15 In serata, Ferraris va al
Regio. Dovrebbe essere molto contento, l’opera gli piace un casino e poi
ritrova il suo amico Bruno, che è un po’ che non vede, ma… c’è un ma. Questa
sera danno l’Aida e tra tutti i titoli di Verdi, proprio l’unico che
ha a che fare con l’antico Egitto dovevano prendere? Non potevano dare, che
so, La Traviata o magari La fanciulla del West, che così
facevano contento Ferraris e pure Bruno, appassionato di Puccini, due
piccioni con una fava? E invece no. Ci mancherebbe solo che ci
fossero i giornalisti e che magari domani sui giornali venisse fuori qualche
battuta, del tipo: l’ispettore Ferraris prosegue la sua inchiesta sui delitti
dell’Egizio andando a vedere l’Aida… Fortunatamente i
giornalisti non ci sono, perché non è la prima, il soprano (la Cedolins) ha
una gran bella voce, tutto scorre a meraviglia e Ferraris dimentica i suoi
guai. Nell’intervallo chiacchiera
con Bruno nel foyer. Il suo amico conosce bene la grande passione
dell’ispettore per i giornalisti, la televisione ed in generale la notorietà,
per cui gli dice, comprensivo: - Sei sotto pressione, eh,
Roberto? Ferraris è ingrugnito.
Annuisce. - Per il culo di Satana,
non ne posso più. Li ammazzerei tutti. Le vittime designate del
Ferraris-killer sono i giornalisti (di radio, tv, quotidiani, riviste,
persino quelli dei giornali gratuiti), come Bruno capisce subito. Devia
leggermente il discorso. - Voglio andare a vedere la
mostra. Sono curioso di vedere i reperti colombiani. È una bella idea questa
di mettere a confronto una mummia egiziana ed una pre-incaica. Ferraris si dice che è
certamente un’idea di Lamberti ed al pensiero del public relations manager
gli si torcono le budella. Replica asciutto. - Sarà. Bruno sa benissimo che,
lirica a parte, il suo amico non è un appassionato di arte (a meno di non
considerare tale l’ars amatoria). Prosegue: - Spero che riescano a
completare l’allestimento. Ho letto che dalla Colombia ci sono stati problemi
all’ultimo minuto con le autorizzazioni o i controlli, non ho capito bene.
Faranno controlli anti-droga, da quelle parti… Ferraris guarda Bruno, ma
non lo vede. L’impressione è che una lampadina si sia accesa nel suo
cervello. Ferraris incomincia a darsi del cretino, del deficiente ed una
lunga serie di altri epiteti (l’ispettore ne conosce moltissimi, come forse i
lettori più acuti avranno sospettato; molti sono assolutamente irripetibili). Le luci incominciano a
spegnersi e riaccendersi per segnalare la fine dell’intervallo ed il pubblico
torna ai propri posti. Ferraris e Bruno si avviano anche loro, ma la testa
dell’ispettore è da tutt’altra parte, impegnata a rimontare un puzzle in cui
i pezzi vanno al loro posto, uno dopo l’altro. Per un attimo si chiede se non
sia più opportuno uscire subito, ma il controllo che intende fare può essere
rinviato a domani, tanto a questo punto non cambia nulla. E poi non si può
mica perdere “O cieli azzurri”! All’uscita dal Regio c’è
Michele, che è andato al cinema con due amici e poi è passato a prendere
l’ispettore. Ferraris lo presenta a Bruno e vede che al suo amico brillano
gli occhi. Di Bruno Ferraris si fida, ma ad ogni buon conto mette un braccio
sulle spalle di Michele. Il messaggio è chiarissimo: questa è riserva di
caccia. Prendono un gelato da Grom,
poi si separano. Mentre torna con Michele, Ferraris gli racconta l’intuizione
che ha avuto: ha bisogno di confrontarsi con lui. L’ipotesi che l’ispettore
ha fatto appare del tutto plausibile anche a Michele. L’indomani mattina Ferraris
arriva al museo con la squadra narcotici ed i cani: è sabato, ma niente
week-end, l’inchiesta ha la precedenza. La direttrice ormai è rassegnata a
tutto: dopo le sette piaghe d’Egitto, c’è l’ispettore Ferraris, peggiore di
tutte le calamità precedenti. Nei testi egizi di simili flagelli non si
parlava, per trovare un riferimento valido bisognerebbe prendere l’Apocalisse. Ferraris continua a non
ricordarsi il cognome, non sa perché non gli vuole entrare in testa, ma tanto
non ha importanza: la vede talmente spesso che potrebbe darle del tu e
chiamarla direttamente Monica. Potrebbe anche portarla a cena, ma Ferraris
non è molto interessato e la direttrice ancora meno (oltretutto, gentile
com’è, l’ispettore le farebbe pure pagare il conto!). Quando arrivano nella
stanza dove si trovano le casse, i cani entrano subito in fibrillazione. Sì,
droga c’è stata e non poca. Era ovvio, avrebbe dovuto
pensarci prima. Ma Ferraris non ha mai avuto modo di occuparsi del traffico
internazionale di droga. Certo, lo spaccio è pane per i suoi denti ed i tossici
sono presenze abituali in commissariato, ma qui la dimensione è un’altra.
Alla cocaina non aveva proprio pensato. Diotallevi annuisce. - Sì, come aveva
sospettato, ispettore. Le casse erano state imbottite di cocaina. - Sostituita con segatura
nella notte, appena sono arrivate. - Ecco perché quattro
uomini sono entrati carichi come muli, di notte: per portare la segatura. E
due ore dopo… - … sono usciti con la coca. Peccato che Messinese avesse scelto proprio quelle ore per i suoi soliti furtarelli, per cui l’hanno ammazzato. L’omicidio ha fatto perdere un po’ di tempo a quei gentili signori, che hanno finito il loro lavoro di corsa, regolandosi male con la segatura. Così l’ultima cassa è stata riempita solo a metà. Diotallevi sta ancora
pensando a Messinese. - Quel povero cristo è
sceso per rubare qualche amuleto ed ha sorpreso gente che aveva affari ben
più lucrosi. Lo hanno messo a tacere per sempre. Ferraris non prova molta
pietà per Messinese. Si limita a commentare: - I pesci grossi mangiano
quelli piccoli. - Adesso si tratta di
pescare i pesci grossi, almeno quelli di qui, perché quelli della Colombia
non sono affare nostro. Ferraris lo guarda ironico. - Butta pure la rete…
Vediamo che pigli, per il culo di Satana! Diotallevi alza le spalle, ma
Ferraris gli fa cenno di allontanarsi dagli altri e si mette a parlare a
bassa voce. Sta ragionando e vuole avere qualcuno con cui confrontarsi. - Per entrare la notte
hanno contattato Bertenghi, d’accordo. Gli hanno offerto qualche cosa,
probabilmente più di quello che guadagnava in un mese. Ma ci dev’essere
qualcun altro coinvolto in questa faccenda, qui dentro. - E perché, ispettore? - Un custode può ammalarsi,
può non essere di turno la notte giusta… - Veniva al lavoro anche se
ammalato, se lo pagavano bene. E se non era di turno poteva fare un cambio
con un collega, dicendo che aveva un problema per la notte in cui lo avevano
messo. - Sì, ma tu spediresti
qualche quintale di cocaina sapendo che basta un problema di turni, qualcuno
che si impunta, per mandare il tutto a puttane? Diotallevi annuisce.
L’ispettore deve avere ragione. È probabile che qualcun altro sapesse e
controllasse. Qualcuno che aveva un margine di manovra più ampio di un
custode. - E poi c’è un’altra
faccenda. Come cazzo facevano a sapere che Bertenghi aveva problemi di soldi?
Solo qualcuno che lavorava qui poteva saperlo. - Quindi qualche dipendente
del museo, non qualcuno di quelli che si occupano della mostra? - No, dev’essere qualcuno
della mostra, perché solo loro potevano maneggiare le casse, per loro non era
difficile avere qualche informazione sui custodi. Oppure il Sannarcoti, che
gestisce i turni dei custodi. È ora di mettere sotto
torchio il personale del museo. A partire dal Sannarcoti. 16 Daniele Sannarcoti è sempre
disponibile, anche se è sabato ed è dovuto venire apposta al museo. Certo, a
giudicare dalla sua faccia viene il sospetto che sarebbe ben felice di
potersi godere un week-end di riposo o almeno di occuparsi del suo lavoro,
invece di passare il suo tempo a rispondere alle domande di Ferraris. La
gente ha proprio delle pretese! - Come avviene
l’assegnazione dei turni notturni e di quelli nella sala di
videosorveglianza? - Me ne occupo
personalmente, all’inizio del mese precedente. Distribuisco i turni e li pubblico
subito, in modo che ognuno abbia la possibilità di organizzarsi. - E se ci sono proteste o
richieste di cambiamenti? - Proteste di rado, i turni
sono distribuiti in modo da non penalizzare nessuno. Chi richiede un
cambiamento, deve trovare qualcuno che lo sostituisca. - Ci sono state richieste
di cambiamenti da parte di Bertenghi per le notti di quest’ultimo mese? Il dottor Sannarcoti
riflette un momento. - Vediamo, ho qui l’elenco
dei turni che avevo preparato all’inizio del mese scorso. Confrontiamolo con
l’elenco definitivo. Sì, ecco, Bertenghi ha fatto un cambio proprio per la
notte in cui è stato assassinato Messinese.
Ferraris annuisce. Non si
stupisce. - Non si ricorda che
motivazione ha portato? - Come le ho detto, io non
richiedo motivazioni. Mi limito, a registrare lo spostamento, se gli
interessati sono d’accordo. - Con chi ha fatto cambio? - Vediamo un po’… Con
Gabriele Buomparenti. All’idea di sorbirsi
nuovamente una spiegazione sulle tecniche di mummificazione durante il Basso
Regno o sulle diverse rappresentazioni della pesatura dell’anima, Ferraris si
sente male. Un colloquio con Buomparenti è comunque necessario. Diotallevi
assisterà Ferraris, che Dio assista entrambi. Prima però Ferraris si
rivolge al Sannarcoti e gli chiede, a bruciapelo. - Lei dov’era martedì sera
verso le sette? Sannarcoti lo guarda un po’
stupito, poi risponde: - A casa mia. Sono uscito
dal museo alle cinque. - Ed è andato subito a
casa? - Sì. Ah… no, sono passato
a comprare al supermercato. - A che ora è arrivato a
casa? - Verso le sei. - E non è più uscito? - No. - Ha passato tutta la
serata a casa? - Sì. Ferraris rimane un momento
in silenzio. Poi aggiunge. - C’è qualcuno che può
testimoniare? Una leggera esitazione, poi
la risposta: - No. Ferraris annuisce. Se
Sannarcoti ha qualche cosa da nascondere, la faccia di Ferraris non
contribuirà a tranquillizzarlo. Altro da dire non c’è. Mettere sotto torchio
il Sannarcoti è prematuro, in mancanza di altri elementi. Per la tortura c’è
sempre tempo. Poi l’ispettore si rassegna
ad interrogare il fanatico di egittologia. Gabriele Buomparenti ha
poco da dire. Si ricorda benissimo del cambio, glielo ha chiesto Bertenghi,
che era anche lui di turno, ma non nella sala di videosorveglianza. Lui ha
accettato, perché tanto non faceva nessuna differenza. Bertenghi glielo aveva
detto già due giorni prima, era un periodo in cui dormiva male, era spesso
stanco, voleva andare dal medico, per cui preferiva rimanere nella sala
almeno quelle due ore. A Buomparenti andava benissimo, lui si annoia di meno
a girare per il museo che a rimanere seduto a fissare i monitor. Può guardare
con calma i pezzi, ad esempio l’altra sera ha osservato che in una delle
pitture della tomba di Iti, ai piedi del capo delle truppe c’è un cane che… Ferraris lo blocca subito,
tanto non ha ottenuto nessun risultato apprezzabile. Non c’è stato un
intervento esterno, Bertenghi ha risolto il problema da solo. Per sua
sfortuna. E se così non fosse stato?
Chi sarebbe dovuto intervenire? - Per il culo di Satana,
non ne caviamo un ragno dal buco! - No, Bertenghi non ha
avuto bisogno di interventi dall’alto per cambiare turno. - Bisogna capire qualche
cosa di più sulla mostra. Chi ha deciso di organizzarla? Perché proprio una
mummia colombiana? 17 Nuovo colloquio con la
direttrice, la quale ormai vede Ferraris più delle sue figlie. Nessuno dei
due è propriamente entusiasta di questa assidua frequentazione, ma si sa, non
sempre si possono scegliere le persone con cui si passa il proprio tempo.
Fosse una commedia americana, da questi incontri-scontri potrebbe nascere una
storia d’amore, ma qui non c’è nessuna possibilità. Ferraris si dice che se
la direttrice fosse almeno un bel ragazzo, potrebbe lustrarsi gli occhi, ma
Monica Come-cazzo-si-chiama è indiscutibilmente una donna, una vera signora,
anche, vista la cortesia di cui dà sempre prova nei confronti del non
altrettanto cortese Ferraris. - L’idea della mostra? La
fondazione aveva deciso di organizzare una grande esposizione che richiamasse
molto pubblico, un’iniziativa per rilanciare il museo. Il dottor Lamberti ci
teneva molto. Secondo lui occorre una maggiore visibilità a livello
internazionale. A sentire nominare il
Lamberti, Ferraris sente la solita nausea, ma c’è poco da fare. - L’idea è del dottor
Lamberti, quindi. - L’idea è emersa in una
riunione o meglio, per essere esatti, la proposta arriva direttamente dal
museo del Oro di Santa Fé di Bogotà, no, dal ministero. Avevano ritrovato in
tempi recenti una mummia, che contavano di esporre al Museo del Oro, ma
mentre preparavano la sala destinata ad accoglierla, hanno pensato ad
un’esposizione in alcune città europee. Avrebbe consentito loro di reperire i
fondi necessari per alcuni dei lavori.
- Allora, una proposta
partita dalla Colombia. - Sì, esatto, ce ne aveva
parlato il dottor Mantovani, che lavora al Ministerio de Cultura colombiano. - Mantovani? Non è un nome
spagnolo! - La famiglia del dottor
Mantovani è di origine italiana. Il dottore parla perfettamente l’italiano. Ferraris si dice che
verificherà. Questo nome italiano non lo convince, anche se un fratello di
suo nonno emigrò in Argentina a metà del Novecento ed oggi Roberto Ferraris
ha diversi cugini a Buenos Aires ed a Rosario. Adesso però quello che
preme è capire come si è arrivati alla mostra. - E voi avete accolto la
proposta? La direttrice annuisce. - Sì. Io ero un po’
perplessa, perché non c’è un legame con l’antichità egizia, ma il dottor
Lamberti ha giudicato che i reperti precolombiani avrebbero esercitato un
forte richiamo, per cui si è deciso di battere questa strada. Dal tono della direttrice,
è chiaro che quella della mummia colombiana non è stata proprio una sua scelta,
ma evidentemente gli argomenti del public relations manager avevano un certo
peso (si sa, il denaro pesa). - Dopo aver ricevuto una
conferma dalla Colombia, siamo passati ad organizzare la mostra, centrata
sulla mummificazione. Dalle schede delle diverse mummie attualmente non
esposte, risultava che una avesse una frattura alla base del cranio, come
quella colombiana. Il dottor Lamberti pensava che si potesse suscitare la
curiosità del pubblico… Sa, questo fatto che per entrambe le mummie ci fosse stata
una morte violenta, in modo molto simile… La
direttrice è a disagio. È una studiosa, per cui non deve aver condiviso gli
argomenti del public relations manager. Infatti aggiunge: -
Anche se si tratta di situazioni del tutto diverse: la donna colombiana fu
sacrificata in un rito, per l’uomo egizio un sacrificio è da escludere, forse
si trattò di un assassinio o di un incidente. Non abbiamo nessun elemento che
ci aiuti a capire che cosa successe. Ferraris annuisce,
convinto. Per la prima (ed unica) volta si trova perfettamente d’accordo con
la direttrice: non c’è nessun elemento che aiuti a capire che cazzo è
successo in questo fottuto museo (la direttrice forse non si esprimerebbe
proprio così e poi lei si riferiva ad una morte di oltre tremila anni fa, non
a quella dei due custodi, ma Ferraris prende le cose a modo suo, è
leggermente Ferraris-centrico). La direttrice si ferma un
momento, poi riprende: - Allora abbiamo esaminato
questa mummia, che era conservata nei magazzini, ed abbiamo scoperto che
aveva una serie di ornamenti di grande valore. Diotallievi è molto
scettico: - Ma come mai non erano
stati scoperti prima? Se risultava che aveva una frattura cranica, vuol dire
che avevano fatto i raggi X, no? Ed i gioielli avrebbero dovuto saltare fuori.
Ai raggi X il metallo è perfettamente visibile, meglio delle ossa, persino. La direttrice non ha una
risposta. - Non sappiamo neanche noi.
La radiografia risale a sessanta anni fa e probabilmente fu controllato solo
il cranio. O chi fece le radiografie era poco competente. A
Ferraris questo aspetto della faccenda interessa poco, lui ha altre gatte da
pelare. -
Ritorniamo al materiale colombiano. Il dottor Mantovani ha viaggiato con i
reperti, no? -
Sì, certo. -
Ed adesso dove si trova? -
Alloggia all’hotel Ambasciatori, ma di solito viene ogni giorno, per seguire
l’allestimento. Solo che in questi giorni non abbiamo potuto procedere. A
proposito… Ferraris
interrompe, sa benissimo dove vuole arrivare la direttrice, ma per il momento
nessuno deve toccare niente. -
Il dottor Mantovani è presente, ora? Mantovani
non è presente, solito scansafatiche come tutti quelli che lavorano al
ministero: invece di seguire i lavori di realizzazione di una mostra, se ne
va a spasso. Qualcuno potrebbe notare che i lavori sono fermi, per colpa di
Ferraris, ma l’ispettore non si assume nessuna responsabilità: ci sono già
stati due omicidi e non è mica lui l’assassino. Se gli trovano l’omicida, lui
dà il via libera, potrebbe essere un buon affare per tutti, no? |