Esci
dalla tenda e ti trovi davanti un uomo molto alto, con una folta capigliatura
nera e la barba. Tutto ti dice che deve trattarsi di Sumahir: ha un portamento
nobile e il viso, pur nella maschia bellezza dei tratti, ha lineamenti
raffinati. Dici
subito, in marathi: - Vengo
in pace, perché mi assalite così? Sumahir
risponde: - Gli
inglesi non vengono mai in pace. E in ogni caso nessuno vi ha invitati a
venire nelle nostre terre. Prima che
tu possa replicare, Sumahir chiede: - Perché
sei qui? - Amo
molto l’India: è uno splendido paese che ho avuto modo di apprezzare in tanti
viaggi. Mi hanno parlato delle meraviglie del Kaspur, dei templi di Kasgarh, dei giardini del palazzo estivo, delle antiche
grotte dipinte, del Tempio della Roccia. Desidero vedere con i miei occhi
queste bellezze. Non è mia intenzione fare del male a nessuno. Il viso
di Sumahir rimane impassibile. Si limita a dire: - Sei mio
prigioniero. Ti porteremo al forte. Non ti dà
il tempo di replicare: si volta e dà alcuni ordini ai suoi uomini. Tu ritieni
più saggio non insistere: è meglio mantenere un basso profilo. La tua guida e
i due servitori vengono lasciati andare, ma i briganti si prendono le
cavalcature e tutte le tue cose. Camminate
per circa tre ore, finché arrivate a un vecchio forte in rovina, sospeso su
una gola rocciosa. Benché sia in cattive condizioni e alcune parti siano
crollate, l’edificio è abitato: dev’essere una
delle basi di Sumahir. Una buona postazione, da cui si può controllare il
territorio circostante. Tu vieni
condotto in una stanza arredata in modo semplice. Verso mezzogiorno ti
portano da mangiare e divori tutto con appetito: non hai nemmeno fatto
colazione. Verso
sera un uomo ti viene a prendere e ti accompagna da Sumahir. Nella camera,
vasta ma anch’essa spoglia, ci sono tappeti e cuscini e un giaciglio. Sumahir
ti fa cenno di accomodarti su alcuni cuscini. -
Spiegami chi sei e che cosa cerchi nel Kaspur. Tu
racconti di aver lasciato l’Inghilterra perché non ti trovavi bene e di aver
incominciato a viaggiare in India, visitando i luoghi più interessanti.
Racconti di alcuni dei tuoi viaggi e delle tue esperienze. Concludi dicendo
che a Bombay ti hanno detto che il Kaspur è una
delle gemme dell’India. Tutto vero, anche se certamente non è tutta la
verità. Sumahir,
che ti ha interrotto di rado, solo per porti alcune domande, ringhia: - Sì, una
gemma nelle mani di un infame. Ma non per molto. Non vuoi
apparire curioso, per cui non chiedi nulla: d’altronde hai capito benissimo
che fa riferimento allo zio, Jay Singh. Ti limiti a
rimanere in silenzio. Sumahir non spiega le sue parole. Pone invece altre
domande, anche molto personali: si vede che non gli hanno insegnato le buone
maniere inglesi. Quando ti chiede se sei sposato, tu gli dici di no. Lui
osserva: - Qui in
India alla tua età gli uomini sono tutti sposati. - Voi lo
siete? Gli dai
del voi, per non irritarlo: sei suo prigioniero. Sumahir
si rabbuia. - Se fossi
sul trono che mi spetta, mi sarei sposato: un uomo deve avere degli eredi. Ma
finché sono solo un bandito, non è necessario. Tu
sorridi. Sarebbe più rispettoso non porre domande, ma Sumahir è un gran
bell’uomo, per cui replichi: - Non ci
si sposa solo perché è necessario, per generare un erede. Lo si fa anche per
avere una compagna con cui dividere la propria esistenza, per il piacere, per
tanti motivi. - Un uomo
trova compagnia in altri uomini più che in una donna. E quanto al piacere,
ognuno lo cerca a modo suo. E mentre
lo dice, Sumahir ti fissa. Tu sorridi. Lui si
alza. Tu fai lo stesso. Poi lui dice: -
Spogliati. |