Non hai
nessuna intenzione di confessare un delitto che non hai commesso. Rama ha
detto che cercherà di aiutarti, ma non è sicuro di riuscirci. Che senso ha confessare
ed essere condannato a morte? Se riesci a reggere alla tortura, forse
succederà qualche cosa e tu riuscirai a salvarti. In fondo Rama ti deve la
vita. William magari potrebbe usare la sua influenza su Pratap. - Non ho
cercato di avvelenare il principe. Sono innocente. Il
ministro scuote la testa. - Peggio
per te, cane. A un
cenno del ministro, i carnefici ti spogliano completamente e ti legano le
mani dietro la schiena. Poi ti avvicinano a una struttura in legno e metallo,
che sembra il tetto molto appuntito di una casa, con due sbarre di legno alla
base. I due carnefici ti sollevano e ti depongono su questa struttura: le
gambe poggiano sui due spioventi, culo e coglioni sul colmo. La sommità
metallica ti taglia la carne dietro lo scroto e un po’ di sangue scorre. I
due carnefici prendono dei pesi e te li legano alle caviglie. I pesi
esercitano una forte pressione e la ferita si allarga. Ti mordi un labbro per
non urlare. I due uomini prendono altri due pesi e li aggiungono ai primi,
facendoti sprofondare ancora. Poi si mettono uno davanti e uno dietro,
afferrano le sbarre e ti sollevano. La scossa provoca un’ulteriore
lacerazione e tu urli. I due uomini ti portano in giro per il locale e a ogni
movimento la ferita si allarga. - Sono
innocente! È
perfettamente inutile dirlo, ma che cosa puoi fare? I due
carnefici depongono la struttura a terra con un movimento brusco e la lama
scava ancora nella carne. Ti
lasciano lì una mezz’ora. Il ministro confabula con i carnefici, poi si
allontana: lo manderanno a chiamare se sarai disponibile a confessare. I due
uomini ti tolgono i pesi e ti sollevano. Perdi parecchio sangue. Uno dei
due prende una grossa sbarra di ferro. L’altro ti costringe a piegarti in
avanti. Senti la sbarra premere contro il buco del culo, poi entrare con
violenza. Urli e perdi i sensi. Ti
sveglia la sensazione di bagnato sulla faccia: uno dei carcerieri ti sta
pisciando addosso. Il culo ti fa un male bestiale: ti hanno infilato la
sbarra ben dentro. Intanto
uno degli uomini prende una corda e la passa a un gancio appeso al soffitto.
Poi la lega ai tuoi polsi e con uno strattone solleva la corda, issandoti.
Urli per il dolore delle braccia forzate a sollevarsi dietro la schiena, in
una posizione del tutto innaturale. Il dolore è intollerabile. L’uomo molla
la corda e tu cadi a terra. Ti risollevano quasi subito e tu senti una fitta
atroce alla spalla, che certamente si è slogata. Loro danno un secondo
strattone, sollevandoti ancora più in alto e poi ti lasciano andare. Sei
semisvenuto per il dolore e non riesci ad attutire la caduta. Un dolore
violento alla gamba destra ti fa svenire di nuovo. I
carnefici continuano nel loro gioco e il dolore ti restituisce la coscienza,
per poi farti nuovamente sprofondare in un torpore che diventa sempre più
profondo. In una delle cadute dall’alto finisci di culo a terra e la sbarra
ti entra ancora più dentro, lacerandoti le viscere. Quando hanno concluso, tu
hai diverse fratture e le spalle slogate. Il sangue ti cola dal viso, che hai
battuto a terra, dal culo e dai coglioni. La sbarra ti ha perforato
l’intestino. Ormai
deliri. Ti riportano in cella e ti lasciano lì. Il dolore
è spaventoso, ma le emorragie interne ti fanno presto sprofondare in uno
stato di incoscienza da cui non riemergi più. Quando verranno per un secondo
turno di interrogatori, non riusciranno a destarti e poche ore dopo sarai
morto. |