II – Acque tranquille Jean è seduto sulla poltrona di camera sua ed ammira il giardino. Gli
alberi si sono infine arresi alla primavera ed accompagnano con le loro
foglie il tripudio di colori delle rose. Jean abbassa lo sguardo e prende dal comodino il plico con i
manoscritti di David. Di solito legge in salotto, ma non vuole che il cugino
lo veda mentre esamina i suoi racconti. David teme il suo giudizio, anche se
quando glieli ha dati lo ha pregato di essere molto sincero e di dirgli
onestamente quello che ne pensava. Jean gli ha assicurato che lo farà e che
si prenderà il tempo di leggerli, uno per uno, con calma. Non vuole che il cugino stia in ansia, in attesa di un giudizio: David
ha bisogno di calma per scrivere il suo romanzo. La casa, circondata dal
giardino, affacciata su una strada tranquilla, è il luogo ideale per lavorare
in pace e la stanza che Jean ha dato a
David è ampia ed accogliente. È stata a lungo lo studio di Jean, che poi ha
preferito la camera d’angolo, più luminosa. Come sono i racconti di David? Le luci nella radura, quello
uscito sul gazzettino di Chaumont, è un gioiello. Ma gli altri? Aver scritto
un piccolo capolavoro non significa che tutto ciò che si scrive sia dello
stesso livello. Se i racconti non sono di buona qualità, sarà più difficile trovare un
editore disposto a pubblicarli. Se hanno delle grosse pecche, dovrà parlarne
con David, cercando di non ferirlo. È ora che si metta al lavoro. Jean apre il primo racconto, L’attesa. * David ha davanti a sé i fogli del romanzo che ha incominciato a
scrivere. Quando non riusciva a trovare il tempo per la scrittura, gli
sembrava di avere mille idee in testa, ma adesso fa fatica a riprendere.
D’altronde negli ultimi mesi è riuscito a lavorare poco e in queste settimane
in cui ha avuto tempo a disposizione, si è concentrato sui racconti già
conclusi, per rivederli ancora una volta prima di sottoporli a Jean. Questo è proprio l’elemento che lo distrae. Ha lavorato a lungo su
ognuno di essi e gli è anche parso di potersi dichiarare soddisfatto dei
risultati. Ma adesso, all’idea che Jean li legga, gli sembrano tutti
imperfetti o, peggio, inutili. Che senso hanno le cose che ha scritto? Che
senso ha il suo scrivere? Forse farebbe meglio a cercarsi un lavoro in
qualche ufficio, in un ministero. Quando viveva da solo, in una soffitta, al freddo, era sicuro del
proprio talento, era disposto ad affrontare qualunque sacrificio pur di poter
scrivere. Ora però all’idea che qualcuno leggerà i suoi racconti, le sue
sicurezze svaniscono. E se il cugino li troverà scritti male, insignificanti?
Non glielo dirà in faccia, no, in queste settimane ha avuto modo di conoscere
Jean. È troppo sensibile ed intelligente, troppo generoso. Ma se gli facesse
capire che valgono poco? Non valgono poco. Avranno senza dubbi alcuni difetti, ma se pensa alle
prime cose che ha scritto e che poi ha distrutto, si rende conto di aver
fatto molta strada. Molta strada… Non significa
nulla. Da Parigi a Chaumont c’è molta strada, David lo sa benissimo, le sue
gambe non lo hanno dimenticato, ma se la meta è San Pietroburgo, il
viaggiatore che è arrivato a Chaumont è ancora lontanissimo dalla
destinazione. David sorride e si dà dell’idiota. Uno scrittore che vuole rinunciare
a scrivere per paura del giudizio dei lettori? Non ha senso. Se i racconti
valgono poco, è bene che qualcuno glielo dica. E Jean è la persona giusta:
non ha motivo per cercare di ferirlo, non vede in lui un rivale. Il suo
giudizio non può che essergli utile. * Hanno finito di cenare. Jean ha aspettato a parlare, perché vuole
avere il tempo di affrontare l’argomento con tutta la calma necessaria. - Ho finito di leggere i suoi racconti, David. Gli legge in faccia l’ansia per il giudizio, perciò prosegue subito: - Mi lasci dire che sono davvero belli. Tutti, salvo forse uno. Vede il viso di David aprirsi in un sorriso. - Non lo dice solo per farmi piacere? - No, sarei un pessimo amico, se la ingannassi. Valgono molto, sono originali,
intensi, scritti molto bene. Lei è davvero bravo. C’è una tale gioia sul viso di David, che Jean si commuove. Il ragazzo
non ha avuto una vita facile e di certo non è abituato ad intascare elogi,
anche se se li merita. In salotto Jean tira fuori i racconti ed incomincia ad analizzarli con
David. Spia le reazioni del cugino: non vuole amareggiarlo, per cui se vedrà
che reagisce male, si concentrerà solo su un racconto o due. David è molto
più sereno rispetto ai primi giorni, ma è spesso triste: meglio procedere con
cautela. David però ascolta con la massima attenzione le osservazioni, ne
discute, riconosce i limiti che Jean gli mostra, spiega perché La carrozza
non è all’altezza degli altri testi: - Avevo in mente un racconto di altro genere, centrato sull’enigma
della donna velata, ma la presenza dei due faccendieri ha stravolto il tutto.
Doveva essere una specie di controcanto, tutto giocato su due livelli, e invece… Sì, ha perfettamente ragione, non vale niente. Jean ride. - Non ho detto nulla del genere. Ma ci deve ancora lavorare. - Lo farò, certamente. Prima mi concentrerò sugli altri, quelli che
secondo lei richiedono un lavoro minore, poi valuterò se riesco a portare
questo racconto da qualche parte o se faccio meglio a lasciarlo per strada… David sorride ed aggiunge: - … che poi per una carrozza è il posto adatto, no? La battuta di David è una conferma che il suo umore è cambiato.
Ottimo! - Lei è l’autore, tocca a lei valutare. - Grazie per i consigli, che mi sono davvero preziosi. Ma non mi ha
detto niente di Jeanne delle paludi
e L'incontro. Sono un disastro? Jean sorride. Li ha lasciati per ultimi deliberatamente, ma pronto a
tirarli fuori prima, per rincuorare David, se questi si fosse abbattuto per
le sue osservazioni. - No, tutt’altro. Sono due perle, su cui davvero io non ho nessuna
critica: perfetti. Su questi le chiedo una cosa. - Mi dica. - Mi autorizza a mostrarli a qualche amico, per valutare la
possibilità di una pubblicazione? David lo guarda, sgomento. - Lei pensa che davvero… Non completa la frase. - Credo proprio di sì, ma ho bisogno di altri pareri: io non sono uno
scrittore o un critico letterario. David annuisce, più a se stesso che a Jean. - Le do carta bianca e la ringrazio. Davvero, non solo mi ospita, ma
le faccio perdere un sacco di tempo… Jean sorride: - È davvero un piacere per me e non lo dico tanto per dire. Parlano ancora un buon momento, poi David dice che vuole annotarsi le
osservazioni di Jean ed incominciare a lavorare sui testi. Jean non ha obiezioni. Quando era più giovane, spesso lavorava anche
la sera, a volte fino a notte fonda. Ora si è abituato ad un ritmo regolare e
dopo cena non riprende mai il lavoro, a meno che non gli sia venuta in mente
un’idea che vuole realizzare subito. Da solo in salotto, Jean ripassa il piano di azione che si è
tracciato. Parlerà dei racconti con Émile Blondet, che è un critico letterario e, per quanto debole
di carattere, è intelligente e disponibile a dare una mano, se non ci sono
interessi più forti in gioco. L’idea di Jean è quella di far pubblicare i due
racconti su una rivista, se possibile Jean sa che troverà un editore per il volume dei racconti di David: il
suo, Ladvocat, sarebbe probabilmente disponibile, se non altro per fare un
piacere a Jean, che gli assicura lauti guadagni. Forse però non è il caso.
Due Guyère pubblicati dallo stesso editore… I
lettori potrebbero pensare che l’editore ha pubblicato i racconti di David
solo perché gliel’ha chiesto Jean. Meglio cercare un altro. Per questo c’è
comunque tempo. Ladvocat potrebbe introdurlo presso il direttore de Jean sorride, soddisfatto di sé: David potrà pubblicare ed il suo
talento gli permetterà di volare in alto, molto in alto. * David sta cercando di risolvere il problema de La carrozza, ma
gli sembra di non riuscire a cavare il classico ragno dal buco. O elimina i
due faccendieri o elimina la signora con il volto coperto o…
elimina il racconto. Incomincia seriamente a pensare che l’ultima sia
l’ipotesi migliore. Ci sono diversi testi che ha incominciato a scrivere e
poi ha buttato via, perché non lo convincevano. La carrozza può
aggiungersi all’elenco. La voce di Jean risuona dal piano di sotto. - David! David è un po’ stupito che Jean lo chiami: se il cugino vuole parlargli,
di solito bussa alla camera. È di una discrezione incredibile, a volte sembra
quasi che non sia David ad essere ospitato da Jean, ma viceversa. David si alza, esce dalla stanza e scende a raggiungere Jean, che è
nell’ingresso. È appena rientrato ed è sorridente. Qualche buona notizia. Non
sarà mica… David non osa formulare il pensiero. - Che cosa c'è, Jean? - Ho buone notizie per lei. - Buone notizie? David ha l’impressione che gli manchi il fiato. Da quanto tempo non
riceve una buona notizia? E non può essere altro che la pubblicazione di uno
dei racconti. Jean non sarebbe così contento, se non fosse questo. - Nei prossimi mesi la famosa rivista David sente la terra mancargli sotto i piedi. - Su - Perché no? Sono molto meglio della maggior parte di ciò che pubblica
di solito. - Jean, non è possibile. - La tendenza alla ripetizione è sgradevole in uno scrittore. E
comunque è possibile. Più che altro, è. È così e basta. David si rende conto di avere le lacrime agli occhi. Afferra le mani
del cugino e gliele stringe, in un impeto di gratitudine. - Oh, Jean, lei è incredibile! Grazie, grazie! Jean sorride. - Guardi che li pubblicano perché sono due gioielli, non perché glielo
chiedo io, che non conosco nessuno alla rivista. David annuisce, ma la sua mente è lanciata verso il futuro. I suoi racconti
saranno pubblicati, forse riuscirà a diventare uno scrittore, come ha sempre
desiderato. Guarda Jean e la domanda gli viene alle labbra: - Jean, lei pensa davvero che un giorno riuscirò a guadagnarmi da
vivere come scrittore? - Certo, David. Ma non pensi che diventerà ricchissimo: gli scrittori
ricchi sono rari. A parte quelli che nascono in una famiglia ricca,
naturalmente. David scuote la testa. Non è questo il problema. - Della ricchezza mi importa poco. Vorrei solo potermi mantenere,
poter scrivere, senza l'assillo di che cosa mangerò domani. Jean gli risponde, senza esitare: - Ne sono certo, David. David vorrebbe poter condividere la sua sicurezza, ma ha tanti dubbi. - Grazie, Jean. Non so se è vero, ma mi fa piacere sentirlo dire. Da
lei, in particolare. - È vero, David. È vero. Ma solo se non rinuncerà mai ad essere
esigente con se stesso, come è stato fino ad ora. Non deve accontentarsi. E
deve lavorare sodo, senza mai pensare di essere arrivato. - Sì, è vero. Devo fare attenzione a questo. Ho raggiunto un
obiettivo, ma la strada è ancora lunga. - Esatto. David esita un attimo, poi aggiunge: - La prendo in parola. Vado a lavorare. Grazie, Jean, non posso dirle
altro. Nei suoi confronti continuo ad accumulare debiti. * Mentre lo guarda salire le
scale, Jean pensa che David ha ventidue anni, l'età che aveva lui quando era
uscito il suo primo libro di illustrazioni. Quell’opera era stata apprezzata,
ma il successo era arrivato più tardi, dopo la parentesi della sua esperienza
nell’esercito. Nove anni dopo la prima opera era uscito il suo quarto volume,
un’edizione del Don Carlos di Schiller. Era
stato un successo parigino: senza limiti, assurdo. Si era ritrovato di colpo
un autore alla moda, osannato, desiderato, invitato in tutti i salotti. La
sua naturale ritrosia ad esibirsi e la coscienza di non essere dotato né di
bellezza, né di talento per la conversazione brillante e la vita mondana, lo
avevano spinto a declinare quasi tutti gli inviti ed il suo rigore lo aveva
portato a diventare ancora più severo con se stesso nelle sue opere. Senza
averlo calcolato, aveva effettuato le scelte giuste: invece di brillare nel
firmamento parigino come una meteora, destinata a spegnersi in fretta in una
società sempre affamata di novità, ha finito per raggiungere una fama
duratura. Spera che anche per David sia così. Finché potrà, lo incoraggerà ad
impegnarsi nel lavoro, a non accontentarsi dei primi successi e a non
disperdersi nei mille futili piaceri della vita mondana a Parigi. Finché
potrà. Perché prima o poi David se ne andrà per la sua strada. Jean si dice
che vorrebbe fermare il tempo. È così bello, il momento che sta vivendo! * David guarda il numero de Avere un po’ di denaro non gli spiacerà - per il momento non ha ancora
ricevuto il compenso, lo pagheranno dopo la pubblicazione del secondo
racconto -, ma il piacere di vedere Jeanne delle paludi sulla rivista
è ben più importante. Jean è fantastico. È riuscito a far accettare i due racconti. David
vorrebbe vedere stampato anche il secondo, adesso: gli sembra che non
riuscirà a reggere l’attesa. E questo grazie a Jean, che già lo ospita. David si sente un po’ a disagio, nei confronti del cugino. In fondo Jean
gli ha detto che lo avrebbe ospitato volentieri, così gli avrebbe tenuto un
po’ compagnia. Ma in realtà passa il suo tempo a lavorare. La sera talvolta
parlano, dopo cena, soprattutto di letteratura, ma più spesso entrambi
leggono. David ha bisogno di leggere, di conoscere ciò che si scrive, di
confrontarsi con gli altri scrittori attraverso le loro opere. È a casa di Jean da almeno un mese e non gli ha neppure chiesto del
suo lavoro. Jean è celebre, ma lui, che pure è ospite del cugino, non conosce
neanche le sue opere. David ha paura di apparire invadente: Jean è riservato e non dà
confidenza. Né la richiede: anche nei suoi confronti, non pone mai domande
personali. Prima o poi deve parlare a Jean della faccenda: il cugino lo ospita e
lui se ne rimane per conto proprio tutto il tempo. È un argomento
imbarazzante, ma andrà affrontato. * Jean procede nel lavoro con un ritmo tranquillo e regolare. Si lascia
il tempo di occuparsi del giardino, di passeggiare, di leggere, godendosi
l'estate che finisce. A Chaumont non è più tornato: gli dispiaceva lasciare
David a Parigi, aveva paura che si trovasse a disagio da solo con un
domestico in una casa non sua. E poi non voleva interrompere il lavoro di
David. Il cugino è completamente preso dalla scrittura: prima ha rivisto i
racconti, poi ha ripreso a scrivere il romanzo. Lavora ad un ritmo talmente
intenso, che talvolta si dimentica del pranzo. Allora Jean si limita a salire
in camera e a chiedergli se preferisce scendere a tavola o continuare a
scrivere e qualche volta David sceglie di proseguire il lavoro. Marie-Anne non sembra avere una grande simpatia per David, il fatto
che a volte non scenda a mangiare la irrita. Ma Jean ha l’impressione che in
qualche modo la bellezza del cugino l’ammansisca. All'inizio di settembre Jean ha quasi finito di illustrare il primo
volume delle favole di Man mano che procede, Jean si rende conto che sta riproducendo, con
alcune variazioni, la sala al piano terreno di casa sua. Niente di male.
Quello che davvero lo sorprende è invece lo scoprire che il volto di uno dei
due amici, che sta completando proprio ora, è quello di David. La somiglianza
è lampante, ma se n'è accorto solo ora che sta ultimando il disegno del
personaggio. Si ferma, perplesso. Ha il diritto di farlo? Senza dirlo a David, no.
Mille volte ha usato volti di persone che conosceva, ma di solito
trasformandoli, in modo più o meno accentuato. E quando ha fatto un vero e
proprio ritratto, lo ha sempre detto. André è stato il giovane Xipharès in un'illustrazione del Mithridate di Racine, prima di divenire Mercuzio
nel Romeo e Giulietta. Jean si trova un po' in
imbarazzo. L'idea di inserire un'immagine di David nel suo lavoro gli fa
piacere, però non desidera parlargliene. A parte un cenno iniziale, il giorno
in cui lo ha salvato dal suicidio, David non ha mai richiesto di vedere le
sue opere. David potrebbe interpretare la sua domanda come un invito a
guardare ciò che ha prodotto. L’idea non gli piace. No, meglio rifare l'immagine. La riprende un momento tra le mani,
prima di accantonarla tra i disegni abbandonati. È davvero bella e la figura
di David è perfetta: se disegnasse altrettanto bene il secondo personaggio,
sarebbe una delle sue tavole migliori. E di colpo si rende conto che, per
dare il giusto equilibrio all'illustrazione, dovrebbe dare all'altro amico un
corpo più massiccio, un viso più maturo. Dovrebbe farsi un autoritratto. Jean scoppia a ridere. Niente di male, ma è meglio buttare via tutto e
ricominciare da capo. Eppure, quel gioco di luci sul viso di David è proprio
bello. Accantona la tavola, ancora incerto sul da farsi. La sera, dopo cena, cedendo ad un impulso, decide di parlarne a David. - Ha presente la favola dei Due
amici, di - Quella dei due che vanno a caccia dell'orso ed all'arrivo
dell'animale uno cade e l'altro scappa, senza aiutarlo? - No, non quella. È sull'amicizia, quella vera. L'amico che si
presenta a casa dell'altro, la notte, mentre tutti dormono... - Non credo di ricordarmela. - Gliela leggo, se vuole. Devo domandarle una cosa. Sale a prendere il libro. Nello studio esita un momento, chiedendosi
se portare anche l'illustrazione, ma decide di non farlo. Ridiscende e legge
la favola: - Deux vrais Amis vivaient au
Monomotapa: L'un ne possédait rien qui
n'appartînt à l'autre: Les amis de ce pays-là Valent bien dit-on ceux du nôtre. Une nuit que chacun s'occupait au
sommeil, Et mettait à profit l'absence du
soleil, Un de nos deux Amis sort du lit en
alarme; Il court chez son intime, éveille
les Valets: Morphée avait touché le seuil de
ce palais. L'Ami couché s'étonne, il prend sa
bourse, il s'arme; Vient trouver l'autre, et dit: Il
vous arrive peu De courir quand on dort; vous me
paraissiez homme À mieux user du temps destiné pour
le somme: N'auriez-vous point perdu tout
votre argent au jeu? En voici. S'il vous est venu
quelque querelle, J'ai mon épée, allons. Vous
ennuyez-vous point De coucher toujours seul? Une
esclave assez belle Était à mes côtés: voulez-vous
qu'on l'appelle? Non, dit l'ami, ce n'est ni l'un
ni l'autre point: Je vous rends grâce de ce zèle. Vous m'êtes en dormant un peu
triste apparu; J'ai craint qu'il ne fut vrai, je
suis vite accouru. Ce maudit songe en est la cause. Qui d'eux aimait le mieux? que
t'en semble, lecteur? Cette difficulté vaut bien qu'on
la propose. Qu'un ami véritable est une douce
chose. Il cherche vos besoins au fond de
votre cœur; Il vous épargne la pudeur De les lui découvrir vous-même. Un songe, un rien, tout lui fait
peur Quand il s'agit de ce qu'il aime.[1] - Che bella. Bella come non è la realtà. O forse sì, qualche volta. David lo fissa, sorridendo. Si sta riferendo a lui, a quanto sta
facendo. È bello che David pensi questo, di lui. Adesso però deve spiegargli
perché gli ha letto quella storia. - Volevo dirle questo: sto disegnando una tavola per illustrare questa
favola e mi sono reso conto di averle fatto un ritratto. - Un ritratto? - Sì, ho disegnato uno dei due amici e gli ho dato il suo aspetto, ma
me ne sono accorto solo dopo: a volte mi succede. Volevo chiederle se la cosa
non le dà fastidio. - No, tutt'altro. Anzi, mi fa piacere. - La ringrazio. David esita un attimo, poi gli sorride: - Mi fa vedere questa tavola? Non mi ha mai fatto vedere nulla del suo
lavoro. - Va bene, gliela vado a prendere. Non può certo dirgli di no, anche se non è sicuro di voler mostrare a
David ciò che sta facendo. Sale a prendere l'illustrazione e quando ritorna
in salotto, la porge al cugino. David la osserva con cura. - È molto bella, davvero. Il gioco delle luci è affascinante. Credo
che quando sarà finita sarà una meraviglia. David sorride, nuovamente un po' in imbarazzo. Poi continua: - E lei non si mette mai nelle sue tavole? Mette solo amici e parenti? Jean sorride a sua volta: - Molto spesso. Qualche elemento di me c'è in molti personaggi delle
mie tavole ed in ogni libro c'è almeno un mio autoritratto nascosto in
qualche angolo: nella Divina Commedia
ero un diavolo. In realtà si è raffigurato anche un'altra volta nell'Inferno, come uno dei sodomiti del
terzo girone del settimo cerchio. Preferisce però non parlare di questo
ritratto, in cui il corpo è di profilo e la testa girata, per cui è
riconoscibile solo per quei pochissimi che hanno di lui una conoscenza molto
approfondita: David non sarebbe in grado di individuarlo, André sì. - Divertente, come idea. Mi piacerebbe molto vederlo. Se ne ha voglia. - Va bene. Jean sale nuovamente le scale e va a prendere una copia dell'Inferno. Perché David gli ha chiesto
se si raffigura nelle sue opere? La domanda lo ha spiazzato. Cerca la tavola
e poi scende, porgendo il libro aperto a David. Il cugino scorre la tavola fino a trovare la sua immagine. Quando la
vede, scoppia a ridere. Jean sorride: come diavolo è perfetto, è il suo
autoritratto preferito. Poi David comincia ad osservare l'immagine nel suo
insieme. Jean vede l'espressione del suo volto cambiare, passando dal
divertimento all'attenzione e poi all'ammirazione. - È splendido! Sapevo che era bravo, ma è davvero bravissimo. David comincia a sfogliare il volume e ad osservare le tavole. Si
siede sulla poltrona, guardandole accuratamente, una dopo l'altra, ed
esprimendo tutta la sua meraviglia. A Jean queste lodi fanno piacere. In questi mesi si è affezionato a
David e tiene molto all'opinione del cugino. Forse troppo: si sente felice ad
ogni complimento. Non c'è proporzione tra le lodi di uno come David, che ha
certamente buon gusto, ma non è un esperto, e la sua reazione. Pensa: - Ma
che cosa mi succede? Se avessi la coda, adesso sarei qui a scodinzolare! Quando ha finito di scorrere il volume, David gli chiede se può
tenerlo per un po', per rivederlo con calma. - Certamente. Può anche tenerlo, ne ho un'altra copia. - Grazie, ma glielo renderò. Accetto già fin troppo da lei. Jean preferisce cambiare argomento: sa che a David pesa dipendere
completamente da lui. - Allora posso immortalarla nel mio prossimo volume? Anche se non
credo di riuscire ad assicurarle l'immortalità con le mie opere. - Se non ci riesce lei, non credo che ci riuscirà nessuno. Comunque... Esita un attimo, poi riprende. - ... si è già ritratto nelle Favole? - Non ancora, pensavo di mettermi come il boscaiolo che invoca sempre
la morte, ma quando lei arriva e vuole sapere perché lui l’ha chiamata, le
chiede di aiutarlo a caricarsi la fascina in spalla! - Peccato. - Perché, peccato? - Perché mi sarebbe piaciuto che si ritraesse nella favola dei Due amici. Non vorrà mica che mi trovi
amico per la pelle con uno che non ho mai visto? Jean scoppia a ridere, felice che la proposta sia venuta da David. - Molto volentieri. È una delle favole che preferisco. * David osserva le tavole dell’Inferno. Sono uno splendore, di
una ricchezza incredibile. Guarda Jean, che sulla poltrona a fianco legge un
racconto di Nodier appena uscito, Trilby. C’è un singolare contrasto tra la
bruttezza del cugino e la bellezza che è in grado di produrre. Jean si sente osservato. Solleva il capo e gli sorride. - Credo che tra poco andrò a dormire, anche se mi spiace interrompere
questo racconto, che è molto bello. Non è il suo genere, è una dimensione
fantastica, ma glielo consiglio lo stesso. E mentre Jean parla, David si rende conto che in tutta la serata non
ha scambiato una sola parola con Jean. - Jean, devo dirle una cosa. David è alquanto imbarazzato, ma si sente in obbligo di affrontare
l’argomento. - Mi dica. - Mi aveva detto che mi avrebbe ospitato volentieri perché le avrei
tenuto un po' compagnia, ma passo le mie giornate a scrivere e le serate a
leggere. Mi rendo conto di non essere per niente di compagnia. Mi spiace.
Io... Non sa bene come continuare, ma Jean viene in suo soccorso. - Non lo dica neanche per scherzo: non l'ho mica assunta al mio
servizio come gentiluomo di camera o qualche cosa del genere. In questo caso
dovrei almeno pagarle un salario! Mi tiene compagnia ai pasti ed ogni tanto
parliamo la sera: è molto piacevole e ci lascia entrambi liberi di impiegare
le nostre giornate come desideriamo. Adesso sta recuperando il tempo perso ed
ha ritmi di lavoro molto intensi. Ma prima o poi la forzerò a distrarsi un
po’: non può lavorare in continuazione. Ha bisogno di vedere gente. David lo sa benissimo. In questi mesi è vissuto quasi come un monaco:
molto lavoro, qualche passeggiata a piedi verso la campagna o anche solo nel
giardino, per sgranchirsi le gambe. Ma in effetti non può continuare così a
lungo. - Sì, ha ragione. Non aggiunge il pensiero che gli è subito passato per la mente: non ha
un abito adatto, con l’abito che ha addosso gli peserebbe girare per le vie
eleganti di Parigi. I soldi dei due racconti gli hanno permesso di acquistare
un po’ di biancheria, di cui ormai aveva un bisogno disperato, ma questo non
basta a renderlo presentabile. Aggiunge: - Vedrò di uscire un po’ di più. Ma lei non è un buon maestro in questo. Jean ride. - Ha ragione, cugino. Sono poco socievole anch’io, ma d’estate Parigi
si svuota. Adesso però che è giunto l’autunno e tutti sono di ritorno, direi
che è ora di riprendere contatto con i nostri simili. Poi Jean aggiunge: - Volevo giusto proporle di andare a teatro: tra tre settimane
comincia la stagione. E per uno scrittore è importante anche conoscere le
nuove opere. David ama molto il teatro: lo affascina vedere prendere vita ciò che
altri scrittori hanno immaginato. Risponde senza riflettere: - Mi piacerebbe moltissimo! È passato un sacco di tempo dall'ultima
volta che sono andato a teatro… Si interrompe. Immediatamente torna ad essere consapevole della sua
situazione. Non è più tornato a teatro perché non poteva permettersi né il
biglietto, né un abbigliamento adatto. Jean sorride, non deve essersi accorto del suo turbamento. - Benissimo. Ho un palco: strana idea, dirà, visto che di solito solo
le gran dame hanno un palco a teatro, ma io sono un appassionato. Speriamo che
la stagione sia interessante. David scuote la testa. Jean lo guarda, sembra perplesso. - Che cosa c'è? - Non è possibile. Non posso andare a teatro vestito così! - Ha ragione. Andiamo dal sarto tutti e due, anch'io ho bisogno di un
abito nuovo. David allarga le braccia. - Jean, sa benissimo la mia situazione. Il cugino sorride. L’osservazione di David è stata prevista e la
risposta è già pronta. - Ci penso io, David. - No, non posso accettare che lei... Ma Jean, sempre sorridendo, lo interrompe: - Non vorrà mica che la porti a teatro in un abito in cui non si
sentirebbe a suo agio? - No, Jean, non vengo a teatro. Non posso... Nuovamente Jean gli impedisce di proseguire e completa la frase per
lui: - ...accettare. David, credo di averle già detto che, come scrittore,
dovrebbe evitare di ripetere sempre le stesse frasi. Il tono di Jean è stato quello del maestro che rimprovera l’allievo,
ma negli occhi è passato un lampo di ironia. - Ma, veramente! È troppo: già sono ospite a casa sua, non è pensabile
che lei mi paghi anche il sarto! Non posso... Si ferma, conscio di stare per dire ancora una volta la frase per cui
Jean lo ha appena rimproverato. Jean approfitta spudoratamente della pausa. - Mica solo il sarto: ci vorranno anche i guanti, le scarpe e qualche
altro dettaglio. Ma non vorrà mandarmi a teatro da solo? Sarebbe davvero una
crudeltà. Mi piace avere qualcuno con cui posso discutere di ciò che vedo,
che non sia uno di quelli che vanno a teatro solo per farsi vedere. Io vado a
guardare quello che mettono in scena, non quel che succede negli altri
palchi! E poi andare a teatro con un bel giovane come lei, è un piacere. Mi
divertirò un mondo a vedere le facce di tutte le dame che la guarderanno dai
palchi - e dal palcoscenico, non dimentichiamo le attrici - e faranno di
tutto per sapere chi è quel bellissimo sconosciuto seduto accanto a quel
repellente illustratore. - Non mi prenda in giro. Io non sono così bello e lei non è ... Jean sorride e scuote la testa, mentre gli dice: - David, non dica una parola di più. Sorvoliamo sull’argomento. Vedrà
tra qualche settimana l'effetto che farà e poi mi dirà se le mie previsioni
sono sbagliate! Però adesso è tardi ed è ora che io vada a dormire. Domani
mattina devo lavorare: anche se ho consegnato il primo volume delle Favole, ne ho ancora uno da preparare,
per cui la prego di scusarmi. Il sarto lo faccio venire dopodomani, così
domani pomeriggio porto le ultime tavole da Ladvocat, che le aspetta. - Ma, Jean. Non posso... - ...ripetere sempre le stesse parole. No, sono d'accordo con lei,
perfettamente. Ha proprio ragione. Buonanotte, David. Jean si alza e scompare sulle scale, senza dare a David la possibilità
di replicare. David è in imbarazzo. Si dice che domani dovrà riprendere il discorso
con Jean. Ma sa benissimo che è una battaglia persa. Jean aveva già deciso e
lo ha quasi costretto ad accettare. No, non è esatto: gli ha impedito di
rifiutare. Ma non può farsi vestire dal cugino che già lo ospita. Jean è
troppo generoso, anche se fa in modo da non fargli mai pesare la sua
prodigalità. * Non ci indurre in tentazione, ma liberaci
dal male. Marie-Anne conclude le sue preghiere serali e si corica. Cerca di
cancellare dalla sua testa ogni pensiero, ma il sonno non viene. Ritornano invece
immagini della giornata. Il momento in cui il cugino del padrone ha
assaggiato la torta di mele e l’ha guardata, sorridendo. Ha detto: “Non ho
mai mangiato una torta di mele così buona. Lei è davvero una cuoca
eccellente, Marie-Anne.” Quando David Guyère, non accorgendosi che lei era
sulla soglia del salone, è sceso di corsa lungo le scale, come un bambino
felice. La lunga passeggiata che lui ha fatto in giardino, mentre lei cuciva
ed ogni tanto lo guardava dalla finestra. Com’è cambiato rispetto ai primi giorni! È un uomo sereno ed in questi
ultimi tempi sembra così contento. Il padrone lo ha aiutato molto. Marie-Anne non riesce a prendere sonno. Si dice che non dovrebbe
pensare tanto a David Guyère. È un bel nome, David, il nome del re di
Israele, colui che uccise il gigante Golia e fu incoronato…
Non ci indurre in tentazione, non ci
indurre in tentazione… * Claire osserva gli altri palchi. Ogni tanto incrocia lo sguardo di
un’altra dama o di un artista, di cui ricambia il saluto. Poi guarda il palco
di Jean Guyère. Sì, c’è anche lui. Dev’essere
arrivato un po’ in ritardo; quando lo spettacolo è incominciato, non c’era
ancora. Strano, Jean è sempre puntuale. Lui viene a vedere lo spettacolo, non
a farsi vedere. Claire sospettava che sarebbe venuto a teatro. Se non si è più fatto
vivo, non è perché sia ancora a Chaumont, d’altronde a quest’epoca è sempre
di ritorno a Parigi. Ha voluto lasciarli soli, lei ed Octave,
non disturbare la loro nuova intimità. C’è un giovane accanto a lui. Claire
non si ricorda di averlo mai visto. Chi è? Il viso di quell’uomo è di una bellezza conturbante. E quegli occhi,
che intensità nello sguardo! Claire lo fissa, ammaliata. Félicité le
sussurra all’orecchio: - Un vero Apollo. Ce ne hai messo di tempo, prima di accorgertene. Io
l’ho notato subito: direi che ha attirato l’attenzione delle signore più
dello spettacolo. Persino dal palcoscenico, comparse e prime donne se lo
divoravano con gli occhi. Ma tu gli occhi li hai solo per Octave. Claire sorride. Félicité è stata l’unica
persona a cui ha raccontato del suo matrimonio, ancora segreto, con Octave. Nessun altro lo sa, a parte Jean, a cui l’ha
detto Octave. Claire si rivolge al marito, che sta chiacchierando con lo scrittore
Nathan. - Signor de Camps, ho visto che c’è il
signor Guyère. Può essere così gentile da invitarlo, con il suo amico, a
venire a farmi una visita? Le viene da sorridere a rivolgersi così ad Octave,
ma finché la morte del suo primo marito non verrà confermata ufficialmente,
tutti conoscono Claire come la signora Firmiani ed Octave de Camps è soltanto un
corteggiatore, che il bel mondo considera, non senza qualche ragione, il suo
amante. - Jean è qui? Vado subito a chiamarlo. Non si è neanche fatto vivo,
che vergogna! Octave esce. Non sospetta i motivi
per cui Jean ha preferito tenersi in disparte. Octave
è un uomo di un grande rigore morale, ma non ha la sensibilità di Jean. Nathan si rivolge a lei: - Un uomo che non viene a rendere omaggio alla più bella donna di
Parigi è davvero imperdonabile! Ma dicono che sia molto orgoglioso. Claire sorride, ma il complimento di Nathan la lascia indifferente.
Non ha molta stima di lui, anche se è diventato uno scrittore celebre. Lo
tratta però con grande cortesia, perché ci tiene ad averlo nel suo salotto,
che raccoglie il fiore degli artisti parigini. Félicité
interviene: - Jean Guyère non ama la vita mondana. Produce i suoi capolavori in
isolamento. Non scambi la sua riservatezza per alterigia, signor Nathan. - Lei ha senza dubbio ragione. Ma so che in molti palchi il grande
illustratore sarebbe accolto con freddezza. - Per aver rifiutato troppi inviti. Un po’ come la volpe e l’uva. A
proposito, ha visto il magnifico volume delle Favole che è appena
uscito? Una vera meraviglia. Non credevo che Jean Guyère potesse fare di
meglio di quanto ha fatto con Shakespeare, ma ha superato se stesso. Mentre la schermaglia prosegue, Claire lancia un’occhiata al palco di
Jean. Octave è entrato e Jean sta facendo le
presentazioni. Tra poco saranno qui. È contenta di vedere Jean, di cui
apprezza la grande umanità. E la incuriosisce quel giovane dio che sta nel
suo palco. * Jean sorride mentre segue Octave verso il
palco della bella signora Firmiani, ormai de Camps. È contento del successo di David, che ha
confermato in pieno le sue previsioni. Un successo solo di sguardi,
ovviamente, in quanto non hanno ancora parlato con nessuno. Ma la maschia
bellezza di David ha calamitato l’attenzione del pubblico femminile e Jean sa
benissimo che dopo la loro visita nel palco della signora Firmiani, molte
donne si daranno da fare per scoprire l’identità dell’affascinante giovane. Nel palco le due signore sorridono ai nuovi ospiti e Jean fa le
presentazioni: dopo aver detto il nome del cugino, presenta Claire come la
signora Firmiani e Félicité
des Touches con il suo
vero nome e con lo pseudonimo di scrittrice, Camille
Maupin. È Félicité ad avviare la conversazione: - Così lei è David Guyère, l’autore dei due racconti che sono apparsi
su Claire appare stupita: - E così lei ha già pubblicato su - Davvero un inizio brillante. La finta cordialità di Nathan non inganna Jean, che lo conosce a
sufficienza: lo scrittore è invidioso del rivale più giovane e molto più
bello. Ed infatti Nathan ora assume un tono paternalistico e prosegue: - Se posso darle un consiglio, giovanotto, cambi mestiere, fino a che
è in tempo. La letteratura porta poche soddisfazioni. I grandi talenti non
vengono riconosciuti, sono vittime di attacchi invidiosi e meschini e vivono
spesso nella miseria. Jean non tiene in gran conto il talento di Nathan, anche se sa
benissimo che il suo giudizio negativo è almeno in parte determinato dalla
scarsa stima che nutre per l’uomo, spesso spregevole ed interessato.
Preferisce comunque non dire nulla: come sempre, non è molto a suo agio in
società, non è tagliato per una conversazione brillante, non sa stupire,
detesta essere al centro dell’attenzione. È Félicité
ad intervenire. - Non sia così critico, signor Nathan. Ho letto i racconti di questo
giovane: ha davvero molto talento. Erano anni che non leggevo racconti di
quel livello. Scoraggiarlo sarebbe un delitto! - Se lo dice lei, posso solo inchinarmi al genio. Nathan abbozza un inchino davanti a David, ma lo fa in modo da farlo
apparire più sprezzante che ironico. Jean si innervosisce, teme la reazione del cugino. Non vorrebbe che
David si offendesse e rispondesse in modo provocatorio. Nathan non è il tipo
da sfidare facilmente a duello, ma comunque si creerebbe una situazione
imbarazzante, di certo non sarebbe un buon inizio per la vita sociale del
cugino. Fortunatamente David ignora Nathan e ringrazia con calore Félicité. - Venendo da una grande scrittrice, una lode di questo tipo non può
che farmi piacere. È un incoraggiamento prezioso per un giovane come me. La signora de Camps sorride ed interviene: - Non mi dirà che Jean non l'incoraggia. Non conosco uomo al mondo più
attento di lui alle esigenze degli altri. Per fortuna di Jean, che detesta essere l’argomento della
conversazione, la signora prosegue, rivolgendosi a lui con un’espressione
quasi minacciosa: - Jean, badi bene, se non porta suo cugino da me il prossimo
mercoledì, le toglierò il saluto. Poi continua, diretta a David: - Avrà modo di incontrare diversi artisti e scrittori. Jean aggiunge: - E di passare una serata piacevolissima. Jean ci tiene ad introdurre David nel salotto della signora de Camps, che offre l'opportunità di frequentare il mondo
letterario. Con tutti i suoi limiti, è comunque una realtà che David deve
imparare a conoscere. E poi David ha bisogno di distrarsi un po’, non può
lavorare sempre. Adesso che il problema dell’abbigliamento è stato risolto,
può dedicare un po’ di tempo alla vita di società. Perciò si rivolge a Claire e conclude, sorridendo: - Dato che me lo ordina lei, lo porterò, con la forza, se occorre. Anche David sorride, quel sorriso abbagliante che lascia Jean senza
fiato. - Per farmi venire da lei, signora, non avrà bisogno di forzarmi,
glielo garantisco. La conversazione procede, ma intanto altri spettatori vengono a
salutare la compagnia. Normale scambio di convenevoli, ma Jean sospetta che
più d’uno voglia sapere chi è il bel giovane presente nel palco. Jean e David si ritirano. David è raggiante, Jean glielo legge negli
occhi. I complimenti di una grande scrittrice come Camille
Maupin devono avergli fatto un piacere enorme. Ora che sono nuovamente seduti nel loro palco, Jean dice al cugino: - Quando altre sue opere saranno state pubblicate e lei sarà diventato
un autore famoso, sarà ben accolto in tutti questi palchi. Se la
disputeranno. Sanno entrambi benissimo che adesso David, un borghese ancora
sconosciuto, non sarebbe ricevuto nell'alta società. Può solo essere invitato
nei salotti aperti ai giovani artisti, come quello della signora Firmiani. David sorride. - Lei mi sopravvaluta. - E lei si sottovaluta. Vedremo chi ha ragione. Dopo un attimo, Jean riprende: - Comunque il salotto della signora Firmiani è luogo di incontro di
artisti ed è bene che lei incominci a conoscere l’ambiente ed a muoversi
nell’alta società. La signora è una padrona di casa perfetta, di grande
intelligenza e sensibilità. E Octave, che avrà
spesso modo di vedere nel salotto, è uno dei pochi uomini degni di questo
nome che può trovare a Parigi. * David è seduto alla scrivania. Dovrebbe riprendere gli ultimi due
racconti che sta rivedendo o lavorare al romanzo che ha avviato. In questo
periodo alterna l’uno e gli altri: cerca di dare la precedenza ai racconti,
per completare la raccolta, ma a volte l’ispirazione lo porta a lavorare sul
romanzo, sviluppando un’idea che gli pare convincente. Con i racconti ha quasi concluso. Ha eliminato La carrozza e,
se lavorerà sugli ultimi due in modo regolare, in pochi giorni la raccolta
sarà pronta. Ma la serata di ieri, in cui per la terza volta sono stati al
mercoledì della signora Firmiani, ha portato i suoi pensieri in un’altra
direzione. Il salotto è davvero un ambiente affascinante, anche se non è tutto
oro quel che luccica e tra scrittori non sembra esserci nessuna solidarietà, piuttosto
una concorrenza spietata per apparire. Ognuno mira a catturare l’attenzione e
ricevere lodi, cercando di sminuire gli altri per eliminare la concorrenza.
David se ne rende conto da certe battute, che sembrano scherzose, ma in
realtà sono pungenti. Jean lo aveva avvisato. Il cugino è sempre molto premuroso, lo mette
in guardia nei confronti delle malignità e di rischi ben più gravi: David è
rimasto molto colpito quando Jean gli ha detto che alcuni uomini, come Maxime de Trailles, provocano,
ma lasciano che siano gli altri a sfidarli per poter scegliere l'arma ed
uccidere l'avversario al primo colpo. All’eventualità di un duello David non
ha mai pensato: ben altri sono stati i suoi problemi negli anni in cui è
vissuto in miseria a Parigi. Tra due sere sono di nuovo invitati, ma questa volta non è una
riunione mondana: si tratta di una serata per pochi ospiti. Adesso però il pensiero ritorna a ciò che è stato raccontato ieri
sera: la storia della duchessa di Langeais
misteriosamente scomparsa nel nulla, pare per un grande amore. La vicenda
l’ha colpito, ma ad attirare la sua attenzione è stata soprattutto il vedere
un’ospite del salotto, una signora di cui non ricorda il nome, che seguiva
rapita la narrazione. Una donna non più giovane, anche se è difficile
indovinare l’età delle signore del bel mondo. Come spesso gli accade, David ha sviluppato una serie di fantasie su
questa donna, sui suoi sogni di una vita di passione ed avventura. Vi ha
messo un po’ di se stesso, dei suoi sentimenti, dei suoi desideri, delle sue
fantasticherie. Ed un racconto ha preso forma nella sua testa, in bilico tra
partecipazione commossa ed ironia. Proverà a scriverlo. Potrebbe sostituire La
carrozza. * David è pronto. Ha molta cura del suo abbigliamento e quando esce per una
serata è sempre impeccabile. Ogni volta che lo vede, Jean non può che
ammirarne la bellezza. Ma la cura dell’aspetto non significa che David sia abbagliato dallo
splendore, spesso più apparente che reale, dell'alta società: la ricchezza
ostentata, le serate mondane, i salotti delle regine di Parigi non esercitano
su di lui un’attrazione irresistibile, come avviene invece per altri autori.
Sono tanti gli artisti che, affascinati dallo scintillio di gioielli e
specchiere, dedicano più energie alla vita sociale che alla creazione.
D’altronde è facile perdersi nel bel mondo parigino, che offre tentazioni di
ogni tipo. Per il momento David sembra molto concentrato nel suo lavoro e per un
artista è la cosa migliore. David va volentieri dalla signora Firmiani, a teatro o all’opera, ma
non sembra ambire ad altro: non scalpita per essere invitato nei salotti più
prestigiosi. Ci sono artisti che tendono ad accumulare il maggior numero
possibile di inviti, come altri collezionano conquiste femminili. Quando sono nel salotto della
signora De Camps, Jean osserva David con
attenzione. Nella conversazione il cugino sa essere brillante, come a Jean
certo non riesce, ma non al punto da rinunciare alle sue idee ed ai suoi
principi pur di piacere. Non vuole ad ogni costo imporsi all'attenzione, né
far trionfare il proprio punto di vista, anche se a volte si fa trascinare
dal desiderio di dare una buona impressione di sé. Ritornando a casa, David e Jean discutono spesso delle serate
trascorse. A volte prendono subito una carrozza, più spesso camminano un po’
prima di cercare una vettura. A Jean piace camminare per le strade di Parigi,
la notte. Ama il silenzio, la solitudine. Gli sembra che nel buio la città
viva una vita diversa, più intensa. Nell'intimità della carrozza o nelle strade deserte, David parla di
ciò che è successo, commenta le opere che hanno visto, fa osservazioni sulle
persone con cui ha conversato, con grande franchezza. E Jean ne approfitta
per infilare, senza parere, qualche
consiglio o avvertimento oppure fornisce qualche informazione in più su
qualcuno degli artisti o sulle signore di cui gli parla David. Nelle parole di David, nel tono della sua voce, poi, quando arrivano a
casa, nel suo sorriso, Jean vede una fiducia totale e si sente felice, come
non lo è mai stato in tutta la sua vita. Da tempo Jean è conscio di essere attratto da David, ma sa che quel
corpo splendido, quel viso perfetto non sono per lui. Non ha ospitato David
nella speranza di sedurlo: questo sa di poterlo dire, senza mentire. L'ha
ospitato per salvarlo dalla morte e da un destino ingiusto. E non chiederà
nessun prezzo, la sola idea gli ripugna. * Come la prima volta che Jean ha letto i suoi racconti, David aspetta
con una certa ansia che il cugino completi la seconda lettura e gli dia il
suo parere sulle correzioni apportate. C’è anche un racconto nuovo, quello la
cui idea gli è germogliata nella mente quando ha sentito della scomparsa
della duchessa di Langeais: l’ha scritto senza
fatica, rapidamente, ed è soddisfatto del risultato. - Ha fatto un ottimo lavoro, David: i racconti sono eccellenti e
pronti per la pubblicazione. Il nuovo testo è un piccolo capolavoro di grazia
e di ironia, che crea un bel contrasto con gli altri. David è ben contento dell’opinione positiva del cugino. Ma ciò che
viene dopo lo spaventa. - Che cosa devo fare, ora? Sottoporli ad un editore? David ci ha provato, in passato, ed il ricordo delle sue
peregrinazioni e dei rifiuti ricevuti è ancora doloroso. Guardavano il suo abito
logoro, gli leggevano in faccia la miseria, e gli pareva che avvolgessero in
un unico disprezzo l’autore e l’opera che proponeva, certi che ciò che un
morto di fame aveva scritto non poteva valere un tozzo di pane. David si sente assalire dallo scoramento. Poi si dice che forse il
cugino lo accompagnerà, è conosciuto dagli editori, di certo lo trattano in
ben altro modo. Se Jean verrà con lui, almeno si degneranno di leggere quello
che propone. - Se non le spiace, ci penserei io. Conosco diversi editori e so come
farmi ricevere. Per questa prima opera, forse è meglio se mi delega: le posso
risparmiare tempo e delusioni. Quando avrò trovato l’editore giusto, ci
andremo insieme. David non potrebbe chiedere di meglio. - Lei è troppo buono ed io non mi sento di dirle di no. Gli editori mi
spaventano, non ne ho un buon ricordo. - Capisco. Domani mi metterò in caccia e le garantisco che con
racconti come questi i risultati non mancheranno. Per Jean tutto sembra facile. Forse lo è, forse no. In ogni caso non gli
dirà mai le difficoltà che deve superare. Anche di questo David gli è grato. * - Buongiorno, signor Guyère, che piacere vederla! Eugène Ladvocat è sempre molto gentile con Jean Guyère: la gallina
dalle uova d’oro si tratta con i guanti. Oltretutto Jean produce in modo
regolare, anche se non con la frequenza che Ladvocat auspicherebbe, ed ogni
libro è un successo. Anche il primo volume delle Favole si vende benissimo, tanto che la prima tiratura sta per
essere esaurita e la seconda è quasi pronta. Intanto Guyère sta di certo
lavorando al secondo volume. Fossero tutti come lui gli autori! Ce ne sono
certi sempre pronti a rimandare alle calende greche. - Buongiorno a lei, signor Ladvocat. Come sta? Ladvocat risponde, si informa della salute di Jean Guyère e poi
attende. Guyère non è venuto per caso, non è uno degli infiniti perdigiorno
che fanno perdere il tempo anche agli altri. Ha qualche cosa da chiedere o
dire e lo dirà subito, perché non è uno che mena il can per l’aia. Un altro
aspetto di Guyère che Ladvocat apprezza molto. - Ho una richiesta un po’ particolare, signor Ladvocat e spero di
poter contare su di lei. - Ma certamente, signor Guyère. A sua disposizione. - Ho bisogno di un editore… - Ne ha già uno, il migliore! Vorrà mica lasciare la via vecchia per
la nuova? Chi lascia la via vecchia per la nuova… Ladvocat non conclude il proverbio e sorride, perché sa che Guyère non
è il tipo da fargli uno scherzo del genere. Intanto però si chiede che cosa
diavolo voglia Guyère. L’idea che cerchi un altro editore lo inquieta un po’,
ma si è rivolto a lui, perciò… - … ma non dev’essere lei. Però mi rivolgo a
lei per trovarlo. - Richiesta alquanto insolita, ma se posso accontentarla, ne sarò ben
lieto. - Mio cugino scrive racconti. È davvero molto bravo e non lo dico solo
perché è un parente. Ha già pubblicato due storie su - Benissimo. Li leggerò e, se le cose stanno come mi dice, li
pubblicherò volentieri. - No, mi perdoni, signor Ladvocat, ma preferirei di no. Mio cugino è
figlio di un fratello di mio padre, abbiamo lo stesso cognome. Sarebbe meglio
che fosse un altro a pubblicare. Non vorrei che si dicesse che lei ha
accettato di pubblicare i racconti solo per fare un piacere a me. Guyère sorride ed aggiunge: - È una richiesta insolita, concordo. Ladvocat annuisce. Capisce i motivi della richiesta: in effetti c’è
anche chi direbbe che lui ha pubblicato i racconti solo perché Jean Guyère ha
minacciato di trovarsi un altro editore. Le malelingue non mancano e non
stanno mai in ozio. L’ozio è il padre dei vizi, ma se certa gente imparasse a
tenere la lingua a freno, sarebbe una gran cosa. Inutile, come cercare di
raddrizzare le gambe ai cani. Probabilmente se fosse qualcun altro a chiederglielo, gli direbbe di
arrangiarsi, ma a Jean Guyère no. In primo luogo perché è la sua gallina
dalle uova d’oro. In secondo luogo perché è sempre puntuale nelle consegne e
corretto. - L’aiuterò ben volentieri. Tra noi editori ci sono rivalità, ma
quando è il caso collaboriamo. L’accompagnerò da Dauriat. Di sicuro non lo lascerà andare da solo. Dauriat sarebbe capace di
qualche losca manovra per convincere Guyère a stampare un’opera da lui e
Ladvocat non ha proprio nessuna intenzione di perdere il controllo di un
giacimento produttivo e nemmeno di condividerlo: l’occhio del padrone
ingrassa il cavallo e Ladvocat vuole tenerlo d’occhio, il suo cavallo di
battaglia. La bottega di Dauriat non è lontana e, dopo che Ladvocat ha parlato
con un libraio, ci vanno insieme. Dauriat ascolta con attenzione la richiesta di Guyère. Ladvocat è un
po’ a disagio, forse avrebbe dovuto rivolgersi a Berthollet
e non a questa faina, capace di escogitare qualche trucchetto.
Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, ma Dauriat è capace di farla
anche al diavolo! - Leggerò senz’altro i racconti e, se davvero meritano, sarò ben
contento di farle un favore. La disponibilità di Dauriat è alquanto inquietante, gatta ci cova.
Certo, per Dauriat è comunque un buon affare: se il libro fosse un
fallimento, Guyère si ritroverebbe in un certo senso debitore nei suoi
confronti e Dauriat potrebbe trovare un'occasione per partecipare agli utili
della miniera. Se il libro avesse successo, ci sarebbero gli incassi e
comunque il contatto con Jean. Ladvocat è già pentito di aver presentato
Guyère a Dauriat, ma ormai…
inutile piangere sul latte versato, tanto vale fare buon viso a cattivo
gioco. Jean replica immediatamente: - Non è lei che mi fa un favore a pubblicare questa raccolta. Sono io
che lo faccio a lei, presentandole un autore di grandissimo talento. Non si
dimentichi che i suoi primi racconti sono stati pubblicati su La frase è stata pronunciata con sicurezza e lascia Ladvocat
perplesso: Guyère non è uomo da parlare a vanvera, lo conosce bene. È stato
davvero uno stupido a non cercare di far cambiare idea a Guyère, si è dato la
zappa sui piedi da solo. Avrebbe potuto pubblicare lui i racconti. Ma ormai è
troppo tardi: Guyère sta consegnando il manoscritto a Dauriat. Se questo
farabutto ne approfitta… Quando definiranno
l’accordo, Ladvocat non potrà esserci e si sa, quando il gatto non c’è i topi
ballano. Di Guyère si fida, ma di Dauriat, quello è famelico come un lupo e
si sa, il lupo perde il pelo ma non il vizio. Figuriamoci se non ne
approfitta per combinarne una delle sue. * - E quando pubblicherà un romanzo o una raccolta di racconti, signor
Guyère? Jean osserva David: benché ormai il cugino sembri destreggiarsi senza
difficoltà nel salotto della signora Firmiani, Jean continua a tenerlo un po’
d’occhio, come fa la chioccia con il pulcino, cercando di non darlo a vedere.
Presto David non avrà più bisogno dei suoi consigli: tra poco ne saprà più di
Jean, che non è certo un esperto. David impara in fretta, sa essere brillante. Avrà successo nei salotti
parigini, dove il talento, la bellezza ed una conversazione sfavillante sono
sempre apprezzati. La pubblicazione dei suoi racconti lo renderà autonomo
anche per quanto riguarda la carriera e gli darà una certa indipendenza
economica. Tutte cose positive, ma Jean sente una fitta, perché sa che presto
le loro strade si separeranno. David non è in grado di rispondere alla domanda che gli è stata posta
dalla bellissima duchessa di Maufrigneuse; lancia un’occhiata a Jean e rimane
sul vago: dice di aver pronta una raccolta di racconti, ma di non avere
ancora concluso un accordo con un editore. Tra cinque giorni Jean ripasserà
da Dauriat per sentire la sua risposta, ma a David non ha detto nulla. Non
vuole che si preoccupi e soprattutto vuole evitargli la delusione se Dauriat
decidesse, per un qualunque motivo, di non pubblicare. La duchessa si dice ansiosa di leggere questi racconti, che saranno
senz’altro molto belli. Jean segue la conversazione senza intervenire.
Osserva la duchessa, cugina della signora Firmiani e stella tra le più
luminose del firmamento parigino. Nonché grande collezionista di uomini e
divoratrice di fortune, dicono le malelingue che, Jean deve riconoscerlo,
hanno spesso ragione. Jean non ama le donne, ma il fascino della duchessa è
innegabile, anche lui non vi si sottrae completamente. E se David… Quello dei rapporti di David con le donne è un campo del tutto
sconosciuto, che preoccupa Jean. David ha ventidue anni, dedica tutto il suo
tempo e le sue energie al lavoro, ma non può vivere come un monaco. Ha
certamente le sue esigenze ed è bene che le soddisfi. Jean ha ereditato dal
padre appetiti robusti e, anche se spesso il lavoro lo assorbe, gli è
difficile rinunciare ad avere rapporti sessuali per un lungo periodo. Dopo la
fine della sua storia con André ha avuto pochi rapporti occasionali, ma
un'astinenza totale gli peserebbe troppo. David esce di rado da solo, a parte qualche passeggiata. Ha poco
denaro, anche se Jean gli ha messo a disposizione una certa somma, come
prestito, con la scusa del gioco: nell’alta società molto spesso gli uomini
si dedicano alle carte ed in un salotto è bene avere sempre una certa somma,
per non essere costretti a rifiutare un invito al tavolo da gioco. David ne
fa uso per frequentare prostitute? Jean ha dei dubbi, nulla glielo fa
pensare, ma questo non significa niente: certamente David non sospetta che
lui ha talvolta rapporti con altri uomini. Se David va a puttane rischia di
contrarre qualche malattia: meglio una relazione, magari con un’attrice. A teatro Jean ha visto diverse attrici guardare con fare significativo
in direzione di David. Lo notano tutte. Come potrebbero non notarlo? Come dar
loro torto? Non c'è un giovane altrettanto bello, forse Lucien
de Rubempré, per chi preferisce gli uomini dai
lineamenti delicati, quasi femminei. Ma per chi cerca un giovane dio bruno e
selvaggio, un Dioniso in grado di dare l'ebbrezza, non v'è nessuno che possa
stare alla pari con David. E se invece avesse una relazione con una donna
dell’alta società? Molto difficile. Ne conosce, certo, il salotto della
signora Firmiani è uno dei più eleganti di Parigi e molte gran dame lo
frequentano. Ma David esce poco… Una donna sposata,
che non ha libertà di movimento, per cui riescono a vedersi solo in alcune
occasioni? Jean vorrebbe parlarne con il cugino: in fondo sono due adulti, vivono
nella stessa casa, non c’è motivo per non affrontare l'argomento, ma su
questo punto David non dà nessuna confidenza e Jean teme di apparire
invadente e curioso. Non è il padre di David, anche se si è un po’ assunto
questo ruolo: è solo un cugino e non ha il diritto di intromettersi nella
vita personale di David soltanto perché lo ospita. Ed in ogni caso David ha
l’età per non dover rispondere a nessuno delle sue scelte. Due giorni dopo, una serata all'Opéra fornisce a Jean un pretesto per
affrontare l'argomento senza mostrarsi troppo indiscreto. Mentre tornano a casa, in carrozza, Jean dice: - Come prevedevo, ha di nuovo fatto colpo. - Che cosa intende dire? - Non mi dica che non ha visto come la guardava la bella Florentine, dal palcoscenico! In certi momenti pensavo
che si scordasse le battute. C’è un momento di silenzio. Nel buio della carrozza, Jean non può
vedere l’espressione di David, che non replica. Jean allora riprende il
discorso: - Niente di male, David, anzi. Pare che sia l'amante di un
commerciante, ma non credo che intenda rimanergli fedele per sempre: il
vecchio Cardot ha settant'anni o giù di lì.
Comunque meglio un'attrice di una puttana. Meno rischi di malattie ed un
rapporto che è chiaro fin dall'inizio, in cui nessuno si aspetta amore eterno
o cose del genere. Questa volta il silenzio di David è pesante. Jean si rende conto di
aver fatto un passo falso. Cerca di rimediare. - Mi scusi, non volevo essere indiscreto. - No, Jean, non è questo. Ma lasciamo perdere questo argomento. Adesso
voglio concentrarmi sul mio lavoro. Jean lascia cadere il discorso e dopo aver lasciato passare un
momento, passa a parlare della conversazione nel palco della signora de Camps. David risponde prontamente ed il dialogo riprende,
ma tutti e due sono ben consci di sostenere la conversazione solo per
dissipare il disagio che la frase di Jean ed il silenzio di David hanno
creato. A casa Jean ripensa a lungo a quanto ha detto. È stato uno stupido e
gli dispiace, teme di aver dato l'impressione di volersi prendere troppa
confidenza. Vorrebbe non aver parlato, ma ormai è troppo tardi. * David sta passeggiando nel giardino. Ammira gli ultimi crisantemi: non
aveva mai visto questa pianta orientale dagli splendidi fiori autunnali e
Jean gli ha spiegato che è stata portata in Francia solo nel secolo scorso;
lui ne è un grande estimatore e ne ha fatte piantare molte nel giardino. In questi giorni David sente il bisogno di riposare un po’. Da quando
si è trasferito a casa di Jean ha lavorato ad un ritmo molto intenso ed ora è
stanco. Ma l’inattività gli pesa, gli sembra di perdere il suo tempo. Jean non gli ha detto più nulla dei racconti, ma di certo si sta dando
da fare. David è impaziente. A Jean sono piaciuti, ma questo non significa
che sia facile trovare un editore. Ecco il cugino, che arriva sorridente. - Buon giorno, Jean, come va? - Bene, ho fatto un giro dalle parti del Palais
Royal per sentire le ultime novità letterarie. David cerca di nascondere l’agitazione che prova. Quando Jean gli ha
comunicato che i suoi primi due racconti erano stati accettati da Sorride e chiede, con un tono che vorrebbe essere indifferente, ma
tradisce la sua tensione: - Ah, sì? E che cos'ha sentito di bello? - Come fa a dire che ho sentito qualche cosa di bello? - È troppo contento per non avere buone notizie. Scommetto che le sue Favole sono state un trionfo. Se lo
meritano. - A parte il fatto che le Favole
non sono mie, ma del signor David si sente mancare. È da idioti emozionarsi così, ma gli sembra
incredibile. - Jean, è vero? - Sì, certo che è vero, non conto mica storie, io, non sono uno
scrittore. Domani andremo da Dauriat, che acquista la sua raccolta per
duemila franchi. David lo guarda, allibito. - Da Dauriat? Duemila franchi? Jean, sei incredibile. E di colpo si rende conto di avergli dato del tu. - Mi scusi, Jean, non volevo... - Non scusarti. Mi farebbe molto piacere se ci dessimo del tu.
D'accordo? - D'accordo. Anche a me, viene più naturale. Ma... dimmi che è vero,
Jean, che non stai scherzando. - Ti sembra che sia il tipo che scherza su queste cose? E poi quel giovane
autore farà strada. L'ho sempre detto io. David lo fissa. Poi scuote la testa. - Jean, com'è che esisti? E cosa ho fatto io per meritare di
incontrarti? - Non dire stupidaggini, David. Quello che non ti sei meritato è tutto
il buio degli ultimi anni. Ti meriti il successo e l'avrai. Il tempo è
galantuomo, come dice spesso il mio editore, e ti renderà giustizia. * - Non mi faccia perdere altro tempo. Se dovessi stare dietro a tutti
gli scribacchini che sono convinti di aver diritto ad essere pubblicati solo
perché riempiono di inchiostro un po' di fogli, sarei già fallito da tempo!
Se ne vada e si cerchi un altro editore. Non mi imbarco in imprese
fallimentari! Dauriat si libera infine dello scocciatore, l’ennesimo scribacchino da
quattro soldi che è convinto di aver scritto un capolavoro: questo gli
propone un romanzo che sembra scritto due secoli prima. Ma chi pensa di
essere? Madame de E mentre fa queste riflessioni, vede che sta arrivando Guyère. Quello
a fianco dev’essere il cugino, l’autore dei
racconti. Guyère aveva ragione, deve riconoscerlo. I racconti sono di qualità
superiore. Possono vendersi bene e saranno un gran successo, se la manovra va
in porto. E ci andrà, Dauriat ne è sicuro. Riuscirà a fottere il grande Jean
Guyère senza difficoltà. Il segreto è nella sorpresa. Dauriat accoglie con un sorriso caloroso il giovane Guyère, ma saluta
appena Jean, che è la preda a cui mira: se vuoi inculare uno, non deve
sospettare di niente. - Lieto di vederla signor Guyère. E lei deve essere l'autore dei
bellissimi racconti che ho appena letto, il giovane David Guyère.
Complimenti, giovanotto. Lo vede emozionato, confuso, felice di sentire un editore dare un giudizio
molto positivo sulla sua opera. Certo, Guyère lo scrittore ha sentito come
lui ha trattato il tizio di prima, ma quello non ha metà del talento di
questo qui e neppure un cugino celebre. Senza farsi notare, Dauriat lancia
un’occhiata alla sua preda: anche Guyère l’illustratore sorride, ci tiene al
cugino. Bene, altri complimenti allora, un po’ di strutto per ungere meglio
il buco, in modo che il grande illustratore non si accorga di avercelo in
culo fino al momento in cui non potrà più toglierselo. Dauriat sfodera il suo sorriso: nonostante alcuni denti mancanti, ad
un giovane autore che non ha mai pubblicato un libro appare di certo più
affascinante di quello della sua innamorata. - Sarò ben lieto di stampare la sua opera, che mi sembra molto valida.
Tra un po’ il ragazzo sviene. Ringrazia e boccheggia. Non si aspettava
di essere accolto con l’arco di trionfo. Dauriat guarda di nuovo di sfuggita
la preda, che intanto gongola, ignara di tutto. Non si accorge che l’editore
sta spalmando con cura il grasso tutt’intorno all’apertura. Dauriat prosegue: - Certo, lei deve considerare che pubblicare un autore sconosciuto è
sempre un rischio per noi editori. Ed una spesa notevole: oltre alla stampa
ed alla distribuzione, dobbiamo assicurarci anche recensioni positive. Oggi
la principale professione degli autori sembra essere diventata quella di
critici letterari: dalle riviste ognuno spara a zero sui rivali, nella
speranza di rimanere da solo sulla vetta. Con un autore già noto, i rischi
sono più limitati, ma con un giovane, il discorso è diverso. Tutta questa manfrina fa parte del copione e serve solo per distrarre
la vera preda. - Comunque mi sento di garantire che la sua opera avrà un buon
successo. Sì, questo tra poco sviene. L’altro invece è pronto. Non si accorge
neanche dell’uccello che gli punta contro il buco del culo. - Me lo auguro. - Me lo auguro anch'io e farò di tutto per assicurarlo. Lei certamente
se lo merita. L’autore giovane tra un po’ si inginocchierà ai suoi piedi. Dauriat
pensa che ad uno così potrebbe anche proporre di non pagare i racconti, se
non ci fosse di mezzo ben altra preda. Adesso è il momento di spingere. Prima
di rendersene conto, Jean Guyère se lo ritroverà tutto in culo. - Non so come ringraziarla. Ora. La manovra va fatta in due rapide mosse, in modo che la vittima
non abbia il tempo di reagire. Centrare il buco… - Ma si figuri. Certo che per un autore sconosciuto è più difficile.
Anche se il suo cognome è noto, grazie a suo cugino. - Lui sì che è un autore affermato. Con la coda dell’occhio Dauriat vede Guyère l’illustratore aggrottare
la fronte. La vittima sospetta qualche cosa: nonostante il grasso ben
distribuito, sente l’uccello che sta per entrargli in culo. Ma ormai è troppo
tardi. Una spinta decisa e l’arma affonda, fino all’elsa. - Questo mi dà un'idea. Un'ottima idea. Sì! Senta, se suo cugino
volesse illustrare i suoi racconti, non dico con molte immagini, basta una
tavola per racconto, sarebbe un grande incentivo per le vendite. Fatto, l’operazione è conclusa. Il grande illustratore ce l’ha in culo
e non gli sarà facile liberarsene. Dauriat annuisce, come se stesse valutando
un’idea che gli è balenata in mente solo ora. - Davvero, un grande incentivo. Un ultimo colpo, tanto per assicurarsi che l’uccello sia tutto dentro. * Jean si sente soffocare dalla rabbia. Ora la manovra è chiara. Ma
perché quello stronzo di Dauriat, che di sicuro l’aveva già in mente, non
gliel’ha detto prima? David penserà che si siano messi d'accordo. Accidenti a
lui! Ed accidenti anche a se stesso: è stato un bel coglione a non sospettare
che le condizioni troppo favorevoli di Dauriat nascondevano qualche cosa.
Avrebbe dovuto capirlo subito che la cifra proposta per l’acquisto dei
racconti era eccessiva, per un autore sconosciuto. Ma ormai c’è poco da fare. Jean cerca di non lasciar trapelare la sua irritazione. Sorride a
Dauriat ed osserva: - Non è abituale che una raccolta di racconti di un autore non ancora
conosciuto esca in un’edizione illustrata. Dauriat sorride. Quel figlio di puttana ha capito benissimo che
l’affare è fatto: Jean sa che se David è d’accordo, non può dire di no,
perché il cugino penserebbe che lui non voglia aiutarlo. - Non è abituale, ma talvolta avviene. In questo caso vale davvero la
pena di investire di più: se lei avesse voglia, potrebbe contribuire al
successo di un libro eccellente. Questo ruffiano sa come ottenere quello che vuole. Negli occhi di
David si è accesa una luce a sentire la parola eccellente. Dopo aver
assistito a quella scena penosa pochi minuti fa, non si aspettava di essere
trattato con i guanti. Jean vorrebbe strangolare Dauriat, ma ormai c’è poco da fare. Questa
vecchia volpe l’ha fottuto per bene. - Mi lasci parlare un attimo con mio cugino. Prende David per un braccio e si allontanano. Vede Dauriat
soddisfatto, sicuro del suo successo. - David, non ne sapevo niente, te lo assicuro. Sarei ben contento di
farlo, ma solo se lo vuoi. David sorride, non ha capito niente della manovra. - Mi sembra una bellissima idea. Mi piacerebbe che il mio primo libro
avesse qualche cosa di tuo. Di visibilmente tuo. Purché non ti costi troppa
fatica. Jean tace. L'intensità del piacere che prova lo stordisce. David ha il
potere di renderlo felice con un nonnulla.
- Allora, d'accordo, ma ti faccio anche un ritratto da mettere
all'inizio. - Ma... - Niente ma. Conditio sine qua non. Punto e basta. L’idea del ritratto l’ha lanciata solo per evitare che David si renda
pienamente conto della situazione. Lui sta lavorando alle Favole e
preparare delle tavole per i racconti del cugino sarà un bell’impegno, perché
devono essere perfette. Dovrà mettersi a lavorare ventre a terra per non
ritardare la pubblicazione dei racconti e rimanere nei tempi previsti per il
secondo volume delle Favole. I testi comunque li conosce già e qualche
idea su come illustrarli gli è venuta leggendoli: deformazione professionale. * Pubblicati. Da Dauriat. La sua opera avrà un buon successo.
Bellissimi, sì, ha detto la parola bellissimi. E molto validi. I racconti
sono molto validi, sono bellissimi. Un libro eccellente. Dauriat è un
editore, sa di che cosa parla. Dauriat pensa che i suoi racconti possano
avere successo. David ha una grande confusione in testa, un turbinio di pensieri che
svolazzano come rondini intorno al nido. Le campane di una chiesa vicina
stanno suonando, ma a David pare di averle in testa: uno scampanio pasquale
ed oggi è davvero per lui giorno di resurrezione, dopo la passione degli
ultimi anni. Guarda Jean. Ha bisogno di una conferma. - Ma è vero, non sto sognando? Jean sorride. David vorrebbe abbracciarlo. Gli deve tutto. Non vede l’ora di vederli stampati. Un libro, con il suo nome. I suoi
racconti pubblicati. Non ha sbagliato tutto, non si è costruito castelli in
aria. Ma adesso l’immaginazione vola, sogni che sembravano svaniti nel nulla
da tempo ritornano. Deve rimanere con i piedi per terra, assurdo montarsi la
testa. Ed è bene che si metta a lavorare al romanzo, senza perdere tempo. E proprio mentre pensa di mettersi al lavoro senza indugi, Jean gli
dice: - Per festeggiare il contratto, che ne diresti di una gita in
campagna? Queste giornate di novembre sono ancora bellissime, ci muoviamo un
po' e ci rinfreschiamo le idee. Tu hai bisogno di un po’ di riposo, dopo
questo lavoro forsennato... La proposta lo spiazza. Risponde: - Pensavo di lavorare al romanzo... Si ferma. È stato scortese. Il cugino gli chiede di fare una
scampagnata e, dopo tutto quello che Jean ha fatto per lui, David si fa
ancora pregare? Prima che David abbia il tempo di correggere il tiro, Jean riprende: - No, scusa se mi intrometto nei tuoi affari, ma il modo in cui hai
lavorato in questi ultimi mesi è eccessivo: hai bisogno di muoverti un po' e
non sono i due passi in giardino o per le vie di Parigi che ti faranno
recuperare le forze. Un periodo di lavoro intensissimo va bene, ma non puoi
mica continuare così per sempre. A meno che tu non voglia morire giovane: in
questo caso sarai uno di quegli autori promettenti che non hanno potuto...
mantenere le promesse. David annuisce. Non può dire di no, sarebbe scortese. Ed in ogni caso
si rende benissimo conto che Jean ha ragione: deve prendersi un momento di
riposo. Sorride ed acconsente: - Credo che tu abbia ragione. Una scampagnata è una bella idea. - Ed io ne approfitterò per buttare giù lo schizzo preparatorio per il
tuo ritratto. Mi porto dietro tutto l’occorrente. David ride. - Così io riposo e tu lavori? Non mi sembra giusto. - Io non ho mica i tuoi ritmi di lavoro. Non ho bisogno di riposarmi. Il cugino avrà un bel da fare a preparare tutti i disegni. E dire che
sta lavorando anche al volume di La Fontaine. Ma
Jean è bravissimo e di certo i suoi disegni contribuiranno al successo
dell’opera, come ha detto Dauriat. Che bella idea ha avuto l’editore! * Jean spegne la lampada. È contento della giornata. La faccenda delle
tavole richiederà un bel lavoro in più, ma in effetti dovrebbe contribuire al
successo del libro. Jean spera che i racconti ricevano l’accoglienza che si
meritano. David ne ha bisogno. David è un aquilotto, che lui ha accolto affamato e sperduto. L'ha
nutrito ed ora il piccolo sta recuperando le forze e crescendo, comincia a
spiegare le ali ed a volare verso il cielo. Presto salirà così in alto che a
lui non rimarrà altro da fare che guardarlo da lontano. Lui è un vecchio
pollo, incapace di volare. L'immagine lo fa sorridere. Ha appena compiuto quarantacinque anni, è
in buona salute ed anche lui sa volare, anche se non così in alto come farà
David, perché David arriverà al sole. David è figlio del sole, della luce. Eppure il pensiero gli provoca un senso di disagio, una sofferenza di
cui non riesce a definire i contorni. Ripete le parole che si è detto.
Guardarlo. Guardare David sarà sempre un piacere. Da lontano. Questo è il
punto dolente. Perché a David non è affezionato come lo si può essere ad un
cugino o ad un fratello. E non è neanche solo attrazione fisica. È qualche
cosa di più, molto di più. Ma David volerà molto lontano. Questo lo sa, lo ha sempre saputo. Così
dev’essere, è giusto che sia così. Ma il pensiero
desta un’angoscia che trabocca e lo trascina via. Del benessere di pochi
minuti fa, non è rimasta traccia. Ora c’è soltanto dolore, un dolore che
affonda i denti nella sua carne. * La giornata è serena e l'aria tiepida: l’ideale per un’escursione.
David è contento di aver accettato la proposta di Jean, anche se l’ha fatto
soprattutto per accontentare il cugino. Comunque Jean ha ragione: staccare un
po’ dal lavoro gli sarà utile. Ora camminano fianco a fianco, chiacchierano, discutono, tacciono,
ridono. È la prima volta che trascorrono un'intera giornata insieme:
abitualmente si ritrovano solo ai pasti e dopo cena. Passeggiano a lungo, costeggiando Passano di fianco ad alcune cascine. David guarda i contadini al
lavoro, le donne che lavano i panni. Quel giovane che continua a bestemmiare
mentre ripara lo steccato è così rabbioso perché la sua condizione gli pesa o
c’è qualche problema particolare? Magari una donna che gli ha detto di no. O
che gli ha detto di sì ed ora è incinta. E la ragazza ha due fratelli. Lo
hanno minacciato… David si rende conto che come al
solito la sua fantasia galoppa. La voce di Jean lo richiama alla realtà. - Che ne dici di fermarci qui? Mi sembra un posto piacevole, con un
bel panorama. Sono arrivati su una piccola cresta che domina il fiume, ai margini di
un boschetto ormai spoglio. Dal punto in cui si trovano la vista spazia sulla
Senna e sulla campagna: si scorgono alcune fattorie ed i campi nudi. - Sì, va benissimo. - Allora siediti lì, perché prima di mangiare lavoro un po’. Jean lo fa sedere ai piedi di un albero, ma la posizione non lo
convince e gli dice di spostarsi su un masso. Studia le diverse angolazioni,
gli fa alzare ed abbassare la testa. David partecipa divertito a tutta
l’operazione: è la prima volta che qualcuno gli fa un ritratto e non si è mai
posto il problema della posizione da assumere. Ha sempre pensato che uno si
siede o si mette in piedi e poi l’artista dipinge. Ma è un’idea assurda,
naturalmente: sarebbe come scrivere un romanzo preoccupandosi solo di
raccontare i fatti uno dopo l’altro. David sbuffa, fingendo di spazientirsi, e punzecchia Jean: - È possibile che nessuna posizione sia di tuo gusto? Jean risponde per le rime: - Il problema è il soggetto, del tutto inadatto. - Potresti rinunciarci. - Neanche per idea. Le sfide con l'impossibile mi tentano sempre.
Adesso rimani così. Vediamo come viene. Jean si siede ed incomincia a tracciare uno schizzo, poi, dopo un buon
momento di silenzio, parla: - Non sei un soggetto facile. - E perché mai? - In primo luogo perché non stai fermo! David si rende conto di aver girato un po’ la testa per seguire il
volo di due gazze. Accidenti! Jean ha ragione: non è davvero un buon modello.
Si blocca immediatamente. - Scusami! Ma perché “in primo luogo”? C’è anche un altro motivo? - Te lo dico solo se taci: come faccio a disegnarti la bocca, se la
muovi sempre? A David viene da ridere. Non ride spesso, ma ora gli sembra di non
riuscire a contenersi ed in effetti la risata deborda. Jean sbotta: - Il secondo motivo è che sei un disastro! Devo darti una mazzata in
testa per farti stare fermo? E piantala di ridere! Jean finge di essere furibondo, ma non riesce ad essere convincente,
perché anche a lui viene da ridere. - Starò fermo solo se prometti di dirmi il secondo motivo. - Prometto, ma prometto anche che alla prima parola nei prossimi dieci
minuti, ti tiro in testa il tuo ritratto e dico a Dauriat che non faccio
niente. David si sforza di rimanere assolutamente immobile. - Il secondo motivo è che sei bellissimo. Riprodurre un paesaggio, un
oggetto, un animale, un uomo che di per sé è particolarmente bello è molto difficile:
il disegno rischia di non essere all'altezza dell'originale. Parto
svantaggiato. - Devo ricordarti che quella del ritratto è un'idea del tutto tua? E
che... - Devo ricordarti che ti sei impegnato a stare fermo e zitto? David tace e Jean riprende: - Tu hai un viso molto regolare, troppo. C'è molto di tua madre nel
tuo viso. Il pensiero di sua madre ritorna di colpo, inatteso e doloroso. David
insegue pensieri che fuggono verso un passato che ormai gli sembra lontano.
Ripensa alla sua infanzia, di cui conserva un ricordo luminoso. Ricorda la
malattia di sua madre. Non parla mai di lei. Con chi potrebbe parlarne? Con
suo padre, forse? Le parole gli sfuggono: - Tu la conoscevi bene? Jean lo guarda e, senza smettere di disegnare, riprende a parlare: - Era una donna splendida, le volevo molto bene. Era molto dolce con
me. Mia madre era severa, poco espansiva. E poi io ero nato quando ormai i
rapporti tra lei e mio padre erano diventati difficili. Tua madre invece era
sempre così cara con me! Sua madre aveva una grande stima di Jean, David se lo ricorda
benissimo. È giusto che glielo dica. Ma non ora. Jean sta disegnando ed è
meglio lasciarlo lavorare in pace. David rimane a lungo in silenzio, lascia che anni ormai sepolti
riemergano, il loro splendore appena offuscato dalla consapevolezza che quel
tempo è finito. Dopo quei giorni scintillanti c’è un lungo periodo buio, che
ora sembra volgere al termine. Ma a David sembra di sentire ancora addosso il
freddo degli ultimi anni, la fame che è stata a lungo la sua compagna, la
disperazione. Basta! Quel periodo è finito. Ora c’è un altro futuro davanti a lui.
Deve guardare avanti. Ma il pensiero ritorna indietro, insegue ricordi che ne
suscitano altri, in una catena interminabile. Il cancello del giardino che non
si chiudeva bene, perché l’umidità l’aveva deformato; il gesto con cui David
bambino cercava di spingerlo in modo da poter far scattare il fermo ed il
tocco leggero di sua madre che senza fatica lo premeva, in modo che lui
potesse chiudere. E poi, quando lui alzava la testa, il loro sorriso
d’intesa, che sottintendeva affetto e complicità. Ed oltre il cancello la
strada in pendenza, dove una volta era ruzzolato, mentre correva, e
l’abbraccio di sua madre che lo consolava. Sono mille piccole cose che dal passato
sembrano ritornare vive. David non si rende conto che il tempo passa. È solo un movimento di
Jean, che posa la matita e guarda la sua opera, ad indicargli che deve aver
concluso. Sembra abbastanza soddisfatto. * Sì, lo schizzo è venuto bene. È riuscito a catturare la vera
espressione di David: seria, concentrata. Jean detesta certi ritratti di
poeti che si vedono sui libri, con gli occhi rivolti al cielo ed uno sguardo
languido. L’immagine di David deve rendere giustizia alla sua bellezza virile
ed alla sua intelligenza. Le parole di David interrompono la sua riflessione. - C'è una cosa che non ti ho mai detto, Jean. - Che cosa? - Cinque anni fa, quando mia madre stava per morire, aveva capito che
non avrei potuto contare sul mio ... patrigno, perché tale è. Aveva paura per
me, per il mio futuro. Mi disse, ricordo esattamente le parole: "Se
avrai bisogno di aiuto e tuo padre non potrà o non vorrà fare niente per te,
rivolgiti a tuo cugino Jean. È l'uomo migliore che io conosca." Aveva ragione. Jean abbassa la testa. Le parole di David lo hanno commosso. Se gli
piacessero le donne, direbbe che un tempo era innamorato della zia, che aveva
appena cinque anni più di lui. Ma il sentimento che lo ha legato ad Adèle Guyère non è stato amore.
Affetto, per una persona che gli ha sempre voluto bene, senza condizioni,
questo sì. Ed ora l’idea che proprio lei gli abbia in qualche modo affidato
David gli dà una gioia infinita. Cerca di nascondere la commozione con una
battuta: - E tu non hai seguito il suo consiglio. Per non fare i trecento metri
che separano casa mia dalla scarpata, eri pronto a buttarti nel fiume. David non sorride. - A Parigi ero andato a casa tua, dopo mille incertezze e
ripensamenti, ma tu non c'eri, eri a Chaumont. E dopo quella giornata a
Chaumont, non riuscivo a vedere altre soluzioni. Jean non dice nulla. Forse è meglio lasciar svanire quei ricordi cupi
e pensare alle promesse del futuro. Ma mentre Jean sta per cambiare
argomento, David gli pone a bruciapelo una domanda che lo spiazza: - Non ti ricordi di mio padre, quello vero, intendo? Il barone di Trouillas, come probabilmente sai. E questa volta è la mente di Jean a volgersi verso un passato in cui
le cose non sembravano ancora stabilite una volta per tutte, in cui pareva
esserci uno spazio per scelte diverse, percorsi di vita differenti. Aveva
pubblicato il suo primo libro, allora, ma non era stato notato né dalla
maggioranza della critica, né dal pubblico: nulla indicava che avrebbe avuto
successo come disegnatore. E, d’impulso, aveva deciso di arruolarsi. Avrebbe
potuto diventare uno di quegli ufficiali che nel tempo libero coltivano
qualche interesse: il disegno, nel suo caso; la letteratura o le antichità,
per altri. Non aveva mai avuto rapporti, né con uomini, né con donne, anche se
il suo corpo sapeva ciò che desiderava. Tutto era ancora possibile. Tutto
avrebbe potuto essere diverso. La risposta alla domanda di David evoca ricordi e dubbi che Jean
preferirebbe non destare dal loro sonno. - Sì, anche se ebbi poche occasioni di vederlo: in quel periodo non
vivevo più a Chaumont, ma ritornai per salutare mia madre, prima di partire.
Avevo deciso di arruolarmi. Rimasi solo una settimana, ma mi ricordo di lui
perché... “Perché era bellissimo, come di certo non lo era nessuno a Chaumont, e
mi piacque più di qualunque uomo avessi mai conosciuto, perché fu il primo
uomo che desiderai sapendo di desiderarlo, senza confondere attrazione fisica
e simpatia, amore ed amicizia”. Questo dovrebbe rispondere Jean, se potesse
essere sincero. Ma di questo Jean non ha mai parlato a nessuno e non lo farà
certo con David. - …ebbi modo di vederlo diverse volte, e di
lui si parlava molto: Chaumont è una cittadina di provincia, la gente passa
il tempo a spettegolare, lo sai benissimo. Il barone aveva poco più di
trent'anni ed era un uomo bellissimo. Jean potrebbe raccontare qualche cosa di più, ma esita. Ha paura di
ferire David, ma il cugino vuole sapere e forse è giusto che un ricordo
rubato sia reso all’unica persona che oggi ha davvero il diritto di conoscerlo. - Una volta mia madre mi mandò a casa dei tuoi. Dovevo portare della
frutta, una varietà di pesche che cresceva in un terreno di nostra proprietà
e che tua madre amava molto: il fattore che le aveva raccolte ce le aveva
appena portate e così fui incaricato della consegna. Come facevo sempre, non
andai per le strade, ma presi scorciatoie e viottoli tra i campi, così
arrivai dalla parte del giardino sul retro della casa. Era quasi l'ora in cui
lo zio rientrava. Mentre stavo per aprire il cancelletto, vidi nella siepe un
magnifico pettirosso. Avevo accarezzato il progetto di un libro sulla fauna
della regione, un libro di disegni, intendo. Un amico naturalista a cui mi
ero rivolto mi aveva consigliato di lasciar perdere l’idea, per tanti motivi.
E poi avevo deciso di arruolarmi, ero tornato a Chaumont proprio per salutare
mia madre… Arruolarsi… un’idea
assurda, non era quella la sua strada. Ma suo fratello era morto ad Abukir poco più di un anno prima. Che cosa voleva
ottenere, arruolandosi? Che sua madre piangesse anche lui, come aveva pianto
suo fratello? Troppi fantasmi stanno uscendo da questo vaso di Pandora che la
domanda di David ha scoperchiato. Jean cerca di ignorarli e riprende a
raccontare: - Ma in qualche modo l’idea del libro era ancora nella mia testa e
senza riflettere mi inginocchiai per osservare meglio il pettirosso. In quel
momento la porta di casa si aprì. Io potevo vedere attraverso la siepe, che
però mi nascondeva. Vidi tua madre affacciarsi e guardare con attenzione
fuori, in una direzione e poi nell'altra: stava chiaramente controllando che
non ci fosse nessuno. Avrei dovuto alzarmi e farmi vedere, ma sbucare così
dalla siepe mi sembrava brutto. Esitavo, incerto sul da farsi, quando lei
fece un cenno verso l’interno della casa e sulla porta si affacciò il barone.
A questo punto non potevo più mostrarmi, mi ero ficcato in una situazione
incresciosa. Jean esita un attimo, poi conclude: - Lui la prese tra le braccia e la baciò, mentre lei cercava di dirgli
qualche cosa, poi si diresse verso il cancelletto. Io mi nascosi dietro
l’angolo ed attesi dieci minuti, prima di bussare. Questo è tutto. Altre sensazioni ed emozioni sarebbero difficili da
esprimere, non sono chiare neppure a Jean. Vedere quell’uomo che baciava sua
zia lo aveva turbato. Non solo perché la scena era la prova dell’infedeltà di
Adèle Guyère, ma perché
in quel momento si era chiesto che cosa si prova ad essere baciati da un uomo
così. Che cosa provava sua zia. Che cosa avrebbe provato lui. - Che cosa puoi dirmi di lui? - Era un uomo molto bello: i tuoi stessi capelli, i tuoi stessi occhi
scuri, un naso diritto, ed un paio di folti baffi alla moda di Parigi, che a
Chaumont di certo non portava nessuno. Aveva tutta la sicurezza che danno il
successo, l’eleganza e la bellezza. Ai miei occhi appariva ricco, ma si
parlava di lui come di un uomo rovinato, rifugiatosi a Chaumont da lontani
parenti proprio per evitare problemi con i suoi creditori. C’è un lungo silenzio. Jean sa di aver toccato una ferita. Non dice
nulla. È David a parlare: - Scoprire che mia madre era... che aveva tradito mio padre è stato
duro. Era l'unica persona che mi avesse amato veramente. L'avrei voluta
perfetta. - I nostri padri non erano precisamente dei modelli di fedeltà
coniugale e le nostre madri ne hanno sofferto. La tua ha ripagato suo marito
con la stessa moneta e non posso darle torto. Non puoi pensare che una donna
rimanga fedele per sempre mentre suo marito corre la cavallina. È assurdo,
anche se molti pensano che ad un uomo tutto sia permesso e che una donna
debba sempre solo sopportare. David non risponde subito. - La tua rimase fedele a tuo padre. - Finché visse, sì, almeno credo. Ma quando morì, si risposò dopo
appena un anno. Non mi fu facile accettare questo secondo matrimonio: avevo
quasi quindici anni e lo vissi come un tradimento. Pensavo che mia madre
avrebbe dovuto rimanere fedele alla memoria di mio padre. Fin dall'inizio
detestai il mio patrigno. - Mia madre disse una volta che il tuo patrigno non ti rendeva la vita
facile. - Non so come tuo madre potesse saperlo, ma era vero. Io non l'avevo
accettato e lui non aveva accettato me. Tra noi c'era una continua tensione,
anche se non ci furono mai litigi. Di fatto, lui aveva poco potere su di me:
mio padre prima di morire aveva nominato mio tutore un amico, il notaio Villiers, quello di cui Bouchardon
ha rilevato lo studio, lasciandogli istruzioni precise perché io potessi
continuare gli studi che avevo intrapreso. Mia madre era determinata a
rispettare le ultime volontà di mio padre. Il mio patrigno sosteneva che
insegnarmi il disegno non aveva senso e che avrei fatto meglio a cercare un
lavoro o almeno a studiare da medico o avvocato. Lo lasciavo dire, ma facevo
di testa mia. - E lui ti rendeva la vita impossibile? - Non proprio. Certamente, comunque, non me la rendeva più facile. Jean potrebbe raccontare molti episodi sgradevoli, infinite piccole
vessazioni, sgarbi, battute che miravano a ferire. Ma è inutile. Sono ricordi
che ha sepolto e che non vale la pena di riesumare. Non significano più
niente, ormai. - Ed ora, come sono i vostri rapporti? Tra te ed il tuo patrigno,
intendo. Jean si dice che David dev’essere l’unica
persona a Chaumont a non saperlo. Ma David non vive a Chaumont da tempo. - Non lo vedo da anni. David appare stupito. - Ma come… non vai mai da tua madre, quando
sei a Chaumont? - Sì, tutti i giorni, ma solo nelle ore in cui lui non è in casa. Lui
lo sa ed evita di tornare prima. Nessuno dei due ci tiene ad incontrare
l'altro. È una specie di… gentlemen’s
agreement, come dicono gli inglesi. Tornando a casa, Jean si sente soddisfatto della giornata: ha
preparato uno schizzo che gli permetterà di tracciare il ritratto di David
per il libro, ma soprattutto ha avuto modo di parlare con il cugino, di stabilire
con lui una certa intimità. Gli sembra che ora loro due siano più vicini. * David si sta togliendo la giacca, che gli scivola a terra. Si china
per raccoglierla e quando si rialza urta con il gomito la brocca dell’acqua,
che cade sul letto, mentre l’acqua si versa sulle lenzuola. David cerca di
raddrizzarla, ma il suo movimento precipitoso non fa che peggiorare la
situazione: la brocca gli sfugge di mano e cade a terra, rompendosi. Che disastro! Come ha potuto
essere così maldestro?! Bussano alla sua porta. - Avanti. È Jean. - Ho sentito un rumore. Qualche problema? David indica il letto e la brocca a terra: - Scusa, Jean. Ho combinato un disastro. Jean lancia un’occhiata e ride. - Niente di terribile. Chiamo Marie-Anne. David vorrebbe fermarlo. Gli dà fastidio che la domestica veda il
guaio che ha combinato: già non sembra apprezzare molto la sua presenza. Ma
le lenzuola vanno cambiate. Marie-Anne arriva quasi subito. Jean augura la buona notte e torna
nella sua camera. La donna toglie le lenzuola, poi raccoglie i pezzi della brocca. Porta
il tutto fuori dalla stanza. David dà un’occhiata al letto. L’acqua non
sembra aver bagnato il materasso, per fortuna. Marie- Anne rientra ed asciuga il
pavimento con uno straccio. La donna è china a terra e David guarda i fianchi
sollevati. Marie-Anne volta la testa verso di lui, come se avesse avvertito lo
sguardo di David su di lei. David abbassa gli occhi, confuso. La donna
riprende ad asciugare, poi spazza con cura, per eliminare gli ultimi
frammenti. Quando ha terminato con il pavimento, Marie-Anne esce, senza
guardarlo, accostando la porta. Meno male che se ne è andata. David è turbato. Questa sera si sta
comportando come un idiota. Si sfila la camicia. In quel momento la porta si apre. Marie-Anne
entra con un nuovo paio di lenzuola. Lo guarda, sorpresa. David si dà dell’imbecille. Non ha pensato che il letto era da rifare.
La porta non era chiusa, la domestica non ha ritenuto necessario bussare. Ed
ora che cosa penserà, a vederlo a torso nudo, dopo che prima si è accorta che
la stava guardando? La donna non dice nulla. Gli volta la schiena e con movimenti precisi
e sicuri prepara rapidamente il letto. David si rimette la camicia, senza
abbottonarla. Marie-Anne ha concluso. Con gli occhi perlustra la stanza,
controllando che tutto sia a posto. Poi il suo sguardo si posa sul viso di
David. Rimane a fissarlo, senza dire niente. David la fissa. Si sente la gola
secca. La donna porta le mani alla crocchia di capelli. Toglie una forcina,
poi una seconda ed una terza. I capelli si sciolgono sulle sue spalle. Ha
lunghi capelli neri che le arrivano alla vita, Marie-Anne. David fa un passo avanti. Ora è di fronte a lei. Con la destra
accarezza i capelli, poi la mano risale, fino ad arrivare alla nuca della
donna. Preme sul collo ed avvicina il viso di Marie-Anne al suo. * Il compenso per i racconti ed il libro. Il denaro è importante, per
David significa non trovarsi più a dipendere dal cugino. Jean non glielo fa
pesare, per nulla, ma a lui spiace. Il libro significa di più, molto di più. Il suo primo libro. La
realizzazione di un sogno covato a lungo e ad un certo punto abbandonato. - Non dovrai più mantenermi, Jean. Ora posso guadagnarmi da vivere.
Potrò cercarmi un'altra sistemazione. Jean lo guarda, quasi stupito. - È proprio necessario? Non sarebbe meglio che tu rimanessi ancora
qui? Se non ti pesa, ovviamente. - Se non mi pesa? Jean, sono io che non vorrei esserti di peso per
tutto l'oro del mondo. - Ti ho dato questa impressione? - No, santo cielo, no! Jean, non farmi dire ciò che non penso. - Bene, David. Sono felice di averti qui e mi spiacerebbe molto che tu
te ne andassi. Potresti rimanere qui ancora per un po’ di tempo, in modo da
riuscire a lavorare tranquillamente al tuo romanzo senza doverti preoccupare
di altro. La concentrazione è importante. Se però vuoi andartene, non posso
certo trattenerti a forza. - Non voglio andarmene, ma... - Se non vuoi andartene, non ci sono ma. È così bello averti qui. David scuote la testa, incredulo. - Sei incredibile. Lo fai apparire come se fossi io a farti un favore. - È così. È bello averti qui, David. - È bello stare qui. Ma non vorrei... - ...esserti di peso. David, tu non dovresti fare lo scrittore, tu
dovresti fare il suggeritore a teatro. Ripeti sempre le stesse frasi. David ride. Jean non è un gran conversatore, l’ha notato più volte nel
salotto della signora de Camps. Ma quando ci si
mette, sa come presentare le cose nel modo giusto per ottenere ciò che vuole,
che in questo caso è soltanto aiutare lui. - Grazie, Jean. * Sapeva benissimo che David avrebbe manifestato l’intenzione di
andarsene, temendo di approfittare della sua ospitalità. E, sapendolo, aveva
affilato le sue armi. L’operazione ha avuto successo. In pieno. Avere David accanto è un tale piacere! Jean è ben conscio dei rischi che corre. La gioia che gli dà la
presenza di David ha il suo prezzo, che è ben più alto delle tentazioni della
carne: quelle Jean sa tenerle a freno o almeno cercare altre vie per
soddisfare le sue esigenze. Ogni giorno passato vicino a David è un laccio
che si stringe un po’ di più, rendendo più dolorosa la separazione,
inevitabile: su questo Jean non si fa illusioni. Ma il presente è così bello, vale la pena di goderlo. Molte cose cambieranno, ora. Il libro è uscito, ci saranno recensioni,
il talento di David verrà riconosciuto. Molti salotti gli apriranno le porte.
La vita di David cambierà. Quanto? Impossibile dirlo. David si è rimesso a lavorare intensamente al suo romanzo, ma quando
Jean gli suggerisce di uscire per svagarsi un po', di solito David accetta.
Di propria iniziativa esce poco, a meno che non abbia un impegno preciso:
magari fa una passeggiata in giardino. Quando decide di fare quattro passi,
chiede sempre a Jean se vuole accompagnarlo. Oggi però è uscito senza invitarlo e senza dire dove andava: ha solo
detto che starà via alcune ore. È strano. Ovviamente David non deve rendergli
conto di come impiega le sue giornate, ma quel "Vado a fare un
giro" lo lascia un po' perplesso. Che David abbia qualche storia, un
appuntamento galante? Difficile che vada a puttane, a quest'ora, ma non è da
escludere neanche questo. Niente per mesi e mesi e poi due volte in una
settimana? No, impensabile. Più probabile un'avventura. Il pensiero che David in questo momento sia con una donna, forse a
letto con una donna, gli dà fastidio, anche se è stato lui stesso a
suggerirlo. Gli spiace anche che David non gliene parli, ma la sua è una
pretesa assurda, lo sa benissimo: David non è certamente tenuto a rendere
conto a lui dei suoi amori e d'altronde, dei propri amori, lui non ha mai
parlato a David. Al pensiero gli viene da sorridere. Che cosa potrebbe dire dei suoi
amori? Potrebbe dire che lo ama, perché su questo non ha più dubbi, e che
soddisfa i suoi bisogni con rapporti occasionali, che gli appaiono sempre più
privi di senso, ma corrispondono ad una necessità che non può ignorare.
Potrebbe dirgli che immaginandolo con una donna si sente geloso e leggermente
eccitato. Che vorrebbe vederlo fare l'amore. Che... Che è meglio che lasci perdere e lavori. Il secondo volume delle Favole lo attende e portarlo a termine
in modo soddisfacente non sarà facile, soprattutto se continua a pensare a
David. Con David in testa potrebbe forse illustrare l’Ars amatoria di
Ovidio, ma in una versione un po’ particolare. O forse qualcuno di quei
libretti che circolano clandestinamente e che ha avuto tra le mani qualche
volta. Quelli sì, ma in quel caso i suoi estimatori non apprezzerebbero le
illustrazioni. O forse sì, almeno alcuni, ma non ci tiene a finire in
prigione per pubblicazioni oscene. Basta! Meglio mettersi al lavoro. È quasi sera quando David rientra. Jean lo sente, ma evita di uscire
ad incontrarlo. Non vuole che il cugino si senta in obbligo di dirgli dove è
stato o - ancora peggio - di inventare una scusa. David si è occupato dei
propri affari e Jean si fa i suoi. David però bussa alla porta del suo studio. Quando entra, ha in mano
un pacchetto. - Ti ho preso una cosa. - Per me? Grazie, David. Jean prende in mano il pacchetto e lo apre. Questo è il motivo per cui
David è uscito, dunque? Comprare una cosa per lui? E lui che si è immaginato… Dal pacchetto esce un tagliacarte, con il manico in avorio ed oro,
finemente lavorato: una caccia con cavalieri e cani che inseguono un cervo. È
un oggetto di incredibile bellezza, che deve essere costato una cifra
spropositata. - David, ma... dove l'hai preso? David sorride. - L'ho preso da Florent e Chanor, è di un artista che non conoscevo, ma che mi è
sembrato bravissimo, Stidmann. Jean è rimasto senza parole. Non si aspettava di certo un regalo di
tale bellezza. Il cugino ha intascato il compenso per i racconti, ma quel
denaro dev’essere tutto quello che possiede. - David, ma non dovevi, è una follia, avrai speso tutto quel che hai
guadagnato con i tuoi racconti. David alza le spalle. - David, scusa se te lo dico, ma tu devi pensare al futuro. Non puoi
buttare via i soldi che guadagni con mesi e mesi di duro lavoro in questo
modo. Sul viso di David sembra scendere un velo di tristezza. Jean teme di
averlo ferito con le sue critiche, ma il motivo è un altro. - Non ti è piaciuto? Jean prova un rimorso violento. Ha ferito David, sì, ma in un modo
molto peggiore di quanto pensasse: non con il suo rimprovero, ma quasi
ignorando quel regalo meraviglioso. - Scusami, David, hai ragione. Invece di ringraziarti, ti ho fatto una
predica. È una delle cose più belle che io abbia mai visto e mi ha fatto un
piacere enorme. Troppo grande. È bellissimo, quasi come te. Scusami, mi costa
fatica accettare che tu abbia speso per me tutto quello che hai guadagnato.
Grazie, David. Grazie, anche se non avresti dovuto farlo. Grazie, anche se è
una... - ...follia. - lo interrompe
David - Ma non dicevi che non bisogna sempre ripetere le stesse frasi? Jean ride, ma non demorde. - Io sono un povero illustratore, non un grande scrittore. Posso anche
maltrattare la lingua... - E le orecchie di chi ti ascolta. - lo blocca nuovamente David. Jean sorride. Nell'ironia di David riconosce la propria scuola. - Lo sapevo che prima o poi avresti usato le mie parole contro di me. Gli prende le mani tra le proprie e gliele stringe. Ora è troppo
commosso per riuscire a parlare. Vorrebbe abbracciarlo, ma non sa come David
reagirebbe. - Grazie, David. * Si rende conto di essersi infervorata. Con gli occhi cerca sua madre,
che naturalmente si è accorta della sua agitazione. Aspettava solo che lei si
decidesse a guardare nella sua direzione e le fa subito un cenno. Appena percettibile,
ma chiarissimo. Marguerite de Grandlieu si sente arrossire. Si alza
e mormora a David Guyère: - Mia madre mi chiama, mi scusi. Non avrebbe dovuto accalorarsi così, non avrebbe nemmeno dovuto
parlare con David Guyère a tu per tu, non si addice ad una giovane della sua
età e della sua condizione sociale. Marguerite potrebbe anticipare, quasi
parola per parola, ciò che sua madre le dirà mentre torneranno a casa, dopo
averla tenuta al suo fianco per il resto della serata. Marguerite è impulsiva, le hanno presentato David Guyère, l’autore di
quei due magnifici racconti ed ha voluto esprimergli tutta la sua
ammirazione. E poi si sono messi a parlare di L’incontro, di quel
finale straziante. Marguerite ha pianto, leggendolo. Sua madre le dice sempre
che è troppo emotiva. Ed anche adesso, parlandone con Guyère, si è lasciata
trascinare, lo ha accusato di essere stato crudele, negando ai due
protagonisti quel barlume di luce che avevano intravisto nel buio delle loro
esistenze. Ha fatto la figura della sciocca con lui e si è attirata un
rimprovero di sua madre. È vero, è troppo emotiva, lo sa: basta un nonnulla a ferirla o ad
entusiasmarla. L’altra sera poco è mancato che si mettesse a piangere, quando
la marchesa d’Espard ha fatto quella battuta cattiva
sulla nobiltà di altri paesi, riferendosi di certo a sua madre. Non è capace
di stare in società. Sua zia lo dice sempre. Glielo dice in modo gentile:
“Marguerite, hai un’anima troppo bella per poterti trovare bene nei salotti.”
Sua madre la rimprovera spesso. Marguerite si chiede se non farebbe bene a
rinunciare a queste serate. I suoi vogliono che frequenti la società, che
impari a rispettare le convenienze. Ma a Marguerite la vita mondana sembra
una gabbia. Ogni mattino, quando accompagna sua madre nella chiesetta di Sainte-Valère per assistere alla messa, Marguerite si
sente in pace con se stessa. Le preghiere sembrano calmare il tumulto che un
dialogo, un incontro, una lettura scatenano. Più d’una volta ha pensato di prendere il velo, eppure le costerebbe
fatica rinunciare a tutto ciò che la fa sognare, che le fa battere il cuore
più forte, come i racconti di David Guyère. Lui le ha detto che ha da poco
pubblicato una raccolta: deve assolutamente procurarsela. * David guarda la giovane, senza farsi notare: non vuole peggiorare la
situazione. La madre la rimprovererà senz’altro. Da quando frequenta il salotto della signora de Camps,
David si è abituato a ricevere elogi che sa benissimo non essere sempre
sinceri. Ma Marguerite de Grandlieu è davvero entusiasta.
Quando lui le ha detto che in passato è stato sul punto di rinunciare alla
scrittura - ed alla vita, ma questo a Marguerite non l’ha raccontato - la
giovane si è scandalizzata. Le sue lodi gli hanno fatto piacere, perché i
suoi commenti rivelano una persona abituata a leggere buoni testi. Anche se
certamente sua madre limiterà alquanto le sue letture. Dicono che la duchessa
di Grandlieu sia una donna molto religiosa, per
quanto non bigotta. Ora la ragazza tiene la testa un po’ china. Solo quando le rivolgono
direttamente la parola, la solleva, per guardare l’interlocutore. Evita con
cura di rivolgere lo sguardo nella sua direzione. Riceverà una bella lavata
di capo. È una ragazza così sincera ed aperta, sembra quasi indifesa di fronte
alla vita. Potrebbe diventare un bel personaggio. * Jean è seduto alla scrivania, ma non lavora. Stringe tra le mani il
tagliacarte che gli ha regalato David. Ogni tanto guarda il giardino. Non
riesce a disegnare. Sapeva di essersi innamorato di David, ma forse fino ad oggi non si è
reso conto di quanto forte sia diventato questo sentimento, giorno dopo
giorno. La profonda intimità che si è stabilita tra loro ha peggiorato la
situazione, perché all'attrazione fisica, continuamente sollecitata, si
aggiunge la scoperta delle doti di David: sensibilità, generosità, onestà. Spesso Jean si chiede se non sta perdendo i contatti con la realtà,
perché David gli appare troppo perfetto, ma fa fatica a scorgerne i difetti.
O, meglio, li vede, ma non riesce a considerarli davvero tali: ad un giovane
bello come un dio e ricco di talento, si possono non perdonare un po' di
vanità, la giusta dose di orgoglio, qualche ingenuità? Sarebbe meglio che David si innamorasse o almeno stabilisse una
relazione con una donna, che fosse più lontano, che avesse più impegni.
Vorrebbe vederlo di meno, non essere sempre così vicino a lui, perché il
continuo contatto rafforza il suo amore e tenerlo a freno diventa ogni giorno
più difficile. Eppure sa che soffrirebbe se David si innamorasse ed ancora di
più se si allontanasse da lui, anche in misura minima. L'idea che un giorno
andrà ad abitare altrove lo fa impazzire. Ma sa che questo avverrà. Jean ha un movimento convulso delle mani e sente una fitta al palmo
destro. Lo guarda e vede che qualche goccia di sangue cola. Si è tagliato,
stringendo la lama. Una ferita da nulla. C’è un’altra ferita, dentro di lui,
ben più profonda. Ama David, ma sa che non sarà ricambiato. Eppure, nonostante le
sofferenze di un amore non corrisposto, è così bello avere David al suo
fianco, sentirne l'affetto, la fiducia. Ci sono momenti in cui David ha
piccoli gesti di tenerezza nei suoi confronti: una semplice stretta
affettuosa del braccio, una mano posata sulla sua spalla. Cose da nulla, ma
ognuno di essi è sufficiente a scatenare una tempesta di emozioni che si
placa solo dopo giorni. L'intimità con David lo espone ad una continua tentazione, a cui Jean
non può certo cedere: vorrebbe abbracciarlo, stringerlo, accarezzarlo, ma non
lo farà. Non lo ha ospitato ed aiutato per ottenere da lui qualche cosa. Non
vuole approfittare di David. |
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[1] Due buoni Amici
c'erano al Chilì
simbol dell'amicizia più cortese.
I buoni amici sono in quel paese
come quelli del nostro o giù di lì.
Una notte, traendo essi profitto
dell'assenza del sol, dormivan sodo.
Allor che trabuffato
un s'alza e corre dritto
a risvegliar l'amico addormentato.
Dormivan tutti in quella casa. Al chiasso
balzano i servi e corrono coi lumi,
anche il padron discende
e accorre coi denari e colla spada.
- Che c'è? quale fracasso?
Sei tu, fratello, che ti pigli spasso,
invece di dormir come costumi?
Che cosa capitò?
Hai tu perduto al gioco il tuo denaro?
La borsa ecco ti do.
T'han fatto qualche ingiuria sulla strada?
Andiam, ecco la spada.
Vuoi tu dormire in buona compagnia?
Questa mia schiava, pigliati, o mio caro.
- No, - disse il buon amico, - alcun bisogno
non ho di tutto ciò,
ma solo vengo, perché ho fatto un sogno
che assai mi spaventò.
Tu m'eri apparso colla faccia scura
e corsi a te pensando a una sciagura -.
Sai dirmi qual dei due, lettor discreto,
amasse l'altro d'un amor più bello?
È l'amico un dolcissimo fratello
che vi cerca nel core il duol
segreto.
Senza farvi arrossire ode il bisogno
che vi tormenta. Il sussurrar del vento,
un'ombra è segno, o un fuggitivo sogno,
per chi vuol bene, di sinistro evento.
Traduzione di Emilio De Marchi