qualunque, è lo schiavo di piacere di sayyd Omar. Lo è da dieci anni, da quando Omar lo comprò al mercato, pagando una cifra esorbitante. Aaron aveva allora solo tredici anni. Oggi è un uomo, ma Omar lo ha tenuto presso di sé, per la sua grande bellezza, che tutti ammirano. Il desiderio in lui si è affievolito e non prende spesso Aaron, ma ama esibire il suo schiavo, che gli altri gli invidiano: i tratti regolari, la pelle chiara, gli occhi azzurri lo rendono diverso dagli uomini della tribù.

Aaron è inquieto. Da ieri mattina non ha più visto Suhail, lo stalliere con cui da tempo ha una relazione segreta. Hanno scopato l’ultima volta due giorni fa, nel pomeriggio, nascondendosi nella stalla, come spesso fanno. Mentre era in ginocchio davanti a Suhail e stava succhiandogli il cazzo, Aaron ha sentito un rumore e ha avuto l’impressione che qualcuno li spiasse dietro uno steccato.

Aaron si è preoccupato. Sa bene che sayyd Omar non accetterebbe mai che lui avesse rapporti con altri uomini: Aaron è il suo schiavo di piacere e nessun altro può toccarlo. Se sapesse che scopa con Suhail, sarebbe la morte per entrambi.

Per anni Aaron non ha mai guardato altri maschi, temendo la reazione di Omar. Poi l’estate scorsa è entrato nella scuderia per dire allo stalliere di preparare due cavalli e ha visto Suhail a torso nudo, che strigliava uno stallone. Ha fissato la schiena possente, su cui luccicava il sudore, il culo robusto, fasciato dai pantaloni, i capelli folti.

Suhail ha sentito su di sé lo sguardo del giovane e si è voltato. Aaron ha ammirato le spalle larghe, le braccia muscolose, il petto coperto da una peluria scura. Poi il suo sguardo è sceso ai pantaloni e si è fermato sul rigonfio: Suhail era eccitato e il grosso cazzo tendeva il tessuto.

Aaron ha avuto l’impressione che le gambe non lo reggessero più. Si è appoggiato a uno steccato. Suhail si è avvicinato, sorridendo.

- Stai male, Aaron?

Aaron ha scosso la testa, ma quando Suhail lo ha raggiunto, ha sentito il suo odore intenso di sudore e si è abbandonato completamente. Suhail lo ha preso tra le braccia, come per sostenerlo, ma la stretta delle sue mani tradiva il desiderio violento.

Da quasi un anno sono amanti. Suhail è un vero maschio, con un cazzo formidabile e un’energia inesauribile, non come sayyd Omar, che è vecchio e calvo e ha il corpo coperto da una peluria bianca.

Talvolta quando Omar lo fotte, Aaron sente colargli sul collo la bava e prova disgusto. Suhail non è un uomo raffinato: è spesso sporco e ha modi rozzi, quasi brutali. Ma è un vero stallone e sa accendere il corpo di Aaron.

Omar non si è mai accorto di niente: Aaron e Suhail sono sempre stati molto prudenti. Ma due giorni fa qualcuno potrebbe averli spiati.

 

Rani arriva in tarda mattinata. Si fermerà tutto il pomeriggio e domani proseguirà per Damasco. Anche lui è stupito quando Omar gli comunica di aver organizzato un grande banchetto in suo onore: non è abituato a queste attenzioni e sa di non essere un ospite gradito. La pista che porta a Damasco passa dal territorio di Omar e non presentarsi da lui sarebbe una mancanza di rispetto. E in fondo non gli dispiace che sayyd Omar si trovi, per dovere di ospitalità e parentela, ad accoglierlo. Disprezza questo vecchio signorotto, che in gioventù è stato un forte guerriero, ma ora si limita a tiranneggiare la sua tribù e i suoi schiavi.

Quando si incontrano, Omar esibisce volentieri il bell’Aaron, perché sa che suscita l’invidia di Rani. Per questo dice sempre al giovane di stuzzicare un po’ l’ospite. Non sa che due volte Aaron si è offerto a Rani: gli piace questo bel maschio, dal fisico asciutto e muscoloso, che a letto è un bravo stallone. Magari si offrirà anche questa sera, se Omar non lo chiamerà nella sua camera, ma per il momento è preoccupato per la scomparsa di Suhail.

Aaron osserva che tra gli invitati ci sono i tre fratelli e il padre di Suhail, tutti uomini vigorosi, i migliori esperti di cavalli della regione. Suhail però non è con loro. È un servitore, quindi non parteciperà al banchetto, ma è strano che non sia venuto a salutarli: probabilmente li ha salutati al loro arrivo e adesso ha da fare a badare ai cavalli degli ospiti. Aaron non osa andare nella scuderia: teme di destare sospetti.

Arriva infine l’ora di sedersi sui tappeti e sui cuscini. Sono stati preparati diversi piatti. Si incomincia dagli antipasti: pane farcito con carne di agnello e spezie, salsa di melanzane e salsa di ceci, focacce con formaggio e verdure, involtini di foglia di vite farciti con riso, polpette di vario tipo: Omar ha davvero preparato un banchetto sontuoso.

Terminati gli antipasti, entra un servitore che porta un piatto e lo depone sul tappeto, davanti al padrone di casa. Intanto sono arrivati diversi servitori di Omar e alcuni guerrieri, che si sono messi vicino al tappeto dove sono riuniti i parenti di Suhail. Aaron è a disagio. Ora ha paura.

Il piatto che è stato portato è coperto. A un cenno di Omar il telo viene sollevato. Sotto appare una testa e, immersi in un contorno di verdure in salsa, i genitali di un uomo: quanto rimane di Suhail. C’è un grido di stupore e orrore da parte dei commensali. Aaron si alza di scatto, apre la bocca per gridare, ma non ne esce nessun suono. Barcolla. A un cenno di Omar due uomini lo afferrano.

Rani è stupefatto. Non si aspettava che portassero a tavola la testa, il cazzo e i coglioni di un uomo. Dalla reazione di Aaron intuisce la verità: il morto era l’amante del giovane, lo sceicco Omar ha scoperto il tradimento e si è vendicato in un modo orrendo. Non dice nulla. Pensa che Omar sarebbe capace di fargli fare la stessa fine, se scoprisse che anche lui ha scopato con Aaron. Rumori e grida gli fanno voltare la testa in direzione di un gruppo non lontano. I fratelli e il padre di Suhail hanno scoperto la sua morte, ma prima di poter reagire sono stati bloccati da un ventina di uomini al servizio di Omar.

Omar si rivolge ad Aaron:

- Visto che ti piace il cazzo di Suhail, te l’ho fatto preparare. Mangialo.

Aaron scuote la testa. Nei suoi occhi Rani legge orrore e disperazione. Non è turbato: ha scopato volentieri con questo schiavo, ma non gli importa di lui. E in fondo pensa che la punizione sia meritata: se scoprisse che una delle sue mogli o un suo schiavo di piacere lo tradisce, gli darebbe la morte.

Omar dice, con una voce in cui vibra la rabbia:

- Ti ho detto di mangiarlo.

Aaron fa nuovamente un cenno di diniego. A un cenno del padrone, gli uomini che stringono Aaron lo forzano a inginocchiarsi. Il giovane si guarda intorno. Si rivolge a Rani e grida:

- Salvami, Rani!

Rani si irrigidisce. Questo stronzo sta mettendo a rischio anche la sua testa. Omar potrebbe sospettare. Alza le spalle, per mostrare la sua indifferenza.

Intanto un altro servitore ha afferrato il cazzo di Suhail e ora lo avvicina alla bocca di Aaron, che scuote disperatamente il capo. Il servitore gli preme il cazzo contro le labbra, ma Aaron stringe i denti.

Nuovamente Omar fa un cenno. Un altro servitore molla un violento calcio nei coglioni ad Aaron, che spalanca la bocca in un urlo. Il servitore gli spinge il cazzo tra i denti. Allora un altro uomo passa un laccio intorno al collo del giovane e stringe.

Aaron cerca di liberare le braccia, per potersi togliere il laccio, ma gli uomini lo tengono ben fermo. Il carnefice fa il suo lavoro in fretta. Gli occhi di Aaron sono spalancati in una smorfia di terrore, c’è un ultimo guizzo e poi il corpo si affloscia, mentre il piscio bagna i pantaloni.

Il cadavere viene posato a terra. In bocca ha infilato il cazzo di Suhail, i coglioni pendono sul mento.

Rani è sollevato. Meglio che questo coglione sia morto: non c’è più il rischio che si lasci sfuggire qualche cosa. Guarda il corpo e scuote la testa. Omar ha fatto bene a prendersi la sua vendetta, ma poteva risparmiarsi un’esecuzione durante il banchetto. Poteva invitare con qualche scusa solo la famiglia di Suhail, senza dare tanta pubblicità al tradimento: ci tiene proprio a far sapere a tutti che è becco?

Intanto il padre e i tre fratelli di Suhail sono stati bloccati e ora hanno le mani legate dietro la schiena. Omar fa di nuovo un cenno: non dice nulla, i suoi servitori sanno già che cosa devono fare. I quattro uomini vengono forzati a inginocchiarsi nel cortile. Il padre maledice Omar mentre la scimitarra cala sul suo collo. Poi è il turno dei tre fratelli.

La vendetta di sayyd Omar non è ancora conclusa. Anche Aaron viene decapitato, poi i cinque corpi vengono spogliati e castrati. Cazzo e coglioni vengono infilati nelle bocche. Quelli di Aaron vengono messi nella bocca di Suhail. Poi i servitori legano i cadaveri a cinque cavalli e li trascinano verso il deserto: verranno abbandonati agli animali selvatici. Le sei teste vengono infilate su pali piantati davanti alla residenza di sayyd Omar.

Omar guarda Rani e dice:

- Possiamo riprendere il banchetto.

Rani ha colto nello sguardo di Omar un sospetto, ma ormai è tardi per confermarlo: Aaron non può più parlare.

A un cenno del padrone di casa, i servi riprendono a portare il cibo e i commensali mangiano. Nessuno parla: la scena ha turbato tutti, anche perché la famiglia di Suhail era nota e stimata. Molti pensano che il comportamento dello stalliere non giustificasse lo sterminio di tutti i maschi, ma nessuno oserebbe dirlo.

Omar prende un po’ di carne e sorride, mentre dice:

- Allah punisce chi pecca.

Rani potrebbe dire che di certo il padre e i fratelli di Suhail non avevano nessuna colpa, ma sa bene che Omar l’ha fatto per evitare che vendicassero il morto. Non può dargli torto.

- Sì, certo.

- Non mi sembri molto convinto, Rani ibn Imad. Non credi che abbia fatto bene?

Rani è infastidito dalle parole di Omar: gli sembra che si diverta a provocarlo.

- Sì, certo, hai fatto benissimo a uccidere Aaron e il suo amante. Al tuo posto però avrei evitato di mettere in piazza che il mio schiavo mi tradiva con un maschio più giovane e vigoroso, in grado di soddisfarlo.

Rani legge nello sguardo di Omar la rabbia: la sua replica ha colpito nel segno. 

Omar dice:

- Sei mio ospite, Rani.

Non aggiunge altro. Sanno entrambi che cosa significa: Rani non pagherà per la sua impertinenza perché è un ospite, ma per lo stesso motivo non avrebbe dovuto parlare come ha parlato. A Rani poco importa. Eviterebbe di passare dal territorio di Omar per recarsi a Damasco, ma la conformazione del territorio e i rapporti molto tesi con due tribù dell’area più a nord rendono questa via l’unica agevole. E d’altronde Omar è vedovo di sua sorella e padre di sua nipote.

 

L’indomani Rani ringrazia per l’ospitalità e parte. Il viaggio prosegue senza nessun evento significativo e il guerriero arriva infine a Damasco. Si è recato nella città con un obiettivo preciso, che non ha rivelato a nessuno: Rodrigo.

A Rani Rodrigo è piaciuto moltissimo. Vuole averlo ancora, non per una notte, ma fino a che non si stancherà di lui. Sa però che non può comprarlo: difficilmente Abdallah glielo venderebbe e anche se fosse disponibile a farlo, chiederebbe una somma eccessiva, di gran lunga superiore alla sua disponibilità economica.

Rani non intende rinunciare al bel cristiano: è abituato a prendersi ciò che desidera. Se non può acquistarlo, può fare ricorso a una soluzione più economica: rapire il ragazzo.

La faccenda presenta grossi rischi. Non è così facile far uscire Rodrigo dal bordello, né portarlo via dalla città. Una volta che saranno lontano da Damasco, il problema non si porrà più: vivendo in una regione isolata, lontano dalle principali vie di comunicazione, Rani non riceve spesso ospiti, per cui non teme che qualcuno possa vedere il giovane e riconoscerlo.

Dopo essere arrivato, va a cercare Zeyd. Ha saputo che è stato ferito e che è da poco rientrato a Damasco, prendendo il posto di Hashim come comandante della guarnigione. Non gli spiacerebbe che lo aiutasse a realizzare il suo progetto, ma non è sicuro che l’amico sia disponibile: per quanto sia uno spirito libero, insofferente alle costrizioni, Zeyd è molto ligio quando si tratta di svolgere i suoi compiti e potrebbe avere delle remore a contribuire a un rapimento. Sonderà il terreno prima di esporgli i suoi piani.

Rani si reca a palazzo e chiede del comandante, ma gli dicono che è fuori città e che tornerà solo a metà pomeriggio. Chiede che Zeyd venga avvisato del suo arrivo e se ne va. Ripassa più tardi. Zeyd ha dato ordine di farlo entrare, per cui viene immediatamente introdotto nell’appartamento e poi nella camera.

Zeyd ha la spalla e il braccio fasciati ed è a torso nudo: siamo a settembre e il calore è soffocante, anche se le finestre sono spalancate. Rivoli di sudore scorrono tra la peluria che gli ricopre il petto e scendono fino ai pantaloni, anch’essi bagnati di sudore.

In questi mesi nessuno dei due ha più pensato a ciò che si sono detti una sera, ma ora, guardando l’amico, Rani avverte una certa tensione.

Zeyd non si accorge del turbamento di Rani.

- Rani! Sono contento di vederti. Non sapevo che fossi a Damasco. Quando mi hanno detto che mi avevi cercato, è stata una bella sorpresa.

- Sono arrivato poche ore fa.

- Mi hai trovato per caso. Sono appena arrivato e stavo per riuscire: contavo di andare al bagno. Vedi come mi sono ridotto oggi… Siamo dovuti uscire dalla città, sotto questo sole… Vieni con me al bagno?

Rani annuisce. Ha la gola secca. Cerca di non tradire il suo turbamento mentre risponde:

- Certo. Ho anch’io bisogno di lavarmi.

- Aspetta solo un momento, mentre mi preparo.

Zeyd si cala i pantaloni, dando le spalle all’amico. Rani osserva il culo robusto, coperto anch’esso da una peluria scura. Il desiderio si accende, violento, e Rani si rende conto che gli sta venendo duro.

Zeyd si asciuga il petto e il ventre con la tunica sporca, poi si mette un paio di pantaloni e una tunica puliti.

- Eccomi pronto.

Rani annuisce.

Escono e si dirigono al bagno. Zeyd chiede:

- Come mai sei a Damasco?

- Per una faccenda di cui ti voglio parlare, ma non per strada. Ti dirò in camera tua o in una stanza privata al bagno.

E mentre lo dice, Rani si sente a disagio. Nei bagni molti prendono una stanza privata per starsene tranquilli a chiacchierare con gli amici. Alcuni lo fanno per scopare. Rani non vuole trovarsi da solo con Zeyd in una stanza, indossando soltanto un telo intorno ai fianchi. Lo hanno fatto altre volte, ma ora il suo desiderio è troppo forte e sarebbe difficile nasconderlo.

Al bagno Zeyd si spoglia e si toglie la fasciatura. La ferita è ormai rimarginata e la fasciatura serve soprattutto a proteggerla dallo sporco e dalla polvere.

- Come va il braccio?

- Faccio ancora fatica a usarlo, ma pian pianino le cose vanno migliorando. Tra qualche settimana dovrebbe essere tornato come prima.

Parlano un momento dello scontro in cui Zeyd è rimasto ferito. Rani cerca di non guardare troppo l’amico, ma il desiderio affiora, prepotente.

Al bagno c’è anche il bel Khalid, che sorride a entrambi.

Zeyd si volta verso Rani e dice:

- Khalid conserva un bel ricordo di quando vi siete… conosciuti, in camera mia. Credo che voglia fare il bis. Che ne dici?

Rani ha ormai il cazzo duro. Si dice che è una buona idea: quando se ne accorgerà, Zeyd penserà che è perché sta per scopare Khalid. E dopo aver scopato, magari il cazzo non sarà così pronto ad alzare la testa.

- Mi sembra un’ottima idea.

Zeyd ghigna e dice:

- Sì, lo vedo.

Ammicca, indicando con un movimento del capo il rigonfio nel telo che cinge i fianchi di Rani. Poi si alza, raggiunge Khalid e scambia con lui due parole. Infine chiede una stanza privata e tutti e tre vi entrano. Si fanno portare da bere e alcuni dolci e si siedono sui cuscini. Si tolgono i teli e rimangono nudi.

- A Rani sei piaciuto molto, Khalid, ed è ben contento di poter rinnovare la conoscenza. Puoi vederlo da te, che è impaziente…

Zeyd ride. Khalid annuisce, sorridendo. Rani si rivolge a Zeyd:

- E tu?

- Io sono qui a Damasco e non mi muoverò certo per almeno un mese. Io e Khalid abbiamo tempo. E Khalid di sicuro preferisce approfittare di questi giorni in cui sei qui.

Zeyd ghigna e aggiunge:

- D’altronde, non so quanto a lungo potresti resistere…

È vero: Rani ha il cazzo duro come una pietra. Ma con sgomento si rende conto che è il corpo nudo di Zeyd a destare il suo desiderio, più ancora che quello di Khalid.

- Va bene. Noi ci diamo da fare e tu guardi. Ma puoi toccare…

Rani ha parlato senza pensare, ma le parole che gli sono venute alla bocca hanno un significato ben preciso e nello sguardo di Zeyd legge che l’amico l’ha colto.

Rani si avvicina a Khalid, lo stringe, lo abbraccia, lo bacia, poi lo guida a stendersi sui cuscini. Gli accarezza la schiena, conscio dello sguardo di Zeyd su di sé. Mordicchia alcune volte il culo che gli si offre, poi lascia colare un po’ di saliva sulle dita e inumidisce l’apertura. Fa lo stesso con la cappella, si stende su Khalid e spinge, forzando l’apertura. Il giovane geme.

Rani incomincia a spingere, piano, e sente sulla schiena la carezza della mano sinistra di Zeyd. Le dita scivolano dalla nuca al culo, poi risalgono e ritornano a scivolare verso il basso, rimanendo verso l’esterno. Rani spinge piano, ma tutta la sua attenzione è rivolta verso la mano. Attende il momento in cui scorrerà sul solco, ma ancora Zeyd la fa passare su una natica. La tensione cresce. Rani fotte Khalid con lentezza, attendendo. E infine le dita che scendono lungo la colonna vertebrale invece di deviare proseguono il loro percorso e scorrono lungo il solco. Rani si ferma e chiude gli occhi. Le dita scendono fino a stuzzicare i coglioni e poi risalgono, sfiorano l’apertura, procedono, ma quando sono all’altezza della vita, nuovamente scendono.

Rani si muove lentamente, spinge il cazzo in fondo al culo di Khalid e lo ritrae, ma è la mano a trasmettergli le sensazioni più forti. E quando ancora le dita sfiorano l’apertura, Rani arretra il culo e un dito scivola dentro. Rani chiude gli occhi. Rimane un momento immobile, prima di spingere nuovamente, ma lo fa con lentezza, perché vuole che il dito non esca. Zeyd ha intuito e la sua mano accompagna il movimento del culo di Rani. Quando nuovamente Rani arretra, è lui stesso a spingere il dito ancora più a fondo nel proprio culo.

Rani geme. Gli sembra di non avere mai goduto come ora, mentre scopa questo bel giovane e Zeyd gli stuzzica il buco del culo.

Il dito rimane saldamente al suo posto. Rani procede, piano, ma la tensione è troppo forte e infine esplode. Rani viene e Khalid geme forte e viene con lui. Zeyd non toglie il dito. Lo muove e la sensazione di questo dito che preme dentro di lui è bellissima.

Infine Zeyd toglie il dito. Rani si mette a sedere, imitato da Khalid.

Khalid sorride.

- Sono contento che tu sia a Damasco, Rani.

Zeyd ride e osserva:

- Ci credo!

Khalid gli risponde, accennando con la testa al grosso cazzo duro:

- Vedo che lo spettacolo ti è piaciuto. Vuoi che ti dia una mano?

- No, grazie. Lo facciamo un’altra volta.

Mangiano due pasticcini e bevono, poi Zeyd dice:

- Khalid, ci scuserai, ma Rani ha piacere di parlarmi per una faccenda e approfitterei di questa saletta dove nessuno viene a romperci i coglioni. A palazzo il comandante della guarnigione non lo lasciano in pace un attimo: non è una bella vita, devo dire, e sono contento di dover ricoprire questo ruolo solo temporaneamente.

- Certamente.

Khalid si alza, si mette il telo intorno ai fianchi e saluta.

- Spero di rivederti ancora, Rani.

- Rimarrò a Damasco qualche giorno.

- Benissimo.

Khalid esce.

Rani guarda Zeyd, che non sorride più, ma lo fissa. Rani ha la gola secca. Guarda il grosso cazzo dell’amico. No, non vuole. È un maschio, un maschio non se lo prende in culo. Ma si volta e si stende sui cuscini, a pancia in giù.

Zeyd gli accarezza la schiena.

- Sei sicuro di volerlo, Rani?

Rani esita, poi risponde.

- No, non sono sicuro di niente, ma adesso tu lo fai.

Zeyd annuisce. Sparge abbondante saliva sulla propria cappella.

Rani ha voltato la testa e lo guarda. Annuisce. È spaventato, ma sa di volerlo. China il capo sul cuscino. Sente la mano di Zeyd che scorre tra le cosce, di nuovo il dito che preme contro l’apertura segreta. Rani chiude gli occhi. Il desiderio lo stordisce, è più forte di tutto, anche dei dubbi. A nessuno si è mai dato liberamente.

Il dito scivola di nuovo dentro. A Rani sfugge un gemito, leggero.

Zeyd toglie il dito, si sputa ancora sulla mano e sparge un po’ di saliva intorno al buco. Spinge un’altra volta il dito dentro. Rani sussulta e chiude gli occhi.

Ancora due volte Zeyd inumidisce il dito e prepara l’apertura, poi si sputa sulla mano e bagna la cappella.

Rani sente il cazzo di Zeyd che poggia sul suo culo. Zeyd arretra leggermente, con la mano dirige il cazzo verso l’apertura, preme e lentamente entra. Rani sente il cazzo di Zeyd farsi strada dentro di lui. È una sensazione dolorosa, eppure piacevole. Rani non saprebbe dire quanto è dolore e quanto è piacere, l’uno e l’altro sono forti. Geme. È confuso. Zeyd lo sta inculando. Nessun uomo lo ha preso dopo il brigante che lo stuprò quand’era ragazzo.

Zeyd spinge, muovendosi prima con molta cautela e poi più deciso. Rani sente il dolore aumentare, ma anche il piacere. È bello sentire il cazzo di Zeyd che gli scava il culo, è bello. Geme di nuovo. Zeyd procede a lungo. Quando accelera il ritmo, il dolore cresce e Rani trattiene a fatica un gemito.

Infine Rani sente la scarica. Chiude gli occhi. Zeyd gli passa il braccio sinistro intorno alla vita e si gira: ora è steso sul tappeto e Rani è sopra di lui. La sua sinistra afferra il cazzo dell’amico, senza delicatezza. Rani sussulta. Chiude gli occhi, lascia che la mano lavori, mentre il cazzo gli si tende. In culo sente ancora la massa calda, meno rigida e meno grande, ora, ed è una sensazione piacevole. Il piacere cresce. Geme, questa volta più forte e infine sente il piacere esplodere, mentre un po’ di seme esce.

Chiude gli occhi e si abbandona su Zeyd. Mormora:

- Cazzo, Zeyd!

Zeyd gli accarezza il capo.

- Com’è stato Rani?

Rani non risponde. È confuso, non saprebbe mettere ordine nei suoi pensieri. Rimane ad occhi chiusi, appoggiato su Zeyd. È bello stare così. È bello anche sentire ancora in culo il grosso cazzo dell’amico, meno voluminoso e rigido: una presenza più tollerabile.

Infine dice:

- Sto bene così. Il culo mi fa male, ma sto bene. Rimaniamo così.

Zeyd gli accarezza ancora il capo.

- Certo. Grazie, Rani.

Rimangono distesi. Stanno bene entrambi. Lentamente il cazzo di Zeyd perde ancora volume e rigidità ed infine esce dal culo di Rani. Questi geme e si stacca. Si siede accanto a Zeyd e lo guarda. Chiede, a bruciapelo:

- Che cosa pensi di me, Zeyd?

Zeyd scuote la testa. Ha capito benissimo che cosa intende dire l’amico.

- Penso che hai i coglioni per fare ciò che desideri, anche se poi ti preoccupi di quello che gli altri possono pensare. Per me è stato molto bello. Lo desideravo. E spero che sia stato bello anche per te. Per me rimani un amico, come prima, un amico a cui ora sono più vicino, perché tra noi c’è stato anche questo. E di tutto quello che il mondo può pensare, non me ne fotte un cazzo. Sono stato chiaro?

- Sì. Grazie. Temevo che potessi disprezzarmi. Per un ragazzo è normale offrirsi, ma io non sono più un ragazzo.

- Rani, voglio essere sincero con te: mi sono dato anch’io. A uno schiavo, un prostituto nel bordello di Abdallah.

Rani fissa l’amico, a bocca aperta. È sbalordito.

- Uno schiavo, uno che si prostituisce?

- Sì, uno schiavo cristiano, per di più.

Zeyd ride e aggiunge:

- L’ho visto lottare. Ha vinto l’ultimo torneo. Ho voluto entrare in contatto con lui per una vecchia faccenda, una cosa che riguarda mio padre. Gli ho parlato. E mi attrae, quell’uomo mi attrae moltissimo. Ho accettato di prendermelo in culo, per la prima volta nella mia vita. E ho goduto.

Zeyd non dice che Nando ha fatto altrettanto: non gli sembra di avere il diritto di raccontare i suoi affari.

- Uno schiavo cristiano. Il comandante della guarnigione di Damasco si fa fottere da uno schiavo cristiano che si prostituisce in un bordello… Cazzo!

Rani ride e aggiunge:

- Io almeno ho scelto il comandante della guarnigione.

Ride ancora.

- Non sono il comandante della guarnigione. Lo sostituisco. E comunque quando mi ha inculato, ero solo un ufficiale.

- Ma adesso che sei tornato, non l’hai chiamato?

- Non ancora. Ho un mare di cose da fare. Hashim… quello stronzo… ha combinato un mare di guai. Saltano fuori delle cose… il comandante della guarnigione di Damasco… che vergogna. Ma non voglio parlarne, anche se in tutta Damasco non si parla d’altro. Tu sei appena arrivato e non avrai avuto molte occasioni di parlare con qualcuno, ma circolano voci…

A Rani poco interessano i guai combinati da Hashim. È invece curioso di sapere di più dello schiavo cristiano e di Zeyd.

- Ma intendi rivederlo, questo schiavo, intendo, no? Che cosa aspetti? Sei il comandante, puoi farlo venire da te, senza nemmeno pagare. Abdallah non potrà certo dirti di no.

- Rani! È esattamente quello che faceva Hashim: si faceva portare una sera a settimana il bel Rodrigo e in cambio chiudeva un occhio se Abdallah combinava qualche porcata. Se voglio uno schiavo, lo pago. Non posso approfittare della mia posizione, sarebbe indegno.

Zeyd si ferma. Pensa che in realtà non ha pagato per il rapporto avuto con Nando, ma non era una prestazione richiesta, era andato per parlargli e quello che hanno fatto è venuto da sé.

Rani riflette. Le parole di Zeyd gli hanno fatto capire che non potrà contare sul suo amico per rapire Rodrigo, come aveva sospettato. In questo caso è meglio non dirgli nulla. Gli sembra assurdo che Zeyd non sfrutti il suo ruolo di comandante per divertirsi un po’, ma l’amico è fatto così.

- Capisco il tuo punto di vista. Io me la spasserei, magari senza esagerare come ha fatto Hashim, ma se ti fai qualche scopata gratis non fai male a nessuno, neanche a quel maiale di Abdallah che è pieno di quattrini.

- No, non mi va proprio.

- Va bene. Non ne parliamo più.

- Mi hai detto che volevi parlarmi di una faccenda.

Rani ormai è sicuro che è meglio non dire nulla sul progettato rapimento. Inventa qualche cosa:

- Sì, niente di speciale. Il nostro sovrano ha chiesto a tutti di mandargli soldati, perché vuole sconfiggere i franchi e ricacciarli in mare prima che ricevano rinforzi dall’Europa. Io per il momento non intendo partire, ho bisogno di sistemare alcune cose. Ma non vorrei che Salah ad-Din lo interpretasse come una mancanza di rispetto o, peggio, come viltà.

- Di sicuro non può pensare male di te: conosce il tuo valore. E quando lo raggiungerai, gli dirai la verità: che non hai potuto farlo prima, perché avevi problemi urgenti da affrontare, ma che appena ti è stato possibile, sei partito.

In realtà Rani non ha nessun problema specifico, ma ha progettato il rapimento di Rodrigo e non vuole rinunciarci. Lo porterà nella sua residenza, vi rimarrà qualche settimana, e poi partirà, lasciando lo schiavo in custodia ai suoi fratelli.

- Va bene. Mi fido di te. Comunque è questione di poche settimane, poi conto di partire anch’io.

- Ottimo. Credo che ci sia bisogno di tutti i guerrieri validi. Mi spiace molto non poter combattere.

- Sei utile qua, a rimediare i guai di Hashim.

Infine Rani si alza. Si puliscono e poi mangiano insieme. Dopo cena si separano. Zeyd torna nel suo appartamento e subito si trova ad affrontare una serie di problemi: non si stupisce, perché sa bene che rimediare ai guai provocati dal comportamento di Hashim richiederà tempo.

Rani invece gira per le vie della città. Pensa al bel Rodrigo e a come rapirlo. Ma a tratti il pensiero va a Zeyd e a quanto hanno fatto. Gli è piaciuto, molto. Spera di farlo ancora.

 

Mentre Zeyd e Rani cenano, Nando e Bishr partecipano a una festa che si tiene in casa di Abu al-Kufi, un giovane molto ricco che ha lasciato la sua città, Kufa, per stabilirsi a Damasco. I due prostituti non sono ovviamente tra gli invitati, ma sono stati noleggiati per divertire gli ospiti, come non di rado avviene: gli schiavi del bordello di Abdallah sono molto richiesti per allietare le feste maschili.

Gli ospiti di Abu sono una dozzina di giovani maschi, alcuni di famiglia ricca e suoi compagni di baldoria, altri parassiti che vivono a sue spese o approfittano della sua compagnia per spassarsela senza pagare. In città hanno tutti una pessima fama, perché la noia li spinge spesso a superare ogni limite. Abu fino a ora è riuscito a mettere a tacere le lamentele, sganciando soldi: per lui è facile corrompere un soldato o un testimone oppure indennizzare la vittima in modo talmente generoso da convincerla a non sporgere denuncia e, se tutto questo non basta, fare qualche ricco regalo al comandante della guarnigione. Hashim era sempre disposto a chiudere un occhio o anche tutti e due. Con Zeyd le cose hanno preso subito un’altra piega. Abu si è visto respingere un dono, un bel pugnale con una lama d’acciaio e un’impugnatura finemente lavorata, che aveva offerto al nuovo comandante. E lo stupro di due serve è ora oggetto di un’indagine in cui Zeyd sembra intenzionato ad andare a fondo.

Abu ha deciso di divertirsi in altro modo, con un banchetto e una festa nella propria casa. Nando e Bishr, che ha visto alla scuola di lotta del bordello, serviranno per allietare la serata. Abu ha infatti deciso di offrire uno spettacolo di lotta dopo la cena, che si concluderà come al bordello: il vincitore inculerà il vinto.

Bishr è rassegnato all’idea di perdere, ma non è un problema, perché non gli spiace prenderselo in culo. È un po’ preoccupato, perché la dotazione di Nando è fuori misura, ma sa che il cristiano è attento a non fare male.

Nando e Bishr attendono in una saletta di essere chiamati. Si sono messi d’accordo su alcuni punti, per ridurre gli aspetti spiacevoli, che non mancheranno.

Rimangono molto a lungo in attesa, tanto che a un certo punto Bishr dice:

- Si saranno dimenticati di noi? Avranno cambiato idea?

- No. Per questi una festa va avanti tutta la notte. Ci conviene dormire un po’. Quando ci vogliono, ci chiamano.

Si stendono e si addormentano.

Solo molto più tardi, quando l’alba non è più lontana, gli ospiti passano in un’ampia sala e si siedono sui cuscini, disposti intorno allo spazio centrale. Allora Abu fa chiamare i due lottatori.

Nando e Bishr entrano.

Mehmet, un turco a cui Abu delega il compito di dare le istruzioni necessarie, dice:

- Ora spogliatevi, completamente.

I due obbediscono e subito c’è un intrecciarsi di battute. Quasi tutti gli invitati hanno avuto modo di vedere i due al torneo di lotta, ma solo alcuni li hanno visti nudi al bordello.

- Mettetevi al centro della sala.

Bishr e Nando prendono posto. Nando sorride a Bishr: solo un attimo, ma anche il nero sorride.

Mehmet dice:

- Vi batterete lealmente e quando uno di voi sarà sconfitto, dovrà dare piacere al vincitore. Come, ve lo diremo.

A nessuno dei due lottatori piace l’ultima frase, ma non hanno molta scelta e in ogni caso esiste tra loro una certa complicità. In qualche modo se la caveranno.

La lotta è piuttosto lunga. In realtà sanno entrambi che Nando sarebbe in grado di concluderla in fretta, perché conosce bene Bishr e i suoi limiti ed è nettamente superiore, ma offrire un buono spettacolo è sempre opportuno: se la lotta finisse troppo presto, gli spettatori sarebbero delusi e questo va evitato. Perciò Nando le prime volte che blocca Bishr gli permette di liberarsi.

I loro corpi si ricoprono di un velo di sudore. Rivoli scendono sulla fronte, sul petto, sul ventre, mentre i loro cazzi si tendono, perché il continuo contatto dei corpi accende il desiderio.

Le battute si spengono e gli spettatori seguono la lotta in silenzio, affascinati dallo spettacolo di questi due maschi vigorosi che si affrontano, i cazzi tesi, i muscoli contratti nello sforzo. Infine Nando decide che è ora di concludere. Manda a terra Bishr e lo blocca. Questa volta non gli permette di sfuggire alla morsa. Bishr è costretto ad arrendersi.

Lo spettacolo è stato superlativo e tutti sono soddisfatti.

Mehmet guarda Abu e a un cenno di questi, dà le istruzioni:

- In piedi, cristiano. Negro, tu sei stato sconfitto. Allora assaggia il cazzo del maschio che ti ha battuto e tra poco ti inculerà.

Nando si alza. Bishr si mette in ginocchio davanti a lui. Osserva il magnifico cazzo, già teso allo spasimo. Non sarà facile prenderlo in culo. Avvolge la cappella con la bocca e incomincia a succhiare. Il cazzo cresce ancora di volume e si irrigidisce ulteriormente.

- Ora togliti, negro. Cristiano, fatti vedere da tutti.

Bishr si sposta e Nando ruota lentamente su se stesso, mostrando al pubblico il suo cazzo al massimo del suo splendore. Ci sono mormorii ed esclamazioni, qualche battuta e silenzi.

- Ora, negro, mettiti a quattro zampe. Tu, cristiano, inculalo.

Bishr si mette come richiesto. Nando annuisce in segno di assenso, ma prima di eseguire l’ordine si sputa sulle dita due volte e inumidisce bene l’apertura, ignorando i commenti di chi lo invita a spaccare il culo a Bishr. Poi avanza il culo, avvicinando il cazzo all’apertura, preme un po’, si ritrae, preme un po’ di più e si ritrae di nuovo.

- E muoviti, stronzo!

- Datti da fare!

- Vogliamo vedere.

Ferdinando spinge ancora una volta e, lentamente, affonda il cazzo in culo a Bishr. Questi solleva la testa di scatto e dilata gli occhi, come se il dolore fosse fortissimo: conoscendo per fama la compagnia di giovani davanti a cui dovevano esibirsi, lui e Nando si sono messi d’accordo per fare un po’ di scena.

Il guizzo di Bishr è accolto da un’ovazione, rivolta a Nando, e da commenti sarcastici per il nero.

Nando procede con lentezza, avanzando e arretrando. Più volte estrae completamente il cazzo e poi lo immerge. Bishr sussulta ogni volta e il pubblico grida, entusiasta. Nando va avanti molto a lungo e tutti lo seguono, ammirando il grosso cazzo che emerge e poi affonda completamente nel culo.

Infine Mehmet, a un cenno di Abu, dice:

- Concludi.

Nando assente e imprime un ritmo molto rapido al movimento. Dopo poche spinte viene. Allora si ritrae e si alza. Il cazzo non è più teso, ma è ancora gonfio di sangue.

Abu dice qualche cosa a Mehmet, che ordina:

- Negro, mettiti in ginocchio e bevi il piscio del vincitore.

Bishr obbedisce subito: gli capita alcune volte di pisciare in bocca a qualche cliente che lo chiede. Oppure in faccia e due volte anche in culo. Di rado è lui a subire, ma non lo preoccupa. Si mostra però recalcitrante, per fare un po’ di scena. Anche Nando ha acquisito una certa esperienza in materia, ma sempre nel ruolo di dispensatore di bevanda o di doccia.

Nando piscia in bocca a Bishr, che beve, mentre gli spettatori ridono, contenti dello spettacolo.

Ormai dalle finestre entra un po’ di luce: è l’alba. Mehmet si alza e dice che è ora di rientrare. Tutti guardano Abu, che non dice nulla per trattenerli: è un chiaro segno che vuole che gli ospiti se ne vadano. Nessuno vuole irritare il padrone di casa e tutti si congedano per tornare alle loro case, mescolandosi con gli uomini che vanno al lavoro. Qualcuno è malfermo sulle gambe, per aver bevuto troppo e uno incespica e cade a terra mentre si dirige verso casa. Ci mette un momento ad alzarsi, mentre due uomini passano di fianco, scuotendo la testa.

 

Abu osserva i due stalloni. Sorride e dice, indicando alcune coppe:

- Bevete e poi venite con me.

Nando e Bishr svuotano le coppe e lo seguono. Fino a ora è andata bene, ma non è detto che continui così. Il fatto che non ci sia più Hashim come comandante, ma Zeyd, è una buona cosa: se Abu è di cattivo umore, si limiterà.

Abu in realtà è soddisfatto e vuole soltanto soddisfare il desiderio che preme.

Entrati in una camera, Abu dice:

- Se direte una sola parola di quello che faremo, vi farò tagliare la gola. Chiaro?

Nando risponde subito:

- Sì, signore. Siamo abituati a tacere.

- Ottimo.

Abu si rivolge a Bishr.

- Spogliami, negro. Strappami i vestiti a forza. E tu, cristiano, dagli una mano, se da solo non ce la fa. Poi tu me lo metti in bocca e tu in culo.

Bishr non è sicuro di aver capito. Si avvicina e afferra la tunica, cercando di sollevarla, ma Abu lo colpisce in faccia con forza. Bishr arretra, confuso: non avrebbe difficoltà a bloccare questo giovane, ma è lui che paga.

Nando invece ha compreso le intenzioni del giovane. Si avvicina, afferra la tunica di Abu e la strappa.

- Lasciami, porco cristiano!

Ma Nando non lo lascia. Gli cala i pantaloni.

- Lasciami, bastardo! Ti farò ammazzare.

Nando lo spinge a terra e si mette dietro di lui. Fa’ un cenno a Bishr, che ancora esitante, passa davanti.

Abu si solleva, mettendosi a quattro zampe. Dice:

- Vi farò crocifiggere, porci!

Ma non cerca di alzarsi.

Nando gli mette le mani sul culo, divarica le natiche e sputa sull’apertura.

- Adesso sentirai il cazzo di un porco cristiano in culo e quello di un lurido negro in bocca.

- Bastardi! Figli di puttana.

Nando fa un cenno a Bishr, che si avvicina fino a che non struscia il cazzo contro la faccia di Abu. Questi apre la bocca per accoglierlo, mentre Nando spinge il suo cazzo, forzando l’apertura. Abu ha un guizzo. Nando si ferma, ma poi riprende ad avanzare e spinge fino in fondo.

Abu sta succhiando il cazzo di Bishr, che acquista rapidamente consistenza e volume. Quando è rigido, Bishr incomincia a muovere il culo, spingendo il cazzo bene in fondo e poi ritraendosi. Bishr e Nando vanno avanti a lungo, finché Abu non emette un suono roco, quasi soffocato dal cazzo di Bishr. Nando fa segno al nero di fermarsi. Abu ritrae il capo e si muove. Nando esce da lui. A terra c’è il seme che Abu ha versato.

Abu si stende a terra.

- Ora pisciatemi addosso.

Devono aspettare un momento che i loro cazzi si ammoscino un po’, prima di poter eseguire l’ordine. Bishr gli piscia in faccia, Nando sul cazzo e sul ventre.

Poi Abu indica una borsa posata su una cassa.

- Quella è per voi. Il padrone l’ho già pagato. Ma se dite una parola, la vostra vita non vale più niente.

Nando prende la borsa e dice:

- Nessuno ne saprà nulla.

Escono dalla camera, recuperano i vestiti e tornano al bordello, stanchi. Abdallah dorme, come quasi tutti nel palazzo. Il portiere li fa entrare e salgono al piano dove dormono. Prima di separarsi, si dividono il contenuto della borsa nella camera di Bishr. C’è una bella somma.

Sulla soglia Nando dice:

- Non una parola, con nessuno, davvero. Quel figlio di puttana ci farebbe davvero tagliare la gola. Non scherzava.

- Lo so.

 

 

Nella sua camera Nando pensa ai sei mesi trascorsi al bordello. È stato un periodo intenso e di per sé non spiacevole. Scopare gli piace parecchio e qui ha modo di farlo ogni giorno. Molti clienti non sono attraenti, ma Nando non ha grandi pretese. Ha imparato parecchie cose nuove, soprattutto nelle stanze del corpo posteriore dell’edificio: li ci sono alcuni locali attrezzati per clienti con gusti particolari. Ci sono prostituti specializzati per queste prestazioni, ma talvolta un cliente richiede la presenza di Nando, che gode di buona fama. Il giovane ha così scoperto che diversi uomini amano farsi fustigare oppure legare, che qualcuno si fa colare la cera fusa di una candela sul corpo, che diversi amano farsi pisciare addosso (questo Nando lo sapeva già e non gli spiace per niente) o in culo (questa invece è una novità), che anche la merda può diventare un elemento di questi giochi. Nando è curioso e non gli spiace scoprire cose nuove e, anche se alcune non sono di suo gusto, non si scandalizza.

Non gli hanno mai chiesto di darsi. Aslan e Bishr gli hanno detto che solo molto di rado i maschi più virili vengono richiesti da qualcuno che li vuole possedere.

Nel bordello Nando ha imparato in fretta l’arabo. Chiacchiera volentieri con gli altri e con i clienti e non ha avuto grandi difficoltà ad appropriarsi di questa lingua così diversa dalla sua. Con gli altri prostituti ha stabilito un buon rapporto: è cordiale di natura, generoso e di buon carattere. È il più richiesto tra i maschi virili, ma non si vanta per questo e gli altri lo apprezzano.

Nando starebbe bene, se non avesse un chiodo piantato nella carne: Zeyd. L’ufficiale è tornato a Damasco e ora è il comandante della guarnigione. Potrebbe chiamarlo quando vuole, come Hashim faceva con Rodrigo. Nando ha atteso a lungo questa chiamata, ma Zeyd non si è fatto vivo, come se lo avesse dimenticato completamente. Per Nando è una sofferenza.

 

La sera seguente Rani si presenta al bordello e chiede di Rodrigo. Parlerà con lui. Se il giovane fosse d’accordo a lasciare il bordello, non ci sarebbero problemi. Se invece non volesse, diventerebbe necessario rapirlo, ma non poter contare su Zeyd rende tutto più problematico. A Damasco Rani conosce alcuni uomini che di sicuro sarebbero disponibili a tentare un colpo di mano, facendosi pagare. Ma far uscire dalla città il giovane, contro la sua volontà, sarebbe difficile, anche perché sicuramente ci sarebbero controlli alle porte.

Rodrigo è occupato con un cliente, un ricco mercante. Rani deve aspettare una mezz’ora, che trascorre mangiando dolci a base di mandorle e miele e bevendo, mentre osserva la merce e i clienti. Vede uscire un uomo obeso, che Abdallah saluta con deferenza. Gli anelli che porta alle dita e la ricca veste non lasciano dubbi sulla sua ricchezza e spiegano l’ossequio del lenone. Con Rani Abdallah non è certo altrettanto deferente. Ma il coraggio, il vigore, la bellezza, tutto scompare davanti al denaro, unico vero dio per questa gente meschina. Rani non ha nessuno scrupolo a prendersi Rodrigo: lo merita più di gente come questo riccastro di merda.   

Quando Rodrigo è libero, Rani viene fatto accomodare nella camera. Il giovane appare piuttosto abbattuto, anche se cerca di nasconderlo. Scopare con quel grosso porco non deve essere stato piacevole.

Rani decide di provare la carta della comprensione.

- Mi sembri triste. Che hai?

Rodrigo risponde:

- Niente, va tutto bene.

- Non sei contento di lavorare al bordello, vero?

Rodrigo corruga la fronte, mentre lo guarda, e nei suoi occhi Rani legge un rimprovero.

- Non puoi riottenere la libertà. Ma forse vorresti vivere altrove, non doverti dare a uomini come quel vecchio porco che è uscito…

Rodrigo ha capito solo in parte la frase e se la fa ripetere. Rani la dice lentamente, scandendo bene le parole.

Rodrigo annuisce. C’è molta tristezza nel suo sguardo.

Rani sorride e dice:

- Vorresti venire via con me? Ti piacerebbe? Non dovresti darti a nessun altro.

Rodrigo coglie nel tono di voce di Rani che l’uomo sta parlando sul serio. Lasciare il bordello gli piacerebbe, certamente. Rani non desta in lui il ribrezzo di altri clienti: è un bell’uomo, molto dotato, ma non brutale. Rodrigo si ricorda di lui, perché la volta scorsa lo ha colpito: non sono molti gli uomini belli come lui tra i clienti. Rani non ha avanzato richieste particolari quando è venuto la prima volta e in ogni caso è meglio succhiare il cazzo a quest’uomo che a un maiale come il mercante che è venuto prima. Rodrigo pensa che se Rani lo comprasse, non dovrebbe più scopare con chiunque, molte volte al giorno. Ma di certo Abdallah non lo venderebbe. Esprime il suo dubbio:

- Abdallah non mi vende.

Rani ride. Ha capito che la sua proposta è piaciuta a Rodrigo.

- Ma io non ti compro. Ti rapisco.

Rodrigo non capisce il termine. Rani glielo spiega.

- Come?

Il giovane è interessato, questo è chiaro.

- In quali occasioni esci dal bordello?

- Per i bagni. Per un banchetto, una festa.

- Quando vai ai bagni?

- Lunedì e giovedì.

- Allora dopodomani. Ascoltami bene.

Rani spiega. Il piano è molto semplice, ma dovrebbe riuscire: Rodrigo non ha mai cercato di fuggire e nessuno diffida di lui.

Rani se ne va senza aver preso Rodrigo: avrà modo di prenderlo tutte le volte che vorrà, se va bene. Adesso era più importante dargli istruzioni precise e convincerlo a venire via.

 

La sera seguente Rani passa a trovare Zeyd. Il comandante è occupato, per cui Rani deve attendere un momento. Quando infine Zeyd è libero, Rani entra.

- Rani! Come va?

- Bene. Sono venuto a dirti che domani parto. Torno a casa. Mi fermerò qualche tempo, per sistemare qualche affare in sospeso, come ti ho detto, e poi raggiungerò il nostro sovrano.

- Mi spiace che tu non rimanga di più. E mi spiace che ci siamo visti così poco. Purtroppo le mie giornate sono molto piene.

- Lo capisco, Zeyd. Sarà per la prossima volta che vengo.

- Spero invece che ci ritroveremo là dove si combatte.

- Il sovrano ti ha assegnato questo compito e tu lo stai svolgendo con tutta la cura necessaria. Da quello che si dice in città, molti benedicono il tuo arrivo, che ha messo fine a una serie di soprusi. Stai servendo il tuo sovrano nel migliore dei modi.

- Ci provo, Rani, ma vorrei essere sul campo di battaglia.

C’è un momento di silenzio, poi Zeyd chiede:

- Hai potuto sbrigare tutti i tuoi affari?

- Sì, certo. Domani concludo e nel pomeriggio conto di partire.

Rimangono nuovamente in silenzio un momento. Tra loro fluttua qualche cosa di non detto. È Zeyd a parlare:

- Non ce l’hai con me per quello che abbiamo fatto?

Rani ride.

- No, Zeyd. Perché dovrei? Non mi hai certo preso a forza. Lo desideravo anch’io, anche se non è stato facile accettare questo desiderio. E, come hai detto, ora mi sento più vicino a te.

Rani si interrompe, poi riprende:

- Mi è piaciuto, Zeyd, mi è piaciuto davvero. Non lo farei con nessun altro al mondo, ma con te lo rifarei anche adesso.

- Adesso?

A Zeyd la voce è uscita roca.

- Adesso, Zeyd. Puoi? Riesci a ricavare un momento? Se lo desideri, naturalmente.

- Lo desidero. Puoi tornare sul tardi? Allora non verrà più nessuno.

- Certamente.

Si mettono d’accordo sull’orario, poi Rani se ne va. Mentre cammina per le vie di Damasco, pensa che questa sera Zeyd lo fotterà e domani lui avrà Rodrigo. Il cazzo gli si tende rapidamente. Si rende conto che un uomo lo sta fissando: la protuberanza è troppo grossa per essere coperta dalla tunica. Rani si infila in un vicolo laterale. Trova una bettola, in cui mangiare un boccone e fermarsi fino all’ora dell’appuntamento con Zeyd. Quando esce è ormai buio. A palazzo lo fanno entrare subito: Zeyd ha dato ordine di lasciarlo passare.

 

Zeyd accoglie Rani, sorridendo. È contento di scopare con l’amico, a cui è affezionato. Inoltre da quando è tornato come comandante della guarnigione ha poche occasioni di scopare, perché è sempre molto indaffarato. Qualcuno gli fa capire di essere disponibile, ma Zeyd è diventato molto diffidente: prima come ufficiale era difficile che qualcuno gli si offrisse per ottenere un favore, ma adesso capita spesso. Ci ha provato anche quel coglione di Fahmi, che per un momento si è illuso di poter scampare alla punizione offrendosi al nuovo comandante. Zeyd ha ignorato la proposta.

Passano nella camera da letto e Zeyd prende la testa di Rani tra le mani e lo bacia, poi fa scivolare le dita lungo il corpo dell’amico, mentre nuovamente le sue labbra si posano su quelle di Rani e la sua lingua si spinge nella bocca che si schiude ad accoglierla. Rani è disorientato, perché non si aspettava di essere baciato. Si è offerto a Zeyd, ma questo bacio gli sembra andare oltre. Ha baciato ragazzi giovani, ma non è mai stato baciato da un altro maschio adulto. Eppure questo contatto delle labbra non gli dispiace.

Zeyd sembra non avere fretta e Rani si gode questo gioco di baci, abbracci, strette, con qualche morso e la lingua che ogni tanto si lancia in esplorazione. Zeyd ci sa fare, sul campo di battaglia come nei giochi del piacere.

Infine Zeyd guida Rani a stendersi sulla schiena, gli allarga le gambe e si mette in ginocchio nello spazio che ha creato. Con la mano sinistra giocherella con il cazzo e con i coglioni dell’amico, mentre la destra scorre lungo il corpo, in una carezza. Rani lo guarda, sorridente. Zeyd gli solleva le gambe e se le mette sulle spalle.

Zeyd inumidisce l’apertura con un po’ di saliva, poi avvicina il cazzo ed entra dentro di lui. Rani geme. La sensazione è violentissima: questo cazzo che lo riempie gli fa male e nello stesso tempo gli trasmette sensazioni fortissime. Rani guarda il corpo vigoroso dell’amico, il bel viso dai lineamenti maschi. Zeyd avanza ancora e Rani geme più forte.

- Ti faccio male?

- Cazzo! Va benissimo così.

Il dolore è cresciuto, adesso che il cazzo affonda completamente nel suo culo: Zeyd è alquanto dotato. Ma il piacere è più forte.

Arrivato a fondo, Zeyd lascia a Rani il tempo di abituarsi a questa presenza desiderata, ma alquanto ingombrante. Intanto lo accarezza, gli stringe con delicatezza i coglioni, stuzzica un po’ il cazzo, che si tende, si china in avanti a baciargli il torace e mordergli un capezzolo. Ci sa fare, Zeyd, cazzo! Ci sa fare!

Le mani di Rani accarezzano il corpo dell’amico, stringono con forza il culo vigoroso, scorrono lungo la schiena, sfiorano il viso.

Zeyd incomincia a muoversi, lentamente. Non ha fretta e Rani pensa che è bellissimo. Forse, invece di rapire Rodrigo, potrebbe rapire Zeyd. O magari tutti e due. Il pensiero scherzoso lo fa sorridere.

- Perché sorridi?

Rani scuote la testa.

- Non te lo dico.

- Come vuoi, ma te la faccio pagare.

Zeyd sorride e imprime al movimento un ritmo più deciso, in una cavalcata che fa crescere il desiderio di Rani e aumenta il suo piacere. Rani guarda la mano forte di Zeyd che ora gli stringe il cazzo e sente che presto verrà.

Zeyd accelera ancora più il ritmo, con spinte vigorose. Ora la cavalcata è un po’ dolorosa, ma a Rani piace anche questa sofferenza, che il piacere sovrasta e infine cancella, mentre viene e il seme gli si spande sul ventre e sul torace. Con una rapida successione di spinte più decise, Zeyd viene dentro di lui. Rimangono un attimo immobili, guardandosi e sorridendosi. Poi Zeyd esce da Rani. Rani sposta le gambe, stendendole sul letto. Zeyd si stende di fianco a lui. Gli stringe una mano e dice:

- Tutto bene, Rani?

- Sì, tutto bene. Non avevo mai scopato così. E non avrei mai pensato di venire mentre un altro maschio mi fotteva. È stato bellissimo... anche se adesso ho male al culo.

Zeyd annuisce.

- Mi spiace, passerà. Anch’io avevo parecchio male dopo che lo schiavo cristiano mi aveva fottuto. Ma…

Zeyd si interrompe.

- Ma?

- Ma quel dolore era il ricordo di un piacere.

- Però sei a Damasco da dieci giorni e non sei andato a trovarlo.

Zeyd guarda il soffitto.

- Sono il comandante della guarnigione. E questo rende tutto più complicato.

- Ti fai troppi scrupoli, ma è inutile che te lo dica: sei fatto così.

Chiacchierano un momento, poi si lasciano. Camminare è un po’ doloroso, ma Rani è soddisfatto.

 

Gli uomini e i ragazzi del bordello vanno due volte la settimana ai bagni. Non vi si recano tutti insieme, ma fanno i turni, in giorni diversi. Ci sono bagni anche nel palazzo, che vengono utilizzati per la pulizia quotidiana, ma non sono molto grandi. La visita al bagno pubblico è un momento in cui i prostituti possono rilassarsi ed è anche un’occasione per mostrarsi: è il motivo principale per cui Abdallah li manda. Alle lotte e agli spettacoli che si tengono al bordello assistono quasi solo coloro che già lo conoscono, mentre ai bagni vanno molti altri uomini e alcuni di loro, vedendo un bel ragazzo o un maschio prestante, cadono in tentazione. E molti alle tentazioni non sanno proprio resistere.

Giovedì nel primo pomeriggio il gruppo di cui fa parte Rodrigo raggiunge i bagni. Le due ore trascorse al bagno sono un momento gradevole, in cui tutti chiacchierano liberamente, ma di solito Rodrigo non partecipa: conosce poco l’arabo e fa fatica a sostenere una conversazione. Nando ha provato a parlargli, quando ha scoperto che è anche lui un cristiano prigioniero, ma l’apatia di Rodrigo lo ha scoraggiato. Nando è entrato nel bordello quasi un anno dopo Rodrigo, ma si è subito dato da fare per imparare l’arabo e ormai lo parla bene.

Si lavano come al solito, poi si asciugano e chiacchierano. Rodrigo si è seduto vicino alla porta. Nessuno bada a lui: non ha mai cercato di allontanarsi o di scappare, per cui non è sorvegliato.

Oggi anche Nando si è messo un po’ in disparte. Da qualche giorno appare scontento e questo stupisce gli altri, che lo hanno sempre visto di buon umore: la vita nel bordello non gli spiace. In fondo, come lo zio, pensa che scopare sia una delle maggiori soddisfazioni della vita e, anche se non tutti i maschi che fotte valgono la pena, quella che conduce non è una brutta esistenza.

Non ha rivelato il motivo della sua scontentezza a nessuno di quelli con cui parla più spesso, nemmeno ad Aslan, con cui si è stabilito un rapporto d’amicizia e con cui si esercita nella lotta. Il motivo è il ritorno di Zeyd o, meglio, il fatto che Zeyd è in città da dieci giorni, ma non si è mai fatto vivo. E Nando ha scoperto di soffrirne, moltissimo: ogni giorno che passa sta peggio.

A un certo punto due uomini in un angolo alzano la voce. Dal quel che si capisce, stanno litigando per una donna. Uno è un uomo tozzo e alquanto robusto, con una voce stranamente acuta, che non ci si aspetterebbe in un maschio così grosso. L’altro è un giovane segaligno, con una fitta barba e capelli castani.

Il litigio degenera in una rissa. L’uomo tarchiato spinge violentemente quello più giovane, mandandolo addosso a uno dei ragazzi del bordello. Quello che è stato spinto si rialza e salta addosso all’altro, mettendogli le mani al collo e cercando di colpirlo ai coglioni con una ginocchiata. Tutti e due gridano, come se volessero scannarsi.

Il giovane urla:

- Stronzo, ti strozzo con le mie mani.

L’altro risponde, con una voce stridula:

- Ti ammazzo, figlio di puttana!

Nando e Aslan si alzano per separarli e mettere pace. Nessuno bada a Rodrigo che scivola fuori dalla stanza, passa nello spogliatoio, dove si riveste in fretta, ed esce. Fuori c’è Rani, che gli fa un cenno e poi incomincia a camminare.

Rodrigo lo segue a qualche passo di distanza. Adesso è assalito dai dubbi: non sa se ha fatto bene ad accettare la proposta di Rani, ma al bordello non regge più la successione di clienti che vogliono scopare con lui. Forse si pentirà, ma ormai pensava sempre più spesso al suicidio. Meglio fare questo tentativo prima di impiccarsi. Per uccidersi c’è sempre tempo.

Raggiungono una stanza che Rani ha affittato. Pochi minuti dopo Rani esce in compagnia di una donna completamente velata: si dirigono verso Bab al-gabiyah, la porta del serbatoio d’acqua, e lasciano Damasco.

Intanto Nando e Aslan sono riusciti a sedare la rissa. I due non dovevano avere così tanta voglia di menarsi e sono stati ben contenti dell’intervento dei pacieri. Ognuno però vuole spiegare le sue ragioni e si accalora, per cui il litigio riprende: adesso che in mezzo ci sono questi due colossi, i contendenti sanno che non avranno più modo di menarsi e non temono di riprendere con gli insulti.

Nando e Aslan si stanno stufando, ma non è facile fare smettere questi indemoniati. Ripetono sempre le solite argomentazioni:

- Io stavo con Fatima e tu me l’hai portata via.

- Fatima si è stufata di te. A letto fai schifo!

- Cosa? Figlio di puttana, come osi?

- Me l’ha detto lei. Per quello se n’è andata. Voleva un uomo, uno che avesse qualche cosa tra le gambe, non uno spaventapasseri.

- Schifoso pezzo di merda, io ti…

Aslan urla:

- Basta! Mi avete rotto i coglioni tutti e due. Adesso la piantate e vi togliete di torno, altrimenti vi spacchiamo la faccia io e Nando.

L’urlata fa effetto. Trovarsi ad affrontare la collera di questi due marcantoni non deve essere piacevole. Uno dei due dice:

- Va bene, me ne vado, ma io e te ci rivedremo.

Si allontana. L’altro rimane: se uscisse anche lui, la lite riprenderebbe nello spogliatoio ed evidentemente non ci tiene. Cerca di convincere Aslan della sua ragione.

- Non sono io che gliel’ho presa. È lei che non ne poteva più di quello stronzo. E poi non l’ha mica sposata, tante storie per una così…

Parla ancora un momento, fino a che Aslan, considerando che l’altro ormai se ne dev’essere andato e che si sta facendo tardi, dice:

- Adesso levati anche tu dai coglioni.

L’uomo annuisce e si allontana.

Aslan scherza un momento con Nando sul loro ruolo di guardiani dell’ordine, poi si rivolge agli altri.

- Ora di andare.

Tutti si alzano, parlando della rissa tra i due, che non avevano mai visto ai bagni. Solo nello spogliatoio Aslan nota che Rodrigo non c’è.

- E dove è Rodrigo? Non lo vedo.

Nando se n’è già accorto prima, ma non ha detto niente. Tutta la rissa gli è sembrata un po’ fasulla e ora si chiede se non servisse proprio per distrarli e permettere a Rodrigo di scappare. Dice, simulando indifferenza:

- Sarà alla latrina?

Aslan è perplesso.

- Omar, va’ a controllare. Non vorrei…

Ora Aslan è preoccupato. È il responsabile della sorveglianza e se davvero Rodrigo si è allontanato, la furia di Abdallah si abbatterà su di lui.

Rodrigo non è alla latrina, né da nessun’altra parte nel bagno. Un inserviente ha visto uscire un gran bel ragazzo, che corrisponde alla descrizione che ne dà Aslan. Era da solo.

Non rimane altro da fare che tornare al bordello e raccontare l’accaduto al proprietario.

 

Quando scopre che lo schiavo più redditizio è scomparso, Abdallah è furente, come Aslan aveva previsto. Sguinzaglia i servitori alla sua ricerca e manda a chiamare anche i soldati: uno schiavo è fuggito e va ripreso.

Le ricerche non portano a nulla: Rodrigo sembra essere svanito. Nessuno lo ha visto uscire da Damasco e di certo un bel giovane come lui sarebbe stato notato. Ma in città non si trova.

La rabbia di Abdallah esplode. Da quando Zeyd è arrivato a Damasco, è alquanto teso: teme che vengano fuori alcune delle sua malefatte, che Hashim aveva invece coperto. La scomparsa di Rodrigo è un duro colpo per i suoi affari e gli fa perdere completamente il controllo. Il responsabile è Aslan, che non ha controllato. Decide perciò di punirlo.

Lo fa condurre nell’ala posteriore del palazzo, dove due schiavi lo spogliano e gli legano le braccia a una trave appesa al soffitto. Poi dà ordine a Bishr di fustigarlo. Gli altri prostituti devono assistere: che la punizione di Aslan serva come monito per tutti.

C’è molto stupore tra gli schiavi: molti hanno subito punizioni per qualche piccola infrazione, ricevendo magari anche una scudisciata, ma una fustigazione vera e propria non c’è mai stata.

Bishr dà il primo colpo sulla schiena, che lascia un segno rosso. Abdallah scuote la testa. La sua voce risuona rabbiosa:

- Più forte. O faccio fustigare anche te.

Bishr sa che il padrone non scherza. Colpisce con decisione e la frusta lacera la pelle. Dopo pochi colpi il sangue cola. La schiena e il culo sono coperti di segni rossi e lacerazioni. Aslan perde il controllo degli sfinteri: prima piscia e poi un po’ di merda gli cola tra i fianchi. Non si regge più e solo le corde lo sostengono.

Nando assiste sgomento a questa ferocia assurda. Gli spiace per Aslan, a cui è affezionato, e pensa che Abdallah sta facendo una cazzata: per alcuni giorni Aslan non sarà certo in grado di soddisfare i clienti e se continuano a fustigarlo, rischia di morire. Abdallah aggrava semplicemente il danno subito.

Alla quindicesima frustata Nando interviene.

- Padrone, vuoi ucciderlo? Più lo colpisci, più tardi si riprenderà. Stai facendo un danno a te stesso.

Abdallah guarda Nando. Sa che ha ragione, ma è troppo furioso. Alza un braccio e lo colpisce al viso con violenza con il dorso della mano. Due anelli lacerano la pelle della guancia, com’era avvenuto con Rodrigo ad opera di Abedin. Il colpo è stato vibrato con maggiore decisione e la ferita è più profonda.

La vista del sangue non placa Abdallah, ma lo rende più lucido. Si rende conto che non può mettere fuori uso i suoi due migliori stalloni. Allora si rivolge ai servitori e indica Aslan con un cenno del capo:

- Slegate questo stronzo e curategli le ferite.

I servi obbediscono.

Abdallah aggiunge:

- Provvedete anche a quest’altro stronzo.

La ferita di Nando viene pulita: è un brutto taglio, di cui probabilmente rimarrà una cicatrice.

Aslan viene portato nello stanzone dove dorme. Nando rimane un momento con lui.

- Grazie, Nando. Mi spiace che tu ti sia beccato un ceffone per colpa mia.

- Meglio un ceffone a me che altre dieci frustate per te.

- Per me, senz’altro. Per te, non credo, visto che ti ha fatto una bella ferita.

- Anche per me è meglio.

Nando viene chiamato quasi subito. È arrivato il primo cliente della giornata, che richiede espressamente di lui. Nella serata si trova a lavorare di più, perché Aslan non può fare la sua parte. Ma non è un grosso problema: diversi clienti sono contenti di farsi fottere, ma quando vengono, preferiscono che Nando esca: non reggono più il cazzo che li ha fatti godere e non gli importa che lo schiavo cristiano non venga. Per Nando è meglio: può passare direttamente al cliente successivo.

 

I guai di Abdallah non sono finiti. Coloro che si sono rivolti a Zeyd perché i soprusi commessi da Hashim venissero riparati hanno ottenuto giustizia e altri si fanno vivi. Tra questi il padre di un ragazzino rapito di recente. L’uomo sospetta che il figlio sia stato venduto al bordello di Abdallah, ma Hashim si era rifiutato di condurre un’indagine, affermando che non vi erano testimoni o prove che giustificassero un’ispezione.

Zeyd convoca Abdallah.

- Onore a te, Zeyd ibn Baahir. A che cosa devo il piacere di questa chiamata?

A Zeyd viene da sorridere. Sa benissimo che per Abdallah non è certo un piacere essere stato convocato e che la prosecuzione del colloquio sarà ancora meno piacevole.

- So che di recente ti è stato venduto un ragazzino.

Zeyd non ha nessuna certezza, ma preferisce dare la vendita per scontata: questo rende per Abdallah molto più pericoloso negare.

- Sì, è vero. Ho acquistato un giovane schiavo, che intendo preparare per l’attività.

Come sempre quando si tratta di ragazzini, Abdallah li prepara progressivamente a quello che dovranno fare: ricevono delle vere e proprie lezioni, in cui all’inizio sono solo spettatori e poi imparano a ripetere quello che hanno visto fare.

- Temiamo che si tratti non di uno schiavo, ma di un ragazzino che è stato rapito alla sua famiglia.

Abdallah si finge indignato.

- Cosa?! Non comprerei mai un ragazzino tolto a suo padre con la forza. Che orrore!

Zeyd annuisce. Sa benissimo che il lenone sta mentendo, ma risponde:

- Non dubito della tua buona fede, Abdallah. Ma devo verificare e, se davvero questo abuso è stato commesso, rimediare immediatamente.

- Certamente, certamente.

- Il padre del ragazzino è qui. Tornerai con lui, un ufficiale e due soldati e gli farai vedere il ragazzino. L’ufficiale lo interrogherà.

Il senso del discorso è chiaro: Abdallah non può pensare di presentare un altro ragazzino, facendolo passare per quello che ha appena comprato, perché sarà interrogato. E in ogni caso non avrà il tempo di preparare qualcuno a recitare la parte dello schiavo appena venduto.

Abdallah sorride come se fosse contento di       questa nuova bastonata che riceve e si inchina profondamente.

- Ti ringrazio, comandante. Il mio più grande desiderio è che venga fatta chiarezza.

- Molto bene.

La conversazione, in cui ognuno dei due sapeva benissimo che cosa aveva davvero in testa l’altro, si conclude e Abdallah ritorna al bordello, con il padre del ragazzino, un ufficiale e i due soldati.

Il ragazzino arriva e non appena vede il padre si getta tra le sue braccia. Non occorre un interrogatorio. L’ufficiale si limita a dire:

- Le indagini proseguiranno. Dobbiamo risalire a coloro che hanno rapito questo ragazzo.

- Certamente, certamente. Sono stato truffato in modo vergognoso e questo povero ragazzino è stato rapito alla sua famiglia. Spero che si faccia luce presto su questi orrori.

Poi Abdallah si rivolge al padre, da parte del quale teme una denuncia:

- Permetti che ti offra un piccolo dono, per compensare quanto hai sofferto per colpa di quegli infami.

Il padre accetta la somma che gli viene offerta, ma non appena si è allontanato con il figlio, lo interroga: se ha subito abusi, il padre intende denunciare il lenone. Per sua fortuna il ragazzino non è stato ancora offerto a nessuno e si sono limitati ad insegnargli alcune cose, che l’hanno sorpreso e turbato, ma non sconvolto.

Nel giro di tre giorni Abdallah ha perso il gioiello del suo bordello e un ragazzino che era una promessa per il futuro. È di pessimo umore, come d’altronde Aslan, che si sta lentamente riprendendo. E anche l’azero è fuori uso per un po’. Di questo Abdallah sa di essere l’unico responsabile, ma la sua rabbia si scarica anche su di lui: a più riprese lo rimprovera e gli dà del buono a nulla davanti agli altri. Aslan è diventato il capro espiatorio di tutte le frustrazioni e la rabbia di Abdallah.

Aslan subisce in silenzio, ma dentro ribolle. Non si aspettava la fustigazione, perché Abdallah ha sempre avuto fiducia in lui e non si è mai dimostrato feroce. È stato frustato a sangue e ne porterà i segni per tutta la vita. Probabilmente se Nando non fosse intervenuto, Abdallah lo avrebbe fatto fustigare fino a ucciderlo. Ma non è solo quello: è stato umiliato davanti a tutti, lui a cui gli altri erano abituati a obbedire. Si è pisciato e cagato addosso sotto i loro occhi. Adesso alcuni lo evitano e gli altri hanno perso quel rispetto che avevano sempre dimostrato. Aslan cova una rabbia feroce, che nasconde sotto un’apparenza di calma e sottomissione. Odia Abdallah e tutti gli altri. Solo per Nando prova un sincero affetto: l’episodio li ha avvicinati e ora sono davvero amici.

Un mattino, dopo il bagno, Aslan e Nando sono distesi sulle stuoie in una delle camere. Aslan chiede all’amico della sua vita prima di essere venduto al bordello, Nando gli confida quello che non ha raccontato a nessuno, a parte Zeyd:

- Quando sono arrivato ho raggiunto mio zio, Ferdinando, che era il signore dell’Arram.

- Ne ho sentito parlare molto. So che dopo aver perso il suo territorio è diventato un brigante. Tu sei andato con lui?

- Sì. Vivevo a Jibrin, che voi chiamate…

- Qasr al-Hashim, come quel coglione che era il comandante della guarnigione prima di Zeyd. Ma lo chiamiamo anche il Castello maledetto.

- Perché?

- Perché tutti coloro che vi si stabilirono furono sterminati: fedeli o miscredenti, tutti trovarono la morte in battaglia o furono uccisi da una malattia o giustiziati. E la stessa sorte spetterà ai tuoi compagni, Nando. Sei stato fortunato a essere catturato e venduto qui.

Nando pensa allo zio e ai suoi compagni. L’idea che possano essere uccisi tutti lo angoscia, anche se lo sapeva già prima, l’ha sempre saputo.

- Può essere.

- Lo è, lo è. E ti dirò di più: Salah ad-Din vuole eliminare la piaga dei briganti dalla Siria e ha dato ordine di impalarli tutti. Da noi una volta la pena peggiore era la crocifissione e ti assicuro che crepare sulla croce è una fine orrenda, a me è capitato di vedere un eretico, un certo Ishaq, crocifisso. Di solito dopo aver messo il condannato sulla croce, il boia lo uccide e il corpo rimane appeso come monito. Ma quella volta lo hanno lasciato sulla croce a morire. Ha agonizzato due giorni. Una cosa terribile. Eppure l’impalamento è peggio.

Nando pensa ai briganti impalati che ha visto.

- Mentre mi portavano qui lungo la strada ho visto alcuni briganti impalati. Erano cristiani, mi hanno detto.

- Sì, ci sono diversi briganti cristiani.

C’è un momento di silenzio, poi Aslan prosegue:

- L’impalamento l’hanno portato i turchi. Noi qui diciamo che quando ti impalano, maledici tua madre per averti messo al mondo. E spesso prima che tu crepi ti castrano. Sarebbe un peccato che tu crepassi senza quel cazzo da toro che ti ritrovi.

Aslan ride. Nando scuote la testa. L’idea che lo impalino e lo castrino lo disturba. E la stessa sorte potrebbe spettare allo zio e agli altri.

- Preferirei conservarlo, in effetti. Ed evitare il palo in culo.

Aslan annuisce. Poi ride di nuovo e dice:

- Io il palo in culo me lo sono preso.

Nando lo guarda, perplesso.

- Cosa dici? Non è possibile. Nessuno sopravvive.

Aslan ride e Nando intuisce che sta scherzando, ma non capisce.

- Io sono sopravvissuto.

- Che cazzo stai dicendo?

- Che quando il mio amico Nando me l’ha messo in culo, era davvero come avere un palo.

- Spero di non averti fatto troppo male, quella volta.

Aslan ride ancora.

- Ho avuto male per una settimana. Ma mi è passato.

- Spero bene!

Aslan volta la testa verso Nando. Vede la cicatrice sulla guancia dell’amico e ripensa a quanto è successo. Odia Abdallah.

 

 

Rani ha quasi raggiunto la sua residenza. L’ultima sera prima di arrivare si ferma nuovamente da Omar. È ben contento di esibire il suo nuovo acquisto, sapendo che desterà l’invidia del cognato.

Omar lo accoglie con una certa freddezza. Sapeva che sarebbe ripassato da lui al ritorno da Damasco, ma non è contento di vederlo. Le parole di Rani lo hanno profondamente offeso e sono spesso ritornate nella sua mente. Quest’uomo arrogante gli ha mancato di rispetto e meriterebbe una lezione. Ha anche riflettuto sulla richiesta di aiuto che Aaron ha rivolto a Rani. Gli sono venuti dei sospetti, ma ormai è tardi per sapere la verità: ha fatto male a non indagare sul momento. Ha chiesto a un servitore di cui si fida di parlare con gli altri servi, ma non è emerso niente di certo. L’ultima volta che Rani era venuto, prima della morte di Aaron, il giovane schiavo si era alzato nella notte ed era ritornato in camera solo dopo diverso tempo, ma lo schiavo che l’aveva visto non sa dire dove fosse andato. Omar pensa che probabilmente quella puttana lo tradiva anche con Rani, che era suo ospite.

Rani coglie l’irritazione di Omar, ma poco gli importa. Punzecchiare questo vecchio presuntuoso lo diverte. Dopo i saluti di prammatica, si accorge che Omar osserva Rodrigo.

- Sayyd Omar, hai mai visto un giovane così bello?

Omar guarda Rani. Ha colto nel titolo onorifico sayyd un’ironia che aumenta la sua irritazione. Il suo sguardo torna a posarsi su Rodrigo. Aaron era bello, ma questo giovane è ancora più bello, questo non può negarlo.

- Sembra davvero l’angelo del paradiso. L’hai comprato a Damasco?

- Non l’ho comprato. È scappato dal suo padrone per venire via con me. Una volta che ha gustato la mia arma, ha deciso che preferiva essere il mio schiavo.

Omar scuote la testa.

- Non si porta via lo schiavo di un altro.

Sanno entrambi che Omar non avrebbe nessuno scrupolo a farlo, ma visto che è stato Rani a rendersi responsabile della sottrazione di uno schiavo, recita la parte dell’uomo ligio.

Omar fissa Rodrigo. È davvero bello. Adesso che Aaron ha avuto quello che si meritava, Omar non ha più uno schiavo di piacere. Uno così davvero sarebbe quello che ci vuole per destare il suo desiderio. E lo esibirebbe volentieri a chi viene in visita: farebbe certamente colpo.

È ora di cenare. Si dispongono sui cuscini intorno al tappeto. I servitori portano il cibo e il vino, che Omar non offre in occasione di grandi banchetti, per evitare critiche da parte di chi ne condanna l’uso. Durante il pasto Omar osserva Rodrigo. Un viso d’angelo, un corpo che dev’essere perfetto. Rani è allegro, contento di vedere che il suo schiavo ha fatto colpo. Beve parecchio, tanto regge bene il vino.

Omar osserva:

- Un bel giovane così merita un palazzo. Non potrà certo trovarsi bene nel tuo villaggio, con il vento del deserto e l’aridità estiva. È un fiore che ha bisogno di altri climi.

Rani ha capito benissimo dove vuole andare a parare Omar. Ride e dice:

- Si abituerà… Sarà contento anche se non avrà un giardino. So come soddisfarlo, io.

Omar scuote la testa. Fissa Rani. La sua voce è imperiosa quando dice:

- Vendimelo.

Rani ride. Non coglie la minaccia nella voce del cognato. Non capisce che il prezzo che Omar gli offre per Rodrigo è la vita.

- Vendertelo? No di certo. Non intendo privarmene. E poi, sai…

Rani si interrompe, ridacchiando. Omar chiede:

- E poi?

Se Rani non avesse bevuto, forse controllerebbe le sue parole, ma il vino gli ha sciolto la lingua:

- Dopo aver provato il mio spiedo, temo che sarebbe deluso dal cambio.

Omar deglutisce, senza dire nulla. Non aveva ancora preso una decisione. Le parole di Rani sciolgono le ultime remore. Sorride.

- Forse è così.

Omar appare rilassato, senza preoccupazioni. Rani non coglie ciò che sta dietro il sorriso del cognato. Chiacchierano della guerra in corso, dell’assedio di Akka, del probabile arrivo di truppe dall’Europa. Rani dice che conta di raggiungere anche lui Salah ad-Din, tra qualche tempo.

 

Dopo cena, Rani si ritira nella stanza che Omar gli ha riservato. Porta con sé Rodrigo: vuole fotterlo alla grande e vuole che nella casa si sentano i gemiti del giovane. Il vino e l’invidia di Omar lo hanno reso allegro e sfrontato.

Lascia una lampada accesa e dice a Rodrigo:

- Spogliati.

Rodrigo obbedisce. Anche se preferirebbe non farsi prendere, fino a ora è stato contento della scelta che ha fatto: non deve più soddisfare diversi uomini ogni sera. Ha un unico padrone, molto vigoroso, che gli fa un po’ male quando lo prende, perché è alquanto dotato, ma non è brutale. Molto meglio che al bordello. E Rani è forte e bello. Rodrigo pensa che si abituerà.

Si toglie la tunica e i pantaloni, rimanendo nudo. Rani lo guarda e sorride. È davvero bello, il suo è stato un ottimo acquisto, se acquisto si può chiamare. In ogni caso per averlo ha dovuto pagare due uomini che inscenassero un litigio nei bagni.

- Ora spogliami.

Rodrigo esegue. Ha imparato come si fa a spogliare un uomo, trasformando i gesti necessari in leggere carezze, che stuzzicano e accendono i sensi. Ma i suoi movimenti conservano una certa ritrosia, che a Rani piace moltissimo: nonostante abbia trascorso un anno e mezzo al bordello, il giovane non si è depravato, non è divenuto un vizioso.

Rani è convinto che avrà presto ragione della riluttanza che ancora appare in Rodrigo quando deve offrirsi e questa sarà la sua più grande vittoria.

Gli mette due dita sotto il mento e lo bacia con delicatezza, poi la sua mani scorrono sulla schiena, indugiano sul culo, stringono con forza le natiche.

- Ti farò godere, Rodrigo. Non ti pentirai di essere venuto con me.

Con un movimento rapido Rani lo solleva e poi lo depone sul giaciglio, stendendosi su di lui. Gli mordicchia un orecchio, dolcemente, poi gli bacia la bocca e una guancia, accarezzandogli i capelli. Le sue labbra salgono alla fronte e vi lasciano un bacio leggero, poi scendono rapide a mordere un orecchio. Questa sera Rani è molto dolce e Rodrigo si stupisce della delicatezza dei suoi gesti. Non sospetta che il suo nuovo padrone prepara il terreno con cura perché intende farlo godere: vuole che urli il suo piacere, in modo che il padrone di casa lo senta.

Le mani di Rani percorrono il suo corpo e il suo viso, giocano con i suoi capelli. E poi ci sono le parole, parole dolci come le carezze, che esaltano la bellezza di Rodrigo, di ogni parte del suo corpo. Nessuno dei clienti del bordello gli ha mai sussurrato tutte queste parole di desiderio.

A Rodrigo pare di fluttuare nel vuoto, aggrappato a Rani. Sente di nuovo le mani di Rani sui suoi fianchi, poi la lingua di Rani che scivola sul suo ventre, che indugia sull’ombelico, che avvolge il suo uccello, che accarezza le palle, con delicatezza.

Geme e di colpo capisce che l’onda del desiderio che preme dentro di lui non è più arrestabile. Con un nuovo gemito, più forte, viene, mentre le sue mani si impigliano tra i capelli del suo nuovo padrone. È la prima volta che viene mentre un uomo lo stringe. Chiude gli occhi, nel buio della notte.

Rani è soddisfatto: Omar deve aver sentito il gemito di Rodrigo. Ora volta il suo schiavo e si stende su di lui.

La pressione del cazzo di Rani contro il culo stordisce Rodrigo, ma l’uomo non sembra avere fretta. Incomincia a passargli la lingua dietro l’orecchio, poi sul collo. Le sue mani percorrono il corpo di Rodrigo e il contatto suscita nuove vibrazioni in lui. Ancora una volta il desiderio sale.

Il peso sul suo corpo scompare. Rani gli allarga le gambe e Rodrigo sente una carezza umida scorrergli lungo il solco. La lingua indugia sull’apertura, poi Rani si stende su di lui e Rodrigo sente l’uccello farsi strada dentro il suo culo.

Geme, ancora, un gemito in cui piacere e sofferenza si mescolano. Il peso del corpo sul suo, l’uccello che si fa strada dentro di lui, le mani che lo accarezzano, i denti che gli mordicchiano il lobo dell’orecchio, la lingua che scivola dietro l’orecchio e poi sul collo, tutto lo stordisce. Si stupisce di provare piacere e gli sfugge, quasi un grido, il nome del maschio che sta destando in lui ciò che nessuno ha mai saputo suscitare.

- Rani!

Rani sorride del suo trionfo. Prende a spingere con forza e Rodrigo prova dolore, ma il piacere lo attutisce.

Improvvisamente la porta si spalanca ed entra Omar, seguito da sei soldati armati di lance.

Rani volta il capo e lo guarda, stupefatto.

- Che cosa significa?

Omar ghigna.

- Significa che stai per crepare, Rani.

Rani ha capito. Si ritrae, staccandosi dal corpo di Rodrigo. Non si preoccupa di nascondere il cazzo ben teso. Si mette di fronte a Omar. Rodrigo rimane steso sul letto, in silenzio. Guarda la scena con gli occhi sbarrati.

- Sono tuo ospite! È questa la tua ospitalità?

- Hai tradito la mia ospitalità, godendo del mio schiavo e insultandomi. Non ho più obblighi dei tuoi confronti.

Rani sa che tra poco sarà un cadavere. Nulla di ciò che può dire o fare potrebbe salvarlo. E allora preferisce esprimere il suo disprezzo:  

- Sei uno sciacallo, Omar.

Omar fa un cenno ai suoi uomini, che alzano le lance e circondano Rani.

Sul viso di Rani appare una smorfia di spregio.

- Non hai neanche il coraggio di affrontarmi in un duello leale.

Omar scuote la testa.

- Povero coglione!

Poi fa un cenno con il capo. Gli uomini davanti ad Rani avvicinano le lance. Rani arretra, fino ad appoggiarsi alla parete.

- Avanti.

Tutti gli uomini affondano le lance nel corpo di Rani, trafiggendolo e inchiodandolo alla parete. Tre gli attraversano il petto, due il ventre e una trapassa il cazzo ancora teso, in un ultimo sfregio che Omar stesso ha ordinato.

Rani dilata gli occhi ed emette un urlo strozzato.

Rodrigo è paralizzato dalla paura. Guarda Rani, la cui testa si alza e si abbassa tre volte, per poi ricadere sul petto, mentre un fiotto di sangue gli esce dalla bocca. Il petto si solleva e si abbassa ancora in un respiro affannoso. Gli uomini ritirano le lance. Rani scivola a terra, in un lago di sangue.

Omar ride. Con un gesto congeda i suoi uomini: ha voglia di godere dello schiavo ora e di farlo davanti a Rani che si contorce a terra.

Si spoglia. Si avvicina a Rani e gli piscia in faccia. Poi guarda Rodrigo, che ha gli occhi dilatati dal terrore. Ride.

Rodrigo ha capito benissimo le intenzioni di Omar. Sa che non può opporsi: non vuole finire come Rani, che ancora agonizza. Teme però che Omar possa comunque ucciderlo dopo averlo preso.

Omar fa un cenno con il capo a Rodrigo, che si rimette nella posizione in cui era. Omar si accarezza il cazzo, guardando ora il culo del giovane, che tra poco fotterà, ora il corpo dell’uomo che agonizza ai suoi piedi.

Si stende sul giovane e spinge dentro il cazzo. Muove il culo avanti e indietro, con forza. Non ci mette molto: con poche spinte viene e poi si alza. Guarda ancora il corpo steso a terra. Rani si sta spegnendo, ma c’è ancora una scintilla di vita nei suoi occhi.

Omar chiama gli uomini che sono rimasti fuori ad aspettare.

- Castratelo.

Rani dilata gli occhi in una smorfia di orrore. Non riesce a parlare e anche se potesse farlo, nulla farebbe cambiare idea a Omar.

Un uomo esegue e Rani emette un suono strozzato. L’uomo gli infila il cazzo e i coglioni in bocca, premendo. Rani reclina la testa di lato e rimane immobile. Gli uomini sollevano il cadavere, lo depositano su un telo e lo avvolgono. Quattro uomini escono, portando il telo con il corpo. Gli altri due puliscono, mentre Omar porta Rodrigo nelle sue stanze.

- Non raccontare mai a nessuno quello che è successo. Altrimenti finirai anche tu come Rani. Chiaro?

Rodrigo non è sicuro di aver capito. Parla ancora poco l’arabo. Per sicurezza dice di non aver capito e Omar ripete, più lentamente, scegliendo parole semplici. Rodrigo annuisce. Il suo silenzio è il prezzo da pagare per non essere ucciso.

- Non dirò nulla.

Omar sorride, soddisfatto.

- Ti chiamerò Talal, perché la tua bellezza è rara.

Poi dice:

- Questa  la tua stanza. Non uscire per nessun motivo.

Rodrigo annuisce.

Omar si ritira nella sua stanza, soddisfatto della serata: ha ottenuto uno splendido schiavo di piacere e il cadavere di Rani è stato lasciato agli animali del deserto.

Rodrigo non dorme. Quanto è successo l’ha sconvolto. Ora è schiavo di un assassino, la cui ferocia lo sgomenta: Rani è stato ucciso in un modo orribile e Omar lo ha fatto anche castrare. Rodrigo non conosce i motivi di questo assassinio: pensa che Omar lo abbia commesso solo per impadronirsi di lui e gli sembra orribile.

Si pente di essere scappato dal bordello. Rani era un bell’uomo e stava accendendo il suo desiderio. Con lui forse si sarebbe trovato bene, sarebbe rimasto uno schiavo, ma la sua vita sarebbe stata più accettabile. Ora invece il futuro lo angoscia.

 

Qualche giorno dopo la morte di Rani, suo fratello Asif viene da Omar a chiedere notizie di lui: Rani aveva detto che sarebbe tornato all’inizio del mese di Safar, ma non è ancora arrivato. Omar dice di non saperne nulla. Asif insiste: gli è giunta voce che Rani era arrivato dal cognato, ma questi nega e si mostra irritato dall’insistenza di Asif.

Asif se ne va. Aspetterà ancora alcuni giorni, poi vedrà il da farsi. Sa che i rapporti tra Omar e Rani non sono mai stati buoni, ma sono cugini e cognati: gli sembra impossibile che Omar sia responsabile della scomparsa di Rani. Che siano stati i briganti che infestano le vie di comunicazione tra Kharana e Damasco?

Intanto a Kharana Rodrigo impara a conoscere la nuova realtà in cui si trova a vivere. Si muove con grande cautela, sapendo che Omar potrebbe farlo uccidere in qualsiasi momento. Superato lo spavento iniziale, si abitua alla nuova situazione, che per certi versi non gli spiace. Omar lo prende più o meno una volta a settimana e questo è un bel progresso rispetto alla vita nel bordello. Essere posseduto da lui non è gradevole, per niente, perché sayyd Omar non è certo un bell’uomo e pensa solo al proprio piacere, ma, non essendo più molto virile, non fa male a Rodrigo. Rani ha saputo destare il suo desiderio, ma è morto e anche quel piacere che gli aveva procurato il rapporto con lui è svanito. Farsi possedere da Omar è un compito come un altro. Rodrigo non può sottrarsi e al bordello ha imparato a non mostrare la sua ripugnanza, ma è ben contento quando Omar ha finito.

Omar si fa raccontare da Rodrigo come è entrato in possesso di Rani. Rodrigo narra, nel suo arabo molto limitato, ciò che è successo. Omar scopre che apparteneva ad Abdallah e lavorava nel suo bordello: un’informazione essenziale, perché significa che è meglio che non esibisca Rodrigo a chi arriva da Damasco, perché qualcuno potrebbe averlo visto e sapere della sua fuga.

A Omar non spiacerebbe che quando ci sono ospiti Rodrigo partecipasse un po’ alla conversazione, ma il giovane ha troppe difficoltà con l’arabo e Omar non ha certo voglia di mettersi a insegnargli la lingua.

 

*

 

A Damasco Abdallah è seriamente preoccupato per le indagini in corso. Uno dei due trafficanti di schiavi è stato rintracciato e arrestato. Nega di aver rapito il ragazzino e addossa la colpa all’altro, ancora latitante: sarebbe stato lui a presentarsi un giorno con il piccolo, dicendo di averlo acquistato dalla famiglia. Abdallah teme di essere accusato: il trafficante potrebbe dire che il lenone era a conoscenza del fatto che il ragazzino era stato rapito.

Ci sono anche altri problemi minori, che stanno venendo fuori: piccoli abusi senza importanza, ma che ora si ritorcono contro di lui. Abdallah si rende conto di aver fatto molto male ad approfittare della protezione, non richiesta, di Hashim per qualche affare poco pulito.

Il problema principale è che Zeyd sembra incorruttibile. Come blandirlo? Abdallah conosce poco il nuovo comandante. Al bordello è venuto per quella gara e poi due volte a parlare con Nando. Nando, già. La seconda volta Nando gli si è offerto e Zeyd non si è tirato indietro. Mandargli Nando, per cercare di ammorbidirlo? Sarebbe una buona cosa. In ogni caso non può venirne niente di male. Fa chiamare il cristiano.

- Nando, oggi andrai dal comandante della guarnigione.

Nando sa benissimo che il nuovo comandante è Zeyd. L’idea di rivederlo lo turba. Da una parte desidera quest’incontro, dall’altro lo teme, perché se Zeyd si dimostrasse indifferente o scostante, ne soffrirebbe moltissimo. Ma tutto sommato è meglio così: almeno saprà qual è la situazione. E in ogni caso non potrebbe certo sottrarsi: Abdallah non accetterebbe.

- Sì, padrone.

- Gli dirai che vieni da parte mia a chiedere se ci sono novità nelle indagini sul rapimento del ragazzino e che io vorrei vedere puniti i colpevoli. Ma non è quello che mi interessa.

Nando attende una spiegazione.

- Voglio che tu ti offra a lui. Ho bisogno di… di ammorbidirlo, diciamo.

Nando annuisce. La richiesta del padrone risveglia di nuovo emozioni ambigue. Desidera scopare con Zeyd, lo desidera violentemente. Ma un rifiuto sarebbe dolorosissimo.

- Lo farò, se mi vorrà. Da quel che dicono, è molto ligio al suo dovere e potrebbe non volere.

- Fa’ tutto il possibile. Bisogna che diventi più disponibile a chiudere un occhio.

 

Nel primo pomeriggio un inserviente comunica al comandante della guarnigione che un inviato di Abdallah vorrebbe parlargli. Zeyd dice di farlo entrare. Non pensa che possa trattarsi di Nando e quando questi gli compare davanti, sussulta. Gli sfugge un:

- Nando!

Nando si inchina.

- Sono io, Zeyd. Spero che la mia visita non ti disturbi. Non sarei venuto a importi la mia presenza, se non mi avesse mandato il padrone.

Nelle parole di Nando Zeyd legge un rimprovero, che sa di meritare. E una sofferenza violenta gli stringe la gola. China il capo.

- Nando, io…

Zeyd non sa come continuare. È difficile spiegare. Nando interpreta il suo silenzio come l’imbarazzo di chi vede ricordato qualche cosa che avrebbe preferito dimenticare. Si stupisce di quanto il pensiero lo faccia stare male. Non c’è nulla da fare, se non riportare quanto il padrone gli ha ordinato di dire e cercare di andarsene il più in fretta possibile.

Zeyd sembra quasi venire incontro alla sua richiesta, quando gli dice:

- Dimmi che cosa vuole Abdallah da me.

- Il padrone chiede se ci sono novità per il bambino rapito. È molto preoccupato e ci tiene a ribadire la sua innocenza.

Zeyd guarda Nando, poi si scuote e dice:

- Proseguirò con le indagini. Voglio arrivare alla verità.

Nando annuisce. Rimane un attimo in attesa, nella speranza di un gesto, un sorriso, una parola, ma Zeyd è troppo turbato per riuscire a esprimere in qualche modo ciò che sente e Nando troppo sofferente per capirlo.

- Tolgo il disturbo.

Nando si inchina ed esce. Una parte di lui spera che Zeyd lo richiami, ma questo non avviene. Nando torna al bordello. Abdallah intuisce subito che la faccenda non è andata come sperava: lo schiavo è stato via troppo poco.

- Non era interessato, padrone.

- Merda! Sei un incapace, Nando. Tu e quell’altro stronzo di Aslan. Buoni a nulla!

Nando china la testa. Del rimprovero non gli importa nulla. La sofferenza che lo dilania lo rende indifferente a tutto il resto.

Non soffrirebbe altrettanto se sapesse che Zeyd sta peggio di lui. Al dolore che questo incontro ha provocato si aggiunge il senso di colpa per non essere riuscito a parlare a Nando, a spiegargli i motivi del suo comportamento. Sospetta di averlo fatto soffrire, anche se non immagina quanto.

Vorrebbe richiamarlo, spiegargli, ma non se la sente, non saprebbe che cosa dire. Cerca di chiarirsi le idee. Non ha cercato Nando a causa della sua posizione di comandante della guarnigione: Abdallah di certo glielo offrirebbe, come offriva Rodrigo a Hashim, nella speranza di fargli chiudere un occhio, ma Zeyd intende svolgere il suo compito senza guardare in faccia nessuno. Non deve accettare favori, perché non vuole fare favoritismi. Potrebbe insistere per pagare, lo sa benissimo, minacciando di rinunciare se il suo denaro venisse rifiutato. Ora può permettersi di farlo, guadagna abbastanza. Ma non vuole pagare per scopare con Nando e non vuole che gli venga offerto. Vorrebbe un rapporto libero, come è stato l’unica volta che i loro corpi si sono incontrati. Vorrebbe… Zeyd non vuole pensare a Nando. C’è un abisso davanti a lui e non vuole precipitarvi.

Pochi giorni dopo scrive a Salah ad-Din che il suo braccio sta guarendo e che ha ripreso a esercitarsi con la spada, per cui spera che il sovrano lo richiami presto là dove si combatte. Non è una frase di circostanza: Zeyd vorrebbe davvero lasciare Damasco, per sfuggire alla sofferenza, forse per cercare la morte.

 

Salah ad-Din legge sempre con cura le relazioni che Zeyd gli manda e le lettere che riceve da alcuni suoi uomini fidati in città. Non ha nessuna intenzione di richiamare Zeyd, perché sa che sta svolgendo un ottimo lavoro. Suo cugino gli ha scritto in proposito:

Il nuovo comandante della guarnigione si è rivelato un uomo onesto e capace. Ha risolto i problemi creati dagli abusi del suo predecessore e tutte le persone oneste lo lodano e sperano che rimanga a lungo. Il malcontento che si era creato è svanito e il sapere che ci si può rivolgere a lui per vedere un torto riparato e un diritto garantito, spinge tutti a ringraziare Iddio per la grande saggezza del sovrano, che ha messo al comando l’uomo più meritevole.

La lettera, che conferma altre voci raccolte, toglie a Zeyd ogni possibilità di tornare a combattere, finché Salah ad-Din sarà lontano: l’ufficiale è l’uomo giusto al posto giusto. È un guerriero coraggioso, ma in questo momento è più utile a Damasco.

 

*

 

Nel bordello da tempo Aslan non riceve più incarichi di responsabilità. Abdallah li affida a schiavi diversi, in base al tipo di lavoro da svolgere. Nessuno ha preso il posto dell’azero, ma questi è chiaramente in disgrazia.

Per qualche mese Aslan rimane convinto di riuscire a recuperare la fiducia del padrone. In fondo è sempre stato uno schiavo fedele e ubbidiente e uno dei più redditizi. Poi si rassegna. Non sospetta quanto sia ancora profondo il rancore di Abdallah. Lo scopre un giorno, grazie all’amico.

Nando è nella camera dove dorme e sente un servitore parlare con uno dei prostituti vicino alla porta. Probabilmente i due non sanno che lui è nella stanza oppure non gli importa di farsi sentire.

- Ti ho detto che lo vuole vendere. Ieri sera ha parlato a lungo con Yasser, il mercante di schiavi, che si è detto sicuro di poterlo piazzare.

Nando non baderebbe alla conversazione, se non sentisse pronunciare il suo nome:

- Tanto Nando è più forte e vincerà di nuovo il torneo. Per gli incontri di lotta qui può affrontare Bishr, che è anche lui forte.

Sospetta che si tratti di Aslan e in effetti la risposta conferma la sua supposizione:

- Sì, certo. Aslan non è indispensabile. E dici che lo vende domani?

- Esatto. Yasser ha detto che passa a prenderlo verso mezzogiorno. Ma non lo dire a nessuno: non vuole che si sappia.

La scoperta che Abdallah intende vendere Aslan lo turba. Ha buoni rapporti con tutti, ma con Aslan si è creata un’amicizia e gli spiace che venga venduto.

Più tardi, non appena è libero, si avvicina ad Aslan.

- Ho bisogno di parlarti un momento.

Si appartano e Nando dice subito:

- Aslan, ho una brutta notizia da darti.

- Che cosa, ancora?!

- Il padrone vuole venderti. Ti prende Yasser.

- Cosa?

- Sì, ho sentito Abdel Hakim che lo diceva a Helmi.

- Merda!

- Mi spiace, Aslan. Vorrei poter fare qualche cosa per te, ma non so che cosa. Proverei a parlare con Abdallah, se pensassi che mi ascolta, ma temo che sarebbe inutile.

- Sì, sicuramente. Quel pezzo di merda!

- Yasser viene domani mattina verso mezzogiorno per portarti via, stando a quanto diceva Abdel Hakim.

- Domani! Merda!

Il dialogo si interrompe, perché Nando viene chiamato. Aslan rimane solo. È furente. Non si aspettava di essere venduto. Attendeva il momento in cui il padrone lo avrebbe perdonato e gli avrebbe reso il suo ruolo nel bordello: in fondo nessuno ha preso il suo posto. E invece…

Vuole vendicarsi, a ogni costo, e si chiede come fare.

È il padrone stesso a fornirgli l’occasione che cerca. Abdallah non ha più avuto rapporti con Aslan e non si è dato a nessun altro. L’azero non è mai andato a raccontare in giro che il padrone si fa inculare e Abdallah non è sicuro che altri sarebbero altrettanto discreti.

Prima di cedere lo schiavo, Abdallah vuole gustarlo un’ultima volta. L’azero ha davvero un bel cazzo e sa come usarlo. Non gli ha ancora detto che sta per venderlo. Gli farà credere di averlo quasi perdonato e quando domani mattina Aslan si troverà di fronte il suo nuovo padrone, sarà troppo tardi perché possa sparlare di lui nel bordello. Lo farà ad Amman, dove  intende piazzarlo Yasser, ma non è un problema. E in ogni caso saranno solo le chiacchiere di uno schiavo che è stato fustigato e poi venduto dal suo padrone.

Abdallah chiama Aslan e gli comunica di averlo perdonato e che questa sera intende farsi scopare di nuovo da lui. Aslan si chiede se il padrone non abbia davvero cambiato idea. Ha molti dubbi, ma si mostra contento e dice:

- Grazie, padrone.

Aslan è ben deciso a capire qual è la verità. La sera, prima di andare da Abdallah, parla con Abdel Hakim si rivolge a lui.

- Senti, ho bisogno di un favore. Sai che domani me ne vado, no?

Abdel Hakim appare stupito.

- Sì, lo sapevo, ma… credevo che il padrone non te l’avesse detto. Quando si è accorto che l’avevo sentito parlare con Yasser, si è raccomandato che non dicessi niente.

- Sì, ma adesso ha dovuto dirmelo, perché mi preparassi per domani.

Abdel Hakim annuisce. Attende che Aslan gli dica di che cosa ha bisogno.

- Quando viene sayyd Usama, che chiede spesso di me, digli che lo saluto. Solo questo.

La richiesta non ha molto senso, ma Abdel Hakim non ha motivo di dire di no.

- Lo farò.

Ora Aslan ha avuto la conferma che aspettava.

Quanto gli ultimi clienti se ne sono andati, Abdallah fa venire Aslan in camera. Si spoglia e osserva l’azero che si toglie gli abiti e rimane nudo. Davvero un gran bel maschio, con un cazzo magnifico, che già si tende.

Abdallah si inginocchia davanti a lui, prende in bocca il cazzo e lo succhia un po’, poi stende sul letto, sopra due cuscini, mettendosi in posizione, con il culo sollevato.

Aslan si accarezza bene il cazzo, fino a che non ce l’ha ben duro, poi si stende sul padrone, che si stupisce di non sentirlo preparare l’ingresso spargendo un po’ di saliva. L’azero invece entra con una spinta secca, che toglie il fiato ad Abdallah, poi sibila:

- Mi vuoi vendere, porco, ma non lo farai. Ora ti ammazzo, bastardo!

Abdallah non fa in tempo a gridare: le mani di Aslan gli stringono il collo in una morsa di ferro. Un’ondata di terrore travolge il lenone, che capisce di essere perduto. Vorrebbe giustificarsi, dire che non venderà più Aslan, negare di aver mai avuto l’intenzione di venderlo, urlare per chiedere aiuto, ma non può più formulare parole, solo un rantolo gli esce ancora dalla bocca, mentre un incendio si accende nei suoi polmoni e il dolore al collo cresce ancora.

Il mondo svanisce, mentre il piscio scorre abbondante, inzuppando i cuscini.

Abdallah è un cadavere. Aslan riprende a spingere, finché viene in culo al morto. Poi si alza e contempla il corpo nudo. Ride. Si sposta davanti alla testa che penzola inerte e piscia. Ride nuovamente.

Poi fruga nella grossa cassa accanto al letto, dove sa che il padrone tiene denaro e gioielli. All’interno c’è uno scrigno. Aslan l’afferra e forza la serratura con una sbarra di ferro: dentro ci sono moltissime monete d’oro, accanto a collane, bracciali, anelli e orecchini con pietre preziose. Abdallah ha sempre preferito tenere le proprie ricchezze a portata. Aslan afferra le monete e le infila in due borse. Pensa di lasciare i gioielli, perché rivenderli è più difficile e c’è il rischio di essere scoperti, ma poi decide che non è il caso di rinunciarvi: li terrà con sé, senza cercare di venderli, a meno di non averne bisogno. Infila anche quelli in una borsa.

Poi ritorna nella camera dove riceve gli ospiti e si stende. Vorrebbe salutare Nando, ma qualcuno potrebbe accorgersene e non vuole che l’amico venga coinvolto, in nessun modo. Gli spiace andarsene senza salutarlo, ma è meglio che Nando non corra rischi.

Dorme pochissimo, perché non vuole rimanere addormentato.

Prima che sorga il sole, si veste e scende. Dice al portiere che il padrone lo ha chiamato per affidargli un compito urgente e che poi si è rimesso a dormire. Aggiunge che Abdallah non vuole essere svegliato prima di mezzogiorno.

Esce dal bordello dove ha trascorso otto anni della sua vita e raggiunge una casa. Dormono ancora tutti, ma Aslan bussa e si fa aprire. Parla a lungo con il padrone e gli consegna una borsa. Poi si dirige verso Bab Tuma, la porta di Tommaso, all’estremità orientale della città. Si ferma un po’ in disparte, senza mescolarsi alle altre persone che attendono l’apertura.

Non appena aprono la porta esce e si allontana. Conta di raggiungere Bagdad. Ha con sé abbastanza per avviare un’attività. Magari un piccolo bordello.  

 

Il cadavere di Abdallah viene scoperto solo a metà giornata, quando arriva Yasser, l’acquirente che deve consegnargli il denaro e prendere con sé lo schiavo. Il portiere è un po’ stupito che il padrone abbia detto di non svegliarlo prima di mezzogiorno, se a quell’ora aveva un appuntamento d’affari. Ma forse voleva solo non essere disturbato. Manda un servitore a chiamarlo. Questi bussa e, non ricevendo risposta, entra. La stanza è immersa nel buio e Abdallah sembra dormire nel letto. È strano che il padrone dorma ancora a quest’ora. Il servitore apre la finestra. La luce entra nella stanza e illumina il corpo, steso prono sul letto, nudo, con i cuscini sotto la pancia. Una posizione strana, per un uomo che dorme. Abdallah è immobile. Troppo immobile. Il servitore si avvicina, esitante. C’è un forte odore di piscio. Il lenzuolo è tutto bagnato. Gli occhi di Abdallah sono aperti, ma non c’è vita in quegli occhi. Sul collo i segni dello strangolamento.

Il servitore arretra, spaventato. Si guarda intorno, come se l’assassino potesse essere nascosto in un angolo e pronto a saltargli addosso. Non riesce a gridare, annaspa e infine corre fuori. Solo nel corridoio ritrova la voce per urlare.

Servitori e schiavi accorrono e in un attimo il bordello sprofonda nel caos totale. Un mese fa tutti si sarebbero rivolti ad Aslan, ma Aslan non è più il braccio destro del padrone e poi comunque non si vede. Dov’è finito Aslan? Possibile che non si sia accorto di niente? Il portiere informa che è uscito in mattinata e alcuni intuiscono: il padrone voleva venderlo, lui si è vendicato. Molti non sapevano che Abdallah volesse vendere l’azero, ma diversi confermano. La voce è circolata in serata.

Nando è sicuro che sia stato Aslan. Non si pente di averlo avvisato. Spera solo che riesca ad allontanarsi dalla città.

Il portiere dice che bisogna chiamare le guardie. Non c’è altra soluzione: un uomo è stato assassinato.

Due schiavi approfittano della confusione per allontanarsi prima dell’arrivo delle guardie. Gli altri si chiedono sgomenti che cosa sarà di loro.

Un uomo raggiunge il palazzo e chiede di parlare al comandante per un omicidio. Zeyd lo riceve e decide di presentarsi, insieme a un gruppo di soldati. Preferirebbe evitarlo, per non rivedere Nando, ma Abdallah era un personaggio in vista ed è opportuno che sia il comandante a condurre di persona le indagini.

In realtà la situazione è chiara: Aslan è stato visto entrare in camera del padrone in serata. Aslan ha lasciato il bordello molto presto in mattinata, dicendo che Abdallah non voleva essere disturbato fino a mezzogiorno. Nessuno sa dove sia andato. Non c’è dubbio su chi sia il colpevole. Di certo ha già lasciato Damasco, con l’oro che ha preso dallo scrigno che ha forzato.

Concluse le brevi indagini, Zeyd se ne va. Deve organizzare la ricerca dell’assassino. Aslan è un uomo molto alto e potrebbe essere stato notato da qualcuno. In effetti, i soldati di guardia a Bab Tuma hanno visto passare un uomo che corrisponde alla descrizione. Diversi soldati vengono mandati sulle sue tracce, mentre alcuni messaggeri a cavallo raggiungono altri posti di guardia, per avvisare le guarnigioni.

 

Intanto gli uomini del bordello si chiedono che cosa sarà di loro. Abdallah non aveva figli. Chi sono i suoi eredi? Terranno il bordello o lo chiuderanno e loro saranno tutti venduti, finendo chissà dove?

Gli eredi risultano essere due cugini di Abdallah. Uno è un uomo molto pio, che non vuole avere niente a che fare con un bordello, per cui delega tutto al fratello, Samih. Questi non intende gestire in prima persona l’attività, per cui si chiede se affidare la gestione a qualcuno che conosca il mestiere o se non sia meglio vendere palazzo e schiavi, separatamente o insieme. Samih però non sa a chi rivolgersi ed è necessario trovare una soluzione rapidamente: mantenere una trentina di schiavi che non rendono nulla ha costi molto alti e Aslan ha portato via gran parte di ciò che Abdallah aveva accumulato. Samih si affida a un intermediario, Fadi ibn Aban, che prende in mano la situazione: venderà il palazzo e a parte gli schiavi. Per loro conta di organizzare un’asta: una soluzione insolita, ma che, con un po’ di fortuna può rendere molto di più di una vendita in blocco a qualche mercante. Se qualcuno non sarà acquistato all’asta, sarà portato al mercato degli schiavi.

 

 

 

Pochi giorni dopo tutti gli schiavi che costituivano il personale del bordello vengono messi in vendita.

Nella sala in cui si tiene l’asta si raduna una folla molto numerosa, costituita ovviamente solo da uomini: nessuna donna per bene assisterebbe a un’asta di prostituti.

Alcuni dei presenti sono magnaccia di Damasco e di altre cittadine, che cercano qualche uomo per i loro bordelli. Adesso che il principale casino della città ha chiuso, hanno tutti più clienti, per cui qualche nuovo acquisto può essere utile. Inoltre la casa gestita da Abdallah offriva buona merce e magnificare ai clienti un nuovo acquisto, dicendo che proviene dal palazzo di Abdallah, può fare un buon effetto, anche se magari si è comprato uno schiavo di minor valore.

Altri invece sono clienti che vogliono uno schiavo di piacere per sé, da scegliere di solito tra i giovani: ce ne sono di molto belli, anche se il più attraente è scomparso nel nulla e nessuno sa dove possa essere finito.

Qualcuno è interessato solo al personale di cucina o agli inservienti e ne approfitta per guardare il resto della merce: vedere tanti bei giovani mezzo nudi è sempre piacevole e più d’uno sbircia volentieri anche i maschi robusti, ma senza farsi notare. Nessuno vuole passare per uno che ama farsi fottere.

Ci sono anche due mercanti di schiavi, che sperano di comprare qualche pezzo pagandolo meno del suo effettivo valore, per poi rivenderlo a un prezzo maggiore. Verso la fine dell’asta, è facile che gli ultimi schiavi vengano svenduti: in fondo è interesse del venditore sbarazzarsi di tutta la merce.

Altri infine sono venuti solo per guardare e non hanno intenzione di acquistare niente. Un’asta di questo genere è un evento insolito e vale la pena di fare un salto a vedere che cosa succede.

Fadi fa mettere in vendita prima i cuochi e gli inservienti. Uno dei cuochi ha una buona fama e per lui ci sono diverse offerte. Gli altri non sono contesi a lungo, ma vengono venduti quasi tutti.

Quando cuochi e inservienti sono stati sistemati, Fadi incomincia a offrire i prostituti, che costituiscono ovviamente il pezzo forte. Prima offre alcuni ragazzi, scelti non tra i più belli: servono a scaldare l’ambiente. Poi passa ai pezzi forti: i ragazzini più giovani, quelli più abili, quelli più belli. Molti ricchi si contendono il loro preferito e i prezzi salgono. Per tre dei ragazzi c’è una forte competizione tra i proprietari di due bordelli rivali.

L’asta procede bene e Fadi è soddisfatto, perché sta vendendo tutta la merce a un buon prezzo.

Fadi passa poi ai maschi vigorosi, una merce su cui ha diversi dubbi: solo alcuni bordelli offrono questo tipo di schiavi, che invece costituiva una parte importante del patrimonio di Abdallah.

In realtà anche questi pezzi vengono venduti bene.

Qualche lenone ne acquista uno per il suo bordello: in fondo chi da Abdallah chiedeva di questi stalloni, dovrà pure andare da qualche altra parte per farselo mettere in culo. E allora può essere una buona occasione per ampliare l’offerta.

Altri vengono presi da clienti del bordello di Abdallah. Questi ovviamente dicono ad alta voce che hanno bisogno di un uomo di fatica. Qualcuno commenta:

- Eh, sì, senza dubbio quello schiavo faticherà ad arare il campo del padrone, quello sul retro.

La battuta fa il giro della sala e viene più volte ripetuta, a ogni acquisto di questo tipo. 

Due dei migliori stalloni vengono acquistati da Bahri, un turco che fa spesso da intermediario: sicuramente non acquista per sé, ma per conto di qualcun altro, che vuole mantenere l’incognito.

Bishr è quello che spunta la cifra più alta tra i tori da monta. Se lo contendono il proprietario di un bordello e Bahri. Qualcuno dice che Bahri è stato mandato dalla ricca vedova di un mercante, che l’ha visto per strada e ha deciso di prenderlo al suo servizio. Certamente non per farne un uomo di fatica, anche se il nero è forte come un toro. La battuta sul campo da arare viene ripetuta, ma in questo caso si tratterà di arare il campo anteriore o, chissà, forse due campi.

Nando viene messo in vendita verso la fine. Sa che da quest’asta dipende il suo futuro: può finire in un altro bordello o essere acquistato da un cliente abituale. Se nessuno lo vorrà e verrà venduto come uomo di fatica, lo aspetta una vita di lavoro inumano, che potrebbe portarlo presto alla morte.

Intorno a Nando si accende una competizione molto accesa: il cristiano è il pezzo forte tra gli stalloni ed è un formidabile lottatore. A contenderselo sono il proprietario di una scuola per lottatori, due magnaccia e Bahri. Le offerte salgono rapidamente. 

Nando assiste indifferente alla gara al rialzo. Ha un grande senso di vuoto dentro di sé. Zeyd, di cui sa di essere innamorato, si è dimostrato del tutto indifferente a lui. L’unico amico che aveva, Aslan, se n’è andato senza nemmeno dirglielo.

Nando si dice che deve scuotersi. Deve scordarsi Zeyd e pensare al futuro.

Alla fine la spunta Bahri. Nando sa che non è il vero acquirente, ma solo un intermediario. Chi lo ha acquistato, spendendo una grossa somma? Vorrebbe pensare che sia stato Zeyd, ma sa che non ha i mezzi ed è sicuro che non lo farebbe neanche se li avesse. Oppure… potrebbe essere Abu al-Kufi. L’idea non piace a Nando, per niente: finire nelle mani di quel figlio di puttana sarebbe un bel guaio.

Bahri paga quanto deve, prende con sé Nando, Bishr e gli altri due stalloni e lascia la sala: ha portato a termine con successo gli incarichi che gli sono stati assegnati e non ha più motivo per rimanere. Bishr chiede chi l’ha comprato, ma Bahri risponde che lo sapranno tutti a tempo debito.

I quattro lo seguono, sotto la sorveglianza di due servitori.

Uno osserva:

- Chissà chi mi ha comprato? Sono curioso di scoprirlo.

Un altro risponde:

- Non hai proprio un’idea? Io credo di sapere di chi si tratta: Jawad, il mercante di cammelli. Quando veniva, chiedeva sempre di me e mi diceva che un giorno o l’altro mi avrebbe comprato. Se è lui, è una buona cosa.

- Non puoi saperlo finché non ci vivi insieme per un po’. Ma ti auguro che sia davvero un buon padrone.

- Speriamo. Magari quello che ha preso te è Iyad. Gli piacevi molto.

- Figurati! Quello aveva una paura dannata quando veniva al bordello, temeva sempre di essere scoperto. Di certo non mi ha comprato lui.

- Lo scoprirai presto. Quanto a Bishr, dev’essere il più fortunato: Asma’, preziosa di nome e di fatto, lo farà vivere nella bambagia.

Bishr scuote la testa e risponde:

- Non so se è davvero lei, come dici. Non l’ho mai vista, perché dovrebbe comprarmi?

- Perché sanno tutti che hai un cazzo da cavallo, anche se non come Nando.

Ridono tutti, tranne Nando, che tira fuori a fatica un mezzo sorriso.

- Magari ci ha comprato il proprietario di un altro bordello, di Aleppo o di Amman, che non poteva essere presente oggi.

- Difficile. Non siamo mica così famosi.

- Nando di certo lo è: ha vinto il torneo di lotta e il suo cazzo è noto in tutta la Siria.

Ridono di nuovo. Nando si limita a fare un cenno di diniego con il capo. Si sente un peso sul cuore.

- In ogni caso l’importante è che ci trattino bene e che quando si stufano di noi, non ci mettano a fare gli uomini di fatica.

- O magari ci rivendano, mandandoci nelle miniere di sale.

- Merda! Sarebbe una fine orribile.

C’è un momento di silenzio, mentre ognuno si chiede che cosa sarà di lui, poi Bishr chiede:

- E Nando? Chi ti avrà comprato?

Nando alza le spalle. Uno degli altri risponde:

- Potremmo fare un elenco di tutti quelli che lo comprerebbero volentieri. Ma forse faremmo più in fretta a stendere l’elenco di quelli che non lo comprerebbero.

- Non è detto, mica tutti sono in grado di reggere la sua mazza.

- Questo è vero, ma i clienti non gli mancavano mai.

- Nando, tu sì che potresti essere stato acquistato dal proprietario di un bordello in un’altra città, dove è arrivata la tua fama.

Nando risponde:

- Figurati!

Non lo sa e gli sembra che non gli importi nulla.

Giunti alla casa di Bahri, questi manda i suoi servitori ad avvertire gli acquirenti. In breve Bishr e gli altri due schiavi sono consegnati ai loro nuovi padroni, che li hanno acquistati come schiavi di piacere. Bishr non è stato comprato dalla ricca Asma’, ma da un possidente della Ghuta, anche lui cliente del bordello di Abdallah e grande estimatore del nero.

Nando è rimasto da solo. Bahri lo convoca e gli dice:

- Nando, tu rimarrai qui alcuni giorni, come il tuo padrone ha concordato con me.

- Chi è il mio nuovo padrone?

- Questo te lo dirà lui, quando lo vedrai. Posso però dirti che non lo conosci.

La vaghissima speranza che potesse trattarsi di Zeyd svanisce. D’altronde era impossibile. Se non altro non si tratta di Abu e questa è una buona cosa.

Bahri aggiunge:

- Non puoi uscire dalla casa: il tuo padrone preferisce che nessuno ti veda in giro. All’interno della casa puoi muoverti liberamente. Se hai bisogno di qualche cosa, puoi venire a chiedermelo. Ci sono domande?

- No, nessuna.

Nando trascorre i giorni all’interno della casa, oziando. Anche se si annoia un po’, tutto sommato non gli spiace questo momento di pausa. Non sa che cosa lo aspetta e non gliene importa molto: si dice che quando sarà giunto il momento, vedrà il da farsi. Sa che dovrebbe cercare di scuotersi di dosso l’apatia, ma rimanda a quando saprà qual è il suo futuro.

È abituato a una vita sessuale intensissima, ma qui è in pausa. Nessuno dei servitori sembra interessato a scopare con lui e Nando non ha intenzione di farsi avanti in questa casa dove è solo di passaggio e non conosce nessuno. E allora la sera provvede da solo a soddisfare il suo bisogno. Pensa ai maschi che vivono a Jibrin, come Basan, lo zio, Adham, o a quelli del bordello, come Aslan e Bishr, ma quando infine viene, è sempre l’immagine di Zeyd a presentarsi ai suoi occhi.

 

Zeyd ha mandato Fahad e due soldati a seguire l’asta. Trattandosi di un evento insolito, che sicuramente avrebbe attirato molta gente, ha ritenuto opportuno che ci fosse qualcuno a controllare la situazione. La scelta è caduta su Fahad, perché è un amico e a lui potrà fare liberamente domande: ha bisogno di sapere se tutto si è svolto senza problemi e soprattutto che ne è stato di Nando.

Quando Fahad ritorna, Zeyd gli chiede di raccontare lo svolgimento dell’asta. Si mostra curioso, ma non lascia trapelare l’attrazione che prova per Nando. Fahad coglie l’interesse dell’amico, per cui gli racconta dettagliatamente.

Il racconto è lungo e Zeyd diventa impaziente. Si maledice per aver sollecitato Fahad a raccontargli tutti i dettagli, ma non può dirgli di tagliare corto e poi pretendere di sapere tutto su Nando.

- E poi è stato il turno del cristiano, Nando, quello con il cazzo da cavallo.

Zeyd risponde, come se fosse indifferente:

- Sì, me lo ricordo. Sarà stato alquanto richiesto.

- Si, è stato parecchio conteso. C’era Ychai, che evidentemente lo voleva per la sua scuola di lottatori. E poi Abdel Majid e Taslim, per i loro bordelli.

- Nessuno dei clienti?

- All’inizio sì, diversi, ma poi ci hanno rinunciato, perché il prezzo saliva troppo. Ma credo che adesso se lo goda uno dei clienti.

Zeyd corruga la fronte.

- In che senso? Cioè, vuoi dire che l’ha preso Taslim o Abdel Majid e l’ha subito messo al lavoro?

- No, no. Oltre a loro c’era anche Bahri. E sai benissimo che lui fa da intermediario. Ha comprato altri tre schiavi. Tra cui il nero, Bishr. E poi si è aggiudicato anche Nando, offrendo una cifra molto alta.

Zeyd rimane pensieroso.

- Così non sappiamo chi è il suo nuovo padrone.

- No, ma se rimane a Damasco, prima o poi si saprà. Anche se il padrone lo tiene in casa perché non vuole che si sappia in giro che si fa fottere da un cristiano, qualche servo prima o poi lo racconterà.

Zeyd annuisce, ma di colpo si sente invadere da una tristezza che lo sommerge.

- Va bene, Fahad. E poi, è successo altro?

- No. Gli ultimi schiavi sono stati messi all’asta e poi c’è stato ancora un giro di offerte per quelli che non erano stati venduti la prima volta. Alla fine Fadi ha venduto tutto e ha ricavato un bel gruzzolo.

- Andrà ai due cugini di Abdallah.

- Certo, ma una percentuale gli spetta.

Zeyd annuisce.

- È giusto. Va bene. Grazie, Fahad. Puoi andare. Io ho parecchie cose di cui occuparmi ora.

Fahad si inchina.

- Ai tuoi ordini.

Esita un attimo e aggiunge:

- Posso venire a trovarti in serata?

Zeyd sorride:

- Certo, vieni pure.

Scopare con Fahad non gli servirà per allontanare il pensiero di Nando, ma almeno ridurrà la tensione del desiderio.

 

Cinque giorni dopo l’asta, Bahri fa chiamare Nando. Lo schiavo viene introdotto in una sala dove si trova un uomo anziano, con la barba grigia e la testa coperta.

Bahri gli dice:

- Questo è il tuo nuovo padrone, Nando. Ti lascio solo con lui, che deve parlarti.

Nando annuisce e guarda l’uomo.

- Siediti, Nando. Ho molte cose da dirti.

Nando si siede.

- Non ti dirò il mio nome: tutto sommato è meglio che tu non lo sappia. Capirai da solo il perché. Aslan mi ha detto che parli bene l’arabo. Capisci quello che ti dico?

Nando è rimasto sorpreso a sentire il nome di Aslan.

- Sì, certo.

- Benissimo. Allora, ascoltami. La notte in cui Aslan è fuggito dal bordello, è venuto da me. Io ho un grande debito nei suoi confronti, perché un giorno salvò mio figlio da morte certa. Non ti posso raccontare i dettagli, perché vorrei evitare che risalissero a me, se qualche cosa andasse storto.

Nando ascolta, concentrato. Capisce ciò che l’uomo gli sta dicendo e rimane in attesa di spiegazioni.

- Aslan mi ha dato del denaro, parecchio. So benissimo da dove l’ha preso e credo che tu l’abbia già capito.

Nando annuisce: è certo il denaro che Aslan ha rubato ad Abdallah o almeno una parte.

- Con quel denaro dovevo comprarti per liberarti.

È una bellissima notizia per Nando, sia perché torna a essere un uomo libero, sia perché significa che Aslan ha pensato a lui: l’amico non l’ha tradito.

- Bahri ti ha comprato a suo nome e oggi stesso ti libererà. Avrai un documento che ti permetterà di dimostrare che sei uno schiavo liberato e non un bandito. Questo però non significa molto: sei uno schiavo solo da quando sei stato venduto ad Abdallah: puoi essere chiamato a rispondere di ciò che hai fatto prima. Aslan mi ha detto che eri un brigante: se qualcuno ti riconoscesse, la carta che ti darà Bahri non basterà a evitarti una fine orrenda. Ti è tutto chiaro?

- Perfettamente. Ti ringrazio per quello che hai fatto.

- Avevo un grosso debito nei confronti di Aslan e sono contento di averlo almeno in parte saldato. C’è ancora parecchio denaro, che ti consegno.

L’uomo tira fuori una borsa e la porge a Nando.

- Questo è tutto. Noi ovviamente non ci siamo mai visti. Se qualcuno interrogasse Bahri, lui è in grado di cavarsela.

L’uomo sorride:

- È molto in gamba e ha parecchie frecce al suo arco.

L’uomo si alza:

- E ora addio, Nando. Non credo che avrai modo di ritrovare Aslan, perché so che non ti ha parlato prima di… fare quello che ha fatto. Ma se dovesse capitare, gli dirai che ho svolto il compito che mi aveva assegnato.

- Grazie.

L’uomo saluta con un cenno del capo ed esce.

Nando lo guarda scomparire oltre la porta. È un uomo libero, come ha spesso sognato. E adesso? Prende la borsa per controllare quanto c’è, ma Bahri rientra. Nando posa la borsa di lato.

Bahri si siede davanti a lui.

- Nando, io ho preparato il documento che attesta la tua condizione di schiavo affrancato. So che il tuo padrone, dovrei dire: il tuo ex-padrone, ti ha spiegato la situazione. Ufficialmente io ti ho acquistato per me. Se dovessero interrogarmi, dirò che un uomo mi ha incaricato di comprarti per liberarti, ma non dirò chi è. Farò capire che è un uomo potente, che non vuole farsi conoscere. Dovessero interrogarti, tu dirai che non sai di chi si tratta. Pensi che sia uno dei clienti del bordello, ce n’erano molti di ricchi e importanti che chiedevano spesso di te, ma tu non sai chi sia.

- Va bene. Mi è chiaro.

- Probabilmente nessuno ti chiederà mai niente e non chiederanno neanche a me. L’importante è che non ci siano sospetti su di te per l’omicidio di Abdallah.

Nando annuisce.

- Tu puoi rimanere qui ancora una settimana: è il tempo per cui lui ha pagato. Così puoi decidere con calma ciò che vuoi fare. E lasciare che la gente si occupi d’altro e l’asta venga dimenticata.

La proposta è ottima: dà a Nando il tempo di riflettere, senza esporlo a rischi. Non deve cercarsi un posto per dormire, non deve farsi vedere da nessuno.

- Grazie. Rifletterò sul da farsi. Non mi aspettavo niente di tutto questo.

- Ti consiglio molta prudenza. Sei un cristiano e la guerra è in corso. Sei stato un brigante e per tutti i briganti c’è il palo.

Con queste parole Bahri si alza e si congeda.

Nando rimane pensieroso. Che cosa può fare? Riprende la borsa e ne rovescia il contenuto. C’è parecchio denaro, di che permettergli di raggiungere i territori cristiani e imbarcarsi per la Sicilia. E di certo gli rimarrebbe ancora un bel gruzzolo, con cui potrebbe mettere su una piccola attività, ad esempio una scuola per lottatori. O magari un bordello. Nando ride, ma non è allegro.

Guarda davanti a sé, senza vedere nulla.

Ha dei motivi per rimanere oltremare? C’è lo zio, con i suoi compagni. Nando gli è affezionato, ma ha senso rimanere, attendendo che Jibrin venga attaccato e sapendo che allora sarà la morte per tutti, in battaglia per i più fortunati, sul palo per gli altri? Nando è venuto un po’ a cercare fortuna, un po’ per spirito di avventura. Le avventure non gli sono mancate e adesso ha anche una piccola fortuna tra le mani.

No, non c’è nessun motivo per restare. In realtà ce ne sarebbe uno, che sta nel palazzo del sultano, ma Zeyd non si è mai fatto vivo dopo essere tornato dall’assedio di Acri e ormai sono passati diversi mesi. Ora che è un uomo libero, Nando potrebbe andare da lui, ma quando si sono visti a palazzo, Zeyd ha dimostrato chiaramente di non essere interessato a lui ed è inutile attendere un gesto da parte sua. Nando se lo deve togliere dalla testa. Il pensiero è doloroso, ma non c’è nulla da fare.

Nando rimane a lungo pensoso. Forse la cosa migliore è tornare in Sicilia, ma prima passerà da Jibrin e starà un po’ con lo zio. E poi vedrà come raggiungere i territori cristiani per imbarcarsi. Non sarà facile, ma conta di riuscirci.

 

Nei giorni successivi Nando parla ancora con Bahri, che gli procura un cavallo e le provviste necessarie per un viaggio di qualche giorno. Gli fornisce anche alcune indicazioni sulla strada da seguire e sui posti dove può fermarsi: facendo il suo nome, può ottenere ospitalità in qualche casa privata, senza doversi fermare in locande e caravanserragli, dove incontrerebbe molte altre persone e qualcuno potrebbe riconoscerlo o almeno notare la grande somiglianza con lo zio.

Nando parte al termine della settimana e si dirige verso Jibrin. Seguendo i suggerimenti di Bahri, non ha difficoltà ad allontanarsi da Damasco e a raggiungere le montagne dell’Arram, senza che nessuno lo riconosca. È inverno e sui monti è scesa la neve, ma non ce n’è molta.

Nando cavalca in una valle che ha imparato a conoscere. Si muove con cautela, perché ora che è vicino a Jibrin, i rischi sono maggiori: se i soldati dell’emiro di Jabal al-Jadid o di quello dell’Arram lo incontrassero, lo catturerebbero. Di certo Nando non potrebbe inventare nessuna scusa credibile per giustificare la sua presenza in quest’area montuosa e in ogni caso diversi contadini e pastori lo hanno visto e possono testimoniare che è stato un bandito. Finirebbe impalato come brigante.

Man mano che il sentiero si inerpica, platani e frassini, ormai completamente spogli, lasciano il posto alle querce, che hanno ancora le foglie secche. Non sembra esserci nessuno.

Infine Nando arriva a un passo, da cui può scorgere in lontananza il castello di Jibrin, San Cazzo, come lo chiama lo zio. Il Castello maledetto, la cui guarnigione è stata più volte completamente sterminata. Prima o poi sarà il turno dei briganti. La morte incombe su tutti loro, ma la vista del castello gli trasmette una sensazione di euforia.

Nando sprona il cavallo. Percorre un breve tratto al galoppo, poi è costretto a rallentare, perché il sentiero non gli permette di mantenere un’andatura veloce.

Verso sera arriva sull’altopiano all’estremità del quale sorge il castello, arroccato su uno sperone roccioso che precipita a strapiombo sulle strette valli scavate dal Nahr e da un suo affluente.

Nando sa che sicuramente le sentinelle lo hanno già avvistato. Sprona il cavallo e raggiunge la porta. Di guardia vi sono quattro uomini, uno solo dei quali è sconosciuto a Nando. Basan gli dice:

- Felice di vederti, Nando. Non pensavamo che ti avremmo ritrovato.

- Neanch’io pensavo di ritrovarvi, devo dire.

Nando entra nel cortile esterno. Ferdinando è stato avvisato e gli sta venendo incontro.

- Nando! Sono felice di vederti! Temevo che fossi morto.

Nando smonta e lo zio lo abbraccia. Nando avverte un forte odore di vino: lo zio deve aver bevuto parecchio.

- Sono stato catturato, ma invece di consegnarmi alle autorità e farmi impalare, mi hanno venduto a un bordello.

Ferdinando ride, la sua grossa risata rumorosa, forse più scomposta del solito

- Porcoddio, il posto adatto per mio nipote. Scommetto che hai fatto faville.

- Diciamo che me la sono cavata.

- Non ne dubito. Poi mi racconti tutto. Vieni. Vuoi mangiare qualche cosa?

- Sì, grazie. Non ho più messo in bocca niente da mezzogiorno. Volevo essere sicuro di arrivare prima di sera.

Affidano il cavallo a un servitore, oltrepassano la porta della cinta interna di mura e dal cortile passano direttamente nella cucina, dove Ferdinando ordina di preparare qualche cosa per il nipote. Intanto la notizia del suo arrivo si è diffusa e altri sono arrivati per salutarlo.

Ferdinando lo lascia mangiare, senza chiedere nulla: ci sono già abbastanza interruzioni per l’arrivo di tutti quelli che vogliono salutare il redivivo. Quando Nando ha finito, lo zio lo porta in camera e si siede sui cuscini: come molti cavalieri franchi oltremare, ha preso diversi usi arabi e preferisce cuscini e tappeti alle sedie.

Alla luce della lanterna Nando osserva lo zio. Sono passati solo otto mesi, ma gli sembra che qualche cosa in lui sia cambiato. Forse lo zio ha preso qualche chilo, ma non è questo. Anche il modo di fare è diverso, ma forse è solo il fatto che questa sera deve aver bevuto parecchio. Ha sempre amato bere, ma regge benissimo il vino e Nando non lo ha mai visto ubriaco.

- Adesso mi racconti tutto. Voglio sentire in santa pace, senza che nessuno ci rompa i coglioni. Poi gli altri domani ti chiederanno e a loro racconti quello che vorrai, ma a me racconti tutto. Porcoddio! Sono contento di vederti qui, sano e salvo.

Nando racconta: la caccia che lo ha portato lontano, la cattura, la vendita al bordello.

- Così il proprietario ha voluto vedere che cosa ero capace di fare e ha fatto chiamare un ragazzo… beh, non era proprio un ragazzo. Gli ha detto di succhiarmi il cazzo e poi l’ho inculato. E così ha deciso di prendermi.

- Ci credo! E ha fatto un ottimo affare, di certo. Porcoddio, in un bordello! Il posto adatto per te. E per me, ma adesso sono vecchio.

- Direi che ti prenderebbero subito. Te e Adham… a proposito… non l’ho visto.

Nando si interrompe. L’espressione dello zio è cambiata.

- Non lo vedrai. Se n’è andato. Stufo di fare il brigante. Ma lasciamo perdere. Raccontami di te.

Nando è turbato, ma si dice che chiederà spiegazioni più avanti. Racconta del torneo di lotta e della sua vittoria.

- Ci credo, porcoddio! Sei sempre stato il migliore. Lo sapevo già, ma me ne sono accorto bene quando mi hai voluto sfidare.

C’è un attimo di silenzio. Nando pensa all’incontro, al termine del quale ha preso lo zio. E anche Ferdinando sta pensando alla stessa cosa.

Nando riprende. Lo zio vuole conoscere tutti i dettagli.

- Che cosa dovevi fare?

- Di solito lo mettevo in culo ai clienti. Oppure me lo facevo succhiare. Qualcuno amava farsi pisciare addosso o bere il mio piscio. Le solite cose.

- E qualcuno te lo ha messo in culo?

Nando esita un attimo e lo zio coglie la sua esitazione.

- Direi di sì. Beh, è giusto: era ora che tu provassi.

- Sì, un’unica volta, ma… è stata un’altra faccenda, non era un cliente. Ne parleremo un’altra volta.

Nando non ha voglia di raccontare di Zeyd. Parla degli incontri di lotta e delle feste, in particolare dell’ultima, a casa di Abu, della fuga di Rodrigo, della fustigazione di Aslan e infine dell’assassinio di Abdallah.

- Lo ha strangolato mentre lo inculava. Mica male. Non mi dispiacerebbe.

Nando ride e chiede:

- Ti piacerebbe strangolare qualcuno mentre lo inculi o essere strangolato mentre ti inculano?

Anche lo zio ride:

- Di sicuro strangolare uno mentre lo fotto. Non ho mai provato, ma non dev’essere male, sai benissimo che mi piace uccidere e farlo mentre fotto è il massimo. Ma non l’ho mai fatto a mani nude. Essere strangolato mentre mi fottono… non so, potrebbe non essere un brutto modo di finire.

Nando è a disagio. C’è qualche cosa nel tono di voce dello zio che lo turba. Riprende la narrazione, per sfuggire a questa sensazione spiacevole.

- Allora siamo stati messi all’asta.

- All’asta?! Porcoddio! Devi aver spuntato un buon prezzo.

- Sì, è vero.

Nando prosegue, parla di Bahri e di Aslan.

- Così ha lasciato una grossa somma per liberarti. Doveva essere davvero affezionato a te. Scopavate insieme?

- No, l’abbiamo fatto un’unica volta, dopo uno degli incontri di lotta: il vincitore inculava lo sconfitto, te l’ho detto. Ma eravamo amici.

Nando narra ancora di quando ha interrotto la fustigazione di Aslan, beccandosi un ceffone e la ferita di cui conserva la cicatrice.

- Diciamo che non te la sei passata male in questi mesi. E dire che noi pensavamo che ti avessero ammazzato, magari impalato. Oppure mandato a lavorare nelle miniere di sale, dove nessuno regge a lungo. Porcoddio! E tu eri invece a scopare a più non posso, tutti i giorni, uomini, ragazzi.

- Sì, direi che sono stato fortunato.

- Certo.

- E qui? Ho visto alcune facce sconosciute.

- Sono arrivati nove tedeschi, che avevano formato una banda nel territorio di Shaqra. Tu non li conosci. Gente decisa. Sono caduti in una trappola, alcuni sono stati catturati vivi e impalati, altri sono morti quando li hanno presi, ma loro sono riusciti a scappare. E poi… Basan e Baudouin sono stati catturati, ma noi abbiamo preso prigioniero un pittore che era ospite di Barbath, così lui ha dovuto renderceli. Altre novità non ce ne sono, a parte che Adham se n’è andato, ma te l’ho già detto.

Nando vorrebbe sapere qualche cosa di più, ma ha l’impressione che lo zio non abbia voglia di parlarne. Si limita a chiedere:

- Barbath? Chi è?

- Il nuovo emiro dell’Arram, che mi odia e darebbe la testa per vedermi castrato e impalato.

- Simpatico!

- Già, ma l’ho fottuto. Comunque poi ti racconto. Adesso è molto tardi. Possiamo metterci a dormire. La tua camera l’hanno presa i tre fratelli tedeschi. Unrod dorme con Adrien, di solito, Tornstein e il fratello… vabbè, non te ne frega niente, è inutile che ti faccia l’elenco, mica siamo in una locanda. Tu puoi dormire qui questa notte, poi vediamo.

- Va benissimo.

Ferdinando si spoglia con pochi gesti decisi. Nando lo guarda. Forse si è un po’ appesantito, ma rimane un maschio magnifico. Sente il desiderio destarsi, violento. Non ha più avuto rapporti dopo la chiusura del bordello. Anche negli ultimi giorni, in viaggio, non ha scopato: ha evitato di avvicinarsi ad altri, per non correre rischi. Non gli era mai capitato di rimanere a digiuno così a lungo e ora il desiderio è violento.

- Tu non ti spogli?

Nando annuisce, ma non si muove. Ferdinando lo guarda e scoppia a ridere.

- Non mi dire che vuoi fare un altro incontro di lotta con me.

Nando sorride.

- Sì, credo proprio di sì. Sono parecchi giorni che non scopo.

- Se vuoi stenderti sui cuscini e allargare le gambe, ci penso io.

- Preferisco un incontro di lotta.

- Perché così me lo metti tu in culo. E va bene…

Nando si stupisce dell’accondiscendenza dello zio: sa che molto di rado è disponibile a prenderselo in culo. Ma Ferdinando è cambiato. La partenza di Adham dev’essere stata un colpo durissimo.

Nando si spoglia in fretta. Ferdinando gli vede il cazzo, rigido e perfettamente verticale. Ride.

- Sei già pronto, ma intendo darti filo da torcere.

Sanno entrambi come si concluderà l’incontro, ma in effetti Ferdinando non è intenzionato a cedere facilmente. Nando è molto sicuro di sé: ha continuato a lottare in questi mesi, ha affrontato nuovi avversari e affinato le sue tecniche. Forse è troppo sicuro, perché a un certo punto si lascia sbilanciare e finisce a terra. Lo zio gli salta addosso e lo schiaccia con il suo peso. Per un momento Nando pensa di non riuscire a cavarsela: al posto dello zio sarebbe sicuro di aver vinto. Ma Ferdinando non ha la stessa dimestichezza con la lotta e non riesce a bloccarlo completamente. Il nipote si divincola e infine si libera. L’incontro riprende, ma Nando è diventato più guardingo. Si affrontano ancora un buon momento, ma infine Ferdinando cade a terra sulla schiena e Nando gli sale sopra, bloccandolo. Gli appoggia un braccio sul collo e preme, togliendogli il fiato.

- Ti arrendi?

Ferdinando sente che l’aria gli manca. Tra poco perderà i sensi. Annuisce. Nando toglie il braccio. Rimane seduto sullo zio a guardarlo, sorridendo. Poi si sposta, gli allarga le gambe, le solleva e se le poggia sulle spalle.

- Inumidisci un po’. La volta scorsa mi hai fatto un male cane.

Nando annuisce. Si sputa sulla mano e sparge la saliva sulla cappella. Poi sputa ancora sulle dita e le passa intorno all’apertura. Ripete l’operazione tre volte e l’ultima spinge dentro due dita. Ferdinando grugnisce.

Poi Nando avvicina la cappella e spinge, forzando il buco. Ferdinando grugnisce di nuovo, poi esclama:

- Porcoddio!

Nando ride e dà inizio alla sua lunga cavalcata. Gli piace guardare in faccia lo zio, vedere la tensione sui tratti del viso, sentirne le bestemmie, alternate a qualche “Cazzo!” e “Merda!”. Gli piace fottere questo maschio forte. Per un attimo ritorna il pensiero di un altro maschio, l’unico a cui si è mai dato, ma Nando lo scaccia. Vuole godere questo momento di piacere intenso. Spinge e si ritrae, in un movimento continuo. Vede che Ferdinando chiude gli occhi, più rilassato, ora. Il cazzo dello zio si sta tendendo e Nando è contento di questo: vorrebbe che godesse con lui.

Nando procede piano, rallentando quando il desiderio diventa troppo forte. Quando infine comprende che non può più trattenere il piacere, accelera le spinte e viene, riempiendo le viscere di Ferdinando del proprio sborro. Allora afferra con la destra il cazzo dello zio e lo conduce rapidamente al piacere. Si ritrae, si toglie le gambe dalle spalle e si appoggia sullo zio. Sta bene su questo grosso cuscino caldo e peloso.

Ferdinando gli accarezza la testa, in un gesto di tenerezza che lo sorprende.

- Com’è andata, zio?

- Bene. Avrò male al culo per un po’ di giorni, ma non è un problema. Sei bravo a fottere. Il bordello era davvero il posto adatto per te.

- Sto meglio qui.

- No, qui no. Qui prima o poi finiremo tutti infilzati sul palo. Non è una bella morte. Devi andartene, Nando. Hai del denaro, te ne posso dare altro io. Torna in Sicilia e fatti una vita là. Non aspettare che vengano ad ammazzarci.

- Vedremo. Non ora.

- Va bene, sei appena tornato. Ma ne riparleremo.

 

 

Il giorno seguente Nando è al centro dell’attenzione. Sono tutti curiosi di sapere che cosa gli è successo e i suoi racconti suscitano un grande interesse e anche molto divertimento. L’idea che Nando sia finito in un bordello fa sghignazzare tutti.

Nando si trova a dover ripetere più volte la narrazione di alcuni episodi, come gli incontri di lotta da Abdallah o la festa da Abu. Il tutto provoca un’infinita serie di battute.

Nando fa la conoscenza con i nuovi arrivati, che in generale non gli fanno una buona impressione: Torstein e Gunnarr devono essere guerrieri e lottatori formidabili, ma gli sembrano più animali che uomini; i tre fratelli sono piuttosto scostanti, come pure gli altri tedeschi. L’unico che gli appare simpatico è Unrod, che con Torstein e Gunnarr partecipa al solito festino serale, mentre gli altri preferiscono ritirarsi nelle loro stanze. 

A parte l’arrivo dei tedeschi, al castello non ci sono grandi novità. La partenza di Barbath per Acri ha dato di nuovo via libera ai briganti, che però sono diventati più prudenti.

Dopo pranzo Basan si avvicina a Nando.

- Sono contento che tu sia riuscito a tornare, Nando. Per te, ovviamente, ma anche per tuo zio.

Nando non è sicuro di aver capito che cosa intende Basan.

- Sentiva molto la mia mancanza?

- Certo. Era molto preoccupato per te. Ma non è quello che intendo. Dopo la partenza di Adham, si è lasciato andare. Beve molto di più, è diventato scontroso, spesso non partecipa quando ci divertiamo tutti insieme, a volte salta persino l’esercitazione mattutina con le armi e questo non è proprio da lui. Oggi già mi è sembrato molto diverso. Sono sicuro che la tua presenza lo aiuterà a riprendersi.

- Lo spero. Capisco che soffra. Credo che amasse molto Adham.

- Lo ama ancora.

Nando annuisce. Il pensiero va a Zeyd. Si dice che non ha senso. Si sono visti due volte. Adham e Ferdinando sono rimasti insieme oltre dieci anni.

 

Durante il giorno non si è parlato di trovare una camera per Nando e al momento di andare a dormire Nando segue lo zio. Non gli spiace dormire con lui e se oltre a dormire si fa anche qualche cos’altro, ancora meglio. Vero è che ha scopato prima di cena, ma non c’è motivo per non ripetere.

- Allora, Nando, com’è andata questa prima giornata qui?

- Benissimo. Sono contento di essere di nuovo a Jibrin.

- Bene, ma vale quanto ti ho detto ieri: devi andartene e senza perdere tempo. Rimanere qui significa la morte.

- E allora perché rimani? Perché rimanete tutti?

- Io rimango perché non ho alternative, lo sai benissimo. E gli altri… pensano che per crepare in battaglia o di malattia o in schiavitù, tanto vale godersi la vita qui finché si può.

- Potremmo cercare di raggiungere la Sicilia. Credo che in questo periodo, con la guerra in corso, nessuno si occuperebbe di noi.

- Di te no, di me sì. E poi… Nando, non me ne fotte un cazzo. Posso anche crepare. Non è che…

Ferdinando si interrompe. Non ha voglia di parlare, di spiegare. Lascia cadere il discorso:

- Dai, andiamo a letto.

Si spogliano e si mettono sul letto. Nando scoperebbe ancora una volta, ma non dice nulla. Dopo un po’ entrambi si addormentano.

 

Il mattino dopo Ferdinando si desta prima di Nando, che non ha ancora perso l’abitudine di svegliarsi tardi. Si alza, perché ha bisogno di pisciare. Passa nel gabinetto accanto: la camera è quella del comandante della fortezza e ha tutte le comodità. Rientra e guarda il nipote che dorme nudo sul letto. Ha il cazzo duro, come gli succede spesso il mattino.

Ferdinando spera di convincerlo ad andare via, a tornarsene in Sicilia. Lui ha una vita davanti. Anche Ferdinando potrebbe avere ancora diversi anni da vivere, ma la partenza di Adham ha spezzato qualche cosa in lui. Adham gli manca, in un modo che lo spaventa. Lo desidera con un’intensità che lo sorprende. Non è un desiderio del corpo, che si sazia facilmente, perché di certo non mancano le occasioni: culi e bocche disponibili ce ne sono a bizzeffe, a San Cazzo. È un desiderio più profondo, che solo Adham potrebbe soddisfare. Ma Adham se n’è andato per sempre.

I pensieri hanno messo Ferdinando di cattivo umore.

Nando lo ha sentito muovere e si sveglia.

- Ti sei svegliato, pigrone.

Nando sorride.

- Dovevo svegliarmi prima? Perché? Abbiamo qualche cosa da fare?

Ferdinando alza le spalle.

- Vuoi stare a letto tutto il giorno?

Nando lo guarda e ride.

- No, è meglio darsi da fare. Magari adesso mi piacerebbe lottare io e te, così gli faccio abbassare la testa.

E con un cenno si indica il cazzo mezzo duro.

Ferdinando alza le spalle. Gli va bene. Faranno la lotta e Nando lo vincerà di nuovo e poi lo fotterà. Se fosse di umore migliore, vorrebbe gustare il culo del nipote, ma in questo momento non gli importa, gli sembra che tutto sia solo un peso, di cui vorrebbe sbarazzarsi.

- Come vuoi.

- Perfetto. Lasciami pisciare, che non bisogna mai lottare con la vescica piena. Se ti becchi un colpo, crepi.

Ferdinando annuisce. Lo sa anche lui.

- Credi di riuscire a pisciare con il cazzo duro?

- Non è così duro e tra un attimo ci riesco.

Nando passa nel gabinetto. Quando ritorna dice:

- Allora, sei pronto?

Ferdinando annuisce e l’incontro incomincia. A Ferdinando piace questa lotta, anche se sa quale sarà l’esito. E infatti la lotta si conclude come la sera prima, nonostante l’impegno profuso da Ferdinando. Adesso si ritrova pancia a terra, schiacciato dal nipote. Questi prepara il terreno e poi infilza lo zio con il suo spiedo.

Ferdinando bestemmia, ma la sensazione di questo cazzo che gli entra in culo, dilatandogli le viscere, è piacevole.

Nando fotte a lungo, senza dire nulla. Ferdinando emette ogni tanto un grugnito, a una spinta più decisa, o una bestemmia. Infine Nando viene e si abbandona sullo zio.

- Si sta bene così, su questo tappeto caldo e morbido.

- Rimani così.

In effetti Nando sta bene, steso sul corpo dello zio. Gli piace questo contatto. Ma i pensieri di Ferdinando vanno in altre direzioni, si perdono in un labirinto.

Dopo un buon momento che sono così, Ferdinando dice:

- E questo Aslan ha strozzato Abdallah mentre lo fotteva.

- Sì.

- Abdallah era messo come sono messo io adesso?

- Più o meno, in realtà aveva due cuscini sotto la pancia.

- Mettimi un po’ le mani intorno al collo.

Nando ride ed esegue. Ferdinando prosegue:

- Stringi un po’.

Nando scuote la testa, divertito, e obbedisce. Ferdinando sente che il respiro passa con maggiore difficoltà. Il cazzo gli si irrigidisce.

- Un po’ di più, ché me lo fa venire duro.

La voce è uscita senza grosse difficoltà, Nando ha avvertito solo un po’ di sforzo. Stringe ancora, senza dare peso alla faccenda. È una sensazione strana. Da una parte ha paura di stringere troppo: non vuole fare male allo zio. Dall’altra è piacevole premere su questo collo taurino. Nando si accorge che il cazzo gli si sta irrigidendo.

Anche Ferdinando lo avverte: lo sente in culo crescere e tornare duro. E anche il suo cazzo si tende sempre più. Pensa che sarebbe un buon modo di morire.

- Ancora.

La voce è uscita a fatica, fioca. Nando stringe più forte, lasciandosi per un momento guidare dalle parole dello zio e dal proprio desiderio, ma poi ritira di colpo le mani, spaventato. Gli sembra di essere arrivato sull’orlo di un abisso e di essersi ritratto appena in tempo.

C’è un momento di silenzio, poi Ferdinando dice:

- Perché cazzo… ti sei fermato? Stava venendo… duro… a tutti e due.

- Troppo pericoloso. Potevo ammazzarti.

- No, non… per così poco. E poi… sarebbe un buon modo… di finire.

 - Vuoi mica che ti ammazzi?

Ferdinando tace un momento, poi dice, con una voce ritornata quasi normale:

- Ti piace ammazzare, come piace a me. Ti è venuto duro, non negarlo. E anch’io ce l’avevo duro.

Nando è disorientato.

- Non ho mai ammazzato nessuno. E non intendo certo incominciare da te.

- Non hai ammazzato nessuno solo perché non ne hai mai avuto l’occasione. Ma ti piacerebbe.

Nando si stacca e si alza. È turbato. Non sa che cosa si provi ad uccidere un uomo. È curioso di scoprirlo, questo è vero, ma non intende ammazzare lo zio. Le sensazioni che gli ha trasmesso stringergli le mani intorno al collo sono state forti.

Ferdinando si gira mettendosi sulla schiena e sorride. Ha il cazzo mezzo duro.

- Zio, lasciamo perdere… Stai scherzando, vero?

Ferdinando lo guarda, poi sorride e annuisce.

Nando gli afferra il cazzo e lo stuzzica un po’. Gli piace sentirlo crescere e irrigidirsi nella sua mano. Giocherella un po’ con i coglioni. Sono grossi ed è bello stringerli un po’.

- Lavora un po’ con la bocca.

Nando esita un attimo, poi si china e avvolge il cazzo con le labbra. Lo succhia un po’, incerto: è la prima volta che lo fa a un altro uomo, anche se parecchi uomini lo hanno fatto a lui. Infine Ferdinando emette il suo solito grugnito e il seme schizza e gli si riversa sul ventre, mentre Nando lascia la presa.

Ferdinando si alza, si pulisce e si veste.

- Andiamo a far colazione.

Nel corso della giornata Nando ripensa ogni tanto a quanto è successo il mattino. Il ricordo del momento in cui ha stretto le mani intorno al collo dello zio lo turba, un po’ perché non è sicuro che lo zio stesse scherzando, un po’ perché era una sensazione piacevole. Vuole bene allo zio, molto, e non intende ucciderlo. Ma gli piacerebbe scoprire che cosa si prova a uccidere un uomo.

 

Anche Ferdinando ripensa a quanto è successo. Ha parlato impulsivamente, senza riflettere. Ha chiesto al nipote di mettergli le mani intorno al collo quasi per gioco. Si è chiesto che cosa si prova a venire strangolati. Non aveva pensato di farsi ammazzare, non aveva intenzione di morire, ma si rende conto che avrebbe portato il gioco fino in fondo, perché mentre Nando stringeva ha capito che era quello che voleva.

Adesso sta cercando di ragionare, di capire. Finché Adham era al suo fianco, non c’era problema: desiderava vivere e accettava il rischio di morire, insieme a lui. Ora che Adham se n’è andato, Jibrin è diventato una gabbia in cui attendere la morte. E non c’è modo di uscirne.

Potrebbe andarsene oggi stesso: nessuno lo trattiene. Ma rimanere nei territori arabi significherebbe la morte. Prima o poi sarebbe sicuramente riconosciuto, arrestato e impalato come brigante. Non gli importa di morire, ma non ci tiene a finire sul palo. Ha impalato alcuni uomini, al tempo in cui conobbe Baahir, e sa che cosa significa crepare con un palo in culo.

Raggiungere i territori cristiani è difficile, ma non impossibile. Una volta arrivato lì, rischierebbe di essere arrestato e condannato a essere squartato in piazza. Impalato o squartato: una bella possibilità di scelta. E in tutti e due i casi, anche castrato. Non gli importa molto di morire, ma almeno vorrebbe farlo con il cazzo e i coglioni. Ci tiene. E magari vorrebbe evitare di finire in un modo atroce.

Ripensa a quanto è successo in mattinata. Sarebbe stato un buon modo di crepare. Gli stava diventando duro e anche Nando aveva il cazzo duro. Ci deve pensare.

Ferdinando non ritorna sull’argomento e Nando è contento. Si dice che lo zio si dev’essere divertito un po’ alle sue spalle, ma non ne è così convinto: è evidente che Ferdinando è di cattivo umore. Talvolta non partecipa neppure all’orgia che si svolge di solito prima di cena.

Solo agli esercizi con le armi il mattino non manca mai. Per il momento non hanno avuto molte occasioni di combattere: quasi tutti preferiscono consegnare ciò che viene richiesto, senza rischiare la vita. Ma sanno tutti che il castello può essere attaccato in qualsiasi momento e che potrebbero incontrare qualche drappello armato durante una delle loro incursioni. Mantenersi in forma  e allenati nell’uso delle armi è essenziale.

 

Con il nipote Ferdinando parla liberamente della situazione al castello. Ribadisce più volte che prima o poi Salah ad-Din deciderà di sbarazzarsi di loro e che Nando farebbe bene ad andarsene.

- Lo farò.

- Bada solo a non aspettare fino a quando sarà troppo tardi.

Passano poi a parlare dei tedeschi (che per loro comprendono anche i tre svedesi). Nando osserva:

- Non mi piacciono molto, a parte Unrod e i due giganti, Torstein e Gunnarr. In particolare non mi fido dei tre fratelli, Gotthard, Hartwig e Svend. Se ne stanno molto per conto loro e… non so… non mi vanno a genio.

Ferdinando annuisce.

- Non piacciono neanche a me e non solo perché se ne stanno per conto proprio. Non mi fido proprio di loro.

- Pensi che potrebbero tradire?

- Potrebbero farlo, sì. Non sono leali e sarebbero capaci di venderci tutti per un lasciapassare per raggiungere i territori franchi. Non lo fanno solo perché ne hanno combinate di tutti i colori, come briganti, e sanno che rischierebbero di finire anche loro sul palo, nonostante le promesse. Ma quando tornerà Barbath, non mi stupirei che i tre fratelli cercassero di venderci. Non sono leali e per avere la mia testa, Barbath sarebbe disposto a tutto.

- Che gli hai fatto, perché ti odi così tanto?

Ferdinando alza le spalle, poi racconta i suoi rapporti con Barbath, fino all’ultimo incontro.

- Non capisco perché ti abbia voluto sfidare. Lo hai stuprato, è vero, ma gli hai salvato la vita.

Ferdinando alza le spalle. Non lo sa nemmeno lui, ma poco gli importa. Barbath è un maschio che gli piace parecchio, perché è molto virile, e con lui scoperebbe sempre volentieri, ma non è a lui che vanno i suoi pensieri. Non sospetta minimamente che Barbath invece è ossessionato da lui.

 

Zio e nipote passano parecchio tempo insieme. Ognuno dei due cela un dolore, che lo allontana dagli altri e gli rende difficile partecipare all’allegria collettiva.

La lotta il mattino diventa un piccolo rito per incominciare la giornata. Nando insegna alcune tecniche allo zio e dopo averlo battuto e fottuto, lo fa venire.

Dopo qualche tempo Ferdinando invita nuovamente il nipote a stringergli il collo. Nando esita, ma il tono scherzoso dello zio lo inganna. Incoraggiato dallo zio stringe con forza. Si rende conto che il gioco gli piace e in effetti il suo cazzo, infilato bene in culo allo zio, ritorna duro.

Il gioco si ripete, non tutte le volte, ma abbastanza spesso. Ferdinando incita Nando a stringere di più, finché un giorno la pressione sul collo gli fa perdere i sensi.

Nando si spaventa, ma lo zio si risveglia subito e ride sull’accaduto.

- Non rischiavi mica di ammazzarmi, Nando! Se premi sul collo, di lato, il sangue non arriva più alla testa e svieni, ma non appena molli la presa, mi riprendo.

- Sarà, ma non voglio correre rischi.

- Non dire cazzate. Non ci sono rischi. E piace anche a te.

Nando non può negare, ma si dice che non lo farà più. Ferdinando lascia passare qualche giorno, poi lo invita a riprendere il gioco. Nando cede.

- Questa volta però aspetti a venire che io perda i sensi. Me lo infili in culo e mi fotti un po’, poi stringi e quando svengo riprendi a fottermi finché vieni. Come ha fatto Aslan con Abdallah. Così mi risveglio mentre tu mi fotti.

Nando è incerto. Sospetta che quello che stanno facendo non sia un gioco, ma una preparazione. Si dice che si fermerà in tempo.

Il gioco si ripete, più volte.

Infine Ferdinando scopre le carte, mentre sono stesi nudi uno accanto all’altro, dopo aver lottato e scopato:

- Il gioco ti piace, eh, Nando? Ti piace stringere e tutto sommato vorresti andare fino in fondo.

Nando scuote la testa.

- No. Non intendo ucciderti.

- Non lo vorresti fare, ma ti piacerebbe.

- Zio, lascia perdere.

Ferdinando sorride.

- Vedi, Nando, per me sarebbe un buon modo di andarmene. Io e te potremmo allontanarci, dicendo che rimarremo lontano qualche giorno. Attraversiamo l’Arram: so come farlo senza che nessuno ci scopra. E quando siamo oltre, concludiamo e tu te ne ritorni in Sicilia con i tuoi soldi e quelli che ti darò io. Magari, quando non mi vedranno più tornare, anche queste teste di cazzo capiranno che devono andarsene, per non finire come un pollo allo spiedo: alcuni almeno riuscirebbero a salvarsi, potrebbero unirsi ai franchi che combattono o tornarsene nei loro paesi. Quanto a me, preferisco crepare con un cazzo in culo, piuttosto che con un palo. Li salveresti da una morte certa.

- Dando la morte a te.

- Per me non ci sono alternative e lo sai. Se non lo fai tu, lo farà Barbath, quando torna: creperò sul palo senza cazzo e senza coglioni. Porcoddio! Una morte orribile.

- Zio…

- Oppure si può fare qui.

Nando aggrotta la fronte.

- Qui?

- Sì, la sera diciamo che tu te ne vai il giorno dopo. La sera facciamo la lotta e concludi, poi mi trascini nella camera del tesoro. Non mi troveranno mai e si chiederanno dove cazzo sono finito.

- La camera del tesoro?

Ferdinando annuisce. Si alza, imitato da Nando. Preme contro una pietra del muro e tira contemporaneamente la sbarra di ferro su cui hanno appeso gli abiti. Nando vede che nella parete si apre un passaggio segreto: un breve corridoio, che termina con una porta. La chiave è inserita nella serratura.

Ferdinando gira la chiave. La stanza non è molto grande e vi sono solo due cassette.

- Questo è l’oro che ti porterai via. Ne hai per vivere molti anni.

Nando guarda affascinato la stanza, di cui ignorava l’esistenza.

- Se mi lasci qui dentro, non mi troveranno mai.

Nando si riscuote. 

- Zio, lasciamo perdere. Non ne parliamo più.

Ferdinando si alza.

- Come vuoi.

L’arrendevolezza dello zio non inganna Nando: il discorso rimane in sospeso.

 

Ferdinando pensa davvero alla morte. La separazione di Adham e l’inattività hanno un effetto negativo su di lui. Va volentieri a caccia, si dedica agli esercizi con le armi, mangia, beve e soprattutto fotte con gusto, ma vorrebbe qualche cosa di più. A volte si scopre a desiderare che il castello venga attaccato, anche se questo significherebbe la morte per tutti loro. È sempre stato benissimo nell’Arram, che era felice di ritrovare dopo una spedizione, ma qui la vita gli sembra vuota. Se avesse Adham al suo fianco, non sarebbe così, lo sa. Ma Adham se n’è andato. Non tornerà: è inutile attenderlo.

 

Anche Nando cova dentro una sofferenza. Il pensiero va spesso a Zeyd, ma ormai sa che tra loro esiste una distanza insuperabile. A tratti si pente di non essere andato da lui quando Bahri gli ha detto che era un uomo libero, ma è sicuro che Zeyd lo avrebbe respinto. Si ripete che deve toglierselo dalla testa, che non ha nessun senso: lo ha visto due volte in vita sua, è scattato qualche cosa tra di loro, è vero, ma evidentemente per Zeyd era solo un fuoco di paglia e ormai l’ufficiale di certo la ha dimenticato. Per mesi non si è fatto vivo e quando lo ha visto non era chiaramente interessato a lui. Non gli ha nemmeno chiesto come stava. Inutile attendersi una dimostrazione di interesse da parte sua.

 

A Damasco Zeyd pensa le stesse cose di Nando.

 

 

 

IV – L’assedio

V – I briganti

VI – Prigionieri

VII – Il banchetto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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