20 Il
sabato sera e la domenica non succede nulla. Mantovani non telefona, non
incontra nessuno di sospetto, sta un po’ in albergo, va in giro per Torino,
prende un gelato da Fiorio. Nella serata di domenica ha una cena ufficiale
con alcuni studiosi, tra cui il Gando, che ha curato la sezione egizia della
mostra. O non ha niente da nascondere, o sospetta di essere sorvegliato. Si può metterlo sotto torchio, ma non c’è assolutamente nulla
contro di lui e purtroppo la tortura per costringerlo a confessare non è
praticabile. Ferraris mugugna, ma tanto per lui è abituale. Domenica
sera Ferraris fa il punto della situazione con Michele. Il suo agente
preferito sta decisamente bene, domani riprende servizio e, se non ci sono altre
urgenze, lavorerà anche lui all’inchiesta. Elencare tutti gli elementi emersi
e cercare di formulare ipotesi dovrebbe chiarire le idee, ma Ferraris non
vede proprio nessuno spiraglio di luce. Mantovani, che a quest’ora è a cena
con gli studiosi, non si è tradito in nessun modo. - E dove
cazzo possiamo trovare un altro filo per sbrogliare la matassa? Per il culo
di Satana, non caviamo un ragno dal buco! - Tu
dici che ci dev’essere qualcuno al museo che è complice e mi sembra
probabile. Bisogna trovarlo. Quali sono i sospetti? - Il
Sannarcoti, in primo luogo. Ha una funzione importante, organizza il lavoro
dei custodi. - Ma
perché allora non ha messo Bertenghi di turno, quella notte? Non può averlo
fatto per allontanare da sé i sospetti: se tutto fosse filato liscio, nessuno
avrebbe sospettato irregolarità. - Questo
è possibile, però può aver deciso che era meglio premunirsi nel caso qualche
cosa andasse storto. - Sì,
non possiamo escludere del tutto questa possibilità. Poi? - C’è il
responsabile dell’allestimento della mostra, Dadotto. - Uno
studioso? Mi sembra strano. - No,
non è un esperto di vecchiume, quello. Cura la parte, come dire, artistica:
come si mettono i pezzi, come si illuminano ed altre cazzate del genere. Ci
sono poi gli esperti, ma quelli mi sembrano fuori gioco, non hanno nessun
potere, non si occupano di aprire le casse, non me li vedo. Dadotto potrebbe
benissimo essere un complice. - Altri? -
Volendo Strillacci, il responsabile della squadra che si occupa del
montaggio, lavora agli ordini di Dadotto. Lui manovra le casse, nel caso per
qualche motivo non fosse stato possibile sostituire la cocaina con la
segatura, lui aveva un margine per intervenire. - Quindi
questi tre sono i principali sospetti. - Sì,
senza uno straccio di indizio, neppure la certezza che ci sia davvero un
complice in quel cazzo di museo. Ferraris
è di cattivo umore, ma si consola andando a letto (non a dormire) con
Michele. I due provano una scena per un film a luci rosse e rimangono
soddisfatti del risultato, tanto che decidono di provarne altre. Sono
quasi le tre quando si mettono a dormire, un po’ tardi, è vero, ma non di
solo sonno vive l’uomo. Sono le
sei del mattino quando il telefono squilla. Il futuro commissario grugnisce e
solleva la cornetta, maledicendo Bell e Meucci, il mondo e soprattutto quel
fottuto figlio di buona donna che ha chiamato. La voce è quella di Diotallevi ed anche se Ferraris ha molta
stima di lui, il poveretto viene (mentalmente) inviato a farsi fottere ed a
gettarsi in mare, possibilmente con una pietra al collo, per garantire che
l’effetto desiderato venga raggiunto rapidamente, senza inutili sofferenze
(la morte per polmonite è più lunga e dolorosa di quella per annegamento, in
fondo Ferraris è misericordioso). - Ispettore, hanno ammazzato il Mantovani, lo abbiamo trovato
al Valentino. Se vuole venire… La notizia è una doccia fredda, che sveglia completamente
l’ispettore. - Ma
come cazzo è possibile? Era sotto sorveglianza! - Dopo la cena si è dileguato, i due agenti lo hanno perso di
vista. Mezz’ora fa hanno telefonato che c’era un cadavere alla fontana dei
Mesi e siamo andati a vedere. È lui. - Per il culo di Satana, lasciate che uno sotto sorveglianza
se la svigni e si faccia pure ammazzare! Siete una manica di incapaci! Alla fontana
dei Mesi, hai detto? Vengo subito. Ferraris riattacca senza aspettare una risposta. È
completamente fuori dai fogli. In un
batter d’occhio si scaraventa giù dal letto. Michele ha seguito la telefonata e quando vede Ferraris
alzarsi, gli chiede: - Che è successo? - Hanno
ammazzato Mantovani. Vado subito. Tu cerca di dormire ancora un po’. Ferraris si veste. Anche Michele si alza ed incomincia a
vestirsi. - Che cazzo fai? - Vengo anch’io. Tanto oggi riprendo a lavorare e se devo
occuparmi di questa inchiesta, è meglio che sia presente. Due ore prima o
dopo, che differenza fa? Le differenze ci sono, eccome. Se Ferraris arriva con
Michele, tutti avranno una conferma di quello che comunque già sanno, perché
come indirizzo per il periodo di convalescenza Michele ha dato l’abitazione
di Ferraris. L’ispettore non ha nessuna intenzione di nascondere la loro
relazione, però… però… Non saprebbe spiegare la sua incertezza, ma non si
sente del tutto a proprio agio. Michele lo guarda, coglie il suo imbarazzo e gli sorride (una
mossa sleale, questa, che priva Ferraris della lucidità necessaria). Poi
ritorna serio e gli dice: - Se preferisci che io non venga perché non ci vedano
arrivare insieme, rimango qui. Se non è questo il motivo, vengo con te. Ferraris lo guarda, annuisce e brontola: - Muoviti a vestirti, per il culo di Satana, non farmi
perdere tempo. In auto, mentre Michele guida, Ferraris lo guarda e
d’improvviso si sente felice, assurdamente felice, come gli sembra di non
essere stato mai. Gli mette una mano sulla patta e se non stesse guidando, lo
bacerebbe sulla bocca. 21 Arrivano all’estremità meridionale del Valentino, dove si
trova la fontana dei Mesi. Michele parcheggia sulla strada, dove già ci sono due
auto della polizia, e scendono a raggiungere i colleghi. Mantovani giace dietro ad un cespuglio. Il sangue sulla
camicia ed i fori dei proiettili non lasciano molto spazio a dubbi. Non si
tratta di una sincope, né di un ictus. Siamo a tre morti ammazzati. Tre
persone che avrebbero avuto un sacco di cose da dire e che non parleranno mai
più, a meno di rivolgersi ad un medium. Ferraris recupera l’incazzatura che nel tragitto in auto
sembrava svanita. L’ispettore è bravissimo in questo: talvolta gli sfugge un
assassino, ma l’incazzatura non se la lascia mai scappare. - Come cazzo ha fatto ad eludere la sorveglianza, me lo
spieghi? Il povero Diotallevi non ha nessuna responsabilità nella
faccenda, non spettava a lui pedinare Mantovani. Comunque è informato e
spiega: - Sono andati a cena al ristorante Casa Martìn, in via
Sant’Agostino, poi sono usciti. Erano in cinque. Il dottor Gando abita
proprio lì dietro, in via Bonelli, e li ha invitati a casa sua. Sono entrati
e non li hanno più visti uscire. - Che cazzo dici? Mica sono ancora lì! Considerando che Mantovani è a due metri di distanza,
l’osservazione di Ferraris è pleonastica. - No, i due agenti non lo sapevano, ma quell’isolato ha i box
sotterranei, con l’uscita dalla piazza Emanuele Filiberto, sull’altro lato.
Così quando il dottor Gando ha preso l’auto per accompagnare i suoi ospiti
alle loro abitazioni, non li hanno visti uscire. Però quando è ritornato, gli
agenti lo hanno visto, nel momento in cui è sceso per aprire il portone, e si
sono avvicinati. Hanno chiesto informazioni ed hanno scoperto che Mantovani
si è fatto lasciare a Porta Susa, dicendo che aveva voglia di fare due passi. - E perché non mi avete avvisato subito, per il culo di
Satana? - Perché non avevamo nessun elemento, ispettore. I due agenti
sono andati all’albergo, ma Mantovani non era rientrato. Deve essere venuto
subito qui. Interviene Michele. - Deve aver contattato qualcuno, che gli ha dato un
appuntamento qui, probabilmente già con l’idea di ammazzarlo. - E
perché? - Perché
era l’unico che poteva ancora portarci all’assassino, ispettore. E quella è
gente per cui un cadavere in più o in meno non fa nessuna differenza. Non
pensa anche lei? Come
sempre, sul lavoro Michele gli dà del lei. Gli viene con una naturalezza che
stupisce Ferraris. L’ispettore
annuisce. Sì, un cadavere in più o uno in meno non fa differenza ed oggi la
notizia dell’omicidio sarà data in tutti i telegiornali; domani i giornali
faranno il resto! C’è poco
da fare, a parte tirare giù dal letto Gando e gli altri tre studiosi. Ed
informarsi presso gli alberghi in cui
alloggiano Dadotto e Strillacci a che ora sono rientrati. Il
dottor Alessandro Gando riceve l’ispettore ed il suo agente preferito
(dell’ispettore, non di Gando) alle sette del mattino, in vestaglia e con
un’espressione non precisamente entusiasta. Chissà perché in questa inchiesta
si incontra tanta gente poco soddisfatta. Devono aver ragione le statistiche
che dicono che gli italiani sono meno felici di un tempo… Il
dottor Gando è comunque cortesissimo, dev’essere un vero gentleman. A
Ferraris sembra molto giovane, per essere un grande esperto di cose così
vecchie come l’antico Egitto: lui gli egittologi se li immagina come vecchi
bacucchi noiosi, invece questo è sui trenta (anche se è un po’ stempiato) ed
ha una faccia simpatica. Comunque lui di egittologi non si intende, di
egittologia neppure. In compenso però sta imparando a conoscere il Museo
Egizio di Torino come le sue tasche. Ferraris
non comunica a Gando che Mantovani è stato assassinato. Si limita a dirgli
che ha bisogno di informazioni sulla serata precedente. Il dottor Gando li fa
accomodare in salotto. - Sono a
sua completa disposizione, ispettore. Ma… è successo qualche cosa? Ferraris
dribbla la domanda e passa direttamente all’attacco. - Come
mai ha invitato il dottor Mantovani a cena? Il
dottor Gando sorride. Ha un sorriso molto cordiale. - I
funzionari ministeriali che accompagnano i reperti, come misura di sicurezza,
seguono il montaggio della mostra e ritornano a casa solo dopo
l’inaugurazione. Rimangono lontano dalle loro case per parecchie settimane, a
volte per mesi. Si trovano da soli in un paese straniero, di cui spesso non
conoscono nemmeno la lingua. Non è certo il caso del dottor Mantovani, che
parla perfettamente e vorrei dire anche in modo forbito l’italiano. Comunque
i funzionari vengono sempre invitati a cena, da parte dei direttori dei musei
e degli altri studiosi: è un gesto di cortesia. - Chi
c’era con Mantovani? -
C’erano tre studiosi di fama internazionale, che certamente lei conoscerà di
nome: il dottor Vella, insigne egittologo che ha lavorato a lungo a Berlino,
presso l’Ägyptisches Museum; il dottor Wellington, del British Museum; il
dottor Wilkinson, dell’università di Oxford. I dottori Vella e Wellington
sono a Torino per un convegno sulla mummificazione, che si terrà in
contemporanea all’apertura della mostra; Wilkinson invece si trova a Torino
per studiare il papiro di Artemidoro. Ferraris
non ha mai sentito nominare nessuno dei tre, non è molto interessato agli
studiosi, ancora meno al convegno e men che meno al papiro di Artemidoro.
Perciò preme per ritornare a Mantovani. - Un
funzionario ministeriale non è uno studioso. Che cosa aveva in comune con
questi Vella, Wellinson e Willington? -
Wellington, Wilkinson. Il dottor Mantovani è una persona squisita, molto
colta. Abbiamo discusso insieme dei problemi legati ai finanziamenti dei
musei, ai criteri espositivi, ai falsi… Ferraris
non è interessato neppure agli argomenti discussi (in effetti, ha interessi
alquanto limitati, specialmente durante le indagini), ma Gando prosegue. - È raro
trovare qualcuno così dotto. Immagini che è un latinista. È stato davvero un
piacere conoscerlo, spero di avere ancora occasione di intrattenermi con lui. Il
dottor Gando ovviamente non avrà più nessuna occasione di stare con
Mantovani, a meno che non ne accompagni la bara nel viaggio di ritorno verso
la Colombia, cosa altamente improbabile, ma per il momento la notizia di
questo assassinio non è stata divulgata. - Chi ha
scelto il ristorante? - I
signori erano miei ospiti, per cui ho scelto io il locale. Casa Martìn ha una
cucina molto curata, che di solito i miei ospiti apprezzano. Essendo dietro
l’angolo, posso invitare gli ospiti a casa mia, dopo cena, oppure a prendere
un aperitivo, prima di cena. - E ieri
sera? - Ieri
sera siamo venuti qui dopo cena. - A che
ora? - Verso
le dieci, no, un po’ dopo, forse. - Subito
dopo essere usciti dal ristorante? - Sì,
ma… - E poi? - Abbiamo
conversato circa un’ora qui, in salotto. Il dottor Mantovani è davvero una
persona squisita. Poi ho accompagnato gli ospiti alle loro abitazioni. Il
dottor Mantovani ha insistito per essere lasciato a Porta Susa, dicendo che
preferiva fare due passi. Sa, è alloggiato all’Ambasciatori, non lontano
dalla stazione. Interviene
Michele: - Nel
corso della serata Mantovani ha fatto una telefonata, che lei sappia? Gando
annuisce. - Certo,
me lo ricordo benissimo. Ad un certo punto si è alzato, scusandosi con noi,
ed ha detto che doveva fare una telefonata. Ha messo la mano in tasca e si è
accorto di aver dimenticato il cellulare. Allora il dottor Vella gli ha
prestato il suo. Ferraris
e Michele si guardano. Tutti e due stanno pensando la stessa cosa: Mantovani
non ha dimenticato il cellulare, non voleva telefonare dal proprio, perché
temeva che fosse sorvegliato. Mantovani era astuto, ma questo non gli ha
giovato. - Come
le è sembrato Mantovani? Era teso, preoccupato? - No,
era perfettamente a suo agio. Ancora
alcune domande, ma non viene fuori nulla di significativo. L’unico elemento
importante emerso è la telefonata. Ferraris
e Michele passano quindi dal dottor Vella, che alloggia in un albergo del
centro. C’è poco da sapere da lui, ma controllando il suo telefonino,
ottengono il numero chiamato da Mantovani: si tratta di un altro cellulare,
com’era prevedibile. |