In
mattinata è stato chiamato un gioielliere, che ricollocherà la pietra
nell’incastonatura. Lavorerà nella caserma, perché Everett non intende
affidargli un rubino di quel valore e di quell’importanza, anche se è un uomo
di fiducia. Il
comandante Everett ti ha convocato: - Signor Blacks, voglio ringraziarla personalmente per aver
condotto a termine questa missione, rischiando la sua vita. - Per me
è stato un onore servire la mia patria. - Il
gioielliere sta lavorando. Tra poco il monile non presenterà più tracce della
manomissione. Credo che sia opportuno non perdere altro tempo: partirete
domani stesso per Kasgarh. Deve essere lei a riconsegnare
nelle mani del principe Rama il gioiello. L’avevi
previsto ed è logico che sia così. Il
comandante esita un attimo, poi dice: - A
questo punto sarà opportuno intervenire per eliminare il brigante Sumahir, che costituisce una minaccia per il rajah e il
principe Rama. Le chiedo di prendere accordi con il principe: una nostra
azione congiunta avrà facilmente ragione del bandito, che non si aspetta un
nostro intervento. Tu
annuisci e chiedi: - Quale
pretesto si può addurre per questo intervento? Una richiesta del rajah? - No, è
utile che ci sia un pretesto più forte. L’omicidio del duca di Corkster. Rimani
senza parole. Everett ti guarda, molto serio, e prosegue: - Lei
capisce bene… un uomo della sua posizione che
tradisce la sua patria e il suo rango per interessi personali, che sfida le
leggi e le convenzioni sociali, invece di essere un esempio per tutti, un
uomo del genere non può vivere… Everett
fa una pausa, poi riprende: - Lungo
la via del ritorno ci sarà un attacco. Il duca verrà ucciso. Noi interverremo,
in accordo con Jay Singh, per catturare il
responsabile, il brigante Sumahir. Sei
frastornato. Chiedi: - L’agguato… chi lo organizzerà? -
Prenderà accordi con il principe Rama. Io intanto parlerò con questo
ufficiale che l’ha accompagnata qui, perché sia chiaro al principe che sono i
comandi dell’esercito a chiedere di sistemare questa faccenda. Annuisci,
anche se non sei convinto. Vuoi pensarci bene. Nel
pomeriggio, mentre rifletti nella tua stanza sul da farsi, ti vengono a
chiamare: un ragazzo chiede di parlarti. Scendi nella hall dell’albergo e
vedi Tariq, la perla del bordello di ‘Za. Aggrotti la fronte. Che cazzo vuole da te? Come ha
saputo che alloggi qui? La risposta alla seconda domanda te la dai da solo,
riflettendoci: sicuramente ti ha sentito dire il nome dell’albergo al duca,
quella sera al bordello. Anche se non capisce l’inglese (il che non è detto),
ha intuito che era la tua residenza e ha pensato che di ritorno a Bombay era
probabile che alloggiassi allo stesso albergo. Alla prima domanda solo Tariq può rispondere. Glielo chiedi direttamente: - Che
cosa vuoi da me? Perché mi hai fatto chiamare? Usi un
tono di voce piuttosto duro: anche se Tariq è
bellissimo, non può permettersi di andare alla ricerca dei clienti e farli
chiamare. Tariq si inchina. -
Perdonate, sahib. Il nostro padrone è scomparso,
abbiamo bisogno di aiuto. - E ti
rivolgi a me per questo? Che c’entro io? Tu
c’entri e ieri sera diversi ti hanno visto al bordello, per cui è probabile
che Tariq lo sappia. Ma non sono affari di Tariq. - Il
nostro padrone è stato arrestato dai soldati inglesi. Forse il suo amico
potrebbe intervenire. Di certo
l’amico a cui si riferisce è William, che però è a Kasgarh. - Non è a
Bombay. Tariq si morde il labbro. Pare molto
preoccupato. - Sahib, non so davvero che cosa posso fare, ora che non
c’è più il mio padrone. - Lo
rimetteranno in libertà, se non ha fatto niente di male. - Io… non so che fare. Non può aiutarmi? - Non
saprei proprio come, Tariq. - Non mi
è rimasto niente… Il denaro lo teneva il padrone. Il
ragazzo sorride e ti dice, suadente: - Non potrebbe… almeno una volta, come se fossimo da Za’. Conosco un posto tranquillo, non lontano da qui. Guardi Tariq, che è davvero bello, e te lo immagini nudo tra le
tue braccia. Pensi di spogliarlo, appoggiarlo a una parete e poi infilzarlo
deciso. In un
attimo ti diventa duro. |