Una
biografia rosa
Quel 7 maggio 1985 Ferdinando entra in classe convinto che la giornata non gli riserverà sorprese. Non sa che quella data sarà segnata con un cerchio rosso su tutti i calendari della sua vita. Ha 19 anni, si sta preparando per la maturità. Durante l’intervallo i
compagni di quarta avvisano che l’insegnante di storia e filosofia è assente,
ha avuto un incidente d’auto, si è rotto una gamba, probabilmente non tornerà
prima della fine dell’anno. Questa rottura di gamba è davvero una bella
rottura, considerando che storia è una delle materie scelte per il colloquio
alla maturità e che il professore sarebbe dovuto essere il membro interno
della commissione. L’ora di filosofia è la quinta, l’ultima di una giornata
piena. Ferdinando si aspetta un’ora di vacanza, in cui magari fare qualche
compito, ma è già stato nominato un supplente: se storia non fosse una delle
materie dell’esame, probabilmente non avrebbero fatto la nomina così in
fretta. Il supplente entra in
classe ed a Ferdinando manca il fiato. Sembra avere pochissimi anni in più di
lui. Scoprirà nel pomeriggio che ne ha solo 24, si è appena laureato. È
vestito in modo abbastanza trasandato, porta i capelli un po’ lunghi e ha gli
occhiali: sembra il classico filosofo che vive nelle nuvole, ma ha due occhi
di un azzurro limpidissimo e un sorriso che non lascia nessuna possibilità di
scampo. La metà femminile della
classe segue beata la spiegazione o, meglio: guarda beata l’insegnante, senza
seguire una parola della spiegazione. Ferdinando si unisce alla metà
femminile, in uno strano stordimento, ma si sforza di seguire. La campanella
squilla, Ferdinando fatica a connettere. Lungo le scale si trova casualmente
(?) di fianco al professore e, visto che costui ha fatto una lezione su
Nietzsche, Ferdinando gli chiede a bruciapelo: - Che cosa mi
consiglierebbe di leggere di Nietzsche, professore? Il professore sorride.
Ferdinando perde quel minimo di lucidità che ancora aveva. - Non so, dovrei capire
che cosa ti interessa. Hai un momento di tempo? - Certo, quando vuole,
anche questo pomeriggio. A Ferdinando non passa per
la testa che il professore gli volesse chiedere se aveva tempo in quel
momento, le vaghe idee che ha in mente e che non ha formulato chiaramente
neanche a se stesso non sono compatibili con uno scambio culturale sulle
scale del liceo. Il professore lo guarda un
attimo interdetto, poi gli dà il proprio indirizzo. Nel pomeriggio parlano di
Nietzsche quasi venti minuti (Ferdinando è eroico o forse soltanto
impaurito), poi passano a parlare del bene e del male per altri dieci minuti
(transizione naturale per passare dalla filosofia alla vita quotidiana) e,
giunti all’originale e profonda conclusione che non è male ciò che non
provoca sofferenza ad altri, passano il resto del pomeriggio in altre
occupazioni. Ferdinando e Sergio, il suo insegnante, perdono la verginità
insieme, ma guadagnano un amore. Un ottimo affare per entrambi. Ferdinando, che è sempre
stato bravo in storia, prende spesso lezioni private dal suo nuovo
insegnante. I genitori si stupiscono che il loro figliolo si dedichi alla
storia con tanta passione, ma in fondo ha scelto di portare la materia
all’esame orale. Ed in effetti c’è anche molto di orale nei suoi rapporti con
l’insegnante. Gli anni dell’università
Ferdinando li vive tra la casa dei suoi genitori e quella del suo
ex-insegnante. I genitori mangiano la foglia e nessuno si stupisce che
Ferdinando si stabilisca definitivamente da Sergio non appena ha concluso gli
studi. Sono passati oltre
vent’anni dal primo incontro, ma dall’appartamento mansardato con vista sui
tetti di Torino l’architetto Ferdinando ed il filosofo Sergio continuano a
costruire castelli in aria ed a filosofeggiare, con reciproca soddisfazione.
Con soddisfazione ancora maggiore si dedicano anche ad altre attività. |