È questo il momento per fuggire, ma non ti muovi. La prigionia, le botte, la tortura, le violenze ti hanno fiaccato. Non ce la fai. Ti prenderebbero subito.

Rimani nella cella. Ti siedi. Il frastuono continua. Dopo qualche minuto ritorna uno dei due carnefici, chiude a chiave la porta e se ne va. Lentamente le voci si smorzano. La prigione ritorna tranquil­la. Senti qualcuno che parla e ride nel corridoio. La porta si apre: sono i due carnefici. I loro corpi nudi sono bagnati dal sudore che scorre a rivoli, i capelli fradici aderiscono alle facce. Il grassone ha il viso sporco di fumo e tu capisci che c'è stato un incendio.

- Bene, possiamo riprendere da dove ci siano interrotti.

- Certo.

Tu rimani seduto, in silenzio: non hai nulla da dire. Il grassone raccoglie la scodella e i due si mettono uno di fronte all'al­tro, tenendo il recipiente tra di loro. Cominciano a pisciare guardandosi tranquilli, quasi ti avessero dimenticato. Quando hanno finito ti porgono la scodella.

- Bevi.

Senti l'odore acre di piscio. Prendi la scodella e bevi. Fino in fondo. Il biondo ti prende la scodella e la getta a terra. La scodella si spacca. Senza capire perché, sussulti. Il grassone ti è passato dietro la schiena e ti lega le mani, passando una corda intorno ai polsi. Poi ti passa le braccia intorno al corpo, bloccandolo. Senti il suo corpo bagnato aderire al tuo, la puzza di sudore, il grosso cazzo contro il tuo culo. Il biondo ha preso le due pietre. Si avvicina a te e te ne mette una sotto i coglioni, sollevandoli fino a che il cazzo scivola di lato. Solleva l'altra mano. Guardi verso la porta, sperando in qualche cosa, ma all'ultimo minuto non riesci a non guardare la mano con la pietra che si abbatte sui tuoi coglioni. Urli. Svie­ni. Un nuovo violento dolore ti strappa allo svenimento: qualcuno ha afferrato i tuoi testicoli e li sta trapassando con un ago. Guardi la faccia sorridente del carnefice che ha preso un altro ago e lo infila nel tuo cazzo. Svieni di nuovo.

Il dolore ti risveglia ancora una volta. Ti stanno trascinando lungo le scale, uno per parte. La forca è montata nel cortile. Gli ultimi gradini. Ti issano sullo sgabello. Ti fissano la corda intorno al collo. Un calcio allo sgabello. Senti mille aghi che ti trafiggono il collo. Scalci disperatamente. Cerchi di liberare le mani, ma ottieni solo di lacerare la pelle ai polsi. Ti sembra che il tuo viso bruci. Le orecchie ti ronzano, nei polmoni non entra più aria e cresce un incendio. Il cazzo ti diventa duro, ma non te ne rendi neppure più conto. Un po' di merda ti cola tra i fianchi. Il tuo cadavere rimane immobile.

Il grassone si avvicina e castra il tuo cadavere. Poi taglia la corda e il corpo cade a terra; getta cazzo e coglioni sul cadavere e, aiutato dal biondo, lo porta fino al letamaio, dove vie­ne abbandonato.

 

 

 

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