II – Acque tranquille

 

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Jean è seduto sulla poltrona di camera sua ed ammira il giardino. Gli alberi si sono infine arresi alla primavera ed accompagnano con le loro foglie il tripudio di colori delle rose.

Jean abbassa lo sguardo e prende dal comodino il plico con i manoscritti di David. Di solito legge in salotto, ma non vuole che il cugino lo veda mentre esamina i suoi racconti. David teme il suo giudizio, anche se quando glieli ha dati lo ha pregato di essere molto sincero e di dirgli onestamente quello che ne pensava. Jean gli ha assicurato che lo farà e che si prenderà il tempo di leggerli, uno per uno, con calma.

Non vuole che il cugino stia in ansia, in attesa di un giudizio: David ha bisogno di calma per scrivere il suo romanzo. La casa, circondata dal giardino, affacciata su una strada tranquilla, è il luogo ideale per lavorare in pace  e la stanza che Jean ha dato a David è ampia ed accogliente. È stata a lungo lo studio di Jean, che poi ha preferito la camera d’angolo, più luminosa.

Come sono i racconti di David? Le luci nella radura, quello uscito sul gazzettino di Chaumont, è un gioiello. Ma gli altri? Aver scritto un piccolo capolavoro non significa che tutto ciò che si scrive sia dello stesso livello.

Se i racconti non sono di buona qualità, sarà più difficile trovare un editore disposto a pubblicarli. Se hanno delle grosse pecche, dovrà parlarne con David, cercando di non ferirlo.

È ora che si metta al lavoro.

Jean apre il primo racconto, L’attesa.

 

*

 

David ha davanti a sé i fogli del romanzo che ha incominciato a scrivere. Quando non riusciva a trovare il tempo per la scrittura, gli sembrava di avere mille idee in testa, ma adesso fa fatica a riprendere. D’altronde negli ultimi mesi è riuscito a lavorare poco e in queste settimane in cui ha avuto tempo a disposizione, si è concentrato sui racconti già conclusi, per rivederli ancora una volta prima di sottoporli a Jean.

Questo è proprio l’elemento che lo distrae. Ha lavorato a lungo su ognuno di essi e gli è anche parso di potersi dichiarare soddisfatto dei risultati. Ma adesso, all’idea che Jean li legga, gli sembrano tutti imperfetti o, peggio, inutili. Che senso hanno le cose che ha scritto? Che senso ha il suo scrivere? Forse farebbe meglio a cercarsi un lavoro in qualche ufficio, in un ministero.

Quando viveva da solo, in una soffitta, al freddo, era sicuro del proprio talento, era disposto ad affrontare qualunque sacrificio pur di poter scrivere. Ora però all’idea che qualcuno leggerà i suoi racconti, le sue sicurezze svaniscono. E se il cugino li troverà scritti male, insignificanti? Non glielo dirà in faccia, no, in queste settimane ha avuto modo di conoscere Jean. È troppo sensibile ed intelligente, troppo generoso. Ma se gli facesse capire che valgono poco?

Non valgono poco. Avranno senza dubbi alcuni difetti, ma se pensa alle prime cose che ha scritto e che poi ha distrutto, si rende conto di aver fatto molta strada. Molta strada… Non significa nulla. Da Parigi a Chaumont c’è molta strada, David lo sa benissimo, le sue gambe non lo hanno dimenticato, ma se la meta è San Pietroburgo, il viaggiatore che è arrivato a Chaumont è ancora lontanissimo dalla destinazione.

David sorride e si dà dell’idiota. Uno scrittore che vuole rinunciare a scrivere per paura del giudizio dei lettori? Non ha senso. Se i racconti valgono poco, è bene che qualcuno glielo dica. E Jean è la persona giusta: non ha motivo per cercare di ferirlo, non vede in lui un rivale. Il suo giudizio non può che essergli utile.

 

*

 

Hanno finito di cenare. Jean ha aspettato a parlare, perché vuole avere il tempo di affrontare l’argomento con tutta la calma necessaria.

- Ho finito di leggere i suoi racconti, David.

Gli legge in faccia l’ansia per il giudizio, perciò prosegue subito:

- Mi lasci dire che sono davvero belli. Tutti, salvo forse uno.

Vede il viso di David aprirsi in un sorriso.

- Non lo dice solo per farmi piacere?

- No, sarei un pessimo amico, se la ingannassi. Valgono molto, sono originali, intensi, scritti molto bene. Lei è davvero bravo.

C’è una tale gioia sul viso di David, che Jean si commuove. Il ragazzo non ha avuto una vita facile e di certo non è abituato ad intascare elogi, anche se se li merita.

In salotto Jean tira fuori i racconti ed incomincia ad analizzarli con David. Spia le reazioni del cugino: non vuole amareggiarlo, per cui se vedrà che reagisce male, si concentrerà solo su un racconto o due. David è molto più sereno rispetto ai primi giorni, ma è spesso triste: meglio procedere con cautela.

David però ascolta con la massima attenzione le osservazioni, ne discute, riconosce i limiti che Jean gli mostra, spiega perché La carrozza non è all’altezza degli altri testi:

- Avevo in mente un racconto di altro genere, centrato sull’enigma della donna velata, ma la presenza dei due faccendieri ha stravolto il tutto. Doveva essere una specie di controcanto, tutto giocato su due livelli, e invece… Sì, ha perfettamente ragione, non vale niente.

Jean ride.

- Non ho detto nulla del genere. Ma ci deve ancora lavorare.

- Lo farò, certamente. Prima mi concentrerò sugli altri, quelli che secondo lei richiedono un lavoro minore, poi valuterò se riesco a portare questo racconto da qualche parte o se faccio meglio a lasciarlo per strada…

David sorride ed aggiunge:

- … che poi per una carrozza è il posto adatto, no?

La battuta di David è una conferma che il suo umore è cambiato. Ottimo!

- Lei è l’autore, tocca a lei valutare.

- Grazie per i consigli, che mi sono davvero preziosi. Ma non mi ha detto niente di Jeanne delle paludi e L'incontro. Sono un disastro?

Jean sorride. Li ha lasciati per ultimi deliberatamente, ma pronto a tirarli fuori prima, per rincuorare David, se questi si fosse abbattuto per le sue osservazioni.

- No, tutt’altro. Sono due perle, su cui davvero io non ho nessuna critica: perfetti. Su questi le chiedo una cosa.

- Mi dica.

- Mi autorizza a mostrarli a qualche amico, per valutare la possibilità di una pubblicazione?

David lo guarda, sgomento.

- Lei pensa che davvero…

Non completa la frase.

- Credo proprio di sì, ma ho bisogno di altri pareri: io non sono uno scrittore o un critico letterario.

David annuisce, più a se stesso che a Jean.

- Le do carta bianca e la ringrazio. Davvero, non solo mi ospita, ma le faccio perdere un sacco di tempo…

Jean sorride:

- È davvero un piacere per me e non lo dico tanto per dire.

Parlano ancora un buon momento, poi David dice che vuole annotarsi le osservazioni di Jean ed incominciare a lavorare sui testi.

Jean non ha obiezioni. Quando era più giovane, spesso lavorava anche la sera, a volte fino a notte fonda. Ora si è abituato ad un ritmo regolare e dopo cena non riprende mai il lavoro, a meno che non gli sia venuta in mente un’idea che vuole realizzare subito.

Da solo in salotto, Jean ripassa il piano di azione che si è tracciato. Parlerà dei racconti con Émile Blondet, che è un critico letterario e, per quanto debole di carattere, è intelligente e disponibile a dare una mano, se non ci sono interessi più forti in gioco. L’idea di Jean è quella di far pubblicare i due racconti su una rivista, se possibile La Gazette Littéraire, che è la più prestigiosa. Questo contribuirebbe a far conoscere David e quindi favorirebbe il successo della raccolta di racconti, che potrebbe essere la tappa successiva.

Jean sa che troverà un editore per il volume dei racconti di David: il suo, Ladvocat, sarebbe probabilmente disponibile, se non altro per fare un piacere a Jean, che gli assicura lauti guadagni. Forse però non è il caso. Due Guyère pubblicati dallo stesso editore… I lettori potrebbero pensare che l’editore ha pubblicato i racconti di David solo perché gliel’ha chiesto Jean. Meglio cercare un altro. Per questo c’è comunque tempo.

Ladvocat potrebbe introdurlo presso il direttore de La Gazette Littéraire: Jean non ha molte conoscenze nel mondo del giornalismo.

Jean sorride, soddisfatto di sé: David potrà pubblicare ed il suo talento gli permetterà di volare in alto, molto in alto.

 

*

 

David sta cercando di risolvere il problema de La carrozza, ma gli sembra di non riuscire a cavare il classico ragno dal buco. O elimina i due faccendieri o elimina la signora con il volto coperto o… elimina il racconto. Incomincia seriamente a pensare che l’ultima sia l’ipotesi migliore. Ci sono diversi testi che ha incominciato a scrivere e poi ha buttato via, perché non lo convincevano. La carrozza può aggiungersi all’elenco.

La voce di Jean risuona dal piano di sotto.

- David!

David è un po’ stupito che Jean lo chiami: se il cugino vuole parlargli, di solito bussa alla camera. È di una discrezione incredibile, a volte sembra quasi che non sia David ad essere ospitato da Jean, ma viceversa.

David si alza, esce dalla stanza e scende a raggiungere Jean, che è nell’ingresso. È appena rientrato ed è sorridente. Qualche buona notizia. Non sarà mica… David non osa formulare il pensiero.

- Che cosa c'è, Jean?

- Ho buone notizie per lei.

- Buone notizie?

David ha l’impressione che gli manchi il fiato. Da quanto tempo non riceve una buona notizia? E non può essere altro che la pubblicazione di uno dei racconti. Jean non sarebbe così contento, se non fosse questo.

- Nei prossimi mesi la famosa rivista La Gazette Littéraire pubblicherà due, dico due, eccellenti racconti di un giovane autore, ancora poco noto, ma destinato a grande fama. Si tratta di Jeanne delle paludi e L'incontro di un tal... David... come si chiama?, mi sfugge il cognome, ha un cognome difficile... David... David Guyère, sì, proprio così.

David sente la terra mancargli sotto i piedi. La Gazette Littéraire, la migliore rivista letteraria di Francia! Non può crederci!

- Su La Gazette Littéraire? Tutti e due? Veramente? Non è possibile.

- Perché no? Sono molto meglio della maggior parte di ciò che pubblica di solito.

- Jean, non è possibile.

- La tendenza alla ripetizione è sgradevole in uno scrittore. E comunque è possibile. Più che altro, è. È così e basta.

David si rende conto di avere le lacrime agli occhi. Afferra le mani del cugino e gliele stringe, in un impeto di gratitudine.

- Oh, Jean, lei è incredibile! Grazie, grazie!

Jean sorride.

- Guardi che li pubblicano perché sono due gioielli, non perché glielo chiedo io, che non conosco nessuno alla rivista.

David annuisce, ma la sua mente è lanciata verso il futuro. I suoi racconti saranno pubblicati, forse riuscirà a diventare uno scrittore, come ha sempre desiderato. Guarda Jean e la domanda gli viene alle labbra:

- Jean, lei pensa davvero che un giorno riuscirò a guadagnarmi da vivere come scrittore?

- Certo, David. Ma non pensi che diventerà ricchissimo: gli scrittori ricchi sono rari. A parte quelli che nascono in una famiglia ricca, naturalmente.

David scuote la testa. Non è questo il problema.

- Della ricchezza mi importa poco. Vorrei solo potermi mantenere, poter scrivere, senza l'assillo di che cosa mangerò domani.

Jean gli risponde, senza esitare:

- Ne sono certo, David.

David vorrebbe poter condividere la sua sicurezza, ma ha tanti dubbi.

- Grazie, Jean. Non so se è vero, ma mi fa piacere sentirlo dire. Da lei, in particolare.

- È vero, David. È vero. Ma solo se non rinuncerà mai ad essere esigente con se stesso, come è stato fino ad ora. Non deve accontentarsi. E deve lavorare sodo, senza mai pensare di essere arrivato.     

- Sì, è vero. Devo fare attenzione a questo. Ho raggiunto un obiettivo, ma la strada è ancora lunga.

- Esatto.

David esita un attimo, poi aggiunge:

- La prendo in parola. Vado a lavorare. Grazie, Jean, non posso dirle altro. Nei suoi confronti continuo ad accumulare debiti.

 

*

 

Mentre lo guarda salire le scale, Jean pensa che David ha ventidue anni, l'età che aveva lui quando era uscito il suo primo libro di illustrazioni. Quell’opera era stata apprezzata, ma il successo era arrivato più tardi, dopo la parentesi della sua esperienza nell’esercito.

Nove anni dopo la prima opera era uscito il suo quarto volume, un’edizione del Don Carlos di Schiller. Era stato un successo parigino: senza limiti, assurdo. Si era ritrovato di colpo un autore alla moda, osannato, desiderato, invitato in tutti i salotti. La sua naturale ritrosia ad esibirsi e la coscienza di non essere dotato né di bellezza, né di talento per la conversazione brillante e la vita mondana, lo avevano spinto a declinare quasi tutti gli inviti ed il suo rigore lo aveva portato a diventare ancora più severo con se stesso nelle sue opere. Senza averlo calcolato, aveva effettuato le scelte giuste: invece di brillare nel firmamento parigino come una meteora, destinata a spegnersi in fretta in una società sempre affamata di novità, ha finito per raggiungere una fama duratura.

Spera che anche per David sia così. Finché potrà, lo incoraggerà ad impegnarsi nel lavoro, a non accontentarsi dei primi successi e a non disperdersi nei mille futili piaceri della vita mondana a Parigi. Finché potrà. Perché prima o poi David se ne andrà per la sua strada. Jean si dice che vorrebbe fermare il tempo. È così bello, il momento che sta vivendo!

 

*

 

David guarda il numero de La Gazette Littéraire in cui è stato pubblicato il primo dei suoi due racconti, Jeanne delle paludi. Passa la mano sulla pagina, accarezzandola, poi sorride di se stesso. Il suo nome su La Gazette Littéraire! Anche quando Il Gazzettino di Chaumont ha pubblicato Le luci nella radura, David ha provato una certa soddisfazione a vedere il racconto stampato, con il proprio nome, ma nello stesso tempo si è sentito svilito, perché la rivista che lo ospitava non ha davvero nessun valore. Ma La Gazette Littéraire! È un sogno che si avvera.

Avere un po’ di denaro non gli spiacerà - per il momento non ha ancora ricevuto il compenso, lo pagheranno dopo la pubblicazione del secondo racconto -, ma il piacere di vedere Jeanne delle paludi sulla rivista è ben più importante.

Jean è fantastico. È riuscito a far accettare i due racconti. David vorrebbe vedere stampato anche il secondo, adesso: gli sembra che non riuscirà a reggere l’attesa.

E questo grazie a Jean, che già lo ospita.

David si sente un po’ a disagio, nei confronti del cugino. In fondo Jean gli ha detto che lo avrebbe ospitato volentieri, così gli avrebbe tenuto un po’ compagnia. Ma in realtà passa il suo tempo a lavorare. La sera talvolta parlano, dopo cena, soprattutto di letteratura, ma più spesso entrambi leggono. David ha bisogno di leggere, di conoscere ciò che si scrive, di confrontarsi con gli altri scrittori attraverso le loro opere.

È a casa di Jean da almeno un mese e non gli ha neppure chiesto del suo lavoro. Jean è celebre, ma lui, che pure è ospite del cugino, non conosce neanche le sue opere.

David ha paura di apparire invadente: Jean è riservato e non dà confidenza. Né la richiede: anche nei suoi confronti, non pone mai domande personali.

Prima o poi deve parlare a Jean della faccenda: il cugino lo ospita e lui se ne rimane per conto proprio tutto il tempo. È un argomento imbarazzante, ma andrà affrontato.

 

*

 

Jean procede nel lavoro con un ritmo tranquillo e regolare. Si lascia il tempo di occuparsi del giardino, di passeggiare, di leggere, godendosi l'estate che finisce. A Chaumont non è più tornato: gli dispiaceva lasciare David a Parigi, aveva paura che si trovasse a disagio da solo con un domestico in una casa non sua. E poi non voleva interrompere il lavoro di David. Il cugino è completamente preso dalla scrittura: prima ha rivisto i racconti, poi ha ripreso a scrivere il romanzo. Lavora ad un ritmo talmente intenso, che talvolta si dimentica del pranzo. Allora Jean si limita a salire in camera e a chiedergli se preferisce scendere a tavola o continuare a scrivere e qualche volta David sceglie di proseguire il lavoro.

Marie-Anne non sembra avere una grande simpatia per David, il fatto che a volte non scenda a mangiare la irrita. Ma Jean ha l’impressione che in qualche modo la bellezza del cugino l’ammansisca.

All'inizio di settembre Jean ha quasi finito di illustrare il primo volume delle favole di La Fontaine. Una delle ultime tavole che deve preparare è per I due amici. Ha bene in testa la scena che intende rappresentare: conta di collocare il dialogo tra i due protagonisti in una stanza che si affaccia su un giardino. Il raggio di luna che attraversa i vetri della finestra e la luce della fiaccola in mano ad un servitore creano un effetto di chiaroscuro che mette in risalto i due personaggi e li isola rispetto allo sfondo.

Man mano che procede, Jean si rende conto che sta riproducendo, con alcune variazioni, la sala al piano terreno di casa sua. Niente di male. Quello che davvero lo sorprende è invece lo scoprire che il volto di uno dei due amici, che sta completando proprio ora, è quello di David. La somiglianza è lampante, ma se n'è accorto solo ora che sta ultimando il disegno del personaggio.

Si ferma, perplesso. Ha il diritto di farlo? Senza dirlo a David, no. Mille volte ha usato volti di persone che conosceva, ma di solito trasformandoli, in modo più o meno accentuato. E quando ha fatto un vero e proprio ritratto, lo ha sempre detto. André è stato il giovane Xipharès in un'illustrazione del Mithridate di Racine, prima di divenire Mercuzio nel Romeo e Giulietta.

Jean si trova un po' in imbarazzo. L'idea di inserire un'immagine di David nel suo lavoro gli fa piacere, però non desidera parlargliene. A parte un cenno iniziale, il giorno in cui lo ha salvato dal suicidio, David non ha mai richiesto di vedere le sue opere. David potrebbe interpretare la sua domanda come un invito a guardare ciò che ha prodotto. L’idea non gli piace.

No, meglio rifare l'immagine. La riprende un momento tra le mani, prima di accantonarla tra i disegni abbandonati. È davvero bella e la figura di David è perfetta: se disegnasse altrettanto bene il secondo personaggio, sarebbe una delle sue tavole migliori. E di colpo si rende conto che, per dare il giusto equilibrio all'illustrazione, dovrebbe dare all'altro amico un corpo più massiccio, un viso più maturo. Dovrebbe farsi un autoritratto.

Jean scoppia a ridere. Niente di male, ma è meglio buttare via tutto e ricominciare da capo. Eppure, quel gioco di luci sul viso di David è proprio bello. Accantona la tavola, ancora incerto sul da farsi.

La sera, dopo cena, cedendo ad un impulso, decide di parlarne a David.

- Ha presente la favola dei Due amici, di La Fontaine?

- Quella dei due che vanno a caccia dell'orso ed all'arrivo dell'animale uno cade e l'altro scappa, senza aiutarlo?

- No, non quella. È sull'amicizia, quella vera. L'amico che si presenta a casa dell'altro, la notte, mentre tutti dormono...

- Non credo di ricordarmela.

- Gliela leggo, se vuole. Devo domandarle una cosa.

Sale a prendere il libro. Nello studio esita un momento, chiedendosi se portare anche l'illustrazione, ma decide di non farlo. Ridiscende e legge la favola:

- Deux vrais Amis vivaient au Monomotapa:

L'un ne possédait rien qui n'appartînt à l'autre:

Les amis de ce pays-là

Valent bien dit-on ceux du nôtre.

Une nuit que chacun s'occupait au sommeil,

Et mettait à profit l'absence du soleil,

Un de nos deux Amis sort du lit en alarme;

Il court chez son intime, éveille les Valets:       

Morphée avait touché le seuil de ce palais.

L'Ami couché s'étonne, il prend sa bourse, il s'arme;

Vient trouver l'autre, et dit: Il vous arrive peu

De courir quand on dort; vous me paraissiez homme

À mieux user du temps destiné pour le somme:

N'auriez-vous point perdu tout votre argent au jeu?

En voici. S'il vous est venu quelque querelle,

J'ai mon épée, allons. Vous ennuyez-vous point

De coucher toujours seul? Une esclave assez belle

Était à mes côtés: voulez-vous qu'on l'appelle?

Non, dit l'ami, ce n'est ni l'un ni l'autre point:

Je vous rends grâce de ce zèle.

Vous m'êtes en dormant un peu triste apparu;

J'ai craint qu'il ne fut vrai, je suis vite accouru.

Ce maudit songe en est la cause.

 

Qui d'eux aimait le mieux? que t'en semble, lecteur?

Cette difficulté vaut bien qu'on la propose.

Qu'un ami véritable est une douce chose.

Il cherche vos besoins au fond de votre cœur;

Il vous épargne la pudeur

De les lui découvrir vous-même.

Un songe, un rien, tout lui fait peur

Quand il s'agit de ce qu'il aime.[1]

 

- Che bella. Bella come non è la realtà. O forse sì, qualche volta.

David lo fissa, sorridendo. Si sta riferendo a lui, a quanto sta facendo. È bello che David pensi questo, di lui. Adesso però deve spiegargli perché gli ha letto quella storia.

- Volevo dirle questo: sto disegnando una tavola per illustrare questa favola e mi sono reso conto di averle fatto un ritratto.

- Un ritratto?

- Sì, ho disegnato uno dei due amici e gli ho dato il suo aspetto, ma me ne sono accorto solo dopo: a volte mi succede. Volevo chiederle se la cosa non le dà fastidio.

- No, tutt'altro. Anzi, mi fa piacere.

- La ringrazio.

David esita un attimo, poi gli sorride:

- Mi fa vedere questa tavola? Non mi ha mai fatto vedere nulla del suo lavoro.

- Va bene, gliela vado a prendere.

Non può certo dirgli di no, anche se non è sicuro di voler mostrare a David ciò che sta facendo. Sale a prendere l'illustrazione e quando ritorna in salotto, la porge al cugino.

David la osserva con cura.

- È molto bella, davvero. Il gioco delle luci è affascinante. Credo che quando sarà finita sarà una meraviglia.

David sorride, nuovamente un po' in imbarazzo. Poi continua:

- E lei non si mette mai nelle sue tavole? Mette solo amici e parenti?

Jean sorride a sua volta:

- Molto spesso. Qualche elemento di me c'è in molti personaggi delle mie tavole ed in ogni libro c'è almeno un mio autoritratto nascosto in qualche angolo: nella Divina Commedia ero un diavolo.

In realtà si è raffigurato anche un'altra volta nell'Inferno, come uno dei sodomiti del terzo girone del settimo cerchio. Preferisce però non parlare di questo ritratto, in cui il corpo è di profilo e la testa girata, per cui è riconoscibile solo per quei pochissimi che hanno di lui una conoscenza molto approfondita: David non sarebbe in grado di individuarlo, André sì.

- Divertente, come idea. Mi piacerebbe molto vederlo. Se ne ha voglia.

- Va bene.

Jean sale nuovamente le scale e va a prendere una copia dell'Inferno. Perché David gli ha chiesto se si raffigura nelle sue opere? La domanda lo ha spiazzato. Cerca la tavola e poi scende, porgendo il libro aperto a David.

Il cugino scorre la tavola fino a trovare la sua immagine. Quando la vede, scoppia a ridere. Jean sorride: come diavolo è perfetto, è il suo autoritratto preferito. Poi David comincia ad osservare l'immagine nel suo insieme. Jean vede l'espressione del suo volto cambiare, passando dal divertimento all'attenzione e poi all'ammirazione.

- È splendido! Sapevo che era bravo, ma è davvero bravissimo.

David comincia a sfogliare il volume e ad osservare le tavole. Si siede sulla poltrona, guardandole accuratamente, una dopo l'altra, ed esprimendo tutta la sua meraviglia.

A Jean queste lodi fanno piacere. In questi mesi si è affezionato a David e tiene molto all'opinione del cugino. Forse troppo: si sente felice ad ogni complimento. Non c'è proporzione tra le lodi di uno come David, che ha certamente buon gusto, ma non è un esperto, e la sua reazione. Pensa: - Ma che cosa mi succede? Se avessi la coda, adesso sarei qui a scodinzolare!

Quando ha finito di scorrere il volume, David gli chiede se può tenerlo per un po', per rivederlo con calma.

- Certamente. Può anche tenerlo, ne ho un'altra copia.

- Grazie, ma glielo renderò. Accetto già fin troppo da lei.

Jean preferisce cambiare argomento: sa che a David pesa dipendere completamente da lui.

- Allora posso immortalarla nel mio prossimo volume? Anche se non credo di riuscire ad assicurarle l'immortalità con le mie opere.

- Se non ci riesce lei, non credo che ci riuscirà nessuno. Comunque...

Esita un attimo, poi riprende.

- ... si è già ritratto nelle Favole?

- Non ancora, pensavo di mettermi come il boscaiolo che invoca sempre la morte, ma quando lei arriva e vuole sapere perché lui l’ha chiamata, le chiede di aiutarlo a caricarsi la fascina in spalla!

- Peccato.

- Perché, peccato?

- Perché mi sarebbe piaciuto che si ritraesse nella favola dei Due amici. Non vorrà mica che mi trovi amico per la pelle con uno che non ho mai visto?

Jean scoppia a ridere, felice che la proposta sia venuta da David.

- Molto volentieri. È una delle favole che preferisco.

 

*

 

David osserva le tavole dell’Inferno. Sono uno splendore, di una ricchezza incredibile. Guarda Jean, che sulla poltrona a fianco legge un racconto di Nodier appena uscito, Trilby. C’è un singolare contrasto tra la bruttezza del cugino e la bellezza che è in grado di produrre.

Jean si sente osservato. Solleva il capo e gli sorride.

- Credo che tra poco andrò a dormire, anche se mi spiace interrompere questo racconto, che è molto bello. Non è il suo genere, è una dimensione fantastica, ma glielo consiglio lo stesso.

E mentre Jean parla, David si rende conto che in tutta la serata non ha scambiato una sola parola con Jean.

- Jean, devo dirle una cosa.

David è alquanto imbarazzato, ma si sente in obbligo di affrontare l’argomento.

- Mi dica.

- Mi aveva detto che mi avrebbe ospitato volentieri perché le avrei tenuto un po' compagnia, ma passo le mie giornate a scrivere e le serate a leggere. Mi rendo conto di non essere per niente di compagnia. Mi spiace. Io...

Non sa bene come continuare, ma Jean viene in suo soccorso.

- Non lo dica neanche per scherzo: non l'ho mica assunta al mio servizio come gentiluomo di camera o qualche cosa del genere. In questo caso dovrei almeno pagarle un salario! Mi tiene compagnia ai pasti ed ogni tanto parliamo la sera: è molto piacevole e ci lascia entrambi liberi di impiegare le nostre giornate come desideriamo. Adesso sta recuperando il tempo perso ed ha ritmi di lavoro molto intensi. Ma prima o poi la forzerò a distrarsi un po’: non può lavorare in continuazione. Ha bisogno di vedere gente.

David lo sa benissimo. In questi mesi è vissuto quasi come un monaco: molto lavoro, qualche passeggiata a piedi verso la campagna o anche solo nel giardino, per sgranchirsi le gambe. Ma in effetti non può continuare così a lungo.

- Sì, ha ragione.

Non aggiunge il pensiero che gli è subito passato per la mente: non ha un abito adatto, con l’abito che ha addosso gli peserebbe girare per le vie eleganti di Parigi. I soldi dei due racconti gli hanno permesso di acquistare un po’ di biancheria, di cui ormai aveva un bisogno disperato, ma questo non basta a renderlo presentabile.

Aggiunge:

- Vedrò di uscire un po’ di più. Ma lei non è un buon maestro in questo.

Jean ride.

- Ha ragione, cugino. Sono poco socievole anch’io, ma d’estate Parigi si svuota. Adesso però che è giunto l’autunno e tutti sono di ritorno, direi che è ora di riprendere contatto con i nostri simili.

Poi Jean aggiunge:

- Volevo giusto proporle di andare a teatro: tra tre settimane comincia la stagione. E per uno scrittore è importante anche conoscere le nuove opere.

David ama molto il teatro: lo affascina vedere prendere vita ciò che altri scrittori hanno immaginato. Risponde senza riflettere:

- Mi piacerebbe moltissimo! È passato un sacco di tempo dall'ultima volta che sono andato a teatro…

Si interrompe. Immediatamente torna ad essere consapevole della sua situazione. Non è più tornato a teatro perché non poteva permettersi né il biglietto, né un abbigliamento adatto.

Jean sorride, non deve essersi accorto del suo turbamento.

- Benissimo. Ho un palco: strana idea, dirà, visto che di solito solo le gran dame hanno un palco a teatro, ma io sono un appassionato. Speriamo che la stagione sia interessante.

David scuote la testa. Jean lo guarda, sembra perplesso.

- Che cosa c'è?

- Non è possibile. Non posso andare a teatro vestito così!

- Ha ragione. Andiamo dal sarto tutti e due, anch'io ho bisogno di un abito nuovo.

David allarga le braccia.

- Jean, sa benissimo la mia situazione.

Il cugino sorride. L’osservazione di David è stata prevista e la risposta è già pronta.

- Ci penso io, David.

- No, non posso accettare che lei...

Ma Jean, sempre sorridendo, lo interrompe:

- Non vorrà mica che la porti a teatro in un abito in cui non si sentirebbe a suo agio?

- No, Jean, non vengo a teatro. Non posso...

Nuovamente Jean gli impedisce di proseguire e completa la frase per lui:

- ...accettare. David, credo di averle già detto che, come scrittore, dovrebbe evitare di ripetere sempre le stesse frasi.

Il tono di Jean è stato quello del maestro che rimprovera l’allievo, ma negli occhi è passato un lampo di ironia.

- Ma, veramente! È troppo: già sono ospite a casa sua, non è pensabile che lei mi paghi anche il sarto! Non posso...

Si ferma, conscio di stare per dire ancora una volta la frase per cui Jean lo ha appena rimproverato. Jean approfitta spudoratamente della pausa.

- Mica solo il sarto: ci vorranno anche i guanti, le scarpe e qualche altro dettaglio. Ma non vorrà mandarmi a teatro da solo? Sarebbe davvero una crudeltà. Mi piace avere qualcuno con cui posso discutere di ciò che vedo, che non sia uno di quelli che vanno a teatro solo per farsi vedere. Io vado a guardare quello che mettono in scena, non quel che succede negli altri palchi! E poi andare a teatro con un bel giovane come lei, è un piacere. Mi divertirò un mondo a vedere le facce di tutte le dame che la guarderanno dai palchi - e dal palcoscenico, non dimentichiamo le attrici - e faranno di tutto per sapere chi è quel bellissimo sconosciuto seduto accanto a quel repellente illustratore.

- Non mi prenda in giro. Io non sono così bello e lei non è ...

Jean sorride e scuote la testa, mentre gli dice:

- David, non dica una parola di più. Sorvoliamo sull’argomento. Vedrà tra qualche settimana l'effetto che farà e poi mi dirà se le mie previsioni sono sbagliate! Però adesso è tardi ed è ora che io vada a dormire. Domani mattina devo lavorare: anche se ho consegnato il primo volume delle Favole, ne ho ancora uno da preparare, per cui la prego di scusarmi. Il sarto lo faccio venire dopodomani, così domani pomeriggio porto le ultime tavole da Ladvocat, che le aspetta.

- Ma, Jean. Non posso...

- ...ripetere sempre le stesse parole. No, sono d'accordo con lei, perfettamente. Ha proprio ragione. Buonanotte, David.

Jean si alza e scompare sulle scale, senza dare a David la possibilità di replicare.

David è in imbarazzo. Si dice che domani dovrà riprendere il discorso con Jean. Ma sa benissimo che è una battaglia persa. Jean aveva già deciso e lo ha quasi costretto ad accettare. No, non è esatto: gli ha impedito di rifiutare. Ma non può farsi vestire dal cugino che già lo ospita. Jean è troppo generoso, anche se fa in modo da non fargli mai pesare la sua prodigalità.

 

*

 

Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.

Marie-Anne conclude le sue preghiere serali e si corica. Cerca di cancellare dalla sua testa ogni pensiero, ma il sonno non viene. Ritornano invece immagini della giornata. Il momento in cui il cugino del padrone ha assaggiato la torta di mele e l’ha guardata, sorridendo. Ha detto: “Non ho mai mangiato una torta di mele così buona. Lei è davvero una cuoca eccellente, Marie-Anne.” Quando David Guyère, non accorgendosi che lei era sulla soglia del salone, è sceso di corsa lungo le scale, come un bambino felice. La lunga passeggiata che lui ha fatto in giardino, mentre lei cuciva ed ogni tanto lo guardava dalla finestra.

Com’è cambiato rispetto ai primi giorni! È un uomo sereno ed in questi ultimi tempi sembra così contento. Il padrone lo ha aiutato molto.

Marie-Anne non riesce a prendere sonno. Si dice che non dovrebbe pensare tanto a David Guyère. È un bel nome, David, il nome del re di Israele, colui che uccise il gigante Golia e fu incoronato…

Non ci indurre in tentazione, non ci indurre in tentazione…

 

*

 

Claire osserva gli altri palchi. Ogni tanto incrocia lo sguardo di un’altra dama o di un artista, di cui ricambia il saluto. Poi guarda il palco di Jean Guyère. Sì, c’è anche lui. Dev’essere arrivato un po’ in ritardo; quando lo spettacolo è incominciato, non c’era ancora. Strano, Jean è sempre puntuale. Lui viene a vedere lo spettacolo, non a farsi vedere.

Claire sospettava che sarebbe venuto a teatro. Se non si è più fatto vivo, non è perché sia ancora a Chaumont, d’altronde a quest’epoca è sempre di ritorno a Parigi. Ha voluto lasciarli soli, lei ed Octave, non disturbare la loro nuova intimità. C’è un giovane accanto a lui. Claire non si ricorda di averlo mai visto. Chi è?

Il viso di quell’uomo è di una bellezza conturbante. E quegli occhi, che intensità nello sguardo! Claire lo fissa, ammaliata.

Félicité le sussurra all’orecchio:

- Un vero Apollo. Ce ne hai messo di tempo, prima di accorgertene. Io l’ho notato subito: direi che ha attirato l’attenzione delle signore più dello spettacolo. Persino dal palcoscenico, comparse e prime donne se lo divoravano con gli occhi. Ma tu gli occhi li hai solo per Octave.

Claire sorride. Félicité è stata l’unica persona a cui ha raccontato del suo matrimonio, ancora segreto, con Octave. Nessun altro lo sa, a parte Jean, a cui l’ha detto Octave.

Claire si rivolge al marito, che sta chiacchierando con lo scrittore Nathan.

- Signor de Camps, ho visto che c’è il signor Guyère. Può essere così gentile da invitarlo, con il suo amico, a venire a farmi una visita?

Le viene da sorridere a rivolgersi così ad Octave, ma finché la morte del suo primo marito non verrà confermata ufficialmente, tutti conoscono Claire come la signora Firmiani ed Octave de Camps è soltanto un corteggiatore, che il bel mondo considera, non senza qualche ragione, il suo amante.

- Jean è qui? Vado subito a chiamarlo. Non si è neanche fatto vivo, che vergogna!

Octave esce. Non sospetta i motivi per cui Jean ha preferito tenersi in disparte. Octave è un uomo di un grande rigore morale, ma non ha la sensibilità di Jean.

Nathan si rivolge a lei:

- Un uomo che non viene a rendere omaggio alla più bella donna di Parigi è davvero imperdonabile! Ma dicono che sia molto orgoglioso.

Claire sorride, ma il complimento di Nathan la lascia indifferente. Non ha molta stima di lui, anche se è diventato uno scrittore celebre. Lo tratta però con grande cortesia, perché ci tiene ad averlo nel suo salotto, che raccoglie il fiore degli artisti parigini.

Félicité interviene:

- Jean Guyère non ama la vita mondana. Produce i suoi capolavori in isolamento. Non scambi la sua riservatezza per alterigia, signor Nathan.

- Lei ha senza dubbio ragione. Ma so che in molti palchi il grande illustratore sarebbe accolto con freddezza.

- Per aver rifiutato troppi inviti. Un po’ come la volpe e l’uva. A proposito, ha visto il magnifico volume delle Favole che è appena uscito? Una vera meraviglia. Non credevo che Jean Guyère potesse fare di meglio di quanto ha fatto con Shakespeare, ma ha superato se stesso.

Mentre la schermaglia prosegue, Claire lancia un’occhiata al palco di Jean. Octave è entrato e Jean sta facendo le presentazioni. Tra poco saranno qui. È contenta di vedere Jean, di cui apprezza la grande umanità. E la incuriosisce quel giovane dio che sta nel suo palco.

 

*

 

Jean sorride mentre segue Octave verso il palco della bella signora Firmiani, ormai de Camps. È contento del successo di David, che ha confermato in pieno le sue previsioni. Un successo solo di sguardi, ovviamente, in quanto non hanno ancora parlato con nessuno. Ma la maschia bellezza di David ha calamitato l’attenzione del pubblico femminile e Jean sa benissimo che dopo la loro visita nel palco della signora Firmiani, molte donne si daranno da fare per scoprire l’identità dell’affascinante giovane.

Nel palco le due signore sorridono ai nuovi ospiti e Jean fa le presentazioni: dopo aver detto il nome del cugino, presenta Claire come la signora Firmiani e Félicité des Touches con il suo vero nome e con lo pseudonimo di scrittrice, Camille Maupin.

È Félicité ad avviare la conversazione:

- Così lei è David Guyère, l’autore dei due racconti che sono apparsi su La Gazette Littéraire! Mi ero chiesta chi potesse nascondersi dietro il nome di Guyère, mi pareva strano che qualcuno avesse scelto come pseudonimo un cognome così noto. Ed infatti non è uno pseudonimo…

Claire appare stupita:

- E così lei ha già pubblicato su La Gazette Littéraire, così giovane!

- Davvero un inizio brillante.

La finta cordialità di Nathan non inganna Jean, che lo conosce a sufficienza: lo scrittore è invidioso del rivale più giovane e molto più bello. Ed infatti Nathan ora assume un tono paternalistico e prosegue:

- Se posso darle un consiglio, giovanotto, cambi mestiere, fino a che è in tempo. La letteratura porta poche soddisfazioni. I grandi talenti non vengono riconosciuti, sono vittime di attacchi invidiosi e meschini e vivono spesso nella miseria.

Jean non tiene in gran conto il talento di Nathan, anche se sa benissimo che il suo giudizio negativo è almeno in parte determinato dalla scarsa stima che nutre per l’uomo, spesso spregevole ed interessato. Preferisce comunque non dire nulla: come sempre, non è molto a suo agio in società, non è tagliato per una conversazione brillante, non sa stupire, detesta essere al centro dell’attenzione. È Félicité ad intervenire.

- Non sia così critico, signor Nathan. Ho letto i racconti di questo giovane: ha davvero molto talento. Erano anni che non leggevo racconti di quel livello. Scoraggiarlo sarebbe un delitto!

- Se lo dice lei, posso solo inchinarmi al genio.

Nathan abbozza un inchino davanti a David, ma lo fa in modo da farlo apparire più sprezzante che ironico.

Jean si innervosisce, teme la reazione del cugino. Non vorrebbe che David si offendesse e rispondesse in modo provocatorio. Nathan non è il tipo da sfidare facilmente a duello, ma comunque si creerebbe una situazione imbarazzante, di certo non sarebbe un buon inizio per la vita sociale del cugino. Fortunatamente David ignora Nathan e ringrazia con calore Félicité.

- Venendo da una grande scrittrice, una lode di questo tipo non può che farmi piacere. È un incoraggiamento prezioso per un giovane come me.

La signora de Camps sorride ed interviene:

- Non mi dirà che Jean non l'incoraggia. Non conosco uomo al mondo più attento di lui alle esigenze degli altri.

Per fortuna di Jean, che detesta essere l’argomento della conversazione, la signora prosegue, rivolgendosi a lui con un’espressione quasi minacciosa:

- Jean, badi bene, se non porta suo cugino da me il prossimo mercoledì, le toglierò il saluto.

Poi continua, diretta a David:

- Avrà modo di incontrare diversi artisti e scrittori.

Jean aggiunge:

- E di passare una serata piacevolissima.

Jean ci tiene ad introdurre David nel salotto della signora de Camps, che offre l'opportunità di frequentare il mondo letterario. Con tutti i suoi limiti, è comunque una realtà che David deve imparare a conoscere. E poi David ha bisogno di distrarsi un po’, non può lavorare sempre. Adesso che il problema dell’abbigliamento è stato risolto, può dedicare un po’ di tempo alla vita di società.

Perciò si rivolge a Claire e conclude, sorridendo:

- Dato che me lo ordina lei, lo porterò, con la forza, se occorre.

Anche David sorride, quel sorriso abbagliante che lascia Jean senza fiato.

- Per farmi venire da lei, signora, non avrà bisogno di forzarmi, glielo garantisco.

La conversazione procede, ma intanto altri spettatori vengono a salutare la compagnia. Normale scambio di convenevoli, ma Jean sospetta che più d’uno voglia sapere chi è il bel giovane presente nel palco.

Jean e David si ritirano. David è raggiante, Jean glielo legge negli occhi. I complimenti di una grande scrittrice come Camille Maupin devono avergli fatto un piacere enorme.

Ora che sono nuovamente seduti nel loro palco, Jean dice al cugino:

- Quando altre sue opere saranno state pubblicate e lei sarà diventato un autore famoso, sarà ben accolto in tutti questi palchi. Se la disputeranno.

Sanno entrambi benissimo che adesso David, un borghese ancora sconosciuto, non sarebbe ricevuto nell'alta società. Può solo essere invitato nei salotti aperti ai giovani artisti, come quello della signora Firmiani.

David sorride.

- Lei mi sopravvaluta.

- E lei si sottovaluta. Vedremo chi ha ragione.

Dopo un attimo, Jean riprende:

- Comunque il salotto della signora Firmiani è luogo di incontro di artisti ed è bene che lei incominci a conoscere l’ambiente ed a muoversi nell’alta società. La signora è una padrona di casa perfetta, di grande intelligenza e sensibilità. E Octave, che avrà spesso modo di vedere nel salotto, è uno dei pochi uomini degni di questo nome che può trovare a Parigi.

 

*

 

David è seduto alla scrivania. Dovrebbe riprendere gli ultimi due racconti che sta rivedendo o lavorare al romanzo che ha avviato. In questo periodo alterna l’uno e gli altri: cerca di dare la precedenza ai racconti, per completare la raccolta, ma a volte l’ispirazione lo porta a lavorare sul romanzo, sviluppando un’idea che gli pare convincente.

Con i racconti ha quasi concluso. Ha eliminato La carrozza e, se lavorerà sugli ultimi due in modo regolare, in pochi giorni la raccolta sarà pronta. Ma la serata di ieri, in cui per la terza volta sono stati al mercoledì della signora Firmiani, ha portato i suoi pensieri in un’altra direzione.

Il salotto è davvero un ambiente affascinante, anche se non è tutto oro quel che luccica e tra scrittori non sembra esserci nessuna solidarietà, piuttosto una concorrenza spietata per apparire. Ognuno mira a catturare l’attenzione e ricevere lodi, cercando di sminuire gli altri per eliminare la concorrenza. David se ne rende conto da certe battute, che sembrano scherzose, ma in realtà sono pungenti.

Jean lo aveva avvisato. Il cugino è sempre molto premuroso, lo mette in guardia nei confronti delle malignità e di rischi ben più gravi: David è rimasto molto colpito quando Jean gli ha detto che alcuni uomini, come Maxime de Trailles, provocano, ma lasciano che siano gli altri a sfidarli per poter scegliere l'arma ed uccidere l'avversario al primo colpo. All’eventualità di un duello David non ha mai pensato: ben altri sono stati i suoi problemi negli anni in cui è vissuto in miseria a Parigi.

Tra due sere sono di nuovo invitati, ma questa volta non è una riunione mondana: si tratta di una serata per pochi ospiti.

Adesso però il pensiero ritorna a ciò che è stato raccontato ieri sera: la storia della duchessa di Langeais misteriosamente scomparsa nel nulla, pare per un grande amore. La vicenda l’ha colpito, ma ad attirare la sua attenzione è stata soprattutto il vedere un’ospite del salotto, una signora di cui non ricorda il nome, che seguiva rapita la narrazione. Una donna non più giovane, anche se è difficile indovinare l’età delle signore del bel mondo.

Come spesso gli accade, David ha sviluppato una serie di fantasie su questa donna, sui suoi sogni di una vita di passione ed avventura. Vi ha messo un po’ di se stesso, dei suoi sentimenti, dei suoi desideri, delle sue fantasticherie. Ed un racconto ha preso forma nella sua testa, in bilico tra partecipazione commossa ed ironia. Proverà a scriverlo. Potrebbe sostituire La carrozza.

 

*

 

David è pronto. Ha molta cura del suo abbigliamento e quando esce per una serata è sempre impeccabile. Ogni volta che lo vede, Jean non può che ammirarne la bellezza.

Ma la cura dell’aspetto non significa che David sia abbagliato dallo splendore, spesso più apparente che reale, dell'alta società: la ricchezza ostentata, le serate mondane, i salotti delle regine di Parigi non esercitano su di lui un’attrazione irresistibile, come avviene invece per altri autori. Sono tanti gli artisti che, affascinati dallo scintillio di gioielli e specchiere, dedicano più energie alla vita sociale che alla creazione. D’altronde è facile perdersi nel bel mondo parigino, che offre tentazioni di ogni tipo.

Per il momento David sembra molto concentrato nel suo lavoro e per un artista è la cosa migliore.

David va volentieri dalla signora Firmiani, a teatro o all’opera, ma non sembra ambire ad altro: non scalpita per essere invitato nei salotti più prestigiosi. Ci sono artisti che tendono ad accumulare il maggior numero possibile di inviti, come altri collezionano conquiste femminili.

Quando sono nel salotto della signora De Camps, Jean osserva David con attenzione. Nella conversazione il cugino sa essere brillante, come a Jean certo non riesce, ma non al punto da rinunciare alle sue idee ed ai suoi principi pur di piacere. Non vuole ad ogni costo imporsi all'attenzione, né far trionfare il proprio punto di vista, anche se a volte si fa trascinare dal desiderio di dare una buona impressione di sé.

Ritornando a casa, David e Jean discutono spesso delle serate trascorse. A volte prendono subito una carrozza, più spesso camminano un po’ prima di cercare una vettura. A Jean piace camminare per le strade di Parigi, la notte. Ama il silenzio, la solitudine. Gli sembra che nel buio la città viva una vita diversa, più intensa.

Nell'intimità della carrozza o nelle strade deserte, David parla di ciò che è successo, commenta le opere che hanno visto, fa osservazioni sulle persone con cui ha conversato, con grande franchezza. E Jean ne approfitta per infilare, senza parere,  qualche consiglio o avvertimento oppure fornisce qualche informazione in più su qualcuno degli artisti o sulle signore di cui gli parla David.

Nelle parole di David, nel tono della sua voce, poi, quando arrivano a casa, nel suo sorriso, Jean vede una fiducia totale e si sente felice, come non lo è mai stato in tutta la sua vita.

Da tempo Jean è conscio di essere attratto da David, ma sa che quel corpo splendido, quel viso perfetto non sono per lui. Non ha ospitato David nella speranza di sedurlo: questo sa di poterlo dire, senza mentire. L'ha ospitato per salvarlo dalla morte e da un destino ingiusto. E non chiederà nessun prezzo, la sola idea gli ripugna.

 

*

 

Come la prima volta che Jean ha letto i suoi racconti, David aspetta con una certa ansia che il cugino completi la seconda lettura e gli dia il suo parere sulle correzioni apportate. C’è anche un racconto nuovo, quello la cui idea gli è germogliata nella mente quando ha sentito della scomparsa della duchessa di Langeais: l’ha scritto senza fatica, rapidamente, ed è soddisfatto del risultato.

- Ha fatto un ottimo lavoro, David: i racconti sono eccellenti e pronti per la pubblicazione. Il nuovo testo è un piccolo capolavoro di grazia e di ironia, che crea un bel contrasto con gli altri.

David è ben contento dell’opinione positiva del cugino. Ma ciò che viene dopo lo spaventa.

- Che cosa devo fare, ora? Sottoporli ad un editore?

David ci ha provato, in passato, ed il ricordo delle sue peregrinazioni e dei rifiuti ricevuti è ancora doloroso. Guardavano il suo abito logoro, gli leggevano in faccia la miseria, e gli pareva che avvolgessero in un unico disprezzo l’autore e l’opera che proponeva, certi che ciò che un morto di fame aveva scritto non poteva valere un tozzo di pane.

David si sente assalire dallo scoramento. Poi si dice che forse il cugino lo accompagnerà, è conosciuto dagli editori, di certo lo trattano in ben altro modo. Se Jean verrà con lui, almeno si degneranno di leggere quello che propone.

- Se non le spiace, ci penserei io. Conosco diversi editori e so come farmi ricevere. Per questa prima opera, forse è meglio se mi delega: le posso risparmiare tempo e delusioni. Quando avrò trovato l’editore giusto, ci andremo insieme.

David non potrebbe chiedere di meglio.

- Lei è troppo buono ed io non mi sento di dirle di no. Gli editori mi spaventano, non ne ho un buon ricordo.

- Capisco. Domani mi metterò in caccia e le garantisco che con racconti come questi i risultati non mancheranno.

Per Jean tutto sembra facile. Forse lo è, forse no. In ogni caso non gli dirà mai le difficoltà che deve superare. Anche di questo David gli è grato.

 

*

 

- Buongiorno, signor Guyère, che piacere vederla!

Eugène Ladvocat è sempre molto gentile con Jean Guyère: la gallina dalle uova d’oro si tratta con i guanti. Oltretutto Jean produce in modo regolare, anche se non con la frequenza che Ladvocat auspicherebbe, ed ogni libro è un successo. Anche il primo volume delle Favole si vende benissimo, tanto che la prima tiratura sta per essere esaurita e la seconda è quasi pronta. Intanto Guyère sta di certo lavorando al secondo volume. Fossero tutti come lui gli autori! Ce ne sono certi sempre pronti a rimandare alle calende greche.

- Buongiorno a lei, signor Ladvocat. Come sta?

Ladvocat risponde, si informa della salute di Jean Guyère e poi attende. Guyère non è venuto per caso, non è uno degli infiniti perdigiorno che fanno perdere il tempo anche agli altri. Ha qualche cosa da chiedere o dire e lo dirà subito, perché non è uno che mena il can per l’aia. Un altro aspetto di Guyère che Ladvocat apprezza molto.

- Ho una richiesta un po’ particolare, signor Ladvocat e spero di poter contare su di lei.

- Ma certamente, signor Guyère. A sua disposizione.

- Ho bisogno di un editore…

- Ne ha già uno, il migliore! Vorrà mica lasciare la via vecchia per la nuova? Chi lascia la via vecchia per la nuova…

Ladvocat non conclude il proverbio e sorride, perché sa che Guyère non è il tipo da fargli uno scherzo del genere. Intanto però si chiede che cosa diavolo voglia Guyère. L’idea che cerchi un altro editore lo inquieta un po’, ma si è rivolto a lui, perciò…

- … ma non dev’essere lei. Però mi rivolgo a lei per trovarlo.

- Richiesta alquanto insolita, ma se posso accontentarla, ne sarò ben lieto.

- Mio cugino scrive racconti. È davvero molto bravo e non lo dico solo perché è un parente. Ha già pubblicato due storie su La Gazette Littéraire. Adesso ha completato una raccolta, di ottimo livello.

- Benissimo. Li leggerò e, se le cose stanno come mi dice, li pubblicherò volentieri.

- No, mi perdoni, signor Ladvocat, ma preferirei di no. Mio cugino è figlio di un fratello di mio padre, abbiamo lo stesso cognome. Sarebbe meglio che fosse un altro a pubblicare. Non vorrei che si dicesse che lei ha accettato di pubblicare i racconti solo per fare un piacere a me.

Guyère sorride ed aggiunge:

- È una richiesta insolita, concordo.

Ladvocat annuisce. Capisce i motivi della richiesta: in effetti c’è anche chi direbbe che lui ha pubblicato i racconti solo perché Jean Guyère ha minacciato di trovarsi un altro editore. Le malelingue non mancano e non stanno mai in ozio. L’ozio è il padre dei vizi, ma se certa gente imparasse a tenere la lingua a freno, sarebbe una gran cosa. Inutile, come cercare di raddrizzare le gambe ai cani.

Probabilmente se fosse qualcun altro a chiederglielo, gli direbbe di arrangiarsi, ma a Jean Guyère no. In primo luogo perché è la sua gallina dalle uova d’oro. In secondo luogo perché è sempre puntuale nelle consegne e corretto.

- L’aiuterò ben volentieri. Tra noi editori ci sono rivalità, ma quando è il caso collaboriamo. L’accompagnerò da Dauriat.

Di sicuro non lo lascerà andare da solo. Dauriat sarebbe capace di qualche losca manovra per convincere Guyère a stampare un’opera da lui e Ladvocat non ha proprio nessuna intenzione di perdere il controllo di un giacimento produttivo e nemmeno di condividerlo: l’occhio del padrone ingrassa il cavallo e Ladvocat vuole tenerlo d’occhio, il suo cavallo di battaglia.

La bottega di Dauriat non è lontana e, dopo che Ladvocat ha parlato con un libraio, ci vanno insieme.

Dauriat ascolta con attenzione la richiesta di Guyère. Ladvocat è un po’ a disagio, forse avrebbe dovuto rivolgersi a Berthollet e non a questa faina, capace di escogitare qualche trucchetto. Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, ma Dauriat è capace di farla anche al diavolo!

- Leggerò senz’altro i racconti e, se davvero meritano, sarò ben contento di farle un favore.

La disponibilità di Dauriat è alquanto inquietante, gatta ci cova. Certo, per Dauriat è comunque un buon affare: se il libro fosse un fallimento, Guyère si ritroverebbe in un certo senso debitore nei suoi confronti e Dauriat potrebbe trovare un'occasione per partecipare agli utili della miniera. Se il libro avesse successo, ci sarebbero gli incassi e comunque il contatto con Jean. Ladvocat è già pentito di aver presentato Guyère a Dauriat, ma ormai… inutile piangere sul latte versato, tanto vale fare buon viso a cattivo gioco.

Jean replica immediatamente:

- Non è lei che mi fa un favore a pubblicare questa raccolta. Sono io che lo faccio a lei, presentandole un autore di grandissimo talento. Non si dimentichi che i suoi primi racconti sono stati pubblicati su La Gazette Littéraire. Sarà lei a ringraziarmi.

La frase è stata pronunciata con sicurezza e lascia Ladvocat perplesso: Guyère non è uomo da parlare a vanvera, lo conosce bene. È stato davvero uno stupido a non cercare di far cambiare idea a Guyère, si è dato la zappa sui piedi da solo. Avrebbe potuto pubblicare lui i racconti. Ma ormai è troppo tardi: Guyère sta consegnando il manoscritto a Dauriat. Se questo farabutto ne approfitta… Quando definiranno l’accordo, Ladvocat non potrà esserci e si sa, quando il gatto non c’è i topi ballano. Di Guyère si fida, ma di Dauriat, quello è famelico come un lupo e si sa, il lupo perde il pelo ma non il vizio. Figuriamoci se non ne approfitta per combinarne una delle sue.

 

*

 

- E quando pubblicherà un romanzo o una raccolta di racconti, signor Guyère?

Jean osserva David: benché ormai il cugino sembri destreggiarsi senza difficoltà nel salotto della signora Firmiani, Jean continua a tenerlo un po’ d’occhio, come fa la chioccia con il pulcino, cercando di non darlo a vedere. Presto David non avrà più bisogno dei suoi consigli: tra poco ne saprà più di Jean, che non è certo un esperto.

David impara in fretta, sa essere brillante. Avrà successo nei salotti parigini, dove il talento, la bellezza ed una conversazione sfavillante sono sempre apprezzati. La pubblicazione dei suoi racconti lo renderà autonomo anche per quanto riguarda la carriera e gli darà una certa indipendenza economica. Tutte cose positive, ma Jean sente una fitta, perché sa che presto le loro strade si separeranno.

David non è in grado di rispondere alla domanda che gli è stata posta dalla bellissima duchessa di Maufrigneuse; lancia un’occhiata a Jean e rimane sul vago: dice di aver pronta una raccolta di racconti, ma di non avere ancora concluso un accordo con un editore. Tra cinque giorni Jean ripasserà da Dauriat per sentire la sua risposta, ma a David non ha detto nulla. Non vuole che si preoccupi e soprattutto vuole evitargli la delusione se Dauriat decidesse, per un qualunque motivo, di non pubblicare.

La duchessa si dice ansiosa di leggere questi racconti, che saranno senz’altro molto belli. Jean segue la conversazione senza intervenire. Osserva la duchessa, cugina della signora Firmiani e stella tra le più luminose del firmamento parigino. Nonché grande collezionista di uomini e divoratrice di fortune, dicono le malelingue che, Jean deve riconoscerlo, hanno spesso ragione. Jean non ama le donne, ma il fascino della duchessa è innegabile, anche lui non vi si sottrae completamente. E se David…

Quello dei rapporti di David con le donne è un campo del tutto sconosciuto, che preoccupa Jean. David ha ventidue anni, dedica tutto il suo tempo e le sue energie al lavoro, ma non può vivere come un monaco. Ha certamente le sue esigenze ed è bene che le soddisfi. Jean ha ereditato dal padre appetiti robusti e, anche se spesso il lavoro lo assorbe, gli è difficile rinunciare ad avere rapporti sessuali per un lungo periodo. Dopo la fine della sua storia con André ha avuto pochi rapporti occasionali, ma un'astinenza totale gli peserebbe troppo.

David esce di rado da solo, a parte qualche passeggiata. Ha poco denaro, anche se Jean gli ha messo a disposizione una certa somma, come prestito, con la scusa del gioco: nell’alta società molto spesso gli uomini si dedicano alle carte ed in un salotto è bene avere sempre una certa somma, per non essere costretti a rifiutare un invito al tavolo da gioco. David ne fa uso per frequentare prostitute? Jean ha dei dubbi, nulla glielo fa pensare, ma questo non significa niente: certamente David non sospetta che lui ha talvolta rapporti con altri uomini. Se David va a puttane rischia di contrarre qualche malattia: meglio una relazione, magari con un’attrice.

A teatro Jean ha visto diverse attrici guardare con fare significativo in direzione di David. Lo notano tutte. Come potrebbero non notarlo? Come dar loro torto? Non c'è un giovane altrettanto bello, forse Lucien de Rubempré, per chi preferisce gli uomini dai lineamenti delicati, quasi femminei. Ma per chi cerca un giovane dio bruno e selvaggio, un Dioniso in grado di dare l'ebbrezza, non v'è nessuno che possa stare alla pari con David. E se invece avesse una relazione con una donna dell’alta società? Molto difficile. Ne conosce, certo, il salotto della signora Firmiani è uno dei più eleganti di Parigi e molte gran dame lo frequentano. Ma David esce poco… Una donna sposata, che non ha libertà di movimento, per cui riescono a vedersi solo in alcune occasioni?

Jean vorrebbe parlarne con il cugino: in fondo sono due adulti, vivono nella stessa casa, non c’è motivo per non affrontare l'argomento, ma su questo punto David non dà nessuna confidenza e Jean teme di apparire invadente e curioso. Non è il padre di David, anche se si è un po’ assunto questo ruolo: è solo un cugino e non ha il diritto di intromettersi nella vita personale di David soltanto perché lo ospita. Ed in ogni caso David ha l’età per non dover rispondere a nessuno delle sue scelte.

 

Due giorni dopo, una serata all'Opéra fornisce a Jean un pretesto per affrontare l'argomento senza mostrarsi troppo indiscreto.

Mentre tornano a casa, in carrozza, Jean dice:

- Come prevedevo, ha di nuovo fatto colpo.

- Che cosa intende dire?

- Non mi dica che non ha visto come la guardava la bella Florentine, dal palcoscenico! In certi momenti pensavo che si scordasse le battute.

C’è un momento di silenzio. Nel buio della carrozza, Jean non può vedere l’espressione di David, che non replica. Jean allora riprende il discorso:

- Niente di male, David, anzi. Pare che sia l'amante di un commerciante, ma non credo che intenda rimanergli fedele per sempre: il vecchio Cardot ha settant'anni o giù di lì. Comunque meglio un'attrice di una puttana. Meno rischi di malattie ed un rapporto che è chiaro fin dall'inizio, in cui nessuno si aspetta amore eterno o cose del genere.

Questa volta il silenzio di David è pesante. Jean si rende conto di aver fatto un passo falso. Cerca di rimediare.

- Mi scusi, non volevo essere indiscreto.

- No, Jean, non è questo. Ma lasciamo perdere questo argomento. Adesso voglio concentrarmi sul mio lavoro.

Jean lascia cadere il discorso e dopo aver lasciato passare un momento, passa a parlare della conversazione nel palco della signora de Camps. David risponde prontamente ed il dialogo riprende, ma tutti e due sono ben consci di sostenere la conversazione solo per dissipare il disagio che la frase di Jean ed il silenzio di David hanno creato.

A casa Jean ripensa a lungo a quanto ha detto. È stato uno stupido e gli dispiace, teme di aver dato l'impressione di volersi prendere troppa confidenza. Vorrebbe non aver parlato, ma ormai è troppo tardi.

 

*

 

David sta passeggiando nel giardino. Ammira gli ultimi crisantemi: non aveva mai visto questa pianta orientale dagli splendidi fiori autunnali e Jean gli ha spiegato che è stata portata in Francia solo nel secolo scorso; lui ne è un grande estimatore e ne ha fatte piantare molte nel giardino.

In questi giorni David sente il bisogno di riposare un po’. Da quando si è trasferito a casa di Jean ha lavorato ad un ritmo molto intenso ed ora è stanco. Ma l’inattività gli pesa, gli sembra di perdere il suo tempo.

Jean non gli ha detto più nulla dei racconti, ma di certo si sta dando da fare. David è impaziente. A Jean sono piaciuti, ma questo non significa che sia facile trovare un editore.

Ecco il cugino, che arriva sorridente.

- Buon giorno, Jean, come va?

- Bene, ho fatto un giro dalle parti del Palais Royal per sentire le ultime novità letterarie.

David cerca di nascondere l’agitazione che prova. Quando Jean gli ha comunicato che i suoi primi due racconti erano stati accettati da La Gazette Littéraire, ha incominciato allo stesso modo.

Sorride e chiede, con un tono che vorrebbe essere indifferente, ma tradisce la sua tensione:

- Ah, sì? E che cos'ha sentito di bello?

- Come fa a dire che ho sentito qualche cosa di bello?

- È troppo contento per non avere buone notizie. Scommetto che le sue Favole sono state un trionfo. Se lo meritano.

- A parte il fatto che le Favole non sono mie, ma del signor La Fontaine e come tali si meritano senz'altro un trionfo, non è questa la novità più interessante. Ho sentito una notizia curiosa, che forse le interesserà. Bene, pare che quell'autore, come diavolo si chiama, non me lo ricordo mai, sì, quello che ha pubblicato su La Gazette Littéraire quei due bei racconti, Jeanne delle paludi e L'incontro, quello lì, insomma, con quel nome difficile, stia per pubblicare una raccolta di racconti da Dauriat.

David si sente mancare. È da idioti emozionarsi così, ma gli sembra incredibile.

- Jean, è vero?

- Sì, certo che è vero, non conto mica storie, io, non sono uno scrittore. Domani andremo da Dauriat, che acquista la sua raccolta per duemila franchi.

David lo guarda, allibito.

- Da Dauriat? Duemila franchi? Jean, sei incredibile.

E di colpo si rende conto di avergli dato del tu.

- Mi scusi, Jean, non volevo...

- Non scusarti. Mi farebbe molto piacere se ci dessimo del tu. D'accordo?

- D'accordo. Anche a me, viene più naturale. Ma... dimmi che è vero, Jean, che non stai scherzando.

- Ti sembra che sia il tipo che scherza su queste cose? E poi quel giovane autore farà strada. L'ho sempre detto io.

David lo fissa. Poi scuote la testa.

- Jean, com'è che esisti? E cosa ho fatto io per meritare di incontrarti?

- Non dire stupidaggini, David. Quello che non ti sei meritato è tutto il buio degli ultimi anni. Ti meriti il successo e l'avrai. Il tempo è galantuomo, come dice spesso il mio editore, e ti renderà giustizia.

 

*

 

- Non mi faccia perdere altro tempo. Se dovessi stare dietro a tutti gli scribacchini che sono convinti di aver diritto ad essere pubblicati solo perché riempiono di inchiostro un po' di fogli, sarei già fallito da tempo! Se ne vada e si cerchi un altro editore. Non mi imbarco in imprese fallimentari!

Dauriat si libera infine dello scocciatore, l’ennesimo scribacchino da quattro soldi che è convinto di aver scritto un capolavoro: questo gli propone un romanzo che sembra scritto due secoli prima. Ma chi pensa di essere? Madame de la Fayette? Almeno avesse scritto La principessa di Clèves, ma quella roba è spazzatura.

E mentre fa queste riflessioni, vede che sta arrivando Guyère. Quello a fianco dev’essere il cugino, l’autore dei racconti.

Guyère aveva ragione, deve riconoscerlo. I racconti sono di qualità superiore. Possono vendersi bene e saranno un gran successo, se la manovra va in porto. E ci andrà, Dauriat ne è sicuro. Riuscirà a fottere il grande Jean Guyère senza difficoltà. Il segreto è nella sorpresa.

Dauriat accoglie con un sorriso caloroso il giovane Guyère, ma saluta appena Jean, che è la preda a cui mira: se vuoi inculare uno, non deve sospettare di niente.

- Lieto di vederla signor Guyère. E lei deve essere l'autore dei bellissimi racconti che ho appena letto, il giovane David Guyère. Complimenti, giovanotto.

Lo vede emozionato, confuso, felice di sentire un editore dare un giudizio molto positivo sulla sua opera. Certo, Guyère lo scrittore ha sentito come lui ha trattato il tizio di prima, ma quello non ha metà del talento di questo qui e neppure un cugino celebre. Senza farsi notare, Dauriat lancia un’occhiata alla sua preda: anche Guyère l’illustratore sorride, ci tiene al cugino. Bene, altri complimenti allora, un po’ di strutto per ungere meglio il buco, in modo che il grande illustratore non si accorga di avercelo in culo fino al momento in cui non potrà più toglierselo.

Dauriat sfodera il suo sorriso: nonostante alcuni denti mancanti, ad un giovane autore che non ha mai pubblicato un libro appare di certo più affascinante di quello della sua innamorata.

- Sarò ben lieto di stampare la sua opera, che mi sembra molto valida.

Tra un po’ il ragazzo sviene. Ringrazia e boccheggia. Non si aspettava di essere accolto con l’arco di trionfo. Dauriat guarda di nuovo di sfuggita la preda, che intanto gongola, ignara di tutto. Non si accorge che l’editore sta spalmando con cura il grasso tutt’intorno all’apertura.

Dauriat prosegue:

- Certo, lei deve considerare che pubblicare un autore sconosciuto è sempre un rischio per noi editori. Ed una spesa notevole: oltre alla stampa ed alla distribuzione, dobbiamo assicurarci anche recensioni positive. Oggi la principale professione degli autori sembra essere diventata quella di critici letterari: dalle riviste ognuno spara a zero sui rivali, nella speranza di rimanere da solo sulla vetta. Con un autore già noto, i rischi sono più limitati, ma con un giovane, il discorso è diverso.

Tutta questa manfrina fa parte del copione e serve solo per distrarre la vera preda.

- Comunque mi sento di garantire che la sua opera avrà un buon successo.

Sì, questo tra poco sviene. L’altro invece è pronto. Non si accorge neanche dell’uccello che gli punta contro il buco del culo.

- Me lo auguro.

- Me lo auguro anch'io e farò di tutto per assicurarlo. Lei certamente se lo merita.

L’autore giovane tra un po’ si inginocchierà ai suoi piedi. Dauriat pensa che ad uno così potrebbe anche proporre di non pagare i racconti, se non ci fosse di mezzo ben altra preda. Adesso è il momento di spingere. Prima di rendersene conto, Jean Guyère se lo ritroverà tutto in culo.

- Non so come ringraziarla.

Ora. La manovra va fatta in due rapide mosse, in modo che la vittima non abbia il tempo di reagire. Centrare il buco…

- Ma si figuri. Certo che per un autore sconosciuto è più difficile. Anche se il suo cognome è noto, grazie a suo cugino.

- Lui sì che è un autore affermato.

Con la coda dell’occhio Dauriat vede Guyère l’illustratore aggrottare la fronte. La vittima sospetta qualche cosa: nonostante il grasso ben distribuito, sente l’uccello che sta per entrargli in culo. Ma ormai è troppo tardi. Una spinta decisa e l’arma affonda, fino all’elsa.

- Questo mi dà un'idea. Un'ottima idea. Sì! Senta, se suo cugino volesse illustrare i suoi racconti, non dico con molte immagini, basta una tavola per racconto, sarebbe un grande incentivo per le vendite.

Fatto, l’operazione è conclusa. Il grande illustratore ce l’ha in culo e non gli sarà facile liberarsene. Dauriat annuisce, come se stesse valutando un’idea che gli è balenata in mente solo ora.

- Davvero, un grande incentivo.

Un ultimo colpo, tanto per assicurarsi che l’uccello sia tutto dentro.

 

*

 

Jean si sente soffocare dalla rabbia. Ora la manovra è chiara. Ma perché quello stronzo di Dauriat, che di sicuro l’aveva già in mente, non gliel’ha detto prima? David penserà che si siano messi d'accordo. Accidenti a lui! Ed accidenti anche a se stesso: è stato un bel coglione a non sospettare che le condizioni troppo favorevoli di Dauriat nascondevano qualche cosa. Avrebbe dovuto capirlo subito che la cifra proposta per l’acquisto dei racconti era eccessiva, per un autore sconosciuto. Ma ormai c’è poco da fare.

Jean cerca di non lasciar trapelare la sua irritazione. Sorride a Dauriat ed osserva:

- Non è abituale che una raccolta di racconti di un autore non ancora conosciuto esca in un’edizione illustrata.

Dauriat sorride. Quel figlio di puttana ha capito benissimo che l’affare è fatto: Jean sa che se David è d’accordo, non può dire di no, perché il cugino penserebbe che lui non voglia aiutarlo.

- Non è abituale, ma talvolta avviene. In questo caso vale davvero la pena di investire di più: se lei avesse voglia, potrebbe contribuire al successo di un libro eccellente.

Questo ruffiano sa come ottenere quello che vuole. Negli occhi di David si è accesa una luce a sentire la parola eccellente. Dopo aver assistito a quella scena penosa pochi minuti fa, non si aspettava di essere trattato con i guanti.

Jean vorrebbe strangolare Dauriat, ma ormai c’è poco da fare. Questa vecchia volpe l’ha fottuto per bene.

- Mi lasci parlare un attimo con mio cugino.

Prende David per un braccio e si allontanano. Vede Dauriat soddisfatto, sicuro del suo successo.

- David, non ne sapevo niente, te lo assicuro. Sarei ben contento di farlo, ma solo se lo vuoi.

David sorride, non ha capito niente della manovra.

- Mi sembra una bellissima idea. Mi piacerebbe che il mio primo libro avesse qualche cosa di tuo. Di visibilmente tuo. Purché non ti costi troppa fatica.

Jean tace. L'intensità del piacere che prova lo stordisce. David ha il potere di renderlo felice con un nonnulla. 

- Allora, d'accordo, ma ti faccio anche un ritratto da mettere all'inizio.

- Ma...

- Niente ma. Conditio sine qua non. Punto e basta.

L’idea del ritratto l’ha lanciata solo per evitare che David si renda pienamente conto della situazione. Lui sta lavorando alle Favole e preparare delle tavole per i racconti del cugino sarà un bell’impegno, perché devono essere perfette. Dovrà mettersi a lavorare ventre a terra per non ritardare la pubblicazione dei racconti e rimanere nei tempi previsti per il secondo volume delle Favole. I testi comunque li conosce già e qualche idea su come illustrarli gli è venuta leggendoli: deformazione professionale.

 

*

 

Pubblicati. Da Dauriat. La sua opera avrà un buon successo. Bellissimi, sì, ha detto la parola bellissimi. E molto validi. I racconti sono molto validi, sono bellissimi. Un libro eccellente. Dauriat è un editore, sa di che cosa parla. Dauriat pensa che i suoi racconti possano avere successo.

David ha una grande confusione in testa, un turbinio di pensieri che svolazzano come rondini intorno al nido. Le campane di una chiesa vicina stanno suonando, ma a David pare di averle in testa: uno scampanio pasquale ed oggi è davvero per lui giorno di resurrezione, dopo la passione degli ultimi anni.

Guarda Jean. Ha bisogno di una conferma.

- Ma è vero, non sto sognando?

Jean sorride. David vorrebbe abbracciarlo. Gli deve tutto.

Non vede l’ora di vederli stampati. Un libro, con il suo nome. I suoi racconti pubblicati. Non ha sbagliato tutto, non si è costruito castelli in aria. Ma adesso l’immaginazione vola, sogni che sembravano svaniti nel nulla da tempo ritornano. Deve rimanere con i piedi per terra, assurdo montarsi la testa. Ed è bene che si metta a lavorare al romanzo, senza perdere tempo.

E proprio mentre pensa di mettersi al lavoro senza indugi, Jean gli dice:

- Per festeggiare il contratto, che ne diresti di una gita in campagna? Queste giornate di novembre sono ancora bellissime, ci muoviamo un po' e ci rinfreschiamo le idee. Tu hai bisogno di un po’ di riposo, dopo questo lavoro forsennato...

La proposta lo spiazza. Risponde:

- Pensavo di lavorare al romanzo...

Si ferma. È stato scortese. Il cugino gli chiede di fare una scampagnata e, dopo tutto quello che Jean ha fatto per lui, David si fa ancora pregare?

Prima che David abbia il tempo di correggere il tiro, Jean riprende:

- No, scusa se mi intrometto nei tuoi affari, ma il modo in cui hai lavorato in questi ultimi mesi è eccessivo: hai bisogno di muoverti un po' e non sono i due passi in giardino o per le vie di Parigi che ti faranno recuperare le forze. Un periodo di lavoro intensissimo va bene, ma non puoi mica continuare così per sempre. A meno che tu non voglia morire giovane: in questo caso sarai uno di quegli autori promettenti che non hanno potuto... mantenere le promesse.

David annuisce. Non può dire di no, sarebbe scortese. Ed in ogni caso si rende benissimo conto che Jean ha ragione: deve prendersi un momento di riposo. Sorride ed acconsente:

- Credo che tu abbia ragione. Una scampagnata è una bella idea.

- Ed io ne approfitterò per buttare giù lo schizzo preparatorio per il tuo ritratto. Mi porto dietro tutto l’occorrente.

David ride.

- Così io riposo e tu lavori? Non mi sembra giusto.

- Io non ho mica i tuoi ritmi di lavoro. Non ho bisogno di riposarmi.

Il cugino avrà un bel da fare a preparare tutti i disegni. E dire che sta lavorando anche al volume di La Fontaine. Ma Jean è bravissimo e di certo i suoi disegni contribuiranno al successo dell’opera, come ha detto Dauriat. Che bella idea ha avuto l’editore!

 

*

 

Jean spegne la lampada. È contento della giornata. La faccenda delle tavole richiederà un bel lavoro in più, ma in effetti dovrebbe contribuire al successo del libro. Jean spera che i racconti ricevano l’accoglienza che si meritano. David ne ha bisogno.

David è un aquilotto, che lui ha accolto affamato e sperduto. L'ha nutrito ed ora il piccolo sta recuperando le forze e crescendo, comincia a spiegare le ali ed a volare verso il cielo. Presto salirà così in alto che a lui non rimarrà altro da fare che guardarlo da lontano. Lui è un vecchio pollo, incapace di volare.

L'immagine lo fa sorridere. Ha appena compiuto quarantacinque anni, è in buona salute ed anche lui sa volare, anche se non così in alto come farà David, perché David arriverà al sole. David è figlio del sole, della luce.

Eppure il pensiero gli provoca un senso di disagio, una sofferenza di cui non riesce a definire i contorni. Ripete le parole che si è detto. Guardarlo. Guardare David sarà sempre un piacere. Da lontano. Questo è il punto dolente. Perché a David non è affezionato come lo si può essere ad un cugino o ad un fratello. E non è neanche solo attrazione fisica. È qualche cosa di più, molto di più.

Ma David volerà molto lontano. Questo lo sa, lo ha sempre saputo. Così dev’essere, è giusto che sia così. Ma il pensiero desta un’angoscia che trabocca e lo trascina via. Del benessere di pochi minuti fa, non è rimasta traccia. Ora c’è soltanto dolore, un dolore che affonda i denti nella sua carne.

 

*

 

La giornata è serena e l'aria tiepida: l’ideale per un’escursione. David è contento di aver accettato la proposta di Jean, anche se l’ha fatto soprattutto per accontentare il cugino. Comunque Jean ha ragione: staccare un po’ dal lavoro gli sarà utile.

Ora camminano fianco a fianco, chiacchierano, discutono, tacciono, ridono. È la prima volta che trascorrono un'intera giornata insieme: abitualmente si ritrovano solo ai pasti e dopo cena.

Passeggiano a lungo, costeggiando la Senna. Jean ha un passo piuttosto rapido: si vede che è un gran camminatore.

Passano di fianco ad alcune cascine. David guarda i contadini al lavoro, le donne che lavano i panni. Quel giovane che continua a bestemmiare mentre ripara lo steccato è così rabbioso perché la sua condizione gli pesa o c’è qualche problema particolare? Magari una donna che gli ha detto di no. O che gli ha detto di sì ed ora è incinta. E la ragazza ha due fratelli. Lo hanno minacciato… David si rende conto che come al solito la sua fantasia galoppa. La voce di Jean lo richiama alla realtà.

- Che ne dici di fermarci qui? Mi sembra un posto piacevole, con un bel panorama.

Sono arrivati su una piccola cresta che domina il fiume, ai margini di un boschetto ormai spoglio. Dal punto in cui si trovano la vista spazia sulla Senna e sulla campagna: si scorgono alcune fattorie ed i campi nudi.

- Sì, va benissimo.

- Allora siediti lì, perché prima di mangiare lavoro un po’.

Jean lo fa sedere ai piedi di un albero, ma la posizione non lo convince e gli dice di spostarsi su un masso. Studia le diverse angolazioni, gli fa alzare ed abbassare la testa. David partecipa divertito a tutta l’operazione: è la prima volta che qualcuno gli fa un ritratto e non si è mai posto il problema della posizione da assumere. Ha sempre pensato che uno si siede o si mette in piedi e poi l’artista dipinge. Ma è un’idea assurda, naturalmente: sarebbe come scrivere un romanzo preoccupandosi solo di raccontare i fatti uno dopo l’altro.  

David sbuffa, fingendo di spazientirsi, e punzecchia Jean:

- È possibile che nessuna posizione sia di tuo gusto?

Jean risponde per le rime:

- Il problema è il soggetto, del tutto inadatto.

- Potresti rinunciarci.

- Neanche per idea. Le sfide con l'impossibile mi tentano sempre. Adesso rimani così. Vediamo come viene.

Jean si siede ed incomincia a tracciare uno schizzo, poi, dopo un buon momento di silenzio, parla:

- Non sei un soggetto facile.

- E perché mai?

- In primo luogo perché non stai fermo!

David si rende conto di aver girato un po’ la testa per seguire il volo di due gazze. Accidenti! Jean ha ragione: non è davvero un buon modello. Si blocca immediatamente.

- Scusami! Ma perché “in primo luogo”? C’è anche un altro motivo?

- Te lo dico solo se taci: come faccio a disegnarti la bocca, se la muovi sempre?

A David viene da ridere. Non ride spesso, ma ora gli sembra di non riuscire a contenersi ed in effetti la risata deborda. Jean sbotta:

- Il secondo motivo è che sei un disastro! Devo darti una mazzata in testa per farti stare fermo? E piantala di ridere!

Jean finge di essere furibondo, ma non riesce ad essere convincente, perché anche a lui viene da ridere.

- Starò fermo solo se prometti di dirmi il secondo motivo.

- Prometto, ma prometto anche che alla prima parola nei prossimi dieci minuti, ti tiro in testa il tuo ritratto e dico a Dauriat che non faccio niente.

David si sforza di rimanere assolutamente immobile.

- Il secondo motivo è che sei bellissimo. Riprodurre un paesaggio, un oggetto, un animale, un uomo che di per sé è particolarmente bello è molto difficile: il disegno rischia di non essere all'altezza dell'originale. Parto svantaggiato.

- Devo ricordarti che quella del ritratto è un'idea del tutto tua? E che...

- Devo ricordarti che ti sei impegnato a stare fermo e zitto?

David tace e Jean riprende:

- Tu hai un viso molto regolare, troppo. C'è molto di tua madre nel tuo viso.

Il pensiero di sua madre ritorna di colpo, inatteso e doloroso. David insegue pensieri che fuggono verso un passato che ormai gli sembra lontano. Ripensa alla sua infanzia, di cui conserva un ricordo luminoso. Ricorda la malattia di sua madre. Non parla mai di lei. Con chi potrebbe parlarne? Con suo padre, forse?

Le parole gli sfuggono:

- Tu la conoscevi bene?

Jean lo guarda e, senza smettere di disegnare, riprende a parlare:

- Era una donna splendida, le volevo molto bene. Era molto dolce con me. Mia madre era severa, poco espansiva. E poi io ero nato quando ormai i rapporti tra lei e mio padre erano diventati difficili. Tua madre invece era sempre così cara con me!

Sua madre aveva una grande stima di Jean, David se lo ricorda benissimo. È giusto che glielo dica. Ma non ora. Jean sta disegnando ed è meglio lasciarlo lavorare in pace.

David rimane a lungo in silenzio, lascia che anni ormai sepolti riemergano, il loro splendore appena offuscato dalla consapevolezza che quel tempo è finito. Dopo quei giorni scintillanti c’è un lungo periodo buio, che ora sembra volgere al termine. Ma a David sembra di sentire ancora addosso il freddo degli ultimi anni, la fame che è stata a lungo la sua compagna, la disperazione.

Basta! Quel periodo è finito. Ora c’è un altro futuro davanti a lui. Deve guardare avanti. Ma il pensiero ritorna indietro, insegue ricordi che ne suscitano altri, in una catena interminabile. Il cancello del giardino che non si chiudeva bene, perché l’umidità l’aveva deformato; il gesto con cui David bambino cercava di spingerlo in modo da poter far scattare il fermo ed il tocco leggero di sua madre che senza fatica lo premeva, in modo che lui potesse chiudere. E poi, quando lui alzava la testa, il loro sorriso d’intesa, che sottintendeva affetto e complicità. Ed oltre il cancello la strada in pendenza, dove una volta era ruzzolato, mentre correva, e l’abbraccio di sua madre che lo consolava. Sono mille piccole cose che dal passato sembrano ritornare vive.

David non si rende conto che il tempo passa. È solo un movimento di Jean, che posa la matita e guarda la sua opera, ad indicargli che deve aver concluso. Sembra abbastanza soddisfatto.

 

*

 

Sì, lo schizzo è venuto bene. È riuscito a catturare la vera espressione di David: seria, concentrata. Jean detesta certi ritratti di poeti che si vedono sui libri, con gli occhi rivolti al cielo ed uno sguardo languido. L’immagine di David deve rendere giustizia alla sua bellezza virile ed alla sua intelligenza.

Le parole di David interrompono la sua riflessione.

- C'è una cosa che non ti ho mai detto, Jean.

- Che cosa?

- Cinque anni fa, quando mia madre stava per morire, aveva capito che non avrei potuto contare sul mio ... patrigno, perché tale è. Aveva paura per me, per il mio futuro. Mi disse, ricordo esattamente le parole: "Se avrai bisogno di aiuto e tuo padre non potrà o non vorrà fare niente per te, rivolgiti a tuo cugino Jean. È l'uomo migliore che io conosca." Aveva ragione.

Jean abbassa la testa. Le parole di David lo hanno commosso. Se gli piacessero le donne, direbbe che un tempo era innamorato della zia, che aveva appena cinque anni più di lui. Ma il sentimento che lo ha legato ad Adèle Guyère non è stato amore. Affetto, per una persona che gli ha sempre voluto bene, senza condizioni, questo sì. Ed ora l’idea che proprio lei gli abbia in qualche modo affidato David gli dà una gioia infinita. Cerca di nascondere la commozione con una battuta:

- E tu non hai seguito il suo consiglio. Per non fare i trecento metri che separano casa mia dalla scarpata, eri pronto a buttarti nel fiume.

David non sorride.

- A Parigi ero andato a casa tua, dopo mille incertezze e ripensamenti, ma tu non c'eri, eri a Chaumont. E dopo quella giornata a Chaumont, non riuscivo a vedere altre soluzioni.

Jean non dice nulla. Forse è meglio lasciar svanire quei ricordi cupi e pensare alle promesse del futuro. Ma mentre Jean sta per cambiare argomento, David gli pone a bruciapelo una domanda che lo spiazza:

- Non ti ricordi di mio padre, quello vero, intendo? Il barone di Trouillas, come probabilmente sai.

E questa volta è la mente di Jean a volgersi verso un passato in cui le cose non sembravano ancora stabilite una volta per tutte, in cui pareva esserci uno spazio per scelte diverse, percorsi di vita differenti. Aveva pubblicato il suo primo libro, allora, ma non era stato notato né dalla maggioranza della critica, né dal pubblico: nulla indicava che avrebbe avuto successo come disegnatore. E, d’impulso, aveva deciso di arruolarsi. Avrebbe potuto diventare uno di quegli ufficiali che nel tempo libero coltivano qualche interesse: il disegno, nel suo caso; la letteratura o le antichità, per altri. Non aveva mai avuto rapporti, né con uomini, né con donne, anche se il suo corpo sapeva ciò che desiderava. Tutto era ancora possibile. Tutto avrebbe potuto essere diverso.

La risposta alla domanda di David evoca ricordi e dubbi che Jean preferirebbe non destare dal loro sonno.

- Sì, anche se ebbi poche occasioni di vederlo: in quel periodo non vivevo più a Chaumont, ma ritornai per salutare mia madre, prima di partire. Avevo deciso di arruolarmi. Rimasi solo una settimana, ma mi ricordo di lui perché...

“Perché era bellissimo, come di certo non lo era nessuno a Chaumont, e mi piacque più di qualunque uomo avessi mai conosciuto, perché fu il primo uomo che desiderai sapendo di desiderarlo, senza confondere attrazione fisica e simpatia, amore ed amicizia”. Questo dovrebbe rispondere Jean, se potesse essere sincero. Ma di questo Jean non ha mai parlato a nessuno e non lo farà certo con David.

- …ebbi modo di vederlo diverse volte, e di lui si parlava molto: Chaumont è una cittadina di provincia, la gente passa il tempo a spettegolare, lo sai benissimo. Il barone aveva poco più di trent'anni ed era un uomo bellissimo.   

Jean potrebbe raccontare qualche cosa di più, ma esita. Ha paura di ferire David, ma il cugino vuole sapere e forse è giusto che un ricordo rubato sia reso all’unica persona che oggi ha davvero il diritto di conoscerlo.

- Una volta mia madre mi mandò a casa dei tuoi. Dovevo portare della frutta, una varietà di pesche che cresceva in un terreno di nostra proprietà e che tua madre amava molto: il fattore che le aveva raccolte ce le aveva appena portate e così fui incaricato della consegna. Come facevo sempre, non andai per le strade, ma presi scorciatoie e viottoli tra i campi, così arrivai dalla parte del giardino sul retro della casa. Era quasi l'ora in cui lo zio rientrava. Mentre stavo per aprire il cancelletto, vidi nella siepe un magnifico pettirosso. Avevo accarezzato il progetto di un libro sulla fauna della regione, un libro di disegni, intendo. Un amico naturalista a cui mi ero rivolto mi aveva consigliato di lasciar perdere l’idea, per tanti motivi. E poi avevo deciso di arruolarmi, ero tornato a Chaumont proprio per salutare mia madre…

Arruolarsi… un’idea assurda, non era quella la sua strada. Ma suo fratello era morto ad Abukir poco più di un anno prima. Che cosa voleva ottenere, arruolandosi? Che sua madre piangesse anche lui, come aveva pianto suo fratello? Troppi fantasmi stanno uscendo da questo vaso di Pandora che la domanda di David ha scoperchiato. Jean cerca di ignorarli e riprende a raccontare:

- Ma in qualche modo l’idea del libro era ancora nella mia testa e senza riflettere mi inginocchiai per osservare meglio il pettirosso. In quel momento la porta di casa si aprì. Io potevo vedere attraverso la siepe, che però mi nascondeva. Vidi tua madre affacciarsi e guardare con attenzione fuori, in una direzione e poi nell'altra: stava chiaramente controllando che non ci fosse nessuno. Avrei dovuto alzarmi e farmi vedere, ma sbucare così dalla siepe mi sembrava brutto. Esitavo, incerto sul da farsi, quando lei fece un cenno verso l’interno della casa e sulla porta si affacciò il barone. A questo punto non potevo più mostrarmi, mi ero ficcato in una situazione incresciosa.

Jean esita un attimo, poi conclude:

- Lui la prese tra le braccia e la baciò, mentre lei cercava di dirgli qualche cosa, poi si diresse verso il cancelletto. Io mi nascosi dietro l’angolo ed attesi dieci minuti, prima di bussare.

Questo è tutto. Altre sensazioni ed emozioni sarebbero difficili da esprimere, non sono chiare neppure a Jean. Vedere quell’uomo che baciava sua zia lo aveva turbato. Non solo perché la scena era la prova dell’infedeltà di Adèle Guyère, ma perché in quel momento si era chiesto che cosa si prova ad essere baciati da un uomo così. Che cosa provava sua zia. Che cosa avrebbe provato lui.

- Che cosa puoi dirmi di lui?

- Era un uomo molto bello: i tuoi stessi capelli, i tuoi stessi occhi scuri, un naso diritto, ed un paio di folti baffi alla moda di Parigi, che a Chaumont di certo non portava nessuno. Aveva tutta la sicurezza che danno il successo, l’eleganza e la bellezza. Ai miei occhi appariva ricco, ma si parlava di lui come di un uomo rovinato, rifugiatosi a Chaumont da lontani parenti proprio per evitare problemi con i suoi creditori.

C’è un lungo silenzio. Jean sa di aver toccato una ferita. Non dice nulla.

È David a parlare:

- Scoprire che mia madre era... che aveva tradito mio padre è stato duro. Era l'unica persona che mi avesse amato veramente. L'avrei voluta perfetta.

- I nostri padri non erano precisamente dei modelli di fedeltà coniugale e le nostre madri ne hanno sofferto. La tua ha ripagato suo marito con la stessa moneta e non posso darle torto. Non puoi pensare che una donna rimanga fedele per sempre mentre suo marito corre la cavallina. È assurdo, anche se molti pensano che ad un uomo tutto sia permesso e che una donna debba sempre solo sopportare.

David non risponde subito.

- La tua rimase fedele a tuo padre.

- Finché visse, sì, almeno credo. Ma quando morì, si risposò dopo appena un anno. Non mi fu facile accettare questo secondo matrimonio: avevo quasi quindici anni e lo vissi come un tradimento. Pensavo che mia madre avrebbe dovuto rimanere fedele alla memoria di mio padre. Fin dall'inizio detestai il mio patrigno.

- Mia madre disse una volta che il tuo patrigno non ti rendeva la vita facile.

- Non so come tuo madre potesse saperlo, ma era vero. Io non l'avevo accettato e lui non aveva accettato me. Tra noi c'era una continua tensione, anche se non ci furono mai litigi. Di fatto, lui aveva poco potere su di me: mio padre prima di morire aveva nominato mio tutore un amico, il notaio Villiers, quello di cui Bouchardon ha rilevato lo studio, lasciandogli istruzioni precise perché io potessi continuare gli studi che avevo intrapreso. Mia madre era determinata a rispettare le ultime volontà di mio padre. Il mio patrigno sosteneva che insegnarmi il disegno non aveva senso e che avrei fatto meglio a cercare un lavoro o almeno a studiare da medico o avvocato. Lo lasciavo dire, ma facevo di testa mia.

- E lui ti rendeva la vita impossibile?

- Non proprio. Certamente, comunque, non me la rendeva più facile.

Jean potrebbe raccontare molti episodi sgradevoli, infinite piccole vessazioni, sgarbi, battute che miravano a ferire. Ma è inutile. Sono ricordi che ha sepolto e che non vale la pena di riesumare. Non significano più niente, ormai.

- Ed ora, come sono i vostri rapporti? Tra te ed il tuo patrigno, intendo.

Jean si dice che David dev’essere l’unica persona a Chaumont a non saperlo. Ma David non vive a Chaumont da tempo.

- Non lo vedo da anni.

David appare stupito.

- Ma come… non vai mai da tua madre, quando sei a Chaumont?

- Sì, tutti i giorni, ma solo nelle ore in cui lui non è in casa. Lui lo sa ed evita di tornare prima. Nessuno dei due ci tiene ad incontrare l'altro. È una specie di… gentlemen’s agreement, come dicono gli inglesi.

 

Tornando a casa, Jean si sente soddisfatto della giornata: ha preparato uno schizzo che gli permetterà di tracciare il ritratto di David per il libro, ma soprattutto ha avuto modo di parlare con il cugino, di stabilire con lui una certa intimità. Gli sembra che ora loro due siano più vicini.

 

*

 

David si sta togliendo la giacca, che gli scivola a terra. Si china per raccoglierla e quando si rialza urta con il gomito la brocca dell’acqua, che cade sul letto, mentre l’acqua si versa sulle lenzuola. David cerca di raddrizzarla, ma il suo movimento precipitoso non fa che peggiorare la situazione: la brocca gli sfugge di mano e cade a terra, rompendosi.

Che disastro!  Come ha potuto essere così maldestro?!

Bussano alla sua porta.

- Avanti.

È Jean.

- Ho sentito un rumore. Qualche problema?

David indica il letto e la brocca a terra:

- Scusa, Jean. Ho combinato un disastro.

Jean lancia un’occhiata e ride.

- Niente di terribile. Chiamo Marie-Anne.

David vorrebbe fermarlo. Gli dà fastidio che la domestica veda il guaio che ha combinato: già non sembra apprezzare molto la sua presenza. Ma le lenzuola vanno cambiate.

Marie-Anne arriva quasi subito. Jean augura la buona notte e torna nella sua camera.

La donna toglie le lenzuola, poi raccoglie i pezzi della brocca. Porta il tutto fuori dalla stanza. David dà un’occhiata al letto. L’acqua non sembra aver bagnato il materasso, per fortuna.

Marie- Anne rientra ed asciuga il pavimento con uno straccio. La donna è china a terra e David guarda i fianchi sollevati.

Marie-Anne volta la testa verso di lui, come se avesse avvertito lo sguardo di David su di lei. David abbassa gli occhi, confuso. La donna riprende ad asciugare, poi spazza con cura, per eliminare gli ultimi frammenti.

Quando ha terminato con il pavimento, Marie-Anne esce, senza guardarlo, accostando la porta.

Meno male che se ne è andata. David è turbato. Questa sera si sta comportando come un idiota.

Si sfila la camicia. In quel momento la porta si apre. Marie-Anne entra con un nuovo paio di lenzuola. Lo guarda, sorpresa.

David si dà dell’imbecille. Non ha pensato che il letto era da rifare. La porta non era chiusa, la domestica non ha ritenuto necessario bussare. Ed ora che cosa penserà, a vederlo a torso nudo, dopo che prima si è accorta che la stava guardando?

La donna non dice nulla. Gli volta la schiena e con movimenti precisi e sicuri prepara rapidamente il letto. David si rimette la camicia, senza abbottonarla.

Marie-Anne ha concluso. Con gli occhi perlustra la stanza, controllando che tutto sia a posto. Poi il suo sguardo si posa sul viso di David. Rimane a fissarlo, senza dire niente. David la fissa. Si sente la gola secca.

La donna porta le mani alla crocchia di capelli. Toglie una forcina, poi una seconda ed una terza. I capelli si sciolgono sulle sue spalle. Ha lunghi capelli neri che le arrivano alla vita, Marie-Anne.

David fa un passo avanti. Ora è di fronte a lei. Con la destra accarezza i capelli, poi la mano risale, fino ad arrivare alla nuca della donna. Preme sul collo ed avvicina il viso di Marie-Anne al suo.

 

*

 

Il compenso per i racconti ed il libro. Il denaro è importante, per David significa non trovarsi più a dipendere dal cugino. Jean non glielo fa pesare, per nulla, ma a lui spiace.

Il libro significa di più, molto di più. Il suo primo libro. La realizzazione di un sogno covato a lungo e ad un certo punto abbandonato.

- Non dovrai più mantenermi, Jean. Ora posso guadagnarmi da vivere. Potrò cercarmi un'altra sistemazione.

Jean lo guarda, quasi stupito.

- È proprio necessario? Non sarebbe meglio che tu rimanessi ancora qui? Se non ti pesa, ovviamente.

- Se non mi pesa? Jean, sono io che non vorrei esserti di peso per tutto l'oro del mondo.

- Ti ho dato questa impressione?

- No, santo cielo, no! Jean, non farmi dire ciò che non penso.

- Bene, David. Sono felice di averti qui e mi spiacerebbe molto che tu te ne andassi. Potresti rimanere qui ancora per un po’ di tempo, in modo da riuscire a lavorare tranquillamente al tuo romanzo senza doverti preoccupare di altro. La concentrazione è importante. Se però vuoi andartene, non posso certo trattenerti a forza.

- Non voglio andarmene, ma...

- Se non vuoi andartene, non ci sono ma. È così bello averti qui.

David scuote la testa, incredulo.

- Sei incredibile. Lo fai apparire come se fossi io a farti un favore.

- È così. È bello averti qui, David.

- È bello stare qui. Ma non vorrei...

- ...esserti di peso. David, tu non dovresti fare lo scrittore, tu dovresti fare il suggeritore a teatro. Ripeti sempre le stesse frasi.

David ride. Jean non è un gran conversatore, l’ha notato più volte nel salotto della signora de Camps. Ma quando ci si mette, sa come presentare le cose nel modo giusto per ottenere ciò che vuole, che in questo caso è soltanto aiutare lui.

- Grazie, Jean.

 

*

 

Sapeva benissimo che David avrebbe manifestato l’intenzione di andarsene, temendo di approfittare della sua ospitalità. E, sapendolo, aveva affilato le sue armi. L’operazione ha avuto successo. In pieno.

Avere David accanto è un tale piacere!

Jean è ben conscio dei rischi che corre. La gioia che gli dà la presenza di David ha il suo prezzo, che è ben più alto delle tentazioni della carne: quelle Jean sa tenerle a freno o almeno cercare altre vie per soddisfare le sue esigenze. Ogni giorno passato vicino a David è un laccio che si stringe un po’ di più, rendendo più dolorosa la separazione, inevitabile: su questo Jean non si fa illusioni.

Ma il presente è così bello, vale la pena di goderlo.

Molte cose cambieranno, ora. Il libro è uscito, ci saranno recensioni, il talento di David verrà riconosciuto. Molti salotti gli apriranno le porte. La vita di David cambierà. Quanto? Impossibile dirlo.

David si è rimesso a lavorare intensamente al suo romanzo, ma quando Jean gli suggerisce di uscire per svagarsi un po', di solito David accetta. Di propria iniziativa esce poco, a meno che non abbia un impegno preciso: magari fa una passeggiata in giardino. Quando decide di fare quattro passi, chiede sempre a Jean se vuole accompagnarlo.

Oggi però è uscito senza invitarlo e senza dire dove andava: ha solo detto che starà via alcune ore. È strano. Ovviamente David non deve rendergli conto di come impiega le sue giornate, ma quel "Vado a fare un giro" lo lascia un po' perplesso. Che David abbia qualche storia, un appuntamento galante? Difficile che vada a puttane, a quest'ora, ma non è da escludere neanche questo. Niente per mesi e mesi e poi due volte in una settimana? No, impensabile. Più probabile un'avventura.

Il pensiero che David in questo momento sia con una donna, forse a letto con una donna, gli dà fastidio, anche se è stato lui stesso a suggerirlo. Gli spiace anche che David non gliene parli, ma la sua è una pretesa assurda, lo sa benissimo: David non è certamente tenuto a rendere conto a lui dei suoi amori e d'altronde, dei propri amori, lui non ha mai parlato a David.

Al pensiero gli viene da sorridere. Che cosa potrebbe dire dei suoi amori? Potrebbe dire che lo ama, perché su questo non ha più dubbi, e che soddisfa i suoi bisogni con rapporti occasionali, che gli appaiono sempre più privi di senso, ma corrispondono ad una necessità che non può ignorare. Potrebbe dirgli che immaginandolo con una donna si sente geloso e leggermente eccitato. Che vorrebbe vederlo fare l'amore. Che...

Che è meglio che lasci perdere e lavori. Il secondo volume delle Favole lo attende e portarlo a termine in modo soddisfacente non sarà facile, soprattutto se continua a pensare a David. Con David in testa potrebbe forse illustrare l’Ars amatoria di Ovidio, ma in una versione un po’ particolare. O forse qualcuno di quei libretti che circolano clandestinamente e che ha avuto tra le mani qualche volta. Quelli sì, ma in quel caso i suoi estimatori non apprezzerebbero le illustrazioni. O forse sì, almeno alcuni, ma non ci tiene a finire in prigione per pubblicazioni oscene. Basta! Meglio mettersi al lavoro.

 

È quasi sera quando David rientra. Jean lo sente, ma evita di uscire ad incontrarlo. Non vuole che il cugino si senta in obbligo di dirgli dove è stato o - ancora peggio - di inventare una scusa. David si è occupato dei propri affari e Jean si fa i suoi.

David però bussa alla porta del suo studio. Quando entra, ha in mano un pacchetto.

- Ti ho preso una cosa.

- Per me? Grazie, David.

Jean prende in mano il pacchetto e lo apre. Questo è il motivo per cui David è uscito, dunque? Comprare una cosa per lui? E lui che si è immaginato…

Dal pacchetto esce un tagliacarte, con il manico in avorio ed oro, finemente lavorato: una caccia con cavalieri e cani che inseguono un cervo. È un oggetto di incredibile bellezza, che deve essere costato una cifra spropositata.

- David, ma... dove l'hai preso?

David sorride.

- L'ho preso da Florent e Chanor, è di un artista che non conoscevo, ma che mi è sembrato bravissimo, Stidmann.

Jean è rimasto senza parole. Non si aspettava di certo un regalo di tale bellezza. Il cugino ha intascato il compenso per i racconti, ma quel denaro dev’essere tutto quello che possiede.

- David, ma non dovevi, è una follia, avrai speso tutto quel che hai guadagnato con i tuoi racconti.

David alza le spalle.

- David, scusa se te lo dico, ma tu devi pensare al futuro. Non puoi buttare via i soldi che guadagni con mesi e mesi di duro lavoro in questo modo.

Sul viso di David sembra scendere un velo di tristezza. Jean teme di averlo ferito con le sue critiche, ma il motivo è un altro.

- Non ti è piaciuto?

Jean prova un rimorso violento. Ha ferito David, sì, ma in un modo molto peggiore di quanto pensasse: non con il suo rimprovero, ma quasi ignorando quel regalo meraviglioso.

- Scusami, David, hai ragione. Invece di ringraziarti, ti ho fatto una predica. È una delle cose più belle che io abbia mai visto e mi ha fatto un piacere enorme. Troppo grande. È bellissimo, quasi come te. Scusami, mi costa fatica accettare che tu abbia speso per me tutto quello che hai guadagnato. Grazie, David. Grazie, anche se non avresti dovuto farlo. Grazie, anche se è una...

 - ...follia. - lo interrompe David - Ma non dicevi che non bisogna sempre ripetere le stesse frasi?

Jean ride, ma non demorde.

- Io sono un povero illustratore, non un grande scrittore. Posso anche maltrattare la lingua...

- E le orecchie di chi ti ascolta. - lo blocca nuovamente David.

Jean sorride. Nell'ironia di David riconosce la propria scuola.

- Lo sapevo che prima o poi avresti usato le mie parole contro di me.

Gli prende le mani tra le proprie e gliele stringe. Ora è troppo commosso per riuscire a parlare. Vorrebbe abbracciarlo, ma non sa come David reagirebbe.

- Grazie, David.

 

*

 

Si rende conto di essersi infervorata. Con gli occhi cerca sua madre, che naturalmente si è accorta della sua agitazione. Aspettava solo che lei si decidesse a guardare nella sua direzione e le fa subito un cenno. Appena percettibile, ma chiarissimo. Marguerite de Grandlieu si sente arrossire. Si alza e mormora a David Guyère:

- Mia madre mi chiama, mi scusi.

Non avrebbe dovuto accalorarsi così, non avrebbe nemmeno dovuto parlare con David Guyère a tu per tu, non si addice ad una giovane della sua età e della sua condizione sociale. Marguerite potrebbe anticipare, quasi parola per parola, ciò che sua madre le dirà mentre torneranno a casa, dopo averla tenuta al suo fianco per il resto della serata.

Marguerite è impulsiva, le hanno presentato David Guyère, l’autore di quei due magnifici racconti ed ha voluto esprimergli tutta la sua ammirazione. E poi si sono messi a parlare di L’incontro, di quel finale straziante. Marguerite ha pianto, leggendolo. Sua madre le dice sempre che è troppo emotiva. Ed anche adesso, parlandone con Guyère, si è lasciata trascinare, lo ha accusato di essere stato crudele, negando ai due protagonisti quel barlume di luce che avevano intravisto nel buio delle loro esistenze. Ha fatto la figura della sciocca con lui e si è attirata un rimprovero di sua madre.

È vero, è troppo emotiva, lo sa: basta un nonnulla a ferirla o ad entusiasmarla. L’altra sera poco è mancato che si mettesse a piangere, quando la marchesa d’Espard ha fatto quella battuta cattiva sulla nobiltà di altri paesi, riferendosi di certo a sua madre. Non è capace di stare in società. Sua zia lo dice sempre. Glielo dice in modo gentile: “Marguerite, hai un’anima troppo bella per poterti trovare bene nei salotti.” Sua madre la rimprovera spesso. Marguerite si chiede se non farebbe bene a rinunciare a queste serate. I suoi vogliono che frequenti la società, che impari a rispettare le convenienze. Ma a Marguerite la vita mondana sembra una gabbia.

Ogni mattino, quando accompagna sua madre nella chiesetta di Sainte-Valère per assistere alla messa, Marguerite si sente in pace con se stessa. Le preghiere sembrano calmare il tumulto che un dialogo, un incontro, una lettura scatenano.

Più d’una volta ha pensato di prendere il velo, eppure le costerebbe fatica rinunciare a tutto ciò che la fa sognare, che le fa battere il cuore più forte, come i racconti di David Guyère. Lui le ha detto che ha da poco pubblicato una raccolta: deve assolutamente procurarsela.

 

*

 

David guarda la giovane, senza farsi notare: non vuole peggiorare la situazione. La madre la rimprovererà senz’altro.

Da quando frequenta il salotto della signora de Camps, David si è abituato a ricevere elogi che sa benissimo non essere sempre sinceri. Ma Marguerite de Grandlieu è davvero entusiasta. Quando lui le ha detto che in passato è stato sul punto di rinunciare alla scrittura - ed alla vita, ma questo a Marguerite non l’ha raccontato - la giovane si è scandalizzata. Le sue lodi gli hanno fatto piacere, perché i suoi commenti rivelano una persona abituata a leggere buoni testi. Anche se certamente sua madre limiterà alquanto le sue letture. Dicono che la duchessa di Grandlieu sia una donna molto religiosa, per quanto non bigotta. 

Ora la ragazza tiene la testa un po’ china. Solo quando le rivolgono direttamente la parola, la solleva, per guardare l’interlocutore. Evita con cura di rivolgere lo sguardo nella sua direzione. Riceverà una bella lavata di capo.

È una ragazza così sincera ed aperta, sembra quasi indifesa di fronte alla vita. Potrebbe diventare un bel personaggio.

 

*

 

Jean è seduto alla scrivania, ma non lavora. Stringe tra le mani il tagliacarte che gli ha regalato David. Ogni tanto guarda il giardino. Non riesce a disegnare.

Sapeva di essersi innamorato di David, ma forse fino ad oggi non si è reso conto di quanto forte sia diventato questo sentimento, giorno dopo giorno. La profonda intimità che si è stabilita tra loro ha peggiorato la situazione, perché all'attrazione fisica, continuamente sollecitata, si aggiunge la scoperta delle doti di David: sensibilità, generosità, onestà.

Spesso Jean si chiede se non sta perdendo i contatti con la realtà, perché David gli appare troppo perfetto, ma fa fatica a scorgerne i difetti. O, meglio, li vede, ma non riesce a considerarli davvero tali: ad un giovane bello come un dio e ricco di talento, si possono non perdonare un po' di vanità, la giusta dose di orgoglio, qualche ingenuità?

Sarebbe meglio che David si innamorasse o almeno stabilisse una relazione con una donna, che fosse più lontano, che avesse più impegni. Vorrebbe vederlo di meno, non essere sempre così vicino a lui, perché il continuo contatto rafforza il suo amore e tenerlo a freno diventa ogni giorno più difficile. Eppure sa che soffrirebbe se David si innamorasse ed ancora di più se si allontanasse da lui, anche in misura minima. L'idea che un giorno andrà ad abitare altrove lo fa impazzire. Ma sa che questo avverrà.

Jean ha un movimento convulso delle mani e sente una fitta al palmo destro. Lo guarda e vede che qualche goccia di sangue cola. Si è tagliato, stringendo la lama. Una ferita da nulla. C’è un’altra ferita, dentro di lui, ben più profonda.

Ama David, ma sa che non sarà ricambiato. Eppure, nonostante le sofferenze di un amore non corrisposto, è così bello avere David al suo fianco, sentirne l'affetto, la fiducia. Ci sono momenti in cui David ha piccoli gesti di tenerezza nei suoi confronti: una semplice stretta affettuosa del braccio, una mano posata sulla sua spalla. Cose da nulla, ma ognuno di essi è sufficiente a scatenare una tempesta di emozioni che si placa solo dopo giorni.

L'intimità con David lo espone ad una continua tentazione, a cui Jean non può certo cedere: vorrebbe abbracciarlo, stringerlo, accarezzarlo, ma non lo farà. Non lo ha ospitato ed aiutato per ottenere da lui qualche cosa. Non vuole approfittare di David.

 

 

I

II

III

IV

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Due buoni Amici c'erano al Chilì
simbol dell'amicizia più cortese.
I buoni amici sono in quel paese
come quelli del nostro o giù di lì.

Una notte, traendo essi profitto
dell'assenza del sol, dormivan sodo.
Allor che trabuffato
un s'alza e corre dritto
a risvegliar l'amico addormentato.

Dormivan tutti in quella casa. Al chiasso
balzano i servi e corrono coi lumi,
anche il padron discende
e accorre coi denari e colla spada.

- Che c'è? quale fracasso?
Sei tu, fratello, che ti pigli spasso,
invece di dormir come costumi?
Che cosa capitò?
Hai tu perduto al gioco il tuo denaro?
La borsa ecco ti do.
T'han fatto qualche ingiuria sulla strada?
Andiam, ecco la spada.
Vuoi tu dormire in buona compagnia?
Questa mia schiava, pigliati, o mio caro.

- No, - disse il buon amico, - alcun bisogno
non ho di tutto ciò,
ma solo vengo, perché ho fatto un sogno
che assai mi spaventò.
Tu m'eri apparso colla faccia scura
e corsi a te pensando a una sciagura -.

Sai dirmi qual dei due, lettor discreto,
amasse l'altro d'un amor più bello?
È l'amico un dolcissimo fratello
che vi cerca nel core il duol segreto.

Senza farvi arrossire ode il bisogno
che vi tormenta. Il sussurrar del vento,
un'ombra è segno, o un fuggitivo sogno,
per chi vuol bene, di sinistro evento.

 

Traduzione di Emilio De Marchi