Caccia all’orso

 

racconto

 

      Robert osservò il cartello, "Frank's Gas and Grill". Sì, era quello. Sentì che il cuore gli batteva più forte. Era ancora in tempo. Poteva accelerare e passare oltre e non sarebbe successo niente, niente di niente. Era ancora in tempo.

      Rallentò, fino a fermare l’auto vicino all’ingresso del locale. Esitò un attimo prima di spegnere il motore. Per il momento era ancora lui a dirigere il gioco, ma c’era un punto, un punto maledettamente vicino, in cui non sarebbe più stato lui, in cui non avrebbe più potuto tornare indietro. L’adrenalina gli faceva battere il cuore ad un ritmo folle, ma il cazzo gli stava diventando duro. Spense il motore, senza togliere le chiavi. Si sbottonò altri due bottoni della camicia. Di solito non andava in giro con la camicia tutta aperta, ma adesso doveva mettere in mostra la merce, far vedere che aveva una grossa pancia pelosa.

      Ora di scendere, se no si sarebbero chiesti che cazzo faceva uno di fronte al locale, senza entrare. Ora di scendere e di mettere in moto una macchina che non avrebbe più potuto fermare. Tolse le chiavi, se le infilò in tasca ed uscì dall’auto. Diede una rapida occhiata intorno. Nessuna luce, niente di niente. Un posto perfetto, lontano da altre case.

      Entrò nel locale, simulando indifferenza. C’era solo il tipo al banco, certamente il Frank del cartello. Bene, ora incominciava il gioco. Il cazzo era duro da scoppiare ed il cuore continuava a battere veloce, ma si stava calmando. Aveva fatto il primo passo. Certo, era ancora in tempo. Poteva dire che aveva lasciato i soldi in macchina. Uscire, risalire ed andarsene. Ma sapeva che non l’avrebbe fatto. Aveva fatto quattrocento miglia per arrivare fino lì ed ora non mollava.

      - Che cosa ti posso servire? Il caffè è fresco.

      - Vada per il caffè.

      Il caffè arrivò subito.

      Il caffè conteneva il narcotico. Questo era quello che gli aveva detto Jimmie. Se beveva il caffè, passava la mano. Sorrise. Se non beveva in fretta, il cazzo gli scoppiava. Prese la tazzina, tenendola ben ferma. L’avvicinò alla bocca. Il primo sorso gli ustionò la lingua.

      - Cazzo, se è caldo!

      - Vuoi un po’ di latte?

      Robert scosse la testa. Frank insistette.

      - Te lo raffredda.

      Il sonnifero doveva essere nel latte.

      - Va bene, allora.

Si servì di latte. Una quantità normale. Aspettò un momento. Andava bene aspettare un po’. Assaporare quell’attimo, in cui la porta non era ancora chiusa alle sue spalle, in cui poteva ancora dire: - Mi sa che è ancora caldo, mentre si raffredda, vado a prendere il portafogli in auto.

Uscire, salire in auto ed andarsene. Ma lui non voleva andarsene, lui voleva partecipare alla caccia all’orso. Era un bell’orso, con i suoi centoventi chili, ben portati grazie ad una statura superiore alla media, con quella peluria nera, per cui qualche volta gli davano del gorilla, la barba nera. Un bell’orso per la caccia. La caccia che facevano Frank ed i suoi amici. Caccia a uomini grassi e pelosi. Non sapeva esattamente come si svolgeva, ma sapeva che nessuno ne usciva vivo. Lo aveva raccontato uno degli amici di Frank, una sera in cui era ubriaco. E quando Robert aveva incominciato a cercare su internet qualcuno disposto ad ammazzarlo come voleva lui, un tizio gli aveva raccontato quella storia. Lui non ci aveva badato, ma dopo che il primo tentativo era andato a vuoto, perché quello che doveva fotterlo non aveva avuto i coglioni per farlo, Robert aveva ripensato alla faccenda della caccia all’orso. Si era messo in contatto con il tipo ed alla fine era arrivato lì. L’orso era entrato nella trappola. Era molto meglio che farsi ammazzare da uno che non l’ha mai fatto, che vuole provare e poi non ha i coglioni. Era meglio che farsi ammazzare da un amico, perché anche se cambi idea, non torni più indietro ed era questo che eccitava Robert. Quelli se ne fottevano il cazzo se lui diceva che non ci stava più. Quelli mica sapevano che lo voleva anche lui.

Bene, era arrivato il momento, aveva aspettato fin troppo. Frank diventava nervoso. Prendere o lasciare. Lui prendeva. Bevve il caffè. Adesso che non era più così caldo, si sentiva vagamente un sapore anomalo. Quando ebbe finito, sorrise. Ora era fatta. Era entrato nel gioco. Non ne sarebbe uscito. Lì fuori, in quel terreno desolato, Frank ed i suoi amici avrebbero seppellito l’orso. L’idea lo eccitò ancora di più, ma cominciò anche a sentire una vaga stanchezza. Sapeva che presto lo avrebbe sopraffatto, che sarebbe crollato. E quando si fosse risvegliato, sarebbe stato per la caccia all’orso.

      La testa gli girava. Si appoggiò sul banco e si lasciò scivolare a terra. Perse i sensi mentre la testa toccava il pavimento.

 

      Erano in quattro intorno a lui. Quello che lo aveva risvegliato con un calcio era Frank. Gli altri erano piuttosto corpulenti. Bene. Per la caccia all’orso erano adatti.

      - Togliti la camicia.

      Robert ubbidì. I pantaloni gli erano scivolati piuttosto in basso, quando lo avevano trasportato lì, ma non se li tirò su. Se poteva scegliere, intendeva crepare nudo. Caccia all’orso, ma un orso con i vestiti c’è solo nei fumetti.

      I quattro si aspettavano che lui parlasse, urlasse, chiedesse spiegazioni, ma Robert non ne aveva nessuna intenzione. Se c’era qualche spiegazione del cazzo da dare, l’avrebbero fatto. Lui si limitava ad assaporare il momento. Sapeva che era quello che voleva. Gli stava tornando duro. Avevano balestre. Ottimo, probabilmente una sola freccia non sarebbe bastata ad ucciderlo. Era quello che voleva. Sentire la propria morte, assaporare la propria agonia. Uno aveva un vecchio fucile, con il silenziatore.

      - Amico, sei stato scelto per una caccia all’orso. Poche regole, ben precise. Ci sono prati, canne e qualche albero, poi la foresta. Due miglia oltre la foresta, la strada, dove c’è la tua macchina. Se ci arrivi, puoi salirci e sei salvo. Inutile che urli, non c’è nessuno per miglia e miglia. Hai cinque minuti di tempo, poi partiamo al tuo inseguimento.

      Robert annuì. Si alzò e si sfilò i mocassini ed i pantaloni.

      - Questa roba non serve per una caccia all’orso. Gli orsi vanno in giro nudi.

      I quattro erano stupiti, perché lui evidentemente si stava comportando in modo diverso dagli altri orsi. Aveva accettato la caccia senza ribellarsi, come se sapesse già. E loro non potevano certo immaginare che qualcuno sapeva già e si veniva ad infilare in trappola da solo.

E poi dovevano essere sorpresi anche perché lui si era spogliato. Nessuno pensava certo a togliersi i vestiti, in una situazione come quella. Ma lui voleva crepare nudo.

Robert vide che gli guardavano il cazzo ed i coglioni. Certo, sapeva che i suoi coglioni facevano sempre un certo effetto, erano grossi come mele. Ed anche il cazzo, mezzo duro, faceva un certo effetto.

- Posso andare?

      - Vai!

      Robert scattò fuori e si mise a correre. Correva veloce, nonostante i suoi chili. Aveva sempre mangiato molto, ma aveva anche sempre fatto sport. Corse rapidamente verso la foresta. Non intendeva raggiungere l’auto. Di sicuro non c’era, quelli non lasciavano mica che uno fuggisse davvero e poi andasse a raccontare. Voleva scappare e far durare la caccia il più possibile. Sapeva che non aveva nessuna via di scampo, che quelle frecce gli si sarebbero infilate nella pancia. Quello era il bersaglio, altrimenti non gli avrebbero detto di togliersi la camicia. Ora che era nudo, magari a quelli veniva anche qualche altra idea, andava benissimo com’era. Voleva una bella agonia, voleva sentire la sua morte, più atroce era, meglio era. Non c’era sfregio o dolore che lo spaventasse. Un colpo al cuore sarebbe stata una delusione.

      I cinque minuti erano quasi passati e lui era arrivato alla foresta. Si buttò a terra ed incominciò a tornare indietro, nascosto tra le canne. C’erano spine, che gli laceravano la pelle, ma il cazzo era duro, ora. E sarebbe stato duro fino alla fine. Cazzo, se era bello. Stava cercando di nascondersi ai suoi assassini, che prima o poi l’avrebbero scovato. Cazzo, che bello! Con quelli era inutile chiedere pietà. Non c’era via d’uscita, se non la morte. Il gioco era aperto, ma la conclusione la sapeva già. E questo lo eccitava ancora di più.

      Sentì il rumore della jeep. Certo, lo inseguivano in jeep, di sicuro non a piedi. Si appostavano in punti diversi del bosco ad aspettarlo, se non lo trovavano. Di sicuro gli altri orsi correvano, correvano fino all’auto, sperando nella salvezza. Li beccavano in corsa. Non era male, una freccia che ti prende mentre cerchi di fuggire, la corsa che si trasforma in un rotolare a terra, poi l’attesa che qualcuno arrivi e ti finisca, sentire i passi del tuo assassino, vederlo avvicinarsi. Non male neanche quello. Chissà come finiva per lui. 

      Tornò indietro un bel pezzo verso la capanna. Lì non l’avrebbero cercato. Quindi aveva un po’ di tempo per pensare e per godersi l’attesa. Proseguire ancora nella direzione opposta a quella che i quattro avevano detto, non sarebbe servito a niente. La vegetazione dall’altra parte della capanna era troppo bassa, più in là ci doveva anche essere uno stagno, non sarebbe riuscito a scappare da quella parte. Ed in ogni caso, prima o poi l’avrebbero visto e con la jeep gli erano sopra in pochi minuti.

Era mattina presto e tra un po’, non vedendolo arrivare alla strada, si sarebbero messi a cercarlo in tutte le direzioni. Avevano la jeep e conoscevano la zona. Lui non sarebbe riuscito a nascondersi fino a sera. Quindi non aveva davvero nessuna possibilità. Il cazzo era un pezzo di roccia, ora. Gli sarebbe bastato accarezzarsi per venire, ma non voleva farlo. Voleva incontrare la sua morte con il cazzo duro.

      Rimase immobile a lungo. Sentiva il sole sulla pelle. All’inizio era piacevole, perché così di prima mattina faceva fresco e lui era nudo. Poi però divenne fastidioso. Era una giornata senza vento, ed ora che il sole stava alzandosi in cielo, incominciava a far caldo, un caldo fottuto. Robert sudava, sudava abbondantemente.

Restò quasi un’ora acquattato nell’erba. Il cazzo si era ammosciato e l’adrenalina calava. Non aveva senso. Era venuto lì per fare la preda. Era stufo di stare rintanato. I cacciatori dovevano prenderlo. Meglio andargli incontro. Mentre lo pensava l’adrenalina riprese a circolare, il cuore accelerò ed il cazzo si irrigidì di nuovo. Così andava bene, non era lì per starsene nascosto. Si trascinò tra le canne, incurante delle spine che gli graffiavano i coglioni. Si avvicinò al bosco, piano, molto piano. Non si vedeva nessuno.

      Poi sentì la voce di Frank, forte:

      - Io sono qui, ragazzi, mi sto spostando.

      La voce lo fece sussultare. Era a forse venti passi da lui. Comunicava agli altri che si muoveva, per evitare che, se c’era qualcuno degli altri, gli sparasse, prendendolo per l’orso. Sì, Frank andava bene, era lui che conduceva la caccia. A lui piaceva uccidere. Anche agli altri, ovviamente, ma Frank doveva godere ad uccidere, godere davvero. Era Frank ad avere ideato quella caccia. E Frank aveva capito che lui non sarebbe corso all’auto. Era tornato indietro, perché sapeva che lui stava rimpiattato nella zona, che non aveva fatto quello che loro gli avevano detto.

      Ora la partita se la giocava con Frank. Sapeva benissimo come finiva, ma quel minimo di dubbio, quella possibilità su cento che lui riuscisse a sorprendere Frank e ad ammazzarlo, gli metteva in circolo una quantità folle di adrenalina. Presto il gioco si concludeva. Frank lo fotteva. E se lui riusciva a fottere Frank, il gioco proseguiva ancora un po’, ma difficile che riuscisse a fotterli tutti e quattro. Anche se, una volta fottuto Frank, lui non sarebbe più stato disarmato.

      Sporgendosi un po’ tra le canne, riuscì a vedere Frank. Stava spostandosi al margine del bosco, guardando un po’ tra gli alberi, un po’ verso la capanna. Robert non si mosse, per evitare che il movimento delle canne lo tradisse. Era bello guardare il proprio assassino, cazzo, se era bello! Quello che entro pochi minuti gli avrebbe ficcato una freccia in pancia.

      Frank si era nuovamente fermato. Gli girava la schiena. Robert riprese a strisciare verso il margine del bosco. Ora era a dieci passi da Frank. Si acquattò e rimase in ascolto un momento. Tutto taceva. No, ora c’era qualche uccello che cantava. Faceva un caldo fottuto. Sudava come un maiale.

      Con cautela, mentre il cuore batteva ancora più forte ed il cazzo diventava ancora più duro, Robert si sollevò leggermente. Poteva intravedere tra i cespugli Frank di profilo, a pochi passi. Proseguire era impossibile, senza farsi scoprire. Alzarsi e correre per saltargli addosso non era fattibile. Quei pochi passi erano più che sufficienti perché un uomo vigile facesse in tempo a sparare. E Frank non era uno che dormiva.

      Avrebbe atteso. Se Frank si fosse spostato nella sua direzione, lo avrebbe assalito. Se si fosse mosso verso il bosco, avrebbe potuto seguirlo, cercando di nascondersi tra gli alberi. La vicinanza del suo assassino lo eccitava. Rischiava di venire. Ed il cuore batteva a pieno ritmo. Giusto, prima di fermarsi per sempre, che corresse un po’. Erano gli ultimi battiti, l’ultima volta con il cazzo duro, l’ultima volta che respirava. Era ancora vivo, senza ferite, ma quel corpo che ora rispondeva ai suoi comandi, forte ed agile, stava per trasformarsi in un cadavere.

       Sentì i passi e si accovacciò, contratto, ma pronto a balzare. Ora si giocava il tutto per tutto.

      Frank stava venendo dalla sua parte, esattamente dalla sua parte. Aveva una possibilità, forse. Si abbassò ancora e si tese. Tra un attimo si sarebbe giocato l’ultima carta.

      Quando Frank apparve, capì che la partita era già conclusa. Frank doveva averlo visto o aver visto il movimento della canne. Era davanti a lui, ad un passo, la balestra puntata esattamente nella sua direzione. Inutile scattare, il gioco era finito. Incominciava l’agonia. Il pensiero gli indurì ancora il cazzo. Una goccia gli brillò sulla punta della cappella.

      - Ecco il mio orso.

      Robert si alzò in piedi. Era giunto il momento e si sentiva bene come non mai. Aveva il cazzo duro come una lama di coltello e tra poco una di quelle fottute frecce si sarebbe fatta strada nella sua pancia. Il gioco era finito. Avrebbe potuto saltargli addosso, ma non sarebbe cambiato nulla, la freccia gli sarebbe arrivata comunque. E lui voleva che gli arrivasse come piaceva a Frank. Voleva che il suo assassino potesse divertirsi con lui. Il divertimento del suo assassino, il sapere che lo avrebbe fatto soffrire, lo esaltava. Aveva avuto una bella idea.

      Frank sorrideva.

      - Mi piace, un bell’orso in calore. È l’ultima volta che ce l’hai duro.

      Robert annuì e sorrise. Aspettava il colpo. Sapeva che Frank godeva a prolungare quell’attesa, come avrebbe goduto a prolungare la sua agonia. E lui godeva di quell’attesa. E si preparava a godere dell’agonia. Era un bel gioco, perché volevano tutti e due la stessa cosa e lui non aveva più nessuna possibilità di portare a casa la pelle. Nessuna.

      Si guardarono un bel momento, poi Robert avvertì una nuova tensione nel corpo del suo assassino e capì che stava per tirare.

      La freccia lo prese esattamente sotto la cappella. Attraversò il cazzo e penetrò nel ventre sporgente, lacerando le viscere. Le lame della freccia troncarono quasi completamente il cazzo. Robert sentì il dolore esplodere dentro il suo ventre, con una violenza che non immaginava possibile. Portò le mani alla ferita. Aprì la bocca per urlare, ma riuscì a dominarsi. Non voleva che gli altri arrivassero. Voleva che Frank avesse tutto il tempo per giocare con lui. Frank era l’uomo giusto, quella caccia era stata la scelta giusta. Era quello che voleva, questo dolore inumano che saliva dal suo intestino dilaniato, dal suo cazzo squarciato. Frank non godeva solo a cacciare, godeva ad uccidere, godeva a far soffrire. Frank era perfetto come assassino.

      Oscillò. Sentì con la mano la freccia che si era conficcata nel suo ventre, il cazzo lacerato, il sangue che sgorgava. Era ancora in grado di reggersi, malgrado il dolore atroce, ma voleva che Frank potesse colpire liberamente. Si lasciò andare in ginocchio e poi si distese sulla schiena. Ora offriva a Frank il suo corpo, il suo ventre. Frank aveva ricaricato la balestra. Lo guardava affascinato. Di sicuro aveva il cazzo duro anche lui. Lui sarebbe venuto. Andava bene così: il cacciatore vince e gode, la preda agonizza e muore.

      Robert allontanò le mani dalla ferita, per lasciare ogni bersaglio bene in evidenza. Frank puntò il fucile verso il basso e sorrise. Robert sapeva dove mirava e pensò che era perfetto. La freccia che gli trapassò uno dei coglioni penetrando nella gamba gli strappò un grido soffocato. Per un attimo ebbe l’impressione di svenire. Il dolore era intollerabile. La mano corse alla freccia, al coglione lacerato, poi si allontanò. Era atroce. Come doveva essere. Frank era l’assassino che aveva a lungo cercato. Non avrebbe potuto trovarne uno migliore.

      Frank lo guardava contorcersi, una freccia già pronta nella balestra. Stava per tirare di nuovo. Robert si tese nell’attesa di un nuovo colpo, di un nuovo spasimo.

      Si aspettava un colpo all’altro coglione, ma Frank colpì più in alto, nel grande ventre. Robert si inarcò nello spasimo di un dolore incontenibile, ruggì o gemette, ricadde al suolo, preda di una sofferenza che aveva superato ogni limite e continuava a crescere. Si inarcò ancora, mentre le sue mani stringevano il ventre, immergendosi nel sangue che sgorgava e formava rivoli tra la fitta peluria. Sentì sotto le dita le frecce che si erano conficcate nella sua carne.

      Frank aveva ricaricato la balestra. Quante frecce aveva, quel cazzo di balestra? Il dolore lo avvolgeva, lo trascinava con sé, lo bruciava. Il dolore era atroce, era un piacere atroce ed inarrestabile. Robert allontanò le mani dal ventre.

      - Ti farò urlare, orso in calore, ti farò urlare.

      Ora Frank voleva che lui urlasse. Doveva essere alla fine dei colpi. E voleva godersi la sua agonia anche con le orecchie, oltre che con la vista. Faceva in tempo a finirlo, prima che gli altri arrivassero.

      Il colpo lo prese all’ombelico e Robert scoprì che c’era posto per un dolore più grande ancora di quello infinito in cui era sprofondato. Quella morte era atroce ed era perfetta. Avrebbe voluto che la sua agonia finisse, perché non riusciva più a reggere, ed avrebbe voluto che non finisse mai. Lasciò che il suo urlo uscisse, violento, feroce, spezzato dal dolore che bruciava tutto il ventre, alimentato da quell’incendio.

      - Aaaaaaaaaaahhhh! Aaaaaaaaaaah! Aaaaaaaaaahhhhhhhh!!

      Frank rideva, una risata che gli deformava la bocca in un ghigno satanico. Stava per godere. Avrebbe goduto con l’ultimo colpo. Era giusto, aveva fatto la sua parte. Robert voleva che il suo assassino godesse. Era così che voleva crepare, in un’agonia interminabile, mentre il suo assassino godeva.

      Robert riuscì ancora a dire:

- Fi… glio di putta… na…

      Frank rise. Poi alzò il piede e per un attimo Robert vide la suola dello scarpone su di lui, pronta a calare. Capì che era arrivato il momento, che non ci sarebbe stata un’altra freccia. Pensò ancora una volta che stava per morire e che aveva scelto bene. Era stata una bella caccia.

Il piede calò con forza sulla freccia conficcata nell’ombelico e la spinse nella carne fino in fondo, fino a che scomparve completamente nel grande ventre di Robert.

Robert lanciò un urlo che era un gorgoglio, perché il sangue che gli riempiva la bocca gli impedì di esprimere tutto il dolore e l’orrore per quell’ultimo colpo. Il corpo ebbe un ultimo guizzo. Robert girò la testa di lato, vomitando sangue, e rimase immobile.

Frank guardò il torace che stava ancora sollevandosi. Si infilò una mano nei pantaloni e si accarezzò il cazzo. Venne quasi immediatamente, nell’orgasmo più forte della sua vita, mentre il corpo steso a terra finiva di respirare.

Guardò il grosso cadavere peloso e nudo sotto di lui, sconciato dalle frecce. Un magnifico esemplare d’orso.

Era stata davvero una bella caccia.