Nadhir
Ad-Din è giunto tre giorni fa ad Aleppo. Il suo viaggio si è svolto senza
inconvenienti e Nadhir ringrazia Allah di questo: il rischio di incontrare
gruppi di banditi è molto alto. Le sconfitte subite in tempi recenti dai
cristiani non hanno certo migliorato la situazione: le bande di infedeli non
sono meno numerose di un tempo, perché molti soldati sbandati si sono uniti
ai briganti che assalgono le carovane. Salah ad-Din ha ordinato una
repressione spietata, ma le truppe non sono sufficienti: il signore della
Siria e dell’Egitto è impegnato nella guerra contro i franchi e le
guarnigioni rimaste nelle città della Siria, lontano da dove si combatte, non
possono eliminare tutte le bande. Nonostante l’esecuzione di decine di
banditi, come quelli impalati lungo la strada tra Homs e Hama, nessun
mercante può dirsi al sicuro. E non ci sono solo i cani cristiani. Per
eliminare i briganti ci vorrebbe un intervento in forze dell’esercito, ma
finché ci sarà la guerra, la priorità di Salah ad-Din è un’altra: scacciare i
franchi. Nadhir
ha venduto tutte le sue merci e ha realizzato un buon guadagno: Allah è stato
generoso con lui. Adesso vaga per la città. Aleppo non è bella come Damasco,
circondata da giardini e orti come un diamante attorniato da smeraldi. Ma la
sua cittadella lascia sempre Nadhir senza fiato: quando la rivede, Nadhir
risente l’emozione della prima volta che gli è apparsa, alta sulla collina,
maestosa, vero segno del potere di Allah e dei credenti. Anche oggi Nadhir ne
contempla a lungo le possenti mura e le porte. Poi
si dirige verso il mercato degli schiavi. Gli è giunta voce che è arrivato un
carico di cristiani e questo potrebbe fare al caso suo: a Damasco il suo
amico Abdallah, proprietario del più importante bordello maschile della
Siria, cerca giovani per i suoi clienti. Nadhir ha accettato l’incarico di
vedere che cosa offre Aleppo: qui spesso è più facile spuntare un buon prezzo
per gli schiavi di piacere, che sono meno richiesti rispetto a Damasco. Gli
schiavi sono venduti ai margini del grande mercato coperto, in un largo
spiazzo dove si vendono anche gli animali, in particolare i cavalli e i
dromedari. Nadhir percorre le viuzze piene di botteghe, in cui c’è il solito
affollamento. Raggiunge poi lo spiazzo, dove la ressa è ancora maggiore:
l’arrivo del carico di schiavi ha attirato gruppi di curiosi, molti dei quali
sono venuti solo per vedere i prigionieri messi in vendita, non certo per
acquistare. I
cristiani sono gli abitanti di alcuni villaggi occupati in tempi recenti. Ci
sono diverse donne, alcune delle quali giovani, pochi uomini, per lo più
anziani, e qualche ragazzo e bambino: non sembrano esserci maschi adulti,
probabilmente perché sono stati uccisi oppure si sono uniti ai briganti o
all’esercito franco. Nadhir osserva le donne, che tengono stretti i bambini e
si guardano attorno, spaventate. Prova compassione per loro. Fa
un giro tra i venditori, ma nessuno degli schiavi in vendita sembra adatto
allo scopo: il bordello di Abdallah è frequentato da ufficiali dell’esercito,
magistrati, ricchi commercianti, sceicchi ed emiri. Tutti personaggi
importanti, che amano cambiare e richiedono merce di qualità. Nadhir si dice che non potrà fare l’affare. Si
allontana e va a osservare i cavalli in vendita. Non è un intenditore, ma gli
piace vedere questi animali superbi. Un magnifico stallone dal mantello
bianco scalpita: sembra alquanto focoso. Un giovane gli salta in groppa dallo
steccato e cerca di cavalcarlo, ma l’animale si ribella e s’impenna. Il
cavaliere però sembra sapere il fatto suo e non si lascia disarcionare. Dopo
un po’, il cavallo si calma. Il giovane ride, soddisfatto del suo successo, e
scambia due parole con il venditore. A Nadhir piacerebbe saper montare un animale come
questo, ma è conscio che non ci arriverebbe mai. È contento che il giovane
invece ci sia riuscito. Ritorna al mercato degli schiavi per dare
un’ultima occhiata ed è sul punto di andarsene, quando vede un ragazzo che un
assembramento di uomini gli nascondeva. È molto giovane e bello: esattamente
ciò di cui Abdallah ha bisogno. Ha un viso allungato, dai lineamenti molto
regolari, capelli neri tagliati molto corti, occhi scuri. Il corpo è snello
ed elegante, senza nessun difetto: lo si può vedere bene, perché lo schiavo
indossa solo un perizoma che copre appena i genitali e i fianchi. Nadhir si avvicina e chiede informazioni. Il
giovane è un soldato cristiano, catturato vicino ad Afrin, insieme a Jorge da
Toledo, quel bastardo che ha scontato sul palo i suoi peccati. Ubayd il Leone
l’ha donato al soldato che ha catturato Jorge, per ricompensarlo. Questi se
l’è tenuto qualche mese, poi l’ha messo in vendita come schiavo. Per lui
viene richiesta una cifra molto alta. Nadhir dice subito ad alta voce che è uno
sproposito, che quel ragazzo non vale tanto oro, ma sa che, se riuscirà a
ridurre il prezzo, otterrà un buon margine di guadagno. Il mercante ignora le
critiche di Nadhir, si limita a osservare ad alta voce che chi non se ne
intende farebbe meglio a stare zitto, che merce di quella qualità non è
facile trovarla. Ma ha colto che Nadhir potrebbe essere interessato e,
facendo finta di voler mostrare il giovane agli altri clienti, lo fa ruotare
su se stesso e scosta il panno che lo copre, in modo che tutti – e Nadhir in
particolare – possano vedere un culo perfetto. Nadhir ripete: - Assurdo, una cifra così non ha senso. Poi si allontana, borbottando, ma non perde di
vista il venditore di schiavi. Fa un giro come se fosse alla ricerca di altra
merce e poi ritorna. Ci sono sempre diversi uomini a osservare lo schiavo: è
davvero una bella vista. Ma il prezzo richiesto è alto e per il momento non
si vedono acquirenti credibili. Quelli che si affollano intorno al giovane
sono i soliti perdigiorno, ben contenti di ammirare un bel ragazzo senza
dover pagare. Il mercante coglie subito che Nadhir è di ritorno
e lo ignora completamente. Si rivolge invece agli altri, esaltando la qualità
della merce: le labbra di corallo, gli occhi da cerbiatto, i capelli neri
come le piume del corvo, la pelle luminosa come la luna piena e il corpo…
neanche una gazzella è altrettanto snella e agile. E il culo… Il mercante non
aggiunge altro: si limita a spostare il panno, ben sapendo che l’effetto è
garantito. Gli spettatori fanno battute, per nascondere la
loro eccitazione. Più d’uno ha il cazzo duro, ma nessuno fa un’offerta.
D’altronde non è a loro che si rivolge il mercante, ma a Nadhir, che rimane
un po’ indietro e scuote la testa, come se non fosse convinto, e ora si
rivolge a un vicino: - Lo schiavo è un bel bocconcino, ma il prezzo...
manco fosse d’oro. Non è più un ragazzino. Per quanto ancora sarà
desiderabile? Il gioco ormai è chiaro e il mercante si rivolge
direttamente a Nadhir, dicendogli: - Dove lo trovi un altro così? Puoi girare tutto
il mercato, questa mattina. E tornare domani, ma merce come questa non la
trovi. Tu te ne intendi e sai benissimo che quello che dico è vero. - Lo schiavo non mi spiacerebbe, è un bel
ragazzo, non lo nego, ma la cifra che chiedi per divertirmi qualche notte…
Amico mio, i soldi non li raccolgo mica dagli alberi, io. Me li devo sudare
fino all’ultimo dirham. E non posso buttarli al vento. Il mercante sorride. L’abbigliamento di Nadhir
indica chiaramente che si tratta di un mercante agiato. - Quando ti sarai stufato, potrai sempre
rivenderlo a un buon prezzo. Ma non credo che ti stancherai presto di questa
meraviglia. Nadhir non ha nessuna intenzione di dire la
verità: sa già a chi rivendere il giovane e ne gusterà il culo solo per pochi
giorni, il tempo di raggiungere Damasco. - Chiedi troppo, amico. Rivendendolo ci perderei.
Dove lo trovo uno che me lo paghi quanto tu chiedi? Chi si è fatto vivo
questa mattina per comprarlo, eh? Dimmi un po’? C’è qualcuno che si è dichiarato
disponibile a pagarlo la metà di quel che chiedi? - Quello che chiedo è la metà di quel che potrei
ottenere a Damasco, amico. Là ci sono tanti signori che sarebbero ben felici
di coprirmi di dinar per ottenere un giovane così. Nelle parole del mercante c’è un fondo di verità.
A Damasco di sicuro uno schiavo come questo si venderebbe molto più
facilmente, anche se non al doppio del prezzo richiesto. - Vendilo a Damasco, allora. - Non posso lasciare Aleppo, ora. Ma potrei
affidarlo a qualche mercante che va a Damasco. - Fallo. Nadhir si volta, come se volesse andarsene. Ma,
come ha previsto, il mercante lo richiama. - Quanto saresti disposto a pagare per questo
gioiello? Nadhir finge di riflettere un attimo e dice una
cifra, molto più bassa di quanto il mercante chiede e anche di quanto intende
sborsare. Il mercante fa una smorfia di disgusto e sputa a
terra. - Puah! Credevo che te ne intendessi, ma vedo che
sei qui solo per farmi perdere tempo. - Ne fai perdere tu a me, con le tue richieste
assurde. Ormai la trattativa è avviata, lo sanno entrambi,
e le loro schermaglie rientrano nel gioco. Vanno avanti per un buon momento,
Nadhir aumentando ogni volta l’offerta e il venditore respingendola sempre,
ma riducendo la somma richiesta. Lo schiavo in vendita, Rodrigo, osserva Nadhir.
Ha capito che l’uomo è interessato a comprarlo e sa benissimo a che scopo.
D’altronde quando sono arrivati al mercato, il mercante di schiavi gli ha
fatto togliere la tunica e l’ha lasciato quasi nudo. Poi ha più volte sollevato
lo straccio che gli copre i fianchi, per mostrare il suo culo. L’acquirente potrà avere cinquant’anni. Ha una
lunga barba grigia e il capo coperto. Dagli abiti sembra benestante. Rodrigo riabbassa il capo. Pensa che nemmeno un
anno fa non era mai stato posseduto. Ma da allora l’hanno preso in tre: il
comandante del forte, Jorge da Toledo, poi il guerriero che l’ha catturato,
Sabri, e infine il mercante che questa mattina sta cercando di venderlo. Sia
il guerriero, sia il mercante, inizialmente hanno dovuto vincere la sua
resistenza e l’hanno fatto con i colpi e le minacce. Rodrigo infine ha capito
di non avere scelta e si è sottomesso. I giovani cristiani catturati dai saraceni non di
rado diventano schiavi di piacere, al servizio di qualche ricco signore arabo.
Ci sono sorti peggiori: alcuni vengono mandati nelle miniere di sale, dove
nessuno riesce a sopravvivere a lungo; altri sono castrati per servire come
eunuchi; molti sono costretti a lavorare nei campi o nelle officine, fino a
morire per la fatica. L’uomo che lo vuole acquistare non sembra
malvagio, ma non è detto che non lo sia. A Rodrigo fa orrore pensare che
passerà il resto della sua vita come schiavo, prima a soddisfare le voglie
del suo padrone, poi, quando questi si stuferà di lui, a svolgere qualche
altro compito. L’idea di essere posseduto ancora gli fa ribrezzo: Jorge da
Toledo, Sabri e il mercante non hanno saputo destare il suo desiderio;
d’altronde ognuno di loro si preoccupava solo del proprio piacere. Con il
tempo Rodrigo si è abituato a essere penetrato e non prova più dolore, ma, se
potesse, vorrebbe evitare di subire ancora questa umiliazione. Sa di non
avere alternative. Una fuga è impossibile: dove potrebbe andare, in
territorio saraceno, conoscendo appena poche parole di arabo? Il guerriero
Sabri, che l’ha tenuto con sé parecchi mesi, non gli ha insegnato quasi
nulla: a lui interessavano solo un culo e una bocca da fottere. E a Rodrigo
non importava di imparare la lingua. L’unico modo per sottrarsi al suo destino sarebbe
darsi la morte, ma non se la sente di uccidersi. Desidera vivere. È giovane e
spera che la situazione cambi. Può attendere, sperando in una conclusione
favorevole della guerra in corso: magari i musulmani saranno sconfitti e i
cristiani che hanno catturato potranno ottenere la libertà. Infine la trattativa si conclude. Il mercante ha
ottenuto un buon prezzo, per il mercato di Aleppo, anche se si lamenta di
aver svenduto lo schiavo, senza guadagnarci nulla. Nadhir sa che realizzerà
un ottimo guadagno a Damasco, dopo essersi goduto il giovane nel viaggio, ma
finge di essere già quasi pentito di aver ceduto a un capriccio. - Dammi almeno una tunica per coprirlo. Vuoi che
me lo porti nudo fino alla locanda? Il mercante ride. - Hai ragione: se te lo portassi nudo per le strade,
qualcuno lo rapirebbe. Così, dopo averlo svenduto, mi tocca anche rivestirlo. Con queste parole prende la tunica con cui ha
condotto Rodrigo al mercato e la dà al giovane, che la indossa. Nadhir saluta e si dirige alla locanda dove
alloggia. Ora è impaziente di provare la merce: questo corpo che ha visto
quasi nudo ha acceso il suo desiderio. Per strada nota con piacere che lo
sguardo di molti uomini si sofferma sul giovane schiavo. Appena giunto in camera, dice, accompagnando la
frase con un gesto: - Spogliati e stenditi su questi cuscini,
schiavo, a pancia in giù. Rodrigo coglie il senso della frase e obbedisce.
Si toglie la tunica e la fascia che gli copre i fianchi, poi si mette sui
cuscini, come ha imparato a fare: il culo un po’ sollevato, le gambe piegate,
in modo che l’ingresso sia meno doloroso. Sa che non ha scelta e non può
sottrarsi, anche se gli ripugna essere nuovamente posseduto: è inutile
prendere altre botte e poi essere comunque stuprato. Si dice che quest’uomo è
il suo nuovo padrone. È convinto che rimarrà a lungo con lui, forse per molti
anni, e ritiene che non sia il caso di innervosirlo. Nadhir si spoglia. Accarezza il culo di Rodrigo.
Davvero perfetto. Il ragazzo è un ottimo acquisto, che ora gli regalerà
piacere e poi gli permetterà di guadagnare un bel gruzzolo. Nadhir ha cinquant’anni ed è un uomo vigoroso.
Ama le donne, ma apprezza i maschi molto giovani e questo è davvero un
angelo. Sputa sull’apertura, sparge un po’ la saliva, poi s’inumidisce il
cazzo, già teso, ed entra. Non è un ingresso violento: Nadhir non vuole fare
male. Spinge prima lentamente, poi in modo più deciso. Viene molto in fretta,
come gli accade sempre quando il desiderio è forte, e il suo seme si rovescia
nel culo del giovane. Rodrigo è contento che sia stato tutto molto
rapido e che il cazzo del mercante sia di dimensioni ridotte. Jorge da Toledo
era alquanto dotato e lo fotteva a lungo, facendogli parecchio male. Il
guerriero Sabri aveva un cazzo meno grosso del comandante, ma impiegava anche
lui un certo tempo prima di venire. Invece quest’uomo che l’ha comprato ci
mette poco, come anche il mercante che oggi l’ha venduto. Meglio così. Dopo aver scopato, Nadhir fa portare qualche
dolce e alcune bevande, poi si stende accanto a Rodrigo. Vuole sapere qualche
cosa di più del suo nuovo schiavo. Gli parla nella lingua dei franchi, che
conosce bene: vive ad al-Hamra, che è stata a lungo sotto il dominio del duca
Denis, prima di essere riconquistata dai credenti. Chiede al giovane come si
chiama e com’è stato preso prigioniero. Rodrigo parla abbastanza bene la lingua dei
franchi, anche se la sua lingua materna è il castigliano e solo in Terrasanta
ha imparato a usare il francese del tempo.
Il suo racconto conferma ciò che Nadhir ha
sentito narrare al mercato: faceva parte della guarnigione del castello San
Giorgio, un forte vicino a San Giacomo d’Afrin. È stato catturato durante
l’assedio della città, mentre era in perlustrazione con il suo comandante,
Jorge da Toledo. Rodrigo non racconta di essere stato stuprato da Jorge. Dice
che è stato assegnato al guerriero che ha catturato lui e il comandante e che
poi l’uomo l’ha venduto al mercante da cui Nadhir l’ha comprato. Nadhir è molto contento dell’acquisto: oltre al guadagno
che realizzerà a Damasco, potrà godere della compagnia dello schiavo ogni
notte per tutta la durata del viaggio. Da Aleppo a Damasco la carovana a cui Nadhir si è
aggregato procede senza intoppi. Il mercante si accorge che diversi uomini
guardano con desiderio il giovane schiavo cristiano. Un ricco qadi di Bosra
gli chiede se è disposto a venderlo. Nadhir rifiuta: gli sembrerebbe
scorretto nei confronti di Abdallah. La richiesta però gli suggerisce di
alzare il prezzo quando sarà il momento di vendere Rodrigo. Scopano tutte le notti nella tenda: Nadhir, per
quanto non più giovane, ha un buon appetito. Non è abile nei giochi del
piacere e conclude sempre piuttosto rapidamente. Questo a Rodrigo non spiace:
farebbe a meno di questi amplessi imposti, ma, poiché non può sottrarsi, che
almeno si concludano in fretta. Non si lamenta della sua sorte: il padrone è
gentile nei suoi confronti. Poteva capitargli di peggio. Nadhir gli insegna alcune parole ed espressioni
arabe. Rodrigo si sforza di impararle, anche se non lo fa volentieri: sa che
per lui è importante conoscere la lingua, perché fino a che non saprà parlare
l’arabo, si troverà a dipendere sempre dagli altri e non è detto che siano
persone gentili come il suo nuovo padrone. La durata del viaggio è però
troppo breve perché Rodrigo possa imparare molto. La sera del suo arrivo a Damasco Nadhir gode
un’ultima volta del suo bello schiavo, poi dorme accanto a lui. A un certo
punto della notte si sveglia e accende una candela. Guarda il corpo nudo
steso accanto al proprio. Il ragazzo è davvero un gioiello ed è proprio un
peccato separarsene, ma l’ha acquistato come merce e come tale lo rivenderà.
E sicuramente farà un buon affare. Il giorno dopo prende con sé lo schiavo e si
dirige al bordello di Abdallah, il migliore di Damasco: nessun altro ha una
scelta così ampia di merce e la qualità è sempre alta. Abdallah offre ragazzi
e giovani, alquanto apprezzati ed esperti nei diversi modi di soddisfare un
uomo. Ce ne sono di tutti i tipi: ragazzi dalla pelle candida come neve
oppure scura come l’ebano, con i capelli neri o rossi o biondi, alti e bassi,
esili e bene in carne. Abdallah offre anche alcuni maschi vigorosi, dicendo
che c’è chi preferisce fottere un uomo invece di un ragazzo. In realtà essi
sono richiesti soprattutto da chi ama essere posseduto: una pratica che molti
preferiscono nascondere, perché più spesso oggetto di critiche. Si sa che i
ragazzi sono desiderati da tutti: l’amore per i giovani è stato cantato dai
poeti e solo chi vuole avere la fama di uomo molto pio li disdegna – o finge
di disdegnarli. Ma farsi possedere da un altro maschio è considerato da molti
indegno di un uomo. Abdallah esercita il suo mestiere da quasi
quarant’anni e con il tempo ha sviluppato la sua attività. Ora il bordello ha
sede in un grande edificio, un tempo residenza di una famiglia molto ricca e
potente, i cui membri sono stati fatti decapitare da Salah ad-Din per aver
tramato contro di lui. Oltre a offrire merce di ogni tipo ed età (ma
rigorosamente di genere maschile), Abdallah organizza anche un buon numero di
spettacoli. Molto apprezzate sono le scene ispirate alle
storie d’amore della letteratura araba e persiana: i due amanti sono
impersonati da un maschio virile e da un ragazzo e gli spettatori possono
vedere alcune delle loro peripezie e assistere ai loro amplessi. Di recente
ha avuto grande successo una versione della storia di Layla e Qays
al-Mulawwah, detto Majnun (il pazzo), in cui Layla era un giovane armeno e
Majnun uno schiavo curdo. Prima di morire, i due amanti si sono esibiti in un
rapporto, mentre un altro schiavo recitava alcune poesie di Majnun. I
prostituti che prendono parte a queste scene sono poi molto richiesti dai
clienti del bordello. Nella casa si tengono anche incontri di lotta, in
cui i maschi più forti si affrontano nudi e poi il vincitore incula lo
sconfitto. Questo spettacolo brutale attira un pubblico diverso dalle storie
d’amore, ma anche i lottatori attizzano il desiderio degli spettatori, che li
richiedono. In un’ala del palazzo c’è una scuola di lotta, gestita da alcuni
schiavi che lavorano nel bordello: Abdallah ha sempre avuto un debole per
questa attività e ama circondarsi di maschi vigorosi, oltre che di bei
ragazzi. Questi spettacoli non sono aperti a tutti, ma
solo a una clientela selezionata: Abdallah vuole evitare un intervento di
qualche imam, che potrebbe indurre le autorità a prendere provvedimenti. Le
voci circolano, ma sono solo voci e il lenone può contare sulla protezione di
uomini molto potenti: tra i suoi clienti vi sono consiglieri di Salah ad-Din,
emiri e sceicchi. Da tutta la Siria vengono uomini facoltosi. I ragazzi del bordello e, in casi più rari, i
maschi vigorosi vengono anche richiesti per allietare festini: Abdallah è
l’unico a Damasco a offrire questo servizio, insieme a un bordello femminile.
Non di rado i ricchi che organizzano un festino si rivolgono a entrambi i
fornitori, in modo da soddisfare tutti gli invitati. Rodrigo guarda stupito il superbo palazzo verso
il cui ingresso si dirigono: un corpo centrale sporgente e due ali arretrate,
il tutto su due piani. Entrando si scorge un giardino interno, con giochi
d’acqua, alberi e fiori: un piccolo paradiso. Lo schiavo non capisce perché il padrone lo abbia
portato qui. Abdallah li accoglie in una stanza dove il
pavimento è interamente coperto di tappeti e cuscini. Gli basta un colpo
d’occhio per verificare che Nadhir ha fatto un ottimo acquisto. Non si mostra
entusiasta, per evitare che l’amico avanzi troppe pretese, ma non nasconde il
suo interessamento. Osserva: - Non sembra male. Vediamo se vale la pena. Nadhir sorride e dice: - Se la merce non ti soddisfa, non c’è nessun
problema. Per un tale bocconcino troverò facilmente altri acquirenti. Abdallah ha preso il mento di Rodrigo tra le mani
e muove la testa del giovane per osservarlo. Gran bel viso, senza difetti. E
senza dubbio un gran bel corpo. - Sai a cosa mi serve. Voglio vederlo tutto. Nadhir si rivolge a Rodrigo: - Spogliati, completamente. Rodrigo sa di non avere scelte e obbedisce
all’ordine, togliendosi tutti gli indumenti. Nadhir legge con piacere negli
occhi di Abdallah il desiderio: sì, Rodrigo è un bocconcino da re e come tale
il magnaccia lo pagherà. Rodrigo capisce poco di quello che si dicono i
due uomini, ma l’ordine di spogliarsi gli fa sospettare che Nadhir voglia
venderlo ad Abdallah. Avrebbe preferito rimanere con il mercante, che non è
un cattivo padrone: non ha grandi pretese e quando lo prende non gli fa male.
Quest’altro uomo è decisamente più anziano: capelli, barba e baffi sono bianchi
e il viso è solcato da rughe profonde. Rodrigo è un po’ stupito che un uomo
della sua età cerchi uno schiavo di piacere. Si chiede se non possa essere un
intermediario, incaricato dell’acquisto dal proprietario del palazzo. Non
sospetta certo di essere destinato a un bordello. Abdallah osserva con cura il corpo. Nessun
difetto. Davvero merce di prima qualità. - Ha esperienza? - Poca. Te ne accorgi subito quando entri: non è
stato preso spesso. E poi lo vedi, è imbarazzato adesso che è nudo. Puoi farlo
passare per vergine. Abdallah ride: - Vergine? Di sicuro te lo sei fatto. E prima di
te se lo sono preso altri. - Pochi, pochissimi. È stato catturato da un
soldato, che se l’è spassata con lui, sverginandolo. Poi l’ha senz’altro
preso il mercante a cui il soldato l’ha venduto e poi io. Nadhir non può sapere che anche Jorge da Toledo
ha goduto di Rodrigo. - È docile? - Sì, con me non ha fatto storie. Hai visto che
si è spogliato senza dire nulla, anche se si vergogna. Abdallah annuisce. Osserva ancora Rodrigo con
cura. Vorrebbe trovare qualche difetto, per abbassare il prezzo, ma è
contento di non trovarne, perché sa che ne ricaverà di più. - Sicuramente avrà qualche magagna che verrà
fuori con il tempo. Abdallah riflette ancora un momento, poi dice: - Sa lavorare con la bocca? Nadhir ride. - Che ne so, io? Ho gustato il suo culo, non la
bocca. - Mi sa che dovrò insegnargli. - Secondo me tanti tuoi clienti pagherebbero
volentieri uno sproposito per potergli insegnare. - Se non ci sa fare… Nadhir ride di nuovo, scuotendo la testa: - Insomma, lo vorresti vergine, ma esperto con la
bocca, docile, ma ritroso al punto giusto. Che altro ti serve? Forse è meglio
che tu chieda a un ginn di cercarti quello che vuoi. Abdallah sorride. - Tu non sai quanto sono esigenti i clienti. Non
gli va mai bene niente. Io pago per avere la merce migliore e poi mi devo
sentire le loro lamentele. - Non credo che qualcuno si lamenterà mai di uno
come questo. Chiacchierano ancora un momento, poi viene
avviata la trattativa, più per divertimento che per altro: sanno entrambi
benissimo qual è il valore sul mercato di Damasco di un giovane come Rodrigo.
Infine l’affare è concluso e Rodrigo cambia padrone. Nadhir intasca i dinar e dice: - Uno così, lo farebbe drizzare anche a un morto. Abdallah scuote la testa. Anche lui gusterebbe
volentieri la merce, ma ormai non è più in grado. Il tempo ha smorzato i suoi
desideri e spento la sua virilità. Per un po’ il consumo di cibi stimolanti e
l’uso di alcune erbe hanno tamponato la situazione, ma ormai non c’è più
niente da fare. - Purtroppo non basta per farlo drizzare a me. Nadhir è informato del problema dell’amico e
chiede: - Il farmaco di cui ti avevano parlato non fa
effetto? - No. Non a me, almeno. Ho troppi anni sul
groppone. Nadhir annuisce, poi sorride e dice: - E troppe scopate. L’hai logorato a forza di
usarlo. Quanti ragazzi ti sei preso? Cinquecento? Mille? Abdallah scuote la testa. - Non esagerare. Certo, la merce dovevo pur provarla… Poi china la testa e sospira. Aggiunge: - Però è triste. - Lo capisco. Ti rimane la soddisfazione di
contemplare bei giovani come questo e… Nadhir ride e completa: - …di guardare quando i clienti li scopano. Abdallah ha detto a Nadhir che ogni tanto spia
qualche cliente mentre fotte: ci sono diverse aperture nei tramezzi di legno,
che permettono di controllare la situazione. Abdallah sorride e dice: - Quello fa sempre piacere, ma non lo raccontare
in giro. Nadhir non tradirebbe mai l’amico. - No, di certo. Dopo che Nadhir se n’è andato, Abdallah affida
Rodrigo a un suo aiutante, che parla la lingua dei franchi. Si dice che è
bene che il ragazzo impari un po’ di arabo, per capire le richieste dei
clienti. Poi chiama Aslan, il colosso azero che dirige la
scuola di lotta e quando occorre fa anche da guardia e buttafuori al
bordello. Da quando non gli si drizza più, si fa fottere da questo gran
maschio, che ha una mazza formidabile, ma di questo non ha parlato neppure a
Nadhir. Non vuole che si sappia in giro che gli piace farsi fottere, anche se
qualche voce già circola. D’altronde il suo interesse per i maschi robusti
risale a quando era molto giovane e Abdallah ha sempre fatto in modo di
soddisfare i suoi desideri, badando solo a non farlo sapere. - Spogliati, Aslan. E poi spogliami. Lo schiavo si toglie gli indumenti con pochi
gesti rapidi. È sempre un piacere vedere emergere dagli abiti l’ampio torace,
le braccia e le gambe vigorose e infine, sotto la selva dei peli che coprono
il basso ventre, il cazzo, lungo e voluminoso. Questo schiavo che ha
acquistato alcuni anni fa è un magnifico maschio: non è bello, ma è forte e
sa come usare il suo spiedo. Aslan si avvicina e incomincia a spogliare il
padrone, che asseconda i suoi movimenti. Quando Abdallah è nudo, afferra con
la destra il grosso cazzo di Aslan. Gli piace sentirne la consistenza e il
calore. S’inginocchia davanti allo schiavo e prende in
bocca la cappella. La succhia e il cazzo s’irrigidisce rapidamente. Abdallah
accarezza i coglioni, poi li stringe nella mano. Gli piacciono i coglioni di
Aslan, grossi, duri. Abdallah lascia la preda e si mette a quattro
zampe. Aslan passa dietro di lui, s’inginocchia e poggia le mani sul culo del
padrone. Divarica le natiche e passa la lingua lungo il solco. Fa scorrere le
dita, indugiando sull’apertura, e poi la forza con l’indice. Estrae il dito,
si sputa sulla mano e inumidisce bene: Abdallah è abituato a essere
penetrato, ma Aslan ha un’attrezzatura fuori misura. Poi lo schiavo si stende sul padrone e lentamente
gli infila il suo cazzo poderoso nel culo. Abdallah geme. L’ingresso è sempre
un po’ doloroso, nonostante l’abitudine, ma la sensazione di questo grosso
cazzo che lo infilza, dilatandogli le viscere, è splendida. Aslan spinge in
avanti, fino a che i coglioni toccano il culo di Abdallah. Si ferma un
momento, poi incomincia a fottere, con un movimento continuo, avanti e
indietro. Abdallah sente ondate di piacere invaderlo, accompagnate da un po’
di dolore. Aslan è davvero un bravo stallone e tutti i clienti che lo provano
ne sono soddisfatti. Aslan passa una mano sotto il ventre di Abdallah
e gli afferra il cazzo. Lo stuzzica un po’. Sa che non diventerà duro, ma il
padrone ne ricava ugualmente il piacere. Infine Abdallah viene. Allontana la
mano che ancora gli stringe il cazzo. - Basta così. Esci. Abdallah preferisce evitare che Aslan venga.
Questo pomeriggio o questa sera qualcuno lo richiederà ed è bene che lo
schiavo sia al massimo della sua forma. Aslan obbedisce. Abdallah si alza e il movimento
gli provoca una fitta al culo. Guarda il cazzo dello schiavo, grande, rigido.
Davvero una meraviglia. Rodrigo ha capito di aver cambiato padrone, ma
ancora non sospetta l’uso Abdallah intende fare di lui. Il lenone gli fa
indossare una tunica corta e tagliata sui due lati, senza i pantaloni:
l’indumento arriva appena a metà coscia e il minimo movimento scopre il
corpo. Rodrigo si chiede perché lo abbiano vestito in questo modo. Abdallah chiama un servitore che è stato a lungo
schiavo dei cristiani e gli fa tradurre le istruzioni. Sono pochi concetti
semplici: non dire mai di no a nulla, obbedire sempre, sorridere. Altrimenti
verrà punito duramente. Rodrigo vorrebbe chiedere, ma Abdallah ha già
congedato il servitore. I primi sospetti s’insinuano nella sua mente:
l’abbigliamento e le poche parole gli fanno temere che il suo nuovo padrone
intenda usarlo per allietare una festa o qualche cosa del genere. Intuisce la
verità quando viene fatto entrare in una stanza, dove ci sono già altri tre
giovani, che indossano anche loro tuniche aperte su un lato o su entrambi.
Gli altri lo guardano, infastiditi dalla presenza di questo nuovo acquisto,
che mette in ombra la loro bellezza e ha il fascino della novità. Temono che
questo temibile rivale sia apprezzato più di loro. Non gli rivolgono la
parola: d’altronde erano già informati del suo arrivo e sanno che conosce
solo pochi termini di arabo. Quando Rodrigo vede i primi clienti della
giornata e ha la conferma di essere finito in un bordello, gli sembra che il
mondo gli crolli addosso. Gli uomini che sono arrivati sono alcuni amici
che prima di cenare insieme vogliono spassarsela un po’. Uno di loro vede
Rodrigo e chiede di lui: il cristiano è davvero bello e ha il fascino della novità.
Quando però Abdallah gli dice il prezzo, ripiega su un altro ragazzo. Il
lenone ha fatto scendere alcuni altri schiavi, in modo che i clienti abbiano
una certa scelta. C’è qualche scambio di battute, ma gli ospiti sono sobri e
non scoppiano litigi. I sei uomini si prendono ognuno un ragazzo, che conduce
il cliente in una delle camere. Nella sala rimangono Rodrigo, due giovani
prostituti e il padrone. Rodrigo guarda smarrito Abdallah, che gli
sorride. Per tutta la sera il tenutario fa restare Rodrigo
nella sala, ma non lo offre a nessuno. Se qualcuno domanda di lui, chiede una
cifra molto alta, che scoraggia il cliente. È una manovra ben precisa: i
clienti parleranno del bel giovane appena arrivato nel bordello e della somma
spropositata che Abdallah pretende per lui. Nella notte arriva un gruppo di ricchi mercanti,
che hanno lasciato da poco un banchetto. Sono alquanto allegri, perché hanno
bevuto parecchio vino, e vogliono vedere l’ultimo arrivo del bordello, questa
meraviglia di cui si è parlato alla festa. Abdallah lo mostra volentieri. Gli uomini sanno
già quanto viene richiesto, ma chiedono ugualmente, come se non sapessero. Al
sentire la cifra si fingono sorpresi e scandalizzati. Commentano, protestando
e dicendo che la somma è eccessiva. Il tenutario si rifiuta di togliere un
solo dirham: - Se volete oro, lo pagate a peso d’oro. Gli uomini insistono, Abdallah non cede.
Minacciano di andare in qualche altro bordello, ma non hanno voglia di
spostarsi e alla fine decidono di fermarsi, scegliendo altri giovani. La prima giornata si conclude senza che Rodrigo
abbia avuto clienti, ma si è parlato solo di lui. Rodrigo crolla per la
stanchezza, ma è solo molto tardi nella notte, quando ormai è chiaro che non
arriveranno più clienti importanti, che Abdallah lo manda a dormire. Rodrigo si corica nella sua stanza. Ha troppo
sonno perché l’angoscia lo tenga sveglio. Sprofonda in un sonno che vorrebbe
durasse per sempre. Quando si sveglia, a fine mattinata, non sospetta
di essere l’argomento del giorno. La strategia di Abdallah ha dato i suoi
frutti: mezza Damasco sa del nuovo arrivo e del prezzo esorbitante che il
lenone chiede. Nel pomeriggio, poco dopo l’apertura delle porte,
si presenta il giovane Sahl ibn Walid, figlio di uno dei mercanti più ricchi
di tutta la Siria. Vuole vedere il giovane cristiano e ha intenzione di
essere il primo a gustare il nuovo arrivato. - Allora, Abdallah, mi dicono che hai un nuovo
schiavo, per cui chiedi una cifra assurda. Abdallah s’inchina. - Lo vedrai, mio giovane signore, e mi dirai se
ciò che chiedo è assurdo. È una perla senza prezzo, un diamante purissimo. Ma
bada, quando i tuoi occhi l’avranno ammirato, il tuo cuore non ti apparterrà
più. Sahl ride: sanno tutti e due che l’espressione di
Abdallah è un’iperbole, da non prendere alla lettera. Il lenone ordina di
preparare il giovane e farlo scendere. Raccomanda di fare in fretta, che non
bisogna far aspettare un signore così illustre come il suo ospite. In realtà
il servitore sa benissimo che deve fare il contrario: l’attesa attizza il
desiderio. Sahl chiede: - E come si chiama questa meraviglia? Abdallah aveva pensato di cambiare nome a Rodrigo
e di sceglierne uno come Anuar, Luminoso, o Hassan, Bello, oppure Nadir,
Raro: nomi noti, più facili da ricordare. Ma riflettendo, gli è sembrato
banale. Il nome cristiano conserva a Rodrigo il fascino di chi non fa parte
della realtà abituale. - Rodrigo. - Che razza di nome! Non può avere un nome
normale, che so, Omar, Alì, Yussuf, insomma, un nome come tutti gli altri? - Vuoi chiamare il diamante pietra, il rubino
sasso, lo smeraldo ciottolo? Lui non è come gli altri. Sahl scuote la testa. - Sono proprio curioso di vedere questo miracolo.
È bravo a letto? - Non ha esperienza. Ha bisogno di qualcuno che
gli insegni. - E pretendi uno sproposito per uno che non ci sa
fare? - Quello che chiedo è poco per insegnare a un
angelo a peccare. Intanto Abdallah ha fatto portare da bere e
qualche pasticcino. Sahl ne assaggia uno con mandorle e miele e osserva: - Devo riconoscere che hai degli ottimi dolci,
Abdallah. Questo è delizioso. - Quando avrai visto lo schiavo, al suo confronto
niente ti sembrerà più dolce. Sahl ride mentre si lecca le dita, per pulirle
dal miele. Poi prende un secondo pasticcino e l’ha appena addentato quando
Rodrigo entra, accompagnato da un servitore. È vestito normalmente, con
tunica e pantaloni chiari che mettono in risalto il suo colorito. Sahl lo guarda. Gli sfugge un: - Cazzo! Poi il giovane si rivolge a Rodrigo: - Vieni qua, mio bel puledro, ché ti voglio
cavalcare. Rodrigo non capisce, ma Sahl gli tende la mano e
allora Rodrigo si avvicina. Sahl gli prende la destra e lo fa sedere vicino a
sé. - Occhi di
cerbiatto/ capelli corvini / bocca di corallo / fianchi stretti / Rendimi il
cuore / che mi hai rubato. Sahl accarezza il viso di Rodrigo. La poesia che
ha recitato non esprime il suo pensiero, perché di certo non si è innamorato
del giovane cristiano vedendolo, ma il suo desiderio si è acceso. Sahl prende un pezzo di basbusah e lo avvicina
alle labbra di Rodrigo, che apre la bocca e morde. Il dolce è buono. - C’è un po’ di zucchero sulle mie dita.
Puliscile. Nuovamente Rodrigo non capisce. Sahl gli avvicina
le dita alla bocca e gliele fa scorrere sulle labbra. Rodrigo è incerto, ma
il viso corrucciato di Abdallah e un suo cenno gli ricordano che non deve
contrariare il cliente. Schiude le labbra e lascia che Sahl gli passi le dita
contro i denti. Poi Sahl gli fa scorrere una mano lungo la schiena, sotto la
tunica. Sente il giovane irrigidirsi. La vecchia volpe non deve aver mentito:
questo angelo non è esperto nei giochi del piacere. Sahl si rivolge ad Abdallah. - Va bene, lo prendo. Si alza, paga il dovuto, prende Rodrigo per mano e
segue il servitore che lo accompagna nella camera più bella. Rodrigo tiene il capo chino. Il pensiero del
futuro che lo attende è un macigno. Il suo corpo è una merce in vendita e
uomini diversi lo acquisteranno, senza che Rodrigo abbia nessuna possibilità
di rifiutarsi. Sahl è un bell’uomo ed è gentile, ma l’idea di doversi offrire
a lui come a tutti coloro che verranno lo disgusta. Sahl gli mette due mani sui fianchi, poi solleva
la tunica. Per un attimo Rodrigo non alza le braccia, ma si rende conto che è
assurdo cercare di resistere. La reticenza del giovane stuzzica il desiderio
di Sahl, che bacia Rodrigo sulla bocca, poi spinge la sua lingua tra le
labbra. Rodrigo alza le braccia, ma le dita di Sahl
indugiano sui capezzoli, li sfregano, delicatamente, li pizzicano, prima di
sfilare la tunica. - Sei davvero bello come un diamante. Il vecchio
magnaccia non mentiva. Rodrigo capisce solo la prima parte della frase.
Pensa che la sua bellezza è una maledizione, ma poi si dice che se non fosse
un bel giovane, forse sarebbe stato impalato come Jorge da Toledo oppure
sarebbe finito nelle miniere di sale, dove nessuno sopravvive a lungo. Sahl lo bacia ancora, la sua lingua forza
nuovamente le labbra di Rodrigo, che lo asseconda, senza partecipare. Poi le
sue mani scendono ai fianchi del giovane e abbassano i pantaloni. Sahl fa un
passo indietro e contempla il giovane schiavo. Non sempre esserci una pecca
in questo corpo perfetto. - Sei Ridwan, l’angelo del paradiso, e nel
paradiso mi condurrai. Sahl ride, si avvicina, bacia ancora Rodrigo, poi
lo fa stendere sui cuscini. Ammira il culo, perfetto. La sua mano scorre
lungo la schiena, le dita scivolano lungo il solco, indugiano sull’apertura.
Avverte che Rodrigo si tende. Il ragazzo non è certamente vergine, ma non
deve essere stato posseduto spesso e davvero deve imparare tutto. Per una
volta Abdallah non ha raccontato storie. Sahl è contento di possedere questo corpo che
pochi hanno avuto. Conta di insegnargli alcuni dei giochi dei piaceri. Come
ha detto il magnaccia? Insegnare a un angelo a peccare? Sì, vale la pena di
pagare uno sproposito per questo. Sahl inumidisce con cura l’apertura, a lungo,
finché sente che Rodrigo è meno teso, poi sparge abbondante saliva sulla
cappella e infine si stende sul giovane. Afferra le natiche e la divarica,
mentre il cazzo forza l’apertura e lentamente avanza. La carne cede a fatica
ed è una sensazione bellissima. Rodrigo chiude gli occhi. L’ingresso è stato
delicato e le carezze di Sahl, la sua dolcezza, rendono meno umiliante ciò
che sta avvenendo. Sahl cavalca a lungo: è un buono stallone e ci sa
fare. Quando infine viene, esce, si stende sui cuscini e attira Rodrigo a sé.
Lo accarezza e lo bacia ancora, poi fa portare altri dolci e bevande. Bevono
e mangiano insieme. Sahl si fa di nuovo leccare le dita da Rodrigo. Si chiede
se prenderlo ancora, ma è sazio. Scambia qualche parola, ma si rende conto
che il giovane conosce troppo poco l’arabo e allora decide di insegnargli
qualche termine. Indica il cazzo e dice, ridendo: - Allaena,
kadib. Rodrigo non capisce. Sahl scandisce bene le
parole, fino a che lo schiavo intuisce di doverle ripetere e obbedisce. Sahl gli insegna altri termini, ridendo. Rodrigo
li ripete, docile, ma non ride, non sorride neppure. Per Sahl è ora di andare. È pienamente
soddisfatto e ritiene di aver speso bene le sue monete. La sera si vanta con
gli amici e naturalmente esalta le virtù del giovane cristiano. Dice che vale
davvero quanto Abdallah chiede. Dopo di lui, altri vengono. Il bordello ha
parecchi clienti, ma non tutti possono pagare la cifra richiesta per Rodrigo.
Abdallah ha deciso di correre il rischio, convinto della qualità della merce.
La scommessa si rivela vincente: c’è chi, dopo averlo provato, non chiede più
di lui, preferendo un ragazzo più esperto ed abile nei giochi del piacere, ma
più spesso la ritrosia di Rodrigo accende il desiderio dei clienti, che
tornano per godere ancora di questo giovane inesperto, per insegnargli i
giochi dell’amore, per chiedergli ciò che forse non ha mai fatto, magari
sperando di essere i primi a destare in lui il desiderio, a condurlo al
piacere. Rodrigo è docile e ubbidisce agli ordini, ma non
prende nessuna iniziativa. Subisce, rassegnato a un destino che non ha
scelto. Lentamente sprofonda nell’apatia. Si sottomette alle richieste, senza
ribellarsi. Non fa piani. Ha smesso di attendere una liberazione che gli
appare impossibile. Quando non è impegnato, dorme, annullando nel sonno la
realtà in cui vive, oppure si siede nel giardino interno e passa ore a
guardare la fontana. Non cerca di imparare l’arabo, non stabilisce contatti
con gli altri. Hashim ibn Abdel-Ghani, il comandante della guarnigione di Damasco,
chiacchiera con cinque ufficiali tornati di recente in città, dopo aver
combattuto a lungo a fianco di Salah ad-Din. Altri hanno preso il loro posto
a fianco del sovrano, ma per il momento la situazione è abbastanza
tranquilla: i franchi, sconfitti a Hattin, non sono in grado di reagire e,
città dopo città, castello dopo castello, anche la costa ritorna nelle mani
dei credenti. Hanno cenato
insieme in un locale non lontano dalla Grande Moschea e ora la conversazione
procede molto liberamente, come avviene di frequente tra maschi adulti, dopo
una cena abbondante irrorata di buon vino. La giornata è stata molto calda e
la sera non ha ancora rinfrescato l’aria. Gli uomini si sono tolti la tunica
e sono rimasti con i pantaloni: si trovano in una sala riservata, dove non
c’è nessun altro. Gli ufficiali si sono sdraiati sui tappeti, la testa su un
cuscino o appoggiata a un gomito. Solo Hashim è rimasto seduto: è il
comandante e ci tiene a mantenere una certa dignità. Si parla di
donne e poi di ragazzi. Uno degli ufficiali, Nazeeh, steso su un tappeto, le
mani incrociate dietro la testa, dice: - Mi hanno
detto che la primavera scorsa nel bordello di Abdallah è arrivato uno schiavo
cristiano. Pare che sia un angelo, ma il magnaccia chiede una cifra spropositata. Hashim alza le
spalle. - Ne ho
sentito parlare. Uno di questi giorni vado a provarlo. Nazeeh
punzecchia il comandante. - Sarà un
onore per lui, ma forse il bel cristiano preferirebbe che a fotterlo fosse
Zeyd, lui sì che ci sa fare. Zeyd ibn Baahir ride. È uno degli ufficiali della
guarnigione ed è il più stimato dai suoi uomini. Nell’ultima campagna di
Salah ad-Din si è distinto per il suo valore in battaglia e molti pensano che
avrebbe meritato il posto di comandante della guarnigione più di Hashim, benché
sia ancora molto giovane. Hashim ha fatto in modo che la scelta del sultano
non cadesse sul suo rivale. Non gli è stato difficile. Zeyd è il figlio di un
famoso brigante, catturato dal Cane dagli occhi azzurri e giustiziato ad
Antiochia una ventina d’anni fa: non è proprio un titolo d’onore, anche se a
uccidere Baahir furono i cristiani e questo fa dimenticare che tra le sue
vittime vi furono moltissimi credenti. Ma soprattutto Zeyd è uno spirito
ribelle e decisamente troppo libero per un sovrano come Salah ad-Din, che
tiene alla sua immagine pubblica di uomo molto pio. È bastato far sapere al
sovrano che Zeyd scopa con altri uomini, beve volentieri vino e non sempre
rispetta il digiuno nel ramadan, perché il sovrano della Siria e dell’Egitto
lo scartasse. Hashim fa le stesse cose, ma è più attento alle apparenze. A Zeyd non importa non aver ottenuto il comando:
non è ambizioso. In fondo preferisce non ricoprire un incarico molto
impegnativo, che gli porrebbe troppi vincoli, tanto più che ha un forte senso
del dovere e tende a svolgere con cura meticolosa qualsiasi compito gli venga
affidato. In guerra rispetta rigorosamente la disciplina, ma nei periodi di
pace preferisce conservare la sua libertà. Non avrebbe neanche accettato di
far parte della guarnigione, se avesse di che mantenersi. Ma il padre non ha
potuto lasciargli niente e lo zio, che lo ha allevato e voleva farne uno
studioso, è rimasto deluso dal suo scarso interesse per lo studio e quando
Zeyd ha deciso di diventare soldato ha tagliato i ponti con lui. Hashim è infastidito dalla battuta di Nazeeh e
dalla risata di Zeyd. Sa benissimo che l’ufficiale è molto dotato e a letto
pare essere uno stallone formidabile, ma non può accettare di essere sminuito
in questo modo. Risponde, piccato: - Ci so fare anch’io, Nazeeh. A Nazeeh il comandante non sta simpatico: lo
giudica presuntuoso e troppo ambizioso. Per cui non demorde, sapendo
benissimo che le sue parole, apparentemente scherzose, colpiscono nel segno: - Non ne dubito, comandante. Dicono che tu sia un
bravo stallone, ma se il campo di battaglia è il letto, credo che Zeyd non
abbia rivali. Bisogna saper riconoscere quando l’avversario è superiore. Zeyd scuote la testa e interviene: - Piantala, Nazeeh! Hai bevuto troppo. Da quando
in qua i piaceri del letto sono una gara di lotta? Nazeeh ride e risponde: - Tu batti tutti a letto come nella lotta. Zeyd in effetti è un gran lottatore e nessuno tra
gli ufficiali e i soldati riesce a tenergli testa: ha perfino vinto il torneo
di lotta di Damasco. Hashim è sempre più irritato. La sua voce è aspra
mentre osserva: - Si direbbe che tu lo abbia provato, Nazeeh! L’ufficiale ha capito di aver colpito nel segno e
insiste: - Provato, no! Non credo che riuscirei a reggere il
suo magnifico sperone, ma l’ho visto all’opera e devo dire che non ha uguali.
So di che cosa parlo. Nazeeh in effetti ha avuto modo di vedere
all’opera sia Zeyd, sia il comandante: durante le campagne militari non è
raro che alcuni guerrieri scopino insieme una donna o un ragazzo. Nell’ultima
campagna Nazeeh ha partecipato allo stupro collettivo di un ragazzo cristiano
catturato da Hashim e in un’altra occasione lui e Zeyd hanno scopato due
giovani soldati che si sono offerti. La risposta di Nazeeh è un ulteriore schiaffo.
Hashim si dice che nei prossimi giorni assegnerà a questo impertinente
qualche compito sgradevole. Fahad, un altro ufficiale, non ha detto nulla
fino a ora, limitandosi a guardare Zeyd, senza farsi notare troppo. Il figlio
del brigante è davvero un bell’uomo, con un corpo forte, ben tornito, e un
viso maschio. Porta barba e capelli cortissimi, come suo padre, che se li
tagliava così per evitare i pidocchi: nei rifugi di fortuna in cui spesso i
briganti si fermavano non era certo possibile lavarsi spesso e radersi era
l’unico modo per sottrarsi ai parassiti. Zeyd nutre una vera venerazione per
il padre, che ha perso molto presto, e lo imita nel taglio dei capelli e
della barba. Fahad pensa che gli piacerebbe vedere Zeyd
scopare, perché è un vero stallone. Gli viene un’idea e la lancia, contento
di dare man forte a Nazeeh: anche lui ha più stima di Zeyd che di Hashim. - Possiamo fare una prova, no? Andiamo tutti al
bordello di Abdallah e scegliamo tre ragazzi… o quattro… o cinque. Vediamo chi
riesce a fotterne di più tra Hashim e Zeyd. Chi perde paga la scommessa. - E se sono pari? - In quel caso paghiamo noi. Ma contiamo che non
sia così. La proposta viene accolta con entusiasmo dagli
altri ufficiali presenti: sono quattro, per cui al massimo si troveranno a
pagare un ragazzo a testa, se il confronto dovesse concludersi in parità alla
quarta scopata. Ma tutti sono convinti che Zeyd avrà la meglio molto
prima. Hashim è irritato, ma non ha modo di tirarsi
indietro: non può dire che non gli va di frequentare bordelli, perché ha
appena detto che ci sarebbe andato e in ogni caso vi si è recato più volte
proprio con alcuni degli ufficiali presenti. Potrebbe dire che non gli va di
scopare davanti ad altri, ma durante le campagne lo ha fatto più di una volta
e sia Fahad, sia Nazeeh lo hanno visto. Zeyd non dice niente. La proposta lo diverte e
non gli spiace che Hashim sia stato messo in difficoltà. Non nutre grande
simpatia per il comandante, pur riconoscendogli coraggio e capacità. Fahad aggiunge: - Chi perde la scommessa dovrà offrire all’altro
il bel Rodrigo. Che ne dite? Zeyd è sicuro di vincere, ma dice: - Se perdo, sono rovinato. Dovrò chiedere un
prestito per pagare anche Rodrigo. Me li prestate voi? Nazeeh ride e dice: - Noi no di sicuro. Non ti rimane che vincere,
tanto Hashim è ricco. Hashim è sempre più nervoso. Potrebbe rifiutarsi,
in fondo è il comandante, ma sa che poi gli ufficiali sparlerebbero di lui,
dicendo che ha avuto paura del confronto e si è tirato indietro, magari lo
accuserebbero anche di essere tirchio e di non aver voluto pagare: sa che la
sua ricchezza è oggetto di invidia. Fahad si è già alzato, gli altri lo imitano. - Non perdiamo tempo, andiamo. Hashim si rende conto che ormai è troppo tardi
per rifiutarsi. Si rassegna. Zeyd non è mai stato al bordello: non ne ha
bisogno, perché c’è sempre qualche giovane soldato che è ben felice di
offrirglisi, ed è una fortuna, perché non avrebbe certo i soldi per
frequentarlo regolarmente. Entrando rimane stupito del lusso degli interni,
ma il palazzo era una dimora signorile e non è strano che fosse arredato
sontuosamente. Zeyd non è abituato a tanto sfarzo, ma non prova invidia: si
accontenta di ciò che ha. Al bordello ci sono ancora diversi clienti: non è
molto tardi. Hashim chiede di parlare con Abdallah e gli dice che vogliono
due ragazzi, per una gara. Li scoperanno solo in due, ma gli altri
assisteranno. Gare di questo genere non sono una novità. In
questi casi Abdallah preferisce che uno dei suoi uomini sia presente: non si sa
mai che cosa ci si può aspettare da un gruppo di sei ufficiali, che magari
hanno bevuto un po’. E bisogna anche controllare che non ne approfittino,
scopando tutti e pagando solo per due. - Va bene, comandante. I tuoi desideri sono
ordini per me, lo sai bene. Aslan andrà a prendere i ragazzi e assisterà,
come sempre I due ragazzi sono un armeno, con un viso dai
lineamenti delicati e un corpo snello, e un bel mulatto, molto giovane, ma
forte. Hashim sceglie l’armeno: preferisce la carne bianca.
Zeyd gusta volentieri l’altro ragazzo: non ha nessuna prevenzione e non gli
spiace provare qualche cosa di nuovo. I due giovani lavorano un po’ con la bocca, poi
si mettono in posizione. Hashim lancia un’occhiata a Zeyd. Il cazzo
dell’ufficiale è davvero molto grosso e sembra duro come una mazza d’acciaio.
Lo guarda entrare lentamente nell’apertura ben lubrificata dalla saliva, poi
spinge anche lui il cazzo nel culo che gli si offre. Il comandante viene prima: non ha una grande
resistenza e in questo caso è contento che invece Zeyd fotta più a lungo,
perché pensa che esaurirà prima le sue forze. Il mulatto che Zeyd sta
inculando non nasconde il piacere intenso che prova e gli ufficiali fanno
commenti, che innervosiscono ulteriormente Hashim: - Zeyd, riservati un po’ di forze anche per il
bell’armeno. - Già, il poveretto non si è divertito molto. Hashim nasconde la sua rabbia. Si dice che è
stato un coglione ad accettare la sfida. Zeyd conclude e si stacca. Il mulatto si alza e
lo bacia sulla bocca. Gli dice: - Spero che tu torni ancora. Si scambiano i ragazzi. Hashim si accorge
sgomento che a Zeyd torna in fretta duro, mentre lui non prova nessun
desiderio. Allora dice al mulatto di succhiarglielo. Il ragazzo si inginocchia e si mette al lavoro. È
esperto, ma i risultati sono scarsi. Hashim sbotta: - Non ci sai fare! La frase non inganna nessuno. A tutti, Hashim
compreso, appare chiaro che Zeyd si avvia verso una rapida vittoria. Quando
infine riesce a ottenere un’erezione, Hashim fa mettere il ragazzo sui
cuscini, ma il cazzo non è abbastanza rigido e il comandante deve sfregarlo
un buon momento tra le natiche del giovane per ottenere che si irrigidisca a
sufficienza. Alla fine, quando ormai Zeyd sta cavalcando da venti minuti,
Hashim riesce a ottenere il risultato voluto e forza l’apertura. Il mulatto ha capito la situazione e fa delle
smorfie, tamburellando con le dita sui cuscini, poi sbadiglia, come se si
annoiasse. Hashim non se ne accorge, perché non può vederlo in viso, ma gli
ufficiali ridono sguaiatamente. L’armeno entra anche lui nel gioco, gemendo
per il piacere. Esagera un po’, ma in effetti essere montato da Zeyd è
davvero una meraviglia: a questo stallone si offrirebbe volentieri anche
tutti i giorni. Zeyd viene e poco dopo anche Hashim conclude. Vengono chiamati altri due ragazzi, anche se è
chiaro come finirà la contesa. Uno dei due si mette davanti a Zeyd e giocherella
con il cazzo, non ancora a riposo, e i coglioni. Basta poco perché a Zeyd
venga duro. Il ragazzo si mette sui cuscini e l’ufficiale riprende la sua
attività. Guardarlo scopare è davvero uno spettacolo e gli altri ufficiali lo
incoraggiano. Gli sono tutti affezionati, perché è generoso e sempre pronto a
dare una mano. Fahad ha il cazzo duro e cerca di nasconderlo, ma anche se
qualcuno se ne accorgesse, non ci sarebbe niente di strano, considerata la
situazione. Hashim sa che è inutile provare. Il giovane che
si è messo davanti a lui lavora con le mani e con la bocca, ma senza nessun
risultato. Hashim lo lascia fare un buon momento, poi lo allontana,
bruscamente. Quando Zeyd ha concluso, Fahad dice: - Comandante, adesso devi pagare il bel Rodrigo
per Zeyd. Zeyd scuote la testa. È contento di aver vinto,
anche perché perdere sarebbe stato un bel salasso per le sue magre finanze,
ma non vuole umiliare Hashim, per cui dice: - Non questa sera, amici. Direi che ne ho avuto
anch’io abbastanza. Non sarebbe più un piacere, ma un dovere. Agli amici non spiace: per questa notte hanno già
assistito a un bello spettacolo. - Va bene, allora sarà un’altra sera. - Però verremo anche noi Hashim non dice nulla. È irritato, ma non vuole
darlo a vedere. In ogni caso intende rispettare i patti: ha perso e pagherà
quanto deve. Non ha però nessuna voglia di assistere quando Zeyd fotterà Rodrigo,
per cui quando scendono si rivolge ad Abdallah e gli paga la somma richiesta
per il bel cristiano, dicendogli che Zeyd verrà uno di questi giorni. Davanti al bordello Hashim si congeda, adducendo
come scusa l’intenzione di passare da un amico: non ha voglia di subire altre
frecciate. Al momento di andarsene, si rivolge a Zeyd e
dice: - Puoi essere soddisfatto. Puoi gustarti il
cristiano senza dover chiedere prestiti agli amici. Potrebbe essere solo una battuta che riprende ciò
che Zeyd stesso ha detto, ma nelle intenzioni è una frecciata, che ricorda
all’ufficiale la sua povertà. Zeyd coglie benissimo l’obiettivo di Hashim, ma
non si lascia amareggiare. Si allontana con gli amici, che scherzano e
tessono le sue lodi. - I tre ragazzi sembravano entusiasti, ma secondo
me avranno male al culo per dieci giorni. Non vorranno più scopare con altri. - Ma no, che dici, Fahad?! Dopo aver sperimentato
il cazzo di Zeyd, non si accorgeranno neppure quando qualcun altro glielo
metterà in culo. Sono tutti contenti della vittoria di Zeyd. * Rani arriva a Damasco in mattinata. Si guarda
intorno mentre cavalca fiero sul suo magnifico stallone nero. Rani è giovane, non ha neppure trent’anni, ma è
un valoroso guerriero, stimato dallo stesso Salah ad-Din. È orgoglioso e non
ama servire nessuno. Ha imposto la sua autorità su un piccolo territorio di
confine, che formalmente dipende dallo sceicco di Shaqra. Anche se rende
omaggio allo sceicco, di fatto non riconosce nessun signore sopra di sé, a
parte Salah ad-Din, ai cui ordini ha combattuto a Hattin e ha partecipato
alla presa di Gerusalemme. La sua fedeltà al signore della Siria e
dell’Egitto gli assicura una certa protezione e lo sceicco di Shaqra non
cerca di imporgli obbedienza, per non irritare il sovrano. D’altronde Rani
vive in un’area povera di risorse. I suoi uomini impongono un pedaggio alle
carovane di passaggio e si dice che talvolta le attacchino per depredarle:
Rani ha la fama di essere un prode guerriero, ma anche un mezzo brigante come
diversi altri signorotti. Rani non si reca spesso a Damasco: la capitale
della Siria è lontana dalle sue terre e Rani è uomo della steppa e del
deserto, che si trova a suo agio nei grandi spazi aperti. Ma quando è in
città, sa apprezzarne le comodità: i bagni, i bordelli, i ricchi mercati. Non
vi si ferma mai a lungo, anche perché approfittare di ciò che offre Damasco
costa molto. Rani non è ricco, ma non vuole apparire povero: spende
largamente e dopo pochi giorni ritorna nelle sue terre. Nel pomeriggio Rani si occupa dei suoi affari e
in serata cerca Zeyd. Si sono conosciuti durante la campagna con cui Salah
ad-Din ha conquistato gran parte del regno di Gerusalemme e sono diventati
amici. Sono molto simili per diversi aspetti e in guerra hanno trascorso
molte ore insieme. In più di un’occasione hanno scopato qualche ragazzo
cristiano catturato durante un’incursione o un giovane soldato che si offriva
loro. A ognuno dei due piace guardare l’altro mentre fotte e anche essere
guardato da lui. Sanno di essere attratti l’uno dall’altro, ma sono due
maschi vigorosi, che non si sono mai dati a nessuno. Zeyd è contento di vedere l’amico. Seduti nella
camera dell’ufficiale si scambiano notizie. Stanno bene insieme e
chiacchierano volentieri. Tra di loro non hanno pudori. A un certo punto Rani
dice: - Domani sera conto di andare al bordello. - Da Abdallah, suppongo. - Certo, è sempre il migliore. O ne hanno aperto
uno nuovo? - No, non che io sappia. Ma non frequento i
bordelli, lo sai. - Lo so, lo so. Ci sono sempre un sacco di ragazzi
e giovani maschi che sbavano per te. Potresti metterlo su tu, un bordello,
con tutti quelli che ti stanno dietro. Zeyd ride. - Non dire sciocchezze. Però devo dirti che sono
andato al bordello di Abdallah tre giorni fa, con Hashim e alcuni altri, per
una scommessa. E ora che ci penso… Zeyd si interrompe. Qualcuno ha bussato alla
porta. Zeyd si alza e va ad aprire. È a torso nudo, come pure Rani: anche se
la primavera è appena agli inizi le giornate sono insolitamente calde. A bussare è stato Khalid ibn Maahir, che fa anche
lui parte della guarnigione di Damasco. È considerato il più bel soldato
della città e sa di esserlo. Come Rani, cura molto il suo aspetto: porta i
capelli un po’ lunghi, sempre disordinati, che sottolineano la bellezza del
viso e la sua giovinezza. La barba e i baffi sono corti, quasi fossero
spuntati da poco, e gli occhi scuri sanno essere ora timidi, ora impudenti.
Non più ragazzo, non ancora uomo, riservato e sfacciato, sa di suscitare il
desiderio negli uomini. Non si dà a tutti, ma gli piacciono i maschi e in
primo luogo Zeyd. Questa sera è venuto nella speranza di scopare con il
bell’ufficiale, che ha un magnifico cazzo ed è bravo a letto. Vedendo Zeyd a torso nudo gli sorride, ma quando
entra vede Rani seduto sul tappeto, anche lui senza tunica, e si ferma,
interdetto. - Disturbo? Scusa, Zeyd, pensavo che fossi solo. - Non disturbi, Khalid. Ti presento il mio amico
Rani, prode guerriero, coraggioso in battaglia e valoroso anche in altro tipo
di giochi. Rani, questo è Khalid, il più bel soldato di Damasco, ma questo
non ho bisogno di dirlo, lo vedi da te. - Sì, lo vedo da me. Temo di essere di troppo, a
questo punto. Khalid interviene: - No, sono io che sono venuto a disturbare. Zeyd si siede e dice: - Non fate i complimenti. Siediti, Khalid. Rani è
ben contento di guardare un bel ragazzo come te, ti sta divorando con gli
occhi, e sono convinto che anche lui ti piaccia. Khalid sorride. È un po’ in imbarazzo, ma Rani è
davvero un bel maschio: corpo forte e armonioso; viso elegante, incorniciato
da una barba corta, molto ben curata; occhi scuri sotto folte sopracciglia.
Sì, uno così non può non piacere. Anche Zeyd è un bell’uomo, ma di una
bellezza diversa. Rani bada molto al suo aspetto, mentre Zeyd non se ne
preoccupa. Rani sorride e dice: - Il mio amico Zeyd ha tutte le fortune: i bei
maschi gli corrono tutti dietro, ma hanno ragione: ha un cazzo da cavallo e a
letto ci sa fare. Zeyd ride: - Anche il mio amico Rani ha un bel cazzo e credo
che se vivesse a Damasco e non nel deserto, preferirebbero tutti andare da
lui. Rani scuote la testa. Zeyd ha colto bene il suo
desiderio e sa che Khalid è venuto per scopare. Gli farebbe piacere
soddisfare entrambi. Si rivolge a Khalid: - Vuoi provare Rani? È un ottimo stallone. Khalid ridacchia. Questo sconosciuto è davvero un
bell’uomo e l’idea di scopare con lui lo tenta, anche se non lo conosce. In
Zeyd ha piena fiducia e sa di non avere nulla da temere. - Tu rimani? Zeyd annuisce. - Sì, durante le campagne militari ci è spesso
capitato di scopare tutti e due un giovane, uno dopo l’altro o anche
contemporaneamente. Guardarlo scopare è uno spettacolo. Sempre che non ti dia
fastidio. La presenza di Zeyd rassicura Khalid e non gli
spiace scopare mentre lui lo guarda. - No, va benissimo. Allora… - Allora… alzati. Khalid esegue, imitato da Zeyd, che gli sfila la
tunica, poi lo bacia sulla bocca. Gli cala i pantaloni e le sue mani
indugiano sul culo, in una stretta decisa. Poi lo bacia ancora e lo guida a
stendersi sui cuscini. Si inginocchia, prende un po’ dell’olio che usa per
favorire l’ingresso e lo sparge intorno all’apertura. Rani guarda, senza muoversi, ma il sollevarsi del
tessuto dei pantaloni all’altezza del cavallo non lascia dubbi sulla sua
eccitazione. Dopo che ha concluso la sua operazione, Zeyd
dice: - Alzati, Rani. Rani ubbidisce. Zeyd rimane in ginocchio. Gli
cala i pantaloni, mettendo in mostra un magnifico cazzo già teso. Sparge un po’
di olio sulla cappella. È la prima volta che tocca il cazzo di Rani ed è una
sensazione piacevole. Anche per l’amico lo è, molto. Con un gesto della mano Zeyd indica Khalid, steso
sui cuscini, il culo sollevato. Non dice nulla. È Rani a parlare: - Alzati. Zeyd lo guarda, stupito, ma fa quanto l’amico gli
ha chiesto. Rani gli abbassa i pantaloni. Anche il cazzo di Zeyd è teso. Rani
sorride e si inginocchia dietro Khalid. Le sue mani percorrono il corpo del
giovane, stringono con forza il culo, accarezzano, pizzicano. Poi Rani si stende su Khalid, preme con il cazzo
contro l’apertura ed entra. Incomincia a fottere, a un ritmo regolare, mentre
Khalid geme. Rani cavalca a lungo e Khalid sente ondate di
piacere salire dal culo e avvolgerlo completamente. Non pensa più a Zeyd, che
li osserva, sorridente. Rani invece è ben cosciente dell’amico e il sapere di
essere guardato da lui esaspera il suo desiderio e gli infonde vigore. Quando infine Rani accelera il ritmo e spinge con
più vigore, il piacere deborda per entrambi. Rani si abbandona sul corpo di Khalid, mentre con
un dito gioca con i suoi capelli. E mentre è così disteso, succede qualche
cosa che non si aspettava: Zeyd gli passa una mano sulla schiena, in una
carezza. Lo fa tre volte, poi la mano scende al culo e scivola su una natica
e poi sull’altra. È una bella sensazione. La mano ritorna in alto al collo e
lo massaggia, per poi scorrere lungo la colonna vertebrale, scivolando sempre
più in basso, fino a raggiungere il culo. Due dita scendono lungo il solco,
fino ai coglioni, poi risalgono, poi scendono di nuovo. Quando risalgono un
dito raggiunge il buco e lo accarezza. Rani ha l’impressione che il respiro
gli manchi. La mano scompare, poi ritorna, il dito preme. È unto d’olio e
scivola dentro. Rani sussulta e solleva la testa. Il dito scivola ancora più
all’interno. Rani chiude gli occhi. Il cazzo gli si sta nuovamente tendendo. Zeyd si ferma. Se non ci fosse Khalid, andrebbe
oltre. Ha colto che il suo desiderio e quello di Rani si incontrano, ma non
vuole fare nulla in presenza di Khalid. Zeyd ritira la mano, Rani si stacca e si mette a
sedere. Fissa Zeyd, ma l’ufficiale non sa leggere in quello sguardo. Khalid si solleva e anche lui si siede. Sorride a
Rani e gli dice: - Zeyd ha ragione: sei davvero un ottimo
stallone. Rani sorride, ma continua a fissare Zeyd, mentre
risponde: - Grazie, ma tu hai provato anche Zeyd e mi sa
che lui mi batta. Zeyd scuote la testa. È seduto a gambe incrociate
e il grosso cazzo svetta, rigido, tra le gambe. Non se ne preoccupa. Risponde
all’amico: - Non è una gara. Khalid sorride. - Devo dire che siete tutti e due bravissimi. Poi si rivolge a Zeyd e dice: - Tu però sei rimasto a digiuno. Vorrei
rimediare, ma il culo mi fa un po’ male: Rani è alquanto dotato. Zeyd annuisce e sorride a Khalid. - Non occorre. Abbasserà la testa. Vuoi bere
qualche cosa? - Grazie. Zeyd offre una bevanda rinfrescante a base di
limone, che conserva in una caraffa. Lentamente il suo cazzo perde rigidità. Dopo aver bevuto, Khalid si alza e si riveste. - Me ne vado. Ho interrotto la vostra
conversazione e vi lascio liberi di riprenderla. - Come vuoi, Khalid. Zeyd accompagna alla porta il giovane e lo bacia
sulla bocca. Ritorna a sedersi davanti a Rani. Sono tutti e due
nudi, con il cazzo non più rigido, ma neppure a riposo. Si guardano e Zeyd
sorride. - Spero di non averti dato fastidio, Rani. Rani scuote la testa. - No. Non mi hai dato fastidio… Rani non sa come proseguire, non riesce a capire
che cosa prova. - Ne sono contento. Non parliamone più. Mi stavi
dicendo che vuoi andare al bordello di Abdallah. Rani annuisce. - Sì, a meno che anche domani non arrivi qualche
giovane che vuole farsi scopare da te e che tu me l’offra di nuovo. Tra
l’altro, grazie, Zeyd. Zeyd ghigna: - Khalid mi sembrava molto soddisfatto. Comunque
non è che ogni giorno qualcuno viene a offrirsi. Per cui non ci contare. - Non mi rimane che il bordello. Abdallah ha
merce nuova? O sono i soliti uomini che spaccia per ragazzi? - Sai che non frequento il bordello. - Sì, me l’hai detto. Ma cos’è questa storia
della scommessa che mi dicevi? Zeyd ride e racconta. - Ne hai scopati tre?! Cazzo! E com’erano? - Niente male, tutti e tre. Abdallah ha merce
buona. Comunque ti posso dire che c’è un nuovo schiavo, Rodrigo, un
cristiano. L’ha acquistato l’anno scorso da un mercante. Dicono che sia
bellissimo. E che non sia esperto. Rani sorride - Conosco i giovani inesperti di Abdallah: i loro
culi si sono presi più cazzi di una vecchia baldracca. Zeyd scuote la testa. - Può darsi, ma so che è molto richiesto e pare
che sia bello come l’angelo del paradiso. Ma ti avviso: costa molto caro. - Quanto ha il coraggio di chiedere? - Non so proprio, ma è uno sproposito. Però…
aspetta, aspetta… credo di poterti offrire una serata con lui - Offrirmela? Zeyd, so che non nuoti nell’oro. - No, ma in palio per la scommessa c’era anche
una scopata con il bel Rodrigo. Non me ne sono servito, perché non mi piaceva
l’idea. Hashim ci tiene a umiliarmi perché sono povero e non voglio dargli la
soddisfazione di poter dire che io ho scopato Rodrigo solo perché ha pagato
lui. Mi ha chiesto l’altro giorno se avevo già approfittato dell’occasione… È
uno stronzo. - Sì, direi di sì. - E allora domani andiamo da Abdallah e gli dico
che Rodrigo lo prendi tu al posto mio. Così quando quello stronzo di Hashim
mi chiede se ho riscosso il premio, gli dico che l’ho ceduto a un amico: ci
rimarrà di merda. - È molto generoso da parte tua. Mi hai offerto
Khalid, mi offri questo… come cazzo si chiama? Rudrico? E tu? Zeyd alza le spalle, sorridendo, ma Rani non
sorride. Si guardano, ora entrambi seri, timorosi dell’abisso che si sta
spalancando davanti a loro. Zeyd dice: - Rani, sei mio amico. - Sì. Ma questo non esclude il desiderio. Zeyd scrolla le spalle. - Rani, credo di desiderare qualsiasi bel
maschio. Questo non significa nulla. Mi spiace, ma vederti scopare mi ha
eccitato e avevo voglia di accarezzarti. Non mi sono controllato. Non dovevo
farlo, lo so. Mi spiace. Rani scuote la testa. - Per me è stato piacevole, anche se non me
l’aspettavo. - Non me l’aspettavo neanch’io, non avevo certo
pensato di farlo. Non sei arrabbiato con me, Rani? - No, perché dovrei? - Va bene così. Andiamo a fare un giro? Rani annuisce. Si rivestono ed escono.
Chiacchierano di tanti argomenti: hanno interessi e gusti comuni, sono amici
da tempo. Ma per buona parte della serata Zeyd ha l’impressione che le sue
parole suonino false, che entrambi stiano parlando a vuoto. La sera seguente Zeyd accompagna Rani da
Abdallah. - Abdallah, quando abbiamo fatto la scommessa con
il comandante Hashim, lui ha pagato per me una sera con il bel Rodrigo. - Certo, Zeyd ibn Baahir. Sei venuto per questo?
Sei fortunato: in questo momento Rodrigo è libero. - Perfetto, ma non lo prenderò io: regalo la
serata al mio amico Rani. Abdallah è un po’ stupito che Zeyd rinunci a un
gioiello come Rodrigo. Che questo Rani sia il suo amante? È un gran
bell’uomo, potrebbe essere. Un regalo magnifico per un bellissimo maschio. - Come desideri. Abdallah dà ordine di avvisare Rodrigo. Poco dopo Rani viene introdotto nella camera dove
Rodrigo attende. Il giovane lo colpisce subito: è davvero molto bello. Rani recita alcuni versi: - Ho peccato
invano/ perché i miei occhi/ ancora non conoscevano/ il tuo volto perfetto./
Inutili sono stati/ i miei giorni passati/ solo conta il presente/ tra le tue
braccia amorose. Rodrigo lo guarda indifferente. Sorride, perché
sa che così deve fare, ma è solo la sua bocca che sorride. Ha capito solo
alcune parole: nella sua completa apatia, non ha fatto nessuno sforzo per
imparare l’arabo e, nonostante sia schiavo da oltre un anno, capisce ancora
poco quando gli altri parlano. Ma non gli interessa capire. Ormai non gli
interessa neppure più vivere. Quest’uomo che ha di fronte è forte e bello.
Rodrigo spera che sia anche gentile e non si riveli brutale. È già accaduto
in alcuni casi. Rani si avvicina e bacia Rodrigo sulla bocca, poi
lo spoglia e si fa spogliare. Quando sono entrambi nudi, Rani ha già il cazzo
duro e Rodrigo vede sgomento che è molto grande. Spera che non entri con
violenza, come talvolta succede, perché gli farebbe molto male. Rani però non ha motivo per essere violento.
Accarezza il corpo del giovane e la sensazione che Rodrigo prova non è
spiacevole. Rani lo bacia e intanto le sue mani scorrono dal viso al culo,
delicate sugli occhi, sfacciate sulla bocca, dove un dito si infila tra le
labbra e poi tra i denti, nuovamente leggere sul collo, più forti sulla
schiena o sul petto, brutali sul culo. La terza volta che le mani percorrono
il corpo, due dita scorrono lungo il solco e il medio si infila
nell’apertura. E mentre lo fa Rani ripensa al momento in cui Zeyd ha fatto lo
stesso gesto con lui. Il pensiero è fastidioso e Rani lo scaccia. Esercitando una leggera pressione sulle spalle di
Rodrigo, lo fa inginocchiare. Il giovane cristiano sa che cosa deve fare.
Ormai ha imparato e ha anche capito che è meglio soddisfare il cliente, per
evitare di subire le conseguenze dell’irritazione provocata. Rodrigo prende in bocca il cazzo di Rani e
incomincia a succhiarlo. Non è molto bravo, anche se ormai l’ha fatto molte
volte, ma fa del suo meglio. Il cazzo cresce, acquista consistenza e volume e
ora si erge, davvero maestoso. Rodrigo è inquieto: preferisce i clienti poco
dotati, che non gli fanno male quando lo inculano. Ma non può scegliere.
Spera solo che Rani si muova con cautela. Rani gli accarezza la testa, poi lo fa stendere
sui cuscini. Gli morde più volte il culo, facendolo sussultare. Poi sparge un
po’ di saliva sull’apertura e si stende su Rodrigo. Spinge il cazzo in
avanti, lentamente. Si ferma, poi riprende. Per Rodrigo è un po’ doloroso, ma è un fastidio
tollerabile. Dopo aver spinto fino in fondo e aver lasciato al
giovane il tempo di abituarsi, Rani inizia il movimento vigoroso, spingendo
ogni volta fino in fondo e poi ritraendosi. Ogni tanto esce completamente e
rientra. Si ferma, per non venire troppo presto. Solo dopo una lunga cavalcata,
viene, spargendo il suo seme in culo a Rodrigo. Rimane un momento su di lui, poi si ritira e si
stende di fianco. Il giovane si gira. Non ha il cazzo duro. Rani mangia uno dei pasticcini che sono stati
portati e beve un po’ di vino. È stata davvero una bella scopata. Rimane ancora un momento in camera, ma ormai è
ora di andare: non può avere Rodrigo per tutta la serata: ci sono altri
clienti. Saluta e se ne va. Rodrigo si pulisce con cura, poi si siede ad
aspettare. Ogni sera ha da due a quattro clienti. Spesso si chiede se non
sarebbe meglio farla finita. Rani rientra. Ormai è tardi e c’è poca gente per
le strade della città. È soddisfatto. Ieri Khalid e oggi Rodrego, no:
Rodrigo. Deve ringraziare Zeyd. Al pensiero dell’amico Rani si ferma. Rivive
la sensazione della mano che lo accarezzava, del dito che gli si infilava in
culo. Pensa a un episodio di un passato ormai lontano.
A diciott’anni era stato catturato dai briganti, vicino a Marwan. Il capo
l’aveva stuprato, parecchie volte: gli piaceva il bel ragazzo che non se
l’era mai preso in culo. L’uomo non era stato brutale e le ultime volte,
quando ormai si era abituato, Rani aveva anche provato un certo piacere. Poi
suo padre era riuscito a raccogliere il denaro per pagare il riscatto e lui
era stato liberato. In seguito i briganti erano stati catturati e impalati,
ma Rani non aveva assistito. Rani ha sempre evitato di ripensare a questo
episodio e non l’ha mai raccontato a nessuno, ma ora gli ritorna in mente. Il
pensiero lo turba. L’indomani Zeyd è di turno la sera e Rani ha
diversi impegni in giornata. Sono d’accordo che si vedranno il giorno
successivo, l’ultimo che Rani passerà a Damasco. Quando Rani va da Zeyd, questi gli chiede: - Allora, com’è andata con il bel cristiano? Ti è
piaciuto? - Moltissimo. Uno così mi piacerebbe averlo come
schiavo di piacere. Gli insegnerei volentieri un sacco di cose. - Credo che da te imparerebbe volentieri. - Forse, anche se non sembra partecipare molto. - L’ho sentito dire. Probabilmente non era mai stato
posseduto. Voglio dire… prima di essere catturato. Non è detto che ti debba
per forza piacere, solo perché sei costretto a farlo ogni giorno. - Sì, questo è vero. Soprattutto se non puoi
scegliere a chi darti. Comunque grazie: è stato davvero molto generoso da
parte tua. - No, nessuna generosità. Non amo prendermi
meriti che non ho. Non sarei andato da lui, te l’ho detto, non volevo dare
questa soddisfazione a Hashim. L’hai preso tu e la prossima volta che Hashim
mi chiederà, davanti a qualcun altro, se ho finalmente incassato il premio
della scommessa, nella speranza di umiliarmi, gli risponderò che l’ho
regalato a un amico. Te l’ho detto: ci rimarrà di merda! - In ogni caso è stato un dono generoso, di cui
ti ringrazio. Dopo un attimo di pausa, Rani chiede: - E tu, il bel Khalid è tornato a trovarti? - No, ero di turno ieri sera, lo sai. E di certo
non mi metto a scopare sulle mura, anche se non c’è più Abdul-Qaadir a fare i
giri di sorveglianza. - Già, era temuto da tutti i soldati, me lo
ricordo. Fu ucciso proprio sulle mura, durante un giro di controllo, no? Da
Jorge da Toledo, no? - Sì, fu lui. Una fine terribile. Quel bastardo
infedele lo colpì non so quante volte, lo stuprò, lo castrò. Davvero una
morte orrenda, che il comandante non meritava. - Jorge da Toledo è finito peggio, ma nel suo
caso direi che ha avuto esattamente quello che si meritava. - Concordo. C’è un momento di silenzio, poi Rani chiede: - E questa sera chi viene a trovarti? - Non penso che venga nessuno. Ma che cosa credi,
che abbia la fila di giovani che aspettano solo di farsi prendere da me? - Più o
meno… Se devo essere sincero, sì, Zeyd. Sei un bell’uomo e sei un toro da
monta, lo sanno tutti. - Rani, tu sei molto bello e in quanto a fottere,
con quel cazzo da toro che ti ritrovi, non mi dire che ti capita di rimanere
a digiuno. - Non mi capita spesso, lo ammetto, ma qui a
Damasco pochi mi conoscono. - Per mia fortuna, perché non so se verrebbe
ancora qualcuno da me. - Io da te verrei. La frase gli è uscita senza che riflettesse.
Quando viene a Damasco passa sempre da Zeyd, ma ora stanno parlando di altro
e le sue parole hanno un significato diverso. Zeyd scuote la testa. - Vieni a trovarmi, non a scopare con me. Nuovamente Rani parla senza riflettere: - E che cosa diresti se invece mi offrissi a te? Zeyd lo guarda. Deglutisce. Ha colto nel tono
dell’amico che non sta scherzando. - Mi piacerebbe moltissimo, ma so che non ti sei
mai offerto a nessuno. Me l’hai detto tu. Come non mi sono mai offerto io. Rani annuisce. Si è pentito delle parole che ha
detto. È meglio chiudere. - Andiamo a mangiare un boccone, che ne dici? - Per me va bene. Mangiano e chiacchierano, ma entrambi hanno
l’impressione che tra di loro rimanga qualche cosa di non detto. L’indomani mattina Rani lascia la città. Qualche sera dopo al bordello si presenta Abedin
ibn Burhaan, lo sceicco di Barqah. È un forte guerriero, ma è un uomo rozzo e
brutale. Ha dimostrato un grande valore nella battaglia di Hattin e Salah
ad-Din l’ha ricompensato donandogli la città, di cui aveva da poco fatto
giustiziare lo sceicco. Abedin è con
altri quattro guerrieri. Devono aver bevuto in abbondanza: l’alito sa di vino
e uno non è molto stabile sulle sue gambe. Se non si trattasse di un uomo
potente, il portiere non lo farebbe entrare: gente così rischia solo di
provocare guai. Ma allo sceicco di Barqah è pericoloso dire di no. Abedin chiede
del gestore. Quando questi arriva, dice: - Abdallah,
vecchia baldracca, vogliamo gustare questo giovane cristiano che tutti
vantano. Abdallah è incerto. Non vuole offendere lo
sceicco, ma non gli piace per niente l’idea di mettere Rodrigo in mano a
queste cinque bestie. Cerca di scoraggiare i clienti, attività per lui
insolita: abitualmente fa l’opposto. - Il ragazzo costa caro. Se lo volete in cinque,
devi pagare cinque volte il suo prezzo. Considerando le tariffe, la cifra complessiva è
davvero enorme e Abdallah è sicuro che Abedin rinuncerà a portare con sé gli
altri, ma lo sceicco tira fuori le monete d’oro che porta nella sacca alla
cintura: Barqah è una città ricca e Abedin si è trovato di colpo tra le mani
una fortuna. Non è abituato a gestire grandi quantità di denaro e sta
dilapidando il tesoro come se governare una città non comportasse spese e non
richiedesse un’amministrazione oculata delle finanze. Avrà modo di accorgersi
presto degli errori commessi e di scoprirne le conseguenze. Per il momento è
ancora nella fase in cui si sente ricchissimo ed è ben contento di esibire la
sua disponibilità di oro, umiliando chi lo ha sempre considerato poco, perché
non era ricco. Abdallah non osa rifiutare: Abedin occupa una
posizione troppo importante. Il bordello è frequentato da molti notabili, che
gli assicurano una certa protezione, ma non è consigliabile avere contro un
uomo che ha saputo conquistare la fiducia di Salah ad-Din. Si inchina e dice: - Faccio preparare la stanza e lo schiavo. È
merce di prima qualità. Abdallah informa Rodrigo che dovrà soddisfare
cinque uomini. Rodrigo lo guarda, angosciato. Essendo merce di lusso, in una
sera i clienti sono due o tre, al massimo quattro, che pagano molto e si
trattengono con lui a lungo: non è abituato ad essere posseduto da sette,
otto, magari dieci maschi in un’unica giornata, come succede ad altri
ragazzi. Ed è la prima volta che si trova ad avere rapporti con più uomini
contemporaneamente. Abdallah vorrebbe far assistere uno dei suoi
servitori, ma non ha scuse per farlo, perché Abedin ha pagato per tutti gli
uomini. Non intende rinunciare a tenere la situazione sotto controllo, ben
sapendo che potrebbe degenerare, per cui ordina ad Aslan di spiare attraverso
un’apertura nella parete, per controllare che non ci siano problemi. L’azero
dovrà chiamarlo se occorre intervenire. Abedin entra nella stanza, seguito dai quattro.
Guarda Rodrigo che lo attende, disteso sui cuscini. Il cristiano è davvero
bello come un angelo. Se fosse solo, probabilmente lo sceicco giocherebbe un
po’ con il ragazzo, ma davanti ai suoi uomini preferisce andare per le
spicce. - Spogliati e mettiti a quattro zampe. Rodrigo obbedisce. È spaventato, i cinque uomini
che ora si spogliano in fretta gli appaiono minacciosi. Sistemano i cuscini
sotto di lui, in modo che lo sostengano. Abedin si mette dietro di lui. Si stuzzica un po’
il cazzo, finché non gli diventa duro, poi gli sputa sul buco, sparge un po’
la saliva, si inumidisce la cappella e spinge, forzando l’apertura.
L’ingresso brutale, che fa sussultare il giovane, è il segnale che gli altri
attendevano: nessuno avrebbe osato incominciare prima dello sceicco. Uno
degli uomini si mette davanti a Rodrigo e lo forza a prendere in bocca il
cazzo. Altri due si mettono sui lati e gli sollevano le braccia, mettendogli
le mani sui loro cazzi. Il quinto ride e guarda. È chiaramente troppo ubriaco
perché gli diventi duro. Abedin fotte con energia e non ha bisogno che
Rodrigo faccia niente. L’uomo che è di fronte al giovane gli ordina di
succhiare, poi, vedendo che Rodrigo non ci sa fare, incomincia a fotterlo in
bocca, tenendogli la testa per i capelli. I due uomini ai lati gli ingiungono
di lavorare con le mani: - Fammi una sega! - Muovi ‘ste mani! Rodrigo è disorientato. Non si è mai trovato in una
situazione simile e la posizione non è certo la più comoda per soddisfare la
richieste dei due, tanto più che le spinte violente di Abedin lo squilibrano
e l’uomo che lo fotte in bocca quasi lo soffoca quando spinge il cazzo a
fondo. I due si irritano. - Con quel che costi, non sei neanche capace di
fare una sega? - Muoviti, stronzo! Rodrigo è sempre più confuso e, spaventato. Ha le
lacrime agli occhi. Cerca di muovere le dita, ma i risultati sono scarsi.
D’altronde i due uomini hanno bevuto parecchio e il vino ha smorzato il loro
desiderio. Uno dei due sbotta: - Sei un buono a nulla. Intanto lo sceicco ha concluso e si ritrae: non
ci ha messo molto tempo. Anche l’uomo che fotteva Rodrigo in bocca conclude,
inondandogli la bocca del proprio sborro. Il giovane tossisce e sputa. L’uomo dice: - Adesso potete metterglielo in culo o in bocca. - Non ne vale la pena. Non ci sa proprio fare. I due si staccano. Rodrigo si solleva e uno dei
due uomini gli molla uno schiaffo, facendolo cadere a terra. L’altro gli molla
un calcio. - Non vale nulla, questo stronzo! Gli dà ancora un calcio. Rodrigo rimane a terra. Piange. Sulla guancia c’è
una piccola ferita: l’uomo aveva un anello che ha tagliato la pelle. Uno degli uomini dice: - Ho bisogno di pisciare. Rodrigo sente il getto scendergli sulla testa.
Dopo un momento, anche gli altri svuotano la vescica su di lui. Aslan è andato a chiamare Abdallah, che entra
mentre i cinque stanno pisciando su Rodrigo. Lo seguono Aslan, il nero Bishr
e altri due uomini. Abedin alza la testa e li guarda: - Che cazzo fai qui? Ho pagato per questo
schiavo, per questo buono a nulla. Questo fottuto cristiano non ci sa proprio
fare. Dovrei farmi rimborsare. Abdallah risponde con tono pacato, ma fermo. - Mi spiace che tu non abbia gradito, ma è merce
per intenditori, questa. In ogni caso non hai pagato per quello che stai
facendo e ancora meno per colpire lo schiavo. Il bordello offre anche merce per quegli uomini
che desiderano picchiare, umiliare, pisciare addosso a un giovane. Ma per
queste pratiche i prezzi sono diversi e anche i ragazzi non sono gli stessi.
Abdallah prosegue: - Ti invito ad allontanarti, con i tuoi uomini.
Se vuoi divertirti in questi modi, ci sono altri ragazzi e altri prezzi. Ora che gli uomini hanno smesso di pisciare, si
accorge che c’è un taglio da cui cola sangue. - L’hai ferito! Se rimarrà una cicatrice… Abdallah non continua. Non è necessario. Se sul
viso restasse davvero una cicatrice, Abedin sarà chiamato a pagare: è già
successo. Abedin è irritato dall’atteggiamento del lenone:
lo giudica un impudente e gli sembra che gli stia mancando di rispetto.
Reagirebbe con violenza, ma sa di essere dalla parte del torto e soprattutto
sa che Salah ad-Din, che tiene alla fama di sovrano pio, non sarebbe contento
di sapere che ha scopato con altri quattro uomini in un bordello e ferito un
prostituto. Anche la presenza dei servitori lo invita alla prudenza: Aslan e
Bishr sono due lottatori formidabili e Abedin ha avuto modo di vederli nei
tornei di lotta che si tengono spesso a Damasco. Abdallah non deve aver
nessuna voglia di affrontarlo, ma se si rendesse necessario i quattro uomini
del magnaccia avrebbero di certo la meglio su un gruppo che ha bevuto troppo. Si riveste in fretta. È furente. Sa di aver
sbagliato e che la faccenda potrebbe avere conseguenze poco piacevoli. Decide
che è meglio pagare questo stronzo, per evitare che metta in giro voci. Al
momento di uscire prende dalla borsa una manciata di monete d’oro e le getta
a terra, dicendo: - Se devo pagare un supplemento, eccotelo. Ma il
tuo schiavo non vale nulla. Abdallah non risponde. Fa lavare la camera e
sistemare tutto e affida Rodrigo a due servitori, che lo portano al bagno, lo
lavano con cura, lo asciugano, curano la piccola ferita e poi lo mettono a
letto, dopo avergli fatto bere una pozione che induce il sonno. È furente per il comportamento inqualificabile di
Abedin. Ha guadagnato una somma notevole, ma ora è preoccupato sia per la
ferita, sia per l’effetto che l’episodio potrebbe avere su Rodrigo: il
giovane deve essere rimasto sconvolto, proprio in questo momento in cui la
sua resa è massima. In effetti i problemi compaiono subito. Quando
Rodrigo si sveglia, gli portano la colazione, ma il giovane dice di non avere
fame. Anche più tardi respinge il cibo. Abdallah si innervosisce. Quanto ha ottenuto da
Abedin come extra copre diverse giornate di lavoro di Rodrigo, per cui non
c’è un danno economico, ma il giovane sta male e sembra aver perso ogni
voglia di vivere. Abdallah potrebbe costringerlo a riprendere l’attività oggi
stesso, ma le condizioni di prostrazione di Rodrigo sconsigliano di forzarlo:
meglio dargli il tempo di riprendersi e trattarlo con dolcezza. Se si
uccidesse? Sarebbe una grossa perdita. E anche se non arrivasse a un gesto
estremo, le conseguenze dell’episodio potrebbero essere spiacevoli: la
ritrosia di Rodrigo lo rende desiderabile per molti, ma se mostrasse
disgusto, crisi di pianto, paura… a chi viene duro vedendo un giovane
piangere disperatamente? Nei tre giorni successivi Abdallah si intrattiene
spesso con Rodrigo, insieme a uno degli schiavi che conosce bene la lingua
dei franchi. Gli dice che dovrà riprendere presto il lavoro, ma gli concede
ancora qualche giorno, lo consola e lo minaccia, usando il bastone o la
carota a seconda del momento. Con chi viene a chiedere del giovane, Abdallah
temporeggia, ma dopo tre giorni Rodrigo deve rimettersi al lavoro. Il lenone
gli assicura che episodi come quello successo non si ripeteranno, se si
mostrerà docile. Rodrigo si rassegna, ma quando entra in camera
con un cliente, prova sempre paura. Abdallah conosce i suoi clienti e nei
rari casi in cui pensa che si possa creare una situazione problematica,
inventa qualche scusa: dice che il giovane è già occupato o che è indisposto.
Lentamente Rodrigo si tranquillizza. Sulla guancia non è rimasta traccia
della piccola ferita, ma l’episodio ha lasciato il segno. Due settimane dopo a chiedere Rodrigo è il grande
Barbath, il comandante delle truppe dell’emiro di Jabal al-Jadid, l’eroe di
tutti i musulmani della Siria: è stato il braccio destro di Salah ad-Din
nella campagna che ha portato alla vittoria di Hattin e alla conquista di
Gerusalemme. Pare che Salah ad-Din intenda ricompensarlo donandogli un
territorio di cui sarà il signore. Barbath non è un cliente abituale: viene solo
occasionalmente a Damasco e un maschio come lui non ha certo difficoltà a
trovare qualche giovane disponibile, senza bisogno di pagare; molti sarebbero
ben felici di offrirsi al grande Barbath. Abdallah non l’ha mai visto al bordello, ma ora
vuole guardarlo scopare con Rodrigo. Sa che lo chiamano Thlath-kurat,
Tre-coglioni. Credeva che lo chiamassero così perché molto virile, ma gli
hanno detto che ne ha proprio tre e che a letto è un vero toro. Dopo aver fatto accompagnare Barbath nella camera
di Rodrigo, Abdallah sale al piano di sopra. Nel pavimento della camera c’è
una piccola apertura, che permette di vedere ciò che accade al piano
inferiore. Nella stanza Barbath guarda il giovane. Non aveva
intenzione di recarsi al bordello, non è dell’umore giusto. La morte di
Feisal, che è stato il suo compagno per quasi vent’anni, lo ha sconvolto e a
lungo ha rifiutato di avere rapporti, nonostante ne sentisse il bisogno:
Barbath è un maschio vigoroso, in cui gli anni non hanno smorzato né il
desiderio, né la potenza. Nei primi tempi sognava spesso di scopare con
Feisal e nel sogno veniva. Ma da qualche tempo nei suoi sogni appare sempre
più spesso un altro maschio, il cui corpo accende il suo desiderio: il conte
Ferdinando, il primo uomo che lo ha fatto godere prendendolo. Ferdinando è
diventato un bandito e Barbath ha chiesto all’emiro ‘Izz e allo stesso Salah
ad-Din di poterlo andare a stanare: vuole fotterlo, castrarlo, come gli ha
promesso quasi vent’anni fa, e ucciderlo. Ma né l’emiro, né il signore della
Siria e dell’Egitto sono disponibili a impegnare guerrieri per dare la caccia
a un bandito che non crea particolari problemi. Espugnare il castello dove
Ferdinando si è asserragliato, Qasr al-Hashim, che i cristiani chiamano
Jibrin, richiederebbe un vero e proprio esercito e un lungo assedio. In
questo momento le priorità sono altre. A Barbath non rimane che attendere il
momento in cui infine potrà realizzare il suo desiderio. Non ha raccontato a nessuno della sua ossessione:
non vuole che gli altri sappiano che un bandito accende il suo desiderio. Ma
vuole liberarsi dell’immagine che ricorre in continuazione nei suoi sogni. Gli ufficiali lo hanno convinto ad andare al
bordello, a provare il famoso Rodrigo, nella speranza che si distragga un po’
e non pensi sempre a Feisal. Barbath ha accettato il loro suggerimento, per
dimenticare non Feisal, l’uomo che ha amato, ma Ferdinando, il maschio da cui
è ossessionato. Rodrigo è davvero un gran bel giovane e Barbath
ha sempre amato i ragazzi. Il cristiano sta a capo chino, intimorito da
quest’uomo forte. Barbath gli passa una mano sotto il mento e lo guarda,
sorridendo. Rodrigo coglie nel suo sorriso il desiderio, ma anche un
atteggiamento benevolo, che fuga le sue paure. Barbath avvicina Rodrigo a sé e lo bacia sulla
bocca. Si accorge della sua ritrosia, ma non se ne preoccupa: pensa che sia
un modo per attizzare il desiderio. Lo bacia ancora, poi lo spoglia e ne
ammira il corpo: davvero perfetto, chi lo decanta come un angelo non mente. - Spogliami. A Barbath piace essere spogliato da un ragazzo.
Abdallah ha insegnato a Rodrigo come si spoglia un uomo. Il giovane non ha
l’esperienza e la malizia di altri, ma molti sono affascinati dall’imbarazzo che
dimostra: sembra quasi che sia ancora vergine, anche se di certo non lo è più
da tempo. Non ha la sicurezza di chi lo fa ogni giorno, più volte, e quando
deve calare i pantaloni la sua esitazione non è simulata. Infine l’ultimo indumento è abbassato e Barbath
si libera dei pantaloni che sono scivolati a terra. Il suo cazzo ha già
acquistato volume e consistenza e si protende in avanti. Rodrigo lo guarda, spaventato: è grosso, forse
più di quello di Jorge da Toledo. Ha paura che gli faccia male. Barbath ha
colto il suo spavento e sorride. Lo avvicina, lo bacia ancora, poi lo stringe
a sé. Lo fa inginocchiare. Rodrigo capisce quello che deve fare e prende in
bocca il cazzo. Succhia un po’, incerto: non ha mai imparato bene, anche se
ora si è abituato e non prova più il disgusto dei primi giorni. Con stupore
si accorge che il cazzo si ingrossa ancora, diventa sempre più rigido e si
drizza verso l’alto. Barbath gli accarezza la testa, si china su di lui, gli
fa scorrere le dita lungo la schiena, dal collo al culo, due dita scivolano
lungo il solco, il medio preme contro l’apertura. - Ora basta. Rodrigo si interrompe e si stacca. Guarda il
cazzo maestoso che si erge davanti ai suoi occhi, battendo contro il ventre
di Barbath. Poi il suo sguardo scende e nota che la sacca dello scroto ha tre
protuberanze. Non capisce, ma poi gli viene in mente quello che ha sentito
dire quando era ancora un uomo libero: il guerriero che i cristiani
chiamavano il Flagello era soprannominato Tre-Coglioni dagli arabi, perché ne
aveva davvero tre. Che sia quest’uomo? Barbath si stacca. Guarda ancora Rodrigo e gli
sorride. Poi con un movimento rapido gli mette le mani sotto il culo e lo
solleva. Rodrigo non capisce. Ora il suo corpo aderisce a quello di Barbath,
che, tenendolo sollevato con un solo braccio, gli inumidisce l’apertura con
un po’ di saliva e poi lentamente lo abbassa. Ora Rodrigo sente premere
contro il buco la cappella del comandante. Barbath lo abbassa un po’ e il
cazzo penetra nel culo del giovane. L’ingresso è doloroso: Barbath è troppo
dotato perché possa essere altrimenti. Barbath tiene Rodrigo sollevato con le braccia
possenti, mentre lo fotte, muovendo il culo, con un movimento lento e
continuo. Rodrigo si abbandona completamente a questa stretta, la testa
reclinata all’indietro. Chiude gli occhi. Prova dolore, ma ci sono anche
altre sensazioni, non spiacevoli. Vorrebbe che finisse, ma una parte di lui
sembra quasi desiderare queste spinte vigorose che lo squassano. Barbath va avanti molto a lungo e infine viene
dentro Rodrigo. Allora lo solleva e lo depone sui cuscini. Lo
bacia ancora, poi prende i pasticcini e le bevande. Mangiano e bevono
insieme. Rodrigo ha male al culo, ma l’esperienza non è stata sgradevole. Abdallah ha seguito tutta la scena. È stato
davvero uno spettacolo. Quando vede che dopo la pausa Barbath ha ripreso ad
accarezzare e baciare Rodrigo e che il cazzo gli si sta irrigidendo di nuovo,
chiama Aslan. Si spoglia e si ristende sul pavimento, in modo da vedere
Barbath che per la seconda volta incula Rodrigo. Non dice nulla: non è
necessario, Aslan sa benissimo quello che deve fare. L’azero si china sul
padrone, gli morde il culo un po’ di volte, poi gli passa la lingua sul solco
e infine si stende su di lui. Lentamente infila la sua mazza nel culo di
Abdallah, facendola scivolare ben dentro. Barbath ha steso Rodrigo sui cuscini e lo sta
fottendo, con molta dolcezza. Abdallah guarda il culo muscoloso del guerriero
che si muove ritmicamente. Si rende conto che il sangue gli affluisce al
cazzo, come non gli succedeva da tempo. Non gli diventa davvero duro, ma si
ingrossa ed è una sensazione piacevole. Barbath procede molto a lungo e Abdallah non dice
ad Aslan di fermarsi. Lascia che l’azero proceda e infine gli rovesci in culo
il suo sborro. Anche lui versa un po’ seme e fatica a trattenere un gemito.
Da tempo non provava tanto piacere. Infine Barbath conclude. Rimane ancora un po’ con
Rodrigo, poi si riveste e scende. Abdallah lo ha preceduto. Si inchina, gli dice
che spera che abbia apprezzato e che conta di rivederlo presto: per lui il
bel Rodrigo è sempre disponibile. Barbath ringrazia, si congeda e lascia il
bordello. Fottere il bel cristiano è stato piacevole e per un momento gli ha
permesso di sfuggire alle sue ossessioni. Forse dovrebbe prendersi un giovane
schiavo. Ma in fondo sa che non sarebbe sufficiente. C’è un’unica cosa che potrebbe sconfiggere le sue
ossessioni: uccidere Ferdinando. Catturarlo, fotterlo, castrarlo e poi
ucciderlo. Attende impaziente quel momento. * Ferdinando è sugli spalti del castello di Jibrin:
ormai da oltre un anno vive in questa fortezza, che era la sede degli Hashishiyya
di Ramzi, dopo essere stata per un breve periodo un castello dei templari.
Una rocca maledetta, perché tutte le guarnigioni che l’hanno occupata sono
state sterminate: i saraceni una volta in una guerra e un’altra da
un’epidemia, i templari dai saraceni, gli Hashishiyya dalle truppe riunite
del duca di Rougegarde e dell’emiro di Jabal al-Jadid. Ferdinando sa che
prima o poi i saraceni si sbarazzeranno di lui e dei suoi uomini. Per il
momento il Saladino è occupato nello sforzo di riconquistare tutta la
Terrasanta, ma incontra difficoltà: dopo la sconfitta di Hattin e la perdita
di Gerusalemme e molte altre città, i franchi hanno reagito. Ferdinando
parla con il nipote, che porta il suo stesso nome e perciò viene chiamato
Nando, per distinguerlo dallo zio. Sono molto simili, anche fisicamente:
quando guarda il nipote, Ferdinando rivede se stesso a venticinque anni. E si
assomigliano anche nel carattere: teste di cazzo, entrambi, come dice
Ferdinando. Nando
riferisce quanto ha sentito: -
Giovanni ha parlato con un prete a Rougegarde. Dice che in Europa stanno
preparando una grande spedizione per riconquistare la Terrasanta. Ci sarà
l’imperatore, il re d’Inghilterra e pure quello di Francia. -
Possibile. Dubito che riconquisteranno Gerusalemme, ma forse riusciranno a
evitare che le ultime città della costa cadano nelle mani dei saraceni. E
soprattutto terranno occupato il Saladino, che ci lascerà in pace. - Se
i cristiani riuscissero ad arrivare fin qui… - Tu
potresti unirti a loro, se ci tieni. - Tu
no, vero? -
No, Nando, te l’ho detto. Sono stato condannato a morte per tradimento e se
finissi nelle mani dei franchi verrei giustiziato. Merda! Per aver detto che
era follia andare noi ad attaccare i saraceni, invece di aspettare che
venissero loro da noi, marciando sotto il sole cocente. - So
che i traditori vengono squartati. -
Sì, squartati, castrati, eviscerati… tanti modi piacevoli di finire.
Porcoddio! -
Non è che se finissimo nelle mani dei saraceni sarebbe molto meglio. -
Sarebbe peggio, se ci impalano. Squartati dai cristiani o impalati dai
saraceni. Porcoddio! Una bella scelta. Ferdinando
ride. Sa benissimo che i rischi di finire così sono forti, ma non se ne
preoccupa. Conta di riuscire a morire in uno scontro e in ogni caso tende a
non preoccuparsi troppo del futuro. Ha quarantotto anni e ha vissuto
pienamente la sua vita. Gli piace la libertà assoluta di cui gode, senza
dover obbedire a nessuno, né seguire regole. Gli piace scopare ogni sera con
più uomini, mangiare bene, sfidare altri maschi forti, rischiare la vita in
un attacco o nella caccia. Il suo corpo possente porta le cicatrici delle
ferite inferte dai saraceni o dai cinghiali, ma né gli uni, né gli altri gli
hanno insegnato la paura e forse nemmeno la prudenza. Nando
annuisce. Anche lui non ha paura: come lo zio tende a non preoccuparsi troppo
del futuro, anche se ha ventisei anni e vorrebbe vivere ancora a lungo. -
Qui si sta bene. -
Sì, San Cazzo è un posto magnifico. Ogni
tanto Ferdinando chiama il castello di Jibrin San Cazzo, una parodia dei nomi
che i cristiani hanno dato a diverse fortezze sottratte ai saraceni. Qui in
effetti non si venerano santi, ma si scopa molto. È senz’altro l’attività
principale all’interno delle mura, accanto agli esercizi bellici. Il
sole sta calando tra nuvole rossastre. Nando guarda lo zio, il cui viso
illuminato dalla luce del tramonto sembra splendere. Ammira quest’uomo forte
e coraggioso, che affronta la vita e la morte a viso aperto. Quando
il sole è scomparso oltre l’orizzonte, zio e nipote scendono e raggiungono la
sala al primo piano, dove si ritrovano coloro che non sono impegnati nei
turni di guardia e di cucina. A
Jibrin vivono circa quaranta uomini, che si occupano della difesa, della
pulizia, della cucina e di tutto il necessario. Sono quasi tutti cristiani
che erano al servizio di Ferdinando quando era il conte dell’Arram. Della
guarnigione fanno parte solo tre musulmani: Adham, che è il compagno di
Ferdinando, e due uomini che avevano buoni motivi per volersi allontanare
dall’Arram. Diversi contadini e pastori, soprattutto cristiani, si sono
stabiliti nell’area circostante. Il castello offre loro protezione e loro
versano tributi in natura. Sono
soprattutto le popolazioni dei villaggi vicini, i mercanti e le piccole
carovane di passaggio a rifornire le casse e i magazzini del castello. Non è
una libera scelta: pagano un tributo, in cambio di una protezione che
consiste nel non essere attaccati. Talvolta Ferdinando e i suoi uomini si
spingono più lontano, saccheggiando e prendendo con sé quanto serve loro o
possono rivendere. Non compiono spesso azioni clamorose, per evitare di
provocare una reazione. Sanno che prima o poi l’emiro di Jabal al-Jadid o lo
stesso Saladino li stanerà, ma per il momento il pericolo non sembra vicino:
la guerra infuria e non è certo Jibrin a preoccupare il signore della Siria e
dell’Egitto. Ferdinando e il nipote entrano nella sala, dove
si trovano già diversi uomini. Nel camino è stato acceso un grande fuoco: i
monti non sono alti, ma la primavera è appena agli inizi e mentre in pianura
il vento del deserto rende le giornate soffocanti, sui monti non fa certo
caldo. Gli uomini si siedono o si stendono sui cuscini e
sui tappeti, disposti a ferro di cavallo intorno allo spazio dove si
affronteranno i lottatori, di fronte al fuoco che arde. La lotta è uno dei
divertimenti principali di questi maschi vigorosi. È stato Nando a
introdurla: è un appassionato e a Siracusa era considerato il miglior
lottatore della città. Tutti assistono volentieri e lo spettacolo
accende il desiderio: al termine degli incontri o anche prima, altri corpi si
intrecciano nei giochi del piacere. Già nell’Arram Ferdinando e diversi suoi
uomini amavano scopare in gruppo. A Jibrin questo avviene quasi ogni sera e
gli incontri di lotta diventano di solito un’orgia collettiva. Tra gli uomini
di Ferdinando diversi formano una coppia, ma tutti sono disposti a scopare
anche con altri. Questa sera Nando si rivolge allo zio: - Non abbiamo mai lottato, io e te. Ferdinando ride. - Non sono un gran lottatore, lo sai. Solomon era
molto bravo. E Mahmud, quello sì che era un campione. Nando scuote la testa, ridendo. Poi lo provoca: - Non mi dire che hai paura. Anche Ferdinando ride. - Mi provochi, eh? E va bene. Ferdinando si spoglia: a molti degli uomini piace
affrontarsi nudi. E così lo spettacolo è molto più stimolante per gli
spettatori. Tutti osservano i due avversari, che hanno la
stessa altezza e si assomigliano molto nella corporatura, come nei tratti del
viso e nell’attrezzatura, fuori misura per entrambi. Negli anni il corpo di
Ferdinando si è appesantito, senza perdere vigore, e le numerose cicatrici
testimoniano una vita di battaglie, mentre i capelli si sono fatti molto più
radi. Nando ha la stessa struttura robusta, ma è più snello e il suo corpo
non presenta tracce di ferite. Ferdinando e il nipote si fronteggiano. Nando ha
più esperienza e oltre vent’anni in meno, ma Ferdinando è un avversario temibile.
Nando prende l’iniziativa e si slancia sullo zio, cercando di mandarlo a
terra, ma Ferdinando arretra e riesce a non cadere. Afferra un braccio del
nipote e tirandolo lo spinge sui tappeti, poi gli salta addosso, ma Nando si
scansa rapidamente e si rialza. Ferdinando lo imita e la lotta riprende. Ferdinando attacca e Nando lo blocca. Ora lottano
avvinghiati e la stretta accende il desiderio. I loro corpi si coprono di un
velo di sudore, mentre i loro cazzi si tendono. Gli uomini li osservano e incoraggiano ora l’uno,
ora l’altro. La tensione sale e molti incominciano a spogliarsi, ad
accarezzarsi, a stringersi, a baciarsi e presto in tutta la sala è un
intrecciarsi di corpi. Molti non seguono più l’incontro, se non lanciando
un’occhiata ogni tanto. Nando infine ha la meglio e Ferdinando si ritrova
pancia a terra, un braccio del nipote intorno al collo. La stretta gli sta
togliendo il respiro. - Ti arrendi? Ferdinando sa di non avere scelta. Guarda il
fuoco del camino. Fa fatica a respirare. Prima di perdere i sensi dice, con
voce roca: - E va bene. Nando allenta la presa al collo, ma rimane
disteso sul corpo di Ferdinando. Il suo cazzo preme sul culo dello zio e il
desiderio è violento. Da quando è arrivato, circa un anno fa, ha visto
moltissime volte lo zio scopare, ma non hanno mai avuto un rapporto,
nonostante la grande libertà che regna nel castello. Ora però la sensazione
di questo corpo forte e caldo sotto il suo è troppo forte. Nando si muove e il suo cazzo scivola sul solco.
Ferdinando capisce. Non sono molti gli uomini che lo hanno preso: è di solito
lui a possedere gli altri; perfino al suo compagno, Adham, si offre di rado.
Vorrebbe dire al nipote di fermarsi, ma tace. Sente il cazzo di Nando
premergli contro il buco del culo, forzare l’anello di carne ed entrare.
L’apertura non è stata inumidita e l’ingresso fa male, parecchio. E mentre Nando gli affonda il cazzo in culo,
Ferdinando alza gli occhi e il suo sguardo incrocia quello di Adham. Gli
sorride, ma il suo sorriso non viene ricambiato. Per quanto non sia molto
attento agli stati d’animo degli altri, Ferdinando ha notato che nell’ultimo
anno qualche cosa è cambiato in Adham. C’è un problema. Il movimento brusco di Nando, che ora spinge con
decisione, lo riporta a quanto sta accadendo. Il dolore al culo cresce: Nando
è troppo dotato e Ferdinando poco abituato a prenderselo in culo. - Porcoddio! Nando ignora l’imprecazione dello zio. Ciò che
prova è troppo forte e ora solo il desiderio lo guida: affonda il cazzo nel
culo di Ferdinando e lo ritrae con spinte brutali. Di nuovo Ferdinando
esclama: - Porcoddio! Goccioline di sudore si formano sulla sua fronte,
il viso gli si tende, digrigna i denti. Nando fotte con forza, stringendo con
le mani il culo dello zio. Il ritmo accelera e infine Nando viene, spargendo
il suo seme. Ferdinando chiude gli occhi. Mormora: - Merda! Nando si stacca. Guarda il corpo dello zio steso
a terra. Ora è turbato. Non aveva previsto di scopare con lui. Non ha remore
morali, ma sospetta che lo zio non lo volesse e si rende conto di essere
stato molto brutale. Vorrebbe dire qualche cosa, ma non trova le parole. Si
guarda intorno. Quasi tutti gli uomini stanno scopando e non badano a lui.
Adham è seduto e sta guardando Ferdinando. A un certo punto alza lo sguardo
su Nando, ma è solo un attimo. Ferdinando si alza. Non ha più il cazzo duro. Dal
buco del culo gli cola un po’ di sborro. Nando vorrebbe scusarsi, ma sarebbe
assurdo. Ferdinando lo guarda e gli sorride: - Porcoddio, Nando! Sei davvero mio nipote! Non c’è traccia di rimprovero nella sua voce.
Anche Nando sorride: - È un complimento? O un rimprovero? - Vedi un po’ tu. - Diciamo che è un complimento, ma non ne sono
così sicuro. Ferdinando ride. Intorno a loro quasi tutti stanno scopando.
Ferdinando raggiunge Adham. Legge nei suoi occhi qualche cosa che non sa
definire. Si siede accanto a lui e poi lo abbraccia. Scivolano sui tappeti.
Inizialmente Adham lo lascia fare, quasi indifferente, ma poi il suo corpo si
accende. Allora scivola dietro Ferdinando, stringendolo. I loro corpi
aderiscono. Adham può sentire l’odore intenso di sudore di Ferdinando. Gli
accarezza il capo, poi muove il culo in modo che il suo cazzo prema contro
l’apertura. Ferdinando non dice nulla. Il culo gli fa ancora male e sa benissimo
che l’ingresso aumenterà il dolore: Adham non è dotato come Nando, ma ha un
cazzo grosso e duro, che ora forza l’anello di carne ed entra. Ferdinando
bestemmia di nuovo. Adham incomincia a fottere, con decisione, quasi con
rabbia. Ferdinando ha l’impressione che voglia fargli male e di certo ottiene
il risultato. Ferdinando chiude gli occhi. Adham va avanti a lungo. Quando
infine il suo sborro si versa nelle viscere di Ferdinando, si alza.
Ferdinando si volta e rimane disteso sulla schiena. Si guardano, senza
sorridere. Adham appoggia il piede sul cazzo e sui coglioni
di Ferdinando e incomincia a muoverlo. Preme e fa male, ma il cazzo si tende.
Adham continua a muovere, stimolando il cazzo e facendo pressione sui
coglioni. Ferdinando sente che il piacere e il dolore crescono insieme.
Infine la tensione esplode e lo sborro si riversa sul ventre e sul petto.
Adham lo fissa un momento, sempre senza sorridere, poi si volta e si
allontana. Ferdinando rimane disteso. Il culo gli fa un male
bestiale e anche i coglioni sono doloranti: né Nando, né Adham sono stati
delicati. Di Nando non si preoccupa: il nipote gli assomiglia, è abituato a
prendersi ciò che vuole e va bene così. Ferdinando si ritrova in questo
giovane ed è disposto a perdonargli tutto. Adham lo preoccupa, invece. Che
cos’ha, perché è cambiato? Più tardi passano in cucina, dove
viene consumato il pasto serale: non mangiano in quella che un tempo era la
sala usata per i banchetti, perché è più comodo per tutti e la cucina in
inverno è più calda. Solo nei mesi estivi utilizzano un’altra stanza, perché
quando al calore esterno si aggiunge quello del fuoco, le temperature
diventano eccessive. Quando si coricano, Ferdinando osserva Adham.
Vuole provare a parlargli. - Che c’è, Adham? Adham aggrotta la fronte. - Che cosa intendi? - È un po’ di tempo che mi sembri… non so,
scontento, preoccupato. Adham alza le spalle, senza dire nulla. - Non vuoi dirmi che cosa c’è? - Niente, Ferdinando, non c’è niente. Ferdinando non dice nulla: se Adham non ha voglia
di parlare, non ha senso insistere. In fondo anche Ferdinando non ha voglia
di affrontare problemi, preferisce vivere tranquillo. Ferdinando si addormenta. Adham rimane a occhi
aperti nel buio. Ascolta il russare del suo compagno. Gli piace sentirlo, gli
piace questo corpo che intravede appena nell’oscurità della stanza. Il
desiderio è ancora vivo, ma nell’ultimo anno molte cose sono mutate e Adham
si chiede se ama ancora. Ha riflettuto a lungo e sa che il cambiamento è
incominciato oltre un anno fa, dopo un po’ che si erano trasferiti a Jibrin,
San Cazzo, come lo chiama Ferdinando: quando sono diventati briganti. Adham non è contento della vita che conducono
qui. È stato un guerriero valoroso, che aveva la stima dei suoi uomini ed era
temuto dai nemici. È stato catturato in battaglia e si è trovato a vivere con
Ferdinando. Lo ha amato e ha condotto per diversi anni una vita tranquilla:
non ha più combattuto, ma l’amore che lo legava a Ferdinando ha riempito la
sua vita. Viveva come un ricco signore, senza pensieri. Adesso Adham si trova a essere un brigante. In
guerra ha depredato i villaggi nemici, come fanno tutti i guerrieri. Ora però
è diverso. Non c’è la guerra qui dove vivono. Per molti dei suoi compagni il
brigantaggio è un modo di combattere contro i saraceni che hanno rioccupato
il territorio. Per Adham non può essere così: è musulmano, non può
considerare nemici i suoi confratelli. Gli sembra di aver perso l’onore. Ha amato Ferdinando, profondamente, ma ora si sta
staccando da lui. Adham non sa che cosa fare. Forse dovrebbe andarsene. Il
corpo di Ferdinando accende i suoi desideri, ma anche quel fuoco non brucia
più come prima. Forse presto rimarrà solo la cenere. Il giorno seguente Nando lascia il castello prima
dell’alba per andare a caccia. Spesso va con lo zio, ma ieri sera Ferdinando
gli ha detto che non aveva voglia di alzarsi presto. In realtà non se la
sentiva di cavalcare a lungo, con il culo e i coglioni ancora un po’
doloranti. Nando ha preso il suo cavallo e uno dei cani e
ora scende verso i boschi dove sa di poter trovare numerose prede. Di solito non si allontana molto dal castello, ma
oggi ha voglia di spingersi oltre. Si dirige verso Nord, seguendo il corso di
un torrente. Il cane fiuta le tracce di un cinghiale e si lancia
all’inseguimento. Nando lo segue a cavallo, ma il cinghiale si infila dove il
bosco è più fitto e per il cavallo diventa difficile procedere. I latrati del
cane sono sempre più lontani. A un certo punto a Nando pare di sentirlo
guaire: il cinghiale potrebbe averlo ferito, forse ucciso: adesso non si
sente più. Ma potrebbe anche solo essere troppo distante. Nando rinuncia a un inseguimento ormai
impossibile. Vorrebbe ritrovare il cane, ma non sa come fare. Si dice che
sarà l’animale a ritrovare lui, se è ancora vivo. Si ferma e attende, in
ascolto. Poi scende da cavallo e si siede sotto un tasso. Lascia che
l’animale bruchi l’erba, mentre aspetta. Pensa allo zio, a quanto è successo
ieri sera, e il cazzo gli si tende. Il tempo passa. Il cane non torna. Nando risale a
cavallo, irritato, e si muove nel bosco, ora in una direzione, ora in
un’altra. Ogni tanto grida per richiamare il cane, ma non riceve risposta.
Che il cinghiale l’abbia davvero ucciso? Muovendosi a casaccio arriva a una pozza d’acqua
nascosta tra i tigli e gli abeti. Nando è stanco e nervoso. Pensa che
potrebbe bagnarsi e poi stendersi un momento a riposare. L’aria è fresca, ma
Nando non patisce il freddo. È tutto sudato e non gli spiace lavarsi un po’. Smonta, si spoglia ed entra in acqua. La pozza
non è molto profonda, ma si può nuotare. Nando sguazza a lungo: è piacevole,
anche se lo specchio d’acqua è ristretto. Quando infine riemerge, si stende
sull’erba. Il sole fa capolino tra le fronde e si sta bene stesi nudi
sull’erba. Nando decide di dormire un po’ all’ombra di un
tiglio: ha sonno, perché è andato a letto tardi e si è alzato molto presto.
Si addormenta in fretta. A svegliarlo è qualche cosa che tocca la sua
pelle. Nando apre gli occhi. Intorno a lui ci sono diversi uomini. Alcuni
hanno lance o spade, le cui punte sfiorano il suo corpo. Lo hanno sorpreso nel sonno e ora è lui la preda.
Non ha nessuna possibilità di difendersi, perché le sue stesse armi sono
puntate contro di lui dagli uomini che lo circondano. Se cercasse di
sollevarsi, verrebbe trafitto. Merda! - Chi sei? Che cosa fai qui? Nando ha imparato un po’ di arabo ed è in grado
di capire le domande, ma che cosa può rispondere? Non può spacciarsi per
arabo o curdo. D’altronde è nudo, il grosso cazzo non circonciso rivela
subito che è un cristiano, in un’area dove i cristiani sono contadini o
briganti. L’abito, le armi, il cavallo escludono che possa essere un
contadino. Nando sa che i briganti che operavano vicino a
Hama sono stati impalati: una fine orribile. Risponde, per guadagnare tempo, mentre
disperatamente cerca una scappatoia: - Mi sono perso. - Chi sei? Nando non sa che cosa rispondere. Non può dire di
essere un cristiano ospite di qualche signore musulmano, perché non gli
crederebbero e comunque sarebbe facile smentire la menzogna con un semplice
controllo. È troppo lontano dai domini franchi per sostenere di essersi perso
durante una partita di caccia. Può venire da un solo posto: Jibrin. E questo
significa una condanna a morte. Gli viene in mente che potrebbe dire di
essere in viaggio per Damasco, ma con che motivazione? In ogni caso arabi e
franchi sono in guerra e lui si trova in territorio nemico. Per guadagnare tempo dice: - Non capisco. L’uomo che ha parlato dà un ordine. In quattro
afferrano Nando e lo sollevano, mentre gli altri tengono le lance puntate.
Gli legano le mani dietro la schiena, poi raccolgono i suoi vestiti e li
caricano sul cavallo. A catturarlo sono stati due fratelli, Abdel Aziz
e Abdel Ahad, che salgono sui loro cavalli e si avviano. I sei servitori e
Nando seguono a piedi. Abdel Aziz guarda ancora Nando. Non ha mai visto
un cazzo così grosso. Distoglie lo sguardo e si rivolge al fratello: - Che ne facciamo? Abdel Ahad lo guarda un po’ stupito. Non capisce
il senso della domanda: sanno entrambi che cosa va fatto. Risponde: - È sicuramente un brigante. Lo portiamo allo
sceicco di Shakra. Lo farà impalare e ci darà una ricompensa. - Tu dici? Non è molto generoso. Questo è vero: lo sceicco ha una pessima fama, ma
in quanto suoi sudditi è a lui che devono consegnare il brigante, che hanno
trovato nel suo territorio. - E allora? Hai un’idea migliore? - Forse sì. - E sarebbe? - Hai visto che cazzo da cavallo ha? - Certo che l’ho visto. Un animale. E allora? - Dobbiamo andare a Damasco, no? Partiamo tra due
giorni. - Ma che c’entra? - Hai mai sentito parlare del bordello di
Abdallah? - Certo, chi non ne ha sentito parlare?! Ma
questo non è mica un ragazzo… Cazzo… aspetta… vuoi dire… - Sai benissimo che Abdallah offre anche alcuni
uomini, maschi forti. Ne abbiamo visti due al torneo di lotta. - Sì, è vero. Che se la sono cavata molto bene.
C’è mancato poco che uno vincesse. Ma Abdallah ha anche la scuola per lottatori,
no? - Sì, certo. E un maschio come questo gli
potrebbe servire, no? Glielo vendiamo e ci guadagniamo di sicuro di più di
quanto ci darebbe lo sceicco di Shakra. - Ma è un brigante, se scoprono… Lo interrompe: - Non lo sappiamo, se è un brigante. Abbiamo
catturato un cristiano e lo rivendiamo come schiavo. Come possiamo sapere che
era un brigante? Non l’abbiamo mica sorpreso a rubare, non l’abbiamo preso
mentre attaccava una carovana o un villaggio. Era addormentato vicino al
laghetto. Abdel Ahad annuisce. - Sì, hai ragione. Nel caso qualcuno lo
riconoscesse come brigante, possiamo sempre dire che noi non ne sapevamo
niente. In fondo è vero. Nando non può sentire che cosa dicono. È un uomo
coraggioso, ma ora ha paura. L’idea di finire impalato lo spaventa: sa che è
la morte più orribile. I due fratelli portano Nando alla loro fattoria:
un grande edificio dove lavorano molti servi e schiavi. Nando viene rinchiuso
in una stanza senza finestre. Quando la porta viene chiusa, solo un po’ di
luce filtra all’interno. Nando riflette sul da farsi. Deve cercare di
scappare, se c’è anche solo una minima possibilità di riuscirci. Altrimenti è
meglio che si faccia ammazzare, piuttosto che finire impalato o crocifisso.
In ogni caso è opportuno che si inventi una storia. Potrebbe essere che è
venuto a cercare lo zio, ma non lo ha trovato. Per quello si aggirava per il
bosco, sperando di incontrare qualcuno che gli indicasse come poteva
raggiungere Ferdinando di Siracusa. Non gli crederanno, questo è certo, ma
sarebbe assurdo non provarci. Nessuno però viene a interrogarlo. Verso sera gli
portano da mangiare e da bere, ma non lo slegano. Nando è costretto a
inginocchiarsi e abbassare la testa fin quasi a terra per bere l’acqua dalla
ciotola e mangiare dal piatto, come un cane. Quando il servitore porta via i due recipienti,
entra Abdel Aziz, che spiega la situazione a Nando. Il giovane non è in grado
di seguire un discorso complesso, ma può comprendere l’essenziale.
Esprimendosi con frasi semplici Abdel Aziz riesce a fargli capire che contano
di venderlo a un bordello maschile. L’alternativa sarebbe consegnarlo allo
sceicco di Shaqra, che lo farà giustiziare. Nando si sente molto sollevato: preferisce
lavorare in un bordello piuttosto che finire crocifisso o con il palo in culo
o magari anche solo a sudare nei campi. Vedrà com’è il bordello. Per morire
c’è sempre tempo. Potrebbe cercare di fuggire, ma anche se
riuscisse a liberarsi dalle corde e a forzare la porta, non andrebbe lontano:
nudo, senz’armi, che cosa potrebbe fare? Non sa nemmeno dove si trova. Meglio
finire in un bordello e poi stare a vedere. L’idea che qualcuno paghi per farsi fottere da
lui lo fa sorridere: non ha mai pensato di farsi pagare, è sempre stato
disponibile gratuitamente. Di colpo realizza che qualcuno potrebbe pagare per
fotterlo. Non se l’è mai preso in culo. L’idea non gli piace, ma è sempre
meglio prendersi in culo un cazzo che un palo. È ormai sera. Ferdinando è sugli spalti e guarda
lontano, nella speranza di vedere il nipote arrivare. È preoccupato, perché
Nando contava di tornare in giornata. È già successo che una caccia si
prolungasse e che i cacciatori dormissero all’aperto, ma il rischio che Nando
sia stato catturato è forte. Solo quando è buio Ferdinando scende. Spera
ancora che Nando arrivi nella notte, ma il nipote ormai è molto lontano. Il giorno seguente una delle sentinelle annuncia
l’avvistamento di nove uomini a cavallo, che si dirigono verso la fortezza.
Ferdinando pensa che il loro arrivo abbia a che fare con la scomparsa di
Nando: che sia stato catturato e vengano a chiedere un riscatto o a minacciare
di ucciderlo, se i banditi non si arrenderanno? La prima ipotesi è poco
probabile, la seconda è da escludere, perché se si arrendessero verrebbero
tutti giustiziati. E in ogni caso, perché mandare nove uomini a trattare? Quando i nove cavalieri sono arrivati vicino
all’ingresso, uno di loro scende da cavallo e avanza fino alla porta. È un
uomo robusto, alto, con lunghi capelli e barba biondi e con gli occhi chiari:
sicuramente un europeo. Si presenta come Gotthard e chiede di parlare con
Ferdinando. I soldati di guardia gli fanno posare le armi e
lo fanno passare. Ferdinando riconosce subito Gotthard: un cavaliere tedesco,
con cui ha avuto occasione di combattere. - Gotthard! Che fai qui? - Sono venuto con Unrod, che tu conosci, i miei
due fratelli, Hartwig e Svend, e altri cinque uomini a sentire se sei
disposto ad accoglierci tra i tuoi. - Se i tuoi fratelli e gli altri sono coraggiosi
e decisi come te, siete tutti i benvenuti. Ma come mai vi trovate qui, così
lontano dai domini franchi? Da dove venite? - Non eravamo molto lontano, stavamo nel
territorio di Shaqra. Abbiamo fatto scorrerie nella zona per un anno. Eravamo
una ventina, non un gruppo forte come il tuo. Ci spostavamo spesso e
attaccavamo mercanti che viaggiavano isolati o razziavamo qualche villaggio. Ferdinando annuisce. Non sapeva che anche
Gotthard fosse diventato brigante. - E che cosa è successo? - Quel bastardo di Omar, il signore di Kharana,
di certo lo conosci, ci ha attirati in una trappola. Eravamo solo una dozzina
e loro ci sono piombati addosso in venti mentre dormivamo. Abbiamo combattuto
e in due siamo riusciti a fuggire. Friedrich è morto nel combattimento e
credo anche altri due; Mestwin, Richard e gli altri non sono stati
altrettanto fortunati. Li hanno impalati vivi. Impalati e poi castrati. Una
fine orribile. Noi non abbiamo potuto fare niente. Ferdinando rabbrividisce. Sa che Nando potrebbe
finire nello stesso modo, che a tutti loro potrebbe essere riservata la
stessa sorte. Gotthard conclude: - Abbiamo raggiunto gli altri, che si erano
fermati più a nord, e abbiamo deciso di venire a vedere se ci volevate con
voi. - Venite.
Siamo ben felici di avervi qui. Gotthard e i suoi uomini si installano al
castello. Sono arrivati insieme, ma in realtà costituiscono due gruppi ben
distinti. Sei sono tedeschi e sono agli ordini di Gotthard,
il maggiore dei tre fratelli. Gli altri tre sono svedesi. Si erano arruolati
come mercenari al servizio di un signore tedesco morto a Hattin e dopo la
battaglia hanno scelto di unirsi ai briganti di Gotthard. Al castello non
considerano Gotthard come capo e riconoscono solo l’autorità di Ferdinando.
Due sono fratelli identici, Torstein e Gunnarr: entrambi sono giganteschi,
con una massa di muscoli impressionante, e sono molto dotati, ma di certo non
belli. Il terzo, Unrod, ha un corpo forte, ma snello e più armonioso, con un
bel viso. Tutti e tre hanno il corpo coperto da tatuaggi, che gli altri
osservano con curiosità. I nuovi arrivati non hanno difficoltà ad
inserirsi nella vita che vi si svolge. I tedeschi evitano di partecipare ai
festini serali: preferirebbero avere qualche donna a disposizione. Nessuno di
loro però si mostra scandalizzato. D’altronde avevano un’idea della
situazione già prima di arrivare: i gusti di Ferdinando e dei suoi uomini non
sono un segreto per nessuno., I tre svedesi invece partecipano volentieri e non
sembrano avere nessuna remora quando si tratta di scopare. Nando trascorre il giorno successivo chiuso nella
piccola stanzetta. Gli danno da mangiare e da bere allo stesso modo, ma non
lo lasciano uscire, neanche per i suoi bisogni. Prima di partire per Damasco, Abdel Aziz gli
permette di pulirsi sommariamente e di rivestirsi. - Ascoltami, infedele. Se ti impegni a non
cercare di fuggire, non ti leghiamo. - Va bene. Non cercherò di fuggire. - Se non mantieni la tua parola, ti consegneremo
allo sceicco e finirai impalato. - Te l’ho detto: non cercherò di fuggire. In realtà se gli si presentasse una buona
occasione, Nando ne approfitterebbe sicuramente, ma la presenza dei due
fratelli e la sorveglianza dei servitori lo dissuade dal tentare alcunché. Lungo la strada per Damasco passano ai piedi di
una piccola collina, in cima alla quale ci sono otto pali. I corpi infilzati
si stanno decomponendo. A tratti il vento porta il fetore fino alla pista. Abdel Ahad li indica i cadaveri a Nando. - Erano briganti cristiani. Se cerchi di scappare
finirai così. L’avvertimento è chiaro. D’altronde Nando non
vede nessuna possibilità di fuggire e dato che va in un bordello e non alla
morte, non ha motivo per correre rischi. Arrivano infine vicino a Damasco. Nando ammira la
Ghuta, la regione fertile che circonda la città, un paradiso verde
di campi, pascoli, orti, frutteti e giardini. Entrano poi per Bab al-faradis,
la porta dei giardini. Nando
non ha avuto molte occasioni di viaggiare e oltremare ha visto solo Santa
Maria in Aqsa, dove è sbarcato, e qualche centro minore sulla strada per
l’Arram. Damasco ha vie strette e buie, per riparare le abitazioni dal sole
estivo, con parecchie case di fango e canne. Ma è una città molto grande, con
moschee, chiese, sinagoghe e palazzi signorili in pietra. I
due fratelli raggiungono l’imponente edificio del bordello, vicino alla
chiesa di Maria: in città ci sono ancora diversi cristiani, che hanno i loro
luoghi di culto. Chiedono di Abdallah, dicendo che devono parlare
direttamente con lui, di affari. Abdallah
non li conosce, ma li riceve e ascolta quanto hanno da dire. A parlare è
Abdel Aziz: anche se è il fratello minore, Abdel Ahad gli lascia volentieri
questo compito, perché ha la parlantina più sciolta ed è più abile a
contrattare. Abdel
Aziz viene subito al dunque: - Io e mio fratello abbiamo catturato un
cristiano, che secondo noi può interessarti. Abdallah non ha bisogno di nuova merce, ma prima
di rifiutare, preferisce sempre verificare: se la merce valesse davvero la
pena, non è proprio il caso che finisca in mano alla concorrenza. - È un bel giovane? - No, non è bello e non è un ragazzo, è un uomo,
un maschio. È forte come un leone e ha il cazzo di un toro. Abdallah è abituato a sentire magnificare la
merce, per cui non dà troppo peso alla descrizione, ritenendola eccessiva. - Fatemelo vedere e ne parliamo. Abdel Ahad va a prendere Nando, che hanno
lasciato fuori ad attendere insieme ai servitori. Il siciliano ne ha
approfittato per guardarsi intorno e in particolare per osservare l’edificio
in cui sono entrati i due fratelli. Non si aspettava certo che il bordello
fosse in un palazzo così grande. Quando Abdel Ahad lo accompagna dentro,
osserva stupito lo sfarzo dell’arredamento: i tappeti, i cuscini, i tendaggi,
i lampadari, tutto gli appare lussuoso. Abdallah lo guarda. È alto e molto ben piantato.
Non è bello, ma quello che interessa ai clienti quando si tratta di maschi
robusti non è la bellezza. - Ditegli di spogliarsi. Abdel Aziz trasmette l’ordine, che Nando ha
compreso. Senza esitare esegue. Quando rimane nudo ad Abdallah manca il fiato. Abdel
Aziz non ha mentito: questo cristiano ha davvero un cazzo da toro. Neppure
Aslan ce l’ha così. Bisogna però vedere come funziona: ci sono quelli che ce
l’hanno grosso, ma a cui occorre un argano per farglielo drizzare. - Bisogna che veda che cosa sa fare. - Certo. A tua disposizione. Abdel Aziz non aveva pensato che il cristiano
avrebbe dovuto far vedere il funzionamento della sua attrezzatura, ma è
logico che sia così. Spera che il risultato non sia deludente, altrimenti
dovrà venderlo come uomo di fatica. - Lo mettiamo subito alla prova. Abdallah fa chiamare Taamir, uno dei prostituti
del bordello. Non è più giovane ed è alla fine della sua carriera:
l’esperienza e l’abilità a letto non sono sufficienti a compensare gli anni
che passano e ormai anche il trucco e la depilazione non riescono a
nascondere che non si tratta più di un ragazzo, ma di un uomo. Abdallah si rivolge direttamente a Nando: ha
capito che il cristiano mastica un po’ di arabo. - Voglio vedere che cosa sai fare: adesso devi
fottere Taamir. Nando non ha capito tutte le parole, ma il
concetto gli è chiaro. Il tizio che gli propongono non è granché, ma quando
si tratta di scopare, Nando non va troppo per il sottile: come lo zio non è
di gusti difficili. Abdallah ordina al prostituto di succhiare il cazzo a
Nando. Taamir non fa volentieri quanto gli viene
richiesto: i cristiani non amano la pulizia e i loro cazzi non circoncisi
sono spesso luridi. Questo gigante che ha di fronte puzza di sudore e di
certo sarà sporco. Taamir sa di non avere scelta, per cui si inginocchia
davanti al cristiano e prende in mano il cazzo, che subito incomincia ad
acquistare volume e consistenza. L’odore è intenso: piscio e sudore. Taamir
apre la bocca e accoglie il boccone. Ne sente il gusto, forte come l’odore.
Tra le sue labbra il cazzo di Nando si drizza molto in fretta e acquista
dimensioni inquietanti. Taamir non ha mai visto niente del genere. Abdallah ha la gola secca. Un maschio così non
gli era mai capitato: a vedere il cazzo duro, fa quasi paura. È un’arma
letale. - Taamir, mettiti a quattro zampe. Taamir esegue. È un po’ preoccupato: è ampiamente
abituato a essere penetrato, ma il cristiano ha una dotazione da cavallo e se
decidesse di entrare con violenza, gli farebbe un male bestiale. Nando però
non ha motivo per essere brutale. Tende ad andare per le spicce, ma senza
violenza. La cappella è ben lubrificata, per cui si limita a sputare
sull’apertura e spargere un po’ la saliva, poi preme ed entra, senza essere
irruente. Nando incomincia a fottere, andando avanti e
indietro con regolarità. Ha una notevole resistenza e vedere il suo grosso
cazzo sparire nel culo di Taamir e poi riemergere è davvero uno spettacolo.
Taamir geme: è una sensazione bellissima, per quanto sia un po’ dolorosa. Da
molto tempo non gli capitava di trovare un maschio così virile. Da molto
tempo? E quando mai ne ha trovato uno così? Neppure Aslan lo batte. Abdallah guarda Nando fottere con energia e,
simulando indifferenza, dice: - Avrei preferito un bel ragazzo, ma anche questo
posso usarlo, anche se non so… molti clienti non avrà mai: chi la regge una
mazza così? Abdel Aziz non ha un’idea di quanto possa valere
uno schiavo come Nando, ma intende spuntare un buon prezzo. Osserva: - Lo puoi usare anche per gli incontri di lotta,
forte com’è. O anche solo per dare spettacolo: di sicuro molti clienti
pagherebbero caro per vedere uno così che fotte. Questo è vero e Abdallah non può negare, anche se
storce la bocca e si mostra molto dubbioso. - Non so, sì… lo esibisco, d’accordo, ma deve
farmi guadagnare. Se non ha clienti… - Li avrà, li avrà. Ci sono quelli che amano
farselo mettere in culo e di sicuro tu non tieni quei maschi vigorosi solo
per farli esibire nei tornei di lotta. - No, certo, ma farselo mettere in culo è una
cosa, farsi spaccare il culo è un’altra. Non so, per uno così… voi quanto
chiedete? Abdel Aziz non ha un’idea precisa del valore
dello schiavo. Vuole ottenere di più di quel che avrebbe avuto dallo sceicco
di Shaqra, ma preferisce che sia Abdallah a fare una proposta. - Tu quanto offri? Abdallah finge di pensarci un momento e poi dice
una cifra molto inferiore rispetto alla valutazione che dà del cristiano,
contando che il suo interlocutore non si intenda del prezzo degli schiavi: a
Nadhir non avrebbe certo fatto un’offerta così bassa. Per Abdel Aziz è già
una buona somma, anche se fa una smorfia di disgusto e osserva: - Per una cifra del genere, non valeva la pena di
portarlo a Damasco. Mi conviene venderlo come uomo di fatica. Ne ricavo di
più. Abdallah sa che è vero: quest’uomo non ha solo un
cazzo da toro, sembra anche essere forte come un toro e spunterebbe di sicuro
un buon prezzo. - Boh, al massimo posso usarlo anch’io come uomo
di fatica, se nessuno lo richiede, ma non so se vale la pena. Nando continua a fottere. Abdallah e i due
fratelli guardano la scena e intanto contrattano. Alla fine Nando viene e
Taamir si rialza, dolorante, ma appagato: il cristiano è sporco, ma quanto a
fottere, è davvero un portento. Infine la trattativa si conclude, Nando viene
venduto e tutti sono soddisfatti: i due fratelli hanno ottenuto molto di più
di quanto avrebbero avuto dallo sceicco; Abdallah ha spuntato un prezzo
sicuramente inferiore al valore effettivo dello schiavo; Nando non rischia di
finire impalato o crocifisso. Abdallah è molto contento del suo nuovo acquisto
e intende farlo fruttare. Bisogna in primo luogo farlo conoscere ai clienti.
Potrebbe mostrarlo a chi viene e chiede un maschio virile, ma Abdallah
preferisce che prima si sparga la voce, in modo da creare aspettative e
attrarre anche nuovi clienti. Un buon modo sarebbe organizzare un incontro di
lotta, così potranno vederlo in molti. Ma per preparare il terreno, Nando
potrebbe partecipare al torneo annuale, che si tiene tra pochi giorni. Abdallah gli chiede: - Hai mai lottato? - Sì, certo, lo faccio spesso. - Ottimo! È davvero una buona notizia: se Nando non fosse
bravo nella lotta, verrebbe eliminato subito nel torneo e pochi potrebbero
vederlo. Se invece riuscisse ad arrivare alla seconda giornata, sarebbero
molti di più a conoscerlo. Anche per soddisfare gli spettatori che assistono
agli incontri organizzati nel bordello è preferibile che Nando sappia
lottare, altrimenti lo spettacolo perde mordente. Gli si potrebbe sempre
insegnare, ma se ha già esperienza, è molto meglio. Abdallah decide di mettere alla prova Nando e gli
fa affrontare Bishr, un nero che ha partecipato a diversi tornei di lotta,
classificandosi quarto l’anno scorso. Nando si rivela capace nel lottare
quanto nel fottere. Per quanto Bishr sia un avversario molto forte, Nando
riesce a bloccarlo e ad aggiudicarsi l’incontro. Il lenone si sfrega le mani, soddisfatto. Ha
fatto un ottimo affare. Il torneo di lotta attira sempre molti
spettatori. Sono tutti uomini, ovviamente, perché le donne non possono
assistere. Gli sfaccendati, che sono sempre informati su tutto, vanno dicendo
che quest’anno ben tre dei concorrenti provengono dal bordello di Abdallah.
Il pubblico conosce già Aslan e Bishr, che sono entrambi molto forti: Aslan è
arrivato secondo nell’ultimo torneo, Bishr quarto. Tutti si chiedono come
sarà questo nuovo lottatore. Aslan e Bishr, in quanto classificati tra i primi
dieci nell’ultimo torneo, entreranno in gara solo nella terza e ultima
giornata di incontri. Nando invece deve lottare già il primo giorno per
partecipare al torneo vero e proprio, che si svolge nel secondo e terzo
giorno. Quando entra in campo, desta subito l’attenzione:
decisamente più alto degli altri concorrenti, massiccio, muscoloso, sembra un
avversario temibile. E in effetti Nando supera quattro incontri senza nessuna
difficoltà, tanto che già dal secondo parecchi scommettono su di lui; al
quarto non c’è praticamente più nessuno che scommetta contro. Chi se ne
intende ha subito capito che si tratta di un gran lottatore ed è probabile
che arrivi al terzo giorno. Zeyd assiste sempre al torneo, se ne ha la
possibilità. È anche lui un ottimo lottatore e in passato ha vinto due
tornei, ma Salah ad-Din ha proibito agli ufficiali di partecipare a queste
gare popolari. Possono farlo i soldati, ma non chi ricopre qualche carica. Il
sultano ritiene che lottare con indosso solo i pantaloni, davanti a un
pubblico in cui c’è di tutto, sia poco dignitoso per un ufficiale. Zeyd ha
rinunciato a malincuore, perché la lotta gli piace molto. Stringere un
maschio robusto, cercare di imporsi su di lui, riuscire a bloccarlo, tutto
gli trasmette sensazioni molto forti. Quasi sempre quando lotta gli viene
duro. E gli si rizza anche solo a guardare due lottatori, se sono davvero
bravi. Zeyd non ha potuto seguire gli incontri del primo
giorno, ma tanto si tratta solo delle selezioni. Il secondo giorno è tra gli
spettatori, insieme a Fahad. L’amico ha sentito le voci che circolano: - Mi hanno detto che Abdallah ha mandato un nuovo
lottatore, che pare essere fortissimo. - Un altro? Ma è possibile che tutti questi
maschi forti si prostituiscano nel bordello di Abdallah? - Ha la scuola per lottatori, lo sai. E se
ricordo bene, Abdallah ha comprato Aslan proprio dopo averlo visto a un torneo.
Comunque il magnaccia li fa allenare spesso, perché nei tornei fanno buona
propaganda al bordello. E poi sai che li fa lottare anche da lui. E non solo
lottare. Fahad ridacchia. Zeyd annuisce: tutti sono
informati di questi incontri che si tengono nel bordello e del modo in cui si
concludono. - Quando c’è questo nuovo fenomeno? - Più tardi. Ieri ha vinto tutti e quattro gli
incontri, per cui salta il primo turno di oggi. Nel primo turno ci sono i lottatori che hanno
partecipato al torneo precedente, ma sono stati eliminati abbastanza presto,
e quelli che hanno superato la selezione, senza vincere tutti gli incontri.
Dal secondo turno ci sono tutti i lottatori, a parte i primi dieci
classificati del torneo precedente. Zeyd e Fahad seguono gli incontri. Fahad
scommette, come tanti altri spettatori. Zeyd preferisce evitarlo: non può
rischiare di perdere. In tarda mattinata Fahad dice: - Ecco, il prossimo è il cristiano. Ho scommesso
su di lui. - Il cristiano? - Sì, questo lottatore molto forte di cui ti
dicevo è uno schiavo cristiano che Abdallah ha comprato da poco. Fahad ride e aggiunge: - Pare che abbia un cazzo da cavallo, ma questo
non c’entra con il torneo. Zeyd è curioso di vedere questo lottatore. Nando entra poco dopo. Come tutti i concorrenti,
indossa solo un paio di pantaloni neri. A Zeyd manca il fiato: ha già visto
quest’uomo, in un momento in cui la sua vita cambiò completamente. I ricordi
affiorano impetuosi, ricordi di venticinque anni fa, quando aveva dieci anni.
L’uomo che ora si prepara a lottare era il braccio destro del famoso Cane
dagli occhi azzurri, il guerriero cristiano che catturò suo padre. Ma non può essere lui: quest’uomo è giovane, a
quell’epoca doveva essere un bambino piccolo, forse non era nemmeno nato. - Hai visto che corporatura, Zeyd? Un Ercole. Zeyd annuisce, senza guardare l’amico: i suoi
occhi non si staccano dall’uomo che ora è impegnato nella lotta. La sua mente
è lontana nello spazio e nel tempo, tra quei monti dove si separò per sempre
da suo padre. Quel guerriero era Ferdinando, che poi divenne il signore
dell’Arram e che ora è un bandito. Ormai deve avere una cinquantina d’anni. Zeyd guarda ammaliato Nando affrontare
l’avversario. Non è un incontro lungo: il cristiano ha forza e tecnica e il
rivale si trova rapidamente bloccato a terra, senza riuscire a liberarsi. Zeyd guarda l’arbitro proclamare la vittoria, poi
fissa Nando, che si alza. Più avanti c’è un secondo incontro, che nuovamente
Nando vince senza fatica: salta perciò il turno successivo. Verso sera Nando ha l’ultimo incontro della
giornata. Questa volta si trova ad affrontare un avversario temibile, che
fino a ora non è mai stato battuto. C’è molta gente ad assistere, ora, perché
entrambi i contendenti si sono mostrati forti e capaci. Le scommesse sono
parecchie, come di rado avviene nella seconda giornata. L’incontro dura più a lungo e Zeyd ha modo di
osservare il modo in cui il cristiano si muove. L’avversario è molto forte,
ma Zeyd si rende conto che Nando non perde mai il controllo della situazione.
I due avanzano e arretrano, lottano avvinghiati e si staccano, cadono a terra
e cercano di bloccarsi, si liberano e riprendono a lottare. Infine Nando ha la meglio anche su questo
lottatore e riesce a bloccarlo a terra. Dopo che l’arbitro ha decretato la
vittoria, Nando si alza. Il petto vigoroso si solleva e si abbassa nel
respiro. Il sudore scorre a rivoli tra la fitta peluria che gli copre il
petto e gli appiccica i capelli sulla fronte. Il rigonfio nei pantaloni è inequivocabile:
questo maschio poderoso è eccitato e il cazzo dev’essere davvero da cavallo,
come ha detto Fahad. Anche a Zeyd è venuto duro. Gli succede spesso
osservando un buon incontro di lotta, ma ora la tensione è tanto forte che
gli basterebbe sfiorarsi per venire. Ci sono ancora due incontri, che Zeyd non segue,
anche se rimane tra gli spettatori: il suo pensiero va al padre e a
Ferdinando. E continuamente ritorna l’immagine di Nando come lo ha visto
quando si è alzato alla conclusione dell’incontro. Zeyd e Fahad si allontanano. Zeyd non dice nulla.
A due domande dell’amico risponde appena. Fahad osserva: - Mi sembri preoccupato. Qualche problema?
Stamattina non eri così. Fahad è un amico, con cui Zeyd può confidarsi: - Quel cristiano… assomiglia moltissimo a quel
Ferdinando che era signore dell’Arram e che ora è un bandito. - Non sapevo che lo conoscessi. - Lo vidi quando ero bambino, quando mio padre
venne catturato dal Cane dagli occhi azzurri. Ferdinando era con lui. Zeyd non dice nulla dell’altro motivo di
turbamento: il desiderio che il corpo di Nando ha destato in lui. Fahad
osserva: - Potrebbe essere suo figlio, no? Ha l’età
giusta. Bisognerebbe capire da dove viene. - Sì, potrebbe. Magari cerco di parlare con
Abdallah. Dopo un momento di silenzio Fahad dice: - Questi combattimenti sono un tale spettacolo…
Mi fanno sempre venire una voglia… Zeyd lo guarda. - Voglia di che? - Di confrontarmi con uno di quei maschi. E non
solo nella lotta. Non mi dire che non ti fanno lo stesso effetto, perché ce
l’avevi duro anche tu. Zeyd ride. Come Nando, e per lo stesso motivo, ha
difficoltà a nascondere un’erezione. - Sì, mi fanno lo stesso effetto. Dopo una
giornata passata a vedere questi lottatori, me li sogno la notte. E… Fahad completa la frase lasciata in sospeso
dall’amico: - …e vieni! Ci credo! Io… Fahad esita un momento. - Tu? - Prima di addormentarmi, provvedo a… ridurre la
tensione. Sai, non vorrei dormire male. Zeyd sorride e annuisce. - Fai bene. C’è un momento di silenzio, poi Fahad riprende. - Potremmo farlo anche noi. - Che cosa? - Affrontarci. - Una lotta, noi due? - Sì, come al bordello di Abdallah. - Ma… al bordello di Abdallah chi perde… - … se lo prende in culo. Lo so. Zeyd sa benissimo di essere molto più forte di Fahad
e anche l’amico lo sa: lo ha visto lottare e vincere l’ultimo torneo a cui ha
potuto partecipare, prima che Salah ad-Din lo proibisse ai suoi ufficiali.
Fahad gli si sta offrendo, in un modo che non lo sminuisce: l’essere
posseduto sarà il pegno da pagare per la sconfitta. Non gli spiace scopare e
lo fa volentieri con Fahad, che è un amico. - Va bene, Fahad, per me va bene. Ride aggiunge: - Hai un bel culo e lo gusterò volentieri. - Vedremo… Non cantare vittoria troppo presto.
Andiamo da me. Vanno a casa di Fahad, perché Zeyd abita in una
delle stanze riservate agli ufficiali nella fortezza: preferirebbe avere
un’abitazione indipendente, ma non se la può permettere. Fahad fa portare da bere e qualche pasticcino,
poi dice al servitore di non disturbare per nessun motivo e chiude la porta. - Spogliamoci. Lottiamo nudi, come al bordello. Si guardano, sorridendo, e incominciano a
spogliarsi. Fahad guarda il cazzo di Zeyd. Sa che gli entrerà in culo e,
anche se lo desidera e ha lanciato la proposta della lotta per gustarlo,
prova un po’ di paura. Quando sono pronti Fahad si lancia su Zeyd. Fahad
è forte, ma l’amico lo è di più e ha ben altra esperienza. Zeyd potrebbe
bloccarlo facilmente, ma non vuole umiliarlo, per cui non approfitta subito
degli errori di Fahad e lascia che la lotta prosegua per un po’ di tempo. Infine Zeyd afferra Fahad da dietro. I loro corpi
aderiscono. Fahad sente che le forze gli mancano. Zeyd avverte che l’amico si
sta arrendendo ai propri desideri, più che alla sua stretta, e allora lo
blocca: inutile proseguire questa lotta. Fahad annuisce: - Hai vinto, Zeyd. Sei più forte. Zeyd lascia Fahad. - Mettiti in posizione. Fahad si appoggia sui cuscini, le gambe un po’
divaricate. Ora ha un po’ paura. Zeyd inumidisce bene l’apertura e la cappella:
non vuole fare male a Fahad. Poi si stende sull’amico e con molta lentezza
spinge in avanti il cazzo, che preme e poi entra. Si rende subito conto che,
anche se l’amico non è teso, la carne cede a fatica. - Fahad. Vuoi che mi fermi? - No, hai vinto. Zeyd annuisce. Fahad lo vuole. Non avrebbe senso
fermarsi. Si ritira, sparge ancora un po’ di saliva per facilitare
l’ingresso, poi di nuovo preme sull’apertura e spinge dentro il cazzo. La
sensazione è molto piacevole, il culo è caldo e la carne stringe il cazzo in
una morsa. Zeyd procede, spinge fino in fondo e poi si ritrae. Va avanti a
lungo, molto a lungo. Guarda la nuca di Fahad, la sua testa, i cuscini, ma
un’altra immagine affiora, prepotente: lo schiavo cristiano che lotta. Zeyd
vorrebbe misurarsi con lui. Infine viene, spandendo il suo seme. Allora la
sua mano passa sotto il ventre di Fahad, afferra il cazzo e lo stringe, poi
si muove rapidamente, fino a che Fahad viene con un gemito. Zeyd esce e si stende accanto all’amico. - Tutto bene? Non ti ho fatto troppo male? - No, no… è stato… Fahad non prosegue. Ora è preoccupato: teme che
Zeyd possa disprezzarlo, ma l’amico gli sorride e non sembra dare importanza
a ciò che è successo. - Se vuoi lottare, Fahad, devi imparare le
tecniche. Non basta la forza. Fahad annuisce. - Mi darai lezioni? - Se lo desideri, sì. - Mi sa che allora avrò sempre male al culo. Zeyd coglie il senso della frase di Fahad: le
lezioni saranno una buona scusa per ripetere quanto è successo oggi. - Se non te la senti, facciamo a meno dell’ultima
parte. Posso darti lezioni gratuitamente. - No, va bene così, Zeyd, pago il mio debito… Fahad esita un attimo, poi dice: - Non mi disprezzi, Zeyd? - E perché mai dovrei, Fahad? Mi hai fatto
godere, ti ho fatto godere, quale è il problema? - Lo sai, Zeyd. Un uomo che se lo prende in culo… Zeyd completa la frase per lui: - … fa benissimo a farlo, se è quello che
desidera. È davvero quello che Zeyd pensa: non ha remore
per quanto riguarda il piacere. - Però tu non l’hai mai fatto, vero? - No. Ma se un giorno mi verrà voglia, lo farò.
Perché non dovrei farlo? Per quello che pensa la gente? Dopo un po’ si alzano, si puliscono e si
rivestono. Parlano ancora del torneo: - Dici che il cristiano ha buone possibilità? - Di sicuro è un ottimo lottatore. Non so se
possa battere Mandhur, ma non mi stupirebbe. - Vediamo il torneo domani. Il giorno dopo il torneo riprende. Gli spettatori
sono molto numerosi: è il giorno conclusivo e ad affrontarsi sono i lottatori
più forti. Nando prosegue nella sua serie di vittorie.
Affronta avversari più abili e gli incontri durano di più, ma nessuno sembra
in grado di metterlo davvero in difficoltà. Progressivamente i concorrenti si
riducono di numero. Infine rimangono in quattro: Aslan, Nando,
Mandhur, che ha vinto il torneo precedente, e Bahram, un persiano che vive a
Damasco da diversi anni. Bishr invece è stato eliminato in mattinata. Si
terranno ancora quattro incontri: due per stabilire chi parteciperà al
combattimento finale; uno tra i due eliminati, che si affronteranno per il
terzo posto; infine l’ultimo, che stabilirà il vincitore del torneo. Aslan riesce a sconfiggere il persiano, in un
incontro lungo e molto combattuto: entra così in finale, come è successo
l’anno scorso. Ora tocca a Nando affrontare il campione in carica. Qualcuno
pensa che il cristiano potrebbe vincere, perché si è rivelato un grande
lottatore, ma i più sono convinti che sarà sconfitto e che l’incontro finale
vedrà affrontarsi i due stessi avversari dell’anno scorso: Aslan e Mandhur.
Molti scommettono, soprattutto su Mandhur. Solo qualcuno corre il rischio di
puntare sul cristiano. Nando sa di trovarsi di fronte un avversario
molto forte. Decide di giocare d’astuzia e all’inizio commette,
deliberatamente, alcuni errori. Mandhur si convince che il cristiano sia meno
esperto di quanto gli è apparso nei due incontri a cui ha assistito. A un
nuovo errore di Nando, cerca di approfittarne per bloccarlo, ma è esattamente
ciò su cui contava il suo avversario: l’attacco di Mandhur non riesce a
mandare a terra Nando che, sfruttando lo slancio del suo avversario, lo fa
cadere e gli salta addosso. Mandhur si trova bloccato, schiacciato dal peso
di Nando. Riesce a liberarsi, ma Nando lo blocca nuovamente e questa volta non
c’è scampo. La sconfitta di Mandhur, avvenuta molto
rapidamente, coglie di sorpresa la maggior parte del pubblico. Chi ha perso
la scommessa è deluso e impreca, ma in generale gli spettatori applaudono il
cristiano, che ha dato un’altra ottima prova di sé. Dopo una pausa, per permettere a Nando di
riposare e al pubblico di scommettere, si apre l’ultimo incontro. Nando e
Aslan non si sono mai affrontati, ma Nando ha seguito tutti gli incontri
dell’azero e si è fatto un’idea precisa delle sue tecniche. Aslan invece ha
sottovalutato il suo antagonista e ha seguito solo due dei suoi incontri. Aslan capisce in fretta che Nando è un osso duro.
Si pente di non aver studiato le tecniche di questo nuovo avversario, ma
ormai è troppo tardi. Il combattimento è accanito, perché sono entrambi abili
e forti. La folla segue entusiasta, incoraggiando ora l’uno, ora l’altro,
applaudendo i colpi migliori. Quando infine Nando riesce a bloccare Aslan,
gli spettatori esplodono in un boato. Aslan è deluso: aveva sperato di ottenere il
titolo, ma ha dovuto arrendersi. Nando però gli si avvicina e gli fa i
complimenti per come si è battuto. Per Abdallah l’esito del torneo è un colpo di
fortuna, che sa come sfruttare. Mette in circolazione la voce che Nando e
Aslan si affronteranno nudi al bordello e che, come sempre accade, lo
sconfitto offrirà il culo al vincitore. Non è un annuncio ufficiale, ma la voce circola
tra i frequentatori abituali e le richieste sono molte. Zeyd intende assistere, ma il giorno stesso del
torneo Hashim gli comunica che deve stanare un gruppo di briganti a Buraq, ai
confini del deserto. * Da due giorni il vento soffia dal deserto e porta
la sabbia dappertutto: si infila negli occhi, negli abiti, nelle coperte, nel
cibo e non è possibile difendersi. Gli uomini sono tutti di pessimo umore.
Per fortuna la spedizione si è conclusa e oggi stesso, dopo aver provveduto a
giustiziare gli otto banditi, gli uomini guidati da Zeyd potranno tornare a
Damasco. L’esecuzione avverrà attraverso l’impalamento,
una pratica feroce, comune tra i turchi, ma ancora poco diffusa in Siria.
Salah ad-Din ha deciso che questa fosse la sorte di tutti i briganti: vuole
dare un esempio, per seminare il terrore tra le bande che imperversano nel territorio. Zeyd assiste all’operazione, che si svolge
secondo le modalità consuete: il condannato viene forzato a stendersi su una
specie di sella, la testa viene bloccata con un forcone, mentre le gambe
vengono tese con corde. Il carnefice allarga il buco del culo con un coltello
e poi martella il palo, spingendolo nel corpo della vittima. Zeyd ha il viso coperto da un turbante e da una
sciarpa che lascia appena una fessura per gli occhi. Non gli importa nulla
del destino atroce di questi banditi, responsabili di omicidi e stupri, ma
non assiste indifferente allo strazio che ne viene fatto. Dal giorno in cui ha visto Nando, il pensiero
torna ossessivo alla separazione da suo padre, Baahir. Sa che i capi delle
bande che dipendevano da suo padre vennero impalati e fu proprio Ferdinando
da Siracusa a farlo. Baahir invece fu portato ad Antakiyyah per essere
giustiziato. Dopo aver lasciato la casa dello zio ed essere diventato
soldato, Zeyd ha cercato in tutti i modi di avere notizie su suo padre. È
riuscito ad ottenere qualche informazione, ma vorrebbe saperne di più. Baahir non è morto impalato. Per lui era prevista
una pena orrenda, ma morì la notte prima di essere giustiziato. Ogni volta
che assiste a un impalamento, Zeyd pensa a suo padre e agli uomini che erano
con lui. Si ricorda bene di Karim e di Wa’el. Wa’el sapeva giocare a scacchi,
qualche cosa che uno non si aspetterebbe da un bandito, e glielo aveva
insegnato. È morto impalato, come Karim. Quando la schiava Afrah lo ha
portato via dalla torre dove erano rinchiusi, Zeyd ha visto Karim sul palo,
anche se la donna gli ha detto di non guardare. Karim era ancora vivo e si
lamentava. Karim era buono con lui e gli voleva bene. L’ultimo palo viene issato. I corpi nudi dei
suppliziati si ergono uno accanto all’altro, sferzati dal vento che sbatte
loro addosso la sabbia, facendola entrare nel naso, nella bocca, negli occhi:
un altro tormento. Zeyd li guarda. I primi a essere impalati, più
lontani, sono appena visibili nella tempesta di sabbia. Zeyd si volta. Con i suoi uomini scendono la
collina. L’accampamento è già stato smontato. Possono ritornare a Damasco.
Non occorre lasciare sentinelle: gli uomini impalati sono ancora vivi, ma
ormai nessuno al mondo potrebbe salvarli dalla morte. * La sera della sfida nel bordello la sala in cui
si svolge l’incontro è stipata all’inverosimile. Di solito alla lotta
assistono venti-trenta uomini, ma questa volta sono più del doppio: si tratta
dei primi due classificati nel torneo di lotta. Tra gli spettatori ci sono
anche Fahad e Zeyd, appena tornato dalla spedizione contro i briganti. È la
prima volta che assiste a questi incontri, di cui ha sentito parlare spesso.
A deciderlo a venire non è stata tanto l’insistenza dell’amico, ma il
desiderio di rivedere Nando e di vederlo scopare. Nei giorni trascorsi
dall’ultimo incontro ha spesso pensato a lui. L’immagine di quest’uomo è
ritornata in modo ossessivo. Abdallah è molto soddisfatto dell’incasso della
serata: è convinto che con Nando guadagnerà parecchio e il grande afflusso è
una conferma delle sue aspettative. Il cristiano sarà molto richiesto. Non
quanto Rodrigo, certamente, ma frutterà comunque una bella somma. Per il
momento non l’ha ancora offerto, anche se alcuni che l’hanno visto al torneo
lo hanno già richiesto: ha preferito far aspettare, convinto che alcuni
saranno disposti a pagare di più, dopo essere rimasti in attesa. Aslan e Nando entrano nello spazio in cui si
affronteranno, entrambi ben determinati a vincere. Ad Aslan brucia essere stato
sconfitto nel torneo e aver perso l’occasione di conquistare il titolo, per
cui cerca una rivincita. Nando preferirebbe evitare di farsi fottere: non gli
è mai capitato e non ha voglia di fare l’esperienza. Ora ognuno dei due conosce l’avversario e la
lotta è lunga e senza esclusione di colpi. I corpi si coprono di una patina
di sudore che li fa luccicare alla luce delle lampade e rende più difficile
bloccare l’avversario. Nando e Aslan si scagliano uno contro l’altro, si
avvinghiano, cadono a terra, si bloccano, si liberano, si rialzano e
riprendono. La lotta si prolunga, entrambi ansimano, ma non intendono cedere.
Il pubblico è entusiasta e incoraggia i due avversari: sia Nando, in quanto
vincitore del torneo, sia Aslan, che è ben noto a chi frequenta il bordello,
hanno i loro estimatori. Infine Aslan e Nando rotolano a terra avvinghiati
e Nando passa il braccio intorno al collo dell’azero. Stringe con forza e
Aslan si rende conto di aver nuovamente perso. È costretto ad arrendersi. Il pubblico esplode in un boato: acclamazioni per
Nando, battute e qualche insulto per Aslan. Nando è in piedi. Respira a fondo, mentre rivoli
di sudore scorrono nel pelame rigoglioso che gli ricopre il petto e il
ventre. Si passa il dorso di una mano sul viso per detergere il sudore. Aslan
si solleva. Non si alza: sa che cosa deve fare, per cui si mette in ginocchio
davanti al vincitore. Apre la bocca e accoglie il cazzo di Nando, che già non
è più a riposo. Non è la prima volta che succhia un cazzo: ci sono alcuni
clienti che lo richiedono, ma sono in realtà pochissimi. Aslan si mette al
lavoro. A Nando viene duro molto in fretta. Il pubblico incoraggia Aslan ed
esprime rumorosamente il suo apprezzamento per la magnifica attrezzatura di
Nando. Quando il cazzo è ben duro, Aslan si mette a
quattro zampe. Spera che Nando non entri con violenza, perché quella che il
cristiano ha tra le gambe è davvero un’arma letale. Zeyd è eccitato come di rado gli è capitato nella
vita. Si chiede come Aslan riuscirà a reggere l’arma formidabile di Nando. Nando sputa sull’apertura. Il cazzo è già stato
inumidito da Aslan, per cui avvicina la cappella al buco e spinge,
lentamente. Aslan grugnisce, il pubblico in delirio prende in giro Aslan e
incoraggia Nando. Il siciliano spinge ben dentro, poi si ritrae e
dà inizio a una lenta cavalcata: non ha fretta e vuole godere questo culo
sodo, che non molti devono aver preso prima di lui. Affonda e si ritira,
andando avanti a lungo, mentre gli spettatori esprimono il loro entusiasmo
con urla e apprezzamenti. Aslan non dice nulla. È grato a Nando di non
essere entrato brutalmente. Gli fa male, parecchio, ma è un dolore
tollerabile. Infine Nando viene. Zeyd si rende conto di essere
sul punto di venire. Ha bisogno di scopare, vorrebbe prendere Nando, ma qualche
cosa lo trattiene: con lui ha bisogno di parlare, di chiedere. Lo farà
un’altra volta, non ora che il desiderio è violento. Guarda Aslan, che si rialza. Nando lo ha appena
posseduto, l’azero ha ancora in culo il seme del cristiano. Zeyd decide di
prendere Aslan, anche se pagare per lui significa trovarsi in ristrettezze:
il salario che riceve gli basta appena per vivere. Non riflette sui motivi
della sua decisione, sul denaro che butta via, sui pasti che salterà per
questa scopata. Dice all’amico: - Fahad, voglio scopare con Aslan. Fahad annuisce, un po’ stupito da questo
improvviso bisogno: in fondo Aslan è da anni nel bordello e Zeyd non si è mai
dimostrato interessato. Non può capire che a destare il desiderio è stato
Nando. Sa che Zeyd è povero e che pagando un prostituto, si ritroverà a dover
fare ancora più attenzione a ciò che spende. Avrebbe voluto lottare con lui
ed essere posseduto, perché prendendolo Zeyd gli ha trasmesso sensazioni
fortissime, ma non dice nulla. Mentre la folla osanna Nando, Zeyd raggiunge
Abdallah e gli dice: - Voglio lo sconfitto, Aslan. Intendo prenderlo. Abdallah è un po’ stupito dall’irruenza di Zeyd,
ma annuisce. I clienti che scelgono maschi come Aslan lo fanno di solito per
essere posseduti, ma ci sono alcune eccezioni. Zeyd è un maschio vigoroso e
potrebbe davvero voler inculare Aslan. Abdallah sospetta che invece voglia
farsi prendere, ma preferisca non dirlo, come spesso succede. Poco gli
importa che Zeyd voglia fottere o essere fottuto: quello che conta è che paghi.
Mentre al centro della sala Nando sorride al
pubblico che lo acclama, Abdallah fa un cenno con la mano ad Aslan, che si
avvicina. - Zeyd ti vuole. Dice che intende prenderti. Aslan fa una smorfia. Il culo gli fa male,
parecchio. Spera che Zeyd abbia mentito e che intenda farsi fottere e non
incularlo. Abdallah fa cenno a Zeyd di seguirlo ed esce
dalla stanza. Nel corridoio riscuote la somma pattuita e poi lascia che Aslan
porti Zeyd in una delle camere. Aslan è tutto sudato e tra le natiche ha un po’
del seme di Nando. Chiede: - Vuoi che mi lavi? Zeyd scuote la testa, mentre si spoglia. - No, va bene così. Mettiti a quattro zampe,
com’eri prima. Aslan si morde il labbro, ma non dice nulla. Obbedisce.
Volta la testa a guardare Zeyd, che si sta spogliando in fretta. Quando gli
vede il cazzo, grosso e duro come una roccia, mormora, pianissimo: - Merda! Zeyd osserva il culo di Aslan. Poggia le mani
sulle natiche e le divarica leggermente. C’è dello sborro lungo il solco e
quando Zeyd fa pressione, dal buco ne cola ancora un po’. È il seme di Nando.
Zeyd ha l’impressione di essere preso da una vertigine. Avvicina il cazzo al
solco, raccoglie con la cappella le gocce biancastre, le guarda, confuso, poi
fa risalire la punta fino al buco. Preme ed entra deciso, facendo sussultare
Aslan. Non voleva fargli male, è abituato a muoversi con una certa cautela,
ma questa sera il desiderio è troppo impetuoso. Non è in grado di
controllarsi. Fotte Aslan con energia, pensando che poco fa era
Nando a prenderlo. Le sue mani stringono il culo forte dell’azero, poi
scivolano sulla carne sudata, mentre il desiderio imprime al suo movimento un
ritmo violento. Aslan chiude gli occhi: non è mai stato scopato
come oggi. Tra Nando e Zeyd, non sa chi sia peggio. Desidera solo che
finisca. Zeyd conclude, versando nel culo di Aslan il
proprio seme, e si ritrae. Guarda l’apertura dilatata, le gocce che colano.
Il suo sborro e quello di Nando, che ha anche sul cazzo. Chiude gli occhi, li
riapre, guarda ancora. Avvicina l’indice della destra al solco, lo fa
scorrere, raccogliendo il seme, poi infila il dito in culo ad Aslan, che
sussulta ancora. Non sa perché lo fa, gli sembra di essere ubriaco. Ritira il dito, lo guarda, osserva ancora altre
gocce che escono. Si pulisce e si riveste. Esce, ma non torna nella sua
stanza. Abdallah avrebbe voluto assistere alla scopata di
Zeyd e Aslan, ma ha dovuto occuparsi dei clienti. Gli spettatori che hanno
seguito l’incontro chiedono qual è il prezzo per Nando. Abdallah chiede una
cifra alta per il suo fuoriclasse. Alcuni si lamentano che è troppo, ma altri
sono disposti a pagare e vorrebbero consumare subito. Abdallah ne approfitta
per organizzare una piccola asta. Così anche Nando si apparta con il cliente
che ha offerto di più. Abdallah gestisce gli altri clienti, raccoglie
alcune prenotazioni e poi si congeda, mentre il pubblico defluisce. Sale al piano superiore e spia nella camera dove
Nando è occupato con il cliente, un ricco possidente terriero della Ghuta.
Come Abdallah sospettava, il cliente sta gustando il cazzo del cristiano: lo
lavora con la lingua, come fosse un dolce da leccare e succhiare. Abdallah è curioso di sapere che cosa combinano
Aslan e Zeyd, ma per il momento è più importante controllare Nando: è la
prima volta che scopa con un cliente e vuole essere sicuro che tutto funzioni
come deve. Oltretutto il cristiano ha da poco scopato con Aslan e Abdallah ha
paura che non abbia le energie necessarie per fare un bis: non conosce ancora
il nuovo acquisto. In realtà l’incontro di lotta ha destato il desiderio di
Nando e fottere Aslan non è stato sufficiente per saziarlo: scopa volentieri
una seconda volta. Nando ha chiesto a Majid, il cliente, se voleva
che si lavasse, ma l’uomo gli ha detto di no: gli piacciono gli odori e i
sapori forti. Ora Majid gli sta leccando il cazzo, passando la
lingua dai coglioni alla cappella, poi lo avvolge con le labbra e incomincia
a succhiarlo. Il cazzo riprende in fretta consistenza e volume e si erge,
maestoso e inquietante. Majid lo guarda, affascinato. Sorride e si stende
sulla schiena sui cuscini. Solleva le gambe. Nando si mette i piedi del cliente sulle spalle,
poi gli inumidisce l’apertura con un po’ di saliva e preme con la cappella,
spingendo lentamente dentro il cazzo. Abdallah sorride, soddisfatto. Questo stallone
gli darà un buon guadagno. Quando Nando ha concluso, Zeyd è già andato via.
Abdallah parla con Aslan: - Ti ha preso o si è fatto inculare? - Mi ha preso, padrone. Cazzo! Dopo il cristiano,
pure lui. - So che è ben dotato e ci sa fare. - Due così in una serata non è possibile. Il culo
mi fa un male bestiale. Spero solo che nessun altro voglia fottermi questa
sera. Abdallah ride e scuote la testa. Non è frequente
che maschi come Aslan vengano richiesti da qualcuno che vuole prenderli. Di
solito i clienti vogliono farsi possedere da loro. Zeyd vaga per la città, disorientato, confuso. E il
pensiero ritorna in continuazione a Nando che fotte Aslan. Camminando cerca di chiarirsi le idee. Deve
parlare con il cristiano. Avrebbe dovuto chiedere di lui, non di Aslan, ma
non se l’è sentita. Ha agito d’impulso, senza riflettere, spinto da un bisogno
violento, e ha buttato via quelle poche monete che aveva. Se decidesse di
chiedere del cristiano, non avrebbe il denaro necessario per pagarlo.
Potrebbe spiegare ad Abdallah che vuole solo parlargli, forse il magnaccia
gli concederebbe un colloquio, perché non dovrebbe farlo? Ma che cosa
potrebbe dire a questo Nando? Non è certo l’uomo che era al fianco del Cane
dagli occhi azzurri. Potrebbe chiedergli se è parente di Ferdinando
dell’Arram. Ma che importanza ha? Eppure vuole vederlo, vuole parlargli. Forse
vuole scopare con lui. Sì, certamente vuole scopare con lui, vuole prenderlo.
Perché non ha chiesto di lui? Che cosa lo ha bloccato? Il ricordo di suo
padre, Baahir? O il pensiero di Ferdinando da Siracusa? Zeyd non lo sa. Ritorna nella sua stanza molto tardi. Il mattino
dopo ritrova Fahad. - Com’è andata, ieri sera? - Con Aslan? Bene. Zeyd non ha voglia di parlarne: sa che non
riuscirebbe a spiegare ciò che non è chiaro neppure per lui. Devia perciò
l’argomento. - Quando riprendiamo le nostre lezioni di lotta? - Per me va bene oggi stesso. Ho voglia di
imparare cose nuove. Il sorriso di Fahad è malizioso. Zeyd raccoglie
la provocazione e dice: - Credo di potertene insegnare alcune. In serata si dedicano di nuovo alla lotta. Fahad
impara alcune prese a terra e per la prima volta nella sua vita prende in
bocca un cazzo. Nando è molto richiesto e Abdallah scopre che è
in grado di soddisfare tre clienti al giorno, anche più se non lo fanno
venire ogni volta. I clienti che chiedono di Nando non sono certo gli stessi
che chiedono di Rodrigo, a parte pochi, che non si negano niente. Nando ha diverse occasioni di vedere Rodrigo,
anche se i maschi adulti stanno in un’altra ala del palazzo rispetto ai
ragazzi. Il giovane è davvero bello e a Nando piacerebbe fotterlo, ma sono
pochi i maschi che Nando non fotterebbe volentieri. Comunque scopa già a
sufficienza, senza sentire il bisogno di cercare qualcun altro. Al bagno pubblico, dove si recano ogni settimana,
Nando scambia due parole con il giovane, ma questi sembra del tutto apatico,
per cui il siciliano rinuncia a insistere. Un mattino sul tardi, quando Abdallah si è alzato
da poco, il portiere gli comunica che Zeyd ibn Baahir vuole parlargli.
Abdallah è un po’ stupito che l’ufficiale si presenti a un’ora in cui il
bordello non è ancora aperto. Che voglia di nuovo Aslan? Oppure viene in
forma ufficiale? Questa seconda ipotesi ad Abdallah non farebbe piacere,
anche se è meglio Zeyd, che è un uomo sensato e d’animo buono, piuttosto che
certi fanatici. - Felice di vederti, Zeyd ibn Baahir. In che cosa
posso servirti? Non siamo ancora aperti, ma per te posso fare un’eccezione. Zeyd fa un cenno di ringraziamento e risponde: - Ti ringrazio, ma non sono venuto per utilizzare
i servizi che offri. Devo parlare al cristiano, quel Nando che ha vinto il
torneo di lotta, per porgli alcune domande. La faccenda non piace per niente ad Abdallah. Non
sa nulla del cristiano, perché non ha pensato di chiedere informazioni su di
lui quando gliel’hanno venduto: dopo le vittorie del grande Salah ad-Din, in
tutta la Siria ci sono schiavi cristiani in vendita. Ma se Nando avesse
combinato qualche cosa di grave, potrebbero portarlo via. Abdallah ha già
recuperato quanto ha speso per comprarlo, grazie all’incontro di lotta e ai
primi clienti, ma conta di guadagnare molto di più. - Certamente, lo faccio chiamare subito. Poi, sulla porta, chiede, con simulata
indifferenza: - C’è qualche problema? Zeyd non intende rivelare i veri motivi della sua
richiesta. Preferisce lasciar credere ad Abdallah che viene su ordine del
comandante della guarnigione. Non lo dice esplicitamente, in modo che nessuno
possa rimproverargli niente. È difficile che Abdallah o Nando ne parlino ad
altri, ma se si sapesse che è venuto a interrogare Nando, potrebbe sempre dire
una mezza verità: voleva saperne di più su questo cristiano, che potrebbe
essere uno dei briganti di Qasr al-Hashim. Si limita a dire: - Questo potrò dirtelo solo dopo averlo
interrogato. Abdallah annuisce. - Certamente, lo faccio chiamare, ma ti avviso
che conosce poco l’arabo. Posso chiamare uno schiavo che parla la lingua dei
franchi. - Non occorre. Me la cavo con la loro lingua. In effetti Zeyd ha imparato abbastanza, nel
periodo in cui studiava con lo zio, uno studioso che conosceva l’arabo, il
curdo, il farsi, il turco e la lingua dei franchi. A Zeyd le altre lingue non
interessavano: malgrado avesse molta facilità ad apprendere e già conoscesse
un po’ di curdo e turco, perché tra gli uomini di suo padre vi erano curdi e
turchi, si era rivelato molto pigro. Per lui imparare le lingue significava
stare a contatto con chi le parlava e cercare di intendersi, non studiare
regole e fare esercizi. Ma voleva imparare la lingua degli uomini che avevano
catturato suo padre e per questo era disposto a ogni sforzo. Perché lo
volesse, non avrebbe saputo dirlo: forse sperava di salvare suo padre o,
quando la notizia della sua morte era arrivata, di vendicarlo. Lo zio lo
aveva incoraggiato, illudendosi che imparare questa lingua ostica lo avrebbe
stimolato ad apprendere le altre e gli avrebbe insegnato la disciplina nello
studio: calcolo del tutto errato, ma Zeyd aveva imparato abbastanza per
capire e farsi capire e negli anni successivi aveva avuto modo di esercitare questa
conoscenza ogni volta che c’era da interrogare un prigioniero o raccogliere
informazioni da una spia. Abdallah è preoccupato. Vorrebbe potere almeno
seguire il colloquio, ma solo alcune delle camere hanno aperture che
permettono a chi sta fuori di spiare ciò che succede all’interno e Zeyd
parlerà con Nando in uno dei salottini, non nelle camere, visto che non ha
chiesto un rapporto. Abdallah chiama Nando, che ancora dorme, e lo fa
entrare in una delle stanze a piano terra, usate come salotti per conversazioni
d’affari o d’altro genere. - C’è un ufficiale che ti vuole parlare. Mi
raccomando: sii prudente. Ricordati che potrebbe arrestarti. Bada a quel che
dici. Nando annuisce. Ora è preoccupato anche lui. Bel
risveglio del cazzo! Stava sognando lo zio e ce l’aveva duro e ora è qui, nel
salottino, senza avere avuto il tempo neanche di lavarsi la faccia, con il
cazzo che non ha ancora abbassato completamente la testa, e deve parlare con
uno che potrebbe arrestarlo. E magari farlo finire sul palo. Merda! Un servitore fa entrare Zeyd nella stanza. Nando
l’ha già visto, la sera in cui ha battuto Aslan. E anche durante il torneo.
L’ha notato, perché è un bell’uomo. Quando si è avvicinato ad Abdallah
l’altra sera, ha sperato che chiedesse di lui, ma ha scelto Aslan. Pare che
sia molto ben dotato anche lui. Così almeno dice Aslan. Zeyd si rivolge ad Abdallah, che ha accompagnato
Nando: - Che nessuno ci disturbi. Non so per quanto ne
avremo. Abdallah si inchina. - Certamente. Nessuno verrà a disturbare. Zeyd ha deciso di dare un tono ufficiale alla
conversazione. Pensa che intimorendo un po’ Nando, senza esagerare, potrà
ottenere più facilmente che collabori. Gli fa cenno di sedersi sui cuscini e
dice: - Devo chiederti alcune cose. Voglio che tu mi
dica la verità. Se scoprissi che mi hai mentito, sarebbero guai grossi per
te. Se sarai sincero, non hai nulla da temere. - Ti dirò la verità. È una promessa che Nando intende mantenere solo
nella misura in cui non comporta troppi rischi: ci tiene alla pelle. - Chi sei e da dove vieni? - Mi chiamo Nando, mio padre si chiama Giacomo e
vengo da Siracusa, in Sicilia. - Quando sei arrivato qui? Prima domanda pericolosa. E prima menzogna. - Circa tre mesi fa. - Come sei stato catturato? Nando racconta la storia che si è inventato, a
partire da diversi elementi reali: - Sono venuto qui a cercare mio zio, che viveva
in queste terre. Non è stato facile arrivarci, con la guerra in corso. Quando
infine ho raggiunto il posto che mi avevano indicato, ho scoperto che da tempo
non abitava più lì. Ho girato un po’ alla sua ricerca, ma mi hanno catturato
mentre dormivo, senza che avessi fatto niente di male. - Tuo zio è Ferdinando da Siracusa, vero? Nando non si aspettava una domanda così diretta.
Negare non avrebbe senso. - Sì. - E tu ti sei unito a lui, che adesso è un
brigante, fino a che non ti hanno catturato. Sei anche tu un brigante. Non è una domanda, ma Nando sa che deve negare. - No, non l’ho trovato. - Stai mentendo. Non credo che tu sia arrivato
solo tre mesi fa. Di certo non avresti potuto aggirarti a lungo nei nostri
territori senza essere scoperto. Stavi a Qasr al-Hashim, Jibrin lo chiamate
voi, con tuo zio e gli altri briganti. Nando non sa che dire. Spera di non finire sul
palo. - Non è vero. Zeyd fa un gesto con la mano, come a scacciare
una mosca importuna. - Lascia perdere. Possiamo fare un patto, io e
te. Nando vede una via d‘uscita e vi si aggrappa. - Dimmi. - Tu mi racconti la verità, senza nascondere
niente, e io prometto di non arrestarti come brigante. Zeyd non ha intenzione di arrestare Nando, ma
conta che la minaccia faccia il suo effetto. Nando esita. Potrebbe sostenere
di aver detto la verità, ma la sua versione non reggerebbe a un qualsiasi
controllo: dovrebbe trincerarsi dietro una serie di “Non so”, “Non ricordo”,
che non convincerebbero nessuno. - Va bene. - Quando sei arrivato qui? Nando respira a fondo e risponde: - Un anno e mezzo fa. - E poi? - Ho raggiunto mio zio, che stava per lasciare
l’Arram. - E ti sei stabilito a Qasr al-Hashim con lui. - Sì. - E quel giorno perché non eri al castello? - Ero andato a caccia. Zeyd annuisce. È tutto esattamente come aveva
pensato. Non sa se è vero che il giorno della cattura Nando avesse lasciato il
castello per una partita di caccia o per altri motivi, ma non ha importanza.
E ora? Ha ottenuto le informazioni che voleva. A che cosa gli servono? A
niente. Guarda quest’uomo forte che ha davanti a sé,
senza dire nulla. Nando non sa che cosa pensare. Zeyd ha capito che
lui ha detto la verità. Perché ora tace? La richiesta arriva improvvisa e lo
spiazza: - Parlami di tuo zio. - Mio zio Ferdinando… È alto, come me ed è molto
forte. Mi assomiglia. - Sì, ti assomiglia molto, lo so. Lo vidi molto
tempo fa ed era come tu sei ora. Com’è lui, adesso? - È più massiccio di me, ha perso molti capelli e
quelli che ha sono grigi, come la barba. - Dicono che fosse forte come un toro e
insaziabile nel fottere. Nando pensa a quando ha preso lo zio e si accorge
che il cazzo gli si sta tendendo. Merda! - Sì, è un uomo fortissimo e gli piace fottere, è
vero. - Lotta anche come te? - No, non è esperto nella lotta. E di nuovo il pensiero va alla sera in cui si
sono affrontati, al momento in cui ha ceduto al desiderio e ha inculato lo
zio. Il cazzo è rigido e tende i pantaloni. Impossibile che l’ufficiale non
lo noti e infatti ora sta fissando il rigonfio. Merda! Zeyd è a disagio ora. Vedere che Nando è eccitato
gli sta facendo lo stesso effetto. Cerca di non pensarci. - Tu sei molto bravo nella lotta. - Grazie. - Anch’io amo lottare. Partecipavo ai tornei qui
a Damasco e ho vinto due volte, ma il nostro sovrano, il glorioso Salah
ad-Din, ritiene indegno per un ufficiale lottare davanti a un pubblico. - Si può sempre fare in privato. Nando ha parlato senza riflettere. Poi sorride e
dice: - Anche in una stanza come questa. Ora è Zeyd a rimanere disorientato. È un invito?
Forse. Non avrebbe nessun senso accettarlo, ma ora anche il suo cazzo è teso. - Certo, si può fare ovunque. C’è un momento di silenzio, poi Zeyd chiede: - Tuo zio ti parlava del suo passato, qui in
Siria? - Mi ha raccontato alcune cose: battaglie,
tradimenti, la conquista di Rougegarde, diverse storie. - Ti ha mai parlato dei briganti che il Cane
dagli occhi azzurri sconfisse e sterminò? - Una volta mi ha accennato, ma non ne parla
volentieri. - Che cosa ti disse? - Che aveva combattuto con Denis, quando non era
ancora il signore di Rougegarde, contro i briganti. Solo quello. - Non ti raccontò che fu lui a impalare alcuni
dei capi? Nando non nasconde il suo stupore. - No, non ne sapevo niente. - Lo faceva personalmente. E gli piaceva. Nando ignorava questo dettaglio, ma non si
stupisce. Sa che allo zio piace uccidere. - Ti ha mai citato Baahir? Nando scuote la testa. - No, lui no. Ma credo di sapere chi era. Una
volta me ne parlò Adham. - Chi è Adham? - Un guerriero nubiano che vive al castello. - È il suo uomo? Di Ferdinando, intendo dire. Nando esita, poi si rende conto che non c’è
motivo per negare. - Sì. - Che cosa ti ha detto questo Adham? - Che Ferdinando aveva amato un brigante, Baahir
era il nome che mi disse, e che era stato il suo uomo per un breve periodo,
prima che lo uccidessero. Zeyd guarda Nando, senza dire nulla. La sua testa
si rifiuta di capire. Poi dice: - Non è possibile. Non lo conosceva quando venne
catturato. - Lo conobbe durante la prigionia. Si amarono. Ma
non so altro. Zeyd abbassa il capo. Non si aspettava questo.
Ferdinando e suo padre. Nando intuisce che quanto ha detto ha turbato
Zeyd. Spera di non aver fatto un errore e soprattutto che questo errori non
comporti un palo in culo. C’è un momento di silenzio. Nando osserva Zeyd,
che ha chinato il capo. È davvero un bell’uomo. Gli piacerebbe lottare con
lui. E non solo lottare. Zeyd si alza di scatto. - Tornerò a parlarti. Senza dire altro, esce dalla stanza. Uscendo
incrocia Abdallah. Gli dice: - Avrò ancora bisogno di parlare con lo schiavo
cristiano. - Quando vuoi. Sempre a tua disposizione. Abdallah raggiunge Nando, che si è alzato e
appare molto perplesso. - Che cosa voleva Zeyd ibn Baahir? - Voleva… hai detto ibn Baahir? Vuoi dire che… è
il figlio del brigante Baahir? - Sì, certo. Ma che cosa ti ha detto? Che cosa
voleva? Ora Nando capisce il motivo delle domande sui
briganti e Baahir e si chiede se l’aver parlato della relazione tra il
capobrigante e suo zio non gli costerà il palo. - Voleva sapere chi ero, da dove venivo. - E le tue risposte lo hanno soddisfatto? - Spero. Non ne sono così sicuro. Ha detto che
tornerà. - Sì, lo ha detto anche a me. Abdallah non ha nessuna intenzione di rinunciare
a Nando, che in questo momento è il prostituto che gli rende di più dopo
Rodrigo. Si chiede che cosa può fare per scongiurare il pericolo. - Ascoltami bene, Nando: cerca di non irritarlo,
in nessun modo. Abdallah ha avuto un’idea. Zeyd ha preso Aslan.
Se gli piacciono gli uomini forti, magari potrebbe piacergli Nando. Non sarà
per quello che è venuto a parlargli? - Forse… Abdallah si ferma. Pensa che la sera
dell’incontro di lotta Zeyd ha preso Aslan, non Nando. Ma magari non aveva
abbastanza soldi per Nando: Zeyd è povero, questo lo sanno tutti. Zeyd pare
essere molto onesto, così si dice, ma magari conta di fare paura a Nando per
ottenere che gli si conceda. Potrebbe essere… - Dimmi. Abdallah riflette ancora un attimo. Potrebbe
essere così o magari no. Potrebbe essere attratto da Nando e volerlo
conoscere meglio. Vatti a sapere. In ogni caso è bene non irritarlo. - Ascoltami bene, Nando. Non so che cosa voglia,
ma se vuole te, non fare nessuna resistenza. Non me ne fotte un cazzo che non
paghi, ma è mio interesse e tuo che tu non finisca con il palo in culo. Su questo Nando non può che essere d’accordo.
L’idea di essere inculato però lo mette a disagio: nessuno lo ha mai preso. - Intendi… - Intendo che se vuole mettertelo in culo, come
ha fatto con Aslan, va benissimo. Lasciaglielo fare e non ti preoccupare. E
se volesse farsi inculare lui, va ugualmente benissimo. Nando annuisce. Si è detto più volte che è meglio
un cazzo in culo che un palo, anche se l’idea non gli piace. Preferirebbe
metterlo lui in culo a Zeyd, che è davvero un bell’uomo. - Va bene. Zeyd raggiunge la sua stanza: tra poco incomincia
il suo turno di guardia, che coprirà tutto il pomeriggio e la sera, fino a
mezzanotte. Non c’è molto da fare: oggi è di ronda per le vie della città.
Mentre svolge i suoi compiti, il pensiero va in continuazione a quanto gli ha
detto Nando. Suo padre e Ferdinando erano amanti. Come è possibile? A stupire Zeyd non è il fatto che suo padre
avesse una relazione con un altro uomo. Già da bambino aveva intuito che suo
padre non si poneva limiti. Sapeva che aveva avuto diverse donne e che anche
alcuni dei suoi uomini si erano offerti a lui: la vita che conducevano non
lasciava molto spazio all’intimità e alla segretezza. A sorprendere Zeyd è il
fatto che Baahir avesse un legame con Ferdinando, un nemico, uno dei suoi
carcerieri. Un ricordo riemerge. Anni fa, indagando sulla
morte di suo padre, Zeyd ha scoperto che era morto subito prima che lo
giustiziassero. Questo dettaglio, che nessuno ha mai saputo chiarire, ora
sembra avere una spiegazione: forse fu Ferdinando ad aiutarlo a morire, per
sottrarlo al supplizio. L’indomani Zeyd è di turno buona parte del
giorno. In serata è libero e dà lezioni di lotta a Fahad. Dopo aver scopato,
rimangono distesi sui cuscini. - In questi giorni mi sembri molto pensieroso,
Zeyd. - Lo sono, Fahad. Ho parlato con lo schiavo
cristiano, quel Nando. È il nipote del bandito Ferdinando e mi ha raccontato
alcune cose di quando hanno catturato e ucciso mio padre. - Cose che non sapevi? - No. Fahad guarda l’amico, aspettando di saperne di
più, ma Zeyd non aggiunge altro. Allora osserva. - Quel Nando è un gran maschio. Zeyd lo guarda. Poi dice: - Sì, certo, lo è, abbiamo visto quando ha
fottuto Aslan. Cazzo, che roba! - Sì, un cazzo da cavallo, più grosso del tuo. Ma
non è solo il cazzo. Trasmette un’idea di forza, di virilità. - Si direbbe che ti piaccia. Fahad ride. - Che mi piaccia, no. Non è bello come te. Ma mi
attrae, parecchio. - Puoi sempre andare al bordello. - Mi sa che uno di questi giorni lo farò. Però… - Però? - Però credo che attragga anche te. Zeyd volta la testa a guardarlo. Poi guarda il
soffitto. - Sì, credo di sì. - Vorresti prenderlo… o vorresti farti prendere? Zeyd lo guarda di nuovo. - Nessuno mi ha mai preso, Fahad. Fahad sorride. - Non è una risposta, Zeyd. Zeyd torna a guardare il soffitto. - È vero, non è una risposta. Zeyd non ama mentire. Non vede chiaramente dentro
di sé. Rimane un momento pensieroso, poi dice: - Non tornerò a parlargli. Non ha senso. Nei giorni successivi Zeyd pensa spesso a Nando,
ma non torna al bordello: davvero non avrebbe senso. Non ha nulla da dirgli. Una settimana dopo però Hashim gli comunica che
deve partire con Salah ad-Din: il sovrano, che è nella capitale, conta di
fare una spedizione lungo la costa, dove i cristiani controllano ancora
alcune città. Non prevede di mettere sotto assedio qualche fortezza ancora in
mano ai franchi, ma di fare una dimostrazione di forza, in vista dell’arrivo
di truppe cristiane dall’Europa. A Zeyd non spiace tornare a combattere e lasciare
Damasco: si toglierà dalla testa il cristiano, una volta per tutte. Il giorno prima della partenza però Zeyd, cedendo
a un impulso improvviso, decide di tornare a parlare con Nando. Si ripresenta
al bordello, sempre di mattino. Anche questa volta Nando sta dormendo e
Abdallah lo fa chiamare. Fa accomodare Zeyd in un salottino, poi fa portare
da bere e qualche dolce e dice: - Vado a vedere se Nando è pronto: stava ancora
dormendo, per noi è presto, ma tu sei sempre benvenuto, Zeyd ibn Baahir.
Nessuno vi disturberà. Nando sta scendendo. Abdallah si limita a dirgli: - Quello che vuole, tutto quello che vuole.
Chiaro? Nando annuisce. Zeyd si è già pentito di essere venuto. Che senso
ha? Che ci fa qui? Vuole altre notizie su suo padre? Su Baahir Nando non può
sapere nulla più di quello che ha già detto: non l’ha mai conosciuto. Vuole
sapere qualche cosa in più su Ferdinando? Dovrebbe poter parlare con lui per
capire, non con il nipote. E allora? Zeyd sa benissimo di essere venuto
perché ha voglia di rivedere Nando, ma è assurdo. Zeyd vorrebbe andarsene, ma si renderebbe
ridicolo. Si limiterà a dire a Nando che è di partenza e che non deve temere
nulla da parte sua. Nando entra. Zeyd lo guarda. Sì, quest’uomo lo
attrae, molto. - Buon mattino, Zeyd ibn Baahir. - Buon mattino, Nando. Siediti. Nando si siede. Zeyd dice quanto ha deciso: - Sono venuto a parlarti un momento ora perché
sono di partenza. Volevo solo dirti che da parte mia non hai nulla da temere.
Ciò che mi hai detto rimarrà tra noi, come ti avevo promesso. - Grazie. - Spero che nessuno abbia dei sospetti. Qualcuno
vedendoti potrebbe capire che sei parente di Ferdinando. Assomigli moltissimo
a tuo zio. - Lo so. L’ufficiale non sembra intenzionato a dire o fare
altro. Nando si dice che è meglio così. Quest’uomo è bello e gli piace, ma
Nando non ha nessuna voglia di prenderselo in culo. Zeyd si alza. A Nando sfugge: - Te ne vai già? Ha parlato senza pensare ed è già pentito di
quello che ha detto, ma ormai è tardi. Zeyd si ferma, disorientato. Non ha
voglia di andarsene. O forse sì, per sfuggire a qualche cosa che preme
dentro. Ma il desiderio di rimanere è più forte. - Sono venuto solo per dirti che parto e che non
hai nulla da temere da parte mia. Nando si alza. E di nuovo parla senza riflettere: - Mi piacerebbe misurarmi con te. - Misurarti? Vuoi dire… - Un incontro di lotta. Mi hai detto che hai
vinto due volte il torneo qui a Damasco e anch’io l’ho vinto. Mi dicono che
sei un lottatore fortissimo. Zeyd fissa Nando, in silenzio. Ha la sensazione
di essere sull’orlo di un abisso. Dovrebbe andarsene, ma non accetta l’idea
di fuggire e una parte di lui vuole calarsi in questo baratro. Annuisce. - Va bene. Non sorride, non dice che vuole vedere quanto
Nando è forte, non finge di credere che sarà un incontro come un altro. Sa
che non lo sarà. Nando invece sorride. Con pochi gesti sicuri si
toglie la tunica e i pantaloni e rimane nudo davanti a Zeyd. - Meglio senza abiti. Zeyd annuisce e si spoglia, senza perdere di
vista un attimo Nando. Lo ha già visto nudo nel combattimento con Aslan, lo
ha visto fottere lo sconfitto, ma non riesce a distogliere lo sguardo da
questo gigante, dalle spalle larghe, dalla peluria fitta sul petto e sul
ventre, dal grosso cazzo. Non sarà facile avere la meglio su di lui. Ora sono entrambi nudi. In Nando il desiderio si
desta subito: Zeyd è un bel maschio e Nando vorrebbe prenderlo. Zeyd fissa il cazzo di Nando che si tende. A
fatica distoglie lo sguardo e dice: - Incominciamo. Zeyd si concentra nella lotta, sforzandosi di
ignorare il desiderio che cresce in lui. Ha visto Nando lottare più volte al
torneo e poi una volta al bordello. Essendo esperto nella lotta, ha capito
come si muove e quali sono i suoi punti di forza e i suoi punti deboli. Sa di
avere davanti un avversario formidabile, più robusto, ma meno agile nei
movimenti. Nando non ha mai avuto occasione di vedere come combatte Zeyd e
questo dà all’ufficiale un vantaggio. Si studiano a lungo, si provocano con finte,
avanzano e si ritirano. Zeyd rimane sulla difensiva e Nando attacca. Cerca di
afferrare due volte l’avversario, ma Zeyd si sottrae e la terza volta lo fa
cadere sui tappeti. Nando si rialza prima che Zeyd riesca a bloccarlo e si
lancia su di lui. Si stringono, cercando di mandarsi a terra, si staccano, si
avvinghiano di nuovo, rotolano sul pavimento, lottano stretti, si sciolgono e
si rialzano. I loro corpi si coprono da una patina di sudore, che rende più
difficile afferrare l’avversario. I loro cazzi sono tesi allo spasimo. Nando stringe Zeyd, per sollevarlo e lanciarlo a
terra, ma Zeyd resiste e lo forza a lasciare la presa. Gli prende un braccio
e riesce a portarglielo dietro la schiena, ma Nando gira su se stesso e si
libera. Nando si lancia su Zeyd, le loro braccia si
incrociano, le mani dell’uno stringono quelle dell’altro, per impedirgli di
afferrare. Si fissano, silenziosi. Finiscono a terra, ansimanti, Zeyd sotto,
Nando sopra, le loro mani intrecciate, le braccia distese in fuori, gli
sguardi intrecciati. I loro corpi aderiscono l’uno all’altro, i loro cazzi si
toccano. Nando sente il cazzo di Zeyd teso a fianco del suo. Muove lentamente
il culo, sfregando il cazzo contro quello di Zeyd, mentre lo guarda negli
occhi. Sanno tutti e due che non è più una lotta, anche se le mani si
stringono con forza. Nando sente l’ondata del piacere investirlo e grugnisce,
forte. Zeyd geme. I due corpi vibrano dello stesso piacere e il seme dell’uno
si mescola a quello dell’altro. La lotta cessa, le mani stringono ancora, ma non
esercitano più nessuna forza. Nando chiude gli occhi. Anche Zeyd lo fa.
Aspettano entrambi che il respiro diventi meno affannoso. Nando si stacca e scivola di lato. Dopo un
momento di silenzio, dice: - Sei fortissimo, Zeyd. Non ho mai incontrato uno
come te. - Posso dire lo stesso, Nando. Nando guarda il soffitto, poi volta la testa
verso Zeyd, muove il braccio e appoggia la mano sul cazzo dell’ufficiale: un
gesto che al castello di Jibrin gli uomini facevano spesso, prima o dopo una
scopata. - Mi piaci molto, Zeyd. Mi piaci moltissimo. Zeyd lo guarda e annuisce. Anche lui muove un
braccio e posa la mano sul cazzo di Nando. Per lui non è un gesto abituale. - Anche tu mi piaci molto, Nando. Nando è contento. Gli è piaciuto lottare,
stringere il corpo di Zeyd gli ha trasmesso emozioni molto forti ed è stato
bello venire così. Vorrebbe farlo ancora, soprattutto gli piacerebbe prendere
questo bel maschio. La sua mano stuzzica il cazzo su cui si è posata e che
nuovamente si tende. Zeyd si chiede che cosa prova davvero per
quest’uomo steso accanto a lui. Anche la sua mano giocherella con il cazzo
del cristiano e lo sente irrigidirsi e crescere in fetta di volume. È Nando a parlare: - Aslan mi ha detto che una volta hai scopato con
tre ragazzi, qui al bordello. - Sì, era una scommessa fatti dai nostri amici,
gli altri ufficiali. Una stupidaggine, ma non potevo tirarmi indietro. A Zeyd sembra che quei giorni siano lontanissimi.
Ha l’impressione di essere entrato in un altro paese, in un altro tempo. Ma
domani mattina partirà. Prima di venire al bordello era contento di partire,
di togliersi dalla testa i pensieri di questi ultimi giorni. Adesso non
vorrebbe allontanarsi. Rimangono in silenzio. Le loro mani accarezzano,
stringono, solleticano. Ora hanno tutti e due il cazzo duro. - Sei mai stato preso, Zeyd? Nando si rende conto che alla domanda Zeyd si è
irrigidito. - Io no. E tu? - Neppure, anche se qui potrebbe succedere. Il
padrone mi ha detto… Nando si ferma. Stava per dire a Nando che
Abdallah gli ha ordinato di concedersi, se Zeyd lo desidera. Sarebbe stato
quasi un invito a incularlo. - Che cosa ti ha detto? Nando risponde facendo riferimento a un discorso
fatto da Abdallah poco dopo il suo arrivo nel bordello, non a ciò che gli ha
detto in mattinata. - Che se un cliente lo vuole, dovrò farlo. Non ne
ho voglia, ma mi dico sempre che in culo è meglio avere un cazzo che un palo,
no? Nando ride. Zeyd annuisce. - Sì, credo anch’io, anche se… - Se…? - Non lo so. Un amico mi si è offerto. Anche dei
soldati lo hanno fatto, ma loro di solito erano esperti. Il mio amico no,
credo che fosse la prima volta per lui. - Forse è innamorato di te. Forse se ami puoi
offrirti. - No, non credo che sia innamorato, no, direi di
no. Gli voglio bene e lui mi vuole bene, ma siamo solo amici. Era curioso di
provare. E gli è piaciuto, perché mi ha chiesto di farlo ancora. C’è di nuovo un momento di silenzio, poi Zeyd
guarda Nando, sorride e dice: - E ora che me lo hai fatto diventare duro, che
intendi fare? - Anche tu me l’hai fatto diventare duro. Potrei farti
la stessa domanda. - Ma hai incominciato tu e la domanda te l’ho
fatta prima io. - Quello che mi piacerebbe fare, tu l’hai capito,
ma io ho capito che non sei d’accordo, per cui non te lo dico neanche. Zeyd scuote la testa. - No, credo di no. Zeyd si chiede se è vero e la domanda stessa lo
sorprende. Guarda Nando e dice: - E tu lo saresti? Nando esita. Poi dice: - Preferirei di no. Poi pensa che un giorno o l’altro capiterà che un
cliente lo chiederà. Magari sarà un uomo che non gli piace, per niente.
Sarebbe meglio che fosse Zeyd a farlo per primo. Con lui sarebbe un’altra
cosa. - E allora? Che cosa proponi? Nando guarda Zeyd. Poi si gira e si sposta,
finché il suo viso sfiora quello dell’ufficiale. Lo bacia sulla bocca. Zeyd è
stato baciato qualche volta da un ragazzo, mai da un uomo. Non risponde al
bacio, ma quando Nando si stacca e ritorna a stendersi sulla schiena, gli
spiace. Nando si chiede che senso ha tutto questo. Forse
nessuno. Zeyd sta per partire. Va in guerra. Magari sarà ucciso. E allora
Nando si solleva, sistema alcuni cuscini e vi si mette sopra, offrendo il
culo. Zeyd lo guarda, perplesso. - Mi hai detto che preferiresti di no. - Ho cambiato idea. - Sei sicuro? - Sì, lo sono. Zeyd si solleva e passa dietro Nando. Ha un bel
culo, Nando, forte, ricoperto da un pelame scuro. Zeyd accarezza le natiche,
poi le afferra e guarda l’apertura che gli si offre. Pensa a quando ha preso
Aslan, al seme di Nando che colava dal culo dell’azero. Con un dito accarezza
l’anello di carne. Poi si sputa nella mano e inumidisce bene la cappella. Il
desiderio preme, ma Zeyd versa ancora un po' di saliva e la sparge attorno
all’apertura, poi spinge un dito bagnato dentro. Nando chiude gli occhi. Tra poco sentirà in culo
il cazzo di Zeyd. Gli farà un male bestiale, perché l’ufficiale è ben dotato
e lui non se l’è mai preso in culo. Ma si è offerto, liberamente, e una parte
di lui vuole sentire il formidabile sperone infilzarlo. Pensa allo zio,
quando lo ha inculato. Spera che Zeyd goda come ha goduto lui, allora. Zeyd avvicina la cappella e spinge, piano. Sente
la carne cedere, a fatica. Arretra e poi preme di nuovo. Ripete il movimento
tre volte, poi inumidisce di nuovo la cappella e avanza, con molta lentezza,
ma senza fermarsi. Il cazzo forza l’apertura e affonda nel culo. A Nando
sfugge un: - Merda! Zeyd gli accarezza il capo e dice: - Vuoi che esca? - No, procedi. Zeyd spinge ancora, fino a che il cazzo non è
tutto dentro e i coglioni battono contro il culo dello schiavo cristiano. È
una sensazione violenta, bellissima. Zeyd incomincia a muovere il culo avanti
e indietro, affondando bene il cazzo e poi ritraendolo. Le sue mani
accarezzano il corpo di Nando, scivolano sulle spalle, sui fianchi, passano
sotto e stringono il cazzo, ancora duro, e i coglioni, in un gesto che
vorrebbe essere una carezza, ma è una presa di possesso brutale. Nando sta sudando. Il dolore è forte e digrigna i
denti. Ogni tanto ripete l’esclamazione che ha fatto quando Zeyd è entrato in
lui. Eppure, nonostante il male al culo, c’è in lui un piacere forte, che si
mescola alla sofferenza, ne ricava linfa e a sua volta l’alimenta. È una
sensazione del tutto nuova, che non ha mai provato, questo dolore bestiale e
questo piacere intenso, fusi insieme, che si esaltano. Zeyd va avanti a fottere e perde ogni contatto
con la realtà. Tutto svanisce in una nebbia indistinta: i pensieri di queste
giornate, la prossima partenza. Esiste soltanto il momento presente. Sta
fottendo Nando ed è un piacere intensissimo. Infine il piacere dilaga, il seme si rovescia e
Zeyd si abbandona sul corpo di Nando. Chiude gli occhi. Nando sente il cazzo che ha in culo perdere
consistenza e volume. Ora la presenza non è più fastidiosa, ma il culo gli fa
male. Zeyd lo accarezza. È bello sentire la sua mano
scorrere sulla pelle, le sue dita scivolare tra i capelli, la sua bocca
baciarlo sul collo. - Ti ho fatto male, Nando? - Sì, parecchio. Ma va bene così. - Mi dispiace. Non avrei voluto farti male… ma è
stato bellissimo. - Ne sono contento, davvero. Era quello che
volevo. Zeyd lo bacia ancora sulla bocca, poi si alza.
Anche Nando si alza. Sono uno di fronte all’altro, il cazzo di Nando teso
verso l’alto, quello di Zeyd a riposo, ma ancora gonfio di sangue. Si
guardano negli occhi. Zeyd si mette al posto di Nando. Non ha riflettuto, non
l’ha deciso coscientemente. Nando lo guarda, stupefatto. Il desiderio è
violento. Si inginocchia e gli accarezza il culo. - Sei sicuro di volerlo? In Zeyd si agitano pensieri contrastanti. Una
parte di lui vorrebbe sottrarsi, ma ha deciso di offrirsi e mantiene la sua
decisione. - Sì, prendimi, Nando. Nando inumidisce la cappella e l’apertura. Sa che
farà male a Zeyd, parecchio, ma forse anche per lui il dolore sarà parte del
piacere. Desidera prendere questo culo che nessuno ha mai preso. Desidera
possedere Zeyd. Vagamente intuisce che non è solo un culo, un corpo quello
che desidera e che non è solo il culo quello che Zeyd gli sta offrendo, ma
non si pone domande. Molto delicatamente, per non provocare più dolore
di quanto è inevitabile, preme il cazzo contro l’apertura, la forza ed entra.
Procede piano, contenendo il desiderio impetuoso, cercando di lasciare a Zeyd
il tempo di abituarsi. Non spinge fino in fondo, ma si ferma prima, arretra e
avanza di nuovo, andando un po’ oltre. Solo dopo diversi movimenti spinge
fino in fondo. È bellissimo affondare il cazzo in questo culo vergine,
ritrarlo e farlo penetrare di nuovo. Ed è bellissimo accarezzare questo
corpo. Solo quando il desiderio diventa troppo forte,
Nando accelera il ritmo delle spinte e infine viene. Si abbandona su Zeyd, poi si stacca e si stende
accanto a lui. - Grazie, Zeyd. Zeyd non dice nulla. Nando dice: - Ti ho fatto un male bestiale, lo so. Non avrei
voluto. - Va bene così, Nando. Va bene così. Zeyd si lascia scivolare accanto a Nando. Si
abbracciano ancora, si baciano, poi Zeyd si stacca e si alza. - Io devo andare, Nando. Vorrei avere i dirham
necessari per liberarti dalla schiavitù, ma non posseggo nulla. - Non ti preoccupare, Zeyd. Qui non sto male.
Vedremo che cosa succederà. Ti aspetterò. - E io ti penserò. - Anch’io. Nando ride e aggiunge: - Se non altro questo dolore al culo mi renderà
impossibile dimenticarti. - Posso dire lo stesso. Sorridono, ma non è un sorriso allegro. Si devono
lasciare e non sanno quando potranno rivedersi. Zeyd potrebbe morire in
battaglia. Nando potrebbe essere denunciato come brigante ed essere
giustiziato. Si abbracciano ancora, poi si rivestono. Con un
ultimo bacio, Zeyd si congeda. Abdallah entra e chiede a Nando: - Allora? - È tutto a posto. Non ci sono pericoli da parte
sua. - Avete scopato? - Sì, ma non me l’ha chiesto lui. Sono stato io a
invitarlo. Mi è sembrato un buon modo per portarlo dalla mia parte. Comunque
devo dire che non si è fatto pregare. - Hai fatto benissimo. Abdallah sta per chiedergli che cosa ha voluto
fare Zeyd, ma l’arrivo di un fornitore che richiede la presenza del lenone
interrompe il dialogo. Nando sale le scale per tornare in camera. Non ha
più sonno, ma vuole pensare con calma a quanto è successo. Per la prima volta
si è offerto ed è stato preso. Il dolore al culo, forte, glielo ricorda a
ogni gradino. Ma non è questa la cosa più importante, Nando lo sa benissimo.
Con Zeyd è successo qualche cosa che non gli era mai capitato prima. Arrivato
in camera, Nando si stende sul letto. Pensa a Zeyd. Gli ha parlato due volte
nella sua vita. Come è potuto succedere? Zeyd torna agli alloggi degli ufficiali.
Camminare per le strade è doloroso e a un certo punto un po’ di seme gli cola
dal buco del culo. Arrivato nella sua stanza si pulisce, poi si stende. Il
male al culo passerà. Ma il groviglio di sensazioni ed emozioni che si porta
dentro è una matassa che non sa come sbrogliare. Domani partirà. Non lo
desidera più, ma forse è meglio così. |