Quando
sei ben sicuro che Sumahir si sia addormentato, esci dalla stanza.
All’interno del forte tutti sembrano dormire, ma all’ingresso le sentinelle
sono ben sveglie. Come evitarle? Decidi di calarti dalle mura. Sali sugli spalti.
Il forte è in rovina e trovi un punto da cui riesci a scendere. Una volta
arrivato ai piedi delle mura, ti allontani rapidamente. Hai un’idea molto
vaga della strada seguita per arrivare, ma l’importante è allontanarsi. All’alba
ti avvicini a un grosso villaggio, dove le donne stanno raccogliendo l’acqua
al fiume. Sono tutte stupite di vedere un inglese e ti guardano, intimorite e
curiose. Rimangono ancora più stupite sentendoti parlare in marathi: come è possibile che questo demone bianco (una
donna ti definisce proprio così) parli la loro lingua, sia pure con uno
strano accento? Tu chiedi
della località dove si svolgeva la caccia alle tigri del rajah e scopri che
non è molto lontana: ti sei mosso nella direzione giusta. Ti ci vogliono
comunque ancora diverse ore di marcia per raggiungere l’accampamento, ma
chiedendo nei paesi che incontri, giungi a destinazione. Stanno
già smontando l’accampamento e c’è una strana atmosfera, lugubre. Tu ti
chiedi che cosa possa essere successo. Appena ti
vedono, i soldati si impadroniscono di te e ti trascinano davanti al rajah,
il quale esulta nel vederti. Durante
l’interrogatorio che segue, scopri la verità: all’arrivo di una tigre, il
principe Rama è caduto dall’elefante su cui viaggiava, perché le corde che
reggevano il cesto erano state manomesse. Il principe Rama non si è fatto
niente per la caduta, ma quando ha cercato di sparare alla tigre, non ha
potuto, perché anche il suo fucile era stato messo fuori uso. La tigre lo ha
ucciso. Tu sei
considerato il responsabile dell’accaduto: sei scomparso due giorni fa,
quando c’è stata la battuta di caccia. Tutti sono sicuri che sia stato tu a
manomettere il fucile e le corde. Cerchi
invano di difenderti, ma nessuno ti ascolta. Ti incatenano mani e piedi e ti
rinchiudono in una tenda. Ti dici che avresti fatto meglio a restare con
Sumahir. Più tardi
William entra nella tenda: ha ottenuto di parlarti. Intravedi un barlume di
speranza. Esclami subito: -
William, diglielo tu, io non c’entro. - Lo so benissimo,
ma c’era bisogno di un colpevole e chi meglio dell’inglese scomparso nel
nulla? Ho pensato addirittura che ti avessero ucciso per farti scomparire e
poter dare la colpa a te. - No, mi
hanno rapito i briganti di Sumahir, ma sono riuscito a fuggire. - Per te
sarebbe stato meglio rimanere con loro. Questo
l’hai già pensato. - Cazzo,
William! Sono un cittadino inglese, non possono… - Possono
farti quello che vogliono e lo faranno. Posso solo darti un avvertimento:
confessa. Ti risparmierà la tortura. La tua morte sarà in ogni caso atroce,
ma almeno non verrai torturato per giorni e giorni. Ti senti
i sudori freddi. Vorresti aggiungere qualche cosa, ma William ti ferma con un
gesto della mano. - Non
posso rimanere, Richard. Ho ottenuto un breve colloquio come favore personale
da parte del rajah, ma i miei movimenti sono controllati. Non posso nemmeno
andarmene: devo rimanere qui finché non sarai stato giustiziato. Non vogliono
che possa avvisare il governo inglese. Addio. Vieni
portato a Kasgarh, insieme al corteo funebre del
principe Rama. Quando entrate nella città, pavesata a lutto, tutti ti
additano. La folla incomincia a inveire contro di te e a lanciare oggetti,
sassi, pallottole di merda. Alcuni ti colpiscono, provocando piccole ferite
ed escoriazioni e lordandoti. Quando ti
fanno entrare nella cella sotterranea, sei sanguinante e sporco. Poche ore
dopo uno dei ministri scende da te. -
Confessi il tuo crimine, cane? |