Analisi logica Accendo il computer e mi
collego. Vado sulla chat a cui mi sono iscritto l’altro giorno. PIOTR: Cam2cam? Ci risiamo. Mi è già
successo altre volte. Io non sapevo neanche che cosa volesse dire
l’espressione. Rispondo: LUCA: Non ho la cam. Lui si scollega, senza
scrivere nemmeno un mezzo saluto. La buona educazione da queste parti è
sconosciuta. Provo a prendere
l’iniziativa io. Vediamo com’è questo Marcello. LUCA: Ciao. Hai voglia di
chiacchierare un po’? MARCELLO: Volentieri LUCA: Io mi chiamo Luca. Non è vero, mi chiamo
Giovanni, ma preferisco presentarmi con un altro nome, anche se di Giovanni
ce ne sono migliaia. C’è un momento di attesa.
Marcello probabilmente sta chattando con qualcun altro. Ma prima o poi
presterà attenzione anche a me. E infatti mi arriva il suo messaggio: MARCELLO: Ce lai qualche
foto da mandarmi magari una che sei nudo Di nuovo. Mi è già
successo: alla seconda frase siamo alla richiesta di foto. LUCA: No, non ho foto in
cui sono nudo. Nuova attesa, più lunga. MARCELLO: echecazzo. Fattene una con il cell,
no Quanti anni ai LUCA: Va bene. Me ne
faccio una. Non ho nessuna intenzione
di mandare in giro foto in cui mi si vede nudo. Ho risposto così tanto per
non chiudere subito. Anche se mi chiedo se davvero vale la pena di continuare
con questo analfabeta. Non scrivo niente e Marcello non si fa vivo. Dopo un
quarto d’ora però, ricompare: MARCELLO: fatto foto? Chiudo senza rispondere.
Non funziona, non può funzionare. Io non so usare queste chat, non so come
muovermi. Mi sembra di vivere in un mondo del tutto a parte e in fondo è
così. Per anni non ho mai girato su siti gay, non ho chattato. Solo dopo che
mi sono separato da mia moglie ho incominciato a esplorare questa realtà, ma
a distanza. Non oserei mai andare in un locale gay o in uno dei posti dove i
gay si incontrano. Può apparire strano, siamo nel XXI secolo, non negli anni
’50 del Novecento, ma io ho paura. Che gli altri mi scoprano, che mi succeda
qualche cosa, che… Spengo il computer e mi
metto a leggere uno dei racconti che ho scaricato da un sito e stampato. Mi
piace questo autore, che racconta storie e non solo scopate. Mi aiuta a
sognare un po’ quello che la mia vita potrebbe essere. So che stare seduto su
un divano a leggere non mi aiuterà a cambiare vita. Ma mi fa stare meglio. Sara mi porta Andrea come
ogni mercoledì. Io lo tengo il mercoledì pomeriggio, giorno in cui esco dal
lavoro alle due, e un fine settimana ogni due. Andrea ha i compiti da
fare. È una storia che si ripete puntuale: il mercoledì pomeriggio, quando
tengo Andrea con me, Andrea deve ancora fare tutti i compiti per il giovedì.
Quando lui sta con me per tutto il fine settimana, non ha fatto neppure un
compito per il lunedì (ma magari ha fatto quelli per il martedì, chissà come
mai). Non so se la mia ex-moglie ha paura che io e lui facciamo qualche cosa
di piacevole, invece di passare il tempo a svolgere i compiti. Per fortuna io
e Sara abbiamo conservato rapporti abbastanza buoni e se propongo di portare
Andrea al cinema o in pizzeria una sera diversa dal mercoledì, di solito lei
non mi dice di no. Ma in qualche modo Sara ha deciso che i compiti a casa me
li devo sorbire il più possibile io. Il guaio è che il giovedì
lui ha analisi logica. E la domanda arriva dopo tre minuti: - “A me piace il gelato”.
Qual è il soggetto? Guardo Andrea sconsolato.
Se devo aiutarlo con la matematica, non è un problema, ma con l’analisi
logica, no, per favore, no! Ero bravo in italiano, ma l’analisi logica l’ho
sempre odiata. L’ho dovuta studiare, ma appena mi è stato possibile l’ho
dimenticata completamente. - Senti, adesso non ho
tempo. Magari questo compito lo fai vedere domani alla mamma. - Questo compito è per
domani. Lo sapevo, ma ci ho
provato lo stesso. Non so che dire. Mi salva il campanello. Dev’essere il nuovo idraulico. Meno male: c’è una perdita
in cucina e devo tenere chiusa l’acqua per evitare allagamenti. L’impianto
idraulico in questa casa è un disastro, prima o poi dovrò decidermi a fare
lavori alla grande, se il padrone di casa mi viene incontro con le spese. L’idraulico precedente è
venuto due volte e non ha concluso niente. Di questo mi hanno detto che è
giovane e molto bravo. Apro la porta e lo vedo
che sale le scale. In effetti avrà sì e no trent’anni ed è un bel ragazzone.
Si presenta come Ezio, solo con il nome. Poi si mette a trafficare. Intanto Andrea torna alla
carica: - Allora, qual è il
soggetto? Cerco di guadagnare tempo: - Ripetimi la frase. - A me piace il gelato. - Sarà “a me”, no? Interviene l’idraulico:
nell’appartamento che ho affittato l’unico tavolo è in cucina e Andrea i
compiti li fa lì. - Ma che cazzo dici? Il
soggetto è il gelato. Si rivolge direttamente ad
Andrea e gli dice: - Ragiona un po’: di cosa
dico che piace? Sono io che piaccio? - No, è il gelato che
piace a me. Ma sono io che lo mangio. - Non c’è mica scritto “Io
mangio il gelato”. Ma il cervello, che cosa lo tieni a fare, per giocare alla
playstation? Andrea rimane un momento
interdetto, riguarda la frase, poi fa un cenno di assenso e riprende con i
compiti. Dopo un momento mi chiede: - Senti, “Parlavano della
sorella di Maria”, ci sono due complementi di specificazione? Sorrido: questa mi sembra
semplice. - Direi di sì. L’idraulico interviene di
nuovo: - No, c’è “parlavano”. Se
dico di che cosa parlavano è il complemento di… L’idraulico lascia la
frase in sospeso. Andrea ci pensa un attimo, poi dice: - Di argomento. - Esatto! Poi l’idraulico aggiunge: - Evita di chiedere a tuo
padre. Tanto di analisi logica non capisce un cazzo. Incasso senza dire niente,
ma con questo stronzo le cose le chiarisco, prima che vada via. Quando ha finito con i
compiti, Andrea va a giocare con la playstation in camera da letto e io ne
approfitto per dire all’idraulico: - Ma ti sembra il caso di
sputtanarmi così davanti a mio figlio? Perderà ogni rispetto per me. - Ma ti sembra il caso di
insegnargli sbagliato? Se scopre che lo fai sbagliare, perderà ancora più il
rispetto per te. E in ogni caso deve capire con chi ha a che fare. Chiedo: - Come, con chi ha a che
fare? Come sarebbe a dire? In realtà ho capito
benissimo. Ma non mi è piaciuto per niente. Lui non risponde. Dopo un po’ si
rialza e mi dice: - Senti, fanno sessanta
euro. - Almeno adesso non perde
più? - Certo che non perde più!
L’impianto è in condizioni penose, ma questo rubinetto puoi stare tranquillo
che adesso funziona. L’idraulico se ne va. Io
controllo e devo riconoscere che non ci sono più perdite. L’indomani ritorno al
computer e riprovo con la chat, ma è evidente che non so muovermi e
colleziono porte in faccia. Mi consolo girando su qualche sito con belle foto
e alla fine la mano destra mi regala un po’ di sollievo. Mi dico che non ha
nessun senso, che a quarant’anni farmi le seghe perché non ho il coraggio di
provare altro è davvero assurdo. Nei giorni seguenti
riprendo a girare. Guardo gli annunci dei massaggi per uomini. Pratico
massaggi rilassanti con olio a domicilio in quanto non ho posto per ospitare.
Sono
un massaggiatore italiano olistico di 52 anni. Bella presenza , passivo,
esegue massaggi rilassanti,decontratturanti, lingam.
Totalbody. In ambiente riservato. No. L’idea del “passivo”
non mi va. Non è un massaggio. Sì, lo so benissimo, non sto cercando davvero
un massaggio, ma non sto cercando nemmeno un escort. Bellissimo
italiano un grande porco un esperto massaggiatore di passaggio a Milano No, lasciamo perdere. Non
ci siamo proprio. 35
enne diplomato esegue massaggi sportivi post gara, decontratturanti e
rilassanti. Total body, integrale, in ambiente discreto, pulito e
completamente attrezzato. Olio biologico di prima qualità, per soddisfare
l’esigenza di qualità richiesta dal cliente. Possibilità di servizi accessori
su richiesta, dietro modifica del costo della prestazione. Questo mi piace. Ha una
foto e una bella faccia. Anche il “diplomato” e il riferimento a massaggi
sportivi mi danno affidamento. Mi segno il numero e il nome, Piero. Ma non
gli telefono. Mi dico che sono un vigliacco. Il mercoledì successivo
Andrea deve di nuovo fare i compiti di analisi logica, ovviamente. Mi chiede: - Senti, c’è una cosa che
non capisco, posso telefonare a Ezio? - E chi è Ezio? Non gli ho mai sentito
nominare un compagno di scuola di nome Ezio. - L’idraulico. - Ma stai scherzando? Che
cosa vuoi che ne sappia… Mi fermo. L’idraulico ne
sa più di me di analisi logica. Ma in ogni caso non mi sembra il caso di
telefonargli. E poi mi dà fastidio che Andrea non mi chieda più neanche. Quel
tizio mi ha fatta fare una figura di merda davanti a mio figlio. - No, non se ne parla
neanche. - Vabbe’. Andrea riprende a fare i
compiti. Dopo un momento va in bagno. Torna e mi dice: - Non c’è acqua. - Ma, non è possibile.
Fino a mezz’ora fa c’era. - Ho fatto la pipì e non
viene acqua. - E adesso? - Chiama l’idraulico. Così
ne approfitto per chiedergli quella cosa che non ho capito. Senza acqua non possiamo
stare, per cui telefono a Ezio. Per fortuna è qui in zona e mi dice che tra
venti minuti passa. In realtà arriva dopo un’ora, ma va benissimo: l’altro mi
diceva che sarebbe arrivato alle sei e poi passava tre giorni dopo. Appena entra, Andrea gli
chiede: - Senti, Ezio, posso
chiederti una cosa? Ezio sorride. Ha un gran
bel sorriso, devo riconoscerlo. È uno stronzo, ma ha un bel sorriso. - Ma certo, Andrea, dimmi. - Nella frase “Lo elessero
console”, che cos’è console? - L’hai studiato il
complemento predicativo? - Mi pare di sì. - Allora riguardatelo e
quando ho finito mi devi saper dire se è predicativo dell’oggetto o del
soggetto. Ezio entra in bagno ed
esce dopo trenta secondi. Gli chiedo, incredulo: - Già fatto? Lui mi ignora
completamente e si rivolge ad Andrea: - Andrea, non era più
semplice telefonarmi e chiedermi, invece di chiudere il rubinetto centrale
dell’acqua? Guardo Andrea. Se lo sguardo
potesse incenerire, non avrei più figli. Andrea non batte ciglio e risponde a
quel fetente di Ezio, senza guardarmi: - Papà non voleva che io
ti telefonassi. - Adesso papà sarà
contento di dover pagare il diritto di chiamata. Sibilo tra i denti: - Glieli tolgo dalla
paghetta. – Quanto gli dai? - Cinque euro a settimana. - Che taccagno che sei! - Non faccio mica
l’idraulico, io. Non replica. Si limita a
dirmi: - Fanno trenta euro. Solo
perché ero in zona. Mentre pago, Ezio mi dice: - Lascialo telefonare, la
prossima volta. Tu risparmi soldi e io risparmio tempo. Vorrei dirgli che non ci
sarà una prossima volta, perché io sarò in carcere e Andrea al cimitero, ma
preferisco soprassedere. Andrea sorride e dice: - È predicativo
dell’oggetto. - Esatto. Sono qui che guardo il
telefonino. Ho composto il numero di questo Piero che fa massaggi, ma non ho
premuto il tasto per la telefonata. Esito a lungo, poi mi decido e chiamo. Non risponde. Mi sento
sollevato. Mi sento deluso. Mi preparo la cena e
mangio. Poi mi siedo sul divano. Guardo il telefonino. Lo prendo in mano.
Controllo l’ora. Quasi le nove. Vado sul registro delle chiamate. Appare
l’ultimo numero, quello del massaggiatore. Esito un attimo, poi riprovo. Mi risponde. Ha una bella
voce calda, profonda. Dico: - Ciao, mi chiamo
Giovanni. Ho letto il tuo annuncio e vorrei fare un massaggio da te. L’ho detto tutto d’un
fiato, come se avessi avuto paura di non riuscire a concludere se mi fossi
interrotto. - Volentieri. Quando
vorresti venire da me? Prendo fiato e mi lancio. - Lavoro fino alle cinque.
Domani, oppure giovedì. - Domani ho posto alle
sette. Oppure verso le dieci. - Alle sette va bene. Piero mi dà l’indirizzo. - Che tipo di massaggio
vuoi? Ho la gola secca mentre
gli rispondo: - Totalbody. So che è quello completo,
che include anche i genitali: così ho capito girando su Internet. Vorrei chiedergli maggiori
spiegazioni, ma mi manca il coraggio. E poi non saprei che cosa chiedergli. Piero mi accoglie
sorridendo. È come appare in foto, una faccia simpatica e disponibile. Mi fa
accomodare in una piccola stanza, dove c’è un lettino. - Io faccio massaggio su
lettino o su futon. Se non c’è una richiesta specifica, la prima volta uso il
lettino. Ti va bene? - Sì, va benissimo. - Hai già fatto altri massaggi? - No, è la prima volta. Piero sorride. - Allora se c’è qualche
cosa che non ti va, dimmelo subito, d’accordo? - Va bene. Adesso spogliati. Fa caldo, non ho molto
addosso. Rimango in slip, incerto. - Come…
io devo… Sono talmente in imbarazzo
che non riesco nemmeno a formulare la domanda. Piero ha capito e mi dice,
tranquillo: - Il massaggio totalbody si fa nudi. Se però ti dà fastidio, puoi tenere
le mutande. - No, no. Mi spoglio e mi stendo
sulla schiena, mentre lui mette una musica di sottofondo. Piero mi dice: - No, prima si massaggia
la parte posteriore. Girati. Obbedisco. Piero è rimasto
in maglietta a maniche corte. Piero si unge le mani, poi
incomincia a passarle sul mio corpo: la schiena, il culo, le gambe, le
braccia. Un tocco leggero su tutto il corpo, come un’introduzione. Poi le sue
mani iniziano a lavorare su una gamba, poi sull’altra, poi sul culo, da cui
risalgono alla schiena e infine alle gambe. Piccoli colpi, strette, movimenti
circolari, carezze. Mi abbandono completamente a questa piacevole
manipolazione. Ora sta lavorando soprattutto sulla schiena e sul culo. Si
unge nuovamente le mani e le dita scivolano più volte lungo il solco tra le
natiche. Il desiderio si drizza, impetuoso. Un po’ mi vergogno, ma è naturale
che sia così. Penso che è la prima volta
che un uomo mi accarezza. Certo, è una carezza “professionale”, ma anche così
è bello. Piero non ha detto nulla,
ma ora chiede: - Va tutto bene, Giovanni? - Sì, benissimo. La sua mano scivola sul
culo e un dito indugia sull’apertura. - Ti va se ti massaggio un
po’ anche qui o preferisci che lo faccia un’altra volta? Desidero provare e,
vincendo l’imbarazzo, glielo dico: - Va bene, provo
volentieri. Le sue dita si muovono con
delicatezza e stuzzicano un po’ l’apertura, poi stringono vigorose il culo e
scendono nuovamente lungo il solco fino alle palle, che accarezzano. Ho il
cazzo duro come una pietra. Poi Piero lavora un po’
sul collo e sulle spalle e quando ha finito mi dice: - Adesso puoi
voltarti. Mi giro, ma mi vergogno. È
dai tempi del liceo che non mi faccio vedere a un uomo con il cazzo in tiro e
allora erano i soliti giochi tra maschi. Ma di sicuro Piero ci è abituato.
Forse coglie il mio imbarazzo, perché chiede: - Tutto a posto, Giovanni? - Sì, sì. Piero incomincia dalle
gambe e risale fino alle anche. Le sue dita stuzzicano le palle, poi
ridiscendono. Quando risalgono accarezzano il cazzo teso, più volte, ma con
un tocco leggero. Poi Piero passa alle braccia. Le massaggia, le fa alzare,
si appoggia la mia destra contro il petto mentre le sue mani massaggiano il
braccio, poi fa lo stesso con la sinistra. Accarezza ancora il cazzo e le
palle, poi passa a massaggiare il petto e il ventre, stuzzicando anche il
cazzo. Mi rendo conto che sto per venire. Piero si ferma, poi
appoggia una mano alla base del cazzo e mi chiede: - Vuoi che concluda? Annuisco. Le sue mani mi
accarezzano, forti e delicate insieme e io sento la tensione divenire
intollerabile e il piacere esplodere. Chiudo gli occhi, mentre il seme
schizza sul torace e sul ventre. Piero continua ad accarezzare la base del
cazzo per un momento, poi appoggia un po’ di carta per asciugare lo sborro e
mi massaggia delicatamente il collo e la testa. Quando ha finito, mi
chiede: - Ti senti bene, Giovanni? - Sì. - Allora rimani un momento
disteso. Poi, quando te la senti, ti alzi e puoi andarti a lavare in bagno. - Grazie. Rimango disteso, poi mi
asciugo con la carta, la butto nel cestino e vado a lavarmi. Piero mi chiede: - È andato tutto bene? Ci
sono cose che ti hanno dato fastidio? - No, è stato bellissimo.
Grazie. Mi rivesto, pago e me ne
vado. Il massaggio mi lascia un
grande senso di benessere. Il giorno dopo in ufficio mi sento in stato di
grazia. Andrea arriva alle tre,
come al solito, e incominciamo con i compiti. Alla prima difficoltà di
analisi logica, mi chiede se può telefonare a Ezio. Gli dico che potrà farlo
quando avrà finito gli esercizi e sarà sicuro di non dovergli poi chiedere
altro: va bene che Ezio si è detto disponibile, ma non mi sembra il caso di
telefonargli due o tre volte mentre è al lavoro. Quando Andrea ha finito,
telefona a Ezio per chiarirsi due dubbi. Mentre parla, mi dico che
l’idraulico esperto di analisi logica è proprio buffa. La prossima volta che
viene, devo chiedergli come mai. E devo anche ringraziarlo, perché con Andrea
è disponibile. È uno stronzo, mi ha sputtanato con mio figlio, ma devo
riconoscere che con Andrea è gentile. I giorni passano. Torno
altre due volte da Piero. Mi piace, mi piace molto sentire le sue mani che mi
accarezzano, mi stringono, mi stuzzicano. Adesso mi sento un po’ più in
confidenza con lui. Dopo la fine del massaggio, mentre mi rivesto, gli
chiedo: - Senti, nel tuo annuncio
parli di servizi accessori su richiesta. Che cosa intendi? Piero sorride. - Ognuno ha i suoi gusti e
qualche cliente vuole soddisfare certe sue fantasie. Se me lo chiedono e mi
va bene, posso farlo. Sono curioso, ma anche un
po’ in imbarazzo a domandare: - Puoi farmi un esempio? Piero alza le spalle. - Qualcuno vuole che lo
massaggi bendato e per questo non faccio pagare di più. Vorrei chiedergli per che
cosa si fa pagare di più, ma mi vergogno. Piero prosegue: - Qualcuno chiede quelli
che chiamano messaggi tantra, con un forte contatto fisico. Si può fare, se
conosco la persona, se è qualcuno serio e pulito come sei tu. Ma costa di
più. L’apprezzamento di Piero
mi fa piacere, anche se so che è puramente professionale. Mi dico che uno di
questi giorni proverò anche il massaggio tantra: di Piero mi fido. Ogni tanto provo ancora
con le chat, ma è un disastro. Sto conversando con uno che mi ha già chiesto
l’età, la foto (immancabile), se ho la webcam, quando sento una specie di
scoppio in bagno e poi un gorgoglio. Corro a vedere e trovo che il pavimento
del bagno è inondato: l’acqua sgorga a getto continuo da un tubo dietro la
tazza del cesso. Esito un attimo, poi mi tolgo le pantofole e raggiungo il
rubinetto del comando centrale dell’acqua. Lo chiudo. L’inondazione si ferma,
ma c’è un dito d’acqua su tutto il pavimento. Sono le sette. Per telefonare a
Ezio è tardi, ma magari mi dirà che verrà domani mattina presto e io chiederò
due ore di permesso in ufficio. In queste condizioni non posso nemmeno andare
al cesso o lavarmi. Telefono a Ezio. Mi scuso
per l’ora. Gli spiego la situazione, gli dico che la perdita è alquanto
consistente e che io sono del tutto senz’acqua. Mi rendo conto mentre parlo
di essere alquanto agitato; devo calmarmi: non è morto nessuno, è solo un
disagio, non una tragedia. Ezio mi assicura che verrà subito e in effetti
dopo pochi minuti arriva, mentre io sto asciugando il pavimento. Mi è andata
bene. Traffica mezz’ora, poi
esce per andare a procurarsi un pezzo mancante. Mi chiedo dove conta di
trovarlo, visto che a quest’ora tutti i negozi sono chiusi. Ma dopo venti
minuti ritorna con il pezzo. Traffica a lungo. A un certo punto si deve
stendere a terra e si toglie la maglietta. Vederlo a torso nudo mi mozza il
fiato. Ha una peluria leggera, che diventa fitta intorno ai capezzoli e lungo
lo sterno, muscoli ben sviluppati e un corpo armonioso. Io lo divoro con gli
occhi, ma se lui guarda dalla mia parte, faccio finta di niente. Dopo un po’
mi rendo conto che non posso rimanere a fissarlo, un po’ perché si chiederà
che cazzo faccio, un po’ perché mi sta venendo duro e con questi pantaloni
estivi sarebbe imbarazzante. Allora vado e vengo, facendo finta di niente. Ezio sta sudando: il
lavoro è alquanto impegnativo. Vedere quella patina umida sul suo torace
villoso rischia di far saltare i miei freni inibitori. Credo che se avessi
una pistola gliela punterei addosso e lo costringerei a spogliarsi…
Ma per fortuna non ho una pistola. Ci vuole un’ora buona, ma
dopo un mare di imprecazioni, Ezio si rialza, i pantaloni bagnati e il torace
tutto sudato. Riapre il rubinetto dell’acqua, si lava la faccia, le mani e il
petto, mentre io vado a prendergli un asciugamani pulito. Mentre si asciuga, mi
dice: - Questo impianto è da
rifare, ma per un po’ reggerà. Annuisco, cercando di
costringere il mio cervello a ragionare e a dire qualche cosa, invece di far
finta di niente mentre io mi bevo con gli occhi questo bel maschio e ne sento
l’odore di sudore, che mi stordisce. Poi per fortuna lui si rimette la
maglietta e io riesco a spiccicare due parole: - Grazie per essere venuto
subito. E per aver fatto tutto questo lavoro a quest’ora di sera. E grazie
per le spiegazioni che dai ad Andrea. - Figurati, mi fa piacere
spiegargli. È un ragazzino intelligente. Un po’ pigro, preferisce le
scorciatoie, ma è intelligente. Ezio sorride. Ha un bel
sorriso e io gli chiedo: - Ma dimmi un po’, come
mai conosci tanto bene l’analisi logica? - Volevo fare il
professore, ho anche insegnato per due anni, dopo la laurea. - E com’è che sei passato
a fare l’idraulico? - Ero stufo di fare il
precario, supplenze brevi, ogni volta a cambiare classe e colleghi,
licenziato a giugno e riassunto a ottobre, magari novembre. L‘idraulico lo
sapevo fare, mio padre è idraulico, mi aveva insegnato e io lo aiutavo anche
negli anni di università, per guadagnarmi due soldi e poi dopo, quando non
avevo supplenze, cioè metà dell’anno. Alla fine ho smesso di fare richieste
di supplenza, mi sono messo a lavorare con lui e poi ho rilevato la sua
attività, quando lui si è stufato di andare in giro. Lavoro regolarmente e
guadagno molto di più. A questo punto gli chiedo
quanto gli devo. Per due ore di lavoro la sera mi aspetto una schioppettata,
ma Ezio mi chiede solo cinquanta euro. Al momento di congedarsi, mi dice,
strizzando un occhio: - Se vuoi ti do ripetizioni
di analisi logica. Io preferirei che mi
insegnasse qualche cos’altro, ma non glielo posso dire. - Potrebbe essere un’idea
per recuperare un po’ della stima di Andrea. Bisogna vedere quanto ti fai
pagare. Ezio ride. Mi piace la sua
risata. Poi mi saluta e se ne va. Io do una pulita al bagno. Ritorno in
cucina e mi accorgo che il computer è rimasto acceso. Spero che Ezio non
abbia visto la chat, in cucina è passato due volte, ma anche se così fosse,
non avevo scritto niente di significativo. Mi faccio una doccia, poi
mi stendo sul letto, nudo. Penso a Ezio, mentre la mia mano si dà da fare. È
una delle migliori seghe della mia carriera. Due sere dopo mi rimetto
al computer. Mi chiedo se le chat siano davvero il sistema giusto per trovare
qualcuno. Ma quali sono le altre possibilità? Lo so benissimo: frequentare
locali gay, ma mi manca il coraggio; dire a tutti quelli che conosco che
credo di essere gay e prima o poi qualcuno si farà avanti, ma non me la sento
proprio; andare nei luoghi di incontro, ma mi sembra squallido; rispondere
agli annunci (l’ultima pagina che ho visitato incominciava con: Ho voglia di un grosso cazzo questa sera)
non mi va. Sono collegato da dieci
minuti, quando mi contatta uno che si chiama BlackFire. BLACKFIRE: Ciao! LUCA: Ciao. BLACKFIRE: Hai voglia di
chiacchierare un po’? Ammiro l’apostrofo. Un
lusso assolutamente sconosciuto da queste parti. LUCA: Volentieri. Mi aspetto qualche domanda
su età e altro (due sere fa uno mi ha chiesto, dopo dieci secondi: “Ce l’hai grosso?”
– senza apostrofo e credo anche senza h, se ricordo bene), ma lui procede in
un’altra direzione. BLACKFIRE: Frequenti
spesso questa chat? LUCA: Solo qualche volta.
E tu? BLACKFIRE: Io mi sono
iscritto ieri. La conoscevo di nome. Non è che mi piacciano molto le chat. Il congiuntivo mi spiazza.
È una specie in via d’estinzione. Se ne vedono di rado in aree protette, come
saggistica e letteratura, ma trovarne uno in una chat è come incontrare un
panda a spasso per via Montenapoleone. LUCA: Neanche a me, devo
dire. Ma credo di essere io che mi aspetto cose diverse. BLACKFIRE: Che cosa ti
aspetti? LUCA: Vorrei parlare con
qualcuno, non solo combinare la prossima scopata o immaginarla. Ho esitato un attimo prima
di scrivere “scopata”, ma, per poco che frequenti le chat, di sicuro è
abituato a questi termini. BLACKFIRE: Concordo. Dimmi
un po’ che fai nella vita, se ne hai voglia. LUCA: Sono impiegato
comunale. E tu? BLACKFIRE: Lavoro in un
magazzino di prodotti idraulici. Magari conosce Ezio, ma
non mi sembra il caso di chiederglielo. Certo che l’idraulico che conosce
l’analisi logica e il magazziniere che usa i congiuntivi…
Il mondo è ben strano. O piuttosto sono io che ho un sacco di pregiudizi. LUCA: Ti piace il tuo
lavoro? BLACKFIRE: Non è quello
che avevo desiderato, ma sono soddisfatto. Mi piace lavorare con le mani. E
si conosce tanta gente. Non mi è chiaro perché un
magazziniere lavori con le mani, ma trattandosi di prodotti idraulici
probabilmente avrà da montare e smontare pezzi. LUCA: Magari conosci anche
il mio idraulico. BLACKFIRE: Può darsi.
Com’è? LUCA: È giovane, alto, ben
piantato, un viso simpatico, barba e capelli corti. Un gran bel maschio. BLACKFIRE: Ci hai mai
provato? LUCA: Figurati! Non credo
che sia gay. Con l’idraulico, poi! BLACKFIRE: Che cos’hai
contro gli idraulici? Tanti sono brava gente. LUCA: Sì, sì. Questo lo è
proprio. Dà anche una mano a mio figlio con l’analisi logica. Mi rendo conto che mi sto
scoprendo troppo. Ma mi trovo a mio agio con questo. Aggiungo: LUCA: Non ho niente contro
gli idraulici, ma scoprirmi con l’idraulico... Poi magari lo racconta in
giro. BLACKFIRE: Ti sembra il
tipo da farlo? LUCA: No, non credo. BLACKFIRE: Senti, hai
parlato di tuo figlio. Sei sposato? LUCA: No. Siamo separati. BLACKFIRE: Non voglio
essere indiscreto, ma ti sei sposato perché non sapevi di essere gay o sei
bisex? LUCA: Avevo le idee
confuse. Non avevo mai fatto niente con uomini, anche se mi attraevano. BLACKFIRE: E adesso, hai
combinato qualche cosa? Esito di fronte a questa
domanda così diretta. Lui scrive: BLACKFIRE: Scusa, non sono
cazzi miei. La sua frase mi sblocca.
Rispondo: LUCA: Non devi scusarti.
No, non ho mai combinato niente. Sono andato da un massaggiatore, uno bravo,
che mi ha massaggiato e poi mi ha fatto venire. È stato molto bello, ma
vorrei altro. BLACKFIRE: Perché non
provi con l’idraulico? LUCA: E dai, non mi
pigliare per il culo. BLACKFIRE: No, secondo me
ci sta. LUCA: Piantala. Non lo
conosci. BLACKFIRE: Telefonagli.
Telefonagli adesso. LUCA: Adesso? Alle dieci
di sera? BLACKFIRE: Sì adesso,
secondo me ci sta. LUCA: Non dire cazzate. BLACKFIRE: Non è una
cazzata. Telefonagli subito. Ezio ci sta. Adesso devo andare. Aspetto una
telefonata. ;-) A presto.
Si scollega. Io rimango
come un pirla a fissare lo schermo, paralizzato. Io non gli ho detto che
l’idraulico si chiama Ezio. Ne sono sicuro. Ricontrollo la conversazione e in
effetti non ho mai nominato Ezio. L’ho descritto, ma non può averlo
riconosciuto. L’idea che mi frulla in
testa è un’altra. D’altronde Blackfire ha scritto
che aspetta una telefonata. E ci ha messo pure una faccina. Il cuore batte
all’impazzata. Con uno sforzo impedisco al mio cervello di mettersi di mezzo
e prendo il telefonino. Mi dico che è una follia e lo poso. Lo riprendo.
Cerco Ezio in rubrica, dico al cervello di farsi i cazzi suoi, che in questa
faccenda è meglio se procedo senza di lui, e telefono. Sento la sua voce, calda: - Sono contento che tu
abbia telefonato, Giovanni. Posso venire da te? - Eri tu, vero, Blackfire? - Chiaro. Ma certe cose si
spiegano meglio guardandosi in faccia, no? Ho paura, adesso, ma gli
dico: - Ti aspetto. - Tra venti minuti sono
lì. Chiude la conversazione.
Guardo il telefonino paralizzato. Poi mi muovo di corsa. Cambio le lenzuola:
per fortuna è giugno, fa caldo e non ci sono coperte, per cui faccio in
fretta. Mi fiondo sotto la doccia e mi lavo a fondo. Ho appena finito quando
sento lo squillo del campanello e ho l’impressione che il cuore si fermi. Apro. Ezio arriva,
sorridente. Non è in tuta da lavoro. È vestito bene, con una maglietta bianca
immacolata che mette in evidenza la sua massa di muscoli e un paio di jeans. Lo guardo, paralizzato.
Non so che cosa dire, che cosa fare. Lui mi sorride e dice: - L’altro giorno ho visto
la chat. E ho deciso di provare a contattarti in quel modo. Mi piaci,
Giovanni, anche se non capisci un cazzo di analisi logica. Sorrido, cercando di non
lasciar trapelare il nervosismo. - Anche tu mi piaci, Ezio,
però sei uno stronzo. Ezio ride. Ha una
bellissima risata. - E perché mai? - Mi hai fatto fare una
figura di merda con Andrea. - Andrea non è stupido. Sa
benissimo che non sei tagliato per l’analisi logica. Ti prende con i tuoi
limiti. Ho paura di quello che
verrà dopo, anche se lo desidero, per cui meno ancora un po’ il can per
l’aia. Gli dico: - Ti spacci per
magazziniere, eh? Bugiardo! - No, sono anche
magazziniere. Mio padre, quando si è stufato di andare in giro, ha rilevato
un magazzino di idraulica e io qualche volta gli do una mano, se non sono
impegnato. Per quello l’altra sera ho potuto procurarmi il pezzo che mi
serviva. Altrimenti col cazzo che a quell’ora lo trovavo. C’è di nuovo un momento di
silenzio. Mentre cerco disperatamente qualche cosa da dire, lui mi precede e
mi chiede: - Posso baciarti? Time out. Va bene così. Nessun uomo mi ha mai
baciato. Annuisco. Lui mi appoggia le mani
sulle guance e mi bacia sulla bocca. È la prima volta che un uomo mi bacia ed
è bello, una sensazione intensa. Anche perché quest’uomo che mi sta baciando
e ora infila prepotentemente la lingua nella mia bocca è un maschio che mi
piace un casino. Mi ha chiesto se poteva
baciarmi, ma adesso mi sta abbracciando, senza chiedere nulla. Mi stringe a
sé e mi sembra di non aver mai desiderato altro nella vita. Stare tra le
braccia forti di quest’uomo, è tutto quello che voglio. Le sue mani si infilano
sotto la mia maglietta e la sollevano. Siamo costretti a staccarci. Io
sollevo le braccia e lascio che lui mi tolga la maglietta, poi però prendo
l’iniziativa e, con le mani che mi tremano un po’, gli tolgo la sua. Esitando
appoggio la mano sul suo petto. È bello poterlo toccare, è bellissimo. Lui mi sbottona i jeans,
abbassa la lampo e me li cala. Mi sorride. Io mi tolgo le scarpe, mi sfilo i
jeans e poi gli slaccio la fibbia della cintura. Il cuore ha accelerato i
battiti, sono agitato. Mi sembra che la fibbia opponga resistenza. Quando
l’ho slacciata, incomincio a tirar via la cintura, poi mi chiedo che cazzo
sto facendo: non serve toglierla. Esito un attimo e poi anch’io gli apro e
gli abbasso i pantaloni. Ora siamo tutti e due in
slip, sorridenti. Lui mi prende, mi abbraccia stretto ed è meraviglioso
sentire il calore del suo corpo contro il mio. Mentre mi bacia, fa scorre le
sue mani lungo la mia schiena, le infila negli slip, li cala. Io faccio lo
stesso. I suoi vengono via con un po’ di fatica, perché ha il cazzo duro.
Anche il mio si sta irrigidendo. Poi lui si stacca, ride,
con una mossa a sorpresa mi solleva e mi mette su una spalla, dicendo. - La camera da letto è di
là, vero? Non che ci voglia molto a
indovinare: l’appartamento ha una camera sola, più cucina, bagno e questo
ingresso in cui ci siamo baciati e ci sono i nostri abiti. Non mi aspettavo che mi
prendesse in questo modo, come un sacco di patate, ma mi viene da ridere. Lui
non aspetta una risposta: si dirige in camera e mi depone sul letto, poi si
stende su di me e riprendiamo a baciarci e abbracciarci e stringerci e
morderci (sì, Ezio morde anche e io lo imito). - Ti va se te lo metto in
culo o non te la senti? L’idea mi spaventa un po’,
ma ho voglia di provare. - Sì, va bene. Fa’ solo
piano. Ezio mi bacia, poi mi
fissa negli occhi e mi dice: - Hai l’occorrente? Io scuoto la testa. Avevo
comprato un pacchetto di preservativi, qualche tempo dopo essermi stabilito
qui, ma sono invecchiati senza che avessi modo di usarli. Li ho buttati. Mi
sono sempre detto che li avrei comprati quando si fosse presentata
l’occasione, ma Ezio mi ha preso alla sprovvista. Ezio riprende: - Nessun problema, io sono
provvisto. Si alza e va
nell’ingresso. Torna con una confezione e un tubetto. Tira fuori una bustina
e mi dice, sorridendo: - Ti va di mettermelo? Annuisco. Apro la bustina e tiro
fuori il preservativo. Ezio si è messo davanti a me in ginocchio e io guardo
il suo cazzo, grosso, rigido e gonfio di sangue. Sorrido: - Vacci piano. - Tranquillo, ho anche il
lubrificante. Giovanni… è davvero la prima volta
per te, vero? - Sì. - Ci andrò piano. Puoi
fidarti. - Mi fido. Sì, è vero, ho fiducia in
Ezio. So che non mi farà male. È bello infilargli il
preservativo e giacché ci sono gli strizzo un po’ i coglioni. Lui mi prende,
mi bacia ancora, poi mi fa stendere prono. Si mette su di me e mi bacia, mi
stringe, mi abbraccia. Poi prende il tubetto e dopo un momento sento il suo
dito umido che sparge la crema con delicatezza sull’apertura. Il contatto
accende un’ondata di desiderio che mi avvolge tutto. Il suo dito si infila
dentro con delicatezza, spargendo la crema. Ritorna due volte e io gemo. Ezio si stende su di me,
mi morde un orecchio, piano, mentre sento la cappella premere contro il mio
culo. Poi Ezio mi morde una spalla, forte, e mi rendo conto che è dentro di
me. Indugia a lungo sull’ingresso e solo lentamente scivola in avanti. È
leggermente doloroso. Forse neanche doloroso, solo un po’ fastidioso. Ma
sentirlo dentro di me è bellissimo. Ezio continua a baciarmi
la testa, la nuca, la spalla. Ogni tanto morde. E intanto prosegue ad
avanzare, pianissimo, fino a che arriva in fondo. - Tutto bene? - Benissimo. Ezio arretra e poi avanza
e dà inizio a una lenta cavalcata che mi stordisce. Nonostante ora sia
davvero un po’ doloroso, è bellissimo e io gemo, senza ritegno. - Sì, Ezio, sì. Lui mi avvolge tra le sue
braccia e continua a cavalcare, spingendo il suo sperone a fondo dentro di me
e poi ritraendolo. A un certo punto accelera
il ritmo, il suo respiro diventa affannoso e le spinte violente, mi fanno
male, ma va bene così. Capisco che è venuto. Il suo cazzo riprende dimensioni
più tollerabili. Si gira, voltandomi
insieme a lui, per cui ora è sotto di me, il suo cazzo ancora nel mio culo, e
la sua mano avvolge il mio uccello. Il contatto è sufficiente perché il
desiderio esploda. Vengo, scosso da un piacere violento. - Grazie, Ezio. - Grazie a te, Giovanni. A
te, complemento di termine. Giovanni, complemento di vocazione. Da domani ti
do ripetizioni ogni sera. Se ti va bene. Mi sento felice. - Va benissimo, ti pago in
natura. Ma avrò bisogno di molto tempo per imparare… 2016 |