I – I prigionieri

II – La spedizione

III – Il Cane dagli occhi azzurri

IV – I briganti

 

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Cristiani e saraceni fanno spesso razzie nei territori nemici: lo stesso principe di Antiochia, Reginaldo di Châtillon, è stato fatto prigioniero proprio mentre saccheggiava i villaggi oltre il confine. Dopo la sua cattura, le incursioni nel principato di Antiochia sono diventate più frequenti.

Denis guida le sue truppe nell’area dove sono avvenute numerose razzie. Si rivolge agli abitanti dei villaggi che sono stati depredati e raccoglie informazioni: vuole formarsi un quadro preciso della situazione, prima di agire. A fornirgli molte notizie sono alcuni contadini armeni di un villaggio posto in cima a uno sperone roccioso: qui è avvenuta l’ultima incursione dei briganti, due giorni prima dell’arrivo delle truppe di Denis. Il paese è stato in parte distrutto e si sono salvati solo coloro che sono riusciti a scappare o a nascondersi. Gli altri sono stati catturati o uccisi. Denis si rivolge ai sopravvissuti:

- Chi vi ha attaccato?

- Sono i briganti di Baahir.

Denis annuisce: è quanto si aspettava. Un altro pastore aggiunge:

- Quel figlio di puttana è anche peggio di Hamza.

- Hamza?

L'anno scorso Denis ha ucciso un uomo di nome Hamza, capo di una banda di briganti, vicino ad Aleppo, quindi non molto lontano da Antiochia. Si chiede se possa trattarsi di lui.

- Sì, un infedele che è stato ucciso poco più di un anno fa, mentre attaccava una carovana in territorio saraceno. I suoi uomini si sono riorganizzati, adesso li guida Baahir, che Iddio lo precipiti nell’inferno.

Un altro contadino aggiunge:

- Sono divisi in tanti gruppi. Hanno la loro sede vicino a Idlib, oltre il confine, ma le bande si spostano spesso per attaccare villaggi e carovane. Quelli che hanno distrutto le nostre case usano come base il vecchio monastero di Salqin. Ma non sono guidati da Baahir, loro, anche se ne riconoscono l’autorità. Non sappiamo chi sia il loro capo.

- Dev’essere Fahd, il peggiore tra quei figli di puttana. Stupra le donne e i ragazzi.

Denis raccoglie le informazioni che gli servono. A Salqin c’era un vecchio monastero armeno che venne abbandonato molti anni fa, dopo che i saraceni fecero prigionieri tutti i monaci e li vendettero ad Aleppo come schiavi. I briganti lo usano spesso come base: hanno ricostruito un tetto con legno e paglia e si fermano lì durante le loro incursioni.

Denis decide di incominciare da questa banda: il monastero non è molto lontano ed è probabile che i briganti, non aspettandosi di essere attaccati, siano ancora lì. Se è così, sarà possibile liberare i prigionieri e recuperare le greggi e il bottino.

Denis fa marciare i suoi uomini di notte, in modo che non vengano avvistati. Raggiungono il vecchio monastero la seconda notte. I briganti sono ancora nell'edificio: in un vasto recinto ci sono le pecore prese ai pastori armeni.

Denis potrebbe far incendiare il monastero e uccidere gli uomini man mano che escono per trovare scampo alle fiamme. Ma vuole cercare di salvare gli abitanti del villaggio che sono prigionieri della banda.

Davanti all’edificio c’è una sentinella, che però dorme: i briganti non sono ancora stati informati dell’arrivo di truppe franche nell’area e non si aspettano un attacco, per cui la sentinella ha sottovalutato il suo compito.

Ferdinando e due altri soldati raggiungono l’uomo senza che questi si accorga di niente. Ferdinando gli tappa la bocca con la mano e gli punta un coltello alla gola.

- Una parola e sei morto.

L’uomo lo guarda, ansimante e confuso, senza riuscire a capire.

I soldati lo imbavagliano, gli legano le mani dietro la schiena e lo portano da Denis. Il brigante non sa chi siano questi uomini, ma intuisce che sta per morire. Cerca di dominare la paura.

- Ascoltami bene: il re ha ordinato di impalare alcuni di voi lungo le piste di queste valli, come monito per tutti.

L’uomo rabbrividisce: tra tutte le morti, l’impalamento è la più atroce. E questi uomini sono soldati del re.

Denis prosegue:

- Sta a te decidere se vuoi essere impalato o meno.

L’uomo scuote il capo.

- Quanti siete?

Ferdinando toglie il bavaglio, ma la sua mano stringe il collo del prigioniero. L’uomo esita, ma sa che non può fare nulla per salvare i suoi compagni: i soldati avranno facilmente la meglio su di loro.

- Una ventina.

- Dove sono i prigionieri che avete fatto al villaggio armeno?

L’uomo deglutisce.

- Sono nella vecchia cappella del monastero, tranne alcune donne e ragazzi che… sono nelle celle del monastero, con i miei compagni.

Non occorre che il prigioniero spieghi: i banditi hanno scelto alcuni ragazze e donne per scopare.

- Dov’è il vostro capo?

- Nella stanza grande, la prima a destra dell’ingresso.

- È Fahd?

L’uomo annuisce.

- Va bene. Se hai mentito, sarai impalato.

- È la verità.

L’uomo viene di nuovo imbavagliato e gli vengono legati anche i piedi.

Denis dà le istruzioni agli uomini, poi, in silenzio, i soldati scendono lungo il fianco della montagna e si radunano davanti al monastero. Da dentro non proviene nessun rumore: i briganti dormono tutti. I soldati entrano e si distribuiscono nel corridoio.

I banditi si svegliano con le spade puntate alla gola e vengono catturati senza difficoltà. Solo due oppongono resistenza e vengono uccisi subito. Il capo, Fahd, cerca di prendere la propria spada, ma Ferdinando lo blocca. In un angolo della stanza una ragazza guarda la scena con gli occhi sbarrati. Ha gli abiti stracciati e i segni dei colpi sul volto.

Anche in diverse altre celle del monastero vi sono donne e ragazzi che sono stati catturati al villaggio. Guardano spaventati i soldati, chiedendosi se subiranno un nuovo stupro, ma Denis li tranquillizza, dicendo loro che sono liberi e che li farà riaccompagnare al villaggio. Non hanno nulla da temere.

Ventidue briganti sono stati catturati e altri due uccisi: la banda è stata annientata, senza che nessuno riuscisse a fuggire. Tra i prigionieri alcune donne e qualche ragazzo hanno subito violenza, ma tutti coloro che sono stati catturati ora sono liberi. Denis dà ordine ai suoi uomini di riposare, ma con Ferdinando e alcuni soldati incomincia a interrogare i prigionieri.

Fahd si rifiuta di rispondere alle domande, ma di fronte alla minaccia dell'impalamento altri cedono: ormai non hanno nulla da perdere e preferiscono evitare l'orrore di una fine atroce. Rivelano che c’è un’altra banda a una giornata di cammino dal monastero, accampata in un villaggio arabo. È quanto Denis voleva sapere.

Denis dà indicazioni per i turni di guardia e si corica.

L’indomani la sveglia viene data molto tardi: i soldati hanno vegliato parte della notte e devono affrontare una lunga marcia e un nuovo scontro. Quando le truppe sono pronte per la partenza, i banditi vengono giustiziati, uno dopo l’altro, decapitandoli. È Ferdinando a chiedere di eseguire il compito. Denis glielo affida volentieri: l’erculeo siciliano è in grado di staccare una testa dal collo con un solo colpo. Denis non prova nessuna pena per questi banditi che seminano il terrore nella regione, ma non desidera provocare sofferenze inutili.

Quando ha finito, Ferdinando gronda di sudore, ma è soddisfatto. Il terreno intorno al monastero è un lago di sangue.

I corpi dei briganti vengono precipitati in un burrone. Le loro teste invece vengono prese dai soldati: verranno infisse su pali all’ingresso dei villaggi che saccheggiavano. Solo Fahd viene risparmiato, perché lo aspetta una morte più crudele: verrà impalato.

Cinque soldati accompagnano al villaggio i prigionieri liberati e le greggi razziate dai banditi. Prima di partire, i prigionieri si gettano ai piedi del comandante, per ringraziarlo. Qualcuno vorrebbe baciargli le mani, ma Denis non lo permette: ha solo eseguito il compito che gli è stato affidato.

 

*

 

Nel pomeriggio Denis si mette in marcia verso la valle dove si trova l’altra banda di briganti. Camminano fino al tramonto e proseguono durante la notte, finché raggiungono il villaggio dove i banditi sono accampati da alcuni giorni.

Anche questa volta l’attacco avviene di notte. I banditi sono sparsi tra le diverse case e alcuni, svegliati dalle urla dei compagni, fanno in tempo a prendere le armi, ma non c’è una vera e propria battaglia: i briganti non si aspettavano un attacco e non possono organizzare una difesa contro i soldati, che sono molto più numerosi di loro. Tra gli assalitori non ci sono morti, solo tre feriti. Sette dei banditi invece vengono uccisi, mentre cercano di resistere, gli altri sono catturati.

Baldovino ha dato ordini precisi: nessuno deve essere risparmiato. I briganti vengono legati e rinchiusi nell’abitazione del capo villaggio, dove dormivano i due fratelli che guidano la banda, Husam e Dhakir.

In mattinata i prigionieri vengono trascinati all’ingresso del paese, dove per ordine di Denis sono stati radunati gli abitanti. Tutti gli uomini e le donne del villaggio sono in piedi, impauriti: che cosa farà di loro il comandante, quest’uomo brutto come il diavolo, con i capelli rossi e gli occhi azzurri? Hanno ospitato i briganti, è vero, ma non avevano alternative: avrebbero distrutto le loro case, ucciso gli uomini, stuprato le donne e i ragazzi, razziato le greggi, distrutto i campi coltivati. Il capo villaggio ha supplicato il comandante, ma questi si è limitato a farlo arrestare. Ha fatto bene, la colpa è sua, se lui non avesse preso il denaro che i briganti gli offrivano, quei bastardi non si sarebbero fermati qui.

Molti dei briganti sono nudi, altri indossano solo una tunica o un paio di pantaloni. Alcuni sono feriti. Tutti i prigionieri hanno le mani legate dietro la schiena e una corda stretta alle caviglie limita i loro movimenti.

Husam e Dhakir vengono fustigati davanti a tutti: venti frustate a testa. Sopportano la fustigazione in silenzio, senza dare segno di paura o debolezza.

Poi i soldati portano due pali. Gli uomini del villaggio rabbrividiscono: sanno che cosa significa. Husam e Dhakir verranno impalati. Il capo villaggio guarda se c’è un terzo palo per lui. Prega Allah che gli dia una morte meno atroce.

Husam è un uomo sui quaranta, forte. È nudo e ora tutti possono vedere il corpo vigoroso, il fitto pelame scuro che lo ricopre e il grande sesso. Non dà segno di paura. Si rivolge a Denis:

- Facci tagliare la testa, comandante. Dacci una morte da uomini.

Denis lo farebbe volentieri: per quanto disprezzi questi banditi che vivono depredando contadini, pastori e carovane, ritiene che la morte sia una punizione sufficiente, senza infliggere un’agonia atroce. Ma gli ordini del re sono altri e Denis non intende disobbedire.

- Avrete la fine che vi meritate.

Husam abbassa gli occhi, poi li solleva e guarda Denis.

- Comandante, se vuoi infilzarmi sul palo, fallo, ma lascia che mio fratello abbia una morte meno infame.

- Ho l’ordine di impalare tutti i capibanda.

Husam solleva la testa, con fierezza.

- Qui sono io l’unico capo. Mio fratello era ai miei ordini.

Dhakir ha tenuto il capo abbassato per tutto il tempo. Ha almeno dieci anni in meno del fratello e un corpo più snello ed elegante. Ora alza la testa e dice, con voce ferma:

- Non è vero. Guidavamo entrambi le spedizioni.

- Non lo ascoltare, comandante. Solo io…

Denis li interrompe:

- Basta!

Se fosse lui a decidere, Denis terrebbe con sé i due banditi: sono uomini valorosi e potrebbero essergli più utili vivi. Ma Denis deve attenersi alle decisioni del re.

Husam scivola in ginocchio. Guarda Denis:

- Comandante, per il Dio che adori, non dargli questa morte.

Denis guarda negli occhi il prigioniero ai suoi piedi. Annuisce.

- Stenditi, Husam. Jeannot, taglia la corda che gli lega i piedi.

Il soldato esegue l’ordine. Husam si stende a terra.

- Ora allarga le gambe per accogliere il palo. Quanto a te, Dhakir, in ginocchio: stai per essere decapitato. Di’ la tua ultima preghiera.

Husam mormora:

- Dio te ne renda merito, comandante.

Poi allarga le gambe, voltando la testa dalla parte del fratello.

Dhakir non vuole inginocchiarsi.

- Dammi la stessa morte, cane!

Denis fa un cenno a Ferdinando. Il siciliano forza Dhakir a mettersi in ginocchio, premendogli sulle spalle, poi si sistema dietro di lui, solleva la spada e la cala con forza sul collo del brigante, decapitandolo. Husam guarda la testa del fratello che cade, poi abbassa il viso, premendolo contro il terreno.

Alcuni soldati passano due corde attorno alle caviglie di Husam e tendono le corde, divaricando ancora di più le gambe, un altro preme sul suo collo con il piede. Un soldato si china su Husam, infila il coltello nell’apertura tra le natiche e l’allarga. Husam ha un guizzo, mentre il sangue sgorga dalla ferita: solleva il viso, sporco di fango, e trattiene a fatica un urlo. Il soldato mette in posizione il palo, in modo che la punta appoggi contro l’apertura, e lo tiene diritto, mentre un altro incomincia a dare colpi violenti all’estremità opposta. A ogni colpo il palo affonda nella carne e Husam emette un grido strozzato.

Ferdinando, che si è messo di fianco a Denis, rabbrividisce.

- Porcoddio, che razza di supplizio!

- Dicono che sia la morte peggiore. 

Quando il palo è ben dentro il torace di Husam, i soldati lo sollevano e lo fanno sprofondare nella buca che hanno scavato. Husam grida ancora, il capo riverso all’indietro.

Denis fa un cenno ai suoi uomini e uno dopo l’altro i briganti vengono portati davanti al palo su cui agonizza il loro capo e costretti a inginocchiarsi. Ferdinando li decapita. Alcuni gridano e cercano di liberarsi dalla stretta dei soldati, ma sono legati. Altri imprecano e minacciano. Qualcuno s’inginocchia in silenzio.

L’ultimo a essere decapitato è il capo villaggio.

Denis poi si rivolge agli abitanti: li ammonisce a non dare più rifugio ai banditi, perché se questo dovesse ancora accadere, pagherebbero con la vita.

Alcune teste sono infisse su pali all’ingresso del villaggio, altre verranno portate via per essere esposte altrove.

Quando le truppe franche lasciano il paese, Denis ferma il cavallo davanti a Husam che sta agonizzando sul palo. Sa che, per quanto il soldato che lo ha impalato non sia esperto come i carnefici turchi, ci vorranno molte ore prima che la morte metta fine alla sofferenza. Denis guarda Husam negli occhi. Poi prende la spada.

Husam capisce. Ha una smorfia che vorrebbe essere un sorriso.

- Gra…zie.

Denis immerge la spada nel petto di Husam, che reclina il capo.

 

*

 

Al monastero Denis arriva che è ormai buio. Si fermeranno qui per la notte.

Prima di coricarsi, Ferdinando entra nella cella dove si è sistemato Denis e chiede:

- Impalerai anche Fahd, vero?

- Sì, domani mattina. Hai sentito anche tu che Baldovino ha dato ordine di impalare tutti i capibanda: vuole indurre i briganti a tenersi alla larga.

- Allora, se non hai niente in contrario, preparo la strada per il palo. Re Baldovino ha anche detto di fottere i capi dei briganti.

Denis guarda il viso di Ferdinando, illuminato dalla torcia che tiene in mano. Non gli piace l’idea che i prigionieri vengano violentati e non permetterebbe certo di stuprare un soldato nemico catturato. Ma quelli che stanno combattendo sono banditi ed effettivamente il re ha detto di lasciare mano libera ai soldati nei loro confronti. Denis intende ubbidire, anche se ne farebbe volentieri a meno, e in ogni caso Fahd, come gli altri, ha preso con la forza donne e ragazzi del villaggio. Si merita che qualcuno gli renda la pariglia.

- Va bene, Ferdinando.

Ferdinando sorride ed esce dalla cella.

 

Fahd è legato con le mani dietro la schiena. Sono due giorni che non ha avuto né da mangiare né da bere e la sete lo fa impazzire. Quando ha sentito arrivare i soldati, ha chiesto acqua, ma nessuno gli ha dato retta.

Ora la porta della cella si apre e Fahd vede entrare un uomo gigantesco, quello che l’altra notte lo ha interrogato insieme al comandante. Fahd ha sentito il suo nome, Ferdinando.

- Hai sete, Fahd?

Fahd annuisce.

- Ti ho portato da bere.

Fahd guarda le mani dell’uomo, ma non c’è una ciotola, una brocca: la destra stringe la torcia e la sinistra non ha nulla.

Ferdinando fissa la torcia alla parete. Poi si spoglia, dando le spalle a Fahd.

Il capo dei briganti non capisce o forse si rifiuta di capire ciò che ha già intuito. Guarda il grosso culo peloso, la schiena forte.

Ferdinando si volta. Sorride:

- Ho bevuto parecchio, Fahd, e posso darti da bere finché ne vuoi.

Ora il sorriso diventa una risata.

Fahd guarda il cristiano con odio.

- Te lo do adesso, perché dopo ti do altro.

Ferdinando si avvicina, si china su Fahd, gli mette una mano intorno alla gola e stringe. Fahd spalanca la bocca, cercando di respirare. Il getto di piscio passa tra le labbra e gli scende in gola, mentre la mano di Ferdinando allenta la presa. Fahd inghiotte, chiude la bocca, tossisce, sputa. Il getto di piscio gli bagna la faccia e cola sulla tunica.

- Bevi, Fahd, è la tua ultima occasione.

Fahd gira la testa per sfuggire al fiotto e lascia che il piscio scorra dalla faccia sul suo corpo.

Quando ha finito, Ferdinando gli afferra la tunica e la strappa. Ora Fahd è nudo. Ferdinando lo forza a voltarsi e a distendersi a terra.

- No! No! No!

Ferdinando non lo ascolta. Con un lembo della tunica pulisce il culo di Fahd. Poi si stende sul prigioniero, che grida:

- No! No!

Ferdinando s’inumidisce la cappella. Poi, con un colpo secco spinge il cazzo dentro il culo di Fahd, fino in fondo, strappando al brigante un urlo selvaggio.

A Fahd pare che gli abbiano immerso un coltello nella carne. Quando Ferdinando incomincia a muoversi, il dolore si moltiplica.

A Ferdinando piace gustare questo culo vigoroso, che non deve mai essere stato violato prima d‘ora. I gemiti di dolore di Fahd eccitano il suo desiderio e spinge ancora più a fondo il coltello di carne con cui dilania il culo del bandito. Di solito Ferdinando, conscio della propria dotazione, bada a non spingere troppo a fondo, ma oggi non si pone limiti e avanza e arretra con spinte selvagge che lacerano le viscere di Fahd. Va avanti a lungo. Fahd è intontito dal dolore che esplode nel suo culo a ogni spinta.

Infine Ferdinando viene e poco dopo esce, rimanendo disteso su di lui.

Fahd trema, dal culo gli colano sangue e sborro. Pensa che almeno è finita.

Ma Ferdinando gli dice:

- Niente male. Poi mi fai vedere che cosa sai fare con la bocca.

Fahd ha un brivido.

Dopo qualche minuto, Fahd sente che il cazzo di Ferdinando sta nuovamente crescendo di volume. Il siciliano si alza e prende per i capelli Fahd. Lo strattone violento strappa al bandito un urlo di dolore, mentre Ferdinando lo costringe a sollevarsi e mettersi in ginocchio.

- Ora te lo gusti in bocca.

Fahd scuote la testa, un lampo di terrore nei suoi occhi. Il primo ceffone è tanto violento da stordirlo. Ne segue un altro, poi un terzo, un quarto. Ferdinando gli stringe il collo con una mano. Fahd è costretto ad aprire la bocca.

Ferdinando incomincia a fotterlo in bocca. Spinge il cazzo fino in fondo, soffocando Fahd, mentre con una mano gli tira indietro la testa e l’altra stringe il collo, per evitare che Fahd cerchi di mordere: una precauzione inutile, probabilmente, perché Fahd ormai non ha più la forza di reagire. Ma il siciliano preferisce essere prudente. Poi Ferdinando si ritira, permettendo al bandito di immettere un po’ d’aria nei polmoni, tra colpi di tosse e singhiozzi. Ferdinando stringe di nuovo il collo e avanza, finché la peluria del ventre non preme contro le labbra di Fahd, che nuovamente non può più immettere aria nei polmoni. Va avanti così a lungo, finché viene, spargendo il suo seme nella gola di Fahd, che tossisce e cerca di sputare.

Fahd ha le lacrime agli occhi. Guarda Ferdinando, chiaramente spaventato.

- Ne hai avuto abbastanza, Fahd? O vuoi che te ne dia ancora?

Il bandito scuote la testa, poi abbassa gli occhi. Ferdinando ride.

 

Il mattino dopo Fahd viene trascinato fuori per essere impalato. Perde sangue dal culo e zoppica. Prima del supplizio, viene fustigato davanti a tutti. Perde il controllo della vescica, tra le urla e i lazzi della gente dei villaggi vicini, venuta ad assistere allo spettacolo.

Ferdinando ha chiesto a Denis di poter impalare lui il capo dei briganti. I soldati mettono Fahd in posizione, bloccandone i movimenti. Ferdinando prende il coltello. Il soldato più esperto gli spiega come tagliare. Ferdinando infila la punta del coltello nel buco del culo di Fahd. Gli piace vedere il guizzo del corpo, sentire l’urlo del bandito. Poi alza il coltello, recidendo l’anello di carne e allargando l’apertura. Fahd grida di nuovo.

I soldati mettono in posizione il palo e Ferdinando incomincia a battere il grande martello di legno contro il palo, che penetra nel corpo di Fahd. Gli piace vedere il palo affondare nella carne e il prigioniero dibattersi invano. Quando ha finito, c’è un rigonfio nei suoi pantaloni.

Poi il palo viene issato.

Denis manda alcuni uomini nei villaggi vicini, dove infilzano sui pali le teste dei briganti uccisi, come monito per i banditi e per coloro che li sostengono. Infine le truppe abbandonano il monastero, lasciando Fahd agonizzare.

 

*

 

L’arrivo dei soldati franchi guidati da Denis e la completa distruzione di due bande mette fine all’attività dei briganti nella regione. I contadini cristiani lungo il confine godono di un lungo periodo di tranquillità. Nei mesi successivi le truppe di Denis pattugliano la zona, indagando sulle complicità, giustiziando coloro che hanno aiutato i banditi, individuando i rifugi abitualmente usati dalle bande e distruggendoli. Alla fine dell’autunno Denis ha completato la sua opera e i briganti non si sono più fatti vivi.

In inverno rimane ben poco da fare.

 

Ferdinando non ha fatto fatica a trovare qualcuno che condivida i suoi gusti e il suo letto, tanto più che Denis impedisce ai soldati di usare violenza alle contadine: due soldati che avevano stuprato una ragazza sono stati impiccati.

Qualcuno si rivolge alle prostitute dei villaggi più importanti, altri ne fanno a meno senza problemi, arrangiandosi tra di loro. Tra costoro Ferdinando è molto popolare.

Per l’inverno gli uomini sono stati acquartierati nel castello di San Giorgio, una rozza costruzione saracena ormai usata solo da guarnigioni di passaggio.

Conon, il cuoco, è uno degli estimatori di Ferdinando e nella grande cucina vengono organizzate piccole orge a cui partecipano quattro o cinque soldati per volta.

Conon è di fianco al grande camino, dove arde ancora il fuoco. Ha lasciato la porta socchiusa. Poco dopo arriva Martin.

- Ferdinando non c’è ancora?

- No. Sei così impaziente, Martin?

- Puoi dirlo. Sono stato tre giorni in missione e sono arrivato solo nella notte.

- Tra poco viene. Sai che non manca mai.

- Sì, Ferdinando è uno su cui si può sempre contare quando si tratta di scopare.

- Anche in battaglia è uno su cui puoi contare.

- È vero.

- E fu lui a salvare Roger da Albi, che quei due fottuti bastardi avevano abbandonato ferito.

- Mi ricordo, ne ho sentito parlare. Uno era Clovis, no? Quello che hanno trovato ammazzato in un vicolo ad Acri, insieme a un altro. Erano loro due ad aver abbandonato Roger?

- No, l’altro morto non c’entrava, ma…

Martin si guarda intorno, poi prosegue, abbassando la voce:

- Clovis ce l’aveva a morte con Ferdinando. A volte mi chiedo se non è stato Ferdinando a farlo fuori.

- Ferdinando non mi sembra il tipo da tendere agguati. Se non gli vai a genio, ti spacca la faccia senza tante storie. E magari anche il culo.

Martin ride.

- È vero, Ferdinando non è tipo da appostarsi al buio per tagliare la gola a qualcuno. Ma Clovis lo era.

- E allora?

- Secondo me Clovis voleva fotterlo, ma… è stato fottuto.

Ferdinando entra con Sigurd, il danese. Questi chiede:

- Chi è che voleva fottere ed è stato fottuto?

- Niente, niente.

- A me vanno bene tutt’e due le cose.

- Siamo qui per questo, no?

Conon ha steso per terra alcune pelli in un angolo del grande camino. Il castello d’inverno è gelido, ma nel camino, dove il fuoco è stato acceso a lungo e una fiamma ancora arde, si sta bene.

I quattro uomini si spogliano in fretta: non amano perdere tempo con i preliminari, preferiscono utilizzarlo per un bis. Sono tutti sui vent’anni, solo Conon ne ha una decina in più, ma anche lui ha un appetito robusto.

Sigurd s’inginocchia davanti a Ferdinando e gli prende in bocca il cazzo. Il siciliano stringe i capelli biondi del danese. Gli piace molto, Sigurd, è un bel maschio, forte, con la carnagione chiara e la peluria bionda tipiche della sua terra. Glielo metterà in culo volentieri, ma prima gli farà gustare ciò che desidera.

- Pronto?

Sigurd apre appena la bocca, senza mollare la preda, per dire:

- Puoi dirlo.

Interviene Conon:

- Cazzo, Sigurd, lasciamene un po’.

Martin ride:

- Dovevi fare più in fretta, Conon.

- Fare più in fretta?! Cazzo, Sigurd è peggio di un leone affamato.

- Dai, Conon, ti faccio bere io. Il mio cazzo non è come quello di Ferdinando, ma ti accontenterai.

Ferdinando ride e dice:

- Ora.

Ferdinando incomincia a pisciare e Sigurd beve con gran gusto.

Intanto Conon si è messo di fronte a Martin e anche lui beve quanto l’amico gli versa. Poi Conon e Sigurd incominciano a lavorare con la bocca. Ci sanno fare, tutti e due.

Martin, che è di fianco a Ferdinando, passa le mani sul culo del siciliano. Gli piace accarezzare e pizzicare questo culo villoso, far scorrere le dita lungo il solco, cercare l’apertura. Ferdinando si volta verso di lui, gli mette le mani sul viso e si baciano. Rimangono così, giocando con le labbra, che avvolgono e succhiano, le lingue, che avanzano e arretrano, i denti, che mordono. Una mano di Martin continua a stuzzicare il culo di Ferdinando e Sigurd gli dà man forte, stringendo le natiche del gigante. Conon continua a succhiare il cazzo di Martin ed esplora il suo culo, ma ogni tanto allunga una mano verso il culo del siciliano, dove le sue dita incontrano altre dita avide e sfacciate, che scorrono sulla pelle, stringono, pizzicano, s’infilano. Sigurd però toglie le sue mani e avvolge la sacca dei coglioni di Ferdinando. Gli piace stringerli, così grandi, così forti. Ferdinando interrompe il bacio per dire a Sigurd:

- Porcoddio, vacci piano.

E gli molla una sberla decisa.

Ora Ferdinando e Martin hanno il cazzo duro come una lama. Anche Conon è pronto all’azione, mentre il cazzo di Sigurd non è ancora completamente rigido.

Conon si stende sulla schiena su una delle pelli che ha messo nel camino. Ferdinando si stacca da Sigurd e Martin, solleva e ripiega le gambe di Conon, poi si stende su di lui. Avvicina il cazzo, ormai abbondantemente lubrificato, al buco del culo di Conon e lo infilza. Conon geme all’ingresso della picca micidiale del siciliano. Sigurd preferisce mettersi a quattro zampe e Martin lo monta, dopo aver sparso un po’ di saliva.

I due cavalieri si danno da fare. Martin afferra il cazzo di Sigurd e incomincia a smenarlo.

Boniface arriva mentre l’attività è in pieno svolgimento.

Ferdinando ride:

- Sei in ritardo, Boniface. Ormai siamo occupati. Ripassa un’altra volta.

Boniface sa benissimo che è una battuta e si libera in fretta dei vestiti.

- Ero di guardia. Merda, che freddo! Credevo di gelare. Qui è una meraviglia.

E intanto passa una mano gelida sulla schiena di Ferdinando, che bestemmia:

- Porcoddio, Boniface! Togli quella mano o in culo ti metto la mia spada, invece del mio cazzo.

Conon ride e dice:

- Non credo che si accorgerebbe della differenza, a parte la punta… Cazzo, Ferdinando!

Boniface ha tolto la mano e si accovaccia vicino alla fiamma, guardando però l’attività intensa dei suoi amici.

- Io fuori a gelare e voi qui al calduccio a scopare. Merda!

- Adesso ti rifai, Boniface.

- Puoi dirlo!

Martin è vicino alla meta. Emette un grugnito e poi un altro, mentre le spinte diventano sempre più intense. Poi si affloscia su Sigurd.

- Lasciami il posto, Martin.

Martin riapre gli occhi, sorride a Boniface e scivola a terra. Boniface, che è perfettamente pronto, prende il suo posto su Sigurd, infilzandolo con decisione.

- E cazzo, Boniface! Non così.

Boniface non dà retta a Sigurd e dà inizio a una bella galoppata. Intanto Martin scivola sotto Sigurd, si solleva un po’ e incomincia a succhiargli il cazzo. La sua lingua accarezza, le sue labbra avvolgono, i suoi denti premono, mentre le dita scivolano sui coglioni. Sigurd geme e il suo seme si riversa in bocca a Martin, che beve avidamente.

Anche Boniface giunge al termine della sua cavalcata: non ci mette mai molto, come non ci mette molto per riprendersi per un secondo giro.

Ferdinando sta ancora fottendo Conon, che lancia un grido e viene. Il suo seme gli si sparge sul ventre. Ma il siciliano continua nel suo lavoro. Allora Martin, Sigurd e Boniface gli si mettono intorno. Le loro mani stringono il culo o accarezzano i coglioni, le dita s’infilano nel buco o in bocca, scivolano lungo la schiena e le gambe. E infine Ferdinando geme e rovescia nelle viscere di Conon il suo sborro.

Ferdinando si stende sulle pelli. Boniface gli appoggia la testa sul ventre, mettendo i piedi vicino al fuoco. Conon si appoggia contro Ferdinando e con la destra gli stringe i coglioni. Sigurd e Martin si mettono sui compagni, in un groviglio di corpi, ridendo. Il gioco non è finito, il contatto tra i corpi riaccende il desiderio, tra poco riprenderanno, ma adesso è bello stare distesi gli uni sugli altri, sentire il calore del corpo dei compagni.

 

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Dopo aver trascorso un’ora piacevole dedicandosi alla sua attività preferita con gli altri quattro soldati, Ferdinando cerca Denis. Lo trova seduto nella sua stanza, vicino al fuoco acceso nel camino. Ferdinando guarda un momento il suo comandante, che appare pensieroso, il viso illuminato dalle fiamme.

Ferdinando si trova bene con Denis, che per lui non è solo un ottimo comandante, ma anche un amico, benché siano molto diversi: Ferdinando è tanto espansivo e focoso quanto Denis è introverso e riflessivo.

Denis non è contento. C’è una smorfia di insoddisfazione sul suo viso. Quale cruccio gli fa aggrottare la fronte? Forse la lontananza dell’uomo che ama? Ferdinando non sa neppure chi sia l’uomo di Denis: non gliel’ha mai chiesto, proprio perché Denis è molto riservato, ma rispetta un sentimento che sa essere molto forte. Chiunque sia, è lontano, perché Ferdinando sa bene che Denis non ha rapporti con nessuno: nella vita gomito a gomito dei soldati, se il comandante scopasse, si saprebbe. Eppure Ferdinando sa che più d’uno dei guerrieri sarebbe ben felice di offrirsi a quest’uomo per cui tutti provano una grande ammirazione.

Ma Denis non sta pensando a Charles. Anche se rimanere lontano da lui gli pesa, anche se in tutti questi mesi l’ha visto solo poche volte, nelle due occasioni in cui è andato ad Antiochia, il problema che si pone ora è legato alla sua missione. Denis ha ricevuto un incarico dal re e intende svolgerlo per intero.

- Che hai, Denis?

Denis alza la testa e sorride a Ferdinando. Poi fissa di nuovo il fuoco.

- Il re vuole che i briganti vengano spazzati via. Sono mesi che siamo del tutto inattivi, mentre le bande continuano ad agire oltre il confine.

- Non si è visto un solo brigante in queste valli per tutto l’inverno, Denis. Che cosa puoi pretendere di più?

- Sai benissimo che aspettano solo che ci allontaniamo per riprendere a razziare.

- E allora, che cosa pensi di fare?

Denis rimane un momento in silenzio, poi dice:

- Li andremo a cercare dove si sono rintanati.

- A Idlib? Porcoddio, Denis, è in pieno territorio saraceno.

- Lo so, ma non c’è altra via.

 

Denis organizza la spedizione con la cura di cui ha sempre dato prova. Le truppe si sparpagliano, come se stessero svolgendo una normale operazione di pattugliamento lungo il confine. Alcuni gruppi di soldati proseguono lungo strade diverse, passando di villaggio in villaggio, ma i più confluiscono, muovendosi soprattutto di notte, in una località molto vicino alla frontiera. Di lì una notte di cammino li porta nei pressi di Idlib.

Idlib non è una città: è solo un grosso villaggio, che un tempo era lungo una delle strade che collegavano Antiochia ad Aleppo. I mercanti non seguono più quella pista, minacciata dai briganti, e il caravanserraglio di Idlib è ormai in disuso. Qui, dopo che Denis ha distrutto due bande, si sono radunati gli uomini che un tempo erano guidati da Hamza.

Nell’autunno le bande, sotto il comando di Baahir, si sono spesso mosse per attaccare qualche carovana saracena, in attesa che le truppe di Denis lasciassero le valli del principato di Antiochia. All'arrivo dell’inverno, i traffici attraverso le valli di montagna sono diventati rari e le bande hanno svernato nel grande caravanserraglio. Ora che sta per incominciare la primavera si preparano a disperdersi nuovamente alla ricerca di prede.

 

*

 

È stata un’ottima giornata per i banditi. Baahir ha guidato il grosso degli uomini verso sud, ad attaccare una carovana araba. Sono riusciti ad avere la meglio dei pochi soldati e si sono impadroniti di un ricco bottino, di cui fanno parte anche diversi prigionieri. Tra questi la principessa Suha, che tornava dal pellegrinaggio alla Mecca. La principessa è imparentata con l’emiro di Jabal al-Jadid, perciò sarà possibile chiedere un forte riscatto: un vero colpo di fortuna. Ci sono anche alcuni mercanti arabi e un cristiano, Giovanni Micheles: anche loro dovranno pagare caro per riottenere la libertà.

Gli uomini hanno festeggiato fino a tardi. Molti si sono ubriacati: anche se il Corano proibisce le bevande alcoliche, tra i briganti sono pochi a osservare una regola che non è rispettata nemmeno a Damasco.

La porta del caravanserraglio è stata chiusa. Nei prossimi giorni bisognerà pensare a turni di guardia all’ingresso e soprattutto lungo le piste che dalle città della Siria settentrionale portano a Idlib, perché l’emiro di Jabal al-Jadid potrebbe decidere di mandare i suoi uomini per liberare la principessa, invece di pagare il riscatto. La donna verrà portata in qualche altro rifugio della banda. E anche i mercanti. Sono troppo preziosi.

Per il momento però non ci sono problemi. La notizia della cattura non è certo ancora arrivata a Jabal al-Jadid.

Nel caravanserraglio tutti dormono. Baahir ha bevuto con i suoi uomini, poi si è ritirato nella sua stanza con una giovane schiava della principessa. Ha scopato a lungo e infine si è messo a dormire.

Lo sveglia un grido:

- Al fuoco! Al fuoco!

Nella stanza non c’è fumo. Se qualche cosa ha preso fuoco, è fuori.

Baahir esce rapidamente, senza curarsi di rivestirsi. Anche molti dei suoi uomini stanno uscendo dai locali, quasi tutti nudi, mentre le grida continuano.

Baahir e gli altri escono nel cortile. I tetti in paglia e legno dei magazzini del caravanserraglio stanno bruciando, ma le fiamme si alzano anche da altre parti. Come è possibile? Non c’è vento. Come può il fuoco essersi propagato così in fretta?

Baahir prende subito in mano il controllo della situazione, dando ordini ai banditi: manda alcuni al pozzo per riempire i secchi d’acqua e spegnere l’incendio; altri ad aprire le porte delle stalle per far uscire gli animali; altri ancora nei magazzini per salvare il bottino e alcuni nello stanzone che serve come cella per liberare i preziosi ostaggi.

E mentre si muovono, le frecce giungono. Sono una dozzina e nessuna manca il bersaglio. Alcuni degli uomini colpiti cadono a terra gridando. Altri invece stramazzano al suolo senza riuscire neppure a urlare.

Baahir guarda nella direzione da cui sono giunte le frecce: sulla terrazza del caravanserraglio, sopra la facciata dell’ingresso, sono appostati degli uomini, che ora stanno già lanciando una seconda freccia. Alla luce delle fiamme i banditi sono un facile bersaglio per gli arcieri.

- Al riparo, presto.

Prima di riuscire a muoversi, diversi banditi sono colpiti e crollano. Molti ritornano precipitosamente all’interno dell’edificio, ma le fiamme che si propagano li costringono a uscire allo scoperto.

- Bisogna salire sul tetto.

C’è un’unica scaletta che porta sulla terrazza e può passarvi un solo uomo per volta. Salire senza essere colpiti sarà quasi impossibile. Ma non c’è altra via di salvezza: bisogna uccidere gli arcieri che li massacrano.

Alcuni dei briganti, senza badare agli ordini di Baahir, corrono verso la porta del caravanserraglio, ma si rendono conto che sta prendendo fuoco: i nemici devono aver accatastato dalla parte esterna materiale infiammabile e ora la porta arde.

Baahir è corso a prendere una spada e con alcuni dei suoi uomini si lancia sulla scala che porta alla terrazza.

Con suo stupore, Baahir riesce a raggiungere la scala e a salire senza essere bersagliato dalle frecce, ma gli altri briganti che si avvicinano alla scala vengono colpiti dai dardi e quei pochi che riescono a salire dietro di lui sono abbattuti con le picche prima di arrivare sulla terrazza. Ben presto sulla scala e a terra si accumulano cadaveri e morenti.

Baahir giunge in cima ai gradini e si trova circondato. Baahir è un abile combattente e si avventa contro i nemici con la spada. Ma gli avversari sono troppo numerosi e l’uomo che lo affronta, per quanto appaia solo un ragazzo, è un guerriero esperto, che lo costringe ad arretrare. Solo quando due braccia lo afferrano e lo stringono in una morsa di ferro, Baahir capisce che gli hanno permesso di salire proprio perché volevano catturarlo vivo.

Baahir viene gettato a terra e legato. Non può alzarsi, non può vedere ciò che succede, ma sull’esito dello scontro ormai non ha dubbi: sono stati presi di sorpresa e sono in trappola.

Intanto la porta del caravanserraglio, divorata dalle fiamme, crolla e molti cercano la salvezza in quella direzione, cercando di saltare oltre la pira che arde. Ma trovano solo la morte ad opera dei soldati che li aspettano al varco. Sono tanti gli uomini armati appostati e infilzano i briganti con le picche, come animali al macello. E dopo aver fatto strage di loro, entrano nel caravanserraglio, alla ricerca dei banditi ancora vivi.

In meno di un’ora la carneficina è conclusa: un’ottantina di briganti sono morti, quaranta sono prigionieri, un’ala del caravanserraglio è ridotta a un cumulo di rovine tra cui le fiamme ardono ancora. Tra gli attaccanti i morti sono solo tre.

Gli abitanti del villaggio sono accorsi quando hanno visto il bagliore dell'incendio, ma scorgendo i soldati franchi sono fuggiti lontano, lasciando le loro stesse case: temono una rappresaglia per l'aiuto prestato ai briganti. Alcuni di loro sono andati ad avvisare la guarnigione più vicina, ma ci vogliono diverse ore di cammino.

Baahir viene condotto nel cortile, dove sono riuniti i banditi superstiti. Baahir si guarda intorno, alla ricerca del figlio, Zeyd. È un ragazzino, ha appena dieci anni, ma potrebbero averlo ucciso. Zeyd è vivo ed è con Afrah, la schiava che si è sempre occupata di lui, perché la madre morì di parto.

Il capo degli attaccanti interroga i banditi, individuando rapidamente i comandanti ancora vivi. Baahir assiste impotente alla decapitazione di tutti i suoi uomini, ad eccezione dei quattro capibanda sopravvissuti. Sa benissimo che li attende una morte atroce: Fahd e Husam sono stati impalati. E l’uomo che li ha catturati e impalati è lo stesso che ha assalito il caravanserraglio: il Cane dagli occhi azzurri, Denis d’Aguilard, colui che ha ucciso l’emiro di Afrin e il fratello.

La sua vita non vale più nulla, ma ciò che preoccupa Baahir è la sorte di Zeyd. Che cosa farà di lui il Cane dagli occhi azzurri?

I prigionieri dei briganti vengono portati davanti al comandante franco: ormai sono i prigionieri del Cane dagli occhi azzurri. Baahir sa che ora il Cane potrà chiedere un riscatto per i mercanti arabi e per la principessa. È davvero una beffa: Baahir li ha catturati a rischio della vita solo perché l’uomo che lo impalerà possa intascare il prezzo della loro liberazione.

Ma ciò che succede è del tutto diverso.

Denis interroga i mercanti, che raccontano di essere stati catturati. Denis parla loro, esprimendosi in un arabo perfetto, e li informa che sono liberi e che possono andarsene. Non pagheranno nulla. Se non si sentono sicuri e temono che gli abitanti di Idlib possano decidere di farli prigionieri, possono seguire le truppe franche e verranno accompagnati al confine altrove. Lo stesso discorso viene fatto alla principessa. Baahir è allibito: il Cane dagli occhi azzurri rinuncia a una grossa somma, la principessa potrebbe essere riscattata a peso d’oro e anche i mercanti possono pagare non poco. Sono musulmani, non cristiani. Perché quest’uomo rinuncia al riscatto?

I prigionieri saraceni scelgono di rimanere: ora che sono stati sterminati i briganti, gli abitanti di Idlib non oseranno nulla, ben sapendo che rischiano di pagare con la vita l’appoggio dato alle bande. A seguire l’esercito franco sarà solo il mercante Giovanni Micheles, l’unico cristiano. Ci sono inoltre tre monache del convento della Vergine, le uniche che i briganti hanno tenuto con loro. Una delle tre è evidentemente incinta. Anche loro saranno ricondotte in territorio cristiano.

Ma Denis fa un’altra cosa che desta stupore nei mercanti e nella principessa: permette loro di riprendersi tutto ciò che avevano. Dice solo che i loro schiavi potranno avere la libertà se lo desiderano. Questo però significherebbe trasferirsi nella terra dei franchi e nessuno degli schiavi vuole la libertà a un tale prezzo.

I mercanti si prosternano davanti al Cane dagli occhi azzurri, ringraziandolo. La principessa si limita a dirgli:

- Sei un uomo tanto valoroso quanto generoso, infedele. Possa Iddio ricompensarti, illuminandoti e facendoti abbracciare la vera fede.

Poi gli fa dono di un anello, uno splendido rubino. Denis non vorrebbe accettare, ma la donna dice:

- Questo è per la donna che diventerà tua sposa.

Ognuno recupera ciò che aveva con sé. La principessa si allontana. Tre dei mercanti indugiano un momento, poi si avvicinano a Denis d’Aguilard.

Uno di loro indica Zeyd.

- Comandante, quel ragazzo è il figlio del capo dei briganti. Sangue maledetto. Non lo lasciare vivo: diventerà anche lui un bandito come suo padre. Ha ammazzato tre dei nostri, quell’infame, che Iddio lo faccia precipitare nella Gehenna.

Baahir vorrebbe saltare addosso al mercante, strangolarlo con le proprie mani. Ma è saldamente legato. Attende la risposta di Denis d’Aguilard.

- Me ne occuperò.

Ma il mercante insiste:

- Se non vuoi sporcarti le mani perché è un ragazzo, dallo a noi. Se lo lasci vivo, scapperà e sarà un flagello per tutti come lo è stato il padre.

Un altro commerciante, un uomo alto e segaligno, insiste:

- Dallo a noi. Quel maledetto del padre ha stuprato mio nipote, due anni fa, quando catturò la carovana di mio fratello. Dacci il ragazzo, te lo pagheremo a peso d’oro.

Baahir freme. Stringe i pugni.

C’è molta durezza nella voce di Denis d’Aguilard, ora.

- Andate. Farò quello che ho deciso di fare.

I mercanti s’inchinano e se ne vanno, ringraziando ancora Denis. Baahir li guarda partire e sputa per terra. Che siano maledetti, loro che vogliono far pagare a Zeyd le sue colpe. Zeyd è un ragazzo, non ha mai partecipato a nessuna azione. 

Quando i mercanti arabi si sono allontanati in direzione del villaggio, il mercante cristiano prende le sue merci. Carica diversi cavalli e Wa’el, uno dei quattro capi risparmiati in attesa di essere impalati, dice:

- Quel bastardo si prende anche le merci dei tre mercanti che abbiamo ucciso nell’attacco.

Gli risponde Karim, un altro dei capi:

- È un cane cristiano, come quello che ci ha catturato. Gli lasciano fare quello che vuole.

Baahir si dice che Denis d’Aguilard non permetterebbe al mercante di impadronirsi di merce altrui, se lo sapesse, ma non ha senso dirglielo. Per quel che lo riguarda, il cristiano può fare quello che vuole. Baahir ha ben altri pensieri per la testa.

Sta facendo giorno quando le truppe di Denis ripartono, portando con sé Baahir e i quattro capi, Zeyd e Afra, i cavalli, il bottino preso nel caravanserraglio e le teste di una quarantina di briganti. Prima che le truppe arabe, avvisate dagli abitanti del villaggio, arrivino, i franchi avranno già raggiunto il confine. E anche se, per qualche motivo, ci fosse un esercito arabo in grado di fermarli e sconfiggerli, Baahir sa che la sua condizione di condannato a morte non cambierebbe: verrebbe ugualmente giustiziato in quanto brigante. Ma non è alla propria esecuzione che pensa: è al destino di suo figlio.

Le truppe procedono rapide, ma ogni tanto un gruppo di soldati si ferma per infilare una testa su un palo, come monito per i banditi che vorranno attaccare ancora le terre dei franchi.

 

*

 

Le truppe franche raggiungono il passo di montagna che segna il confine. Qui esiste una torre di guardia, eretta dai franchi durante la seconda spedizione oltremare. Denis intende sistemarvi una parte dei suoi uomini per la notte: anche se gli spazi interni sono stretti, è sempre preferibile rispetto a trascorrere la notte all’aperto. L’inverno è alla fine, ma le notti in montagna sono ancora molto fredde.

Prima di sera, Karim e Yasser, un altro dei quattro capi catturati, vengono fustigati e poi impalati di fronte alla torre. Baahir non è uomo da provare paura, ma vedere il palo scavarsi la strada dentro il corpo dei suoi due uomini gli trasmette un brivido lungo la schiena. Ferdinando fa da carnefice e dopo aver concluso la sua opera, guarda divertito i tre capi ancora vivi.

Denis lo osserva ed è perplesso: vede nel suo amico una ferocia che non aveva mai sospettato fino all’esecuzione di Fahd. Ferdinando si diverte a dare la morte a questi briganti e impalare lo eccita. Nulla di strano: in Europa come nell'Oltremare la folla riempie le piazze in occasione delle esecuzioni, si dice perfino che molte donne si offrano al boia. Ma a Denis non va l’idea che Ferdinando provi piacere a uccidere, anche se il giustiziato è un bandito, assassino e stupratore.

I due capi sono lasciati sui pali ad agonizzare. Denis, Ferdinando e una parte dei soldati trovano spazio nella torre. Baahir e gli altri due capi vengono collocati in una delle due celle sotterranee, Zeyd e la donna nell’altra.

La sera Ferdinando viene a prendere Wa’el.

Il prigioniero viene ricondotto nella cella da un soldato dopo un’ora. Si siede in un angolo, a testa bassa. Nabih, l’altro brigante, chiede:

- Che ti è successo, Wa’el?

Wa’el sputa e non risponde. Intanto la guardia che ha riportato indietro Wa’el ordina a Nabih di alzarsi e seguirlo. Wa’el lo guarda uscire.

Quando la guardia è uscita e la cella è ripiombata nel buio, Wa’el sputa di nuovo.

- Schifoso figlio di puttana. Bastardo, che tu possa sprofondare nella Gehenna.

- Stai parlando di Nabih, Wa’el?

- No, capo. Sto parlando di quel fottuto Ferdinando, il braccio destro del Cane con gli occhi azzurri, che Iddio possa farlo morire tra i tormenti più atroci.

- Che cosa ha fatto?

Wa’el non risponde. Baahir non insiste. Dopo un momento Wa’el dice:

- Mi ha fottuto e ora sta certo fottendo Nabih. La maledizione di Iddio su di lui.

Nabih torna dopo un’ora, il viso sporco del sangue che gli è colato dalla bocca e dal naso.

Poco dopo un altro soldato intima a Baahir di seguirlo. Baahir si dice che ora toccherà a lui subire questa umiliazione. Digrigna i denti. Non può opporsi: ha le mani legate dietro la schiena e una corda alle caviglie, che rende più difficili i movimenti. Ma è disposto ad accettare anche questo, purché non uccidano Zeyd. E d’improvviso Baahir si rende conto che potrebbero violentare suo figlio. Gli sembra di vacillare. Tutto, ma non questo.

Baahir segue la guardia, salendo tre piani di scale. Raggiungono il piano superiore della torre.

Il soldato bussa e, quando Denis d’Aguilard gli dice di entrare, spinge in avanti il prigioniero. Baahir si guarda intorno, ma nella stanza non c’è Ferdinando. Ci sono invece Zeyd e Afrah, oltre a due soldati.

- Baahir, questo ragazzo è tuo figlio, vero?

Non è una vera domanda.

Baahir si morde un labbro e dice:

- Sì, ma non ha colpe.

- Non me la prendo con un ragazzo. Non potevo lasciarlo a Idlib, sai che cosa gli sarebbe successo. Intendo farlo ritornare nei territori arabi con la donna, se mi indicherai dove può trovare protezione. Non posso portarlo ad Antiochia: non sarei in grado di garantire per la sua vita.

A Baahir sembra incredibile. Quest’uomo è disposto a liberare suo figlio, a farlo arrivare al sicuro. Non è un tranello, Baahir ne è sicuro: a che servirebbe ingannarlo? E poi quello che Denis d’Aguilard sta facendo è in linea con il comportamento tenuto con i mercanti e con la principessa a Idlib.

- Mio fratello sta ad Aleppo. Non abbiamo più rapporti da quando sono diventato brigante, ma si occuperà di Zeyd. È un uomo giusto.

Baahir si ferma un momento, poi prosegue:

- Come te, Denis d’Aguilard.

Denis scuote la testa:

- La mia giustizia ti costerà ben cara e mi maledirai molte volte prima di morire. Ma, come dici, tuo figlio non ha colpe. Dimmi come posso trovare tuo fratello e ti garantisco che farò in modo che tuo figlio lo raggiunga.

Baahir dà tutte le indicazioni necessarie.

Denis si rivolge a un soldato.

- Slegagli le mani, perché possa dire addio a suo figlio.

Il soldato esegue. Baahir abbraccia il figlio, a lungo. Il ragazzo ricaccia indietro le lacrime.

- Non seguire la mia strada figlio. Promettilo.

Zeyd annuisce. Baahir prosegue:

- Ubbidisci sempre allo zio. Sarà il tuo nuovo padre.

Il ragazzo ha un brivido e stringe più forte Baahir, che aggiunge:

- E se mai un giorno di troverai di fronte quest’uomo, pensa che ha fatto ciò che tuo padre desiderava di più al mondo. Sarai sempre suo debitore, in nome di tuo padre.

Zeyd annuisce di nuovo.

Denis fa un cenno. Afrah allontana Zeyd da Baahir, che mette le mani dietro la schiena e si lascia legare.

Uno dei soldati porta via Afrah e Zeyd, che oppone resistenza e chiama il padre. Ma il soldato e la donna lo portano via. Poi un altro soldato riconduce Baahir in cella.

 

*

 

Il giorno dopo gli uomini lasciano la torre, passando davanti ai due capi impalati. Karim è ancora vivo e geme, chiedendo acqua. Le dita delle mani e dei piedi sono bluastre, da un angolo della bocca cola saliva mista a sangue. Yasser è inerte, forse morto, forse solo privo di conoscenza.

Denis raggiunge il castello di San Giorgio, portando con sé Baahir e il grosso delle truppe. Ferdinando e alcuni altri soldati portano Wa’el e Nabih a un passo vicino al confine, dove vengono impalati. Ferdinando fa da boia.

Quando torna a San Giorgio, Ferdinando si rivolge a Denis:

- Ora che i quattro capi sono stati impalati, posso frustare e fottere Baahir?

Denis non nasconde il suo fastidio alla richiesta dell’amico. Ma Ferdinando non demorde:

- Ricordati che cosa ha detto il re: l’inferno in terra ogni santo giorno, qualche cosa del genere, no? E in ogni caso non mi sembra il caso di preoccuparsi tanto per uno come lui. Porcoddio, quel bastardo stuprava donne e ragazzi, lo hai sentito anche tu.

Denis guarda Ferdinando. Sa che il re approverebbe pienamente la sua proposta.

Denis annuisce. Poi aggiunge:

- Ma ricordati: il re lo vuole vivo e intero.

- Non ti preoccupare. Non intendo ammazzarlo.

Denis scrive al re. Racconta di aver sterminato i briganti, impalato i capi e preso prigioniero Baahir. Gli dice che rimane in attesa dei suoi ordini. Per quel che ne sa, Baldovino non è ad Antiochia e Denis non ha intenzione di portarvi Baahir finché il re non glielo comanderà.

Conta di scrivere a Renaud solo tra qualche giorno, comunicandogli di avere informato il re e di attendere che Baldovino gli comunichi le sue volontà. Deve essere chiaro che Denis ha ricevuto un incarico direttamente dal re e prende ordini solo da lui: non ha piacere che l’ambizioso Renaud lo utilizzi per i suoi obiettivi.

 

*

 

Ferdinando scende nella cella di Baahir la sera stessa. Ferdinando guarda il prigioniero, che indossa solo un paio di pantaloni e una tunica logora. Gli fa slegare le mani.

- Spogliati.

Baahir sa che cosa lo aspetta. Si toglie i due indumenti e rimane nudo di fronte all’uomo che sta per violentarlo.

- Alza le braccia e afferra la sbarra.

C’è una sbarra di ferro, in alto, in una nicchia della parete.

Ferdinando lega i polsi di Baahir alla sbarra. Poi si china e passa un’altra corda intorno alla caviglia destra. La lega a un anello fissato alla parete. Dopo che Ferdinando ha fatto lo stesso con l’altra caviglia, il corpo di Baahir forma una grande X.

Baahir non può vedere Ferdinando, che è dietro di lui. Può vedere solo la parete che ha davanti a sé.

Ferdinando si sfila la cinghia e molla un colpo violento sul culo di Baahir, che stringe i denti per non urlare. Un secondo e un terzo colpo lasciano un segno rosso sul culo. Altri colpi seguono, fino a che in due punti la pelle non si spacca e il sangue cola. Ferdinando ora è soddisfatto: gli piace vedere il sangue che cola da questo bel culo, muscoloso e forte, coperto da un pelame rigoglioso.

Ferdinando ora è impaziente. Si spoglia in fretta, inumidisce la cappella, mette le mani sul culo sanguinante di Baahir, stringe le natiche, le allarga, preme il cazzo contro il buco ed entra. Baahir sussulta e il suo guizzo trasmette un brivido di piacere a Ferdinando. La carne cede a fatica, Baahir non deve esserselo mai preso in culo. Anche questo piace a Ferdinando. Baahir è un vero maschio e fottere un vero maschio è più bello. Ferdinando spinge deciso, fino in fondo, finché i coglioni non battono contro il culo del capo dei briganti, che non riesce a trattenere un gemito. Ferdinando stringe il culo con forza, lasciando che il sangue scorra tra le sue dita, e incomincia il suo movimento ritmico, avanti e indietro, spingendo ogni volta il cazzo fino a che è tutto dentro e poi ritirandolo fuori quasi completamente, a volte uscendo del tutto.

Il movimento di Ferdinando prosegue a lungo, diventando sempre più intenso, finché il piacere esplode, squassando il corpo di Ferdinando.

Il siciliano si stacca ed esce. Il piacere è stato talmente forte da stordirlo. Si guarda il cazzo, da cui cola un po’ di seme. Sulla cappella c’è del sangue. Anche le mani si Ferdinando sono macchiate di sangue.

Baahir dice qualcosa, che Ferdinando non capisce: di arabo sa pochissime parole. Ma di certo è un insulto.

Il siciliano ride:

- È inutile che sacramenti. Non capisco quello che dici.

Questa volta Baahir parla nella lingua dei franchi, che evidentemente conosce assai bene:

- Che tu sia maledetto, cane!

Ferdinando ride di nuovo.

- Mi è piaciuto il tuo culo, Baahir. Me lo gusterò tutti i giorni, da adesso fino a quando andremo ad Antiochia. E mi gusterò anche la tua bocca.

Ferdinando slega Baahir, che si volta a guardarlo, mentre si massaggia i polsi. Baahir lo fissa, senza abbassare gli occhi. C’è una scintilla di odio in quello sguardo, ma non c’è paura, umiliazione, sconfitta. È un maschio invitto, quello che ha di fronte. Non lo ha piegato.

Ferdinando ghigna. Gli piace quest’uomo fiero, che non mostra paura. Gli piace questo corpo forte, che non aveva mai subito violenza. Gli piace questo maschio.

 

*

 

Ferdinando tiene fede alla promessa il giorno dopo.

Fa slegare Baahir, poi gli ordina di mettersi in posizione per la fustigazione. Il soldato che ha accompagnato il prigioniero esce.

Ferdinando si avvicina e incomincia a passare una corda intorno al polso destro, ma Baahir dice:

- Puoi anche non legarmi.

Ferdinando sorride. Baahir ha i coglioni, non c’è dubbio. Ma lo piegherà, porcoddio, lo piegherà. È una questione di principio.

Le ferite al culo non sono ancora chiuse, per cui Ferdinando colpisce alla schiena. Va avanti a lungo, anche se Baahir barcolla, anche se è evidente che solo la forza di volontà lo regge in piedi. Il sangue scorre sulla schiena, scivola fino alle natiche e al solco, gocciola a terra.

Ferdinando sente che il desiderio è sempre più forte. Il cazzo è teso allo spasimo e a ogni colpo che vibra la tensione pare aumentare.

Ferdinando spinge con violenza Baahir, che lascia la presa e cade in ginocchio. È intontito dai colpi. Ferdinando gli afferra i lunghi capelli e gli sbatte la testa contro la parete. Dalla tempia scende un po’ di sangue.

Senza lasciare i capelli, Ferdinando stringe una mano intorno al collo di Baahir, che spalanca la bocca per far entrare un po’ d’aria. Ferdinando vorrebbe spingere il cazzo fino in fondo alla bocca di Baahir, ma quando lo avvicina alle labbra, il brigante digrigna i denti. Ferdinando sa che Baahir lo morderebbe, senza curarsi di ciò che potrebbe capitargli dopo.

- Ti sistemo io, stronzo!

Ferdinando si rimette la tunica ed esce dalla cella. Torna dopo venti minuti. In mano ha un bracciale di ferro alto due dita, legato con una corda. Baahir lo guarda con odio. Ferdinando gli stringe il collo con una mano, costringendolo ad aprire la bocca. Ferdinando spinge tra i denti il bracciale, in modo che tenga aperta la bocca di Baahir, e lo fissa facendo passare la corda intorno alla testa del brigante. Questi non può chiudere la bocca e il diametro del bracciale è sufficiente perché il siciliano vi faccia passare il suo poderoso cazzo. Baahir soffoca, ma a Ferdinando non importa: il desiderio è troppo violento. Ferdinando prende a muovere con forza il culo, spingendo ogni volta il cazzo fino in fondo e poi ritraendolo, finché viene, spargendo il suo seme nella bocca di Baahir. Solo allora gli lascia i capelli e il collo. Il brigante respira a fatica, tossisce, sputa, il corpo percorso da un tremito. Lo guarda con odio, ma non c’è traccia di paura nel suo sguardo e la fierezza dell’uomo eccita Ferdinando.

- Adesso te lo metto di nuovo in culo, Baahir.

Il brigante lo guarda, poi si stende e allarga le gambe. Ferdinando gli guarda la schiena insanguinata. Quest’uomo ha davvero i coglioni.

Un impulso di rabbia prende Ferdinando, che si china su Baahir e gli stringe i coglioni in una morsa di ferro.

- Potrei spaccarteli, bastardo. Al re vai bene anche con i coglioni spaccati.

Ferdinando ride, una risata rabbiosa. Vuole piegare quest’uomo che non cede, che gli resiste. Preme un po’ i coglioni, poi li lascia. Presto il cazzo è di nuovo teso e Ferdinando lo introduce con forza, cercando di fare male. Sente la tensione del corpo di Baahir, ma sa che non avrà altra soddisfazione.

Quando Ferdinando se ne va, il brigante si regge a malapena in piedi, ma Ferdinando sa di non averlo piegato.

 

*

 

Denis fa chiamare Ferdinando un’ora dopo.

- Ferdinando, non mi va bene quello che stai facendo a Baahir.

- Ma il re ha detto…

Denis non lo lascia finire.

- Il re ha detto di rendergli la vita un inferno, ma tu oggi l’hai quasi ammazzato: sta delirando ed è in pericolo di vita. Io ho il compito di portarlo vivo ad Antiochia. Per questa settimana te ne starai alla larga. Chiaro?

Ferdinando annuisce. Il tono di Denis non lascia spazio a repliche. Per quanto siano amici, Ferdinando sa benissimo che Denis è il comandante e non intende accettare che i suoi ordini vengano messi in discussione. Denis riprende:

- Ti proibisco di fustigarlo ancora come hai fatto oggi.

- Mi scuso. Sono un coglione, Denis, comandante, lo so. Ma… obbedirò.

Ferdinando è irritato con se stesso. Ha ecceduto, se ne rende conto benissimo. Ma Baahir lo eccita, gli piace fottere quest’uomo indomito, piegarlo è diventata la sua ossessione. E gli scoccia moltissimo di dover rinunciare a fotterlo per una settimana. Non teme certo di dover rimanere a bocca asciutta: al castello sono molti i suoi estimatori e in questi giorni si darà da fare con loro. Ma Baahir lo attrae assai di più di tutti gli altri.

 

*

 

Baahir attende nella cella che arrivi Ferdinando. Sa che verrà anche oggi, come è venuto ogni giorno nelle ultime tre settimane. Dopo il secondo giorno, in cui Baahir è quasi svenuto per i colpi, c’è stata una pausa e Baahir ha sperato di essere lasciato in pace, ma Ferdinando ha ripreso a frustarlo e stuprarlo ogni giorno.

La fustigazione è rapida: pochi colpi vibrati con forza. Poi la violenza. Ogni volta Baahir ha subito lo stupro ribollendo di una rabbia ben più forte della sofferenza provocata dalla fustigazione.

Il dolore al culo è stato violento nei primi giorni e più volte Baahir ha perso un po’ di sangue. Poi il suo corpo si è abituato a questa violenza, come si è abituato ai colpi, e non c’è più stata davvero sofferenza, solo l’umiliazione e la collera nei confronti di Ferdinando.

Ora Baahir è turbato. Negli ultimi giorni è successo qualche cosa di inatteso.

Ferdinando apre la porta. Come al solito, libera le mani di Baahir dalle corde. Il brigante si mette in posizione. Attende i colpi, come ogni giorno. Possono essere al culo, alla schiena, alle gambe, più di rado alle braccia. Ne ha ricevuti anche al torace e al ventre. Il suo corpo è pieno di striature rosse, ma non ci sono più le ferite aperte nei primi giorni.

Oggi Ferdinando gioca con la frusta, come ha fatto altre due volte. La fa scorrere sulla schiena di Baahir, senza colpire, poi preme l’impugnatura contro il buco del culo, forzandolo. Da dietro gli stuzzica i coglioni, poi ritorna a premere contro il buco del culo. Toglie la frusta, immerge dentro l’indice, fino in fondo. Sempre tenendo il dito nel culo del prigioniero, Ferdinando gli assesta quattro colpi violenti sulla natica destra.

Poi toglie il dito e immerge il cazzo, che scivola dentro, fino in fondo. Mette le mani sui fianchi di Baahir e dà inizio alla sua cavalcata.

Nella foga della cavalcata, le sue dita scivolano in avanti, sul ventre del brigante. E Ferdinando sente, teso al massimo contro il ventre, il cazzo del bandito.

- Porcoddio! Ti è venuto duro.

Baahir non dice nulla. Da diversi giorni avvertiva la tensione nel suo corpo quando Ferdinando lo prendeva, ma fino a oggi il desiderio non aveva preso una forma così precisa. Ora l’erezione rivela ciò che prova. È un’umiliazione in più, ma neppure questo può farlo cedere.

Ferdinando è disorientato. Non se l’aspettava. Le sue dita afferrano il cazzo di Baahir, lo stringono.

- Ti piace farti inculare, eh?

Baahir non dice nulla.

Ferdinando prosegue con la sua attività. Quando infine sta per venire, la sua destra accarezza vigorosamente il cazzo del bandito e vengono insieme. Il seme di Ferdinando riempie le viscere di Baahir, come è accaduto tutti i giorni in queste settimane, quello di Baahir schizza in alto e poi ricade sul torace e sul ventre del brigante e sulla mano del siciliano. 

Ferdinando si porta la mano alla bocca, in un gesto istintivo, e lecca le gocce di seme.

Baahir si volta e lo fissa. Ferdinando lo guarda: ha di fronte lo stesso uomo fiero di sempre. Non sembra turbato da ciò che è successo. È Ferdinando invece a sentirsi inquieto. Non saprebbe definire ciò che prova, non è mai stato bravo ad analizzare emozioni e sentimenti, né i propri, né quelli altrui, ma mentre guarda questo maschio vigoroso e indomito, sente qualche cosa rimescolarsi dentro di sé.

Ferdinando esce senza dire nulla. In serata scopa con alcuni dei suoi amici, come fa tutti i giorni, ma negli occhi ritorna ossessiva l’immagine di Baahir.

 

*

 

Il giorno dopo Ferdinando raggiunge la cella. Entra e guarda Baahir, che si solleva e lo fissa, senza abbassare gli occhi. Ferdinando vorrebbe slegarlo e dirgli di mettersi in posizione, ma non lo fa. Altre parole gli vengono alle labbra:

- Facciamo la lotta, Baahir. Chi vince lo mette in culo all’altro.

Baahir lo guarda. Il viso è impassibile, ma negli occhi del brigante è passato un lampo. Baahir annuisce.

Ferdinando slega Baahir, poi si spoglia, imitato dal brigante. Si guardano, valutando ognuno la forza dell’altro.

Baahir è un uomo vigoroso, anche se l’inattività forzata nella cella e la fustigazione lo hanno certamente indebolito, ma Ferdinando non ha paura: sa bene di essere molto più forte. Baahir può avere più esperienza, ma difficilmente questo sarà sufficiente per batterlo.

Ferdinando si dice che sarà una bella lotta e che inculare Baahir dopo averlo vinto sarà ancora più bello. E mentre lo pensa, guarda il corpo possente del suo avversario, il torace muscoloso, le braccia nerborute, la peluria scura fitta intorno ai capezzoli e sul ventre, il grosso cazzo. Ferdinando prova una sensazione di disagio. Si sente la gola secca. Di colpo non è più sicuro di vincere, non è più nemmeno certo di volerlo.

Fa due passi indietro, piega un po’ le gambe e allarga le braccia.

- Avanti!

Si studiano un buon momento, prima di muoversi. È Ferdinando a scattare, impaziente di abbattere l’avversario. Salta su Baahir, che però scatta di lato. Ferdinando gli afferra un braccio, ma non riesce a piegarlo: Baahir si sottrae. Il brigante cerca di mettere una gamba tra quelle del siciliano, in modo da farlo cadere; Ferdinando barcolla, ma riesce a rimanere in piedi. Si scaglia su Baahir e rotolano tutti e due a terra. Ferdinando è sopra, ma Baahir riesce a sgusciare via. Mentre il siciliano si rialza, Baahir lo afferra da dietro, cercando di spingerlo a terra, ma il siciliano è troppo forte. Lottano avvinghiati, Ferdinando tenta di liberarsi della stretta, Baahir si sforza di farlo cadere. Il contatto dei loro corpi accende il desiderio.

E d’improvviso Ferdinando ha l’impressione che le forze lo abbandonino. La disfatta non viene da fuori, non è un nemico più forte a batterlo, a fargli piegare le ginocchia e finire a quattro zampe sul pavimento della cella. È il suo corpo a tradirlo. Ferdinando non cerca più di liberarsi da Baahir, rinuncia alla lotta. Senza dire nulla, si stende a terra e allarga le gambe, in una resa completa. Ferdinando sa che è questo che il suo corpo vuole. Non solo il suo corpo, anche se fa fatica ad ammetterlo. Non sta offrendo a Baahir il suo corpo. Sta offrendo se stesso, senza riserve.

Baahir si stende su di lui. Ferdinando sa che lo prenderà senza delicatezza, perché così lui lo ha sempre preso. Baahir entra con violenza. Ferdinando sussulta quando, per la prima volta nella sua vita, sente dentro di sé un cazzo che gli scava nelle viscere, ma reprime il gemito che gli è salito alle labbra. Baahir incomincia a fotterlo, spingendo con vigore il suo cazzo fino a che scompare completamente nel culo di Ferdinando, poi lo ritrae e lo fa nuovamente affondare nel corpo del siciliano, in una rapida successione di spinte potenti. Il dolore è violento, ma non è la sensazione più forte. In questa resa completa di tutto se stesso, in questo abbandono totale, c'è un piacere che è più forte di ogni sofferenza.

Poi Baahir rallenta il ritmo: il movimento diviene più lento, ma non meno vigoroso. Ora che il dolore iniziale si è attenuato, Ferdinando sente che il suo corpo reagisce con violenza a questa penetrazione: il cazzo gli si è teso e il desiderio cresce, si espande, lo scuote tutto. Quando infine Baahir imprime nuovamente un ritmo molto intenso alle sue spinte, Ferdinando capisce che il suo piacere sta per esplodere. Vengono entrambi, insieme.

Baahir si affloscia sul corpo di Ferdinando, che non è riuscito a trattenere un grugnito.

Baahir si rialza e Ferdinando geme quando sente il cazzo del brigante uscire dal suo culo: vorrebbe che rimanesse ancora dentro di lui. Ferdinando si alza. Baahir lo sta guardando. Ferdinando ricambia lo sguardo, poi si china, prende la frusta e la porge a Baahir.

Baahir la prende, Ferdinando si volta e si mette in posizione, le mani attaccate alla sbarra in alto e le gambe divaricate. Il primo colpo al culo arriva subito. Ferdinando si morde un labbro per non urlare.

 

*

 

Ferdinando sta salendo le scale quando incontra Conon e Martin.

- Ci vediamo in cucina alla solita ora, Ferdinando.

Ferdinando guarda Conon. Scuote la testa.

- No, questa sera no.

Ferdinando ha risposto d’istinto. Conon è stupito: da quando sono tornati tutti al castello, si sono ritrovati ogni notte.

- Il comandante ti ha affidato qualche incarico?

Ferdinando scuote la testa. Dovrebbe inventare una scusa, ma gli sembra che i suoi pensieri siano intorpiditi. Non sa che cosa dire, non gli viene in mente nulla. Non saprebbe spiegarlo neanche a se stesso. Sa solo che non ha voglia di scopare con gli altri.

Borbotta:

- Poi vi spiego.

Riprende a salire. Ha bisogno di stare da solo. Forse è meglio che esca, che faccia due passi. Si volta rapidamente e scende. Supera Conon e Martin, che lo guardano stupiti. Raggiunge l’uscita e si allontana. Solo quando è lontano dal forte respira liberamente.

Che cazzo gli è successo? Perché si è lasciato inculare, frustare? Perché non ha più voglia di scopare con gli altri?

Ferdinando non lo sa. Si dice che gli vedrebbero i segni delle frustate sul culo, che gli chiederebbero e che lui non saprebbe che cosa raccontare. Ma non è quello, lo sa benissimo. Ferdinando è confuso, non riesce a leggere dentro di sé. Non gli era mai successo di trovarsi in una situazione del genere.

Non gli era mai successo di innamorarsi.

 

*

 

Baahir è seduto nella sua cella. Nella semioscurità in cui il piccolo locale è immerso anche in pieno giorno, fissa la porta, senza vederla. Gli ultimi giorni sono stati una tempesta che ha spazzato via ogni certezza. Qualche giorno fa odiava Ferdinando, con tutto se stesso. Quando il suo corpo ha incominciato a provare piacere durante la violenza, è rimasto disorientato. Poi Ferdinando gli ha fatto una sega mentre lo inculava e il piacere è stato intensissimo, come poche volte gli era capitato nella sua vita. Certo, Baahir non veniva da molto tempo, dalla notte della cattura.

Ma il giorno dopo, quando Ferdinando si è offerto – perché è stato lui a offrirsi, Baahir se ne rende ben conto – Baahir lo ha preso con violenza, per vendicarsi di tutto ciò che aveva subito. E questa volta la sensazione provata è andata oltre ogni limite. Quando è venuto, il piacere è stato tanto forte da annichilirlo. E perché gli ha fatto piacere che Ferdinando venisse insieme a lui? E perché il cazzo gli è tornato duro fustigando il siciliano? 

Baahir è abituato ad affrontare la realtà. Il suo carnefice, l’uomo che lo ha torturato e stuprato per settimane intere, gli piace, gli trasmette sensazioni violente. Baahir lo desidera, desidera stringere quel corpo, abbracciarlo, accarezzarlo, frustarlo, ma anche farsi abbracciare, inculare, frustare. Il suo carnefice è diventato il suo amante.

Sono tre giorni che Baahir attende con impazienza l’arrivo di Ferdinando nella cella e ogni volta si amano con ardore, in una lotta senza quartiere, in cui ognuno dei due vuole essere vincitore e vinto.

 

*

 

Ferdinando cammina lungo il sentiero. Non sa bene dove sta andando. Ha bisogno di allontanarsi dal castello, di non vedere nessuno. Deve pensare.

Baahir. Baahir è il centro dei suoi pensieri. Non può lasciarlo morire. E c’è un solo modo per salvarlo: farlo fuggire. Fuggire con lui.

Fuggire significa tradire. Denis, in primo luogo, il suo amico, il suo comandante, uno che gli ha salvato la pelle più volte. Denis non avrà la ricompensa che ha meritato sconfiggendo i briganti, il re se la prenderà perché ha lasciato scappare Baahir, anche se Denis non ne ha nessuna colpa.

Ma non c’è modo di salvare Baahir ed evitare che Denis venga punito. Ferdinando non è certo nella posizione per chiedere al re la grazia per Baahir. Chi è lui? Ferdinando da Siracusa, un povero coglione che combatte per il re.

E se la grazia la chiedesse Denis? Perché dovrebbe chiederla? Perché Ferdinando ne ha bisogno, sì, Denis lo farebbe, ma Ferdinando si ricorda bene la faccia del re quando parlava dei briganti. E il patriarca, pure. No, se Baahir arriva ad Antiochia, lo aspetta una morte orrenda e nessuno lo salverà. Merda! Merda! Merda!

Non c’è altra via. Tradire Denis, tradire i suoi compagni, i suoi amici. Fuggire tra i saraceni. Per vivere con Baahir. O per morire con lui.

Come fare? Ferdinando può portare fuori Baahir un giorno o una sera. Dire che è un ordine di Denis. Oppure intervenire quando i soldati gli fanno fare un po’ di movimento, in tarda mattinata. Deve scegliere il momento adatto. Nessuno sospetterà di lui. Tutti lo considerano il vice di Denis, anche se lui non ha davvero una carica ufficiale. Ma Denis lo mette spesso alla guida di gruppi di uomini. No, nessuno sospetterà. Deve scegliere bene il momento.

Tradirà. Non ha mai tradito. È sempre stato leale. È un coglione, un povero coglione, ma leale. Non c’è altra soluzione, nessun’altra soluzione. Deve salvare Baahir.

E se la fuga non riuscisse? Sarebbe la morte, anche per lui. Denis sarebbe costretto a metterlo a morte. Ma a Ferdinando non importa. Se non riesce a salvare Baahir, tanto vale morire.

Ferdinando ha preso la sua decisione. Elabora il suo piano. Sa che non ha molto tempo a disposizione. L’ordine di portare Baahir ad Antiochia potrebbe arrivare in qualsiasi momento. E se arrivasse e Denis gli desse questo incarico? No, sicuramente sarà Denis a portare Baahir ad Antiochia, tutti loro non hanno più ragione di rimanere in questa regione, ora che i banditi sono stati sterminati. Non è territorio del re, il principato di Antiochia.

Bisogna agire, ora, in fretta.

Quando infine Ferdinando si alza, si rende conto di essere bagnato. Sta piovendo, una pioggia di aprile, fine, che lo ha inzuppato completamente, senza che Ferdinando ci badasse.

- Porcoddio, sono proprio rincoglionito.

Ferdinando rientra. Scende nella cella di Baahir. Si fa aprire la porta. Entra. Guarda l’uomo che ama.

- Baahir…

- Dimmi, Ferdinando.

Ferdinando non trova le parole. Si avvicina a Baahir. Gli prende il viso tra le mani. Lo bacia. È la prima volta che lo bacia. Baahir non si sottrae. Lo guarda, in attesa.

A Ferdinando sembra che quel bacio gli dia la forza di parlare.

- Fuggiremo insieme, Baahir. Farò in modo di liberarti. Tu certo conosci queste montagne e sai come possiamo allontanarci. E poi qualche cosa faremo.

Baahir lo guarda. Rimane un momento in silenzio. Poi dice:

- Bada, Ferdinando. Se Denis d’Aguilard ti scopre, ti farà giustiziare, anche se è tuo amico.

Ferdinando annuisce.

- Lo so, ma non posso salvarti in altro modo. E non posso accettare che tu muoia.

 

*

 

Il piano è pronto. Ferdinando ha scelto il momento adatto, in modo da poter avere qualche ora di tempo prima che si accorgano della fuga e partano al loro inseguimento. Prenderà due cavalli, li caricherà di provviste, e li legherà non lontano. Poi uscirà dalla fortezza con Baahir, raggiungeranno i cavalli e se ne andranno verso la libertà.

Il giorno scelto è domani.

Mentre Ferdinando ripassa ancora una volta ogni particolare del suo piano, alla ricerca di eventuali punti deboli, Sigurd viene a dirgli che Denis vuole parlargli.

Ferdinando raggiunge la stanza del comandante. Spera solo che non ci sia qualche contrattempo, che Denis non voglia affidargli un incarico che magari lo porterebbe lontano dal forte per qualche giorno. Se così fosse, dovrà studiare qualche mezzo per evitare di partire o per riuscire a tornare e liberare Baahir.

Denis è seduto accanto al tavolo. Guarda Ferdinando, poi gli dice:

- Ferdinando, ho fatto mettere una seconda sentinella di fronte alla cella di Baahir. I due uomini hanno l’ordine di non allontanarsi mai dalla porta e di non lasciarlo uscire per nessun motivo, neanche se lo viene a prendere qualcuno dicendo che lo mando io. Non lo faremo più uscire durante la giornata. Temo che voglia fuggire e che possa trovare qualcuno disposto ad aiutarlo.

Il tono di Denis è neutro, come se stesse dando a Ferdinando un’informazione di scarso rilievo. Ma Ferdinando intuisce che l’amico non parla a caso.

- Tu dici?

- Se cercasse di scappare, devono fermarlo, a qualunque costo.

Ferdinando ripete, non sapendo bene che dire:

- A qualunque costo...

- Ho promesso al re che glielo avrei portato vivo, se fossi riuscito a catturarlo. Se qualcuno lo aiutasse a scappare, sarei costretto a impiccare il complice.

Ferdinando annuisce. Ha capito benissimo. Denis si è accorto di qualche cosa e gli sta dicendo che non gli permetterà di far fuggire Baahir.

Ferdinando china la testa. Sente la sofferenza crescere, tanto forte da impedirgli di parlare. Con un cenno del capo saluta Denis ed esce.

Gli sembra di barcollare. Si appoggia a una parete. È finita. Baahir sarà portato ad Antiochia e giustiziato. Non può salvarlo.

Ferdinando scende fino alla cella. Ci sono due guardie davanti alla porta. Ferdinando entra.

Baahir intuisce subito, appena lo vede.

- Hanno scoperto il tuo piano?

Ferdinando annuisce.

- Denis sa tutto. Non mi ha detto niente, ma non posso farti uscire dalla cella. Ci sono due guardie, ora, che devono vigilare. Merda!

Ferdinando si siede a terra. Gli sembra di non riuscire a tollerare la sofferenza che lo dilania.

Baahir gli mette una mano sulla spalla:

- Denis d’Aguilard è un ottimo comandante. Il mio destino è segnato ed è quello che mi sono costruito io. Grazie, Ferdinando, per averci provato.

 

*

 

Denis fa chiamare Baahir.

- Mi è stata consegnata una lettera, Baahir, che ti riguarda. Viene da tuo fratello.

Denis appoggia sul tavolo una lettera. Baahir si avvicina e la scorre. Sono poche righe: il fratello ha accolto Zeyd e Afrah e promette di prendersi carico del nipote. Invita Baahir a pentirsi dei suoi peccati e ad accettare il supplizio che lo attende come un’espiazione.

Baahir prova un sollievo infinito. La speranza di fuggire è svanita e la morte che lo attende sarà atroce, ma in questo momento non gli importa: Zeyd è vivo e suo fratello si prenderà cura di lui. Suo fratello è un uomo giusto.

Se fosse riuscito a fuggire, avrebbe ripreso Zeyd con sé. Non lo rivedrà più, ma almeno sa che è in buone mani.

- Grazie, comandante.

Denis getta la lettera nel fuoco che arde nel camino.

- Di questo nessuno dovrà mai sapere niente.

- Non sarò certo io a parlarne, comandante.

Denis guarda Baahir. Baahir non racconterà nulla, Denis lo sa benissimo, come sa che la vita di Baahir sta arrivando alla fine.

 

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Il re ha in progetto di ritornare ad Antiochia. Ordina a Denis d’Aguilard di rientrare in città e consegnare il brigante al capo del presidio, Renaud di Soissons, che dovrà custodirlo fino al suo arrivo.

Denis comunica ai suoi uomini la decisione del re. Parecchi sono contenti di ritornare in città, dove ci sono molte più occasioni di divertirsi: sono stufi di rimanere tra i monti. A qualcuno invece spiace lasciare il castello dove sono vissuti tranquilli negli ultimi mesi. Ma gli ordini del re e del comandante non si possono certo discutere.

Per Ferdinando la notizia è una sofferenza atroce. Durante il viaggio ha poche occasioni di stare con Baahir, anche se si rende conto che Denis fa di tutto per permettergli di trascorrere ancora alcune ore con lui. La sorveglianza non viene meno un minuto e, per quanto Ferdinando cerchi, non si presenta nessuna occasione favorevole per tentare la fuga. Ogni abbraccio potrebbe essere l’ultimo: quando arriveranno ad Antiochia, Ferdinando non avrà più nessuna possibilità di stringere il corpo di Baahir, di possederlo, di farsi possedere.

 

Antiochia accoglie l’uomo che ha liberato la regione dai banditi con una grande festa: alle finestre e ai balconi sono appesi drappi colorati e la folla si accalca, lanciando fiori sul comandante vittorioso e sui soldati. Denis rimane frastornato: è la prima volta che gli capita, non era preparato a questo. La sua natura schiva lo spingerebbe a sottrarsi all’attenzione della folla, ma non è certo possibile.

Baahir fa parte del corteo. Alla sua vista l’entusiasmo della folla si trasforma in rabbia. Uomini e donne inveiscono contro di lui e gli lanciano addosso ciottoli, fango e vari oggetti. Molti vorrebbero sputargli addosso. I soldati di Denis tengono tutti a distanza, ma non riescono a impedire che Baahir venga colpito dagli oggetti lanciati. Baahir non vuole certo mostrare paura e la sua fierezza aumenta la furia della folla. I lanci si moltiplicano e da una finestra una donna gli butta addosso un secchio di liquame, che lo prende sul lato destro.

Ferdinando è furente e sguaina la spada. Si avventerebbe sulla gente che grida insulti e tira oggetti, se Denis non intervenisse per bloccarlo. Anche Denis è irritato per quanto sta succedendo. Baahir è il capo dei briganti, che hanno razziato, ucciso e stuprato. Merita la morte, ma non gli piace l’idea che la folla si accanisca contro un uomo inerme.

Baahir arriva alla prigione sporco di piscio e merda, con il sangue che gli cola dal petto, da una tempia e da una coscia.

Renaud di Soissons fa i suoi complimenti a Denis per la piena riuscita della sua missione. Le sue parole di lode non ingannano Denis: Renaud è invidioso dei successi di quello che è stato un semplice guerriero alle sue dipendenze. Sa che il re sarà molto soddisfatto dell’impresa compiuta e lo ricompenserà.

Renaud si occupa di Baahir: ha già deciso che cosa fare. Vuole che la sua punizione sia esemplare. Il capo dei briganti viene spogliato completamente. Non si occupano di pulirlo. Nudo, sporco e sanguinante, Baahir viene messo in una gabbia di ferro tanto stretta che non può nemmeno distendersi. La gabbia viene appesa davanti alla caserma del presidio regio.

La folla potrà venire sotto la gabbia a dileggiare il capo dei briganti, ma la gabbia è appesa in alto e non sarà facile colpirlo. Quattro soldati faranno la guardia, per sicurezza.

La sera Ferdinando raggiunge la piazza e si ferma in un angolo. Rimane a lungo a guardare la gabbia dove è prigioniero Baahir.

 

*

 

Denis è impaziente di ritrovarsi con Charles. Ha pensato a lui per tutto il viaggio dalle montagne ad Antiochia. Lo saluta nel palazzo di Renaud, ma, come sempre in presenza del fratello, Charles ricambia appena il saluto. Prima che Denis esca, però, gli sussurra di trovarsi in un bagno pubblico di cui gli dà l’indirizzo.

Charles è già nel bagno quando Denis entra. Dopo essersi sincerato che non ci sia nessun conoscente intorno, Charles si avvicina. Sorride e dice, scherzoso:

- Bentornato, glorioso comandante.

- Sono felice di vederti Charles.

- Anch’io. Lavati e fai le tue cose senza fretta. Poi mi raggiungi al primo piano. La terza stanza.

Charles si allontana.

Denis ha l’impressione che la prudenza di Charles sia eccessiva, ma è troppo contento di averlo ritrovato per preoccuparsene. Dopo essersi lavato, sale al primo piano e raggiunge la stanza che gli ha indicato Charles.

Appena entrato, abbraccia Charles. Si baciano, a lungo. La lingua di Denis si apre la strada tra le labbra e i denti di Charles, poi si ritrae.

Charles sorride e dice:

- L’eroe vittorioso, colui che ha sconfitto i briganti, andando a stanarli fino in territorio nemico.

Denis scuote la testa. Vorrebbe dire a Charles che se fosse venuto con lui, adesso condividerebbe la sua gloria, ma sarebbe inutile. Vuole godersi il momento presente.

- Questo eroe adesso vuole una sola cosa, Charles… e credo che tu sappia che cos’è.

Charles sorride:

- Il mio culo o la mia bocca?

Denis scuote la testa. Vorrebbe molto di più da Charles. Vorrebbe Charles stesso, nella sua interezza, la sua anima e il suo corpo.

Denis scioglie la tela che cinge il corpo di Charles e lo guarda. Ancora una volta si chiede come un uomo così bello possa desiderarlo. Ma poi le sue labbra cercano quelle di Charles e quel bacio cancella gli altri pensieri.

Denis starebbe ore e ore ad abbracciare Charles, ma il desiderio, troppo a lungo tenuto a freno nei lunghi mesi sulle montagne, ora preme impaziente. Charles sente contro di sé l’uccello del guerriero vincitore, ormai rigido, in verticale. E allora si scioglie dall’abbraccio, si mette in ginocchio davanti a Denis e prende in bocca l’arma che sta per penetrarlo. Mentre le labbra e la lingua di Charles avvolgono il suo cazzo, Denis sente brividi di piacere percorrere il suo corpo. Accarezza la testa di Charles, gli scompiglia i capelli, ridendo di una gioia senza limiti.

Poi Charles si stende sui cuscini, offrendogli il culo, e Denis si stende su di lui. Lo abbraccia ancora e lentamente affonda l’uccello nel culo caldo che lo accoglie.

 

*

 

Per quattro mesi Baahir non esce dalla gabbia. Gli passano da mangiare e da bere attraverso un’apertura, ma il prigioniero rimane tutto il tempo tra le sbarre.

La vita nella gabbia diventa presto un incubo. Baahir è sempre sotto gli occhi della gente che lo deride e gli lancia pietre, fango, escrementi. È costretto a fare i suoi bisogni sulle sbarre del fondo della gabbia, che non viene mai pulita. Per dormire, non potendosi stendere, si siede sulle sbarre sporche. La pelle si copre di croste e infezioni, perché Baahir non può pulirsi. Man mano che i mesi passano e arriva l’estate, il calore diviene intollerabile: le sbarre si arroventano e Baahir ha spesso la febbre, ma nessuno si prende cura di lui.

Nei primi tempi Ferdinando viene ogni giorno a guardarlo, ma la sensazione di impotenza che prova è troppo dolorosa. Ferdinando si rivolge a Denis.

- Denis, sai in che condizioni si trova Baahir.

- Sì, Ferdinando, l’ho visto.

- Denis, tu l’hai catturato, sei l’eroe della lotta contro i briganti. Potresti chiedere un trattamento più umano.

- Vorrei poter intervenire, Ferdinando. L’avrei già fatto, senza aspettare che me lo chiedessi tu, se solo pensassi di poter ottenere qualche cosa. Ma non otterrei niente.

- Renaud ha molta stima di te.

Denis scuote la testa. È perfettamente conscio dell’ostilità che Renaud di Soissons prova nei suoi confronti, nonostante i modi cortesi. Denis ha imparato a leggere negli sguardi e nelle parole, oltre l’apparenza.

- Renaud sa benissimo che il re odia Baahir e il reggente Aimerico non è certo meno ostile: ricordati che cosa i briganti hanno fatto al convento. Renaud è ambizioso e non ha nessuna simpatia per me. Non gli piace che qualcun altro acquisti una buona fama agli occhi del re. Non posso fare niente, non ascolterebbe le mie parole.

Ferdinando china la testa, sconfitto. Sa che Denis ha ragione.

 

Alla caserma dove alloggiano, Conon e Sigurd gli si avvicinano.

- Ferdinando, sono settimane che non scopi con noi. Adesso o ci dici che cos’hai o non ti molliamo più.

Ferdinando scuote la testa. Non ha voglia di parlare, non ha voglia di spiegare.

- Vieni con noi, Ferdinando. Se non vuoi raccontare, non importa.

Sigurd gli mette un braccio intorno alle spalle e Ferdinando si lascia guidare al magazzino dove avvengono i loro incontri: con l’estate in arrivo, il grande magazzino è il posto più fresco.

Ferdinando lascia che i compagni lo spoglino e che il gioco incominci. In queste settimane si è spesso fatto le seghe pensando a Baahir. Altre volte è venuto nel sonno, sognandolo. Ma ora il suo corpo vuole corpi veri da stringere, non solo da sognare.

E Ferdinando si abbandona al gioco degli abbracci, delle strette, come se non avesse un lupo che gli rode il cuore.

 

*

 

Oggi Charles non è venuto all’appuntamento. È già la terza volta nella settimana. I primi giorni dopo il suo rientro ad Antiochia, Denis ha incontrato Charles quasi ogni giorno. È stato felice di ritrovarlo, dopo averlo visto per alcuni mesi solo nelle sporadiche occasioni in cui è rientrato in città. Adesso però Charles gli dice che per lui non è facile uscire, perché Renaud gli affida spesso incarichi. E poi Charles è sempre molto prudente, teme che gli altri lo scoprano.

Denis vorrebbe non dare importanza a tutto ciò, ma si rende conto che nel suo rapporto con Charles ci sono molte ombre. Denis ha dei dubbi. Più di una volta gli è parso di cogliere negli sguardi di Charles il desiderio per altri uomini, a volte perfino una complicità. Ha sempre ricacciato indietro queste sue sensazioni, dicendosi che sono conseguenza di una stupida gelosia, ma il dubbio rimane. Anche la prudenza eccessiva di Charles a volte lo mette in sospetto: non vuole farsi vedere troppo con lui, non vuole che si chiacchieri di loro. È solo quello? Charles non è un bambino. Perché non è libero di muoversi? Un giorno Charles gli ha detto che doveva rimanere a palazzo e Denis lo ha visto per strada. Ha provato l’impulso di seguirlo, ma si è vergognato e ha tirato dritto.

Denis è arrivato ad Antiochia esultante, felice per la riuscita della sua missione e perché sapeva di ritrovare Charles. Gli sembrava che il futuro avesse tutto da offrirgli: la gloria, un incarico da parte del re, l’amore. Ma il Charles che ha ritrovato non gli sembra lo stesso che ha lasciato alcuni mesi fa.

 

*

 

Baldovino arriva ad Antiochia alla fine dell’estate. Appena arrivato, dopo aver parlato con il reggente e con Renaud, manda a chiamare Denis. Lo accoglie molto calorosamente e lo loda davanti a tutti, suscitando l’invidia di molti: non ha trattato così neanche Renaud, che pure è il comandante del presidio che ha lasciato in città.

Nel colloquio privato che segue, Baldovino dice a Denis:

- Ti ricompenserò, Denis d’Aguilard. Quando torneremo a Gerusalemme, ti darò un territorio in feudo e sono sicuro che lo saprai difendere.

A Denis pare di avere a portata di mano ciò che cercava. Baldovino è un uomo di parola e Denis sa che a Gerusalemme il re gli darà ciò che gli ha promesso. Non sarà un grande territorio, ma Denis non è ambizioso.

Denis diventerà feudatario. E mentre lo pensa Denis si chiede se ora Charles non potrebbe rinunciare al matrimonio e venire a vivere con lui. Potrebbe farne il capo delle sue guardie personali.

Se potesse avere anche Charles al suo fianco, che cos’altro potrebbe desiderare dalla vita?

 

*

 

Ferdinando è steso su una pelle, accanto ad alcuni dei suoi compagni. Hanno scopato a lungo e ora è piacevole rimanere distesi, godendo il fresco della sera.

È Conon a dire:

- Pare che tra due giorni ci sarà il grande spettacolo.

- Che cosa intendi?

- Giustiziano Baahir. Mio cugino lavora al palazzo e so che hanno deciso come ammazzarlo.

Ferdinando chiude gli occhi. Se fosse in piedi, avrebbe bisogno di appoggiarsi per non cadere. Ma gli sembra ugualmente di precipitare, senza fine. Non dice nulla. Altri chiederanno. Saprà ciò che non vuole sapere.

- E come lo ammazzano? Lo squartano?

- Il comandante del presidio ha avuto una bella idea. State a sentire.

Il comandante del presidio è Renaud. Quel figlio di puttana. Ferdinando ha l’impressione che il mondo vacilli.

- Gli fanno un bel taglio in pancia, qui ad esempio.

Ferdinando non guarda, non vuole vedere. Non vorrebbe nemmeno sentire, ma non può farne a meno.

- Poi gli legano una corda alle budella e la fissano a un palo, credo a una sbarra della gabbia. A forza di colpi lo costringono a muoversi, così, man mano che lui si allontana dal palo, le budella escono.

- Sarà un bello spettacolo.

- Puoi dirlo! Quel fottuto bastardo si merita una fine così.

La conversazione procede. Ferdinando rimane immobile, incapace di alzarsi e allontanarsi.

Dopo un po’ Sigurd dice:

- Ferdinando, che cazzo fai? Dormi?

Ferdinando scuote la testa.

Martin se ne va. Anche gli altri si rivestono. Ferdinando si mette a sedere e si infila la tunica, ma non si alza. Guarda nel buio del magazzino.

Poi, a fatica, si tira su. Deve parlare con Denis. Non può lasciare che Baahir muoia così. Non così.

 

Denis è nella sua camera, come sempre la sera: non è tipo da girare per le osterie a fare baldoria. Ferdinando bussa ed entra. Denis sta leggendo una lettera.

Si guardano, senza dire niente. Ferdinando sa che Denis ha capito.

- Non possiamo lasciarlo morire così, Denis.

Non ha detto di chi si tratta, non è necessario.

Denis rimane seduto. Guarda un momento nel vuoto.

- Non è facile, Ferdinando.

- Denis, per tutto quello che hai di più caro al mondo, aiutami.

Denis lo fissa e Ferdinando gli legge negli occhi la pena che l’amico prova per la sua sofferenza.

Denis annuisce.

- Va bene, Ferdinando. Faremo un tentativo.

 

*

 

Il re ha fatto chiamare Renaud di Soissons, che si presenta subito. Accanto a Baldovino c’è Denis d’Aguilard e Renaud non ne è contento, ma nasconde il fastidio che prova a vedere vicino al sovrano quello che ormai considera il suo rivale più pericoloso. C’è anche Ferdinando, ma del siciliano a Renaud non importa nulla: non è un uomo abbastanza intelligente e ambizioso da costituire un concorrente.

- Il comandante d’Aguilard vuole parlare un’ultima volta con il prigioniero, prima dell’esecuzione. Lo accompagnerete al presidio.

Renaud non ha nessuna voglia di fare un piacere a Denis d’Aguilard, ma non ha motivo per opporsi a una decisione del re che di certo non porta nessun vantaggio al suo rivale.

- Certamente, Maestà.

Denis e Renaud raggiungono la sede del presidio regio. Su ordine di Renaud, la gabbia viene ritirata sulla terrazza da cui è stata sospesa sulla piazza. Baahir guarda stupito l’operazione. Sa che la sua esecuzione è vicina, molti gli hanno gridato che domani mattina sconterà tutto quello che ha fatto. Trascorrerà la sua ultima notte altrove?

Quando l’operazione è conclusa, dalla porta che dà sulla terrazza escono Denis d’Aguilard, Ferdinando e Renaud di Soissons.

Baahir li guarda, in attesa.

Denis si avvicina e gli dice:

- Domani mattina sarai giustiziato.

Baahir non dice nulla. Di certo non lo hanno fatto uscire per dirgli questo. Che cosa vuole Denis d’Aguilard?

Denis lo guarda, poi gli chiede alcune cose sulla sua attività di brigante e sulle bande che comandava. Cose che ormai non hanno più nessun senso. Baahir sa che il motivo per cui è stato chiamato è un altro, ma non riesce a capire quale.

Poi Denis si rivolge a Renaud.

- Comandante, sono un po’ perplesso.

Denis si allontana, come se volesse parlare a Renaud senza farsi sentire da Baahir.

Ferdinando rimane vicino a Baahir. Sente ancora dire a Denis:

- Le condizioni del prigioniero non mi sembrano buone. Non vorrei…

Quando Renaud e Denis sono troppo lontano per sentirlo, Ferdinando sussurra:

- Ti darò una boccetta, quando nessuno vede. Te la metto in culo, per nasconderla. Domani, all’alba, berrai il contenuto e la scaglierai lontano. Morirai prima che il supplizio incominci.

Ferdinando parla poi ad alta voce, prendendo in giro Baahir, che sputa a terra. Rimane di fianco a lui e controlla che nessuno dei soldati stia guardando. Prende la boccetta e la preme contro il buco del culo di Baahir. La boccetta scompare dentro. Ferdinando indugia un attimo solo con il dito, poi con uno sforzo di volontà lo ritira. Sfiora il culo di Baahir e gli sembra che qualche cosa dentro di lui si spezzi.

Renaud e Denis si avvicinano a Baahir. Renaud sta dicendo:

- Non credo, Denis. Non mi sembra così mal messo.

Denis dice al prigioniero alcune frasi. Lo invita a pentirsi e a chiedere perdono a Dio. Baahir ascolta appena: il motivo per cui Denis è venuto ormai gli è chiaro.

 

Quando è buio, Baahir espelle la boccetta. La tiene in mano. La sua via di fuga, l’unica possibile. È grato a Denis che gliel’ha offerta. È strano: è grato all’uomo che lo ha catturato e ha impedito la sua fuga. Tra tutti coloro che ha visto dopo la cattura, è l’uomo che stima di più. E Ferdinando, che lo ha fustigato e violentato, è l’uomo con cui avrebbe voluto vivere.

 

*

 

Quando vede il cielo schiarirsi, Baahir apre la boccetta e ne beve il contenuto. È amaro. Amaro come la morte.

Baahir dice:

- Testimonio che non vi è dio se non Iddio e che Muhammad è l’inviato di Dio.

Poi Baahir getta la boccetta lontano. Arriverà addosso a qualcuno probabilmente: nella piazza c’è già tanta gente. Ma non ha importanza, penseranno che sia uno dei tanti oggetti che la gente lancia contro la gabbia.

La luce del mattino illumina la piazzetta, in cui in effetti si è radunata una grande folla. I soldati cercano di tenere libero uno spazio al centro, sotto la gabbia, dove è stato portato un carro, ma fanno fatica ad arginare la ressa. Baahir non viene liberato dalla gabbia, che viene invece calata sul carro per essere trasportata al luogo del supplizio.

Nuovamente, come il giorno in cui è arrivato in città, Baahir passa tra due ali di uomini e donne che lo insultano, cercano di sputargli addosso, gli lanciano oggetti, lo maledicono. Baahir assiste indifferente, avvolto in un torpore crescente. A un certo punto il suo corpo è scosso da un tremito convulso. La folla crede che abbia paura, lo deride, lo insulta, gli ricorda il supplizio che lo attende.

Il tremito diminuisce di intensità. Baahir rimane immobile. Sembra aver perso i sensi.

Nella piazza principale la gabbia viene fissata a un argano e il boia sale sul carro. Apre la gabbia e si rivolge a Baahir.

Ma Baahir non è più in grado di sentire nulla.

L’imprecazione del boia dà a Ferdinando la conferma che aspettava. Nessuno potrà più torturare Baahir. Sa bene che faranno scempio del suo cadavere, ma questo non ha importanza. Ferdinando è arrivato presto, ma ha scelto una posizione piuttosto arretrata, vicino all’ingresso di un vicolo. Scivola nel vicolo, facendosi largo tra la folla, e scompare.

 

*

 

Ferdinando cammina per la strada. Baahir è morto da un mese, Ferdinando ha ripreso a vivere come viveva prima di conoscere il capo dei briganti, prima di conoscere l’amore. Sa di avere una cicatrice, ma cerca di ignorarla.

A un certo punto deve accostarsi a una casa perché sta passando un corteo a cavallo.

Ferdinando alza la testa e gli scappa un:

- Porcoddio!

Lo sussurra appena: non vuole certo attirare l’attenzione del cavaliere che incede, circondato dai suoi uomini, perché il nobile che cavalca per le vie di Antiochia è Tancrède d’Espinel.

Ferdinando lascia che il corteo passi, sputa per terra e riprende la sua strada, che lo porta verso uno dei bagni di Antiochia.

Oggi ha appuntamento con Charles di Soissons. Ferdinando non ha una camera propria in città, dorme con gli altri soldati. Con loro scopa in qualche angolo dell’edificio dove sono acquartierati, di solito nel magazzino o su una delle terrazze. Charles però non vuole farsi vedere nella caserma: ha sempre paura che qualcuno possa riconoscerlo e sparlare di lui.

Ferdinando non si fa nessun problema e a volte vorrebbe dire a Charles che è inutile che prenda tante precauzioni: tra quelli a cui piacciono gli uomini non è certo un segreto che al bel Charles piacciono i cazzi e che si fa fottere da maschi di ogni tipo, certe voci circolano in fretta e qui ad Antiochia il fratello del comandante del presidio regio ha la fama di una troia sempre in calore. Ma se glielo dicesse, Charles si arrabbierebbe, per cui Ferdinando non dice nulla.

Ferdinando chiede della saletta che ha riservato e dice che aspetta un ospite. Poi entra nello spogliatoio e lascia i suoi indumenti. Passa nella stanza riservata, dove poco dopo arriva Charles. Anche lui si è già spogliato. Ferdinando sorride. Charles è un bell’uomo e ha un bel culo, ci sa fare ed è sempre un piacere fotterlo. Come al solito, Ferdinando intende prenderlo due o tre volte, gustando la bocca e il culo.

Ferdinando rimane seduto sulla panca, mentre Charles si inginocchia davanti a lui. Contempla un buon momento il magnifico sperone e poi lo prende in bocca. Come sempre, ci vuole poco, pochissimo, perché il cazzo di Ferdinando si gonfi di sangue e si irrigidisca. Charles allora si stacca e lo guarda, ammaliato. Poi apre di nuovo la bocca, cercando di inghiottire il più possibile dell’arma.

Charles succhia e lecca e Ferdinando si dice che davvero il bel Charles ci sa fare. Poi Ferdinando chiude gli occhi, rimanendo con la schiena appoggiata al muro, mentre il piacere cresce e infine deborda. Il seme riempie la bocca di Charles, che lo succhia con avidità. Ferdinando sospira e dice:

- Sei bravo con la bocca, Charles.

Poi Ferdinando ghigna e dice:

- Tra un momento mi fai gustare anche il culo.

Charles ride:

- Certo!

Charles rimane in ginocchio, contemplando il corpo di Ferdinando. La forza di quest’uomo lo affascina. Guarda il cazzo, ancora rigido – ci vuole sempre un momento prima che perda consistenza e volume – e i magnifici coglioni. Guarda il torace possente e villoso. Le sue mani si posano sulle ginocchia, risalgono lungo le gambe e il ventre.

Il cazzo di Ferdinando lentamente si affloscia. Tra non molto Charles riprenderà a stuzzicarlo: non ci vorrà molto perché il siciliano sia pronto per un’altra bella cavalcata. Poi Charles avrà male al culo per qualche giorno, ma con Ferdinando ne vale sempre la pena.

 

*

 

- Consiglierete al re un medico siriano.

Tancrède guarda il soldato, senza capire. Jacques Longuemain gli ha intimato di raggiungere il re ad Antiochia e ora quest’uomo gli dice che deve consigliare un medico al re? Lo hanno fatto venire qui per questo?

L’uomo spiega:

- Quando sarete dal re, racconterete di essere stato molto male e direte che un medico siriano, Baruc, vi ha guarito. È un cristiano ortodosso, al servizio del conte di Tripoli. Verrà da voi nel pomeriggio, in modo che possiate conoscerlo. Lo raccomanderete al re, dicendo che è un ottimo medico.

Tancrède esita, perplesso. Ora nel tono dell’uomo c’è una sfumatura di minaccia:

- È chiaro, conte? A Damasco non sono stati soddisfatti della vostra collaborazione durante la spedizione del re ad Antiochia, dopo la cattura di Reginaldo di Châtillon.

Tancrède allarga le braccia:

- Feci quanto era in mio potere. Non so che cosa successe all’uomo che avevo inviato.

- Certamente, signor conte. Ma domani vi recherete a corte. Il re non sta molto bene e voi gli consiglierete un ottimo medico.

Il soldato si congeda. Tancrède si sente inquieto. Ha tradito, più volte. Ha provocato la morte di molti uomini. E ne è stato ricompensato. Nella spedizione ad Antiochia non è stato di nessuna utilità: ha dato le informazioni in suo possesso, ma l’unica volta in cui sarebbero state davvero utili, Yvain è scomparso. Di lui Tancrède non ha più avuto notizie. Di certo non ha potuto comunicare ciò che sapeva ai saraceni, perché questi si sono infilati nella trappola e sono stati massacrati. Che cosa gli è successo? Si è sfracellato, cadendo tra le rocce quella notte?

E adesso, perché deve consigliare un medico al re? Probabilmente i saraceni pensano che un medico che goda della fiducia del re possa fornire molte informazioni utili. Se Baldovino sarà soddisfatto di questo Baruc, lo prenderà al suo servizio. Un altro traditore, questa volta a fianco dello stesso sovrano. Tancrède teme le conseguenze del consiglio che deve dare. Eppure sa che non c’è altra via.

 

*

 

Denis è stato via per una settimana: il re gli ha affidato una breve missione. Non sa nulla di ciò che è successo durante la sua assenza. A dargli la notizia è Ferdinando.

- Baldovino III si è ammalato. Dev’essere una cosa seria: febbre alta, dissenteria.

Denis aggrotta la fronte. La faccenda lo preoccupa: Baldovino è coraggioso ed è un buon sovrano, la sua vita è importante per il regno.

Ferdinando prosegue:

- Dicono che sia stato avvelenato dalle pillole che gli ha dato un medico siriano.

- Avvelenato?

- Sì, quel figlio di puttana, Baruc si chiama, doveva essere al soldo dell’imperatore Manuele. Sai che l’imperatore considera Antiochia parte del suo impero.    

Per gli imperatori romani d’Oriente, Antiochia fa parte del loro dominio, anche se la città era stata conquistata dai saraceni e sono stati i crociati a liberarla. Manuele non può accettare che Baldovino si sia impadronito di Antiochia.

- Ma… come è possibile? Hanno arrestato il medico?

- Il medico non si trova. E il re sta sempre peggio. Lo stanno curando, ma con pochi risultati. Dicono che il re voglia partire.

- Ma se sta male…

- Vuole andarsene.

In effetti tre giorni dopo le truppe si mettono in marcia, nonostante le condizioni precarie del re: Baldovino ritiene di essere rimasto ad Antiochia fin troppo a lungo. Vuole tornare a Gerusalemme. Ma non è in grado di viaggiare a lungo.

Baldovino decide di fermarsi a Tripoli. Sembra stare un po’ meglio, ma poi le sue condizioni peggiorano di nuovo. Ripartono per Gerusalemme, anche se tutti sconsigliano al re di rimettersi in viaggio in quelle condizioni. Denis si dice che Baldovino vuole morire a Gerusalemme: ormai il re, come Denis e tutti coloro che lo accompagnano, ha perso ogni speranza.

Baldovino non arriva a Gerusalemme: a Beirut sta tanto male che non è possibile procedere in nessun modo. Pochi giorni dopo l’arrivo in città, Baldovino muore.

Il viaggio di ritorno diventa un grande corteo funebre. Lungo la strada migliaia di donne e uomini porgono il loro ultimo omaggio al re di Gerusalemme.

 

Denis sa che non avrà mai la ricompensa che il re gli aveva promesso. Ma è abituato a contare solo su se stesso e non si lamenta della sua situazione. A ventun anni si è già conquistato la fama di uno dei migliori guerrieri del regno. Suo padre sarebbe orgoglioso di lui.

Se Charles non gli apparisse sempre più distante, se quel maledetto matrimonio non fosse sempre più vicino, Denis sarebbe ugualmente contento, anche se non è diventato feudatario. Ma il matrimonio è inevitabile: la morte del re ha azzerato le speranze di Renaud di Soissons, come quelle di Denis. Baldovino non gli aveva promesso un territorio in feudo, ma gli aveva affidato un incarico importante, che avrebbe potuto segnare l’inizio di una carriera. Svanita quella possibilità, bisogna ricominciare da capo, con il denaro del mercante Jacques Longuemain, il futuro suocero di Charles.

 

*

 

Al ritorno ad Acri viene celebrato il matrimonio di Charles di Soissons con Jeanne Longuemain. Denis partecipa al banchetto, come aveva fatto in occasione del fidanzamento. Sa che questo matrimonio è dettato solo da interessi economici, ma ne soffre ugualmente. Non può illudersi che il suo rapporto con Charles sia più forte di tutto. Da tempo Denis si è reso conto che Charles è sempre più distante. Il loro amore gli sembra fragile e minacciato.

Anche in questa occasione Denis si allontana quando incominciano le danze. Ma in serata, quando la festa si sta smorzando, Denis passa sotto le finestre del palazzo dei fratelli di Soissons. Non sa nemmeno lui perché lo fa, è assurdo. È innamorato di Charles, ma il matrimonio non ha niente a che fare con l’amore, è solo un affare. E Charles non lo voleva. Allora perché rodersi? Pensava davvero che lui e Charles avrebbero potuto vivere insieme, in un bel castello, come due sposi felici? Sogni, nient’altro che sogni. Possono essere amanti, non vivere insieme.

 

La sera una donna accompagna Jeanne nella camera nuziale e la prepara per la notte. Più tardi Charles viene e si corica accanto a lei.

Sa che deve svolgere la sua parte, ma non prova nessun desiderio. Si dice che deve farlo. Cerca di pensare ad altro, al corpo degli uomini che gli piacciono, a quello vigoroso di Denis, all’erculeo Ferdinando, ai tanti, soldati o servitori, mercanti o ecclesiastici, che attraggono il suo sguardo. Il sangue affluisce all’uccello. Allora Charles fa scorrere la sua mano lungo il corpo steso accanto al suo. Ma le sensazioni che gli trasmettono le sue dita sembrano spegnere completamente il desiderio: non è certo questa pelle delicata, questa carne morbida, che può accendere il suo corpo. Charles si dice che proverà domani sera. Si gira su un fianco, dando la schiena alla sua sposa, e si mette a dormire.

Jeanne non dice nulla. Sua madre l’ha preparata, le ha detto brevemente che cosa sarebbe successo.

Jeanne si chiede perché suo marito l’ha appena sfiorata. Forse Charles preferisce aspettare un altro giorno, darle il tempo di abituarsi alla nuova realtà: non ha voluto turbarla prendendola subito. O forse lei non gli piace. Jeanne è turbata. Non ha scelto questo matrimonio, ma lo sposo è uno degli uomini più belli che Jeanne abbia mai visto. Jeanne lo conosce appena, ma è sicura che potrebbe amarlo. Ma un uomo bello come Charles, che cosa può trovare in lei?

 

Venti giorni dopo il matrimonio, benché Charles abbia dormito nel letto nuziale due notti, non è successo nulla: Jeanne è ancora vergine.

 

*

 

Ferdinando alloggia in una locanda, in attesa di trovare un nuovo ingaggio. Il nuovo re, Amalrico, fratello di Baldovino, ha sciolto le truppe arruolate per la spedizione ad Antiochia. Se avrà bisogno di uomini per qualche guerra, farà di certo ricorso anche a loro, ma per il momento Amalrico ha altre priorità.

Ferdinando non ha problemi di denaro: il soldo dell’anno trascorso al servizio del re gli permette di tirare avanti per qualche tempo. Dovrà trovare una sistemazione entro alcuni mesi, ma la pace non dura mai molto a lungo in queste terre: un buon soldato trova sempre un ingaggio.

In tarda mattinata arriva Charles di Soissons. Ferdinando è ancora steso a letto: ieri sera ha fatto bisboccia fino a tardi, con gli amici conosciuti durante la spedizione ad Antiochia.

- Come va, Ferdinando?

- Bene.

Lo sguardo di Charles percorre il corpo di Ferdinando, senza nascondersi.

- Sono contento che tu sia venuto a tenermi compagnia…

- Sì, ho pensato a te e mi sono detto che avrei potuto fare un salto a trovarti. Ma dimmi, non c’è il rischio che venga Denis?

- No. Non passa mai presto e oggi so che aveva un impegno. Non arriverà prima di nona. E in ogni caso non si scandalizzerebbe.

- Non voglio che ci trovi a letto, ma se dici che passa dopo nona… ho proprio voglia di gustare il tuo cazzo.

Charles è molto diretto. Ferdinando apprezza la sua schiettezza: non ama quelli che vogliono farsi desiderare, che non vedono l’ora di prenderselo in culo, ma vogliono farlo apparire un favore personale. Si alza dal letto.

- Stenditi sulla cassa, che questa notte abbiamo festeggiato e oggi non me la sento di fare grandi manovre.

- Però vedo che ti tira lo stesso.

Ferdinando ride.

- Porcoddio, Charles. A me tira sempre.

Anche Charles ride e incomincia a spogliarsi.

- Come mi metto? A quattro zampe?

- No, stenditi sulla schiena.

Charles esegue. Ferdinando gli solleva le gambe, avanzando il grosso cazzo fino al buco che ora è perfettamente in posizione. Ferdinando procede senza troppe cautele: sa bene che Charles è abituato a essere cavalcato e non chiede altro che uno sperone d’acciaio che lo sproni. Ferdinando è ben lieto di accontentarlo: molti di quelli che hanno provato il suo cazzo sarebbero disposti a giurare che è davvero d’acciaio e quanto a saperlo manovrare, Ferdinando ci sa fare.

Ferdinando spinge con grande energia e Charles emette gemiti e mugolii, in un crescendo continuo. Le sue mani accarezzano il culo di Ferdinando.

- Cazzo! Sì! Sì!

Ferdinando sorride dell’entusiasmo di Charles. È bello fottere qualcuno così entusiasta. Il siciliano prosegue con la sua opera, osservando il viso di Charles, deformato dal piacere (e da un certo dolore: un palo d’acciaio in culo non è solo piacere, anche per uno come Charles).

Ferdinando fotte con gusto e Charles incomincia ad accarezzarsi il cazzo, mentre continua a incoraggiare lo stallone che lo monta:

- Sì, cazzo! Sì, sfondami! Sì!

E infine Ferdinando sente il piacere che dai coglioni sale, percorre il cazzo e si versa nelle viscere di Charles, che con la mano finisce di masturbarsi e versa il proprio seme sul ventre.

- Cazzo, Ferdinando! Ne avevo proprio voglia.

- Porcoddio! Puoi dirlo.

- Ma acqua in bocca con tutti, mi raccomando.

Ferdinando ride. Non dice a Charles che i suoi gusti non sono proprio un segreto.

Quando Ferdinando esce, Charles gli pulisce il cazzo con la lingua. Vuole farglielo tornare duro per scopare una seconda volta. Manovra un po’ con la bocca, mordicchiando il culo del siciliano, passando la lingua lungo il solco, indugiando sul buco del culo, mentre le sue mani accarezzano e stringono.

A Charles piace Ferdinando, questo maschio che non si tira mai indietro quando si tratta di scopare, capace di fottere tre uomini di seguito. Gli piace questo cazzo che odora di piscio, sudore e sborro. Gli piacciono i grossi coglioni pelosi. Gli piace il culo in cui i suoi denti affondano. Gli piacciono gli umori di quest’uomo.

È un piacere fisico, che non ha nulla a che vedere con i sentimenti. Charles considera il siciliano un bestione ignorante, ma questo bestione è un magnifico toro da monta.

Ferdinando sente che l’eccitazione sale di nuovo. 

- Succhiamelo, Charles. Muoviti!

Charles non se lo fa ripetere. Prende in bocca lo splendido cazzo di Ferdinando e si mette a succhiare. Ci sa fare, Charles, è un esperto in materia. E Ferdinando sente il piacere salire, sempre più forte, fino a esplodere. 

 

*

 

Jacques Longuemain è a colloquio con Renaud di Soissons. Quando esce, Renaud fa chiamare Charles, che è appena rientrato dalla sua visita a Ferdinando.

- È venuto da me tuo suocero.

Charles non dice niente.

- Non sospetti il motivo?

Charles ha capito, ma tace. È chiaramente infastidito e preferirebbe evitare la conversazione, ma non può farlo.

- Dovresti sapere che la piccola Jeanne è ancora vergine. Il tempo per svolgere i tuoi doveri coniugali l’hai avuto.

Charles si morde il labbro.

- Non sono cazzi tuoi.

- Lo sono. Se la faccenda non viene risolta, il padre potrebbe richiedere l’annullamento del matrimonio.

- Non ho voluto io questo matrimonio.

- Ci penserà Olivier. Tu informala che questa notte andrai da lei. Inventa qualche scusa per giustificare di non averlo fatto prima, che so, una malattia.

Charles esce. È irritato. Ma in fondo, non gli spiace che Olivier prenda il suo posto e si occupi di soddisfare una moglie che a lui non interessa minimamente. Almeno non ci saranno lamentele, non circoleranno voci.

Renaud ha fatto chiamare Olivier.

- Olivier, quel succhiacazzi di nostro fratello non è in grado di compiere i suoi doveri coniugali. Nostra cognata se n’è lamentata con la madre, che ne ha parlato al marito e Jacques Longuemain è venuto da me. Io gli ho detto che Charles non stava tanto bene, ma che ora sta meglio e che provvederà.

Olivier ascolta, senza dire niente. Aspetta che Renaud gli dica che cosa vuole da lui.

- Olivier, questa notte Charles dirà alla piccola che andrà da lei. Ci andrai tu al suo posto.

Olivier scoppia a ridere.

- Questa, poi!

- Non credo che sia una grande fatica per te, no?

Olivier scuote la testa. No, non lo è: non gli spiace sverginare la piccola. Non è una grande bellezza, ma è graziosa.

- Solo per farti piacere, Renaud…

 

*

 

Denis passa da Ferdinando, come ha promesso, piuttosto tardi.

- Come va, Ferdinando?

Ferdinando sorride, un sorriso sornione.

- È stata un’ottima giornata.

Denis guarda Ferdinando, un’espressione interrogativa sul viso. Ha capito benissimo a che cosa allude Ferdinando.

- Non avevi detto che contavi di rimanere in camera? O sei uscito per…

- …scopare? No, non ne ho avuto bisogno. Un uccellino è passato di qui e io l’ho preso al laccio. Non ho fatto molta fatica: appena ha visto l’esca, si è avventato sul boccone saporito.

Denis sorride. Non si stupisce per nulla.

- Dalla tua faccia, direi che è stato piacevole.

Ferdinando prosegue, mentre continua a grattarsi:

- Sai com’è, Charles ci sa fare, ma questo lo sapevo già: in viaggio verso Antiochia e poi quando noi siamo tornati in città abbiamo scopato un sacco di volte. È una troia, dà via il culo a tutti, ma è bravo a letto.

Denis ha l’impressione di aver ricevuto una coltellata nel petto. Per nascondere il suo turbamento, si volta, come se volesse posare sulla cassa la borsa che ha con sé. Nonostante i dubbi che da tempo nutriva, non si aspettava che Charles scopasse con Ferdinando e le parole del suo amico gli hanno procurato una fitta violenta. Charles ha scopato con Ferdinando e con altri durante la spedizione ad Antiochia, il periodo del suo amore, della sua felicità.

Sapeva, in fondo sapeva benissimo. Lo sapeva da tempo. Anche lui ha sentito mezze voci, allusioni, insinuazioni. Le ha sempre volute ignorare. Ma in alcune occasioni ha colto gli sguardi di Charles e quelli di altri uomini. Ha colto, ha capito e si è sempre rifiutato di riconoscerlo. Sì, Charles va con tanti, come va con lui. E a Charles poco importa di Denis.

Denis si volta nuovamente verso Ferdinando, cercando di controllare l’espressione del viso. Ma guardandolo Ferdinando intuisce che le sue parole hanno aperto una ferita. Capisce.

Merda! Ma perché uno come Denis si deve essere innamorato di una troia sempre in calore come Charles di Soissons?

Ferdinando dice:

- Credo di aver parlato un’altra volta prima di pensare. Non imparerò mai, Denis. Mi spiace… sono un coglione.

- No, Ferdinando.

Denis vorrebbe aggiungere che il coglione è lui, a essersi innamorato di un uomo che non lo ama.

 

 

 

 

V – Rougegarde

VI – L’ultimo tradimento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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