Ti alzi come se fossi intenzionato a obbedire. Hai il fucile vicino alla tua brandina, nascosto da una coperta. Fai un passo e, non appena l’uomo abbassa l’arma, afferri la tua e spari. Sei molto rapido e il bandito fa appena in tempo a lanciare un urlo prima di crollare a terra, un proiettile nel cuore. Ottimo colpo! Peccato che tu debba ricaricare e che quattro uomini entrino nella tenda e ti saltino addosso, impedendoti di difenderti. Vieni trascinato fuori, nudo come sei. Hai la sensazione di aver commesso un errore, ma ormai è tardi.

Gli uomini urlano. Tu capisci la loro lingua, anche se alcune parole tu sfuggono: dev’essere un dialetto diverso da quello che si parla a Bombay, ma sempre di marathi si tratta.

Un uomo alza la mano, imponendo a tutti silenzio. È alto, un corpo forte, un bel viso incorniciato da lunghi capelli neri e una fitta barba: dev’essere Sumahir. Intanto alcuni uomini hanno portato fuori dalla tenda il cadavere dell’uomo che hai ucciso.

Sumahir fa appena un cenno.

Vedi qualche cosa passarti davanti agli occhi e prima che tu abbia capito, il laccio ti stringe la gola.

Ti dibatti, cerchi di afferrarlo, ma il tuo assassino è esperto e stringe deciso. Non riesci più a far entrare aria nei tuoi polmoni. Perdi il controllo della vescica e il piscio cola abbondante.

Non vedi più distintamente, tutto diviene buio e infine sprofondi nel nero, mentre l’odore di merda si diffonde nell’aria.

Il tuo cadavere verrà abbandonato agli avvoltoi, dopo che Sumahir ti avrà fatto tagliare il naso e le orecchie, il cazzo e i coglioni.

 

 

 

 

 

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