I – La casa di Giovanni

II – Il signore di Cesarea

III – Spedizione in Egitto

IV – Un erede per Cesarea

 

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Per i feriti il viaggio di ritorno dall’Egitto è una prova faticosa. Qualcuno non la supera: diversi soldati muoiono prima di arrivare nei domini franchi.

Tristan ormai si è perfettamente rimesso e può camminare con gli altri soldati. La ferita che lo fa soffrire è un’altra, ma quella se la porta dentro e non gli impedisce di viaggiare e di assistere i compagni che ne hanno bisogno. Non cerca di avvicinarsi a Istfan, anche se, essendo entrambi al servizio del duca, spesso lo incrocia.

Istfan rimane con i feriti e soprattutto con Mikhael, che arriva a Gerusalemme molto provato. Alcuni giorni di riposo sono però sufficienti a rimetterlo in sesto.

Durante il viaggio Sarah ha momenti in cui non si sente bene e due volte è presa da nausea. Istfan scopre così ciò che Sarah e Mikhael già sanno: Sarah è incinta, probabilmente oltre il quarto mese. Dev’essere rimasta incinta poco prima della partenza dal villaggio in cui abitava.

 

*

 

A Gerusalemme i nobili franchi sono stati convocati dal re, che li congederà: ognuno potrà tornare al proprio feudo.

Re Amalrico chiama Hugues, che si inginocchia davanti al trono.

- Barone d'Arbert, ho apprezzato il valore che avete dimostrato anche in questa spedizione, che Iddio non ha voluto benedire concedendoci di vincere gli infedeli e sottomettere l'Egitto.

Hugues si inchina: spera che questa premessa porti a ciò che desidera, ma prima di esultare attende che il re completi il suo discorso.

- Con il vostro comportamento in questa spedizione e nelle precedenti, vi siete meritato il dominio di Cesarea e il titolo di conte.

- Vi ringrazio, Maestà, per l’onore che mi fate.

Poi il re si rivolge ad Amaury di Rochenoire e a Renaud di San Giacomo d’Afrin:

- Cavaliere di Rochenoire, barone di San Giacomo, il vostro contributo è stato importante perché ha permesso la conquista di Bilbeis. Vorrei potervi premiare assegnando a voi, Amaury di Rochenoire, un territorio in feudo, e a voi, Renaud di San Giacomo, un feudo più vasto di quello che già possedete, ma non abbiamo potuto imporci in Egitto e in questo momento non posso ricompensare il vostro valore.

Dopo queste parole Amalrico si rivolge a Ferdinando.

- Quanto a voi, conte dell’Arram, avete dato prova di grande valore, dando un contributo prezioso alla conquista di Bilbeis. Anche a voi rendo lode.

Infine Amalrico si rivolge a tutti i cavalieri adunati nella sala:

- E grazie a tutti voi per quanto avete fatto. Grazie ai cavalieri del Tempio per il contributo dato. Domani si terrà un banchetto per la conclusione della spedizione e poi chi lo desidera potrà prendere congedo.

 

L’assemblea si scioglie.

Hugues è raggiante. L'assegnazione definitiva di Cesarea è la realizzazione dei suoi sogni. Ora è uno dei signori del regno e presto potrà sposare Yseut, figlia del potente Raimondo, conte di Ascalona.

La giovane era stata promessa a Philippe di Cesarea, ma il conte è stato assassinato prima che il matrimonio avesse luogo. Nel periodo in cui Hugues è stato governatore di Cesarea, ha richiesto la mano di Yseut. Ci sono state trattative, che sono state mantenute segrete. Il conte di Ascalona ha posto come condizione che Hugues ricevesse la contea di Cesarea dal re. Ora che questo è avvenuto, Hugues sposerà Yseut. Hugues è un uomo fortunato: ha ottenuto una città importante e il titolo di conte e ora s’imparenta con un signore potente.

Quando il fidanzamento verrà reso pubblico molti diranno che anche Yseut è stata fortunata: diventerà ugualmente contessa di Cesarea, ma sposando un uomo molto più giovane. Che Philippe di Cesarea fosse ancora in grado di assolvere i suoi doveri coniugali, non è un mistero per nessuno, visto che in città ci sono diversi bastardini del vecchio conte. Ma probabilmente Yseut preferisce un marito che ha trent’anni in meno del primo fidanzato.

 

Renaud è furente. La conquista di Bilbeis, in cui ha svolto un ruolo importante e ha rischiato la vita, non è servita a niente: Cesarea è stata assegnata a Hugues d’Arbert. Occorre fare buon viso a cattivo gioco. Uscendo da palazzo, Renaud si rivolge al fratello Olivier:

- Merda! Amalrico è rincoglionito.

- Può darsi. Se non avesse nominato Hugues governatore di Cesarea, forse non avrebbe deciso come ha fatto. Ma per togliere Cesarea a Hugues sarebbe stato necessario che tu o Amaury deste un contributo decisivo alla spedizione, riportando qualche vittoria importante. Così non aveva motivo per non confermare la scelta che aveva fatto. La partita è chiusa.

Olivier vorrebbe aggiungere che se Renaud non si fosse precipitato a Cesarea dopo la morte di Philippe, la scelta del re sarebbe potuta essere diversa, ma probabilmente è stata proprio la presenza di Renaud nella città a spingere il re a nominare qualcun altro, in questo caso Hugues, governatore. Questo però Olivier preferisce non dirlo al fratello, per evitare uno scontro che non servirebbe a nulla.

- Col cazzo che la partita è chiusa! Intendo giocare ancora le mie carte. Cesarea non può sfuggirci in questo modo.

Poco prima della riunione, Renaud ha ricevuto notizie da San Giacomo d’Afrin. C’è un elemento nuovo che potrebbe rafforzare la sua posizione: Mélisende è nuovamente incinta. Per Renaud è stata una gradita sorpresa. Bisognerà vedere come si concluderà la gravidanza. Se nascesse un figlio maschio, sarebbe una buona carta da giocare nel caso Hugues d’Arbert morisse. E al caso si può sempre dare una mano.

Se fosse una femmina, il discorso sarebbe diverso.

Se invece ci sarà nuovamente un aborto, è meglio che il medico abbia indovinato.

 

*

 

Denis esce con Guillaume e Ferdinando. Ferdinando sembra irritato, ma Denis non ne capisce il motivo. Appena sono fuori, Ferdinando sbotta:

- Porcoddio! Ha ringraziato tutti, tranne te, Denis. Tu hai sconfitto l’esercito che stava arrivando a Bilbeis e hai permesso la conquista della città, ma non hai avuto neanche un grazie. Ma che cazzo…

Denis sorride e scuote la testa. Guillaume interviene:

- L’ho notato anch’io. L’aver citato Amaury, Renaud e Ferdinando, ma non te, non aveva davvero nessun senso.

Denis ripete lo stesso movimento.

- Aveva un senso preciso: far capire a tutti e a me in particolare che sono in disgrazia, che nessuno può permettersi di criticare impunemente ciò che il re ha fatto o avallato.

- Ma che testa di cazzo!

- Ferdinando! Non puoi parlare così del re. Fa’ attenzione, qualcuno potrebbe sentirti.

- Nessuno ci sta sentendo. E se non vuole che gli si dia della testa di cazzo, ha solo da non comportarsi da testa di cazzo, no?

- Logica impeccabile, Ferdinando, ma non sufficiente a evitare conseguenze molto spiacevoli, se il re venisse a conoscenza di quello che vai dicendo di lui.

 

*

 

Il giorno dopo, Amaury di Rochenoire chiede di parlare a Denis, prima del banchetto al termine del quale i signori si congederanno.

- Duca, ho una richiesta da farvi.

- Ditemi, cavaliere.

- Vorrei combattere al vostro servizio.

Denis è sorpreso dalla richiesta. Amaury ha sempre combattuto direttamente alle dipendenze del re. Ha un gruppo di soldati ai suoi ordini, che lo seguono in guerra, e quando è necessario arruola altri uomini.

Denis gioca a carte scoperte:

- La vostra richiesta mi onora, ma mi sorprende anche, non ve lo nascondo.

- Vi spiegherò che cosa mi ha spinto a farvela.

- Ditemi.

- Duca, ritengo che nessuno dei signori del regno abbia una visione della nostra situazione chiara come l’avete voi. Credo che anche voi pensiate, come lo penso io, che ormai il tempo delle nostre conquiste sia finito da un pezzo. Solo un uomo di intelligenza e valore eccezionali poteva conquistare ancora Rougegarde, ma non credo che ci sarà un’ulteriore espansione. Nel migliore dei casi, riusciremo a difendere i territori in nostro possesso.

- Vi ringrazio per la stima che avete di me. Direi che condivido la vostra analisi almeno nelle linee essenziali: non abbiamo le forze per conquistare e mantenere nuove terre.

Amaury annuisce.

- I mezzi di cui dispongo mi hanno fino a ora permesso di avere truppe al mio comando in ogni spedizione. Ho investito parecchio in questa ultima impresa, più di quanto in realtà mi potessi permettere, sperando che al ritorno il re potesse assegnare a me Cesarea. Non ho ottenuto nessun risultato, a parte il bottino a Bilbeis, che mi consente di pagare i miei uomini e alcuni creditori. Se il re organizzasse un’altra azione, non potrei più parteciparvi con truppe consistenti, se non oberandomi di debiti, senza nessuna sicurezza di poterli saldare. Ormai il mio ruolo in Terrasanta sarà quello di un cavaliere che combatte con il suo seguito. Le mie ambizioni devono adeguarsi alle mie possibilità.

Denis annuisce. Il discorso di Amaury è chiaro e dimostra una notevole capacità di analisi della situazione.

- Capisco.

- Allora vi chiedo se volete prendermi al vostro servizio. Non pretendo certamente una risposta adesso.

- Cavaliere, apprezzo il vostro valore e la vostra lealtà. Prima di darvi una risposta, vorrei però che foste consapevole che anche la mia situazione è mutata: le critiche che ho rivolto al re in relazione alla conquista di Bilbeis mi hanno alienato il suo favore, come probabilmente avete avuto modo di notare.

- Me ne sono reso conto. Ho troppa stima del re per pensare che non cambierà atteggiamento, ma in ogni caso la mia richiesta rimane valida.

- Allora posso dirvi subito che sarei lieto di avervi al mio fianco.

- Duca, vi ringrazio.

Denis e Amaury definiscono alcuni punti, poi Amaury si allontana. A Denis non spiace avere Amaury con sé: è un uomo valoroso e lo reputa leale.

 

*

 

Al banchetto serale, Renaud si trova vicino a Hugues e Amaury. Senza farlo vedere, ascolta la conversazione tra i due uomini. Vuole capire quali sono i loro rapporti, ora che Cesarea è stata assegnata definitivamente a Hugues. È un elemento che potrebbe servirgli nell’elaborazione del suo piano. E magari avrà occasione di ricavare qualche altra informazione che potrebbe tornargli utile.

- Ti rinnovo le mie congratulazioni, Hugues. Credo che tu abbia meritato la contea.

- Grazie, Amaury. So che sono sincere, anche se il mio successo ha impedito il tuo.

- Mors tua, vita mea. In questo caso, mors mea, vita tua.

- Mi spiace che tu non abbia ciò che ti meriteresti.

Amaury alza le spalle.

- Ho rinunciato a sogni che non posso coltivare. Passerò al servizio di Denis d’Aguilard.

- Cosa? Ma…

- Non posso più permettermi di combattere con truppe consistenti. Mi stabilirò a Rougegarde.

Hugues rimane un momento in silenzio, poi sorride e dice:

- I territori di Cesarea e di Rougegarde confinano. Credo che avrò occasione di recarmi spesso dal duca e in questo caso verrò a trovarti, se sei d’accordo.

- Mi farà molto piacere, avremo molte cose da dirci e…

Amaury abbassa la voce e conclude:

- …Junyad ti farà un buon mass, sempre che tu non sia con la tua consorte.

Amaury sa che Hugues sposerà Yseut d’Ascalona: è stato Hugues stesso a dirglielo. Hugues risponde:

- Verrò senza di lei.

Ridono tutti e due.

Renaud ha ascoltato tutto ciò che si sono detti, anche le ultime frasi. Ne ha colto il senso: sa che Amaury ha uno schiavo che pratica i mass ed è chiaro come finiscono i mass a cui ha fatto allusione.

 

*

 

Dopo il banchetto, quasi tutti i signori del regno prendono congedo e raggiungono le loro città. Ferdinando e Denis fanno insieme il viaggio fino a Rougegarde, da cui il conte proseguirà con i suoi uomini per la valle dell’Arram. Il barone Renaud avrebbe un lungo tratto di strada in comune, ma parte due giorni dopo. Anche se i rapporti tra Denis e Renaud sono sempre corretti e appaiono cordiali, nessuno dei due ha piacere di frequentare l’altro più di quanto non sia necessario: avendo un lungo tratto di confine comune e vivendo sotto la continua minaccia dei saraceni, hanno già sufficienti occasioni di incontrarsi.

Amaury di Rochenoire rimane a Gerusalemme: deve preparare il suo trasferimento a Rougegarde, che è stato fissato a primavera.

Denis e Ferdinando parlano molto durante il viaggio. Anche se spesso Ferdinando si rivolge a lui dandogli del voi, il legame che li unisce è forte. Denis ne approfitta per dargli alcuni consigli, senza averne l’aria. Ferdinando è poco prudente e ora che Denis ha perso l’appoggio del re è bene che non si metta nei guai.

- Farò come voi dite, duca. Ma quanto al vescovo, col cazzo che quel figlio di puttana metterà piede nella mia contea. Porcoddio! Non lo voglio proprio vedere.

- Tutto sommato, credo anch’io che sia meglio che rimanga lontano, se non altro per non sentirvi bestemmiare.

Sorridono entrambi. Poi Denis prosegue:

- Però badate. Il vescovo è un nemico pericoloso e non arretra davanti a niente pur di ottenere i suoi scopi. La valle dell’Arram gli interessa poco. Ma il giorno in cui diventasse un elemento utile nel gioco che conduce, farebbe tutto ciò che è in suo potere per eliminarvi.

- Grazie dell’avvertimento. Ne terrò conto.

- Sapete che potete sempre contare su di me, se nascesse qualche problema. Ma il re mi terrà a distanza per un po’.

Denis non lo dice, ma è preoccupato più per Ferdinando che per sé: sa che il re non gli negherebbe un appoggio se ne avesse davvero bisogno, ma potrebbe invece negarlo a Ferdinando, proprio per far capire a Denis che è in disgrazia.

 

Giunti a Rougegarde, Denis e Ferdinando si separano. Denis ritrova la moglie e il figlio. Denis abbraccia il piccolo Pierre e gioca a lungo con lui. Quando infine si avvicina l’ora di cena, Denis affida il figlio alla moglie e si ritira nel suo appartamento. Dopo un bagno e il pasto serale, Denis parla a lungo con Maria.

Denis chiede notizie su ciò che è accaduto nei tre mesi in cui è stato assente. Non ci sono novità di rilievo, ma Maria fornisce una relazione dettagliata su tutto ciò che è successo. Infine aggiunge:

- Il vescovo è tornato a trovarmi due o tre volte.

- Che cosa sperava di ottenere?

- Essenzialmente che io prendessi dei provvedimenti per limitare la libertà di culto dei musulmani, degli ebrei e dei cristiani non cattolici. Utilizzando come pretesto l’incidente di cui vi ho parlato.

Denis annuisce. L’incidente è stato una rissa tra due mercanti musulmani e un oste cristiano: fatto di per sé del tutto irrilevante.

- Non mi stupisce.

- Io gli ho detto che su questo punto avevo ricevuto precise istruzioni da parte vostra, per cui avevo le mani legate.

Denis non ha lasciato “precise istruzioni” su questo punto, ma Maria ha fatto bene a dare questa risposta: se il vescovo pensa che Maria non condivida le scelte del marito, probabilmente crederà di potersi servire di lei.

Maria riprende:

- E poi c’è sempre la faccenda di Emich di Freiburg e della casa del mercante Giovanni, che per il vescovo pare divenuta un’ossessione. Sua eminenza sembra ritenere che quella casa sia un focolaio di peccato e di eresie. Ma Nicolas, che tiene sotto controllo la situazione, mi ha garantito che Emich fa sempre molta attenzione a quello che dice in pubblico. 

- Bene.

 

È molto tardi quando Denis convoca Nicolas e parla a lungo con lui. Nicolas non ha nulla di significativo da raccontare, ma anche lui fornisce una relazione dettagliata.

Poi conclude:

- Sono contento che siate tornato, duca.

- Anch’io sono contento di ritrovarmi a casa.

Denis si interrompe. Ha detto “a casa”. Sì, Rougegarde è la sua casa, l’unica che ha mai avuto. Sono oltre quattro anni che Denis ha conquistato la città, ma è la prima volta che rientrandovi ha la sensazione di ritornare a casa. Il piccolo Pierre, Maria e Nicolas sono il mondo dei suoi affetti. Ama Pierre, che per lui è suo figlio. Prova affetto per Maria e per Nicolas.

Denis prosegue:

- E sono contento di ritrovare te, Nicolas. Hai voglia di venire in camera?

Nicolas sa benissimo che cosa intende dire il duca ed è ben contento di riprendere i loro incontri.

- Con grande piacere, duca.

Denis sorride. Nei tre mesi in cui è stato in campagna, non ha avuto rapporti. È padrone di se stesso e non cede alle esigenze della carne, anche se a volte il corpo lo tormenta. Adesso però è contento di ritrovare Nicolas, quest’uomo che come lui ha rinunciato all’amore, ma non al piacere.

Si dirigono nella camera del duca.

Denis dice:

- Spogliati, Nicolas. Voglio guardarti mentre ti spogli.

Nicolas sorride e con movimenti lenti si toglie gli abiti, finché rimane nudo davanti al suo signore.

- Sei bello, Nicolas.

Nicolas ha un viso dai tratti molto regolari e un bel corpo, di piccola statura, ma perfettamente proporzionato. È davvero bello. Nicolas non può certo dire altrettanto di Denis, eppure nessun altro esercita su di lui la stessa attrazione.

- Posso spogliare il duca?

- Sì, Nicolas. È quanto il duca desidera.

Nicolas si avvicina e incomincia a sfilare gli indumenti di Denis, ma Denis lo avvicina a sé e lo bacia sulla bocca, poi la sua lingua si spinge tra le labbra di Nicolas.

 

*

 

Morqos ha colto subito che Istfan non è sereno. Ha cercato di capirne le ragioni, ma Istfan non ha fornito nessuna spiegazione e Morqos non vuole forzarlo.

Anche Tristan appare scoraggiato. Morqos attribuisce il suo stato d’animo agli orrori a cui ha assistito e di cui si parla in città. Emich ha invece colto nella tristezza dell’uomo di fatica altre cause.

Tristan sembra volersi rinchiudere in se stesso, ma Emich insiste affinché torni a venire da lui la sera. Quasi a malincuore Tristan accetta un invito. Parlano poco, ma Emich lo abbraccia e la stretta lenisce il suo dolore. Lentamente Tristan riprende l’abitudine a passare una parte della serata con Emich e con Morqos e ritrova un po’ di serenità. I loro corpi gli regalano un po’ di piacere, tenendo a bada i fantasmi della sua sofferenza.

 

*

 

Il duca ha assegnato a Sarah e Mikhael un piccolo appartamento nel palazzo: sono suoi ospiti, in attesa che decidano che cosa fare.

Istfan passa a trovarli. Ormai tra loro si è stabilito un rapporto di familiarità.

- Vi trovate bene qui?

Sarah osserva:

- Sì, ma adesso che Mikhael sta bene e può riprendere a lavorare, dobbiamo cercare un alloggio.

Istfan è un po’ stupito. Sono arrivati da poco e non c’è motivo per andarsene subito.

- Il duca non vi scaccerà di certo.

Mikhael replica:

- No, ma è meglio che lasciamo il palazzo.

Non aggiunge altro. È Sarah a spiegare:

- Quando siamo arrivati, credevano che Mikhael e io fossimo marito e moglie. Quando hanno scoperto che invece siamo fratello e sorella, hanno incominciato a circolare voci...

Sarah non completa la frase e scuote la testa.

- Quali voci?

Questa volta è Mikhael a rispondere:

- Credono che Sarah sia incinta del duca. Qualcuno mormora perfino che anche Miriam sia una figlia di Denis d’Aguilard, concepita durante una precedente spedizione del re in Egitto. Dicono che è per questo che il duca ci ha protetto, anche se siamo ebrei, e che ci ha voluti qui. È inutile che io dica che abbiamo chiesto noi di venire a Rougegarde: per loro se abbiamo abbandonato l’Egitto è perché Sarah è l’amante del duca e conta sulla sua protezione.

Istfan scuote la testa:

- Ma è assurdo.

- La cittadina in cui Sarah viveva è a oltre sessanta miglia a sud del Cairo. Là non si è mai visto nessun soldato franco. Come ti ho detto, ci siamo trasferiti a Bilbeis solo dopo che Immanuel, suo marito, è morto. Ma non c'è modo di far intendere ragione alla gente. La nostra permanenza a palazzo alimenta queste voci assurde. Preferiamo andarcene, per rispetto del duca. Ci ha salvato la vita, ci ha ospitato e ora si sparla di lui per colpa nostra.

Istfan sa che il duca ha le spalle larghe e non saranno certo le chiacchiere dei soliti sfaccendati a preoccuparlo. E in ogni caso avere qualche figlio illegittimo non è motivo di vergogna per nessuno dei signori franchi.

- Se volete, darò un’occhiata in giro per voi. Però, adesso che ci penso… nella casa dove vivo c’è un appartamento libero.

Istfan è un po’ esitante. Gli piacerebbe avere Mikhael vicino, ma in questo periodo non ha mai avuto l’impressione che Mikhael sia attratto dagli uomini. Se il loro rapporto non farà progressi, abitare nella stessa casa rischia di diventare un tormento.

Sarah osserva:

- Sarebbe molto bello avere vicino qualcuno come voi su cui possiamo davvero contare, in questa città dove non conosciamo nessun altro.

A differenza di Mikhael, Sarah dà ancora del voi a Istfan, come anche a Pierre.

Mikhael annuisce:

- Sarebbe un’ottima cosa, ma tieni conto che io dovrò riprendere il mio lavoro di fabbro e vorrei che la bottega non fosse lontano dall’abitazione. Per l’attività devo ancora chiedere al duca l’autorizzazione, ma non credo che me la neghi.

- Se vuoi, posso dare un’occhiata per vedere se c’è una bottega nei dintorni della casa.

- Mi faresti un favore. Tu conosci la città e hai un’idea di dove possa essere preferibile cercare una bottega.

Istfan spera di trovare una bottega vicino alla casa di Giovanni Micheles. Altrimenti sarà molto più difficile riuscire a rimanere in contatto con Mikhael.

 

*

 

Istfan parla della sua idea con Pierre, che condivide le sue perplessità. Da una parte è contento: se Mikhael e Sarah si stabilissero nella casa di Giovanni Micheles, sarebbe un vantaggio anche per lui, che potrebbe vedere Sarah andando a trovare Istfan. Ma ormai nutre molti dubbi sui sentimenti di Sarah: da qualche tempo ha l’impressione che lei voglia tenerlo a distanza. Sarah è sempre cortese nei suoi confronti, ma evita qualsiasi discorso personale e più di una volta si allontana con qualche pretesto, lasciando Pierre con il fratello. Mikhael sembra non provare nessuna simpatia per Pierre, in qualche momento gli sembra quasi ostile.

Pierre ormai sa di essere innamorato, come non è mai stato prima d’ora, perciò ha deciso che proverà comunque a parlare con Sarah. Avrebbe già voluto farlo, ma a Bilbeis ha perso l’occasione, poi nel viaggio la gravidanza di Sarah e le condizioni precarie di Mikhael hanno creato una situazione poco favorevole. Adesso ormai il parto si avvicina. Pierre ha deciso di affrontare il discorso dopo la nascita del bambino.

Pierre e Istfan vanno alla bottega di Giovanni. Istfan spiega il motivo della loro visita. Il mercante appare ben contento all’idea di affittare l’appartamento a un artigiano che Istfan conosce bene e che, da quel che dice Pierre, ha la protezione del duca. Il fatto che il fabbro sia ebreo non gli crea nessun problema: Giovanni è abituato a trattare con persone di ogni religione.

È Riccardo ad accompagnarli a visitare l’appartamento, raggiungibile da una scala con ingresso indipendente e collegato al terrazzo comune da un’altra scala. Un’ottima sistemazione.

Pierre osserva.

- Credo che possa andare benissimo. Bisognerà solo trovare una bottega da fabbro in zona.

Riccardo osserva:

- Qui vicino ci sono due botteghe libere. In una lavorava proprio un fabbro.

- Cosa? Questo non lo sapevo. Sarebbe un bel colpo di culo.

Pierre sorride, ma Istfan sembra smarrito. Pierre si chiede che cosa ci sia che non va.

Pierre e Istfan si fanno indicare dove si trova la bottega.

Quando escono, Pierre osserva:

- Che cos’hai, Istfan? Non è quello che volevamo?

Istfan scuote la testa.

- Non lo so, Pierre, non lo so. Di colpo, quando ho capito che era fattibile, mi è sembrato che farlo venire qui fosse una follia. Lo incontrerò spesso. E… non gli importa niente di me, Pierre. Ne sono sicuro.

- Preferisci non dire nulla a Mikhael della bottega? Vuoi dirgli che l’appartamento non è disponibile?

L’idea che il progetto vada a monte piace poco a Pierre: se Sarah non si stabilirà nella stessa casa di Istfan, per lui sarà molto più difficile parlarle. Ma non vuole forzare l’amico.

Istfan risponde:

- Ormai, gli ho detto che avrei cercato. Io…

Istfan scuote la testa e prosegue:

- Andiamo insieme a parlargli, Pierre?

- No, Istfan. Ho l’impressione che Mikhael non mi veda di buon occhio. Credo che abbia capito che mi piace Sarah e forse teme che io voglia solo portarmela a letto. È meglio che non sappia neanche che ti ho accompagnato.

 

Istfan va da solo a trovare Sarah e Mikhael.

- Ho visto l’appartamento in affitto, nella casa di proprietà del mercante Giovanni Micheles, dove sto anch’io. C’è la possibilità di avere una bottega a due isolati di distanza.

- Una bottega a due isolati sarebbe davvero una fortuna. È una via di passaggio?

- Non come la strada su cui si trova la bottega di mastro Giovanni, ma abbastanza. Ed è a due passi da una via molto frequentata.

- Quali sono i costi?

Istfan riferisce le richieste di Giovanni. Mikhael e Sarah decidono che faranno anche loro una visita.

 

*

 

Mikhael è soddisfatto della sistemazione. L’appartamento è abbastanza spazioso per loro tre e la bottega è vicina. Mikhael può tornare a casa in un attimo. Su Istfan Mikhael sa di poter contare e anche questa è una buona cosa. L’unico aspetto negativo, a cui non aveva pensato, è che Pierre passa spesso a trovare Istfan. Mikhael diffida del bel soldato franco. Ha intuito che Pierre è interessato a sua sorella. Sarah non sembra incoraggiarlo, ma Mikhael sospetta che l’uomo non le sia indifferente.

Che nella casa siano tutti cristiani, non è un problema: nella loro situazione, Mikhael preferisce frequentare poco la comunità ebraica. C’è sempre il rischio che qualcuno abbia contatti con un loro correligionario in Egitto e possa scoprire che il fabbro e la sorella sono fuggiti dopo l’omicidio del marito di Sarah.

La gravidanza di Sarah procede senza intoppi. Una delle due locandiere aspetta un figlio e nella casa c’è già un bambino di due anni, figlio dell’altra locandiera e probabilmente del mercante Micheles, a quanto dicono. Gli hanno riferito che presto Giovanni Micheles sposerà la locandiera e che per il matrimonio hanno atteso il ritorno della spedizione dall’Egitto.

 

*

 

Il matrimonio di Giovanni Micheles è una grande festa, a cui sono invitati tutti i mercanti e gli artigiani più importanti di Rougegarde. La cerimonia non verrà officiata dal vescovo, che pure ha celebrato in alcune occasioni matrimoni di altri ricchi borghesi: Bohémond di Tours si è dovuto recare a San Giacomo d’Afrin.

Quello che nessuno sa, al di fuori di alcuni abitanti della casa di Giovanni, è che la coppia si è fatta benedire da Emich. È stata una richiesta di Louison, a cui Giovanni ha accondisceso volentieri. Alla presenza di Mariette, Riccardo, Morqos, Istfan e Tristan, i due sposi hanno partecipato a una piccola cerimonia privata, in cui Emich li ha benedetti. Poi gli sposi si sono recati in chiesa.

Riccardo non avrebbe mai pensato di assistere al matrimonio dello zio, ma la vita è ricca di sorprese. Da tempo Riccardo considera il piccolo Nino un cugino e ora probabilmente ne verranno altri. Questo significa che non sarà solo Riccardo a ereditare l’attività in Terrasanta, ma Riccardo non è venale e non si pone questo problema. L’impresa commerciale prospera e ce n’è abbastanza per tutti.

Quello che gli spiace è che i suoi rapporti con lo zio sono diventati sempre più rari.

Anche Mariette e Morqos hanno chiesto a Emich di consacrare la loro unione. Per loro non ci sarà una cerimonia ufficiale, almeno per il momento: la benedizione di Emich è per entrambi sufficiente.

 

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Tristan non si è stupito quando ha saputo che Mikhael e Sarah sarebbero venuti ad abitare nella casa di Giovanni. Ma nonostante questo, il loro arrivo è fonte di sofferenza. Anche se sa che il suo amore è senza speranza, vedere Istfan soffrire così tanto per Mikhael acuisce il suo dolore. Tristan si chiude in se stesso, nella sua sofferenza che lo dilania, e qualche giorno dopo l’arrivo dei due nuovi inquilini smette di andare da Emich la sera. Non ha voglia di parlare con nessuno, ha paura di quello che Emich potrebbe leggere dentro di lui.

 

Tristan sta servendo i clienti a cena nella locanda. Servire a tavola non è tra i suoi compiti abituali, ma se ne occupa quando ce n’è bisogno. In questo periodo gli capita spesso: Mariette è ormai alla fine dell’ottavo mese e si stanca in fretta, per cui cerca di non affaticarsi troppo.

Tristan porta il piatto anche a Emich, che lo guarda e gli dice:

- Tristan, sono alcuni giorni che non vieni da me.

- Mi spiace, Emich, non ho tempo.

È una scusa, lo sanno entrambi benissimo. Tristan ha più da fare, adesso che Mariette è meno presente, ma il tempo per andare da Emich potrebbe trovarlo.

Emich scuote la testa.

- Non devi giustificarti. Ma mi farebbe piacere che questa sera tu venissi da me.

- Va bene, lo farò.

 

Emich è seduto sul letto.

- Stenditi e appoggia la testa su di me, Tristan.

Tristan obbedisce.

- Non dirmi niente, Tristan. Non è necessario. Lascia che ti accarezzi un po’.

Tristan rimane in silenzio. Lascia che le mani di Emich scorrano sul suo viso. Chiude gli occhi.

- L’amore è una brutta bestia, Tristan, soprattutto per quelli che amano come te. Perché tu ami con tutto te stesso.

Tristan non dice nulla. Non riuscirebbe a parlare. Emich continua:

- Tristan, credo che Istfan ti voglia bene, profondamente. Ciò che lo attira verso Mikhael è il desiderio.

Tristan non sospettava che Emich potesse aver capito, ma non si stupisce. Emich sa vedere dentro le persone. Tristan non riesce a parlare. Emich prosegue:

- Un desiderio senza speranza, perché Mikhael non è attratto da lui, né da nessun altro uomo. E…

Emich si ferma. Tristan preferisce non chiedergli ciò che stava per dire. Vagamente avverte che c’è qualche cosa di oscuro in Mikhael, ma non vuole saperlo. Spera solo che Istfan non soffra troppo.

 

*

 

Nei primi mesi Mariette non ha quasi mai contatti con Sarah, anche se abitano nello stesso edificio. Mariette si occupa della locanda, Sarah rimane nell’appartamento che ha affittato o esce con Miriam. Si vedono qualche volta la sera, quando salgono sulla terrazza per godere della frescura della sera, ma di solito si limitano a scambiare i saluti. Appartengono a mondi diversi: Sarah è una vedova con una figlia, non lavora ed è ebrea; Mariette non è sposata, fa la locandiera ed è cristiana.

Entrambe però aspettano un figlio. Questo le porta ad avvicinarsi. Mariette ha pochi anni in più di Sarah, ma è alla sua prima gravidanza ed è spaventata: la sua amica Louison ha avuto un parto difficile e ha rischiato di morire.

Una sera Mariette si sente male mentre si trova sulla terrazza. Sarah l’assiste, l’accompagna in camera e le dà alcuni consigli. Per le due donne è l’occasione per conoscersi meglio.

Nei giorni successivi quando si incontrano si fermano un momento a parlare e se una delle due esce per acquisti, non di rado chiede all’altra se ha bisogno di qualche cosa.

Mariette parla a Sarah di Emich. Lo fa con molta prudenza: istintivamente si fida di Sarah, ma non vuole far correre nessun rischio a Emich.

Adesso a volte Sarah e Mariette passano a trovare Emich. Mariette vede con piacere che anche Sarah è contenta di stare con Emich. Quando lei è presente, non ci sono abbracci e carezze: si limitano tutti a parlare. Sarah ascolta volentieri Emich e gli pone molte domande. Riflette sulle sue risposte e spesso in un incontro successivo ha altre domande da porre.

Mariette però coglie in Sarah una profonda inquietudine. Qualche cosa la preoccupa. Sarah è triste, forse spaventata, ma rifiuta di aprirsi.

 

Pierre passa spesso a trovare Istfan. Ne approfitta per salutare Sarah e cercare di parlare un po’ con lei. Ma ha l’impressione che le sue visite non siano bene accolte.

Se Pierre viene in visita mentre Mikhael è in bottega, Sarah è a disagio, anche se è con Miriam o magari sulla terrazza. Se Pierre arriva la sera, quando c’è anche Mikhael, spesso Sarah li lascia da soli con la scusa di qualche lavoro in casa da fare. A Pierre appare evidente che Sarah tende a evitarlo. E Mikhael non si dimostra cordiale nei suoi confronti, a tratti sembra quasi guardarlo con ostilità.

Pierre sta incominciando a dirsi che non c’è nulla da fare. Ma prima di rinunciare proverà a parlarle, dopo la nascita del bambino. 

 

*

 

Mélisende è giunta al termine della gravidanza e ha partorito un maschietto. È spossata e si teme per la sua vita, ma ha generato un figlio sano. Il piccolo viene chiamato Philippe. La donna è contenta di questa decisione del marito, che considera un omaggio al proprio padre, non una mossa all’interno di una strategia complessa.

Le sue condizioni però peggiorano rapidamente e una settimana dopo il parto Mélisende muore di febbre puerperale.

 

A battezzare il piccolo sarà il vescovo Bohémond di Tours: Philippe di San Giacomo d’Afrin è l’erede del barone, signore della città. La cerimonia solenne si terrà nella grande cattedrale che sta per essere inaugurata: i lavori di trasformazione dell’antica moschea sono ormai terminati e l’edificio è divenuto una delle più vaste e imponenti chiese di tutta la Terrasanta. Il bambino sarà battezzato tra sei mesi: trascorso un periodo di lutto, sarà possibile celebrare la cerimonia con tutto il fasto e lo splendore necessari.

Il vescovo è a colloquio con il barone.

- Il patriarca Amalrico ha confermato che verrà per l’inaugurazione della cattedrale. Sarà un giorno di festa per tutta la città e questo darà il giusto risalto al battesimo del vostro erede.

Renaud annuisce.

- Questo bambino avrebbe dovuto ereditare anche la contea di Cesarea, ma il re ha deciso altrimenti.

Bohémond allarga le braccia. Anche lui avrebbe preferito che la contea passasse a Renaud, con cui è sempre riuscito a intendersi.

- Purtroppo sua Maestà ha preferito assegnarla ad altri. A suo tempo avevo cercato di fare pressioni sul duca di Rougegarde, che però non volle interferire nelle scelte del re. È un peccato, perché so che gode di un grande ascendente presso re Amalrico.

L’osservazione di Bohémond non è casuale. Il vescovo ha sentito parlare qualche tempo fa di dissapori tra il re e il duca, ma non sa quanto peso dare alla notizia. Quando la spedizione è tornata in Terrasanta, si è parlato soprattutto dei risultati e dei problemi aperti. L’attenzione di tutti si è concentrata sulla presa di Bilbeis, sul rischio, ormai molto forte, di un’alleanza tra Egitto e Siria e sul timore di un conseguente accerchiamento che potrebbe segnare la fine del regno di Gerusalemme. Ma per Bohémond è altrettanto importante sapere se le informazioni sui rapporti tra il duca e il re corrispondono a verità.

Renaud conferma le voci che il vescovo ha sentito:

- La situazione è cambiata. Come forse sapete, in Egitto il comportamento del duca non ha soddisfatto il re, che si è dimostrato alquanto freddo nei suoi confronti. Direi che il duca non gode più del favore che il re gli ha sempre concesso.

Se Denis d’Aguilard, duca di Rougegarde, è in disgrazia presso il re, Bohémond ha maggiori possibilità di imporre il proprio potere in città.

- Il duca protegge musulmani ed ebrei e anche eretici di ogni tipo. Capisco che il re non approvi i suoi comportamenti.

Il vescovo sa bene che il dissidio tra il duca e il re non può essere nato per questo motivo, ma è quello che gli sta a cuore.

- Il duca non è un buon cristiano.

- Tollera comportamenti contrari all’insegnamento del Cristo… Ma a che serve? Conoscete quanto me la situazione. Rougegarde è una sentina di tutti i vizi. E io non so come porvi riparo. Bisognerebbe riuscire a dare un esempio forte, come hanno fatto a Santa Maria in Aqsa, con il rogo di due peccatori.

- Vorrei potervi aiutare, ma non saprei come.

Bohémond sa benissimo che la disponibilità di Renaud non è dettata da una forte fede: il vescovo è troppo intelligente per non capire che al barone di San Giacomo d’Afrin poco importa della religione. Ma a Renaud serve l’appoggio della Chiesa, come al vescovo serve l’appoggio del signore della città. Ed entrambi hanno tutto l’interesse a indebolire la posizione del duca di Rougegarde.

- Se quel che mi dite è vero, se il duca ha perso il favore del re, forse si potrebbe agire.

- Che cosa avete in mente?

- Nulla di definito. Ma a Rougegarde vive un eretico e so con sicurezza che diffonde le sue idee in una casa che è ormai la dimora del demonio. Se si riuscisse a raccogliere prove contro quest’uomo, potrei chiedere al re di convocarlo a Gerusalemme e una volta fuori dal territorio del duca, non sfuggirebbe alla condanna che merita.

Il barone Renaud appare pensoso.

- Datemi più informazioni.

- Si tratta di Emich di Freiburg, che vive in una locanda, gestita da due prostitute. Una si è fatta sposare dal padrone della casa, il mercante Giovanni, ben noto già quando stava a Santa Maria in Aqsa per essere un pessimo cristiano. In quella casa vi sono accoppiamenti contro natura e sono certo che le due locandiere non hanno abbandonato l’antico mestiere. Una ha avuto un figlio che il mercante ha riconosciuto e l’altra è incinta.

Il vescovo descrive la situazione della locanda. Sa bene di riferire soltanto delle voci, di cui non può dimostrare la fondatezza, ma il barone è un buon alleato e forse insieme riusciranno a ottenere ciò che vogliono.

Al termine del resoconto Renaud annuisce.

- Una situazione complessa. Non è facile intervenire in modo tale da far scoppiare uno scandalo, ma forse si può fare. Quanto a Emich di Freiburg, lo conosco. Mi è anche capitato di incontrarlo in passato. Ma per accusarlo di eresia ci vorrebbero prove precise. Testimonianze dirette.

Bohémond sa bene che l’unica mezza testimonianza era quella di Roussel. Ma Roussel è scappato e Bohémond sa che è stato impiccato in Egitto per aver ammazzato un altro soldato.

Renaud continua:

- Una testimonianza forse si potrebbe anche inventare, ma ci vorrebbe qualche cosa di più per costringere il duca a consegnare Emich. Magari un testo scritto dall’eretico.

Bohémond pensa a quelle stupide fiabe arabe che Roussel aveva sottratto. Però… si potrebbe…

- Credo di poter ottenere un manoscritto, che contenga le idee di quell’eretico e che appaia scritto da lui. Bisognerebbe poi metterlo tra le cose di Emich. Se ci fosse anche una testimonianza…

Renaud annuisce.

- Sì, un testo e una testimonianza, sarebbe perfetto.

- Mi occuperò del testo. Tra qualche settimana sarà pronto.

- Va bene. Lasciatemi il tempo di riflettere, Eccellenza. Vedremo che cosa possiamo fare.

Il vescovo si congeda. Sulla porta si volta e dice ancora:

- Il rogo di un eretico darebbe ancora più solennità all’inaugurazione della cattedrale e al battesimo del vostro figliolo.

 

*

 

Bohémond di Tours se n’è andato. Renaud medita sulle parole del vescovo.

Renaud è convinto che la nascita di un figlio maschio abbia riaperto i giochi per lui. Cesarea è stata definitivamente assegnata a Hugues d’Arbert, ma Hugues non ha ancora figli. Se dovesse morire ora, Cesarea dovrebbe essere assegnata ad altri: non è pensabile che una città importante e in una posizione strategica venga affidata alla vedova. E in ogni caso Renaud, ormai libero, potrebbe sposare la giovane.

Adesso che c'è un erede diretto di Philippe di Cesarea, la situazione è molto diversa da un anno fa. Renaud si dice che il re non potrà non tenerne conto. Certo, c'è anche Amaury di Rochenoire. Bisogna togliere di mezzo anche lui. Renaud ha intenzione di prendere due piccioni con una fava. Ha riflettuto a lungo su come muoversi e ha elaborato tutto un piano d’azione.

Adesso, dopo l’incontro con il vescovo, Renaud si chiede come aiutare il prelato. L’alleanza con il vescovo è importante: il suo appoggio può contribuire a fargli ottenere Cesarea. E in ogni caso indebolire ulteriormente la posizione di Denis d’Aguilard sarebbe un’ottima cosa.

Renaud conosce Emich: è lui che ha officiato la cerimonia con cui Renaud, i suoi fratelli, Denis d’Aguilard e altri hanno stretto un patto giurato. Con ogni probabilità Emich è davvero un eretico, ma di questo a Renaud non importa nulla. Costringere Denis a inviare Emich a Gerusalemme e ottenerne la condanna a morte sarebbe un buon colpo: tutti capirebbero che il duca non è più potente come un tempo. Se il rogo si svolgesse a San Giacomo d’Afrin, sarebbe un onore per Renaud.

Ma bisogna raccogliere prove tali da inchiodare Emich: se il patriarca di Gerusalemme e il re lo convocheranno, Denis non potrà opporsi. Raccogliere prove. O fabbricarle. Il vescovo si occuperà di far scrivere un testo eretico, procurarsi una testimonianza non è difficile. E si può fare anche altro, perché sia chiaro che in quella casa regna il demonio. Ma senza interferire con l’altro compito da eseguire, che per Renaud è più importante. Una volta svolto quello, dare una mano al vescovo rafforzerà la loro alleanza, a vantaggio di entrambi.

 

*

 

Joscelin ha ascoltato con attenzione tutto il piano che gli ha esposto Renaud. Ha richiesto qualche precisazione e fornito alcuni suggerimenti.

Il barone conclude:

- C’è bisogno di un uomo abile e fidato, ma che nessuno possa collegare a me.

- Credo che Raoul sia la persona adatta.

- Va bene. Dovrete muovervi con estrema cautela.

- Come sempre. Sapete che potete contare su di me, barone.

 

Raoul sta mangiando nella locanda in cui vive. È un anno e mezzo che si trova a San Giacomo d’Afrin. Per tutti Raoul è un soldato che combatte agli ordini di Olivier: sotto il comando del fratello del barone Renaud, Raoul ha partecipato ad alcuni assalti contro carovane saracene, oltre il confine. Olivier di Soissons guida spesso incursioni nei territori arabi, depredando paesi e convogli di mercanti o pellegrini. Raoul ha ottenuto la sua parte di bottino in queste spedizioni.

Accanto a questa attività, Raoul ne svolge un’altra, segreta. Dopo l’assassinio del conte di Cesarea, ha ricevuto alcuni incarichi, meno rilevanti, e in tempi recenti insieme a Joscelin ha ucciso un mercante. Non sa per quale motivo l’uomo dovesse essere eliminato, non sa neppure esattamente per chi lavora quando esegue questi compiti, anche se tutto gli fa pensare di essere al servizio del barone Renaud o del fratello Olivier. A Raoul non importa sapere chi dà questi ordini: è qualcuno che paga bene ed è questo ciò che conta.

Alla fine del pasto Raoul va in un’osteria dove si reca spesso la sera. Qui chiacchiera, beve e a volte trova qualcuno con cui scopare.

Questa sera nell’osteria trova Heinrich, un tedesco con cui ha già avuto modo di fare conoscenza. Partecipano entrambi alle spedizioni organizzate dal barone Olivier. Heinrich è alto e robusto, come piace a Raoul, e ha un cazzo di tutto rispetto. Raoul si avvicina direttamente a lui.

- Posso sedermi con te, Heinrich?

- Ma certo, Robert.

Raoul continua a farsi chiamare Robert: anche se a San Giacomo d’Afrin gode di protezioni potenti, rimane un uomo condannato a morte per tradimento.

Raoul e Heinrich chiacchierano un po’ e bevono qualche bicchiere. Hanno già scopato, per cui non occorre tastare il terreno. Heinrich dice direttamente:

- Andiamo da te, Robert?

Raoul sorride.

- Certo, ben volentieri.

Raggiungono la locanda. Raoul e Heinrich entrano nella camera. Raoul nota subito che sul letto c’è un fazzoletto rosso, che lui non ha lasciato. È il modo in cui Joscelin gli comunica che deve parlargli. Questo significa che Raoul deve raggiungere una casa, dove Joscelin lo aspetta. Raoul ci andrà subito dopo aver concluso con Heinrich.

Raoul si spoglia in fretta, imitato da Heinrich. Si guardano, tutti e due soddisfatti all’idea della scopata che li aspetta. Heinrich sorride e osserva:

- Hai un bel culo, Robert.

Raoul guarda il corpo possente dell’amico, segnato da numerose cicatrici, le spalle larghe, le braccia nerborute, il petto coperto da una fitta peluria, il cazzo già proteso in avanti. Sorride e risponde:

- E tu hai un bel cazzo, Heinrich.

Ridono tutti e due. Raoul si inginocchia, guarda il bel boccone di carne che ora è a una spanna dal suo viso, si protende in avanti e lo prende in bocca. Le sue labbra e la sua lingua lavorano un po’ la cappella e Raoul sente il cazzo acquistare ancora volume e consistenza nella sua bocca. Poi Raoul lascia la preda e si mette a quattro zampe sul pagliericcio.

Heinrich si bagna due dita, inumidisce il buco del culo che gli si offre e poi spinge la cappella, forzando l’apertura. Una volta che è dentro, si appoggia completamente su Raoul e avanza deciso. Fotte Raoul con forza, facendolo gemere di piacere. Poi accelera il movimento e viene, inondandogli le viscere. Rimane dentro Raoul, mentre questi si afferra il cazzo, ormai duro, e si fa rapidamente una sega. Quando Raoul ha finito, Heinrich esce, si pulisce e si riveste.

Raoul lascia che Heinrich si allontani, poi si riveste anche lui, prende il fazzoletto rosso e si dirige alla casa che conosce. Bussa nel modo convenuto e Joscelin gli apre. Ha una lanterna cieca e Raoul non può vederlo in faccia. Si siedono su due sedie. Joscelin spegne la lanterna. La luce non è necessaria per parlarsi e le precauzioni non sono mai troppe.

- Pensavo che non saresti più venuto.

- Ero in giro. Ma appena ho visto il fazzoletto sono venuto qui. A proposito, eccolo.

Raoul tende il fazzoletto a Joscelin, che a tentoni lo trova e lo prende.

- Va bene. C’è un altro compito da svolgere, Raoul. Molto ben pagato.

- E perciò molto pericoloso.

- Naturalmente. Non ti va?

A Raoul va benissimo.

- Sai che per me va bene. Di che cosa si tratta?

- È un compito complesso. Dovrai mettere un manoscritto in una camera di una locanda.

- Non dovrebbe essere difficile.

- E poi scopare con Riccardo, il nipote del mercante Micheles.

- Anche questo non mi sembra né difficile, né pericoloso.

- E poi devi imparare a fare un mass.

Raoul sa bene che cos’è un mass. Ne ha visti fare quando era prigioniero dei saraceni. Ride.

- E perché mai?

- Perché qualcuno che sa farli morirà presto e allora ne serve un altro.

- Non capisco, ma tutto questo non mi sembra pericoloso.

- Lo è, lo è. E dovrai andare a Rougegarde.

- A Rougegarde? Questo potrebbe essere pericoloso. Spero che nessuno mi riconosca.

- Non credo che possa succedere: non ci sei mai stato, no? Ma se dovesse capitare, non verrai abbandonato.

No, se Raoul venisse scoperto, non verrebbe abbandonato: Joscelin farebbe in modo di liberarlo, se possibile, o altrimenti di ucciderlo, perché non possa parlare.

 

Raoul se ne va. Joscelin attende prima di lasciare a sua volta la casa. Il piano del barone è complesso e non sarà facile portarlo a termine. Le incognite sono molte. Quella che Raoul venga riconosciuto è la principale.

Quando era al servizio di Tancrède d’Espinel, Raoul aveva i capelli lunghi e si radeva. Nel periodo di prigionia portava la barba, che ha mantenuto, e al ritorno si è tagliato i capelli corti. Ma nonostante questo, qualcuno potrebbe riconoscerlo. Rougegarde è un centro molto importante e vi si recano uomini da tutte le città del regno.

Il rischio è forte. Se qualcuno lo denunciasse, non sarebbe possibile portare a termine la missione. Se nessuno lo scoprirà prima che tutto si concluda, la vera identità di Raoul sarà un elemento in più a carico di Amaury: nessuno crederà che Amaury abbia preso al suo servizio un traditore senza sapere chi fosse.

 

*

 

Istfan visita Sarah e Mikhael. Non sa nemmeno lui perché ci va ancora: ormai gli è chiaro che a Mikhael non importa niente di lui. Ma non riesce a rinunciare a stargli accanto ogni tanto.

Si parla del vescovo, che è molto ostile a musulmani ed ebrei. Istfan osserva:

- Purtroppo c’è molta intolleranza. A Santa Maria in Aqsa i templari hanno cacciato musulmani ed ebrei dalla città. Qualche tempo fa hanno perfino bruciato sul rogo un uomo e un ragazzo sorpresi a fornicare.

Mikhael scuote la testa e afferma, deciso:

- Hanno fatto bene a bruciarli, quei due rottinculo.

Istfan non riesce a dire nulla. Gli pare di aver ricevuto una mazzata in testa. Sarah interviene:

- È una crudeltà, Mikhael. Non facevano male a nessuno.

- È una degradazione. Sai bene che la Torah condanna queste pratiche abominevoli.

- Nella Torah le parole di condanna sono molte. Per tante azioni. Chi di noi è innocente?

Mikhael fissa Sarah in silenzio, poi scuote la testa e dice:

- È un abominio.

Istfan si rende conto di non poter rimanere ancora nella stanza. Si alza e dice:

- Scusate, devo andare.

 

*

 

Morqos entra nella camera di Istfan. Lo vede immobile, in piedi davanti al tavolo, intento a fissare una candela. Gli pare che negli occhi di Istfan brilli una lacrima.

Morqos è preoccupato. In questi ultimi giorni Istfan non è più lo stesso. Appare scoraggiato, a tratti cupo. Mangia poco ed è dimagrito. Istfan non si è confidato con lui, ma Morqos ha qualche sospetto sui motivi per cui il fratello è angosciato.

- Che ti succede, Istfan?

Istfan si riscuote.

- Niente, niente. Che cosa c’è, Morqos?

- C’è che se mio fratello non mi dice che cosa lo tormenta, non me ne vado da questa stanza.

Istfan scuote la testa.

Morqos si avvicina e lo abbraccia. E Istfan incomincia a piangere silenziosamente. Morqos lo tiene tra le braccia, finché il pianto non si calma.

- Che cosa ti fa soffrire, Istfan?

Istfan tace. Morqos chiede ancora:

- Sei innamorato di Mikhael, Istfan?

Istfan annuisce.

Non è esatto. Istfan sa di non essere davvero innamorato. Ma il desiderio che lo divora è devastante, come sa esserlo l’amore.

Istfan riprende a piangere. È un pianto dirotto. I singhiozzi scuotono Istfan. Morqos è allibito. Non ha mai visto suo fratello in queste condizioni.

Morqos guida Istfan fino al letto. Si stende e fa stendere Istfan accanto a sé, la testa sul suo petto. Gli accarezza i capelli, con dolcezza. Aspetta che Istfan si calmi.

- Adesso mi racconti tutto, Istfan.

 

Morqos esce di casa. Incontra Tristan, che gli chiede:

- Posso parlarti un momento, Morqos?

- Certo. Dimmi.

- Si tratta di Istfan. Non l’ho mai visto così. Sono molto preoccupato per lui.

- Lo sono anch’io, Tristan, ma non so che cosa fare. Gli ho parlato, sono riuscito a farmi raccontare di che cosa si tratta, ma la situazione mi sembra senza vie d’uscita.

- Sì, credo di sapere qual è il problema e anch’io ritengo che non ci sia niente da fare. Ma questa storia ha reso Istfan molto fragile. Veglia su di lui, Morqos.

Morqos è molto turbato dalle parole di Tristan: quest’uomo taciturno non parla a vuoto.

- Lo farò, Tristan. Dammi anche tu una mano.

- Sì, Morqos. Cercherò anch’io di vegliare su di lui.

 

*

 

Raoul non è mai stato a Rougegarde. La città è stata conquistata da Denis d’Aguilard solo un anno prima della cattura di Raoul. Dopo la sua liberazione, Raoul è rimasto nel territorio di San Giacomo d’Afrin, a parte le incursioni nei domini saraceni.

Come tutti coloro che vedono per la prima volta la città, ne rimane affascinato: per bellezza, imponenza e ricchezza, Rougegarde non ha rivali in tutta la Siria. Raoul però evita di girare molto per la città: è più prudente farsi vedere poco in giro, per evitare che qualcuno possa riconoscerlo. Si dirige all’indirizzo che gli ha fornito Joscelin.

Joscelin è arrivato a Rougegarde dieci giorni prima di lui. Ha preso alloggio in una locanda e, attraverso un intermediario, ha affittato una casa per Raoul.

Seguendo le istruzioni ricevute, Raoul si infila in un vicolo e raggiunge una porticina che dà accesso a un piccolo giardino. La porta è aperta. Raoul entra, chiude la porta dietro di sé e si infila nella casa.

Joscelin lo aspetta seduto su una sedia.

Dopo i saluti, Joscelin spiega:

- In questo vicolo non passa nessuno. Porta solo a una casa disabitata, al fondo, e a due giardini: gli abitanti passano dall’ingresso principale, sulla strada. Quando esci di qui, passa dal giardino. Devi solo fare attenzione che nessuno ti veda svoltare dal vicolo nella via, ma anche la via è poco frequentata.

- Di notte, se non accendo una lanterna, nessuno può vedermi.

- Certo. Come abbiamo detto, è bene che tu ti muova il meno possibile. Sarà Junyad a venire qui.

- Chi è Junyad?

- Il tuo maestro di mass.

 

*

 

Sarah ha avuto il bambino. È un maschietto, a cui viene dato il nome del padre di Sarah e Mikhael, Yosseph.

Dopo alcuni giorni, Pierre passa a trovare Sarah. Ha deciso che le parlerà. Sarah non gli rende il compito più facile, ma indugiare ancora non avrebbe nessun senso.

- Questo bambino ha bisogno di un padre.

Sarah guarda Pierre e risponde, senza sorridere:

- Mikhael gli farà da padre, come sta facendo con Miriam.

Pierre non si lascia scoraggiare.

- Sarah, credo che tu te ne sia accorta. Io mi sono innamorato di te. Vorrei sposarti e fare da padre a questo bimbo.

Sarah alza lo sguardo. Appare angosciata.

- Non ne parlare, Pierre, dimenticami.

- Non ti importa nulla di me?

Sarah si alza e si avvicina alla finestra, dando le spalle a Pierre.

Pierre si avvicina. Sarah volta il viso, ma Pierre si è reso conto che Sarah sta piangendo.

- Sarah, perché?

Sarah scuote la testa.

- È ora che tu vada, Pierre.

Pierre non capisce i motivi del comportamento di Sarah.

Pierre le mette una mano sulla spalla.

- Sarah.

Sarah stringe a sé il bambino e si allontana in fretta.  Sulla porta della stanza interna, si volta verso Pierre e gli dice:

- Non tornare, Pierre.

Pierre esce. È confuso. Ora è sicuro di non essere indifferente a Sarah, ma non capisce.

 

*

 

Junayd esce dall’abitazione di Amaury di Rochenoire, che è fuori città e rientrerà solo in serata. Il cavaliere gli lascia una certa libertà, anche se è uno schiavo. D’altronde sarebbe difficile per un nero fuggire: verrebbe facilmente individuato e riportato al suo padrone. E Junayd non saprebbe nemmeno dove andare. Potrebbe tornare a Bagdad, dove viveva prima che la carovana del suo signore venisse attaccata, ma Junayd era schiavo anche allora e per lui si è trattato solo di cambiare padrone. Al servizio di Amaury di Rochenoire Junayd si trova bene. Perché dovrebbe lasciarlo e rischiare la vita per tornare a essere schiavo da un’altra parte?

Junayd è contento di insegnare come si fa un mass a questo franco: lo pagano bene e a Junayd non spiace avere un po’ di denaro. E questo franco a cui insegna il mass è un bel maschio.

Come al solito, al momento di svoltare nel vicolo, Junayd controlla che nella via non ci sia nessuno. Poi raggiunge la porta del giardino, che Robert lascia aperta, ed entra.

Robert e Joscelin lo stanno aspettando.

È un mese che Junayd viene tutti i giorni a insegnare a Robert come si fa un mass. Robert non ne aveva mai fatti, ma sta imparando. Non ha certo l’esperienza di Junayd, ma se la cava. Si mette di grande impegno e ha fatto notevoli progressi.

Scambiano poche parole, poi Joscelin si spoglia e si stende sul tavolo che usano per i massaggi. Junayd dice a Raoul di eseguire i diversi movimenti del massaggio. Ogni tanto interviene per correggerlo. Dopo aver rivisto ciò che Raoul ha imparato, Junayd insegna qualche nuovo movimento.

Poi Junayd si spoglia e si stende al posto di Joscelin, come fa sempre: vuole sentire direttamente sul proprio corpo l’effetto del massaggio.

- Più delicato. Deve stimolare, non fare male.

Raoul riprova. Ungere la pelle di questo magnifico nero, accarezzarne e manipolarne il corpo gli fa un effetto molto forte: ha sempre un’erezione violenta.

Dopo diverse prove, Junayd si volta sulla schiena e si passa all’ultima fase. Inizialmente era quella che a Raoul veniva peggio: una sega e nient’altro. Adesso Raoul ha imparato come muoversi.

Junayd apre la bocca, mentre il seme prorompe in un fiotto. Junayd rimane un momento disteso, immobile, respirando a fondo. Poi si volta e allarga le gambe: a Joscelin piace prenderlo alla fine dei loro incontri.

Joscelin sparge un po’ di olio tutt’intorno all’apertura, poi spinge il suo cazzo dentro il culo di Junayd.

Joscelin ci sa fare e a Junyad questo maschio vigoroso non dispiace.

Quando Joscelin ha finito, Raoul offre da bere a Junayd. Sa che ormai le loro lezioni sono alla fine e vuole gustare una volta il cazzo di questo bel nero. Ne ha parlato con Joscelin, che non ha nulla in contrario.

Chiacchierano un po’, senza rivestirsi: ormai si conoscono e tra loro si è stabilita una certa confidenza. Junyad non può sospettare che quasi tutto quello che Raoul e Joscelin gli hanno raccontato di loro è falso.

- E oggi il tuo signore torna tardi.

- Sì, credo solo a notte fonda.

- Allora puoi fermarti ancora un po’.

- Certo. Vuoi fare un altro mass? Se vuoi te lo faccio io, così ripassi come si fa.

Raoul ride. Per due settimane Junayd gli ha fatto un massaggio tutti i giorni, per insegnargli le tecniche.

- Mi sembra una bella idea.

Raoul si stende e Junayd si mette al lavoro. Conta che gli diano qualche cosa in più, visto che questa volta fa un lavoro extra. Le sue dita indugiano a lungo sul buco del culo di Raoul: Junayd ha capito che a Raoul piace parecchio.

- Adesso puoi voltarti.

Raoul ride e dice:

- No, il tuo mass lì non mi basta. Usa qualche cos’altro.

Junayd ha capito. Non gli dispiace gustare il culo di questo franco. Si accarezza il cazzo, che è già mezzo duro, e quando è pronto si stende su Raoul. Ha distribuito una dose abbondante di olio ed entra senza fatica. Junayd è ben dotato e Raoul geme di piacere.

Il nero ci sa fare: fotte Raoul con energia e a lungo, tanto che a un certo punto a Raoul il culo incomincia a fare male. Raoul viene poco prima del nero.

Quando Junayd si riveste e se ne va, Raoul si dice che è davvero un peccato che il nero debba morire.

 

*

 

Pierre è tornato a trovare Sarah, che è seduta di fianco al piccolo addormentato. Miriam è in cortile con Nino e Mariette, il cui parto è atteso a giorni.

Sarah guarda Pierre e gli dice:

- Ti avevo chiesto di non tornare, Pierre.

- Sarah, devi spiegarmi. Sono innamorato di te. Voglio sposarti.

Sarah si alza e volta il viso per nascondere le lacrime.

- Perché Sarah? Perché?

Sarah scuote la testa. 

Pierre si avvicina e le mette le mani sulle spalle.

- No, Pierre, ti prego.

Ma Pierre l’abbraccia. Sarah si irrigidisce.

- Sarah, io ti amo.

Pierre avverte che in Sarah sta avvenendo una lotta. Non cerca di forzarla, ma continua a tenerla tra le braccia, finché Sarah risponde alla stretta. Allora la bacia.

 

Più tardi, Pierre si riveste. Guarda Sarah, che è distesa sul letto. Adesso sembra angosciata. Pierre le dice:

- Ci sposeremo, Sarah.

Sarah scuote la testa, mentre si rialza e incomincia a rivestirsi anche lei.

- No, no… ne parleremo. Io…

- Non puoi spiegarmi, Sarah?

Sarah si morde il labbro. Poi dice:

- Fa’ attenzione, Pierre. Fa’ attenzione.

- Perché mi dici questo, Sarah? Quale pericolo mi minaccia?

Sarah tace. Ha di nuovo le lacrime agli occhi. Pierre non capisce.

 

*

 

Pierre è appena uscito dalla casa dove è stato a trovare Istfan. Ha cercato di parlare con Sarah, che però non gli ha aperto la porta.

Sulla porta di una casa vicina c’è un ragazzino seduto. Quando lo vede uscire, il ragazzo si alza e si avvicina a lui.

- Buongiorno, cavaliere.

Pierre sorride a sentirsi chiamare cavaliere, ma il ragazzo è poco più di un bambino.

- Buongiorno a te.

- Siete voi il soldato Pierre, al servizio del duca?

Pierre è un po’ stupito.

- Sì. Che cosa vuoi?

- Ho un messaggio per voi. Mi hanno detto di recarvi dal fabbro.

- Quale fabbro?

- Non lo so. Mi hanno detto di riferirvi il messaggio e io ve l’ho riferito.

Il fabbro può essere solo Mikhael. La sua bottega è a pochi passi. Pierre la raggiunge.

La porta è socchiusa. Ormai è tardi, probabilmente Mikhael si sta preparando a chiudere. Pierre bussa, ma non riceve risposta. Spinge la porta ed entra nella bottega. Non c’è nessuno. Ma se la porta è aperta, ci dev’essere qualcuno: Mikhael non può essersene andato senza chiudere.

Pierre passa nel retrobottega. La finestra che dà sul cortile è chiusa e il locale è immerso nella penombra.

Se Pierre non fosse un guerriero, abituato a combattere, il laccio che improvvisamente cala davanti ai suoi occhi metterebbe fine alla sua vita senza dargli il tempo di reagire. Ma non appena vede la corda, Pierre mette una mano per bloccarla e intanto si volta con uno scatto di lato.

L’uomo che stringe la corda e che ora la molla, con un gesto di rabbia, è Mikhael. Pierre è allibito, ma Mikhael ha afferrato una sbarra di ferro e la cala su Pierre. Pierre si sposta, evitando di misura che il colpo gli sfondi il cranio.

Pierre sa che se non vuole farsi ammazzare, deve reagire in fretta. Il peso della sbarra e l’impeto con cui è stato vibrato il colpo sbilanciano Mikhael in avanti. Pierre ne approfitta per saltargli addosso e mandarlo a terra. Mikhael è un colosso, ma Pierre gli punta il coltello al collo.

- Fermati o ti taglio la gola.

Pierre si alza. Mikhael si mette a sedere, fissando Pierre con uno sguardo pieno di odio.

- Mikhael! Sei impazzito?

Mikhael non dice nulla.

- Adesso mi spieghi.

Mikhael scuote la testa.

- Non ho niente da spiegarti, fottuto bastardo.

- Ma che cazzo ti è preso, Mikhael? Che ti ho fatto?

Pierre non capisce. Stringe il coltello.

- Vaffanculo.

- Dovrei ammazzarti. O denunciarti al duca.

Pierre sa che dovrebbe davvero farlo, ma Mikhael è il fratello di Sarah, la donna che ama. Guarda Mikhael, senza riuscire a darsi una spiegazione.

Mikhael lo fissa e dice, come se sputasse un boccone velenoso:

- Hai scopato con Sarah, vero, bastardo?

Pierre non intende rispondere alla domanda, ma chiarisce le sue intenzioni:

- Mikhael, io intendo sposare Sarah.

L’affermazione non ha l’effetto che Pierre si aspettava: tutt’altro. Mikhael freme, rabbioso. Pierre intuisce.

- Io sposerò Sarah, Mikhael, che tu lo voglia o no.

Pierre mette via il coltello ed esce. Dovrà fare attenzione, nei prossimi giorni.

 

*

 

- Ormai sei pronto, Raoul. Hai imparato a fare un mass.

Raoul annuisce. Joscelin prosegue:

- Domani sistemiamo Junayd e vediamo come funziona il veleno. E in serata tu vai a stabilirti alla locanda della Luna piena.

Raoul annuisce.

- Sì, come abbiamo previsto. L’idea della locanda non mi piace molto. In una locanda gira sempre un sacco di gente. Non sarebbe più sensato fare quel lavoro dopo?

Joscelin scuote la testa. Appare infastidito.

- Raoul, lo sai benissimo: non c’è nessun dopo. Se tutto si svolgerà come previsto, raggiunto il nostro scopo, tu dovrai sparire il più in fretta possibile. Passerai dalla locanda, mettendo in atto la seconda parte del piano, e poi scomparirai nel nulla. Non ci sarà il tempo per riprendere contatto con il ragazzo, capire la distribuzione delle camere, fare conoscenza con gli altri e capire come muoversi: incominceranno a cercarti molto presto.

Raoul sa che Joscelin ha ragione.

- Sì, è vero, me ne rendo conto anch’io. Ma se qualcuno mi vede…

- Tieni conto che rimarrai due o tre giorni, non di più. E poi non sapranno dove ritrovarti: sarai da Amaury ed eviterai di andartene in giro.

- Va bene, Joscelin. Va bene così.

 

Immagine14.jpg

 

Mikhael rientra a casa. Guarda Sarah, che sostiene il suo sguardo. Non dice nulla.

Incomincia a raccogliere le sue cose.

- Che cosa fai?

- Me ne vado, Sarah.

Sarah rabbrividisce. Fa fatica ad articolare le parole:

- Che… cosa hai fatto?

Mikhael si volta con uno scatto.

- Non ho fatto niente. Non ci sono riuscito. Ma lo avrei ammazzato volentieri, quel fottuto bastardo.

Sarah china il capo. Sa che nulla di ciò che può dire servirebbe a qualche cosa.

Mikhael ha riempito una sacca. Poi scuote la testa e la svuota.

- Me ne vado. Addio.

- Mikhael…

- Non mi vedrai più.

- Mikhael…

Mikhael scende le scale. In cortile vede Miriam. Le si avvicina e l’abbraccia.

- Lo zio deve partire. Addio Miriam. Non fare arrabbiare la mamma.

 

*

 

Anche il giorno seguente Junayd si stende per ricevere il massaggio. Quando Raoul incomincia a ungerlo, Junayd avverte un odore diverso dal solito.

- Hai cambiato olio?

- Sì, questo me l’ha consigliato un mercante siriano, pare che sia molto buono.

Junayd non dice nulla. Lui è abituato a usare sempre lo stesso olio, ma non c’è nessun problema a cambiare. Il profumo non è cattivo, è un po’ amarognolo.

Raoul è diventato bravo, anche se non ha l’esperienza di Junayd. Raoul indugia più a lungo del solito sul buco del culo e usa parecchio olio anche quando gli accarezza la cappella. Non è spiacevole, per niente.

Junayd sente infine l’ondata del piacere travolgerlo.

Si aspetta che Joscelin lo prenda, come avviene di solito, ma Joscelin dice.

- No, più tardi. Hai detto che puoi fermarti, no?

- Sì, nessun problema.

Junayd si mette a sedere. Joscelin prende una caraffa di vino e ne versa un po’ in tre bicchieri. Bevono, chiacchierando un po’. Joscelin chiede a Junayd del suo padrone e del conte Ferdinando, che è amico di Amaury. Junayd risponde, badando a non raccontare nulla che non sia noto: se il padrone venisse a sapere che Junayd rivela i suoi fatti ad altri, potrebbe punirlo.

Raoul lo punzecchia un po’, chiedendogli se anche il suo padrone lo fotte, ma Junayd non dice nulla.

Infine Raoul chiede:

- Allora, Junayd, sono diventato bravo?

- Sì, sì, certo, hai imparato bene. Devi ancora esercitarti un po’, ma va già bene.

Da qualche minuto Junayd avverte un dolore alla testa. Si porta le mani al capo. Joscelin chiede:

- Non stai bene?

- La testa mi scoppia.

- Mettiti disteso.

Junayd si stende. Il dolore non diminuisce. Di colpo Junayd è assalito da un conato di vomito. Si solleva un po’ e vomita. Joscelin e Raoul lo stanno guardando.

Junayd si accorge di tremare. Gli sembra di non riuscire più a respirare. I due cristiani lo osservano curiosi. Perché non lo aiutano? Junayd vorrebbe sollevare il braccio per chiedere aiuto, ma non ci riesce. Trema ancora più forte. Perde il controllo della vescica. Il piscio scorre abbondante.

Guarda Joscelin e Raoul che stanno assistendo alla sua agonia, sorridenti: solo ora capisce che lo hanno avvelenato. Con l’olio del massaggio. Ma come? Perché?

Junyad respira ancora, a fatica, ma lo sguardo ormai è annebbiato.

 

- Sta crepando.

Joscelin annuisce.

- Sì, funziona come mi avevano detto.

Raoul riprende:

- Ma sei sicuro che questo veleno non passi anche attraverso la pelle delle mani? La faccenda non mi lascia tranquillo.

- Me lo hanno garantito, Raoul. Dandoti prima quell’altro unguento, non corri nessun rischio. E poi il veleno ha effetto solo se spalmato in alcuni punti. Attraverso la pelle ne assorbi solo una quantità minima e l’unguento ti protegge. Ti ho spiegato tutto, no?

- Sì, sì, lo so. Ma a vedere questo che sta crepando...

- Non devi preoccuparti, Raoul.

Nella notte Raoul e Joscelin trascinano il cadavere fino a un pozzo nero che si apre in un corridoio interno, sollevano la pietra che lo copre e fanno scivolare il corpo dentro. Poi rimettono al suo posto la lastra.

 

Ora Raoul deve andare alla locanda della Luna Piena, per preparare il lavoro che svolgerà quando avrà concluso con Amaury.

Raoul arriva nel pomeriggio e si rivolge alla locandiera, una bella donna bruna incinta:

- Cerco una camera.

La donna lo guarda con attenzione, poi annuisce.

- Sì, ne abbiamo una libera.

La donna dice il prezzo. Raoul accetta. La donna accompagna Raoul nella sua camera: è pulita e ben tenuta. Joscelin gli ha detto che è una buona locanda e in effetti la prima impressione è molto positiva.

A cena Raoul vede Giovanni Micheles e suo nipote Riccardo. Il mercante non bada a lui e anche Riccardo sembra non essersi accorto della sua presenza, ma dopo che Giovanni si è allontanato, il ragazzo gli si avvicina e lo saluta cordialmente.

- Buongiorno. Anche voi a Rougegarde?

Raoul sorride: deve mostrarsi cordiale.

- Sì, ma conto di fermarmi solo qualche giorno. Probabilmente ripasserò più avanti.

In realtà a Rougegarde Raoul conta di rimanere abbastanza a lungo, almeno fino alla prossima visita di Hugues di Cesarea. Ma nella locanda in effetti dovrebbe stare poco.

- Allora avremo modo di vederci. Lo zio e io mangiamo sempre qui alla locanda. La nostra bottega è nella stessa casa.

- Sarà un piacere rinnovare la conoscenza.

Raoul ammicca.

Riccardo sorride.

- Potremmo rinnovarla anche subito, no?

Il sorriso di Riccardo si allarga.

- Ben volentieri.

Raoul dice qual è la sua camera e vi si dirige. Riccardo lo raggiunge dopo pochi minuti.

Raoul lo guarda. È proprio un bel ragazzo e sarà un piacere scopare con lui, anche se Raoul preferirebbe che al suo posto ci fosse Joscelin o il conte Ferdinando.

Riccardo si avvicina a Raoul e incomincia a spogliarlo: con Raoul, che ha già avuto modo di conoscere, si muove con sicurezza. Raoul sorride e lo lascia fare. Quando Riccardo ha finito, Raoul ha già il cazzo mezzo teso. Riccardo lo guarda, affascinato.

- Succhiamelo un po’.

Riccardo annuisce. Raoul si stende sul letto, allargando le gambe. Riccardo si mette in ginocchio tra le sue gambe e china la testa finché le sue labbra avvolgono il bastone di carne. Lavora con la lingua, accarezzando la cappella, e con le labbra, che succhiano avidamente. Il cazzo di Raoul si tende e ben presto è duro.

- Siediti su di me.

Riccardo rimane un attimo perplesso. Si solleva. Raoul unisce le gambe. Riccardo si siede sul ventre di Raoul. Può sentire sotto il culo il calore e la consistenza del cazzo teso.

- Sollevati un po’ e bagnati il buco.

Riccardo obbedisce. Ha capito che cosa Raoul intende fare. Non si è mai fatto infilzare in questo modo, ma prova volentieri qualche cosa di nuovo.

Raoul tiene il cazzo in posizione con una mano e con l’altra guida Riccardo ad abbassarsi.

Riccardo sente l’arma premere contro il buco. L’ingresso è un po’ doloroso, perché la posizione non lo facilita, ma a Riccardo va bene così. Lentamente si abbassa, lasciando che il cazzo lo impali. Ora è seduto sul ventre di Raoul e lo guarda, stordito da un piacere a cui si mescola un po’ di dolore.

Riccardo rimane un momento immobile, poi si solleva un po’, per riabbassarsi nuovamente. Raoul lo guarda sorridendo: gli piace stare disteso mentre Riccardo si infilza sul suo cazzo. Riccardo procede lentamente. Poi, quando ormai si è abituato alla presenza, aumenta un po’ il ritmo, mentre con la mano destra incomincia ad accarezzarsi il cazzo e i coglioni.

Raoul sente che tra poco verrà. Guarda affascinato il cazzo di Riccardo. Non gli spiacerebbe provarlo. E mentre lo pensa, il piacere esplode e il suo seme si sparge nelle viscere del giovane.

Riccardo smette di sollevarsi e abbassarsi e la sua mano lo porta al piacere. Il suo seme si sparge sul ventre e sul petto di Raoul.

Dopo un momento Raoul dice:

- Puliscimi.

Riccardo si guarda intorno, alla ricerca di uno straccio, ma Raoul precisa:

- Con la lingua.

Riccardo sorride. Lascia che il cazzo di Raoul, ormai flaccido, esca da lui, e si mette a leccare ogni goccia del suo seme.

- Bravo, maialino.

Riccardo non dice nulla. Raoul aggiunge:

- Adesso ti do ancora da bere.

Riccardo capisce. Prende in bocca il cazzo di Raoul, che incomincia a pisciare.

- Adesso è meglio che tu vada.

Riccardo si alza e si riveste. Prima di uscire, dice:

- Spero che avremo ancora qualche occasione di… vederci.

- Certo. Questa volta non conto di fermarmi molto, ma ritornerò. Questa locanda è un bel posto, pulito, e offre un servizio completo.

Raoul ride. Riccardo capisce la battuta un momento in ritardo e scoppia a ridere anche lui.

- Mi spiace che vi fermiate poco, ma mi fa piacere sapere che tornerete. Potremo riprendere il discorso…

Raoul annuisce. Se non scoperanno in questi giorni, la prossima volta sarà quando Raoul avrà svolto il suo compito e allora arriveranno gli uomini del vescovo. Raoul scapperà, ma per Riccardo non ci sarà fuga possibile: anche se riuscisse ad allontanarsi, tutti sanno chi è.

Riccardo passerà alcuni brutti momenti, ma i soldi dello zio e probabilmente l’intervento del duca eviteranno che faccia la fine dei due che hanno bruciato a Santa Maria in Aqsa. Raoul non ha niente contro Riccardo, che gli piace, ma ha un lavoro da fare. Sputtanare Riccardo e inchiodare Emich come eretico sono i suoi compiti nella locanda. Così sarà chiaro a tutti che la casa di Giovanni è davvero un covo di peccatori e anche la reputazione del duca verrà intaccata.

 

*

 

Più tardi, quando è scesa l’oscurità, Raoul esce. Le vie sono immerse nel buio, ma Raoul non accende la lanterna. Scivola rasente ai muri. Svolta in una via deserta e, poco dopo un’arcata, nel vicolo in cui ha abitato nell’ultimo mese. Controlla che nessuno possa vederlo e spinge la porta del piccolo giardino, che Joscelin ha lasciato aperta. Chiude la porta dietro di sé e raggiunge l’uscio della casa. Bussa con il segnale convenuto.

Joscelin gli apre.

- Tutto bene?

- Sì.

- Hai preso alloggio alla locanda della Luna Piena?

- Certo.

- Perfetto. Hai già avuto modo di vedere Riccardo Micheles?

- Sì, si è avvicinato, gli ho parlato, abbiamo scopato: era ben contento di ricominciare da dove abbiamo terminato a Damasco.

Joscelin ride.

- Io non ci sono, per cui devi fare tu per tutti e due.

- Mi sacrifico. Solo perché ha un bel culo e una bella bocca.

Joscelin ride. Poi cambia argomento:

- Domani o dopodomani Simon lancerà l’esca. Amaury dovrebbe abboccare: non ha modo di procurarsi un altro schiavo che sappia fare un mass qui a Rougegarde.

 

*

 

Il viso dell’uomo è familiare. Dov’è che l’ha visto? Pierre ha un’ottima memoria, ma ci mette un buon momento a collegare quella faccia nota a un nome.

Certo! Si tratta di Raoul, uno degli uomini di Tancrède d’Espinel. Pierre pensava che fosse morto: sa che gli uomini del conte sono stati tutti impiccati a San Giacomo d’Afrin, dove hanno squartato anche il conte per tradimento. Avrà dato il suo vero nome?

Quando Raoul ha finito di mangiare e sale nella sua camera, Pierre si rivolge a Mariette:

- Chi è quell’uomo?

- Robert di Dijon, così almeno ha detto.

Pierre annuisce. Niente di strano che si sia presentato con un falso nome: se lo riconoscessero come un uomo della guardia personale del conte, rischierebbe di finire impiccato per tradimento, come è successo a tutti gli altri.

Raoul non è stato catturato insieme a Tancrède d’Espinel ed è sopravvissuto, nascosto da qualche parte. Adesso sono passati quattro anni dalla morte del conte e può sperare di essere stato dimenticato.

Pierre passa da Morqos.

- Senti, Morqos, oggi nella locanda è arrivato un uomo biondo, con la barba. Dice di chiamarsi Robert, ma in realtà il suo nome è Raoul. Era al servizio del conte d’Espinel.

- Quello che è stato squartato per tradimento?

- Proprio lui. Tutti gli uomini della sua guardia personale sono stati impiccati. Raoul in qualche modo l’ha scampata. Te lo dico perché tu lo sappia. Non si sa mai.

- Cercherò di capire perché è qui.

 

*

 

Morqos mangia nella locanda. Mariette posa la scodella davanti a lui e Morqos la prende, sfiorandole le mani. Si sorridono, un sorriso appena accennato. Intanto arriva Riccardo. Morqos chiacchiera un po’ con lui. Non pensa che Riccardo possa conoscere Raoul, per cui non parla del nuovo arrivo. È invece Riccardo a chiedere:

- Hai visto che è arrivato un nuovo ospite?

- Sì, quell’uomo biondo. Gli hai messo gli occhi addosso, eh, maialino?

Riccardo sorride.

- Robert lo conoscevo già.

Morqos ha dato per scontato che Raoul sia rimasto nascosto in questi anni, per cui si stupisce dell’affermazione di Riccardo.

- Come mai lo conoscevi già?

- L’ho visto un anno fa, più o meno. Non posso proprio dire che lo conosco. Diciamo che ci siamo incontrati un anno fa.

Morqos non vuole chiedere direttamente, ma cerca di incoraggiare Riccardo a parlare.

- Non l’avevo mai visto qui a Rougegarde.

- No, stava a Damasco. Be’, per dirla tutta, non so se stesse a Damasco, ma l’abbiamo incontrato lì.

- Ah, sì?

- Sì, si è unito a noi per tornare nel regno, ma si è fermato a San Giacomo d’Afrin, come l’altro, Joscelin si chiamava. Non so perché adesso sia qui.

- In che senso, si è unito a voi? Ha viaggiato insieme a voi?

- Sì, lo zio si è fatto pagare una certa somma, anche dall’altro. Li ha fatti passare per servitori. Non so perché fossero a Damasco.

- Non ho capito bene. Perché volevano viaggiare con tuo zio? Per sicurezza?

- No, non credo. Per quello sarebbe bastato unirsi a una delle carovane: anche noi viaggiavamo con altri, è più sicuro. Direi che volevano passare per essere servitori dello zio. Ma non so proprio perché.

- Che strana storia. Quando è successo? Un anno fa, dicevi, no?

- Sì, poco più, è stato quando hanno ucciso quel nobile, Philippe di Cesarea. Noi siamo partiti due giorni dopo.

- E loro si sono fermati a San Giacomo.

- Sì, ma perché t’interessa questa faccenda?

- Mi incuriosisce, è una storia strana.

Morqos non sa bene che cosa pensare. In ogni caso ritiene opportuno parlarne con il duca. Vorrebbe sapere qualche cosa di più, ma con ogni probabilità Riccardo non sa altro. Butta ancora lì:

- Dimmi un po’, maialino, questo Raoul lo hai conosciuto bene. O mi sbaglio? No che non mi sbaglio. Te lo leggo in faccia.

Riccardo ride.

- Sì, ai bagni di Damasco. Lui e l’altro, quel Joscelin. Ma…

Riccardo non conclude la frase. È Morqos a dire:

- Magari cercherai di rinnovare la conoscenza…

Riccardo non dice di averla già rinnovata.

 

Nel pomeriggio Morqos si dirige a palazzo. Chiede di Nicolas e gli dice che ha bisogno di parlare con lui e con il duca, che lo riceve subito.

- Duca, oggi nella locanda della Luna Piena è arrivato un uomo che Pierre ha riconosciuto. Mi ha detto che si tratta di Raoul, uno dei soldati della guardia del conte d’Espinel. Si fa chiamare Robert.

Denis d’Aguilard annuisce, in attesa che Morqos prosegua il discorso. Il fatto di per sé non è così rilevante: è naturale che Raoul, essendo stato condannato a morte, non si presenti con il suo nome. Morqos prosegue e racconta tutto ciò che Riccardo gli ha detto. Conclude dicendo:

- Mi è sembrato importante dirvelo. Non so se la presenza di Raoul e di Joscelin a Damasco il giorno in cui è stato ucciso Philippe di Cesarea sia significativa. Non conosco i motivi del loro ritorno nel regno confusi tra i servitori del mercante Giovanni. Ma ho ritenuto bene che voi foste informato. 

- Hai fatto molto bene, Morqos. Forse sono solo coincidenze, ma adesso che Renaud ha avuto un figlio maschio…

Denis non conclude la frase. Dopo un momento di silenzio dice:

- Tieni d’occhio questo Raoul, cerca di capire dove va, se incontra qualcuno. Dato che stai alla locanda, ti avrà visto, perciò dovrai fare attenzione: potrebbe accorgersi che lo stai controllando. Questo metterebbe a rischio la tua vita e vanificherebbe la sorveglianza.

Denis si rivolge a Nicolas:

- Individua qualcuno che possa lavorare di conserva con Morqos per pedinare Raoul. Non tu, ovviamente. Il capo della guardia personale del duca non sa neanche che questo Robert esiste.

 

Morqos controlla la situazione, ma Raoul non esce durante il giorno. Scopa altre due volte con Riccardo, a cui non pare vero di avere a portata un maschio sempre disponibile.

 

*

 

Sono due giorni che Junayd è scomparso. Amaury lo ha fatto cercare, ma non se ne trova traccia. Molti lo hanno visto camminare nel quartiere della moschea di Omar, ma nessuno ha un’idea di dove andasse. Ad Amaury spiace rinunciare ai mass, ma non sa bene come procurarsi uno schiavo in grado di farli. Rougegarde non ha più un mercato degli schiavi: questa è una decisione che ha preso il duca, un cambiamento che ha inciso nella vita economica della città. Chi vuole comprarsi uno schiavo, deve andare altrove. Non ci sono schiavi cristiani e qualunque schiavo, musulmano o cristiano o ebreo, può riacquistare la libertà pagando una somma, anche se il padrone non è d’accordo: lo schiavo può rivolgersi a una corte e un giudice stabilisce la quantità di denaro da versare al padrone per il riscatto.

Amaury dovrà recarsi altrove o affidarsi a qualche mercante, ma senza nessuna garanzia di riuscire a trovare uno schiavo bravo a fare i mass. Amaury si rivolge ad alcuni commercianti che per affari si spingono spesso nei territori saraceni.

Ha appena messo in giro la voce quando si presenta da lui un uomo che dice di essere un mercante di tessuti. Amaury non lo conosce, ma questo non significa nulla: è giunto a Rougegarde da poche settimane.

- Mi hanno detto che il negro che vi faceva i mass è fuggito e che cercate uno schiavo in grado di sostituirlo.

- Sì, esattamente. Ne conoscete uno?

- Non proprio, non è uno schiavo. Ma conosco un cristiano che è stato a lungo prigioniero dei saraceni e ha imparato a fare i mass. È arrivato da poco a Rougegarde e cerca lavoro. Se volete provare a prenderlo al vostro servizio…

Se questo cristiano è bravo, è davvero un colpo di fortuna.

- Farò una prova e se è capace, lo assumo volentieri.

L’uomo che viene presentato ad Amaury è alto, biondo, con i capelli corti e la barba. Ha un viso interessante e deve essere forte. Come maschio ad Amaury non spiace per nulla, anche se il corpo scuro di Junyad aveva per lui un fascino maggiore.

Amaury parla con Robert. Si mettono d’accordo che Robert tornerà da lui tra un’ora per fargli un massaggio e poi Amaury deciderà se assumerlo in prova.

Amaury prende un bagno e poi attende Robert, che arriva puntuale.

- Fammi vedere che cosa sai fare.

- Certo, cavaliere.

Amaury si stende prono. Robert si unge le mani e si mette al lavoro. Incomincia dalle gambe, poi passa alle braccia.

Amaury è abituato ai massaggi di Junyad, che era un massaggiatore eccellente. Questo Robert non è altrettanto bravo, anche se usa le stesse tecniche, però ci sa fare anche lui. Amaury non ha nessuna intenzione di rinunciare al mass: è un’abitudine troppo piacevole. La mani di Robert indugiano anche sul culo e l’uomo chiede:

- Va bene se vi massaggio anche qui, cavaliere? Il mio padrone arabo me lo chiedeva sempre.

- Va benissimo.

Le dita di Robert scorrono lungo il solco, accarezzano, stuzzicano. Per Amaury è una piacevole sorpresa: non si aspettava che uno schiavo franco sapesse fare un massaggio di questo tipo. Questo è un altro punto a favore di Robert.

Robert ci sa fare e ad Amaury viene duro in fretta.

- Ora potete voltarvi, cavaliere.

Amaury si gira. Senza darlo a vedere, osserva la reazione di Robert, che non appare stupito di vedergli il cazzo in tiro.

Robert riprende il suo lavoro. Più volte le sue mani accarezzano il cazzo teso e i coglioni. Amaury nota che anche a Robert sta venendo duro: la sporgenza nelle brache non lascia dubbi. Ottimo.

Dopo averlo massaggiato a lungo, Robert gli chiede:

- Volete che concluda, cavaliere?

Amaury sorride. Questo Robert è in grado di sostituire Junayd, davvero.

- Sì, fammi vedere che cosa sai fare.

Robert incomincia a passare una mano sul cazzo di Amaury, con un delicato movimento rotatorio, mentre l’altra accarezza i coglioni.

Amaury si abbandona al piacere che gli trasmettono le mani di Robert. Pensa che ogni tanto prendeva Junayd. Gli piaceva quel corpo forte. Forse lo farà anche con questo Robert, ma non è il caso di farlo la prima volta.

Amaury sente il piacere crescere e infine esplodere. Il seme sgorga abbondante: sono alcuni giorni che Amaury non viene.

Robert lo pulisce con cura.

- Il cavaliere è soddisfatto?

- Direi di sì, Robert. Va bene. Aspettami di là.

Con calma Amaury si lava e si riveste. Poi passa nella stanza dove lo attende Robert. Gli chiede quanto vuole per servirgli da massaggiatore. Robert non chiede una grande somma e si dichiara disponibile ad accompagnare Amaury nei suoi spostamenti, a parte le spedizioni militari.

L’accordo viene facilmente raggiunto. Questa sera stessa Robert si trasferirà da Amaury.

 

*

 

Morqos riferisce direttamente al duca, in presenza di Nicolas. Denis d’Aguilard ci tiene ad essere informato: evidentemente ritiene importante ciò che Morqos gli ha comunicato su Raoul.

- Questo Raoul o Robert ha lasciato la locanda ieri pomeriggio. Nessuno sa dove sia andato. Non ha dato spiegazioni e non ha detto dove andava.

- Forse è meglio così, Morqos. Ma tieni d’occhio la situazione e se dovesse ripresentarsi, fammi avvisare subito. E vedi un po’ se per caso ti capita di incontrarlo andando in giro.

- Sarà fatto, duca.

- Nicolas, vedi se c’è qualcuno che abbia conosciuto Raoul e che puoi mandare in giro per la città, per capire se è ancora qui o se se n’è andato.

 

*

 

Robert sta facendo un massaggio ad Amaury. È la terza volta che Amaury si fa massaggiare. Di solito durante il massaggio Amaury rimane in silenzio, ma oggi fa qualche domanda: vuole sapere qualche cosa di più di Robert.

- Dove sei stato schiavo?

- A Shaqra, cavaliere, nella casa di un pittore.

- Un pittore? Questa, poi!

- Sì, un pittore importante. Munthir e suo figlio Waahid erano entrambi pittori e dipingevano per lo sceicco.

- Il ragazzo è Waahid al-Munthir? L’anno scorso il duca di Rougegarde, conquistando Qasr Basir, ha trovato due sue opere. Me le ha mostrate. Sono dei veri gioielli.

- Non sapevo che fosse famoso anche fuori da Shakra. Là tutti i ricchi volevano farsi ritrarre da lui.

Amaury si fa raccontare. Robert gli descrive il padrone e il figlio, parla delle loro opere e dei ricchi arabi che venivano nella bottega. La descrizione è troppo vivida e precisa perché Amaury possa dubitare che non corrisponda a verità.

- Eri ancora a Shaqra quando è stata conquistata?

- No, ero a Damasco. Il padrone mi aveva venduto a un amico.

- Come mai?

- Il padrone amava cambiare.

Amaury pensa che non si cambia uno schiavo che sa fare bene un mass.

- Cambiare?

Robert sta massaggiandogli il culo.

- Sì, lo schiavo franco era una novità piacevole, ma si è procurato un giovane etiope. Un’altra novità piacevole.

- Non si limitava a farsi fare i mass, eh?

- No, padrone.

- È successo a tanti cristiani che sono caduti nelle mani dei saraceni.

Amaury pensa al conte Ferdinando e aggiunge:

- E anche a diversi saraceni che sono diventati nostri schiavi.

Raoul alza le spalle.

- Sinceramente, cavaliere, devo dire che non mi dispiaceva. Il padrone non era brutale e ci sapeva fare.

A Raoul non spiacerebbe se Amaury lo prendesse, come faceva con Junayd: il cavaliere è un uomo forte e virile e gli piace parecchio. Ed è bene che Amaury si fidi di lui come si fidava del nero.

Amaury sorride.

- Ti va bene se ti prendo anch’io?

Raoul annuisce:

- Se ne avete voglia, volentieri, cavaliere.

- Allora non concludere il mass.

Quando ha quasi terminato il massaggio e il cazzo di Amaury è ormai teso, Raoul si ferma e sorride. Amaury gli dice:

- Stenditi su di me. Di schiena.

Raoul obbedisce. È piacevole sentire sotto di sé il calore del corpo di Amaury e contro il culo la barra incandescente che tra poco gli entrerà dentro.

Amaury accarezza il corpo di Raoul, le sue mani scorrono dalle spalle al ventre, stringono un po’ il cazzo, ormai teso, accarezzano delicatamente i coglioni. Poi Amaury stringe Raoul e si volta con lui. Ora Raoul è sotto Amaury, che gli divarica le natiche e avvicina la cappella all’apertura. L’olio facilita l’ingresso, che avviene senza dolore.

Amaury è un buon cavaliere e procede a lungo. Raoul sente il piacere espandersi, fino a riempirlo tutto e poi proiettarsi fuori. Amaury accelera il ritmo delle sue spinte e poco dopo viene.

 

*

 

Mikhael se n’è andato. Istfan l’ha saputo da Mariette, mentre controllava le sue condizioni: ormai il parto è vicino.

A Istfan pare di essere sprofondato in un pozzo senza fine.

Dopo quattro giorni, Istfan non riesce più a resistere. Si reca da Sarah.

- Non sai dov’è andato, Sarah?

Non ha detto di chi si tratta, lo sanno entrambi.

- No, Istfan.

Istfan fissa Sarah negli occhi.

- Non tornerà, vero?

- No.

Istfan annuisce ed esce.

Raggiunge il suo appartamento. Entra nella propria camera e scoppia a piangere. Crolla in ginocchio e poi a terra, scosso dai singhiozzi. Qualcuno si china su di lui e gli accarezza la testa. Istfan pensa che sia Morqos, ma quando l’uomo che gli è accanto lo solleva e lo abbraccia, vede che si tratta di Tristan.

Istfan lo stringe. Non dice nulla, si limita a tenerlo tra le braccia e a passargli la mano sul capo, in una carezza delicata. Lentamente Istfan si calma.

Allora Tristan lo invita a stendersi sul letto. Istfan si sente debolissimo e si lascia coricare, come un bambino piccolo. Tristan si siede accanto a lui e lo accarezza sul viso e sui capelli, senza spingersi oltre. Cerca di ritrovare i gesti con cui Emich riesce a lenire il suo dolore e a restituirgli la serenità. Gli parla, piano, cullandolo con le parole, finché Istfan sembra rasserenarsi e infine si addormenta.

 

Morqos è andato in giro per la città per vedere se riesce a scovare Raoul, ma il soldato sembra scomparso nel nulla. Probabilmente ha lasciato Rougegarde. Morqos è inquieto: la faccenda lo preoccupa, la presenza di Raoul alla locanda non lascia presagire niente di buono.

Morqos torna a casa presto. E il pensiero va a Istfan. Morqos è preoccupato per lui. Si rende conto che suo fratello sta sempre peggio. Rientrando a casa passa per la locanda e incrocia Pierre.

- Pierre, non sai dove sia andato Mikhael? Istfan… va sempre peggio.

- Morqos, è bene che Istfan se lo scordi.

Morqos lo guarda perplesso. Evidentemente ha capito che Pierre conosce i motivi della scomparsa di Mikhael.

- Perché?

- Non tornerà, Morqos. Ed è meglio così, per tutti.

Pierre non intende dare spiegazioni. Morqos lo saluta e sale nell’appartamento. La porta è socchiusa, ma dall’interno non arrivano rumori. Morqos si sente inquieto.

Passa nella camera di Istfan, che è disteso sul letto e dorme. Accanto a lui c’è Tristan.

- Che cosa è successo? Istfan… sta male? Tristan?

Tristan risponde solo:

- Aspettavo che tu arrivassi, non volevo lasciarlo solo. Io adesso devo andare, veglia su di lui, Morqos.

Morqos annuisce.

- Grazie.

Tristan esce. Morqos guarda Istfan steso sul letto. Istfan ha aperto gli occhi e lo guarda. Non dice nulla. Morqos gli prende una mano e la stringe.

 

*

 

Gli uomini del conte Ferdinando sono impegnati nella caccia a tre briganti che due settimane fa si sono stabiliti nella vallata dell’Arram e hanno incominciato a razziare, attaccando case isolate: hanno violentato due donne e ucciso un contadino che cercava di fermarli.

Si tratta di due curdi fuggiti dalla Siria, dove erano ricercati per un omicidio. A loro si è aggiunto pochi giorni fa un terzo uomo. Oggi i briganti hanno fatto razzia in una fattoria isolata, ma gli uomini del conte erano nelle vicinanze e si sono lanciati all’inseguimento dei briganti in fuga, mentre uno di loro è corso a palazzo ad avvisare il conte.

Le guardie avvistano i fuggitivi ai margini del bosco: sono solo due, probabilmente il terzo non ha partecipato all’attacco. I due cercano di nascondersi nel bosco, ma gli uomini del conte sono numerosi e riescono a stanarli. Quando li hanno circondati e per i due non c’è più nessuna via di fuga, intimano loro di arrendersi.

Uno dei due, Sivan si rivolge all’altro:

- Siamo fottuti, Dilsad. Ci impiccheranno.

Dilsad annuisce.

- Siamo scampati alla crocifissione per essere impiccati. Merda! Non ho voglia di crepare appeso a una forca.

- Che vuoi fare, Dilsad?

- Vendere cara la pelle, Sivan.

Il capo delle guardie intima:

- Gettate i coltelli e arrendetevi.

Dilsad fa un gesto osceno. Gli uomini del conte avanzano verso di loro, con le lance alzate.

Dilsad scatta in avanti e cerca di colpire una delle guardie, ma un altro soldato con un rapido movimento della lancia lo trafigge. L’arma penetra poco sotto lo sterno e la punta esce dalla schiena. Dilsad barcolla.

Sivan guarda il compagno che solo la lancia sorregge. Quando lo vede cadere a terra, lascia il coltello. Gli uomini del conte lo catturano e gli legano le mani dietro la schiena.

I soldati sono soddisfatti: hanno catturato i due uomini, il conte sarà contento. Il brigante colpito sta morendo, l’altro verrà certamente condannato a morte e giustiziato. Prima però lo faranno parlare, costringendolo a rivelare dov’è il loro nascondiglio, in modo da catturare anche il terzo uomo.

I soldati legano i piedi di Dilsad con una corda, che attaccano al cavallo, poi ritornano verso il palazzo del conte. Dilsad è ancora vivo e quando il cavallo incomincia a trascinarlo, per un breve tratto si lamenta. Poi la sua voce si spegne. Anche la traccia di sangue scompare dopo qualche miglio. Al palazzo di Ferdinando il brigante arriva cadavere.

 

*

 

Sono due settimane che Raoul è stato assunto.

Un servitore bussa. Amaury dice di entrare. Il servitore lo informa:

- Un messaggero del conte Ferdinando ha portato questa lettera per voi. Attende una risposta.

Amaury è steso sulla pancia, mentre Raoul gli massaggia la schiena. Si solleva un po’. Raoul si interrompe. Amaury apre il messaggio del conte Ferdinando. Lo legge, sorride e dice:

- Di’ al messaggero che accetto ben volentieri l’invito del conte. Domani pomeriggio sarò da lui.

Quando il servitore è uscito, Raoul riprende il massaggio. Amaury gli dice:

- Domani verrai con me nella vallata dell’Arram, nei domini del conte Ferdinando. Credo che tu abbia sentito parlare di lui, Robert.

Raoul cerca di nascondere il suo turbamento. Conosce benissimo Ferdinando, con lui ha scopato più volte. Quando lo vedrà, Ferdinando lo riconoscerà. Raoul rischia di essere denunciato come uno degli uomini del traditore Tancrède d’Espinel e di essere impiccato.

- Sì, padrone. L’ho anche visto, prima che i saraceni mi catturassero.

- È un guerriero coraggioso e il maschio più dotato che io abbia mai visto in vita mia. Lo vedrai: gli piacciono molto i mass e Junyad gliene faceva sempre. Si farà fare un mass anche da te.

Amaury ride e aggiunge:

- E poi certamente vorrà prenderti. Nel qual caso, se sei d’accordo, avrai modo di gustare il cazzo più grosso di tutta la Palestina.

Raoul annuisce. Nella sua testa corrono ben altri pensieri. Si limita a dire:

- Certamente.

- Partiremo domani in mattinata. Nel primo pomeriggio saremo da Ferdinando. Ha organizzato una caccia all’uomo.

- Una caccia all’uomo?

- Sì, un’idea di un suo servitore. Invece di impiccare un condannato a morte, gli danno un coltello e lo lasciano libero. Poi lo inseguono con i cani, come se fosse un cinghiale o un cervo.

Raoul pensa che potrebbe essere lui la preda della prossima caccia. Deve trovare una via d’uscita. Un’idea gli è venuta in mente. Deve parlarne con Joscelin.

- Potete voltarvi, padrone.

Amaury si volta.

Raoul riprende il massaggio.

Quando ha concluso, Raoul chiede:

- Posso chiedervi un favore, padrone?

- Dimmi, Raoul.

- Un mio amico abita vicino al confine con i domini del conte Ferdinando. Se mi date libertà fino a domani, approfitterei dell’occasione per passare a trovarlo e poi vi raggiungerò al palazzo del conte.

- Va bene, Raoul. Nessun problema. Ma vedi di essere là per il primo pomeriggio.

- Senz’altro.

 

*

 

Ferdinando è tornato nel suo palazzo. Gli hanno comunicato la cattura di uno dei briganti e la morte dell’altro.

Ferdinando dà ordine che il corpo del brigante ucciso sia impiccato all’ingresso di Arram, il paese principale della valle, che prende nome dal fiume: sarà un monito per tutti coloro che pensano di poter sfuggire alla giustizia.

Dopo aver sbrigato alcune faccende, Ferdinando scende nei sotterranei. Ha dato ordine di spogliare il brigante e di legargli le mani dietro la schiena. I suoi uomini hanno eseguito. Sanno benissimo che cosa il conte intende fare e nella sala delle guardie commentano ridendo ciò che avverrà.

Nella cella il brigante è seduto a terra.

Ferdinando entra e lo guarda. Questo curdo non è niente male. Un bel maschio vigoroso.

- Alzati.

Ferdinando ha parlato in arabo. L’uomo obbedisce. Non dice nulla. Sa bene che la sua sorte è segnata.

- Bene, ti divertivi a stuprare le contadine, no? Adesso proverai sulla tua pelle.

Ferdinando ride. Sivan lo guarda senza capire.

Nella cella c’è un tavolaccio. Ferdinando afferra Sivan per la nuca e lo forza ad appoggiare il torace sul legno. Poi gli afferra il culo e divarica le natiche.

Sivan intuisce e cerca di sottrarsi, ma Ferdinando lo blocca facilmente.

Ferdinando gli sputa sul buco del culo. Sivan si divincola, ma Ferdinando lo tiene fermo con la destra. Con la sinistra si cala i pantaloni.

Ferdinando non si preoccupa di non fare male a questo stupratore: infilza il curdo con un’unica spinta e l’uomo lancia un grido disperato.

Ferdinando ride e incomincia a fottere questo bel culo con energia.

Sivan geme, mentre una smorfia di dolore gli stravolge la faccia.

Quando Ferdinando conclude ed estrae il cazzo, vede che è sporco di sangue.

- To’, eri vergine? Puoi ringraziarmi che ti ho fatto il servizio. Prima di morire, hai gustato un bel cazzo.

 

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- Merda! Questa non ci voleva. Sei sicuro che Ferdinando ti riconoscerebbe? Adesso hai la barba, i capelli corti. Sei piuttosto diverso da com’eri.

- Joscelin, tu a Damasco mi hai riconosciuto subito, no? E con Ferdinando ho pure scopato più volte.

- Se è solo per quello, credo che Ferdinando abbia scopato con tutti i maschi disponibili della Terrasanta. E anche con parecchi di quelli che disponibili non sarebbero stati, ma non avevano scelta.

Questo non cambia la situazione, Joscelin lo sa benissimo.

- Senti, non puoi trovare una scusa? Dire che non stai bene?

- No, non funziona. Ferdinando tornerà con Amaury per l’incontro della settimana prossima, quello a cui parteciperà anche Hugues. Arriveranno prima di Hugues e c’è comunque il rischio che Amaury gli offra un mass qui a Rougegarde: Amaury dice che a Ferdinando i mass piacciono molto e che se li faceva sempre fare da Junyad.

Joscelin cerca disperatamente una soluzione. Raoul gli dice:

- Io ho avuto un’idea. Ho chiesto ad Amaury di lasciarmi libero fino a domani pomeriggio, inventando una scusa. Potrei andare da Ferdinando e convincerlo a non denunciarmi. Gli racconto che il conte d’Espinel mi ha consegnato ai saraceni e che sono stato schiavo e che adesso ho trovato lavoro presso Amaury. Gli dico che con il tradimento del conte non c’entravo per nulla. Che ne pensi?

Joscelin è perplesso.

- E se lui non accetta? Se ti denuncia?

- Se mi denuncia potrei finire impiccato o in una bella caccia all’uomo. Sono l’unico che rischia. Ma non c’è altro modo.

Joscelin annuisce. Sì, se Ferdinando non credesse all’innocenza di Raoul, lo consegnerebbe al re o lo metterebbe direttamente a morte, ma nessuno sospetterebbe l’esistenza di un piano per eliminare Hugues di Cesarea. Il piano però non potrebbe più essere attuato. D’altronde, quello che dice Raoul è vero: arrivando a Rougegarde qualche giorno prima di Hugues, è facile che Ferdinando sia invitato da Amaury a pranzo e per un mass.

- Va bene. Spero che Ferdinando creda alla tua innocenza. Non è diffidente, di solito.

 

*

 

- Conte, abbiamo catturato anche il terzo brigante.

Ferdinando è contento che sia stato preso anche l’altro uomo: come signore di un territorio deve pensare alla sicurezza dei suoi sudditi ed è implacabile nei confronti di questi razziatori.

Ferdinando sorride.

- Ottimo. Doppia caccia, domani. L’avete rinchiuso in una delle celle?

- Sì, conte.

Ferdinando decide di andare subito a vedere l’uomo. Magari lo fotterà anche, come fa per tutti i condannati a morte che gli piacciono.

 

Scende nei sotterranei, entra nella cella e si ferma, allibito.

- Mikhael?

Non è una domanda: conosce benissimo l’ebreo che Istfan curava e che ha fatto con loro il viaggio dall’Egitto a Rougegarde. Come è possibile che quest’uomo si sia unito a due briganti? Ferdinando sa che lavorava come fabbro a Rougegarde. Ci dev’essere un equivoco.

Mikhael lo guarda, senza dire nulla. Non si discolpa. Non dice che si tratta di un errore. Tace.

- Perché ti sei unito a quei due briganti?

Mikhael alza le spalle. Non è intenzionato a fornire spiegazioni. Ferdinando esita, poi dice:

- Non hai partecipato ai delitti degli altri due. Ti farò riaccompagnare a Rougegarde.

- No!

- Allora puoi andartene verso Cesarea. O tra i saraceni.

Mikhael ripete:

- No.

- Mikhael, che cazzo vuoi?

- Quello che farete agli altri.

Ferdinando scuote la testa.

- Uno è già morto. L’altro l’ho fottuto ieri notte e domani farà la preda in una bella caccia all’uomo. Questa è la fine dei condannati a morte qui nella valle dell’Arram.

Mikhael annuisce. Ferdinando lo guarda, incredulo.

- È questo che vuoi?

Mikhael lo guarda un momento, senza dire nulla. Poi di nuovo annuisce.

Mikhael vuole morire, questo a Ferdinando è chiaro. Si è unito ai briganti cercando la morte. Perché, Ferdinando non lo sa.

- Mikhael…

Ferdinando non completa la frase. Ferdinando preferirebbe liberarlo perché Mikhael era sotto la protezione di Denis di Rougegarde, ma di lui non gli importa nulla e se vuole morire, va bene.

- Sei deciso?

Mikhael fa ancora cenno di sì con la testa. Ferdinando fa un ultimo tentativo.

- Va bene, Mikhael. Ti tratterò come l’altro brigante. Voltati e appoggiati al tavolo, che ti fotto.

Mikhael lo guarda, apre la bocca, ma poi la richiude. Ferdinando sorride:

- Questo è quello che faccio ai condannati a morte. A quelli che mi piacciono, almeno. Che lo vogliano o no.

Mikhael rimane immobile un momento, poi china la testa, si volta e si appoggia al tavolo, offrendo il culo a Ferdinando.

Mikhael morirà, perché questo è ciò che vuole. Neanche l’idea di venire inculato lo fa arretrare.

Ferdinando guarda il culo che sta per prendere. Forte, largo, peloso. Un culo da maschio possente. A Ferdinando piace: sono pochi i culi maschili che non gli piacciono, ma questo lo stuzzica in modo particolare, anche perché sospetta che non abbia accolto altri cazzi.

Ferdinando si inumidisce la cappella prima di infilzare Mikhael.

Mikhael sussulta. La carne ha ceduto a fatica. Probabilmente era davvero vergine. Questo a Ferdinando piace. Ci dà dentro con grande energia, a lungo. Mikhael tace, la testa appoggiata al tavolo. Le spinte lo squassano e lacerano la carne, ma Mikhael accetta la sofferenza in silenzio: è un altro gradino nella discesa verso la fine, che è tutto ciò che desidera.

Ferdinando conclude con una rapida successione di spinte violente. A Mikhael sembra che il mondo turbini. Chiude gli occhi.

Quando Ferdinando esce, si accorge di avere del sangue sul cazzo. Alza le spalle. Domani Mikhael sarà morto.

Mikhael si rialza, ma tiene la testa bassa. Quando Ferdinando è sulla soglia, Mikhael dice:

- Una sola cosa vi chiedo, conte.

- Dimmi.

- Che nessuno sappia chi sono. Vorrei che mia sorella non sapesse niente della mia fine.

- Va bene.

 

Mikhael rimane da solo nella cella. Domani, domani tutto finirà. Domani Ferdinando lo ucciderà e questo dolore avrà fine. Meglio i cani che dilanieranno il suo corpo che la sofferenza che gli dilania l’anima.

Il pensiero va a Sarah, come sempre. Vorrebbe alzarsi, correre da lei, uccidere Pierre. Non vuole che un altro uomo la possa prendere. Lui non può, è sua sorella, ma nessun altro può, nessun altro deve… La porta della cella è solida, le pareti ben costruite. Non c’è via d’uscita, per fortuna. C’è solo la morte.

Mikhael si prende la testa tra le mani. Di questo desiderio che lo consuma, che lo ha sempre divorato, dovrà rendere conto a Dio. Una sola cosa potrà dire a sua discolpa: contro il suo desiderio ha sempre lottato, non ha mai ceduto. Ma sa che se non morisse, non riuscirebbe a resistere. E allora ben venga la morte.

 

*

 

Ferdinando ha fatto preparare tutto. Oggi pomeriggio arriverà Amaury e domani si svolgerà la caccia. Poi partiranno per Rougegarde, per un incontro tra Denis, Ferdinando e Hugues: i loro territori hanno tratti di confine comuni e sono alla frontiera tra il regno di Gerusalemme e i domini saraceni. I due conti e il duca si ritrovano spesso per discutere le azioni da intraprendere. Adesso una nuova minaccia si sta profilando all’orizzonte: un uomo che chiamano il Circasso, che sta formando un proprio stato nella Siria, ai confini dei loro territori. La cittadina di Shakra è già caduta nelle sue mani, Jabal al-Jadid è sotto assedio.

Ma per i problemi alla frontiera c’è tempo.

 

- Un uomo chiede di voi, conte. Vuole parlarvi da solo.

Ferdinando non sa chi possa essere. Sarah ha saputo che Mikhael è stato catturato e ha mandato qualcuno a intercedere?

- Non ha detto che cosa vuole?

- No, dice che è una questione personale.

- Fallo entrare.

L’uomo viene introdotto. Anche se adesso ha la barba e i capelli corti, Ferdinando lo riconosce subito.

- Raoul!

- Sono contento di vederti, Ferdinando. O forse dovrei dire signor conte.

Ferdinando ride.

- Lascia perdere il signor conte. Non pensavo di vederti qui…

Ferdinando si interrompe. Raoul faceva parte della guardia personale del conte d’Espinel. Tutti gli uomini della guardia sono stati impiccati per il tradimento del loro padrone. Raoul non era tra loro.

Raoul sorride e dice:

- Sono venuto a parlarti molto sinceramente, Ferdinando. Sai benissimo che facevo parte della guardia personale del conte d’Espinel e che tutti gli uomini di quel bastardo sono stati giustiziati per tradimento. Posso assicurarti che nessuno di noi sapeva niente dei progetti del conte. Fu lui ad aprire le porte del castello, ma lo scoprimmo solo quando i saraceni entrarono e ci catturarono. Eravamo io e Thierry con il conte. Ci consegnò ai saraceni perché non potessimo rivelare il tradimento. Thierry fu ucciso mentre cercava di scappare. Io sono rimasto oltre due anni schiavo dei saraceni.

Ferdinando annuisce. La storia è verosimile. Se sia vera, Ferdinando non è in grado di dirlo.

- Porcoddio, Raoul, due anni di schiavitù! Dev’essere ben dura. Anche Denis d’Aguilard è stato schiavo dei saraceni.

Raoul annuisce. Poi prosegue:

- Ho trovato lavoro presso Amaury di Rochenoire, gli faccio i mass.

- I mass? E Junyad?

- Dev’essere scappato. È scomparso nel nulla. Io ho imparato a fare i mass quando ero schiavo a Shaqra e quando ho saputo che Amaury cercava qualcuno, ho colto l’occasione. Ieri mi ha detto che oggi saremmo venuti qui. Ho inventato una scusa. Avevo bisogno di parlarti, anzi: di parlarvi. Io sono Robert, voi siete il conte Ferdinando. Se qualcuno sapesse che sono Raoul, mi ritroverei a penzolare con la corda al collo. Ditemi che non mi tradirete, Ferdinando.

Ferdinando non sa quanto possa fidarsi, ma non gli piace l’idea di consegnare un uomo che si affida a lui.

- Non hai più nessun rapporto con i saraceni, Robert? Non fai come quel fottuto bastardo del tuo vecchio padrone?

- No, nessun rapporto.

- Come ti sei liberato?

- Due monaci che riscattavano prigionieri cristiani hanno pagato anche per me. Non ne so di più. Non me l’aspettavo neanch’io.

- Va bene, Robert. Non ti ho mai visto prima.

Ferdinando ride e aggiunge:

- Porcoddio, quando ti fotterò, sarà come se non conoscessi il tuo culo.

Anche Raoul ride.

 

*

 

- E chi è la preda della caccia?

- Sono due briganti. C’erano due curdi che erano scappati dai territori saraceni, dopo aver commesso qualche delitto. Si erano rifugiati nel villaggio di Abu Qash, nella contea di Cesarea, ma sono stati scacciati e hanno raggiunto la valle dell’Arram. Sono vissuti nei boschi per qualche tempo, facendo razzie e violentando. A loro si è aggiunto un altro uomo, qualche giorno fa. Ho organizzato una spedizione per catturarli. Uno dei due curdi è stato ucciso mentre cercava di scappare, l’altro e il terzo uomo sono stati catturati.

 

I due uomini vengono condotti su un carro fino alla foresta. Amaury li guarda. Sono entrambi nudi, ma con il capo coperto da un cappuccio. Uno è un colosso alto quasi come Ferdinando e probabilmente altrettanto forte. L’altro invece è più piccolo di statura e snello, ma appare anche lui robusto. Lo sguardo di Amaury indugia sull’uomo, che ha un corpo armonioso.

Ferdinando spiega ad Amaury:

- Preferisco lasciarli al bordo della foresta: così non possano fare danni in qualche villaggio.

Amaury chiede:

- Come mai gli hai fatto mettere il cappuccio?

Ferdinando esita un attimo, poi alza le spalle e risponde:

- Così non vedono dove li portiamo.

Amaury ha l’impressione che Ferdinando menta: ha colto un’esitazione. Non capisce per quale motivo il suo amico dovrebbe nascondergli la verità.

Si dirigono a una valle boscosa. Arrivati nei pressi di un torrente, le guardie fanno scendere i due uomini. Ferdinando congeda i suoi soldati. Poi toglie il cappuccio a uno dei briganti.

Ferdinando gli taglia la corda che gli lega le mani. Lancia un coltello oltre il torrente e dice all’uomo.

- Recupera il coltello e vattene. Tra un po’ ti inseguiremo con i cani.

L’uomo guarda Ferdinando. Nei suoi occhi è facile leggere l’odio che prova. Poi si volta, guada il torrente, prende il coltello e, dopo essersi voltato ancora una volta a fissare Ferdinando, se ne va.

- Ferdinando, a giudicare da come quello lì ti ha guardato, pagherebbe qualsiasi cosa per poterti ammazzare.

Ferdinando ride, la sua grossa risata.

- Sì, lo so. Questo rende la caccia più interessante, no?

- Perché ti odia tanto?

Ferdinando ride di nuovo.

- Porcoddio, diciamo che non ha apprezzato il mio cazzo. Ma si può?

- L’hai preso?

- Puoi dirlo. Ha un gran bel culo.

Ferdinando intanto ha liberato le mani dell’altro brigante. Gli toglie il cappuccio. Lancia il coltello oltre il corso d’acqua e ripete le stesse parole. Lentamente Mikhael si allontana, supera il torrente e raccoglie il coltello. Poi raggiungo l’altro bandito che lo ha aspettato.

Amaury non ha detto nulla, ma ora esclama:

- Cazzo, Ferdinando. È…

- Sì, è Mikhael, Amaury. E scordati di averlo visto.

Amaury osserva:

- Denis di Rougegarde lo proteggeva.

- Lo vuole lui, Amaury. Non so perché, ma è così. Ma nessuno deve sapere.

 

*

 

Mikhael desidera solo finire. Non si allontanerebbe neanche dal torrente, ma Sivan lo incita a seguirlo.

- Che cazzo hai, Mikhael? Si direbbe che hai fretta di farti ammazzare.

Mikhael annuisce. Quello che ha detto Sivan è vero.

Dopo un momento che camminano, Mikhael dice:

- Vai dove vuoi. Io mi fermo qui, Sivan. Mi troveranno. Avrai un po’ più tempo per fuggire.

Mikhael si siede. Poi si stende e chiude gli occhi. Non vuole vedere più niente. Vuole solo finire. Sente la voce di Sivan:

- Va bene.

 

Mikhael sente i cani. Non sa quanto tempo è passato. Non molto, probabilmente. Si mette a sedere. Il cuore gli batte in fretta. I latrati si fanno più vicini.

Eccoli, arrivano. Mikhael si alza ma non cerca di allontanarsi. Quando i cani sono intorno a lui, rimane immobile, per evitare che lo azzannino.

Ora può vedere Ferdinando e Amaury, i due cacciatori. La sua vita è arrivata alla fine. È quello che desidera, è l’unica soluzione possibile.

 

Ferdinando si avvicina. È a torso nudo e ha la lancia in una mano e il pugnale nell’altra. Sembra esitare.

Mikhael si accorge che sull’albero sotto a cui sta per passare Ferdinando è appostato Sivan. D’istinto grida, guardando in alto:

- Attento.

Ferdinando solleva lo sguardo e salta di lato, evitando per un soffio che Sivan lo colpisca. Cadono entrambi a terra, Sivan sotto e Ferdinando sopra. La lotta è breve: Ferdinando è più forte. È lui a infilare il coltello nel ventre di Sivan: tre rapidi colpi in successione. Poi, quando il brigante si affloscia e solo le braccia di Ferdinando lo sostengono, il conte vibra un altro colpo più in basso. Gli piace guardare la smorfia di dolore di Sivan, la bocca che si apre. Infine Ferdinando immerge il pugnale nel cuore.

Ferdinando si alza. Si rivolge a Mikhael:

- Mikhael, vattene via. Prenditi il mio mantello, la mia borsa, il cavallo e scompari per sempre.

Mikhael guarda Ferdinando, il petto e le brache lorde di sangue. Scuote la testa. Vuole finire. Sa che se sopravvivesse, finirebbe per tornare a Rougegarde.

- Porcoddio, Mikhael. Mi hai salvato la pelle. Non posso ammazzarti. Vattene via. Vado a prendere il cavallo.

Ferdinando si volta, dando le spalle a Mikhael.

Mikhael solleva il pugnale e si avventa su di lui come se volesse colpirlo alla schiena. Non lo farà, sa che Amaury avvertirà Ferdinando. E infatti Amaury grida:

- Attento!

Ferdinando si volta, schiva il colpo, blocca il braccio.

- Porcoddio, Mikhael! Sei una testa di cazzo.

- Fatelo, conte, fatelo!

 

Ferdinando annuisce. Ha capito anche lui che non c’è altra via.

Ferdinando tira indietro il braccio e con un rapido movimento immerge il pugnale nel ventre di Mikhael, che emette un grido. Ferdinando estrae la lama e la immerge altre due volte, fino all’impugnatura. Come sempre, uccidere gli trasmette un’emozione molto forte. E uccidere un maschio vigoroso come Mikhael ancora di più.

- Grazie…

Ferdinando colpisce Mikhael al basso ventre, poi vibra l’ultima coltellata, che gli spacca il cuore.

 

Ferdinando si alza. È bagnato di sangue e di sudore. Come sempre, la caccia lo ha eccitato: ha il magnifico cazzo in tiro, troppo grosso per non essere ben visibile sotto i pantaloni fradici di sangue.

Amaury si dice che c’è qualche cosa di bestiale nel suo amico, qualche cose che lo attrae e nello stesso tempo lo respinge.

Ferdinando fischia ai cani, che si lanciano sui due corpi e incominciano a farne scempio.

Ferdinando ghigna, poi guarda Amaury.

- Amaury… che ne diresti…

Ferdinando indica la protuberanza al basso ventre.

Amaury annuisce. Ha anche lui voglia di scopare. Non gliel’ha fatta venire la caccia, come a Ferdinando, ma la vista del conte. Ferdinando si abbassa le brache. Amaury si spoglia in fretta.

Anche il loro rapporto ha qualche cosa di animale. Amaury si spoglia, per evitare che Ferdinando gli imbratti di sangue gli abiti. Poi si appoggia a un albero. Ferdinando si mette dietro di lui, si abbassa un po’, mentre la destra umida di saliva stuzzica l’apertura. Poi Amaury sente la pressione del bastone che entra dentro di lui, facendogli male. Ferdinando emette un suono, una specie di grugnito, e incomincia a fotterlo. Il dolore è forte, ma Amaury non dice nulla. Sarebbe inutile: Ferdinando è una bestia in calore e nulla potrebbe fermarlo. E poi c’è qualche cosa che lo stordisce. Ferdinando ansima, mentre lo incula selvaggiamente e intanto guarda i cani che fanno scempio dei due cadaveri. Lo spettacolo lo eccita ancora di più.

Il dolore al culo è intollerabile, ma Amaury tace. In qualche modo gli sembra di essere una preda, come le due che i cani divorano. Quasi si aspetta che Ferdinando dopo essere venuto dentro di lui lo accoltelli e getti anche il suo corpo ai cani. Amaury boccheggia, stordito dal dolore, dal piacere, dalla violenza, dalla brutalità con cui Ferdinando lo prende. 

Ferdinando bestemmia e il fiotto inonda il culo di Amaury.

Ferdinando si appoggia su di lui. Amaury ne sente l’ansimare. Se l’albero non lo sostenesse, Amaury crollerebbe a terra. Ferdinando bestemmia di nuovo. Amaury chiude gli occhi. Si chiede se ora il coltello gli aprirà il ventre. Ferdinando si stacca da lui. Amaury si riscuote. Che pensieri gli sono passati per la testa? Assurdo. Ferdinando lo ha fottuto come un animale perché lui lo ha accettato e di certo non aveva nessuna intenzione di ucciderlo. E perché mai avrebbe dovuto farlo? Amaury aspetta un attimo a rivestirsi.

Ferdinando gli chiede:

- Non sei venuto. Ti do una mano?

Amaury scuote la testa. A fatica riesce a parlare:

- A palazzo, dopo il bagno, ci penserà Robert.

Ferdinando ride e annuisce. Amaury risale a cavallo e sul suo viso appare una smorfia: il dolore al culo è violento.

 

Di ritorno al palazzo, Ferdinando e Amaury si fanno fare un mass. Amaury guarda l’amico mentre questi viene. Il seme sgorga abbondante, anche se il conte è venuto dentro di lui poche ore fa.

Ma Ferdinando non è sazio. Dopo che hanno bevuto e chiacchierato un po’, prende anche Robert. Amaury scuote la testa. Ferdinando è un animale, ma che magnifico animale!

Più tardi, distesi sul bordo del bagno, i due amici chiacchierano. Ferdinando osserva:

- Anche questo Robert è bravo a fare i mass. Ma Junayd ci sapeva fare meglio.

 

*

 

Il conte Hugues di Cesarea è a Rougegarde, ospite di Denis d’Aguilard. Hanno parlato a lungo della minaccia costituita dal Circasso e individuato una strategia comune di difesa. Denis di Rougegarde ha le idee molto chiare e Hugues di Cesarea non può che ammirare la lucidità e l’intelligenza del giovane duca.

Hugues ripartirà per Cesarea dopodomani.

Come sempre avviene quando Hugues viene a Rougegarde, Amaury lo ha invitato nella sua residenza per un banchetto. Hugues è un po’ a disagio da Amaury. Gli spiace che l’amico abbia dovuto rinunciare al sogno di avere un proprio territorio e passare al servizio di Denis d’Aguilard. Nemmeno un anno fa erano nelle stesse condizioni, ma ora la distanza che li separa è divenuta immensa.

Amaury però non sembra dare troppo peso alla faccenda e dopo un momento iniziale di imbarazzo, i ricordi vanno alle campagne a cui entrambi hanno partecipato e si ricrea l’intesa cordiale di un tempo.

Al termine del banchetto, i due amici chiacchierano ancora, poi Amaury sorride e dice:

- Che ne diresti di un buon mass?

- Un mass non si rifiuta mai…

Sorridono entrambi. Quando si spostano nel locale per i bagni, l’uomo che Amaury presenta come massaggiatore non è più il forte nero che Hugues ha visto le altre volte.

- Non c’è più Junayd?

- No, è scomparso. Credo che sia scappato, anche se non riesco a immaginare perché. Ho avuto culo a trovare Robert.

- Un franco che sa fare i mass! È una cosa strana.

- Robert è stato schiavo dei saraceni per oltre due anni. Ha imparato là.

Hugues si chiede se Robert farà lo stesso servizio completo o se invece si fermerà prima. Spera che Robert sappia fare il massaggio come Junayd: sarebbe un peccato rinunciare al finale.

Hugues si spoglia e si stende. Robert incomincia a massaggiarlo. A Hugues i mass di Junayd piacevano molto. Robert non è altrettanto abile, ma ci sa fare anche lui. L’olio ha un odore particolare, amarognolo. Amaury lo nota.

- Hai cambiato olio, Robert?

- Sì, questo è un olio nuovo, che mi ha consigliato un mercante siriano. Ho pensato di inaugurarlo con l’ospite.

Robert massaggia a lungo anche il culo, stuzzicando l’apertura con le dita e una massiccia dose di olio. Ora Hugues è sicuro che il massaggio si concluderà nel solito modo. E in effetti Robert procede come Junayd, massaggiandogli le braccia, le gambe, le spalle, il petto e il ventre, ma passando più volte le mani sul cazzo e sui coglioni. Hugues sente la tensione crescere.

Robert chiede:

- Devo concludere, conte?

- Sì.

Le mani di Robert accarezzano con decisione e infine portano Hugues al piacere.

 

È ora di tornare al palazzo ducale. Hugues si sente un po’ intontito. Si accomiata da Amaury e raggiunge l’appartamento che il duca ha messo a sua disposizione. Si rende conto di non stare bene. Ha un senso di nausea, che va peggiorando.

Decide di stendersi sul letto e riposare. Entra in camera e di colpo gli pare che il mondo oscilli paurosamente. Il cuore prende a battere forte. Hugues respira a fatica e avverte un violento dolore alla testa. Non è possibile, un’ora fa stava benissimo. Che cosa gli hanno fatto… Amaury?

Hugues non riesce a stare in piedi. Non capisce che cosa succede, non riconosce più la camera in cui si trova. Cerca di raggiungere il letto e crolla a terra.

Ha un conato di vomito, poi incomincia a tremare. Perde il controllo della vescica. Il piscio impregna gli abiti e poi forma sotto di lui una pozza. Un po’ di merda esce dal culo.

Il tremito si calma, il mondo svanisce.

 

*

 

Raoul controlla che nessuno lo segua e raggiunge la casa dove lo attende Joscelin.

- Ho fatto tutto.

- Perfetto. Qui c’è il manoscritto che devi nascondere nella stanza di Emich.

Raoul prende il mano l’involto.

- È piuttosto voluminoso.

- Hanno fatto un buon lavoro. Jules Randonnay è già alla locanda. Dopo aver messo il manoscritto nella camera di Emich, farai un cenno a Randonnay, che avviserà il vescovo. Dopo di che fotterai ancora una volta il ragazzo, ma devi farlo entro mezz’ora, non di più. Poi arrivano i soldati del duca e del vescovo e tu scappi dalla finestra, come concordato. Se per qualche motivo non fosse possibile, lascia perdere e vattene. L’essenziale è il manoscritto.

Raoul annuisce.

 

Raoul esce dalla casa e si dirige alla locanda della Luna Piena. Sa bene che le prossime ore saranno le più pericolose. Hugues morirà tra poco, forse è già morto. I sospetti ricadranno subito su Amaury, da cui Hugues ha mangiato e trascorso alcune ore. Non vedendolo tornare, Amaury a sua volta sospetterà di lui e lo farà cercare. Ma per quel momento Raoul conta di essere scomparso.

Anche qui alla locanda ci sono dei rischi. Difficile che qualcuno si accorga della sua manovra con il manoscritto. Ma la scopata con Riccardo è più problematica. Se non riuscisse a scappare quando arrivano le guardie? Se lo fermassero? Raoul si dice che il piano è assurdo e lo espone a rischi inutili. Sta meditando di dire che non si è presentata l’occasione e che ha dovuto lasciar perdere. Anche Joscelin ha detto che non è la parte più importante.

 

Nella borsa a tracolla Raoul ha il manoscritto che deve mettere nella camera di Emich.

A uno dei tavoli siede Jules Randonnay, l’uomo inviato dal vescovo.

È l’ora di cena e, come previsto, Riccardo mangia al tavolo con suo zio ed Emich.

Raoul ordina da mangiare, poi finge di dover andare al cesso.

Ha soggiornato nella locanda e sa come muoversi. Raggiunge rapidamente la camera di Emich, apre la porta con la chiave che si è procurato e infila il manoscritto nella cassapanca, sotto i capi di vestiario di Emich.

Poi ritorna nella sala: ha fatto tutto in pochi minuti, senza che nessuno lo vedesse. Fa un cenno a Jules Randonnay.

Passando vicino al tavolo di Riccardo, il ragazzo gli sorride. Raoul ricambia il sorriso. Una rapida scopata appena ha finito di mangiare. E poi, all’arrivo delle guardie, Raoul scomparirà nel nulla. I suoi compiti li ha svolti, il padrone può essere soddisfatto di lui.

Jules Randonnay si alza ed esce.

 

*

 

A Morqos non è sfuggito il cenno di Raoul. Da quando ha visto Jules Randonnay, lo tiene d’occhio: sa che è uno degli uomini al servizio del vescovo e la sua presenza nella locanda lo ha immediatamente reso sospettoso. All’arrivo di Raoul è diventato ancora più diffidente. Si è chiesto se i due uomini si trovavano casualmente entrambi nella taverna. Il cenno di Raoul ha fugato ogni dubbio.

Raoul è rientrato dopo essere uscito dalla porta verso il cortile. Potrebbe essere andato al cesso, ma Raoul conosce la casa, ha soggiornato nella locanda. Il cenno indicava che qualche cosa è stato fatto.

Morqos è alquanto preoccupato, anche se nessuno potrebbe accorgersene: Morqos è abituato a non lasciar trapelare nulla di ciò che prova.

Morqos aspetta che Tristan sia rientrato in cucina e lo segue.

- Tristan, si sta preparando qualche cosa di brutto. C’era un uomo del vescovo qui, questa sera, quello che era al tavolo dopo la finestra piccola. E c’è Robert, l’uomo biondo che siede al tavolo con Riccardo ed era già stato qui qualche giorno tempo fa. Robert è un uomo pericoloso. Ha fatto un cenno all’uomo del vescovo, che è uscito. Non so che cosa ha combinato Robert, ma niente di buono. Quando sono arrivati?

- L’uomo del vescovo da un’oretta, l’altro da venti minuti, forse.

- Sono sempre rimasti ai loro tavoli, a parte Robert poco fa?

Tristan riflette un attimo.

- Sì, direi di sì.

Morqos annuisce.

- Tristan, sali in camera di Emich e verifica che nessuno abbia messo qualche cosa di compromettente, nascondendolo. Io tengo sotto controllo la situazione.

Morqos rientra nella sala. Giovanni se n’è andato. Riccardo indugia al tavolo, chiacchierando con Emich e ogni tanto lancia un’occhiata in direzione di Raoul, che ricambia il suo sguardo.

Tristan torna dopo pochi minuti. È tranquillo. Morqos gli fa un cenno e gli ordina da bere. Quando gli porta il vino, Tristan gli sussurra:

- C’era un plico di carte, che di sicuro non sono di Emich.

- Bisogna farlo sparire.

- Già fatto. Nessuno può trovarlo.

- Sicuro? Lo cercheranno dappertutto, anche in altre camere.

- Sicuro.

Emich si alza. Morqos dice:

- Digli di fare ancora un controllo.

Tristan annuisce e se ne va.

 

Morqos entra nella sala. Intende recarsi dal duca, ma vede Riccardo parlare con Raoul. Il manoscritto è stato nascosto perché qualcuno lo trovasse, questa sera stessa: domani Emich potrebbe accorgersi che tra le sue cose è stato messo un manoscritto. Questo vuol dire che in serata ci sarà una perquisizione, con qualche scusa. Se Riccardo venisse sorpreso con Raoul…

Morqos è arrivato al tavolo dove Raoul siede con Riccardo.

- Riccardo, tuo zio ti vuole parlare.

 

*

 

Riccardo è stupito: lo zio era con lui a tavola nemmeno dieci minuti fa. Come mai lo zio lo chiama? Si rivolge a Robert:

- Torno appena posso.

Robert annuisce.

Morqos lo accompagna. Anche questo lascia perplesso Riccardo: di certo non ha bisogno che Morqos gli indichi la strada!

Appena sono nel cortile, Morqos gli fa cenno di entrare nel magazzino.

- Riccardo, ascoltami bene. Questa sera arriveranno dei soldati. Non posso spiegarti adesso perché e come lo so, fidati. Quel Robert sta combinando qualche cosa di losco, lo so con certezza. Se ti beccano a scopare con lui, finisci in prigione come peccatore.

Riccardo rimane a bocca aperta. Sa che a Rougegarde il duca non lascia al vescovo mano libera nei processi, ma essere sorpresi avrebbe comunque conseguenze gravi.

Morqos prosegue:

- Io ti consiglio di non tornare da lui. E in ogni caso non scopare con nessuno nelle prossime ore.

Morqos ride e aggiunge:

- Se poi proprio sei in crisi, lo facciamo quando i soldati se ne saranno andati.

Ritorna serio e conclude:

- Non sto scherzando, Riccardo.

Riccardo ha capito benissimo che il pericolo è reale. L’idea di scopare con Robert gli piaceva, parecchio, ma se la situazione è quella che descrive Morqos, non è proprio il caso di correre rischi.

- Ho capito, Morqos. Raggiungo lo zio ed eviterò di farmi vedere in giro in serata. Poi però domani mi spieghi.

 

Raoul vede che Riccardo non torna. L’ultima parte del piano andrà a monte, ma è la meno importante. A Raoul non spiace: era troppo pericolosa. C’era il rischio che le guardie lo bloccassero. Meglio così. L’idea era stupida. Molto meglio così.

Raoul paga ed esce.

 

*

 

Il vescovo ha richiesto un colloquio urgente con il duca, che lo ha ricevuto immediatamente.

- Duca, vengo a chiedere il vostro intervento per estirpare l’eresia da questa terra benedetta dal sangue di Cristo.

- Ditemi, eccellenza.

- So con certezza che Emich di Freiburg ha scritto le sue tesi eretiche e che ha mostrato il volume ad alcuni ospiti della locanda. L’ha fatto vedere oggi, per cui sono certo che ha con sé il manoscritto. Se interveniamo immediatamente, prima che lo possa far sparire, avremo le prove che cerchiamo. 

Bohémond sa benissimo che il duca non cerca nessuna prova, ma finge di credere che Denis d’Aguilard sia interessato quanto lui alla lotta contro l’eresia.

- Va bene. Visto che me lo chiedete, invierò alcuni soldati a controllare.

- Ho condotto con me alcuni uomini che potranno affiancare le vostre guardie.

Bohémond di Tours sa bene che una simile procedura esula da quella che è la prassi, ma vuole essere sicuro che il duca non faccia scomparire il manoscritto. Purtroppo gli uomini di Denis d’Aguilard tendono a obbedire ciecamente al loro signore e non sono facilmente corrompibili.

Il duca appare sorpreso e anche leggermente irritato.

- I vostri uomini? La giurisdizione civile…

In quel momento la duchessa Maria entra nella sala.

- Buona sera, eccellenza.

- Buona sera, principessa.

- Perdonatemi, eccellenza. Mi scuso se interrompo il vostro colloquio. Ho bisogno di parlare con il duca. È una comunicazione breve, ve lo rendo tra pochi minuti, ma è urgente.

 

*

 

Denis d’Aguilard è sorpreso della richiesta, del tutto insolita, di Maria. Se non la vedesse serena, penserebbe a qualche problema di salute del piccolo Pierre. L’interruzione non gli dispiace. Ne approfitterà per riflettere un attimo sul da farsi. Sta pensando che potrebbe dire a Nicolas di mandare un uomo fidato ad avvisare Morqos, ma appena passano nella stanza a fianco, Denis si trova di fronte proprio Nicolas.

- Scusate, duca. Avevo bisogno di parlarvi senza che il vescovo mi vedesse e la principessa si è prestata.

Maria sorride e si ritira.

- Alla locanda della Luna Piena c’è quel Raoul di cui abbiamo parlato oltre un mese fa, il soldato che faceva parte della guardia del conte d’Espinel. Poco fa ha nascosto un manoscritto nella camera di Emich di Freiburg. Morqos ha provveduto a farlo sparire e a far controllare che non ci sia altro materiale. Tutto è a posto. Quando Morqos mi ha parlato, sapendo che il vescovo era a colloquio con voi, ho pensato che fosse opportuno avvisarvi subito.

- Ottimo, Nicolas, un’ottima mossa.

Denis rientra nella sala.

- Scusate l’interruzione, eccellenza. Come dicevo prima, non rientra nella prassi che gli uomini dell’autorità religiosa partecipino alla perquisizione di una locanda. Lo permetto questa volta, in via del tutto eccezionale, perché vedo che siete sicuro di quello che mi dite e desiderate che le ricerche vengano fatte con la massima cura. I vostri uomini accompagneranno i miei, ma non voglio nessuna prepotenza, né verbale, né tanto meno nei comportamenti. La perquisizione sarà condotta dai miei uomini e i vostri potranno solo assistere.

Denis non attende una risposta. Sa che per il vescovo è sufficiente poter controllare che la testimonianza non venga sottratta.

 

*

 

Nicolas guida gli uomini del duca e quelli del vescovo alla locanda. Ci sono diversi avventori, che guardano stupiti: è la prima volta che nella locanda della Luna Piena vi è un intervento degli uomini del duca.

Nicolas dice:

- Ci scusiamo per il disturbo arrecato, ma il vescovo ha ricevuto una segnalazione e dobbiamo perquisire la locanda.

Mariette fa un cenno della testa e risponde:

- Non so proprio che cosa possiate cercare, ma siamo a vostra completa disposizione.

 

Ogni uomo del vescovo è accompagnato da un soldato del duca: tutte le camere vengono controllate. In quella di Emich entrano due uomini del vescovo, Nicolas e un soldato del duca.

Emich si alza. Appare stupito.

- Che cosa desiderate?

- Perdonate questa intrusione, ma al vescovo sono giunte voci allarmanti. Dobbiamo controllare la vostra camera.

Emich allarga le braccia:

- Frugate ovunque. Non ho niente da nascondere.

La perquisizione è molto attenta. I soldati battono anche sul pavimento e sulle pareti per accertarsi che non ci siano nascondigli segreti. Gli unici fogli scritti sono sul tavolo. Uno degli uomini del vescovo li prende. Nicolas li guarda e dà un’occhiata:

- Fiabe?

Emich risponde:

- Sì, scrivo vecchie fiabe dei saraceni. Il duca è tanto buono da acquistarne qualcuna.

- Le prendiamo con noi, ma ve le renderemo.

 

*

 

Hugues d’Arbert, conte di Cesarea, è stato trovato morto nel palazzo del duca di Rougegarde, dove era ospite.

Di questa morte improvvisa si parla molto: Hugues godeva di ottima salute. Probabilmente si tratta di avvelenamento. Hugues è stato invitato a un banchetto da Amaury di Rochenoire. È stato male poco dopo essere tornato al palazzo. Amaury e Hugues erano amici, ma Hugues aveva ottenuto Cesarea, a cui certamente aspirava anche Amaury. Adesso che Hugues è morto, senza eredi, Cesarea è nuovamente senza signore e andrà assegnata a qualcun altro.

Al banchetto tutti hanno mangiato e bevuto gli stessi cibi. Ma chi può dire che un servitore non abbia versato del veleno nella coppa di Hugues senza che nessuno se ne accorgesse? E in ogni caso dopo il pasto, Hugues e Amaury si sono appartati: Amaury potrebbe aver offerto di nuovo da bere, certamente lo ha fatto.

Amaury non è di Rougegarde, vi si è stabilito da poco tempo. È un cavaliere coraggioso, ma l’ambizione può accecare chiunque.

 

*

 

Amaury sa bene che la sua vita è in pericolo. Il re potrebbe farlo arrestare. Se l’accusa di veneficio si concretizzerà, Amaury sarà sicuramente messo in carcere.

Amaury vorrebbe pensare che Hugues non è stato avvelenato e che, se invece lo è stato, questo non è avvenuto a casa sua, ma la scomparsa di Robert non lascia molti dubbi. È stato lui. Come e perché?

In che modo Robert possa aver avvelenato Hugues, Amaury non può saperlo, ma può fare qualche ipotesi. La più probabile è che abbia versato un veleno a lento effetto nella coppa che Hugues ha bevuto dopo il mass. Sul perché, non ci sono dubbi: qualcuno l’ha convinto a farlo. Amaury non si stupirebbe che Robert si sia fatto assumere proprio per avvelenare Hugues e far ricadere la colpa su Amaury stesso.

Hugues è stato ucciso perché era diventato il signore di Cesarea. Facendo ricadere la colpa dell’omicidio su di lui, Amaury, la strada per Cesarea è stata spianata per qualcun altro, il mandante di questo assassinio. Chi? Amaury pensa a Renaud di San Giacomo d’Afrin, che ha sposato la figlia del precedente conte di Cesarea. Ma non è l’unica possibilità.

Per discolparsi, Amaury dovrebbe consegnare Robert: sotto tortura probabilmente l’uomo confesserebbe chi lo ha mandato. Ma Robert è scomparso nel nulla. Dove può essersi nascosto?

Amaury è di fronte a una scelta. Ci sono solo due possibilità: rimanere, cercando di discolparsi e dimostrare la propria innocenza, oppure fuggire. Rimanendo, Amaury rischia di essere imprigionato, torturato e poi giustiziato pubblicamente per veneficio. Fuggendo perde tutto ciò che è riuscito a ottenere in anni di battaglie: può pensare di portare con sé solo poche cose.

 

Amaury sta ancora cercando di decidere il da farsi, quando un servitore gli annuncia che il duca di Rougegarde gli vuole parlare con urgenza.

Amaury si dirige al palazzo ducale. Si chiede se il duca voglia farlo arrestare.

- Buongiorno, duca.

- Buongiorno, cavaliere. Ho chiesto di parlarvi in relazione alla morte del conte Hugues di Cesarea. So che ieri, prima di morire, è stato vostro ospite e che si è sentito male tornando qui al suo appartamento. Si sospetta un veneficio.

Amaury guarda Denis di Rougegarde. Potrebbe proclamare la propria innocenza, senza parlare di Robert. Ma interrogando i suoi servitori il duca non faticherà a scoprire che il conte si è fatto fare un mass e che Robert è scomparso.

La verità appare l’unica strada percorribile.

- Temo che di questo si tratti, duca. Un mio servitore, un uomo che avevo preso al mio servizio da poco, è scomparso ieri pomeriggio. Aveva fatto un mass al conte. Ha avuto modo di avvelenare la coppa da cui il conte ha bevuto, se l’avvelenamento è avvenuto in questo modo.

Denis d’Aguilard annuisce.

- Vi credo, Amaury, perché vi conosco. Credo che qualcuno abbia deciso di eliminare il conte e di far ricadere la colpa su di voi, nella speranza di poter mettere le mani su Cesarea. Ma non sono sicuro che il re vi crederà e non sono sicuro che il re mi ascolti, essendo io in questo momento in disgrazia. Temo anzi che se intercedessi a vostro favore, sarebbe controproducente.

- Duca, mi rendo conto che la mia situazione appare senza uscite. Mi sono chiesto se non fuggire: qui rischio una condanna ingiusta. 

- Una fuga è il riconoscimento di una colpa che non avete commesso, ma mi chiedo se esista un’altra via. L’unica sarebbe ritrovare questo Robert e costringerlo a confessare, ma è scomparso e sicuramente chi ha organizzato il tutto ha preso le sue precauzioni perché non venga ritrovato e non possa parlare.

- Voi mi consigliate quindi di fuggire, duca?

- È la soluzione meno rischiosa, ma solo voi potete prendere questa decisione.

- Ci ho pensato a lungo e credo anch’io che sia più saggio. Ma andarmene di nascosto significa perdere tutto quello che ho e ricominciare da capo altrove.

- Se scegliete questa strada, posso aiutarvi. Farò sequestrare i vostri beni e provvederò a metterli in vendita. Vi farò avere il ricavato.

- La vostra proposta è molto generosa, duca.

 

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- Hugues avvelenato. Porcoddio, chi l’avrebbe mai detto. Combattere e rischiare la pelle ogni giorno, per poi finire avvelenato quando non te l’aspetti.

- Sì, Ferdinando, ormai è sicuro che sia andata così.

- Credi che sia stato Amaury?

- No, l’escludo. Ma è stato un suo uomo, Robert, quello che faceva i mass.

- Robert? Cioè Raoul?! Oh, cazzo!

- Perché lo hai chiamato Raoul?

- È il suo vero nome, era al servizio del conte d’Espinel. Mi ha raccontato che il conte lo ha consegnato ai saraceni e che è stato schiavo due anni.

Denis chiede e Ferdinando spiega, concludendo:

- Sono stato un coglione a dargli fiducia, Denis, ma non ho proprio sospettato. Porcoddio, quel bastardo mi ha fottuto proprio bene.

- Evidentemente hanno ammazzato Junayd e Raoul si è fatto assumere al suo posto per poter assassinare Hugues e far ricadere i sospetti su Amaury.

- Bisogna rivelare al re la verità.

- Quale verità, Ferdinando? L’unica cosa che sappiamo è che Raoul è scomparso, ma solo trovandolo potremmo stabilire chi gli ha dato l’ordine di uccidere Hugues. E non credo che lo troveremo.

- Perché dici questo?

- Secondo me è già stato ucciso da chi ha organizzato il tutto.

- Chi è il colpevole? Denis, voi lo sapete.

- Lo sospetto e credo sia quello che sospettate anche voi, Ferdinando. Chi ancora si illude di mettere le mani su Cesarea perché ha sposato la figlia del precedente signore. Ma non ho nessun elemento a sostegno delle mie congetture.

- Se troviamo Raoul…

- Non lo troveremo, Ferdinando.

 

*

 

- Un messaggio da parte del duca.

Bohémond di Tours apre la lettera.

Il duca ha bisogno di parlargli e lo invita a presentarsi al palazzo. A una persona inesperta il messaggio potrebbe apparire cortese, ma non lo è, per niente. Se il duca ha bisogno di parlare con il vescovo, tocca al duca muoversi: l’autorità temporale e quella religiosa godono di pari dignità, per cui è il duca che dovrebbe recarsi al palazzo del vescovo se vuole parlargli. Invece lo convoca come farebbe con un suo dipendente!

Bohémond farebbe volentieri a meno di questo colloquio, ma sarebbe una grave scortesia nei confronti del duca e Bohémond non è nelle condizioni per permettersi un comportamento poco rispettoso: le sue accuse contro Emich non hanno avuto nessun riscontro ed è meglio non irritare ulteriormente il duca.

Denis di Rougegarde è in disgrazia, ma il vescovo sa bene che re Amalrico prepara una nuova spedizione in Egitto. Il duca è un guerriero valoroso e il più temuto di tutti i signori franchi: il re non può fare a meno di lui. Con ogni probabilità il favore del re gli sarà presto reso.

Bohémond si presenta al palazzo ducale.

- Buongiorno, eccellenza. Vi ringrazio per aver risposto con sollecitudine alla mia chiamata.

Bohémond nota che la frase è cortese solo nella forma: il duca lo ringrazia per la sollecitudine, non per essersi presentato. Dà per scontato che il vescovo non potesse sottrarsi all’invito. Bohémond freme, ma sa che il fallimento del piano lo ha messo in una posizione difficile. E in effetti il duca prosegue il suo discorso:

- Dopo quanto è avvenuto, ho ritenuto necessario parlarvi.

- Ditemi, duca.

- La vostra avversione per Emich di Freiburg ha creato una situazione molto spiacevole, per ben due volte.

- Ma, duca…

Denis di Rougegarde ferma il vescovo con un gesto.

- Lasciatemi dire. Prima c’è stata un’accusa lanciata da un servitore licenziato, un soldato noto per il suo pessimo carattere, che è stato giustiziato in Egitto per aver ucciso un altro soldato. Omicidio avvenuto dopo un litigio per una donna che questo Roussel aveva stuprato. Sull’attendibilità di questo personaggio non credo che occorra dire altro.

Bohémond non dice nulla. Non può certo negare. Denis prosegue:

- Poi c’è stata questa nuova denuncia. Ho agito immediatamente, nonostante i miei dubbi, perché mi avete parlato di prove certe, di un manoscritto, testimonianza inequivocabile di una predicazione eretica, che volevo estirpare. Sapete bene che evito qualunque vessazione nei confronti dei cittadini: i colpevoli vanno puniti, i sudditi leali non devono subire soprusi. Perquisire una locanda senza aver prima raccolto e vagliato le testimonianze non è una procedura corretta. Ma in questo caso, su vostra richiesta, avendomi voi garantito che avremmo trovato il manoscritto e che esso era stato visto da testimoni insospettabili, ho accolto la vostra richiesta, permettendo, contrariamente a quanto è norma a Rougegarde, che i vostri uomini partecipassero alla perquisizione.

Bohémond ormai è pentito di essere venuto. Prova a dire:

- Mi avevano garantito, duca, di aver visto il manoscritto. Emich stesso lo aveva mostrato.

C’è una smorfia ironica nella risposta del duca:

- Certo!

Poi Denis d’Aguilard riprende:

- Non è stato trovato nulla, assolutamente nulla. Un uomo afferma di aver ascoltato nella locanda discorsi eretici da parte di Emich. Ma quest’uomo è sconosciuto non solo alle locandiere, che potrebbero forse mentire per difendere la loro stessa posizione, ma anche agli altri avventori. Nessuno lo ha mai visto parlare con Emich di Freiburg. Messo a confronto con i clienti della locanda, non ha saputo riconoscere nessuno ed è più volte caduto in contraddizione rispetto a quando e dove Emich gli avrebbe mostrato il manoscritto. Alla fine ha ritrattato, dicendo di essersi confuso.

Bohémond sa benissimo che il suo uomo non ha potuto sostenere il suo ruolo di fronte alla mancanza di qualsiasi prova. Denis d’Aguilard non ha concluso. Continua:

- Nessuna testimonianza, nessuna prova, neanche un foglio.

- Mi spiace, duca. Evidentemente il manoscritto è nascosto altrove.

- Esiste questo manoscritto, eminenza? Vi sembra verosimile che Emich di Freiburg abbia fatto vedere a uno sconosciuto un manoscritto contenente idee eretiche?

- Sono sicuro che esiste.

Il duca guarda Bohémond.

- Perché siete così sicuro della testimonianza di un uomo che nessuno ha mai visto nella locanda?

Bohémond non può certo rispondere che il manoscritto è stato vergato da uno dei chierici al suo servizio. Tace, rammaricandosi nuovamente di essere venuto.

- Eccellenza, vi prego di essere più cauto in futuro nell’accusare i cittadini. Non voglio più sentire accuse prive di qualsiasi fondamento.

Bohémond è esasperato, ma sa che non ha spazio di manovra.

- Purtroppo gli eretici possono contare sull’aiuto delle forze infernali.

La frase potrebbe anche essere intesa come una velata accusa rivolta al duca. Bohémond sospetta che in qualche modo sia stato un uomo del duca a far sparire il manoscritto.

Il vescovo aggiunge:

- Ascolterò il vostro avvertimento, duca.

 

*

 

Raoul è stufo di rimanere nascosto. Sono tre giorni che si trova nella casa in cui Junyad gli ha insegnato a fare i massaggi, senza mai uscire, senza nemmeno affacciarsi in giardino.

Joscelin arriva a notte fonda.

- Infine! Credevo che non venissi più!

- Non voglio che mi vedano entrare. Nessuno deve sospettare che tu ti nascondi qui.

- Non ne posso più di rimanere chiuso qui dentro.

- Non ti preoccupare. Questa notte stessa uscirai di qui.

Raoul sorride.

- Non ci speravo più. Per me possiamo andarcene anche subito.

- No, bisogna aspettare ancora. La ronda passerà di qui tra non molto. Non dobbiamo incontrare nessuno. Prenderemo uno dei cunicoli sotterranei e potrai uscire dalla città e ritornare a San Giacomo d’Afrin. Ma c’è tempo per questo. Che ne diresti se prima di separarci per qualche giorno, ci divertissimo insieme ancora una volta?

Raoul annuisce.

- Mi sembra un’ottima idea. Ma tu non vieni via?

- No, io devo rimanere ancora qualche giorno a controllare la situazione in città, per capire che aria tira. Amaury è fuggito, scomparso nel nulla. Ma il duca sta facendo indagini.

Mentre racconta, Joscelin ha incominciato a spogliarsi. Non dice a Raoul che è stato riconosciuto e che il duca ha affidato l’incarico di cercarlo ad alcuni uomini che lo hanno conosciuto. Raoul ormai non potrà più essere utilizzato in altre missioni.

Joscelin posa le armi e gli abiti sul tavolo. Raoul lo imita.

- Appoggiati al tavolo, che mi gusto il tuo culo. Mi mancherà.

- A me mancherà il tuo cazzo.

Joscelin ride.

Raoul si china in avanti, appoggiando le braccia sul tavolo. Joscelin gli si avvicina da dietro e gli sputa sul buco del culo. Sparge un po’ la saliva, poi si appoggia su Raoul, avvicina la cappella all’apertura e lentamente lo infilza. Poi, quando è giunto al fondo, incomincia a muoversi ritmicamente.

Raoul chiude gli occhi. È bellissimo sentire questo spiedo rovente che affonda nel suo culo e poi si ritrae. Raoul geme, più volte, mentre il cazzo di Joscelin penetra a fondo dentro di lui e poi si ritrae fino a uscire. Joscelin affonda di nuovo l’arma e riprende a fottere.

Raoul sente il piacere salire e infine debordare.

Il movimento con cui Joscelin prende il pugnale e colpisce è rapidissimo. Prima che Raoul abbia capito, la lama gli squarcia il ventre. Raoul emette un grido strozzato. Joscelin estrae il pugnale e colpisce una seconda volta, più in basso.

- Merda!

Raoul boccheggia, mentre gli sembra che un fuoco gli incendi le viscere. Joscelin toglie l’arma e riprende a fotterlo.

- Mi spiace, Raoul, ma ho avuto l’ordine di farlo. Non possiamo lasciarti vivo. Ti hanno riconosciuto.

Raoul vede il mondo svanire. Mormora ancora:

- Bastardo!

Joscelin ride.

- Ti ho fatto godere un’ultima volta e così mi ringrazi?

Quando infine Joscelin sente il piacere travolgerlo, taglia la gola a Raoul. Un ultimo gorgoglio, mentre le spinte si affievoliscono.

 

Senza rivestirsi, Joscelin si carica il cadavere in spalla e apre la porta. In fondo al corridoio posa il corpo e solleva la lastra di copertura di un pozzo nero, lo stesso in cui marcisce il cadavere di Junayd. Fa scivolare Raoul all’interno e richiude l’apertura. Poi torna nella stanza, si pulisce con la camicia di Raoul e si riveste.

Raoul era un buon compagno di lavoro e aveva un bel culo, ma ormai era diventato inutile e se l’avessero trovato, sotto tortura avrebbe finito per raccontare ciò che sapeva. Ucciderlo era il mezzo più sicuro per garantirsi che non potesse dire la verità.

 

*

 

Renaud è giunto ad Ascalona e ha chiesto un colloquio con il conte. Raimondo di Ascalona lo ha ricevuto subito, dimostrandosi cortese.

Dopo i saluti di circostanza, Renaud affronta l’argomento che gli sta a cuore: sarebbe inutile fingere di essere passato da Ascalona per caso: la città è alquanto lontana dai suoi territori. Renaud è venuto con uno scopo ben preciso.

- Conte, vostra figlia Yseut è rimasta vedova e anch’io ho perso mia moglie. Per entrambi il lutto è troppo recente perché possiamo pensare di convolare a nozze entro un breve tempo, ma dobbiamo pensare al futuro. Cesarea non ha più un signore ed è minacciata dai saraceni e in particolare dal condottiero che chiamano il Circasso. Yseut è divenuta signora di Cesarea attraverso il matrimonio. Mio figlio è l’erede naturale del conte Philippe, il precedente signore.

Renaud si interrompe. La conclusione del discorso è chiara, ormai, ma il conte non dice nulla.

Renaud riprende.

- Cesarea è una preda ambita e certamente altri la chiederanno, togliendo a vostra figlia la signoria della contea. Ma un matrimonio tra il barone di San Giacomo d’Afrin, padre dell’erede di Cesarea, e vostra figlia, garantirebbe i diritti di tutti.

Il conte di Cesarea sembra perplesso.

- Vi ringrazio per la vostra proposta. Come avete detto, per entrambi il lutto è troppo recente. Questo mi darà il tempo di riflettere e di parlare con mia figlia, da cui contavo di recarmi.

Renaud sa benissimo che Raimondo d’Ascalona potrebbe ambire a mettere le mani su Cesarea, proponendosi come governatore della città. Ma l’unico suo titolo sarebbe quello di suocero del defunto signore e Ascalona è alquanto lontana da Cesarea: difficile reggere entrambe le città.

 

*

 

Denis di Rougegarde riceve il messaggero del conte di Ascalona, che è in viaggio per Cesarea.

Denis è stupito che il conte gli abbia inviato un messaggio, ma come sempre quando si tratta di politica, non lascia trapelare nulla di ciò che prova.

L’uomo gli ha detto che attenderà una risposta. Denis lascia la sala delle udienze e passa in un locale che usa come studio. Legge la lettera del conte due volte, poi verga un breve messaggio, lo ripiega e lo sigilla.

Denis fa chiamare Nicolas.

- Nicolas, partirai con il messaggero. Domani mattina tornerai qui per accompagnare il conte di Ascalona. Nessuno deve sapere che il conte viene qui. Scegli sei uomini in grado di tenere la bocca chiusa. Nessuno dovrà mai saperne nulla, neanche dopo.

Denis consegna la risposta al messaggero e gli dice che sarà accompagnato dal capo della sua guardia personale e da alcuni soldati. L’uomo non sembra stupito: Raimondo di Ascalona deve averlo informato almeno in parte del contenuto della missiva.

Denis si chiede che cosa possa volere il conte da lui per chiedergli un incontro segreto. Lo scoprirà domani.

 

Il giorno seguente Raimondo di Ascalona giunge a Rougegarde, accompagnato da Nicolas e dai soldati del duca. È un uomo di quasi sessant’anni, con i capelli bianchi, ma appare vigoroso.

Dopo i saluti, il conte di Ascalona affronta direttamente l’argomento.

- Il barone Renaud è venuto a parlarmi. Mi ha chiesto di dargli in moglie Yseut, quando per entrambi sarà finito il periodo di lutto.

Denis annuisce. Il conte riprende:

- La richiesta non vi stupisce, duca, vero?

- No, per nulla. Il barone non ha mai nascosto il suo interesse per Cesarea, avendo sposato la figlia del conte Philippe, che gli ha dato un erede.

- Esattamente. Ho chiesto questo colloquio per porvi una domanda.

Denis non capisce di che cosa possa trattarsi.

- Ditemi.

- Che cosa sapete della morte di mio genero?

Denis è sorpreso. Raimondo prosegue:

- Non sto parlando di ciò che tutti sanno, dell’accusa di veneficio rivolta ad Amaury e della sua fuga che sembra confermare i sospetti. L’omicidio è avvenuto nel vostro ducato e probabilmente su quanto è avvenuto vi siete fatto delle idee.

- Sì, conte. Ma sono solo supposizioni. Non ho certezze e quello che so con sicurezza è ciò che è noto a tutti.

- Duca, vi conosco e so che siete un uomo leale. Se me lo consentite, vi porrò alcune domande.

- Chiedetemi.

- Ritenete Amaury di Rochenoire colpevole della morte di mio genero?

- No, lo escludo, anche se non ho prove della sua innocenza.

- Le prove mi interessano poco. Ho avuto modo di apprezzare la vostra intelligenza e so che se siete sicuro di ciò che dite, è così.

- Vi ringrazio per la fiducia.

- Ritenete che Hugues sia stato avvelenato a casa di Amaury?

- Sì, sicuramente. A opera di un uomo che si chiama Raoul, ma che si era presentato come Robert. Faceva parte della guardia personale del conte d’Espinel, diceva di essere stato prigioniero dei saraceni ed era stato assunto da poco da Amaury.

- Che ne è di lui?

- È scomparso nel nulla. Potrebbe essere fuggito, ma ritengo che sia stato assassinato perché non potesse rivelare chi gli aveva affidato il compito di uccidere il conte.

Raimondo riflette un momento. Poi chiede:

- Duca, voi avete dei sospetti, non lo negate.

Denis sorride.

- Non lo nego, ma, come avete detto, sono sospetti, niente di più.

- Vi chiedo di condividerli. Vi garantisco che non ne parlerò a nessuno.

Denis si chiede se è il caso di raccontare ciò che sa. Sa che Raimondo di Ascalona è un uomo di cui si può fidare. Decide di farlo.

- Incomincio dalla morte di Philippe di Cesarea.

Raimondo di Ascalona non nasconde il suo stupore. Come tutti, ha molti dubbi sulla morte di Hugues, ma non aveva minimamente pensato a un collegamento tra l’assassinio del genero e quello di Philippe di Cesarea.

 

*

 

Raimondo di Ascalona ha ascoltato con attenzione tutto il discorso di Denis. I pezzi vanno al loro posto. Il sospetto che lo ha sfiorato quando Renaud è venuto a parlargli è divenuto una certezza. E anche la morte di Philippe di Cesarea si rivela parte di un piano ideato per ottenere il controllo della città.

- Vi ringrazio, duca. Nessuno saprà mai ciò che mi avete detto. Io vado a Cesarea. Di lì raggiungerò Gerusalemme, prima di tornare ad Ascalona.

 

Raimondo di Ascalona è a colloquio con il re. Ha chiesto che nessun altro fosse presente: anche alla corte di Amalrico v’è chi tesse intrighi e Cesarea è un boccone ghiotto.

- Sire, ho chiesto di parlarvi senza testimoni, perché gli ultimi due signori di Cesarea sono morti assassinati e vorrei proteggere mia figlia.

Amalrico non nasconde la sua sorpresa. Anche lui, come Raimondo, non ha mai collegato la morte di Philippe di Cesarea a Damasco con quella di Hugues d’Arbert.

- Ditemi, conte.

- Mia figlia, vedova di Hugues di Cesarea è incinta. Se nascerà un maschio, sarà lui l'erede.

La notizie è stata tenuta segreta. Su consiglio del padre, Yseut non ne ha parlato con nessuno.

- Questo cambia completamente la situazione.

- Sì, ma mette a repentaglio la vita di mia figlia e del bambino, posto che sia un maschio.

- Amaury di Rochenoire è fuggito e non può certo pensare di ottenere Cesarea.

- Non credo, malgrado le voci che circolano, che sia stato lui ad avvelenare il conte Hugues ed escludo che abbia ucciso il conte Philippe: avrebbe corso un rischio molto grande, senza nessuna certezza di ottenere il risultato desiderato.

Amalrico appare disorientato, ma conosce Raimondo di Ascalona e sa che non parla a vanvera.

- Se nascerà un figlio maschio, a lui spetta l’eredità di Cesarea. In questo caso ci sarà bisogno di un tutore che sia in grado di difenderlo. Vi proponete voi per questo compito?

- Maestà, Ascalona è troppo lontana da Cesarea perché io possa assumermi questo onere. E sono due realtà del tutto diverse: Ascalona è un porto importante, Cesarea è lontana dal mare e vicina ai territori saraceni. Sulla città incombe la minaccia del Circasso. C’è bisogno di qualcuno che sia in grado di difenderla e di proteggere l’erede legittimo.

- A chi avete pensato?

- Maestà, c’è un unico uomo nel regno che può assumersi questi compiti e svolgerli nel migliore dei modi.

Amalrico lo guarda. Raimondo sa che il re ha capito benissimo.

- E chi sarebbe, secondo voi?

- Il guerriero più temuto dai saraceni, il vostro suddito più leale e il signore più capace del regno di Gerusalemme. Il duca di Rougegarde.

Amalrico annuisce, senza dire niente. Raimondo sa che dopo la spedizione in Egitto il re non ha nascosto la sua irritazione nei confronti di Denis di Rougegarde, ma conosce Amalrico e sa che è un uomo intelligente.

 

*

 

I signori del regno sono stati convocati a Gerusalemme. Si parla della nuova spedizione che è in preparazione.

Tutti si aspettano che il re comunichi anche le sue intenzioni su Cesarea. Circolano voci di una gravidanza di Yseut, ma per il momento non si sa nulla di preciso. Il conte di Ascalona, che sicuramente conosce la situazione, non le conferma e non le smentisce. Qualcuno sospetta che sia solo una manovra del conte per poter governare di fatto Cesarea, qualcuno invece le ritiene fondate.

Re Amalrico ha concluso il suo discorso.

- E adesso voglio comunicare a tutti i signori del regno la decisione che ho preso per quanto riguarda la contea di Cesarea, il cui signore è morto, come tutti voi sapete. La vedova attende un figlio. Se sarà un maschio è l’erede legittimo del conte Hugues. La città ha bisogno di un reggente.

Nella sala si crea un silenzio assoluto. Amalrico guarda Denis e dice:

- Duca di Rougegarde, vi nomino reggente per la contea di Cesarea. So che difenderete la città e il suo erede.

Il re ha finito il suo discorso. Denis è rimasto senza parole: non si aspettava la scelta del re. Si inchina e ringrazia, mentre nella sala tutti incominciano a parlare.

Denis non è felice di questo incarico, che sarà alquanto gravoso, ma non può sottrarsi. L’unico elemento positivo è che ha riottenuto il favore del re e questo è importante, nel complesso gioco di intrighi che si svolge a corte e a Rougegarde. Inoltre, se dovranno affrontare il Circasso, potrà contare sulle truppe di Rougegarde e di Cesarea.

 

*

 

L’inaugurazione della cattedrale di San Giacomo d’Afrin e il battesimo di Philippe, figlio del barone Renaud, richiamano una grande folla: tutta la città vuole assistere alle solenni cerimonie, celebrate con grande sfarzo e accompagnate dal rogo di un sodomita, un contadino sorpreso in una locanda con un ragazzo che è riuscito a fuggire. I nobili del regno sono stati invitati e molti sono giunti a San Giacomo, accompagnati dalle consorti e da un grande seguito. Per un giorno la città sembra dimenticare anche il timore dei saraceni e del Circasso che minaccia i confini.

Il barone Renaud però non appare contento come ci si potrebbe aspettare, ma di certo è il recente lutto a impedirgli di gioire. Anche il vescovo Bohémond di Tours non sembra raggiante: molti dicono che sia preoccupato per le idee eretiche che circolano a Rougegarde.

 

*

 

Istfan sale sulla terrazza della locanda. Ci sono Tristan, Emich, Sarah e Pierre con i due bambini. Emich e i due sposi salutano Istfan e se ne vanno subito. Tristan se ne stupisce. Gli sembrerebbe poco gentile allontanarsi, come se volesse evitare Istfan, perciò rimane a guardare verso occidente, dove il sole è scomparso da poco e il cielo è ancora chiaro.

Istfan si mette di fianco a Tristan. C’è un lungo momento di silenzio.

- Hai mai amato, Tristan?

Tristan sente dentro di sé una grande tristezza.

- Sì, Istfan.

Tristan non aggiunge altro. L’argomento lo fa soffrire e non è certo a Istfan che si sente di parlare dei suoi amori.

- Io ho amato una volta sola, Tristan.

Tristan non ha voglia di ascoltare Istfan narrargli il suo amore per Mikhael. Non lo incoraggia, ma Istfan non bada al silenzio di Tristan e prosegue:

- Sono stato attratto da Mikhael. Non so come sia avvenuto. Lo curavo e quel corpo nudo mi attraeva. Non era amore. Era un desiderio, bruciante, che mi accecava completamente. Ma è svanito nel nulla.

Tristan sa che dovrebbe dire qualche cosa, ma non trova le parole. Sta male. Vorrebbe andarsene. Si pente di non aver messo in atto il proposito di lasciare la locanda e trasferirsi altrove, come a un certo punto ha pensato di fare. Ma non vedere più Emich e Morqos gli sarebbe pesato moltissimo.

Istfan prosegue:

- Quando Mikhael se n’è andato, mi è sembrato che il mondo intero andasse in pezzi e che la mia vita non avesse più senso. Se non fossi intervenuto tu, non so che cosa avrei fatto. Eppure questo desiderio che mi accecava e mi ha sprofondato nell’inferno è svanito nel nulla.

Tristan fa fatica a parlare, ma deve dire qualche cosa:

- Credo che sia meglio così, per te.

- Sì, lo è.

C’è un silenzio. Tristan è sul punto di dire che deve scendere alla locanda, quando Istfan prosegue:

- Prima di partire… stavo bene insieme a te, Tristan. Mi piaceva parlare con te, anche solo stare seduto vicino a te. Mi sembrava che la tua forza mi proteggesse, sentivo il tuo affetto. Forse erano solo fantasie, perché mi avevi salvato da quell’ubriaco. Ma avevo l’impressione che tu mi volessi bene. Io te ne volevo. Quando mi hanno detto che eri rimasto ferito, mi sono preoccupato. Per fortuna era una cosa da nulla. E poi c’è stato Mikhael. Non mi era mai successo niente del genere.

Tristan tace. Non osa dire nulla, non osa nemmeno muoversi.

- Poi, quando Mikhael se n’è andato, mi sei rimasto vicino. E io sentivo che era bello averti accanto. Sentivo di meno la sofferenza. E poi… Poi ho capito che cosa provavo, davvero.

Tristan si volta a guardare Istfan. Gli sembra impossibile, si dice che deve aver capito male. Istfan sorride, un sorriso incerto, quasi spaventato, e aggiunge:

- Mi vuoi ancora bene, Tristan? Perché io…

Istfan esita un attimo. Si vergogna.

Tristan non trova le parole. Fa un passo verso Istfan e quando sono vicinissimi, lo abbraccia e lo bacia sulla bocca. Solo dopo che si sono baciati, Tristan sussurra:

- Ti amo, Istfan. Ti ho sempre amato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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