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   6 - Crisi 
 Due giorni dopo il cielo
  sembrava promettere pioggia, per cui nel pomeriggio non andarono a bagnarsi.
  Konrad decise di uscire e fare due passi da solo. Preferiva evitare di girare
  per le vie della città, dove magari qualcuno avrebbe potuto indicarlo come il
  sospetto assassino. Prese perciò la strada che dalla caserma portava verso
  est, quella su cui sorgeva il palazzo di Marko
  Jergović. Procedeva immerso nei suoi
  pensieri. Il tentato omicidio di Georg lo turbava molto, perché teneva
  all’amico. Il sapersi sospettato non lo turbava di meno: non riusciva a
  capacitarsene. Bisognava che l’assassino
  venisse scoperto, ma come? Konrad non sapeva che cosa pensare. Era convinto
  che Friedrich avesse qualche sospetto, ma ormai era morto e non poteva più
  rivelare ciò che sapeva.  Ma, accanto a questi
  pensieri, ne era emerso un altro, piuttosto inquietante: erano arrivati in quattro
  e ora due di loro erano morti e il terzo ferito, senza che si potesse capire
  il motivo. La serie di omicidi sarebbe finita lì o ci sarebbero state altre
  vittime? E in questo caso, chi sarebbe stato il prossimo? La risposta, dal
  punto di vista di Konrad, era evidente: lui era l’unico rimasto indenne dei
  quattro ufficiali. Non vedeva nessun motivo
  per cui qualcuno avrebbe potuto desiderare la sua morte, ma lo stesso poteva
  dirsi per Georg. Il pensiero ritornava insistente e Konrad non riusciva a
  scacciarlo.  Si accorse di essere
  giunto davanti al palazzo del duca. Gli venne in mente che Albert era stato
  ucciso proprio uscendo dalla villa e che sia Albert, sia Georg erano stati
  amanti del duca. Chissà se lui aveva qualche sospetto? Konrad non pensava che
  potesse essere l’assassino, ma forse sapeva qualche cosa.  D’impulso, senza darsi il
  tempo di riflettere,  decise di  presentarsi dal duca Jergović. Non
  aveva pensato di parlargli, ma ora che era di fronte alla villa, gli sembrava
  la cosa migliore da fare. Marko disse al domestico di farlo passare
  subito, ma in quei pochi minuti in cui aspettava, Konrad fece in tempo a
  darsi dello stupido per la sua decisione. Ormai però era troppo tardi per
  tornare indietro. Non poteva certo dire di essere passato a salutarlo: si
  conoscevano appena. Decise perciò di parlare molto sinceramente. Dopo i saluti, disse
  subito:; - La mia visita l’avrà
  stupita e mi scuso se l’ho disturbata, duca, ma avevo bisogno di parlarle un
  momento. Sono morti due dei tre ufficiali che sono giunti qui insieme a me. E
  qualcuno ha cercato di assassina anche il terzo, per fortuna senza riuscirci.
  Per questo le chiedo se può aiutarmi a cercare di capire qualche cosa di più
  di ciò che sta accadendo.. La domanda stupì Marko.  - Ho detto quanto sapevo
  al colonnello Schneider e al commissario distrettuale Kramer. - Sì, certo. Loro
  conducono l’indagine. Io non ho nessun titolo, ma… Konrad esitò un attimo,
  poi sorrise e concluse: - Di noi quattro, solo io sono
  ancora vivo e senza ferite. Mi chiedo se non sono il prossimo. Non vorrei che
  si trovassero a indagare anche sulla morte di un terzo ufficiale appena
  arrivato. Probabilmente è una preoccupazione infondata, ma… Preferì non parlare dei
  sospetti che gravavano su di lui, per non destare la diffidenza del duca. Marko sorrise. Non poteva dare torto a Konrad. - Capisco la sua
  preoccupazione, sottotenente Von Kassa. Credo che
  al suo posto mi porrei lo stesso problema. Non penso di poterle essere di
  grande aiuto, ma sono a sua disposizione. - Grazie. Konrad non sapeva bene
  come proseguire. Ora che era di fronte al duca, l’idea di confrontarsi con
  lui gli sembrava assurda: che cosa si aspettava che il duca potesse dirgli?
  Ma ormai la brutta figura l’aveva fatta e tanto valeva... - Volevo chiederle… lei ha
  qualche idea, qualche sospetto, anche vago? - Assolutamente no. Sono
  rimasto allibito  quando ho scoperto
  che Rothaus era stato ucciso. Anche la morte di Holzkammer… Holzkammer lo
  conoscevo appena, era venuto a cena solo in rare occasioni, quelle in cui
  ricevo più o meno tutti gli ufficiali. Quelle in cui c’era anche lei.  - Io… io non so che ruolo
  lui potesse avere in questa storia. Credo che sapesse qualche cosa. È solo
  un’impressione, ma quando gli avevo chiesto se aveva qualche sospetto… aveva
  negato, ma non mi era sembrato sincero. Magari me lo sono immaginato… - Può darsi che la sua
  impressione fosse giusta. Ma non è più in grado di dirci nulla. Dopo un attimo di pausa,
  il duca aggiunse: - Quanto a Kraus, non so
  immaginare chi possa volere la sua morte. Mi è sembrato un bravo ragazzo, del
  tutto innocuo. Non vedo perché qualcuno dovrebbe avercela con lui. Parlarono ancora un
  momento, poi il duca disse: - Venga, le faccio vedere
  dove è avvenuto il primo omicidio. Attraversarono tutto il
  parco, fino all’uscita posteriore. Il duca aprì il cancello e uscirono. - Ecco, questo è il posto
  dove è stato ritrovato il cadavere di Albert Rothaus.  - Lei non ha un’idea del
  perché Albert fosse uscito da qui? - Credo che preferisse non
  farsi vedere. Il cancello principale dà sulla strada e non è raro che passi
  qualcuno. Lui non voleva che lo vedessero uscire di qui di giorno. La sera,
  dopo una cena con altri invitati, il discorso era diverso. Temeva che
  qualcuno sparlasse.  Il duca aggiunse qualche
  dettaglio, di cui Konrad era già a conoscenza: - Gli hanno sparato alla
  schiena. Non se l’aspettava. Non hanno rubato niente. Rimasero un momento a
  guardare il posto, ma non c’era nessuna traccia di ciò che era successo. Con
  la rimozione del cadavere il posto era tornato a essere un prato qualunque,
  tra il parco e il bosco. Rientrarono nel parco e Marko condusse Konrad al lago. - Questo è il lago dove
  Rothaus e io ci siamo bagnati. E quello è il padiglione dove ci siamo
  spogliati prima del bagno. - Sì, Georg me ne ha
  parlato… Konrad si interruppe, già pentito
  delle sue parole. La frase di per sé non comportava nessuna allusione diretta
  a ciò che avveniva nel padiglione, ma l’imbarazzo di Konrad rese evidente il
  suo significato.  Marko sorrise. - Georg Kraus è un bravo
  ragazzo, ma dovrebbe essere più riservato…  Konrad non fece finta di
  non capire: non riusciva a fingere  e
  farlo gli sarebbe sembrato meschino. - Escludo che Georg ne
  abbia parlato a qualcun altro. Con me si confida perché siamo amici e sa che
  non lo critico per questo.  Nuovamente Konrad ebbe la
  sensazione di aver parlato troppo. Non gli succedeva mai, ma la morte dei due
  compagni, il ferimento di Georg e i sospetti del colonnello lo avevano
  turbato. Aveva detto di essere amico di Georg, il che era solo una mezza
  verità, per giustificarlo, ma non avrebbe dovuto continuare. Avrebbe fatto
  meglio a rimanere nel vago. - Lei dev’essere un ottimo
  amico.  - Cerco di fare del mio
  meglio. Ci fu un momento di
  imbarazzo. Konrad aggiunse: - Comunque me ne ha
  parlato solo dopo l’omicidio di Rothaus: temeva che qualcuno potesse
  sospettare di lui. - Non mi vedo proprio
  Georg Kraus sparare alla schiena a qualcuno. E non vedo il motivo… Il duca si interruppe.
  Sorrise: - Credo di aver capito quale
  motivo potrebbe avere in mente. Ma è assurdo. - È quello che gli ho
  detto anch’io. Konrad si disse che era
  stato proprio stupido a rivolgersi al duca e che stava facendo una pessima
  figura. Decise di congedarsi, ma Marko si sedette
  sul banco all’esterno del padiglione e con un gesto invitò Konrad a fare
  altrettanto. Andarsene gli sarebbe sembrato scortese. Rimasero un momento in
  silenzio, guardando il lago, poi Marko disse: - Questo è tutto quello
  che so. L’ho già detto al colonnello e al commissario. Ho raccontato tutto,
  tranne il fatto che con Rothaus avevo rapporti. Credo che lo abbiano capito.
  Il commissario lo sa certamente. Non esibisco i miei gusti, ma credo che in
  città più o meno si sappia. - Non so che cosa pensare. - Neanch’io.  Ci fu un nuovo momento di
  silenzio, poi Marko sorrise e chiese: - E lei che ne pensa dei
  rapporti tra uomini? La domanda, così diretta,
  spiazzò Konrad. Non se l’aspettava, ma rispose sinceramente: - Credo che se due uomini
  lo desiderano, facciano bene a farlo. Sono scelte personali, su cui nessuno
  ha il diritto di intervenire. Marko sorrise di nuovo. - Lei mi piace molto,
  sottotenente. È un uomo franco e diretto, doti piuttosto rare. Per questo le
  pongo una domanda che non farei ad altri. Conto su una sua risposta onesta.
  Posso? Konrad non sapeva che cosa
  aspettarsi. - Non so che cosa mi
  chiederà. Le darò una risposta onesta, a meno che scelga di non rispondere. O
  che non sia in grado di rispondere. - Che cosa pensa di me,
  sottotenente? Konrad non si aspettava
  una domanda di questo tipo. Non rispose subito. - Vedo che l’ho messa in
  difficoltà. Le vengo in aiuto. Pensa che io sia un vecchio porco che seduce i
  giovani ufficiali? - Non credo che lei
  obblighi nessuno. E, se questo è quello che le piace e i giovani ufficiali
  sono d’accordo, perché no? E comunque lei non è certo vecchio.  In questo Konrad aveva
  ragione: il duca aveva trentasei anni. - Non pensa che approfitti
  del mio titolo e dei miei soldi? Konrad pensò ad Albert,
  che quasi certamente si era offerto al duca sperando di ricavarne il denaro
  per pagare i debiti di gioco, quel denaro che suo padre si rifiutava di
  dargli. Ma per Georg di certo non era stato così e questo doveva valere anche
  per molti altri. - Può darsi che alcuni
  siano attratti dal suo titolo e dai soldi, ma lei è un bell’uomo, forte ed
  elegante, oltre che un brillante conversatore, e credo che siano molti di più
  quelli che cedono al suo fascino.  Konrad lo pensava
  sinceramente. - Grazie. È gentile da
  parte sua.  La domanda successiva prese
  Konrad alla sprovvista: - E lei, cederebbe al mio
  fascino? Konrad era a disagio. Il duca
  lo attraeva, parecchio, ma non aveva mai scopato con un uomo. Neanche con una
  donna. Si era accorto che il corpo di alcuni uomini accendeva il suo
  desiderio e al fiume quando erano tutti nudi evitava di fissare gli ufficiali
  più attraenti, per non rischiare un’erezione quanto mai imbarazzante. Ogni
  tanto entrava in acqua solo per raffreddare un po’ il corpo e spegnere il
  desiderio. In passato aveva anche desiderato alcune donne, ma non aveva mai
  cercato di sedurre nessuno, uomo o donna. Viveva in castità e solo la notte
  alcuni sogni lo facevano venire. Sogni di cui conservava appena la memoria,
  ma in cui comparivano soprattutto uomini. Non aveva mai riflettuto seriamente
  sui suoi desideri. Le responsabilità che aveva avuto in famiglia fin dalla
  morte del padre, quando era un ragazzino, lo avevano assorbito completamente.
  O forse erano state una buona scusa per non affrontare la realtà. In fondo sapeva
  benissimo che aveva preferito non riflettere sull’argomento, perché aveva
  paura della conclusioni a cui sarebbe potuto giungere. La relazione di Georg
  con il duca l’aveva turbato: era la prima volta in cui vedeva due uomini
  impegnati in un rapporto.  Guardò Marko,
  poi guardò il lago.  - Non ho mai avuto
  rapporti con un uomo. Non so se vorrei provare.  - L’idea non le piace? - No, non è questo, è che… Non completò la frase. Avrebbe
  voluto andarsene. Le domande del duca lo turbavano, mettendolo di fronte a
  desideri e dubbi che non aveva mai affrontato. Marko
  capì e disse: - Mi scusi. La sto
  mettendo in difficoltà e non volevo certo farlo. Apprezzo molto la sua
  franchezza e la sua onestà. Per questo mi sono permesso di porle domande… che
  avrei fatto meglio a tenere per me. Sono stato sfacciato e le chiedo scusa. - No, duca. Non è stato
  sfacciato. Mi ha messo in difficoltà, è verissimo e sarebbe assurdo negarlo.
  Vorrei risponderle con franchezza, ma non ho le idee chiare e mi sento a
  disagio. - Chiudiamo l’argomento.
  Mi scuso. Lei mi ha colpito molto, lo confesso.  Konrad lo guardò, con un
  sorriso imbarazzato sulle labbra. Marko aggiunse: - Lei non mi crede. Pensa
  che glielo dica solo per sedurlo. La capisco. In fondo da quando lei è
  arrivato qui, un mese fa, mi ha già visto portarmi a letto due dei nuovi
  ufficiali. E si dirà che adesso voglio aggiungerne un terzo alla mia
  collezione. - No, no… no, non lo
  penso. Konrad sentiva il bisogno
  di andarsene e di rimanere da solo, a pensare. Si alzò. - Mi scusi, duca. È meglio
  che vada.  - L’accompagno. E mi scuso
  di nuovo. Lei è molto franco e lo sono stato anch’io, ma sono stato
  indiscreto e ho finito per metterla in difficoltà: non era proprio quello che
  volevo. Se decide di venirmi a trovare, mi farà molto piacere. E prometto di
  essere più discreto. Konrad esitò un momento,
  poi disse: - È bello poter parlare liberamente
  di questi argomenti, ma io non sono in grado di risponderle come vorrei. Ho
  le idee confuse. Marko accompagnò Konrad al cancello. Al momento di congedarsi,
  Konrad sorrise e disse: - Cercherò di chiarirmi le
  idee, duca. E magari riuscirò a dare una risposta alle sue domande. - Mi farebbe piacere
  parlare ancora con lei. Venga quando vuole. - Grazie. Konrad si congedò e si
  diresse verso la caserma. Era arrivato alla villa con il pensiero assillante
  dei due omicidi e dei sospetti che gravavano su di lui. Ne tornava con
  domande di tutt’altro genere che gli frullavano in testa. Il duca gli
  piaceva, parecchio. Lo attraeva, doveva riconoscerlo. Marko andò nel suo studio e prese dall’armadio
  il fucile. Lo guardò a lungo, tenendolo in mano. Sapeva che, se si fossa
  messo in bocca l’estremità della canna, questa volta avrebbe sparato. Una
  parte di lui lo spingeva a farlo, a mettere fine a un’esistenza che aveva
  perso il suo punto d’equilibrio. Meglio finire prima di essere conosciuto da
  tutti come un vecchio porco incapace di controllarsi. Meglio cancellare i
  rimpianti, i rimorsi. Con un movimento rapido girò
  il fucile e lo puntò contro la testa, ma al momento di aprire la bocca e
  infilarvi la canna, si fermò. Scosse la testa. - No, non ora. Si alzò e andò a posare
  l’arma al suo posto. Chiuse nuovamente a chiave l’armadio. Disse: - Dovrei buttare via la
  chiave… Scosse nuovamente la testa
  e lasciò lo studio. Il giorno dopo, quando gli
  ufficiali tornarono a bagnarsi al fiume, Konrad era molto pensieroso. Jacopo
  se ne accorse subito. Dopo una lunga nuotata, Jacopo si sedette un po’ in disparte
  e Konrad, che aveva nuotato con lui, si mise al suo fianco. - Sei ancora preoccupato
  per i sospetti del colonnello? Guarda che nessuno ci crede. - No, non è quello. Jacopo lo guardò. - C’è qualche altro problema,
  Konrad, vero? Konrad esitò. Aveva piena
  fiducia in Jacopo, ma i pensieri che il dialogo con il duca aveva suscitato
  erano troppo personali e aveva alcune remore ad esprimerli, tanto più che le
  sue idee erano confuse. - Gli omicidi, il suicidio...
  Loro erano arrivati insieme a me. Non eravamo amici, solo un po’ con Georg, ma…
  a volte mi chiedo chi sarà il prossimo. - Non è detto che debba
  esserci un prossimo, no? Che cosa ti fa pensare che l’assassino colpirà
  ancora? - Niente, è solo un
  pensiero. Ci fu un momento di
  silenzio, poi Jacopo disse: - Ieri non eri così
  turbato. È successo qualche cosa? Poi aggiunse: - Non voglio sapere gli
  affari tuoi, ma mi spiace vederti così preoccupato. Konrad fu toccato dalle
  parole di Jacopo. - Sì, è vero. Oggi sono
  stato dal duca… Konrad guardava l’isola
  davanti a loro e non si accorse della contrazione sul viso di Jacopo. Questi
  si controllò e il tono di voce era quello abituale quando disse: - E allora? - Sono andato per
  parlargli dei due omicidi. Mi chiedevo se non potesse saperne qualche cosa.
  Un’idea stupida, me ne rendo conto. - Ma parlare con lui ti ha
  turbato… - Sì, la conversazione si
  è spostata... ad altri argomenti.  Konrad si pentì di aver
  parlato. Si chiese che cosa gli stava succedendo: non gli capitava mai di
  parlare in modo avventato; aveva fama di essere molto riservato, forse troppo.
  E adesso, prima con il duca, poi con Jacopo… - Argomenti personali? - Sì.  - Questo è un momento
  particolare per tutti noi, quello che è successo è inquietante. Per te è
  stato ancora più sconvolgente, perché sei arrivato con loro. E poi
  naturalmente i sospetti del colonnello…  Dopo un attimo di pausa,
  Jacopo riprese: - Non so di che cosa avete
  parlato con il duca, ma se ha toccato temi molto personali, è naturale che in
  questa situazione ti abbia turbato. Konrad annuì. - Grazie, Jacopo. Mi
  piacerebbe poterne parlare con te. - Puoi farlo, di qualunque
  cosa si tratti. Konrad aveva parlato senza
  riflettere e per l’ennesima volta si disse che doveva recuperare
  l’autocontrollo. - Lo so, ma ho bisogno di
  riflettere prima di confrontarmi con te. Ho una grande confusione in testa e
  questa situazione certamente non mi aiuta. Ti ringrazio per la tua
  disponibilità. - Quando vorrai parlarne,
  io ci sono. Konrad guardò Jacopo e gli
  sorrise. - Grazie, sei un vero
  amico. E mentre lo diceva, Konrad
  si chiese se davvero per lui Jacopo era solo un amico. Scacciò il pensiero,
  dicendosi che il turbamento di quei giorni lo portava a sragionare. No, non
  era così. Le parole del duca avevano smosso qualche cosa, facendo affiorare
  dubbi e domande che aveva sempre accantonato.  Ritornarono chiacchierando
  e Konrad si sforzò di partecipare alla conversazione, scacciando i pensieri
  che gli si affollavano in testa. Dopo cena Konrad rientrò
  nella sua camera con l’intenzione di rimanere a riflettere.  Jacopo venne a bussare. - Hai voglia di uscire con
  noi? Siamo in sei. Ti faremo da guardie del corpo. La battuta di Jacopo
  rimandava scherzosamente al discorso del pomeriggio. Konrad si chiese se
  l’amico non fosse davvero preoccupato per lui. Forse no, ma preferiva
  prendere tutte le precauzioni del caso. - Grazie, Jacopo. So che
  con tali guardie del corpo sarei sicurissimo, ma tutto sommato preferisco
  starmene tranquillo in caserma e coricarmi presto. - Come vuoi, Konrad. Jacopo sembrò sul punto di
  dire qualche cosa, ma si limitò a salutarlo e uscì. Konrad si mise seduto.
  Pensieri diversi si accavallavano nella sua testa. Gli omicidi, il ferimento
  di Georg, il colonnello, il duca. No, non aveva senso. Un problema per volta. Si concentrò sugli omicidi
  e sul ferimento di Georg, ma non c’era nulla da aggiungere alle ipotesi che
  circolavano e di cui tutti discutevano ossessivamente. E anche sui sospetti
  del colonnello, non c’era nulla da aggiungere. Ciò su cui avrebbe dovuto
  riflettere era altro, ma la mente sembrava rifiutarsi di affrontare
  l’argomento. Ripensò alla conversazione con il duca. Si disse che non sarebbe
  tornato dal duca, non subito almeno: non era certo una risposta ai suoi
  dubbi. Era piuttosto una fuga. E Jacopo? Che cosa gli passava per la testa?
  Jacopo era Jacopo, un amico sincero.  Si stese a letto,
  perfettamente cosciente di stare fuggendo. Il giorno dopo Jacopo e
  alcuni altri del suo gruppo erano impegnati in caserma, per la visita di un
  pezzo grosso dell’esercito. Decise di uscire a passeggiare da solo. Si disse
  che magari era un’imprudenza, ma in pieno giorno era difficile che qualcuno
  gli tendesse un agguato. E mentre se lo diceva, pensò che Albert era stato
  ucciso in pieno giorno.  Evitò di addentrarsi nella
  cittadina. Prese una strada che costeggiava il fiume, poi pensò che lungo
  quella strada avrebbe incontrato un gruppo che si bagnava, quello delle
  monachelle, se non erano tutti impegnati per la visita in corso. Cambiò
  direzione, senza riflettere. Tre quarti d’ora dopo si ritrovò davanti alla
  villa del duca. Si disse che era davvero
  un idiota. Faceva e diceva cose senza rendersene conto. Doveva tornare
  indietro. Sì, era la cosa migliore da farsi. Si voltò e si diresse
  verso la città, ma fatti pochi passi si fermò. Aveva bisogno di parlare, di
  confidarsi. L’unico con cui avrebbe potuto farlo era Jacopo, ma Jacopo era
  occupato per tutto il giorno. Il duca… Che senso aveva? Lo conosceva appena,
  si erano parlati solo il giorno prima. Non erano certo amici. Il duca avrebbe
  pensato che lui voleva scopare… No, glielo avrebbe detto… Konrad si fermò. Disse, ad
  alta voce: - Sto impazzendo. Si guardò intorno. Non
  c’era nessuno, per fortuna. Tornò fino alla villa ed
  entrò. Il duca lo ricevette subito. - Sono contento di
  vederla, sottotenente. Konrad lo guardò,
  smarrito, poi disse: - Vorrei parlarle, se è
  possibile. - Certamente. A sua
  disposizione. Venga con me. Lo condusse al padiglione
  e lo fece passare nella piccola area cintata posta dietro la costruzione. Con
  un gesto lo invitò a sedersi su una poltrona di vimini, mentre diceva: - Qui staremo tranquilli. Konrad si era già pentito
  di essere venuto. Guardò il duca. Era un bell’uomo, non di una bellezza
  regolare e perfetta, com’era Georg e com’era stato Albert, ma aveva davvero un
  notevole fascino. - Duca, credo che mi
  giudicherà un idiota e non posso darle torto. Mi giudico anch’io un idiota. - E perché mai? - Perché in questo periodo
  faccio cose assurde, come essere qui in questo momento, a parlare con lei,
  che conosco appena. Non ha senso, me ne rendo conto, ma ho una grande
  confusione in testa. - A volte è più facile
  confidarsi con qualcuno che si conosce appena e con cui non ci si trova di
  frequente a contatto. È capitato anche a me. Mi farebbe molto piacere se si
  confidasse con me. Sarebbe un bel segno di fiducia. Konrad annuì. Ciò che
  diceva il duca era vero.  - Ho fiducia in lei, anche
  se la conosco poco. Sono stato turbato dall’omicidio di Albert e da tutto ciò
  che ne è seguito, fino al ferimento di Georg. Poi c’è stata la sensazione di
  essere in pericolo e… qualche cosa che non le ho detto… il colonnello
  Schneider sospetta di me.  Marko guardò Konrad allibito.  - Lei?! Perché mai? - Vorrei capirlo anch’io.
  Perché sono arrivato con Albert, Friedrich e Georg. Perché non ho un alibi
  per i due omicid, perché… non lo so. Non ho mai
  avuto niente contro di loro. Georg poi… è un amico. - Non riesco davvero a
  capire. - Neanch’io, gliel’ho
  detto. Non so spiegarmelo e non posso spiegarlo a lei. Ma la faccenda mi ha
  sconvolto, lo confesso. Sono arrivato qui ieri con una gran confusione in
  testa e… le sue parole l’hanno aumentata.  - Mi spiace di questo. Non era certo mia
  intenzione complicarle la vita in questo periodo in cui ha già abbastanza
  preoccupazioni. Konrad guardò la siepe che
  racchiudeva lo spazio in cui erano seduti. - Le sue parole hanno
  colpito nel segno. Mi hanno costretto a pormi domande che ho sempre
  accantonato e a cui devo dare una risposta. - Forse in questo momento
  ha altre priorità. Non può avere la serenità necessaria… Konrad lo interruppe con
  un gesto della mano. - Se non fossi così
  turbato, probabilmente avrei ignorato tutte le domande, come in fondo ho
  sempre fatto. La ringrazio per avermi forzato ad affrontarle. Ci fu un momento di
  silenzio, poi Marko chiese: - Ha provato a darsi delle
  risposte? Konrad sorrise, un sorriso
  mesto. - Qualche cosa ho capito.
  Credo che mi piacciano gli uomini, sì. Non ho mai provato nulla e non so se
  vorrei provare, probabilmente no, non ora, certamente. Mi sono chiesto… sono
  diventato amico di un altro ufficiale e… a tratti mi chiedo se è solo
  amicizia. Mi attrae e a volte provo il desiderio di accarezzarlo, anche se
  non è bello. Non me n’ero reso conto, ma dopo aver parlato con lei, ho
  capito. E mi sono spaventato. - Crede che anche lui sia
  attratto da lei? - Non lo so. Mi vuole
  bene, su questo non ho dubbi. Ma non so se gli piacciono gli uomini, se gli
  piaccio io. Marko sorrise. - Qualunque persona
  sensibile l’apprezzerebbe, sottotenente. Anche se questo non vuol dire che
  desidererebbe avere rapporti con lei. Dopo un momento di pausa, il
  duca aggiunse: - Possiamo darci del tu?
  Posso chiamarla Konrad? Se non vuole, non ha importanza, ma… il lei, il
  titolo: mi sembrano un muro che sta tra noi due. - Va bene… va bene, Marko. Konrad sorrise e disse: - Faccio un po’ fatica a
  chiamarti così. - Grazie, Konrad. E
  scusami, scusa se ho cercato di sedurti. Non me ne volere. È che… a un certo
  punto della mia vita ho fatto un errore e quando me ne sono reso conto, era
  troppo tardi per rimediare. E da allora… tutto ha perso senso. Marko rise. - Sei venuto da me perché
  hai bisogno di parlare e io… sono io quello che deve considerarsi un idiota. - No, duca… Marko. Anzi. La tua fiducia mi rende più facile
  confidarmi. Dimmi ancora, se te la senti. Il duca rimase un lungo
  momento a guardare nel vuoto, poi disse: - Vedi, Konrad, capita a
  volte di buttare via la cosa migliore della propria vita, senza neppure
  rendersene conto. La sorte ci offre un dono miracoloso, che non meritiamo, e
  noi voltiamo la testa dall’altra parte, per leggerezza, per paura. Non fare
  questo errore.  Non era una confidenza o,
  piuttosto, lo era solo a metà. Era un avvertimento, che nasceva da
  un’esperienza dolorosa. Konrad era perplesso: - Non credo che la sorte
  abbia intenzione di farmi grandi doni. - Tu sei molto giovane. Forse
  la sorte te lo sta già facendo un dono. - Forse. Anche se in
  questo momento, mi sembra che mi dia legnate, non doni. Ci fu un momento di
  silenzio, poi Marko chiese: - Aver capito che ti
  piacciono gli uomini ti turba? - No, non proprio. Ho
  conosciuto diversi uomini che amavano altri uomini. Uno dei miei cugini, tra
  gli altri, che si confidò con me. A lungo ho pensato che mi sarei sposato,
  come mia madre si aspetta da me, ma uno dei miei fratelli è già diventato
  padre e un altro, che pure ha appena compiuto diciott’anni, è sul punto di
  fidanzarsi: in fondo mia madre avrà i nipotini che desidera anche senza il
  mio contributo. Ma… - Ma? - Non so come dire… non ho
  mai avuto rapporti, te l’ho detto. La necessità di aiutare mia madre e i miei
  fratelli, di fare un po’ da padre per loro… è stata un’ottima scusa per
  accantonare altri pensieri, non pormi altre domande. Il generoso figlio
  maggiore che si sacrifica per assicurare un futuro ai fratelli e sostenere la
  madre… il pavido figlio maggiore che trova un’ottima scusa per non guardare
  dentro se stesso. Marko alzò una mano e scosse il dito indice,
  in un segno di negazione. - Le due cose vanno
  insieme. Tu sei sicuramente altruista e sono certo che ti sei davvero
  sacrificato per tua madre e i tuoi fratelli. Il sacrificio ha presentato
  anche un vantaggio, quello di non fare i conti con una parte di te che
  preferivi non vedere. - Forse. Ci fu un momento di
  silenzio, poi Marko disse: - Credo che in questo
  momento ci siano troppe cose in ballo. Prenditi il tempo necessario. Passata
  questa tempesta, potrai pensarci con calma. Konrad salutò Marko. Proprio mentre usciva dalla villa, incrociò
  quattro ufficiali, tra cui il maggiore Kovács. Non
  frequentava nessuno di loro, ma sapeva chi erano. Nessuno dei quattro godeva
  di molta stima da parte degli altri ufficiali. - Oh, Von Kassa, in visita al duca? Nel tono non appariva
  ironia, ma Konrad non si sentiva di escludere che ci fosse. In ogni caso,
  vedendolo uscire da solo dalla villa, avevano probabilmente pensato che fosse
  il nuovo amante del duca. Ci mancava solo più questa! Merda! Rispose, cercando di assumere
  un tono indifferente. - Sì, avevo bisogno di
  parlargli. Il maggiore Kovács sorrise e gli si avvicinò. - Ha fatto amicizia in
  fretta, sottotenente. E che amicizia! Konrad conosceva la fama
  del maggiore e si sarebbe volentieri allontanato, ma non poteva farlo, tanto
  più che Kovács era comunque un ufficiale di grado
  superiore. Non sapeva bene che cosa dire. - Il duca è molto gentile
  e mi ha dedicato un po’ del suo tempo. Il sorriso del maggiore
  sembrava cordiale, ma Konrad era sicuro che fosse una cordialità di facciata. - Il duca offre sontuose
  cene e serate di ballo. Da lui ci si diverte sempre. Ballando o giocando. Lei
  gioca, sottotenente? - No, non amo il gioco e
  comunque non avrei i mezzi. - Quanto ai mezzi, si può
  sempre chiedere un prestito. Le posso dare il nome di una persona fidata a
  cui rivolgersi. Interessi ragionevoli. E la possibilità di guadagnare grosse
  somme. Si sa: la fortuna arride a chi gioca per la prima volta. Non la
  stuzzica l’idea di guadagnare una bella sommetta? Konrad si sforzò di
  rispondere in modo cortese, nascondendo la sua irritazione: - Credo che invece di
  guadagnare una bella sommetta, mi troverei a perderla. E perdere soldi che
  non sono i propri non è piacevole. - Oh, ma il duca
  certamente l’aiuterebbe. È molto generoso. Konrad era furente, ma non
  poteva permettersi di mostrarlo. - Certamente, ma non lo
  conosco abbastanza da potergli chiedere dei soldi. E in ogni caso, non lo
  farei mai. - Ci pensi, Von Kassa. Con un po’ di fortuna può cambiare la sua vita. Konrad avrebbe voluto
  rispondere che senza dubbio avrebbe potuto cambiare la sua vita, ma molto
  facilmente in peggio. Il maggiore non disse
  altro e Konrad fu contento di non dover sostenere oltre una conversazione per
  lui alquanto spiacevole. L’incontro era comunque increscioso: probabilmente
  il maggiore Kovács o qualcuno degli altri avrebbe
  raccontato di averlo visto uscire dalla villa del duca. Il giorno seguente, dopo
  le esercitazioni del mattino, Konrad passò a trovare Georg, che gli disse: - Ho saputo che sei stato
  dal duca. Konrad se l’aspettava, ma scoprire
  che era successo quanto aveva temuto non gli fece piacere. Decise di mettere
  subito in chiaro come stavano le cose. - Sì, sono passato a
  trovarlo, perché avevo bisogno di parlargli di quanto è successo. Abbiamo
  parlato di diverse cose. Mi ha fatto un’ottima impressione, ma non sono il
  nuovo amante del duca, come qualcuno probabilmente pensa, e non ho nessuna
  intenzione di diventarlo. Georg sorrise. - Non ho detto niente del
  genere. E non l’ho neanche pensato. - No, ma preferisco
  chiarirlo. So che tu mi crederai. Probabilmente sarai l’unico. - No, Konrad. Mi sono reso
  conto che diverse persone hanno molta stima di te, una stima ben meritata.  - Mi fa piacere sentirtelo
  dire. Nel pomeriggio Konrad andò
  a bagnarsi con il solito gruppo. Jacopo parlò un po’ con lui durante il
  tragitto, ma quando raggiunsero l’isola, si tuffò in acqua senza invitarlo e
  nuotò molto a lungo. Quando tornò non si sedette vicino a lui, ma rimase in
  piedi, scambiando due parole con gli uni e con gli altri. Konrad lo guardava e si
  poneva diverse domande. Il comportamento di Jacopo
  lo inquietava. Perché si teneva lontano da lui? No, non era vero che si
  teneva lontano da lui, aveva camminato al suo fianco e anche ora non si era
  messo lontano, ma l’intimità che si era creata tra di loro sembrava svanita.
  Fino all’altro giorno erano chiaramente amici, adesso Jacopo sembrava voler
  mantenere una certa distanza. Certamente Jacopo aveva saputo che lui era
  ritornato dal duce. Non voleva farsi vedere vicino a qualcuno che in molti
  ritenevano il nuovo amante del duca? Aveva paura delle battute degli altri? O
  credeva che Konrad fosse davvero diventato l’amante di Marko
  Jergović? L’altra sera gli aveva proposto di uscire e ora… No, erano sciocchezze.
  L’atteggiamento di Jacopo non era cambiato, era solo un’impressione. Non
  doveva mica stargli sempre appiccicato… Konrad guardava l’amico.
  Non era bello, Jacopo, no, per niente. Ma il corpo forte a due passi da lui,
  il corpo di questo maschio vigoroso lo attraeva, accendeva in lui… Konrad si rese conto che
  il cazzo gli si stava riempiendo di sangue. Si alzò ed entrò subito in acqua.
  Nuotò a lungo, fino allo scoglio che avevano utilizzato come punto di svolta
  nella gara che avevano fatto. Ma le vigorose bracciate non gli restituirono
  la serenità. A un certo punto sentì una tristezza sconfinata invaderlo. Aveva
  voglia di piangere. Si fermò su una minuscola isola, poco più che uno
  scoglio. Rimase a lungo lì, a guardare l’acqua che scorreva. Una tristezza
  infinita lo avvolse. Aveva voglia di abbandonarsi al fiume, di lasciarsi
  trasportare lontano, di morire. Quando infine si riscosse
  e tornò all’isola il sole era molto basso. Molti se n’erano già andati.
  Jacopo e un suo amico erano ancora lì. Konrad si rese immediatamente conto
  che Jacopo si era preoccupato. - Temevamo che ti fosse
  successo qualche cosa, Konrad. Sei stato via molto a lungo. Konrad chinò il capo.
  Disse solo: - Scusate. Evitò di guardare Jacopo e
  l’altro ufficiale negli occhi. Il giorno dopo il
  colonnello Schneider fece chiamare Konrad. Quando Konrad fu davanti a lui,
  gli disse: - So che ha fatto amicizia
  con il duca. Konrad non si aspettava
  che il colonnello fosse a conoscenza della sua visita dal duca. Che gli
  ufficiali ne parlassero tra di loro, era comprensibile: un argomento come un
  altro per le conversazioni. Ma perché parlarne con il colonnello? - Gli ho parlato due
  volte, signor colonnello, non di più. È stato molto gentile con me. Avrebbe voluto aggiungere
  che non aveva davvero fatto amicizia con il duca, ma gli sembrava scorretto
  nei confronti di Marko, che sembrava considerarlo
  un amico. Schneider annuì. - Intendo affidarle un
  incarico, nell’ambito dell’indagine che stiamo conducendo. Konrad rimase senza
  parole. Il colonnello sospettava di lui e ora gli affidava un incarico? Non
  aveva nessun senso. - Il suo rapporto
  d’amicizia le permette di porre al duca alcune domande che noi abbiamo
  preferito non porre, sulle sue relazioni con Kraus e con Rothaus: quando sono
  incominciate, come sono proseguite, quante volte si sono visti. Con lei, dato
  che siete amici, si confiderà volentieri. Konrad si chiese se Schneider
  si stesse prendendo gioco di lui. Il colonnello appariva serissimo e non
  risultava che amasse scherzare: aveva piuttosto la fama di essere privo di
  senso dell’umorismo. Replicare gli costò fatica, ma era davanti a un suo
  superiore e non poteva non dare una risposta. - Sono argomenti molto
  personali, signor colonnello, e dubito che il duca sia disponibile a parlarne
  con me, che conosce appena. Konrad si sarebbe sentito
  mortalmente imbarazzato a ficcare il naso nella vita privata di Marko e in ogni caso era convinto che il duca non gli
  avrebbe risposto: avrebbe, giustamente, considerato le domande una curiosità
  inaccettabile. - Non credo. Lei gliene
  parli e mi riferirà le risposte. Sono sicuro che riuscirà a convincerlo a
  confidarsi, scegliendo il momento opportuno. Konrad ebbe l’impressione
  che ci fosse ferocia nel sorriso del colonnello. Che cosa gli stava dicendo
  con quelle parole? Il “momento opportuno” era quello in cui lui e Marko sarebbero stati a letto? Era quello che pensava il
  colonnello? Konrad soffocò la rabbia.
  Non poteva permettersi di reagire. Disse: - Parlerò al duca come lei
  mi comanda, ma non credo che mi risponderà, signor colonnello. - Me l’ha già detto, Von Kassa. La voce di Schneider era
  sferzante, ora. - Vada. Konrad salutò e lasciò
  l’ufficio. Di rado nella sua vita si era sentito tanto umiliato. Rientrò in
  camera e poco dopo uscì, per recarsi dal duca. Sulla porta incrociò Jacopo,
  che gli sorrise e gli disse: - Stai uscendo, vedo. - Sì. A Konrad sembrava scortese
  limitarsi a una risposta così laconica. Se non fosse stato ancora sconvolto
  per le parole di Schneider, si sarebbe limitato a un generico “Ho un impegno,
  ci vediamo più tardi”, ma era troppo turbato. Il colonnello gli aveva
  raccomandato di non dire niente a nessuno, ma di Jacopo Konrad si fidava. E
  il pensiero dell’incarico affidatogli suscitava in lui un desiderio di
  ribellione. Perciò abbassò la voce, per essere sicuro che nessuno potesse
  sentirlo, e disse: - Il colonnello mi ha
  detto di andare dal duca, per una faccenda che non posso spiegarti. - Il colonnello ti manda
  dal duca? Questa, poi! - Non lo raccontare in
  giro: mi ha ordinato di non dire niente a nessuno e se sa che l’ho detto a
  te, mi pela vivo. Ma è una cosa assurda. Merda, Jacopo! Jacopo appariva perplesso. - Non ti chiedo, visto che
  non puoi dirmi.  - Grazie. Scusami. Konrad si allontanò. Jacopo
  lo guardò, rimanendo un momento immobile, immerso nei suoi pensieri, poi raggiunse
  la sua camera. Prese la pistola e controllò che fosse carica, anche se sapeva
  bene che lo era. Poi uscì. Lungo la strada che
  portava alla villa del duca, Konrad cercò di capire che cosa dire al duca.
  L’unica cosa sensata era raccontare esattamente quello che era successo. Ma,
  anche se non aveva nessuna responsabilità, si sentiva umiliato. Avrebbe
  voluto tornare indietro, ma non poteva disobbedire a un ordine del
  colonnello, per quanto l’ordine potesse essere assurdo. E se non avesse detto
  nulla a Marko? Avrebbe potuto intrattenersi con lui
  un momento, affrontando qualche altro argomento, senza fare riferimento
  all’ordine ricevuto. E poi avrebbe potuto riferire al colonnello che il duca
  si era rifiutato di rispondere. E se il colonnello avesse scoperto la verità?
  Se a una cena dal duca avesse fatto cenno all’argomento? Konrad avrebbe passato
  guai seri. Probabilmente avrebbe anche peggiorato la sua situazione di
  sospettato, sarebbe stato accusato di aver cercato di ostacolare le indagini.
   Non aveva molta scelta.
  Avrebbe parlato sinceramente a Marko. Era convinto
  che il duca non se la sarebbe presa con lui, ma gli pesava molto.  In città il dottor Komives
  aveva ricevuto una visita inaspettata. Ascoltò ciò che aveva da dirgli l’uomo
  che si era presentato a casa sua, poi annuì, prese da un cassetto la pistola
  e disse: - Andiamo. * Konrad chiese di parlare
  con il duca, che arrivò subito. - Mi fa piacere rivederti,
  Konrad. - Vorrei poterti dire lo
  stesso. Marko lo guardò, stupito dalla replica brusca,
  che gli sembrava del tutto incongruente con l’immagine che aveva di Konrad.
  Non disse nulla e Konrad proseguì: - Ti chiederai perché sono
  di nuovo qui ad approfittare del tuo tempo e della tua disponibilità. Non
  l’ho scelto io.  Marko sorrise. - Avrei preferito che tu
  venissi perché avevi voglia di vedermi o avevi piacere di confidarti. Ma mi
  rendo conto che sei turbato e, se non mi sbaglio, di pessimo umore. - Sì, Marko,
  di pessimo umore. Sono stato umiliato in un modo che non credo di aver
  meritato e mi vergogno all’idea che dovrò raccontartelo. - Non occorre che tu me lo
  racconti. - Lo devo fare, purtroppo. Marko era chiaramente perplesso. - Facciamo due passi. Quando furono nel
  giardino, Konrad disse: - Marko,
  mi vergogno terribilmente. - Escludo che tu abbia
  fatto qualche cosa di cui tu debba vergognarti. - Non l’ho fatto, sto per
  farlo. Marko scosse la testa, poi disse: - Andiamo al padiglione.
  Ci possiamo sedere sul retro e mi racconti tutto. Devo dire che a questo
  punto sono molto curioso, ma mi spiace vederti così teso. Quando furono seduti,
  Konrad guardò Marko, scosse la testa e incominciò a
  raccontare. - Sono qui perché il
  colonnello ha saputo che siamo diventati amici. In realtà pensa che siamo…
  amanti. Ieri mi hanno visto uscire di qua, Kovács e
  alcuni altri. E hanno riferito. - Mi spiace, Konrad. Vivi
  già un momento difficile, senza bisogno di ulteriori complicazioni. Konrad proseguì il
  discorso che si era preparato: - La voce è giunta al
  colonnello, non so come, e lui mi ha convocato per affidarmi un incarico. Marko lo guardò, incuriosito. - Un incarico? - Mi vergogno a dirtelo,
  ma non potevo rifiutare: è un mio superiore. - Di che cosa si tratta? - Di… di farmi raccontare
  da te i dettagli dei tuoi rapporti con Albert e Georg. Marko scoppiò a ridere. - Non ho mai avuto una
  grande stima del colonnello, ma è molto peggio di come pensavo. Poi, tornato serio, disse: - Mi spiace. Capisco che
  per te debba essere stato alquanto umiliante. - Gli risponderò che non
  hai voluto parlarne, naturalmente, ma dovevo avvisarti. - Certo. Non riesco
  proprio a capire come gli sia potuta venire in mente una cosa del genere. È
  privo di qualunque senso. E offensivo nei tuoi confronti.  Marko scosse la testa e aggiunse: - Non devi vergognarti,
  Konrad. Non ha senso. È lui che dovrebbe… Marko si interruppe e guardò stupito verso la
  porta che dal padiglione immetteva nello spazio cintato. Konrad fece per
  girare la testa per vedere se qualcuno era entrato, ma sentì la pressione di
  una pistola contro la sua tempia.  | 
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