La camera Quando sente la puntura
dell’ago che gli entra nel braccio, Gioele non riesce a impedirsi di
guardare. Sa che non dovrebbe farlo, ma è più forte di lui. Gioele vede l’ago
infilato nel braccio e impallidisce. La dottoressa non si accorge di nulla,
ma nel momento in cui toglie l’ago, Gioele appoggia la testa allo schienale
della sedia e chiude gli occhi. Il mondo sta svanendo. Quando Gioele riapre gli
occhi, Dario è di fianco a lui e gli stringe la mano. Ci sono anche la
dottoressa e l’infermiere, ma è il sorriso di Dario a rinfrancarlo. Gioele cerca di sorridere
e mormora: - Che figura ho fatto! Dario scuote la testa: - Non ti preoccupare, ci
sono abituati. La dottoressa sorride e
conferma: - Succede spesso.
Soprattutto agli uomini. Si spaventano più facilmente delle donne. Non devi
sentirti in imbarazzo. La dottoressa gli dà del
tu: Gioele ha appena compiuto vent’anni. - Mi spiace…
io… Gioele non sa bene che
dire. Ha sempre avuto una paura irrazionale e incontrollabile dell’ago. Un
banale esame del sangue per un po’ di anemia è per lui una dura prova da
affrontare. Ha chiesto a Dario di accompagnarlo, non se la sentiva di andarci
da solo. Si vergognava di dover chiedere aiuto, ma su Dario sa di poter
contare. Quando è in grado di
alzarsi, Gioele ritorna nella sala d’attesa, appoggiandosi a Dario. Anche se
si sente ancora debole, non avrebbe bisogno di essere sostenuto, ma gli fa
piacere sentire il braccio di Dario contro il suo. Dario va a prendergli una
brioche e un tè zuccherato alla macchinetta: Gioele non ha mangiato niente,
perché l’esame va fatto a digiuno. Quando escono, Gioele dice
ancora: - Grazie per avermi
accompagnato, Dario. Mi spiace solo per la brutta figura. Dario scuote la testa e gli
stringe la mano. - Scordatela, Gioele. Non
è successo niente. Dario è il migliore amico
di Gioele. E qualche cosa di più, Gioele lo sa. E lo sa anche Dario. Non si
sono ancora detti quello che provano, ma entrambi hanno intuito che il loro
sentimento è condiviso. Ci stanno girando intorno, timorosi. Sono tutti e due
alla prima vera esperienza, al primo amore. Quello che c’è stato prima, poco
per Dario, pochissimo per Gioele, è stato solo qualche piccolo tentativo, di
cui rimane un vago ricordo. Il sentimento che li accomuna adesso cancella un
passato che non ha mai avuto importanza. Dario chiede: - Te la senti di venire a
lezione? O preferisci che ti accompagni a casa? - No, vengo a lezione. Ci
mancherebbe solo che tu mi portassi a casa! Potrei andarci da solo, se
dovessi, ma adesso sto bene. Grazie, Dario. Dario stringe la mano di
Gioele. A tutti e due quel contatto trasmette un brivido. Gioele trattiene la
mano più a lungo del necessario. * Sono passati tre giorni. È
ormai notte. Dario e Gioele passeggiano nel parco. Dario ha deciso che questa
sera confesserà a Gioele che lo ama. Anche se è sicuro di essere ricambiato,
Dario è un po’ spaventato, ma sa che Gioele non riuscirà mai a dirglielo per
primo. Così tocca a lui. Gioele s’è
reso conto delle intenzioni di Dario. Il cuore gli batte forte. Ora sono vicino al muro
del castello, all’ombra degli alberi, in un posto poco visibile. - Gioele, credo che tu lo
sappia già. Ma io… Dario si ferma un attimo,
ma solo un attimo. - …io
mi sono innamorato di te. Gioele sente un’ondata di
gioia travolgerlo e portarlo in alto. Le parole gli vengono alle labbra
spontanee: - Anch’io ti amo, Dario. Gioele si appoggia al muro,
perché gli sembra che le gambe non lo reggano più, e sorride, mentre il cuore
corre all’impazzata. Dario si avvicina, fino a che i loro corpi non si
toccano. Dario bacia Gioele sulle labbra ed è il paradiso per tutti e due. Si
staccano e si guardano. Possono appena vedersi, perché gli alberi schermano
la luce dei lampioni che illuminano il parco. Si baciano di nuovo,
ancora timidamente, poi più sicuri. Ognuno accarezza il viso dell’altro con
le mani, non osando ancora andare oltre. I loro corpi aderiscono e il
desiderio li travolge. Vorrebbero amarsi qui, in quest’angolo buio del parco,
anche se sarebbe pericoloso. Improvvisamente sentono
una voce: - Ecco qui i due
finocchietti. Dario e Gioele si
staccano. Davanti a loro adesso ci sono sei ragazzi, più o meno della loro
età. Non possono vedere bene le loro facce, ma non c’è dubbio che sono teppisti
in cerca di qualche vittima. Ci sono stati casi di gay picchiati nel parco. Gioele
e Dario hanno paura, ognuno dei due più per l’altro che per sé.
Istintivamente Dario si mette davanti a Gioele. Cerca di rendere ferma la
voce. - Che cosa volete? I sei si avvicinano. Uno
dice: - Siete due finocchi di
merda. Un altro aggiunge: - Se vi piace prendervelo
in culo, possiamo accontentarvi. Non vi lamenterete. E mentre lo dice, il
ragazzo che ha parlato per secondo afferra Dario per un braccio. Uno lo
prende dall’altra parte. Gioele grida: - No, Lasciatelo! Gioele cerca di afferrare
il braccio di uno dei ragazzi che ha bloccato Dario, per liberarlo. Gli altri
ridono. Nessuno si accorge dei due
uomini che sono alle spalle degli aggressori finché uno di loro parla: - Che succede qui? Dario, Gioele e i sei aggressori
guardano i due. Sono entrambi alti e alquanto massicci. Gioele si rivolge a
loro: - Aiutateci, ci hanno
aggredito. Uno dei due che tengono
Dario dice: - Sono solo due
finocchietti. Ce ne occupiamo noi. La voce dell’uomo è dura
mentre intima: - Mollatelo subito,
stronzi. - Ehi, pezzo di merda,
guarda che ti conviene girare alla larga. A parlare è stato uno di
quelli che sono dietro. La voce è minacciosa, ma il tizio non si avvicina ai
due uomini. Sono invece loro a fare due passi avanti. Poi tutto succede in un
attimo: quello che ha parlato si becca un pugno in faccia e crolla, i due che
tengono Dario finiscono uno a terra e un altro contro il muro. I due nuovi
arrivati si rivolgono agli altri, che sono rimasti impietriti: - Vi decidete ad andarvene
o volete anche voi la vostra dose? I tre che sono ancora in
piedi si allontanano rapidamente. Solo quando sono a distanza di sicurezza, uno
si volta e grida: - Bastardi! Poi corre via. I due non
se ne occupano. Si rivolgono ai tre rimasti a terra: - Toglietevi dai coglioni
anche voi, prima che vi diamo una seconda dose. Quello che è stato colpito
dal pugno fa fatica a muoversi. Ha parecchio sangue sulla faccia. Gli altri
due lo sostengono e si allontanano, imprecando. Il tizio che ha tirato il
pugno si rivolge a Dario e Gioele, prima che loro abbiano il tempo di dire
qualche cosa: è stato tutto rapidissimo. - È meglio che ce ne
andiamo, ragazzi. Quegli stronzi sono capaci di tornare con i coltelli. Vi
hanno menato? È Dario a rispondere: - No, no. Per fortuna
siete arrivati in tempo. - Andiamocene, allora.
Siete in auto? - No, siamo venuti con l’autobus. Gioele non ha la patente:
all’esame di guida è andato nel pallone, non riusciva più a ingranare le marce.
Dario guida, ma non possiede un’auto. Qualche volta prende la macchina di suo
padre, se conta di rientrare molto tardi, ma sono appena le nove. Pensavano
di tornare in autobus. - Venite con noi. Dario e Gioele potrebbero
andarsene per conto proprio, ma l’idea di allontanarsi con questi due colossi
li tranquillizza: sono entrambi ancora piuttosto scossi. In auto Dario e Gioele
salgono sul sedile posteriore. Gioele trema. Dario gli passa un braccio
intorno alle spalle e gli fa appoggiare la testa contro di lui. La serata in
cui si sono dichiarati il loro amore ha rischiato di finire molto male, ma se
la sono cavata con un grosso spavento. - Andiamo a bere qualche
cosa. Che ne dite? Mi sembrate un po’ scossi. Gioele e Dario si
guardano. Fanno un cenno di assenso. - È una buona idea. Scossi
lo siamo davvero. Non ce l’aspettavamo. - Purtroppo di aggressioni
ce ne sono diverse, anche se molte non vengono neanche denunciate. - Meno male che passavate
di lì. - Ogni tanto facciamo un
giro di ricognizione. Così Johannes ha modo di mettere alla prova ciò che ha
imparato. Dario e Gioele non
capiscono. L’uomo spiega: - Gli sto insegnando un
po’ di tecniche di difesa personale. Solo che è un po’ tonto. Johannes si volta verso di
loro e dice, sorridendo: - Non vi preoccupate di
quello che dice Lapo. Prima di parlare, non controlla mai che la lingua sia
collegata al cervello. Johannes ha un accento
straniero, abbastanza marcato. Gioele sorride e osserva: - Non so come sia il
collegamento tra il cervello e la lingua, ma quello tra il cervello e le mani
è fenomenale. Johannes ride. - Sì, sono anni e anni che
utilizza quel poco di cervello che ha esclusivamente per la difesa personale.
Non glielo dite, ma è convinto di riuscire a schivare una bomba atomica con
qualche movimento del cazzo. Al bar la conversazione
procede. Lapo è toscano e lavora in un ufficio comunale, ma è anche maestro
di difesa personale. Johannes è austriaco e sta in Italia da nove anni. Lavora
in una ditta di import-export e parla perfettamente l’italiano. Sentendolo
parlare, Dario nota che oltre a un accento straniero, c’è anche qualche
inflessione toscana: chi va con lo zoppo… Da quasi
otto vivono insieme. Lapo consiglia a Dario e
Gioele di evitare i parchi la notte: sono luoghi pericolosi proprio per la
presenza di bande di teppisti omofobi. - Con i tempi che corrono,
quattro sfigati che cercano di sfogare le loro frustrazioni li trovi sempre. Gioele cerca di spiegare: - Viviamo tutti e due con
i genitori, studiamo all’università. Ci siamo conosciuti lì. Non sappiamo
bene dove andare per starcene tranquilli.
Dicendo le ultime parole,
Gioele arrossisce. Lapo e Johannes si
guardano un attimo. Poi Lapo dice: - Intanto, venite a cena
da noi un giorno di questa settimana? Vi va bene dopodomani, mercoledì?
Magari troviamo una soluzione. Dario e Gioele sono un po’
in imbarazzo. Lapo e Johannes li hanno tirati fuori da una brutta situazione
e adesso li invitano pure a cena. Ma dire di no sarebbe scortese e poi i due
sono davvero simpatici. Al momento di pagare il
conto, ci pensa Lapo. Dario e Gioele protestano, ma Johannes osserva: - Studenti universitari,
no? Non mi dite che nuotate nell’oro. - No, ma… - Ma va bene così. Non
fate arrabbiare Lapo, avete visto come picchia. Johannes strizza l’occhio.
Gioele e Dario ridono. Lapo e Johannes li
riaccompagnano. Gioele e Dario non stanno lontano uno dall’altro. Si fanno
lasciare sotto casa di Gioele. Prima di scendere, ringraziano ancora i loro
salvatori. Lapo risponde: - Non fatela tanto lunga.
Ho fatto solo un po’ d’esercizio, tanto per far vedere a Johannes come si fa.
Anche se è tonto, a forza di vedere, magari qualche cosa impara. Johannes molla a Lapo uno
scappellotto sulla nuca. Poi dice: - A mercoledì, ragazzi. Quando la macchina è
ripartita, Dario chiede: - Come ti senti, Gioele? - Bene, è stato solo un
grosso spavento. - Spero che tu non te lo
sogni questa notte. Gioele ogni tanto ha gli
incubi. Il professore di storia medioevale, il più impestato tra quelli con
cui hanno dato l’esame, Gioele l’ha sognato tre o quattro volte, anche dopo
aver preso ventinove. Gioele scuote la testa.
Non può escluderlo, ma non gli sembra probabile. - No, sognerò altro… Gioele sorride. Alla luce
del lampione a Dario pare vedere un lampo di malizia negli occhi dell’amico.
Risponde, serio: - Anch’io. Giole gli prende una mano e la stringe. Poi
tira fuori le chiavi e le infila nella toppa. - A domani mattina. Ma
perché Taddei ha messo la lezione alle otto? - Perché è Taddei, no? Gioele ha aperto la porta,
ma non ha lasciato la mano di Dario. Dario spinge Gioele dentro l’androne,
controlla che non ci sia nessuno, e bacia Gioele sulla bocca. Poi si stacca:
non vuole creare problemi a Gioele, qualcuno della casa potrebbe arrivare e
vederli. - A domani. - A domani, amore mio. Le ultime parole Gioele le
ha dette pianissimo, appena un sussurro, ma Dario le ha sentite e mentre
ritorna a casa gli pare che rimbombino nella sua testa. * Gioele e Dario si
presentano con la classica scatola di cioccolatini. Non conoscono i loro
salvatori, non sapevano se una pianta sarebbe stata gradita, che CD o che libro fosse possibile regalare. E allora i
cioccolatini sono una soluzione non propriamente originale, ma comunque
accettabile. Quando arrivano Gioele e
Dario sono un po’ in imbarazzo. Tutti e due non sanno bene come si svolgerà
la cena: hanno visto Lapo e Johannes solo una sera e hanno parlato forse
nemmeno mezz’ora in un bar. Entrambi hanno anche il vago timore che Lapo e
Johannes possano proporre qualche cosa a quattro per il dopo cena: non ne
hanno parlato tra di loro, a entrambi sembrerebbe scorretto dubitare di due
persone che li hanno tirati fuori da una situazione pericolosa. Ma non si
sentono del tutto tranquilli. In realtà la cena si
svolge senza problemi. Johannes e Lapo si pigliano per il culo in
continuazione e pigliano un po’ per il culo anche Gioele e Dario, ma con
molta ironia e affetto. Tutti insieme parlano di studi e di viaggi, poi, su
richiesta di Dario, Johannes e Lapo parlano della loro vita in comune che dura
da ben otto anni. Dario, che ormai ha capito
come stanno le cose tra i due, chiede: - Otto anni, Johannes? Ma
come hai fatto a reggere? Lapo interviene: - Ehi, ehi, ehi! Dovevi
farla a me questa domanda, non a lui. Non sai che cosa devo sopportare. Johannes lo guarda, come
se lo stesse compatendo: - Se l’ha fatta a me, è
perché ha capito qual è la situazione, no? - Non ha capito un cazzo.
Ti conosce troppo poco. - Forse, ma te ti ha
conosciuto in fretta. Lapo guarda Dario come se
fosse furente con lui. - Prima che andiate via, io
e te facciamo un piccolo incontro di boxe. Gioele scoppia a ridere: - No, non me lo ammazzare,
per favore. Lapo fissa Dario torvo,
poi gli dice: - Solo perché me lo chiede
Gioele. Dopo cena si siedono in
salotto e chiacchierano ancora un buon momento. Poi Lapo dice: - Io e Johannes abbiamo
trovato una soluzione al vostro problema. - Quale problema? Gioele ha appena finito la
frase, che capisce e si sente arrossire. Lapo sorride. Johannes
mostra un mazzo di chiavi. Gioele e Dario guardano senza capire. Lapo spiega: - Io lavoro fino alle
cinque. Johannes fa solo finta, lui batte la fiacca tutto il giorno, ma esce
tra le cinque e le sei, a seconda delle giornate. Dalle nove del mattino alle
cinque non troverete mai nessuno, a parte il sabato e la domenica. Quella
camera – Lapo indica una porta – ha un letto matrimoniale con lenzuola
pulite. Potete venire quando volete, nell’orario che vi ho detto. Dario e Gioele si
guardano, stupefatti. Sono tutti e due in imbarazzo, ma quel mazzo di chiavi li
tenta. Una camera in cui
ritrovarsi, senza la paura che qualcuno li sorprenda…
Lapo dà l’ultima stoccata: - Non potete rifiutare.
Potremmo arrabbiarci. Dario scoppia a ridere. - Solo per non farvi arrabbiare… ma grazie! Quando la serata si
conclude, Lapo chiede se hanno bisogno di un passaggio, ma Dario si è fatto
prestare l’auto da suo padre. Dario e Gioele scendono.
Dario tocca le chiavi nella tasca dei pantaloni. Gli sembra incredibile. - Gioele… - Dimmi. - Quando? Gioele ha capito
benissimo. Il cuore gli batte in fretta, mentre risponde: - Domani pomeriggio non
abbiamo lezione. E mentre lo dice gli
sembra di non riuscire a stare in piedi. Dario deglutisce. Non dice niente.
La mano che tiene in tasca stringe ancora le chiavi. Domani…
domani pomeriggio. Dario dice, cercando di nascondere l’emozione con
l’ironia: - Sì, domani. Venerdì
abbiamo lezione tutto il giorno e poi sabato e domenica loro sono in casa.
Vogliamo mica aspettare fino a lunedì? Dario ridacchia. Gioele annuisce.
Ha fatto lo stesso ragionamento, ma si vergognava a dirlo. Gioele aggiunge: - Lunedì abbiamo lezione
mattina e pomeriggio. Dario annuisce. - Non c’è proprio altra
scelta. Sotto casa di Gioele,
Dario parcheggia in un angolo poco illuminato. Vorrebbe baciare Gioele, ma lo
vede tendersi. - Il Tanevi,
quello del quarto piano. L’uomo si sta avvicinando.
Ha portato a spasso il cane. Lancia un’occhiata verso di loro. Gioele mette
una mano sulla maniglia. Dario dice: - Domani. Ti passo a
prendere. Va bene alle tre… no, le due e mezzo? Meglio avere un po’ più di
tempo. - Benissimo. - A domani. Gioele scende. A domani… Saluta l’inquilino, che gli tiene la porta
aperta, ed entra. Domani. Gioele è nel pallone. Che
cosa faranno domani? Faranno l’amore, lo sa benissimo: non si limiteranno ad
abbracciarsi e baciarsi. Gioele lo sogna da tempo, ma è spaventato. Fare
l’amore con Dario è ciò che desidera di più al mondo, ma non ha mai avuto
rapporti. Ha paura di non essere all’altezza, di deludere Dario. Ha paura che
le cose non funzionino. Gioele si dice che è proprio un coglione. Si fa
sempre troppi problemi. Ma è fatto così e cambiare non è facile. Gli
piacerebbe essere sicuro di sé o almeno un po’ meno ansioso. Dario è euforico. L’idea
di fare l’amore con Gioele lo rende felice. Anche lui però avverte un po’ di
inquietudine, anche per lui sarà la prima volta. * Dario è passato a prendere
Gioele e hanno raggiunto la fermata dell’autobus. C’è altra gente che
aspetta. Si guardano e si sorridono, un po’ nervosi. Quando sono insieme,
sono capaci di parlare per ore, ma adesso sembrano non trovare le parole.
Sono tutti e due in imbarazzo. Per fortuna non devono aspettare a lungo. Salgono e si mettono
vicini, contro una parete. Sorridono e tacciono. Dario si dice che è meglio
cercare un argomento di conversazione, che li distragga un po’. Parla
dell’esame con Taddei, che è un altro impestato. L’università
fornisce un buon argomento per il quarto d’ora del tragitto. Dario si
rilassa, ma si rende conto Gioele è sempre teso. Scendono alla fermata e
raggiungono la casa. Dario tira fuori le chiavi. Ora sente riaffiorare un
certo timore. Gioele osserva: - E se qualcuno ci vede
entrare? Magari ci prendono per ladri. - I ladri con le chiavi? Su questo Dario è tranquillo.
È un po’ spaventato per quello che verrà dopo, ma non per il fatto di entrare
nell’appartamento di Lapo e Johannes. - No, hai ragione, è che… Gioele scuote la testa.
Poi, mentre salgono le scale, riprende: - E se uno dei due si
fosse ammalato? - Ieri stavano benissimo. - Ma Johannes potrebbe
essersi svegliato con la febbre. Perché Johannes e non
Lapo, Gioele non saprebbe dire. Dario ride e dice: - Lo salutiamo e gli
chiediamo se ha bisogno di qualche cosa. Sanno che veniamo. Ci hanno dato
loro le chiavi. Non entriamo mica di nascosto. - Sì, certo. Sono arrivati al terzo
piano della vecchia casa, che non ha ascensore. Dario infila le chiavi nella
toppa. Quattro giri. Non c’è nessuno in casa. Entra. Gioele lo segue. Dario si volta e chiude la
porta. Poi spinge Gioele contro il battente, gli prende il viso tra le mani e
lo bacia sulla bocca. Gioele lo abbraccia. Si baciano due volte, poi Dario
spinge la sua lingua tra le labbra di Gioele, che apre i denti e l’accoglie.
Le mani di Gioele scivolano lungo la schiena, fino al culo di Dario. Esitano
un attimo, poi stringono. Dario accarezza il viso di Gioele, poi una mano
scende al petto. - Sei bello, Gioele. Sei
bellissimo. Gioele scuote la testa. - Tu sei molto più bello. - Idiota! E mentre lo dice, Dario
bacia Gioele sulla bocca, impedendogli di replicare. Poi si stacca e dice: - Andiamo in camera. Dario prende la mano di
Gioele e si avvia verso la camera. Apre la porta. La camera è piccola, ma
molto accogliente. Un grande letto con una coperta azzurra, un tavolino, due
sedie, una finestra che affaccia sul viale. Sul tavolino di fianco al
letto ci sono due preservativi. Su una sedia due asciugamani puliti. Dario sorride, per
nascondere la sua inquietudine. - Su, togliamo la coperta. Si mettono uno da una
parte e uno dall’altra del letto e tolgono la coperta. La piegano e la
appoggiano sulla sedia libera. Poi si guardano. Dario prende tra le braccia
Gioele. Lo bacia, lo stringe. Gioele ricambia la stretta. Dario si stacca e poggia
le mani sui fianchi di Gioele. Solleva la maglia, mentre Gioele alza le
braccia per permettergli di sfilarla. Poi Dario bacia di nuovo Gioele sulla
bocca e incomincia a sbottonargli la camicia. Le dita gli tremano un po’. Gioele guarda Dario, smarrito. Dario si ferma. - Gioele…
se non te la senti… se non vuoi…
non è necessario che sia oggi. Gioele sorride. - Lo voglio anch’io Dario,
quanto te. Ma sai come sono. Non hai fatto una buona scelta. Dario scuote la testa. - Hai ragione, mi sono
scelto un idiota! E lo bacia di nuovo, ma le
sue mani hanno afferrato la cintura di Gioele e hanno già slacciato la
fibbia. Dario fa scivolare a terra i pantaloni di Gioele. - Io mezzo nudo e tu
ancora vestito? Non è mica giusto. Gioele ride, per
nascondere il suo imbarazzo, mentre solleva il maglione e la canottiera di
Dario, togliendoli insieme. Ci mette un momento di più a slacciare il bottone
dei jeans e ad abbassare la cerniera lampo. Le mani gli tremano un po’. - Ecco, ora siamo pari. - Boxer e calze, pantaloni
alle ginocchia. Tutti e due ridicoli. Dario ride, bacia di nuovo
Gioele, poi, con un movimento brusco che prende di sorpresa l’amico, lo
spinge e lo fa cadere sul letto. Prima che Gioele abbia fatto in tempo a
reagire, Dario gli ha già afferrato le scarpe e le sfila. Poi gli toglie
anche le calze. Gioele ride e lo guarda.
Dario si libera delle scarpe, dei jeans e delle calze. Ora tutti e due hanno
solo i boxer, l’ultima difesa. Dario mette un ginocchio sul letto e appoggia
le mani sull’elastico dei boxer di Gioele, ma si ferma. Gioele riesce a
sorridere. Annuisce. Dario fa scivolare l’indumento. Guarda l’uccello di
Gioele, poi il suo viso. Gli sembra che la testa gli giri. Gioele lo attira a sé. Si
abbracciano sul letto, si baciano, si accarezzano. E poi Gioele finisce di
spogliare Dario. Ora si guardano, si toccano, si accarezzano. Dario pensa che
Gioele ha una bella pelle, delicata, morbida al tatto. Vuole assaggiarla e
passa la lingua sul petto di Gioele, poi su un capezzolo. Gioele ha un buon
odore, di pulito. Si baciano ancora. Quanti
baci si sono dati? Ma a tutti e due sembra di dover recuperare tutto quello
che non hanno potuto fare negli anni precedenti, come se si amassero dalla
nascita e solo adesso potessero baciarsi in piena libertà. I baci, le carezze, gli
abbracci risvegliano il desiderio. Ora hanno entrambi l’uccello in tiro. Le
loro mani toccano, stringono, stuzzicano, ma tutti e due non sanno bene come
muoversi. Dario guarda i preservativi. - Gioele, per me è la
prima volta che… Dario non completa la
frase. - Anche per me, Dario. Di
quelli possiamo fare a meno. E adesso? Dario sa che
deve prendere lui l’iniziativa, Gioele non lo farà mai, ma è incerto. Non sa
che cosa desideri Gioele. Forse non sa neanche che cosa desidera lui. Tutto,
probabilmente: con Gioele vorrebbe fare tutto. E mentre lo pensa, sente la
voce di Gioele: - Proviamo con un
sessantanove? Dario non crede alle sue
orecchie: Gioele, il timido Gioele, che va nel pallone per la minima cosa, ha
preso l’iniziativa. Dario rimane senza parole. Gioele interpreta nel modo
sbagliato il silenzio di Dario. Arrossisce. - Se non vuoi… - Se non voglio? Scherzi?
Certo che lo voglio! Dario si stacca e ruota
sul letto, mettendosi in modo da avere l’uccello di Gioele a portata di bocca
e il proprio davanti al viso di Gioele. Nel momento in cui Gioele avvolge la
cappella con le labbra, Dario sussulta. Chiude gli occhi. La sensazione è
troppo forte, per un momento tutto il resto scompare. È bellissimo. Gioele
accarezza con la lingua e succhia. Si muove incerto e goffo, ma a Dario
sembra che sia espertissimo. Vorrebbe chiedergli se è davvero la prima volta,
ma lo ferirebbe ingiustamente. Dario avvicina la bocca
all’uccello di Gioele. Incomincia a darsi da fare, ma le sensazioni che
salgono dal suo uccello sono troppo forti e a tratti si interrompe. Le sue
mani accarezzano le palle di Gioele, scivolano dietro lo scroto, ma non osano
spingersi oltre. E intanto la tensione cresce. Dario grida: - Sto per venire, Gioele. Gioele esita, si stacca, passa
ancora la lingua sull’uccello. Dario si stende sulla schiena e il seme
schizza, sul ventre e sul torace, abbondante. Dario chiude gli occhi.
Mormora: - Grazie. Gioele dice: - Avrei voluto… Non completa la frase,
bloccato dall’imbarazzo. Si alza, prende un fazzoletto di carta e pulisce con
cura il seme. Poi bacia Dario sulla bocca. Dario ricambia il bacio, poi
ritorna in posizione e riprende in bocca l’uccello di Gioele. Le sue mani
accarezzano e stuzzicano, mentre la lingua e le labbra lavorano e infine
anche Gioele dice: - Ora, Dario. Ma Dario non lascia la
preda: accoglie il getto, che gli riempie la bocca. Un po’ di seme lo fa
tossire. - Tutto bene? - Sì, sì. Mi è solo andato
un po’ di traverso. Ma è buono. Dario ride. È felice, come
gli pare di non essere stato mai. Abbraccia Gioele e lo stringe a sé.
Riprendono a baciarsi ed accarezzarsi, ma dolcemente, senza più l’urgenza di
prima. Dopo un momento, in
entrambi il desiderio alza di nuovo la testa. - Ce la facciamo a fare un
bis? - Certo, non sono neanche
le quattro. Ripetono il gioco di
prima. Questa volta però anche Gioele beve. Sono venuti da poco, non c’è
molto seme. A nessuno dei due va di traverso. Rimangono ancora un buon
momento abbracciati, poi Gioele osserva: - È ora di andare. È ancora molto presto, ma
entrambi si vergognerebbero a essere sorpresi da Lapo o Johannes. Non ne
avrebbero motivo, ma è così. Al momento di uscire,
Dario osserva: - Forse avremmo dovuto
prendere qualche cosa da lasciare, per ringraziarli. - E che cosa? Due cioccolatini?
Glieli abbiamo portati ieri sera. - Hai ragione, ma… così, senza nemmeno ringraziare… - Lasciamogli un
biglietto. Nella libreria c’è un
bloc-notes con una matita. Gioele stacca un foglio e scrive: “Grazie”.
Firmano entrambi e lasciano il biglietto sul tavolo. * Quando Johannes rientra a
casa, Lapo lo accoglie con un sorriso. - Sono venuti! - Bene. Mi fa proprio
piacere. Temevo che non trovassero il coraggio. - E invece non hanno perso
tempo. - Già, gente che va subito
al sodo. - Puoi dirlo. E mentre risponde, Lapo si
alza, abbraccia Johannes, lo stringe a sé, lo bacia e gli afferra il cazzo
attraverso la stoffa. Poi si stacca e osserva: - Non è tanto sodo, questo
qua. - Lo sai che sei stronzo,
vero? Non puoi non saperlo, devono avertelo detto in tanti. E dopo aver detto questo, Johannes
bacia Lapo, che continua a stringere la sua preda. Il cazzo di Johannes si
irrigidisce e cresce in fretta. Lapo gli sta già sbottonando i jeans.
Johannes non oppone resistenza. Lapo a volte è molto irruento e questo a
Johannes piace, come gli piace quando invece è tenero. Lapo a Johannes piace
in tutti i modi. Lapo abbassa i pantaloni
di Johannes, lo volta bruscamente e lo guida ad appoggiarsi sul tavolo.
Johannes borbotta: - Manco il tempo di tirare
il fiato al ritorno dal lavoro, che cosa mi tocca fare per pagare l’ospitalità… Ma la mano di Lapo che si
sta infilando lungo il solco gli toglie il fiato. Un dito inumidito si fa
strada nel suo culo, poi due. Lapo gli sputa sul buco e sparge la saliva, poi
si apre i pantaloni e infilza Johannes. Entra piano, ma poi avanza deciso. - Il solito elefante in
una cristalleria. A Johannes piace questo
modo di dire, che ha sentito per la prima volta due anni fa. - Lo so che ho un cazzo da
elefante. Ma tu non hai mica un culo di cristallo. - Stronzo! Lapo incomincia a muovere
il culo a stantuffo, mentre le sue mani tormentano il cazzo e i coglioni di
Johannes. Lapo ci dà dentro, è un buon toro da monta e lo sa, glielo hanno
detto in molti. Gli fa piacere, perché sa che può far godere il suo uomo. La cavalcata è lunga. Il
cazzo di Lapo affonda ogni volta fino a che i coglioni sbattono contro il
culo di Johannes e intanto le mani accarezzano, stringono, solleticano. Johannes geme: il piacere
è troppo forte per essere contenuto. A volte, in qualche situazione in cui
non dovevano farsi sentire, Lapo gli ha tappato la bocca con la mano o gli ha
fatto mordere un guanto. Uno dei vicini si è lamentato. Non con loro: sono
tutti e due grandi e grossi e nessuno ha voglia di infastidirli. Ma quando
scopano, si sentono gemiti, rantoli e a volte pure un urlo. Anche adesso Johannes geme
e il gemito si trasforma in un grido mentre il seme schizza sul tavolo. Lapo
imprime un ritmo più sostenuto alla sua cavalcata e viene, riempiendo le
viscere di Johannes del suo sborro. Johannes ha il culo
dolorante: il finale è stato troppo deciso. Ma va bene così. Gli piace anche
questo, è bella la sensazione di questo male al culo che si calmerà solo
progressivamente e gli ricorderà che Lapo è il suo uomo. Lapo gli accarezza la
testa e lo bacia sul collo. Quando infine Lapo esce da
lui, Johannes si alza e dice: - Adesso finalmente posso
cambiarmi. Pulisci tu il tavolo. * Dario e Gioele si sono
spogliati a vicenda. È la seconda volta che utilizzano la camera. Si sentono
più sicuri, ora, non si fanno tanti problemi per la casa e la stanza. Ma a
letto non sanno bene come muoversi: ognuno dei due ha paura di forzare l’altro
o di deluderlo. Dario ha in tasca un lubrificante, ma a Gioele non ne ha
parlato. A volte gli sembra che Gioele gli trasmetta la sua timidezza. Se
stesse con Lapo o con Johannes, Dario non si porrebbe tanti problemi. Ma non
vorrebbe stare con loro: vuole stare con Gioele. Si spogliano a vicenda,
interrompendosi ogni tanto per baciarsi e abbracciarsi. Quando infine sono
nudi si stendono sul letto, si accarezzano, si baciano. Gioele percorre il
corpo di Dario con la lingua, dal collo all’uccello che ormai è pronto a
spiccare il volo. Dario mordicchia i capezzoli di Gioele e glieli succhia,
mentre le sue mani stringono il culo dell’amico. E dopo che lo scambio di
baci, abbracci, morsi e carezze ha acceso il desiderio in entrambi, Gioele si
sposta, guarda Dario, si stende prono sul letto a gambe larghe e dice: - Ho del lubrificante
nella tasca dei pantaloni. Dario rimane senza parole:
decisamente sottovaluta Gioele. Non dice niente del lubrificante che anche
lui ha portato. Guarda il culo di Gioele, che gli si offre. Sa che sarà il
primo a prenderlo e il pensiero gli dà le vertigini. Prende la bustina dalla
tasca dei jeans di Gioele, la apre e versa un po’ della crema sulla punta
delle dita. Con cura la sparge intorno all’apertura. Poi ne versa ancora un po’
e fa scivolare all’interno un dito. Gioele si tende. - Gioele, se non vuoi… - Lo voglio, Dario. Voglio
appartenerti. Ma non l’ho mai fatto. Dario si china in avanti e
bacia Gioele sulla nuca, poi gli mordicchia due volte il culo, senza togliere
il dito. Ripete l’operazione due volte. Allarga un po’ le natiche, fissa
l’apertura e lentamente avvicina la cappella. La introduce molto lentamente.
Dà a Gioele il tempo di abituarsi, poi avanza ancora piano, molto piano. Le
sensazioni sono fortissime. Dario avanza ancora. Ora è dentro Gioele. Lo
abbraccia, stringendolo forte. - Ti amo, Gioele. - Anch’io ti amo. Dario si muove lentamente,
avanzando e arretrando, finché il desiderio non diventa troppo forte e dà
alla sua cavalcata un impeto selvaggio. Dario chiude gli occhi, le dita
stringono il culo di Gioele e il seme si riversa dentro di lui. Dario si abbandona
completamente su Gioele, lo abbraccia, lo bacia sul collo e sussurra ancora: - Ti amo. Poi, quando lentamente
riemerge, chiede: - Com’è stato? Ti ha fatto
male? - Solo un po’. Mi ci
abituerò. È stato bello, molto bello. Rimangono ancora
abbracciati, poi Dario chiede: - Mi vuoi prendere,
Gioele? - Ti va bene? Lo desideri? - Sì, lo desidero. Dario esce da Gioele e si
stende prono di fianco a lui. Allarga le gambe. Volta la testa verso Gioele e
dice: - Avevo anch’io il
lubrificante in tasca. Ma ce n’è ancora nella bustina. Gioele sorride e gli
accarezza il viso con due dita. Prende la bustina e sparge
la crema. Poi si stende su Dario, lo bacia e, con cautela, entra dentro di
lui. Gioele si muove con molta
delicatezza e per Dario la sensazione di questo uccello che si fa strada nel
suo culo è piacevolissima. Non è doloroso, solo un po’. Dario è felice,
felice di essere tra le braccia di Gioele, di essere posseduto da lui, felice
di sentire Gioele che geme mentre viene e lo stringe. Dopo rimangono a lungo
abbracciati. A entrambi sembra di non essere mai stati così bene. * - Sono tornati. - Pensavo che non
venissero più. - È solo martedì. E sabato
e domenica non potevano venire. - Per me potrebbero venire
anche quando ci siamo noi. - Anche per me, ma si
sentirebbero in imbarazzo. Johannes annuisce. - Sì, hai ragione. Ogni
tanto si direbbe che il tuo cervello funzioni. È solo un’impressione, lo so. Lapo aggrotta la fronte. - Vediamo se il tuo
funziona, di cervello. Secondo te, che cosa succede adesso? - Adesso succede che mi
salti addosso, mi infilzi come se fossi un pollo da fare allo spiedo e mi poi
mi fotti fino a farmi urlare. Lapo annuisce. Poi ghigna
e dice: - Ma ti meriteresti che
non lo facessi. - Secondo me non riesci a
resistere. - Vuoi vedere? Johannes raccoglie la
sfida. - Va bene, vediamo. Si avvicina, si
inginocchia, abbassa la cerniera dei jeans di Lapo, li apre e tira fuori il
cazzo, che non è più completamente a riposo. Johannes apre la bocca e avvolge
la cappella. Ci vuole molto poco perché il cazzo di Lapo si metta
sull’attenti. Johannes si stacca, lo contempla un momento, passa la lingua
dalla cappella ai coglioni, due volte, poi si stacca, si alza e dice: - Va bene, vedo che riesci
a resistere. Si volta come se volesse
andarsene. Sanno tutti e due che è una finta. In un attimo Lapo gli è
addosso, lo forza ad appoggiarsi alla poltrona, gli slaccia i pantaloni,
inumidisce con la saliva ed entra. Johannes sussulta e commenta: - Come un pollo da fare
allo spiedo. E poi dicono che gli italiani sono tanto gentili… - L’avevi previsto, no? * Non c’è nulla di più bello
al mondo che stare abbracciati o anche solo distesi uno accanto all’altro,
dopo aver fatto l’amore. A volte parlano, a volte si limitano alle carezze,
ai baci, a un “Ti amo” che si sono detti mille volte, ma che tutti e due
vogliono ancora dire e sentirsi dire. La giornata autunnale è
bella, il sole entra dalla finestra e illumina la stanza. Si sta bene. È il rumore della porta
che si apre a farli sobbalzare. Dario guarda l’ora. Sono quasi le sei! - Oh, merda! Che figura! Dario e Gioele si alzano
in fretta e incominciano a rivestirsi, quasi fossero due amanti colti in
flagrante dal marito. Poi Dario scoppia a ridere. Di che si stanno
preoccupando? Johannes e Lapo sanno benissimo che loro usano la stanza, le
chiavi gliel’hanno date loro. Si sono fermati un po’ più a lungo, tutto lì. Quando escono dalla
stanza, Lapo è seduto in poltrona. Sorride, cordiale. - Ciao. Volete una birra? - No…
scusa, non ci siamo accorti che il tempo passava. - Nessun problema, tanto
non arrivo mica con l’amante. Potete fermarvi finché volete. Ma una birra
proprio non vi va? Gioele osserva: - Io la prendo volentieri. Dario concorda: - Perché no? Va bene anche
per me. Stanno bevendo tutti e tre
una birra, quando arriva Johannes. - Come state, ragazzi? Chiacchierano un momento.
Quando Dario e Gioele dicono che è ora di andare, Lapo osserva: - Potreste fermarvi a
cena. È un po’ che non venite da noi. A cena, intendo. C’è un po’ d’ironia nel
sorriso di Lapo, ora. Gioele china la testa. Lapo si chiede come possa ancora
essere in imbarazzo per un vago riferimento alle scopate pomeridiane. Gioele
gli fa tenerezza. Johannes insiste, Gioele e
Dario finiscono per accettare. Telefonano ai loro genitori per avvisare. Preparano tutti insieme la
cena, chiacchierando. Lapo dà ordini. - Allora, Johannes pela le
patate, che è l’unica cosa che sai fare. - Come sarebbe a dire? - I crucchi sono buoni
solo a pelare patate. Johannes storce la bocca e
dice a Gioele: - Non lo contraddico, non
vale la pena. È così: va avanti a frasi fatte e luoghi comuni. Non ha neanche
capito la differenza tra austriaci e tedeschi. Dario ride e osserva: - Lapo, gli austriaci non
sono mica tedeschi. Loro ballano il valzer, non mangiano wurstel e patate! Gioele scoppia a ridere.
L’idea di Johannes che balla il valzer è buffa. Non ce lo vede proprio,
quest’orso muscoloso a ballare un valzer. Lapo replica: - Avete mai visto un
ristorante austriaco o tedesco? Ci sarà qualche motivo se il mondo è pieno di
ristoranti italiani e non c’è un ristorante tedesco neanche a pagarlo a peso
d’oro. Anche in Germania è pieno di ristoranti italiani. Johannes inarca le
sopracciglia. - A parte il fatto che noi
austriaci – Johannes calca sulla parola - abbiamo le migliori pasticcerie del
mondo, se i luoghi comuni fossero veri, Lapo sarebbe un ottimo cuoco e magari
suonerebbe pure il mandolino. Invece il massimo a cui arriva sono gli spaghetti
e quanto a suonare… - …suono
te, se non la smetti. Scoppiano a ridere. A
tutti loro piace l’intimità di questo momento. Nelle settimane seguenti,
ogni tanto Gioele e Dario si fermano fino all’arrivo di Lapo e Johannes.
Qualche volta cenano insieme. Lapo e Johannes li invitano a fermarsi anche a
dormire. Gioele e Dario hanno una voglia dannata di farlo: l’idea di dormire
insieme è bellissima. Infine lo fanno.
Addormentarsi l’uno nelle braccia dell’altro, svegliarsi abbracciati, fare
l’amore appena svegli… per Dario e Gioele è un
paradiso. Si fermano a dormire più volte durante la primavera e l’estate,
soprattutto di venerdì o di sabato. Il mattino si alzano tutti e quattro
molto tardi e fanno colazione insieme. Con l’arrivo dell’estate Lapo e
Johannes circolano spesso nudi per casa, ma da parte loro non c’è mai un
accenno o una proposta: per loro Dario e Gioele sono due amici a cui sono
molto affezionati, non possibili compagni di letto. Dario e Gioele si sentono
perfettamente a loro agio con Lapo e Johannes. A luglio trascorrono una
settimana insieme. Lapo e Johannes lavorano durante il giorno, Dario e Gioele
studiano. Quando Lapo e Johannes tornano, preparano la cena. *** Dieci anni sono passati.
Dario e Gioele hanno completato gli studi e vivono insieme. Da quattro anni
non usano più la camera di Lapo e Johannes: si sono trasferiti in un piccolo
appartamento di proprietà dei genitori di Dario. Ma con i loro amici si
vedono ancora spesso. Almeno due volte al mese mangiano insieme, a casa degli
uni o degli altri oppure in pizzeria. Talvolta vanno anche al cinema, anche
se hanno gusti diversi: Gioele e Dario “da intellettuali del cazzo”, come dice
sempre scherzando Lapo; Lapo e Johannes da “ritardati mentali”, come gli
risponde Dario. Si prendono per il culo ampiamente. Lapo chiede se l’ultima
volta che sono andati al cinema hanno visto un film di un regista
groenlandese o un documentario girato da un aborigeno australiano; Dario
domanda se hanno già visto il film “Spartacus e i
Vichinghi contro Achille e i Borgia”. È una fatica improba, ma di solito riescono
a trovare un film da andare a vedere tutti insieme. Ogni tanto fanno qualche
camminata in montagna e questo almeno li mette tutti d’accordo. Questa sera Dario e Gioele
sono ospiti di Lapo e Johannes. Al termine della cena,
Dario dice: - Dobbiamo confessare che
vorremmo approfittare ignobilmente del vostro buon cuore. Lapo ride. - Buon cuore, lui? Avete
sbagliato indirizzo. Johannes ribatte,
sorridendo: - Quello lì il cuore
neanche ce l’ha. Poi prosegue: - Se è solo del cuore che
volete approfittare, diteci pure. Gioele prende la parola: - Mercoledì prossimo
saranno dieci anni esatti che abbiamo utilizzato la prima volta la vostra
camera. Ecco… noi vorremmo festeggiare il nostro
anniversario. - Mi sembra una bellissima
idea. Ma che cosa c’entra il nostro buon cuore? Gioele è un po’ in
imbarazzo, anche se l’idea l’ha avuta lui. - Ci piacerebbe usare
ancora una volta la vostra camera. Lapo non dice nulla. Ha
sentito qualche cosa dentro. Guarda Johannes e gli legge in faccia che anche
lui è commosso. Dario e Gioele hanno
frainteso il loro silenzio. Dicono: - Se non volete, non c’è
problema, era solo un’idea. Lapo risponde subito: - Una bellissima idea. Si alza e va a prendere le
chiavi di riserva. - Sapete già tutto, per
cui non occorre che vi dia istruzioni. Mercoledì prossimo io e Johannes
andiamo a mangiarci una pizza e poi al cinema. Ultimo spettacolo. Facciamo
tardi. Se poi volete fermarvi anche a dormire, non c’è problema. Domani
mattina faremo i turni in bagno. - Siete due angeli. Johannes interviene; - Mi sa che voi due vi
siete fatti, ma non doveva essere roba buona. Te lo vedi Lapo come angelo? Gioele vorrebbe dire di
sì, che li vede benissimo tutti e due come angeli, che lo sono stati davvero
per loro. * Dario e Gioele salgono le
scale in silenzio. Da quattro anni non sono più tornati nella camera dove si
sono amati per anni, ma sono commossi tutte e due. La camera non è mai stata
soltanto un posto dove poter scopare: per anni è stato lo spazio del loro
amore. Si sono amati anche in altri luoghi: in tenda durante le vacanze in
campeggio o in qualche alberghetto; a casa dell’uno o dell’altro quando erano
sicuri di poterlo fare; una volta perfino nel bosco e un’altra nella toilette
di un treno, anche se in entrambi i casi Gioele era spaventato a morte. Ma la
camera è stata il loro nido, dove si sentivano sicuri e protetti. Dario apre la porta ed
entrano nell’appartamento. Posano sul tavolo i due pacchetti con i regali che
hanno portato a Johannes e Lapo: ora conoscono i loro gusti e hanno scelto un
CD e un libro adatti. Poi vanno subito nella
camera. Tutto è come la prima
volta: il letto perfettamente in ordine, con il copriletto pulito: sul
comodino due preservativi; sulla sedia due asciugamani puliti. Gioele si
rende conto di avere le lacrime agli occhi. È assurdo, ma è così. Si baciano, con molta
dolcezza, come se fosse davvero la loro prima volta. Poi insieme tolgono il
copriletto, piegandolo con cura, il gesto che hanno fatto tante volte, il
preludio all’amarsi. Rimangono a dormire nella
camera, come hanno fatto altre volte. Domani mattina faranno colazione tutti
e quattro insieme, prima di andare al lavoro. * Johannes entra nel cinema.
L’ultimo spettacolo è già incominciato. Non c’è molta gente a quest’ora.
Mercoledì è un giorno qualunque. Domani la gente lavora. Johannes si mette in una
delle ultime file. Non c’è nessuno in quella fila. Ci sono sì e no venti
persone, nelle file centrali, più avanti. L’uomo arriva poco dopo.
Si siede nella stessa fila di Johannes. Lo guarda. Johannes sente lo sguardo
su di sé – o forse con la coda dell’occhio vede che l’uomo lo sta fissando.
Si gira e lo osserva. Sorride e ritorna a guardare il film. L’uomo si alza e viene a
sedersi di fianco a Johannes. Johannes sorride di nuovo, ma continua a fissare
lo schermo. L’uomo gli mette una mano sulla patta, poi preme. Johannes sente
il sangue affluire al cazzo. Johannes si alza e entra
nei gabinetti. Abbassa i pantaloni e tira fuori il cazzo. Se lo accarezza un
po’ davanti all’orinatoio. L’uomo arriva in quel momento. Johannes si volta
verso di lui, mettendo in mostra il cazzo. L’uomo lo valuta con uno sguardo e
annuisce. Johannes entra in uno dei cessi, reggendo i pantaloni con le mani.
L’uomo lo segue. Chiude la porta dietro di sé. Spinge, brutalmente, Johannes
contro il muro. Johannes lascia che i
pantaloni scivolino sotto le cosce. Si appoggia al muro. L’uomo fa scorrere
due dita lungo il solco. Le toglie. Poco dopo le due dita ritornano, bagnate,
e si infilano dentro senza cerimonie. Poi le toglie di nuovo. Il cazzo che ora preme
contro il culo di Johannes è grosso e il suo ingresso fa un po’ male, ma
Johannes è abituato: sussulta appena, mentre il cazzo gli si tende. L’uomo ha energia da
vendere Infine l’uomo viene con un
grugnito e Johannes sente lo sborro riempirgli le viscere. Una mano dell’uomo
passa davanti e gli stringe brutalmente i coglioni, poi sale al cazzo. E non
appena lo sfiora, il piacere esplode. Lo sborro di Johannes si spande sul
muro. L’uomo gli passa il
braccio destro intorno alla vita e con la sinistra gli accarezza la testa. È
molto delicato, ora. Gli sussurra: - Grazie. Rimangono abbracciati.
Johannes sta bene così, un benessere profondo. Dopo un momento Johannes
mormora: - Ti amo, Lapo. Lapo lo bacia sul collo e
risponde: - Anch’io ti amo,
Johannes. Rimangono abbracciati, il
cazzo di Lapo dentro il culo di Johannes. Si sono conosciuti così,
una sera di diciotto anni fa. Allora avevano usato un preservativo, ma tutto
il resto si era svolto nello stesso modo. Nessuno dei due immaginava che
quell’incontro avrebbe cambiato completamente la loro vita, che diciott’anni
dopo sarebbero stati ancora insieme, ben decisi a continuare. Johannes dice
che sono stati quel grazie e la carezza sul capo a dargli la voglia di
conoscere l’uomo con cui aveva appena scopato. Lapo dice che sono state le
dimensioni del cazzo. Finiranno di punzecchiarsi solo nella bara. 2017 |