Il
ritorno a Kasgarh è una lunga processione funebre.
Per tutti i villaggi la popolazione si assiepa lungo la strada, in lacrime,
per rendere l’ultimo omaggio al giovane principe. Il rajah, Rama e tutti i
dignitari esprimono il loro dolore. Anche tu
appari molto dispiaciuto, anche se ovviamente non lo sei per niente. Ma
quanti di coloro che piangono Pratap soffrono
davvero per la sua morte? A molti non importa nulla, ma fingono un dolore che
non provano per evitare di essere criticati o magari anche sospettati di
complicità in questo misterioso avvelenamento. Di certo William soffre
realmente: è sconvolto e tu cerchi di consolarlo come meglio puoi. Rama
appare molto afflitto per il fratello, ma da quando Pratap
è morto l’espressione da pesce lesso appare sempre più di rado. Una sera, al
ritorno nel palazzo, ti fa chiamare. Non c’è
nessuno nella stanza, per cui Rama non finge un dolore che non prova. - Avete dato
prova di grande intelligenza e prontezza e vi sarò eternamente grato. Sarete
sempre accolto con tutti gli onori a Kasgarh, che
vorrei consideraste una seconda casa. Tu
sorridi e dici: - Ho
salvato anche la mia vita, altezza. Rama
annuisce. - Vi
chiedo di assolvere un altro compito, delicato, ma non pericoloso. - Sarò
ben lieto di farlo. - Parlate
al duca di Corkster. Ditegli che so che il rubino è
nelle sue mani e che è meglio per lui che vi comunichi dove si trova. Le
strade del Kaspur sono piene di pericoli e non
vorrei che nel suo viaggio di ritorno a Bombay gli succedesse qualche cosa.
Rimarrà qui a riprendersi da questa tragedia fino a che voi non sarete
tornato con il rubino. Il
messaggio è chiaro. Il duca di Corkster è di fatto
prigioniero: nessuno gli impedirà di partire, ma se ci prova, qualcuno gli
impedirà di arrivare a destinazione. Raggiungi
William, che è profondamente depresso. -
William, ti devo parlare. - Dimmi,
Richard. - Rama sa
che hai tu il rubino che è scomparso. William
alza la testa di scatto, poi l’abbassa. - Mi
aveva chiesto Pratap di portarlo via, in modo che
nessuno potesse trovarlo. - Devi
dirmi dov’è, in modo che io possa recuperarlo. Tu non potrai andartene,
finché il rubino non sarà di nuovo nelle sue mani. William
si alza di scatto, rabbioso: - Cosa?
Chi crede di essere quell’imbecille? Io sono il cugino della regina
d’Inghilterra. -
William, il cugino della regina sarà trattato con ogni rispetto, ma lungo le
strade ci sono briganti, che potrebbero assalirti. - Questo
significherebbe guerra: un ottimo pretesto perché l’esercito inglese possa
intervenire. - Forse,
ma Rama intende correre il rischio. E ormai, che importanza ha per te il
rubino? William
si affloscia su una sedia. Si prende la testa tra le mani. Poi abbassa le
mani e dice: - Sì, è
vero. Ormai non ha nessuna importanza. È a Bombay, l’ho affidato a Za’, il proprietario del bordello dove ci siamo
incontrati. Gli
accarezzi la testa. Ti fa pena, perché soffre davvero. - Non
fare pazzie, William. Andrò a prendere il rubino e quando l’avrò restituito a
Rama, torneremo insieme a Bombay. Il
mattino dopo parti, con Akbar Nam
e una ventina di uomini armati: Rama non vuole che tu corra nessun rischio. Vi muovete
velocemente, senza incontrare ostacoli. La prima notte discuti con Akbar Nam nella tua tenda, poi,
quando sta per congedarsi, lui ti dice, sorridendo: - Se ha
piacere di avere compagnia per la notte, sono a sua disposizione. |