Gita
scolastica Stefano è sdraiato sul
letto e attira Jennifer, la fa stendere accanto a sé, la cinge con le braccia
e la bacia sul collo, per poi passare a un bacio alla francese. Intanto Salvatore,
detto Totò, seduto a terra davanti a Cristiana, solleva le braccia e stringe
i fianchi della ragazza, premendo il viso contro il suo ventre. Felice ha l’impressione di
essere di troppo. Due è una coppia e tre è una
folla, si sa. Ne consegue che quattro, multiplo di due, è
una doppia coppia e cinque è di nuovo una folla. Che Felice sia di troppo,
devono pensarlo anche gli altri, perché Stefano osserva: - Felice, perché non vai a
studiare storia, che è la tua passione? In
effetti Felice ama
molto la storia, ma non avrebbe nessuna intenzione di mettersi a studiare
storia durante la gita scolastica in quel di Cervia. Potrebbe rispondere che
non ne ha bisogno, visto che ha già nove e ormai non lo interrogheranno più,
siamo alla fine dell’anno scolastico, ma è abbastanza sveglio da cogliere il
sottile messaggio subliminare lanciato da Stefano. - Va bene, ho capito, ho capito… Felice esce dalla camera
mugugnando. Dove può andare? Di sicuro nella camera 215, da cui proviene
musica a tutto volume, c’è un bel po’ di gente, ma
Felice non ha molta voglia di infilarsi in quella specie di scatola di
sardine con sonoro a 220 decibel. Potrebbe andare a dormire, ma non è neanche
mezzanotte e andare a letto alle undici e quaranta durante la gita di quinta
liceo è proprio da sfigati. In ogni caso di dormire non si parla proprio
finché gli insegnanti (che sono andati a farsi una passeggiata) non
torneranno e imporranno di abbassare il volume della musica. Ma non potevano
andare in discoteca, questi, invece di mettere la musica in camera? La
domanda è retorica, qui la musica e l’ammucchiata sono il preludio a quello
che poi avverrà in diverse camere, che già sta avvenendo in alcune: coppie,
quartetti, magari altre combinazioni… Chissà dov’è Marcello?
Forse da Luigi. Felice pensa che potrebbe andare a fargli visita, con loro si
trova bene. In quel momento la porta della camera 218, dove sta Luigi, si
apre e Marcello viene spinto via da una Caterina urlazzante:
- Va’
a vomitare da un’altra parte, stronzo! Hai sporcato dappertutto. Marcello fa un sorriso
idiota, si appoggia alla parete, rutta e si accascia a terra, ostruendo mezzo
corridoio. Felice, per nulla felice, per non dire alquanto sconsolato, scavalca il
semicadavere e si dirige verso la camera 206, quasi all’altra estremità: la
sua (e di Stefano e Leo). Ovviamente non c’è nessuno. Forse è meglio così.
Felice esce sul balcone. Fa caldo: è solo la fine di aprile, ma fa un caldo
assurdo. Non c’è nessun panorama da vedere: solo altri alberghi. La camera di
Felice non affaccia sul mare, che è oltre l’angolo. E mentre lo pensa, Felice
osserva che il balcone è unico, anche se ci sono ringhiere che separano le
parti di competenza delle diverse camere. Basta scavalcare le ringhiere, che
sono basse. Ci sarà qualcuno? Altri ospiti, no, l’albergo è tutto per le sei
classi del liceo Ugo Foscolo. E chi altri ci vorrebbe stare, con il casino
che fanno i ragazzi? Felice scavalca una
ringhiera. La camera adiacente è buia e vuota. Ancora una ringhiera ed è
arrivato all’angolo. Qui la serranda è abbassata e si sentono gemiti e
sospiri. Incontro scopereccio. Un’altra ringhiera e
Felice è oltre l’angolo. Si vede il mare, una bella
fetta di mare. Ultima ringhiera. Felice si appoggia e guarda la luna che si
riflette nell’acqua. - E tu che cazzo ci fai
qui? Poco ci manca che Felice
non abbia un infarto a sentire la voce profonda alle sue spalle. Quel poco che manca
diviene davvero pochissimo (fortuna che Felice ha
diciannove anni e un cuore perfetto) quando, voltandosi, Felice vede sulla
porta che si apre sul balcone, a tre spanne da lui, l’autista di uno dei loro
autobus, nudo come mamma l’ha fatto. È notte, ma tra le insegne luminose e
l’illuminazione stradale, c’è un sacco di luce. Solo nel cervello di Felice
si è creato un buio assoluto. L’autista lo guarda.
Felice guarda l’autista. La sua mente registra che l’autista ha un fisico
robusto, una bella pancetta, un sacco di pelo, un bel cazzo (non del tutto a
riposo): insomma, un orso di prima classe, come quelli che Felice passa le
ore a guardare su Internet, tra Orsiitaliani, Furrific, HairyHunter, HairySurfer e così via, quando i suoi non girano nei
dintorni. Uno di quelli che gli tengono compagnia
quando fa sesso con qualcuno che conosce fin dalla nascita (altra attività
sessuale Felice non ha avuto modo di svolgere fino a ora, con suo grande
rincrescimento). La mente registra quel che vede, ma si rifiuta di fare
altro, per cui Felice rimane muto come un pesce. - E che hai? Hai perso la
parola? Fosse solo la parola! È il
bene dell’intelletto che è andato a farsi un giro. Felice scuote la testa.
L’autista ride e dice: - O sei muto dalla
nascita? Felice scuote di nuovo la
testa. Da qualche parte del cervello, dove un neurone dà segno di attività,
gli arriva la sensazione di non stare facendo proprio una bella figura. Con
uno sforzo dice: - No, mi scusi… non sapevo che fosse la sua camera. Credevo che
non ci fosse nessuno. - Peccato, pensavo che
fossi venuto a trovarmi. Felice ha l’impressione
che l’uomo stia ghignando. Non sa che dire e l’autista riprende. - Mi stavo annoiando e
avevo giusto voglia di compagnia… Se Felice avesse
immaginato una scena del genere nella sua camera,
mentre la sua mano destra era in piena attività, avrebbe senz’altro formulato
una risposta del tipo: “Perché no?” Alla sua risposta (magari
non brillante, ma la mente sarebbe stata concentrata nell’immaginare l’orso),
sarebbe seguito un: “Possiamo chiacchierare dentro, si sta meglio, no?”.
Insomma, Felice in altre condizioni è in grado di pensare a un copione
adeguato. Purtroppo, anche se in
questo momento non deve immaginare l’orso, che è qui davanti in costume
adamitico, la mente di Felice non riesce a trovare una battuta, non diciamo
da Oscar, ma almeno passabile per un film di quarta categoria. Il tizio però non è
stupido e deve essersi fatto qualche idea sui motivi dell’imbarazzo di
Felice. Per cui dice: - Io mi chiamo Livio. E
tu? Questa è una domanda
facile e Felice riesce a rispondere: - Felice. - Felice di conoscerti, Felice. La risposta è chiaramente
ironica, ma senza cattiveria. L’uomo riprende: - Adesso che abbiamo fatto
conoscenza, che ne dici di venire in camera mia? Anche qui, in un copione
che si rispetti, Felice si direbbe ben contento di venire, in camera o sul balcone
(anche se sicuramente la camera è preferibile, per evitare sguardi
indiscreti). Ma simili repliche, di livello
letterario forse non altissimo, ma comunque adeguate alla situazione, non
sfiorano neppure il suo cervello. Felice si limita ad
annuire. L’uomo sorride e si volta per rientrare. La mente di Felice registra
una schiena ampia, con una peluria rada, che diventa decisamente più
abbondante sul culo. Felice non riesce a
muoversi. Livio si volta, ormai in
camera, e dice: - Ce la puoi fare. Se
scavalchi le ringhiere per passare da un balcone all’altro, riesci anche a
muoverti in piano. Il ragionamento fila e
Felice annuisce, ma non si muove. Vorrebbe muoversi ed entrare nella camera e
nello stesso tempo vorrebbe essere a mille miglia da questo balcone. C’è un
attimo in cui un Felice timoroso, che non ha mai scopato e perciò ha paura di
quello che potrebbe accadere, si scontra con un Felice in astinenza, che non
ha mai scopato e perciò non vede l’ora di farlo. O forse è un Felice bravo
ragazzo contro un Felice maialino. Ma è solo un attimo: con
uno sforzo di volontà Felice-maialino supera
l’oceano che lo divide da Livio e raggiunge la porta della camera. Due
braccia lo afferrano e per la prima volta Felice si trova stretto contro un
corpo nudo e possente, mentre due labbra cercano le sue. Felice non è mai stato
baciato da un uomo; gli è successo due volte con una
ragazza, ma è stato eccitante come guardare la pubblicità di pannolini per
bambini. Questo bacio invece è una puntata di Fast and Furious. Una puntata? L’intera
serie condensata in due minuti di lavorio di labbra e lingue, mentre mani
impudenti lo palpano, lo stringono, lo toccano. Felice potrebbe
dimenticarsi di respirare, tanto forti sono le sensazioni che lo assalgono.
In ogni caso ci pensa la lingua di Livio, che gli si infila in bocca come se
volesse raggiungere le tonsille, a mozzargli il fiato. Felice ha
l’impressione che il terreno gli manchi sotto i piedi. Livio stringe Felice tra
le braccia, poi le sue mani incominciano a spogliarlo. Con il caldo che fa,
non c’è molto da togliere e Felice collabora con entusiasmo, anche se adesso
è un po’ agitato all’idea di quello che sta per succedere. Felice si trova in breve
nudo e pronto per ciò che seguirà (nonostante le perplessità del suo cervello,
il suo corpo non ha il minimo dubbio sulle proprie intenzioni, come si può
vedere dalla tensione del cazzo). Quando Livio si stacca, Felice lo guarda.
La stanza è immersa nell’oscurità, ma il chiarore che viene da fuori è
sufficiente per vedere il corpo possente di Livio. Prova un desiderio
violento di toccare quel cazzo che è davvero a portata di mano. Esita un
momento, poi la tentazione è troppo forte: Felice allunga la mano e afferra
il cazzo dell’autista, che sta irrigidendosi. Lo accarezza un momento, quasi
timoroso, mentre lo guarda affascinato crescere e diventare sempre più teso. Livio abbassa la serranda,
poi accende la lampada sul comodino e dice: - Stenditi sul letto,
Felice. Felice non sa bene se
mettersi sulla schiena o sulla pancia. La paura è più forte, ora. Livio lo
prenderà? Nessun uomo lo ha mai preso. Felice lo desidera, ma l’idea lo
spaventa. Felice si stende sulla
schiena: si sente più sicuro così. Livio si stende su di lui e lo bacia di
nuovo, ancora una volta spinge la lingua bene a fondo nella bocca di Felice,
mentre le sue mani accarezzano il corpo di Felice, gli pizzicano il culo, gli
scompigliano i capelli. Dopo un buon momento di
baci, carezze, pizzicotti, Livio si solleva e divarica le gambe di Felice. Felice chiede, con una
voce che vorrebbe ferma, ma che trema un po’: - Che cosa vuoi fare? Livio sorride. - Non l’immagini? Poi aggiunge: - È la prima volta, vero? Felice non risponde alla
domanda di Livio. Si vergogna un po’ della sua verginità. Ma la prossima
volta che gli porranno la domanda, potrà rispondere,
senza mentire: “Ma figurati!”. Intanto Livio ha allungato
il braccio, aperto il cassetto del comodino e tirato fuori una bustina. È una conferma di quanto
Felice sospettava. Ora la paura è più forte. Livio appoggia la destra sul
ventre di Felice, poi la mano scende a stuzzicargli il cazzo e ad
accarezzargli i coglioni. - Mettimelo tu, Felice. Livio porge la bustina a
Felice. Felice la prende, ancora esitante, e la apre. È la prima volta che ha
in mano un preservativo. - Su, datti da fare! Felice guarda il cazzo di
Livio, magnifico, ma anche minaccioso. Respira a fondo e incomincia a
srotolare il preservativo. Livio scuote la testa. - No, mettimelo sulla
cappella, così. Livio gli fa vedere con un
gesto e Felice esegue. - Ora srotolalo piano. Felice ubbidisce. L’indice
e il pollice della destra sistemano il preservativo, mentre le altre dita
scivolano lungo il cazzo di Livio, che ora a Felice appare come un tizzone.
L’idea che quel tizzone gli entrerà in culo incute paura, nonostante il
desiderio. Livio solleva le gambe di
Felice e se le mette sulle spalle. Si sputa sulle dita e inumidisce bene
l’apertura. Poi le sue mani scivolano sul petto e sul ventre di Felice,
tormentano un capezzolo, la sua testa si abbassa e Felice sente la mazza
ferrata premere contro l’apertura e scivolare dentro. La manovra avviene
lentamente, ma il dolore è forte. Livio capisce e si ritrae. - È troppo… Una mano di Livio si posa
sulla bocca di Felice. - No, non lo è. Devi solo abituarti. Le mani di Livio
percorrono di nuovo il corpo di Felice e il contatto scioglie le tensioni.
Poi Felice avverte la pressione e il lento movimento della mazza che avanza.
Livio si ferma quasi subito. Felice sente il dolore svanire. La mazza avanza
ancora un po’. Nuovamente Felice si tende e poi si rilassa, man mano che
l’anello di carne si abitua a questa dilatazione inusuale. Ancora una spinta e adesso
il cazzo di Livio è dentro il culo di Felice. Livio
non lo muove, si limita a lavorare con le mani, dal viso di Felice, che sta
sudando, al torace e al ventre, fino al cazzo e ai coglioni, carezze che
calmano la paura e accendono il desiderio, fanno dimenticare il dolore ed
esaltano il piacere. Felice sente la presenza
estranea, forte, nel suo culo. Ma il dolore sta regredendo e questa
sensazione di essere riempito da una massa calda e rigida gli trasmette solo
piacere. Livio lo accarezza a lungo
e Felice sente che la tensione cresce dentro di lui. Presto verrà, ma le
carezze rallentano e Livio prende a muoversi lentamente. Avanza, spingendo il
cazzo fino in fondo nel culo di Felice, poi arretra, gli concede un attimo di
tregua e riprende. Il dolore si riaccende, ma le mani di Livio ripercorrono
il corpo di Felice e il desiderio ritorna a essere più forte del dolore.
Livio si muove piano, senza smettere e Felice si sente trasportare lontano.
Non sa più dove si trova, la stanza sprofonda in un gorgo di piacere, il
tempo si dissolve, Felice non saprebbe dire se sono passati minuti oppure ore
da quando è entrato nella stanza di Livio. Il cazzo che gli scava in culo gli
trasmette piacere e dolore, le mani che lo accarezzano moltiplicano il
piacere e infine Felice sente tutto il corpo squassato da un’ondata di
piacere sconfinato che lo travolge. Chiude gli occhi. Per un momento le
spinte di Livio, più forti, gli trasmettono una sensazione di dolore che
riesce a penetrare nel benessere che lo avvolge, poi le spinte finiscono, il
dolore si attenua mentre il cazzo di Livio assume dimensioni più tollerabili
e Felice si abbandona alla felicità di questo momento. Livio esce da lui e si
stende al suo fianco. Le sue mani lo accarezzano. Felice sorride, beato.
Guarda le mani forti e pelose di Livio, guarda il suo cazzo, ancora avvolto
dal preservativo. Livio sorride e chiede: - Tutto bene? - Benissimo. Dopo un momento in cui
rimangono distesi, uno a fianco dell’altro, Livio si alza, va a buttare il
preservativo nel cestino del bagno e si accende un sigaro. Probabilmente è un
congedo. In realtà Felice vorrebbe
fare il bis, ma ha paura di mostrarsi sfacciato. Si limita perciò a chiedere: - Posso tornare domani
sera? - Perché no? Magari alle
dieci? Così mi tieni compagnia mentre i tuoi amici fanno casino. - Non so…
non vorrei che gli insegnanti o i compagni mi vedessero passare dal balcone. - Guarda che puoi anche
passare dalla porta. È la 202. Felice non ci aveva
pensato. - Giusto! Felice si alza, a
malincuore, e incomincia a rivestirsi. Gli piacerebbe trascorrere la notte
con Livio, ma non osa chiedere. E poi, se i suoi compagni lo vedessero
arrivare domani mattina, chissà che cosa penserebbero…
(penserebbero che ha fatto quello che molti di loro
stanno facendo adesso; al massimo si chiederebbero con chi…). Livio spegne la luce della
camera e tira su la serranda. Esce sul balcone. - Passi dai balconi o
dalla porta? - Dai balconi. - Di qui via libera. Livio lo prende ancora tra
le braccia e lo bacia. Poi si stacca: - A domani, allora, alle
dieci. Felice sorride. Ora è
felice, oltre a essere Felice. * Matteo Martinengo
si chiede perché ha accettato di accompagnare le classi in gita scolastica. Dev’essere stato un momento di confusione mentale. Anche
se ha insegnato otto anni nelle medie inferiori (no: secondaria di primo
grado, secondo una delle tante riforme fatte di tagli e cambiamenti di
etichette), tre anni al liceo avrebbero dovuto insegnargli che le gite
scolastiche sono una follia e che un’orda di liceali assatanati con gli
ormoni a palla potrebbe al massimo essere portata a fare una gita in
battello, aprendo una falla nello scafo una volta giunti in alto mare (dopo
aver gettato in acqua i giubbotti di salvataggio e sabotato tutte le
scialuppe). E dire che ha accettato perché erano i ragazzi delle quinte, sono
più grandi, sono pure maggiorenni (minori responsabilità). Insomma, Matteo si
dà della testa di cazzo. Nonostante i giri di
sorveglianza suoi e dei colleghi, c’è ancora parecchio casino: e sono le due
di notte. Matteo esce sul balcone della sua camera. Non si accorgerebbe
neppure dell’uomo sul balcone accanto, se non fosse l’odore di sigaro. Si
volta e vede l’autista, appoggiato alla ringhiera. - Buonasera. Come si diceva, sono le
due di notte e forse il buonasera è un po’ fuori
luogo, ma buonanotte si dice quando ci si separa. Mentre lo pensa, Matteo
registra che l’autista è nudo. Pensa che non dovrebbe, perché ci sono i
ragazzi, ma le camere dei ragazzi sono tutte
sull’altro lato. Matteo evita di guardare dove vorrebbe, anche se la
tentazione è forte. - Buonasera. Secondo te i
rompicoglioni andranno a dormire a un certo punto o contano di dormire
domani, mentre tu spieghi? La battuta non entusiasma
Matteo, perché è troppo vicina alla realtà. Anche il “tu” gli dà un po’
fastidio, ma l’autista ha più o meno la sua età e Matteo può capire il punto
di vista del poveretto, che domani deve pure
guidare. - Temo che sia la seconda
ipotesi. Mi spiace per lei. Matteo ha esitato un
attimo, poi ha deciso di usare il lei. Ma l’autista non demorde. - Domani sera di’ al cuoco
di mettere un po’ di sonnifero nelle bevande. - Potrebbe essere un’idea. L’autista si gratta le
palle. Lo sguardo di Matteo segue la grossa mano pelosa che sfrega e poi
ritorna sulla ringhiera. Lo sguardo invece indugia un momento nella
contemplazione del bel cazzo. Matteo è un po’ in imbarazzo e alquanto solleticato.
In un’altra situazione, proverebbe a lanciare un segnale, senza esitare:
questo bell’orso gli piace, lo ha notato subito quando sono saliti
sull’autobus, lo ha guardato un momento di troppo e ha avuto anche
l’impressione che l’autista se ne accorgesse. Non si aspettava di trovarselo
come vicino di camera e l’occasione è ghiotta. Ma è qui come insegnante e
deve muoversi con un po’ di cautela: se tra i ragazzi si spargesse la voce
che ci ha provato con l’autista, sarebbe alquanto spiacevole. Però questo bel
maschio a quattro passi è una tentazione troppo forte. Deve solo fare
attenzione, evitare di scoprirsi prima di essere ben sicuro delle intenzioni
dell’autista. Matteo chiede: - Come ti chiami? - Livio. E tu, prof.? L’autista si gratta di
nuovo. Matteo si infila una mano nei pantaloni, come se volesse dare una
sistemata all’uccello, ma senza indugiare, cercando di farlo apparire un
gesto casuale e non un invito. - Matteo. - Senti,
Matteo, i rompicoglioni non smettono tanto presto. Che ne diresti di
scavalcare la ringhiera e venire a trovarmi? Possiamo passare il tempo in
modo piacevole. Wow! La proposta è diretta
ed è quanto di meglio Matteo si poteva aspettare.
Non lo costringe a nessuna manovra rischiosa. - Mi sembra una bellissima
idea. Matteo scavalca la
ringhiera e Livio entra in camera. Matteo lo segue. Livio abbassa la serranda,
senza chiudere la porta che dà sul balcone. - Meglio evitare eventuali
curiosi. Matteo lo guarda. Il
desiderio sta avvampando. Livio accende la luce sul comodino. Matteo osserva
l’orso in tutto il suo splendore. Ora il suo sguardo può muoversi liberamente
lungo il corpo, perdersi nella peluria fitta, indugiare sul cazzo alquanto
promettente, sui coglioni pelosi. - Intendi rimanere
vestito? Fa caldo… Il tono era un po’
ironico. Matteo ghigna e osserva: - Hai ragione, fa proprio
caldo. Matteo si toglie la
camicia, poi si sfila le scarpe e rapidamente
completa l’opera. Livio sorride mentre lo osserva, poi si avvicina e lo bacia
sulla bocca, mentre le sue braccia lo stringono e i loro corpi aderiscono. La
stretta di queste braccia forti è bellissima e la lingua che si infila nella
bocca di Matteo gli toglie il fiato. Le mani di Matteo accarezzano la schiena
di Livio, scivolano al culo, stringono le natiche. Cazzo! Che bello! La voce di Livio lo
riscuote: - Prima che ci divertiamo
un po’, devo pisciare. Vado al cesso o… La proposta è molto
diretta. Matteo rimane un attimo spiazzato, ma ormai ha capito che tipo è
Livio. Non avrebbe senso tirarsi indietro: bere il piscio alla fonte gli è
sempre piaciuto e non gli capita così spesso l’occasione di farlo. Matteo si
inginocchia e prende in bocca il cazzo di Livio. Ne sente l’umidità. Il getto
scende. Matteo beve, con grande gusto, mentre Livio gli solletica la nuca con
la mano forte. Gli piace stare così in ginocchio davanti a Livio, il suo
cazzo in bocca, il piscio che gli scende in gola. Ne assapora ogni goccia. Quando ha bevuto tutto,
Matteo incomincia a lavorare la cappella con le labbra e la lingua. Il cazzo di
Livio, già non del tutto a riposo, alza in fretta la testa. È una meraviglia
sentirlo acquistare consistenza e volume. Diventa sempre più grande e duro.
Cazzo! È davvero un gran bel cazzo. Matteo lo lascia andare un
attimo e lo fissa, ammaliato: è così bello, grosso, duro, svettante. La sua
lingua passa sulla cappella e poi scende lungo l’asta tesa fino ai coglioni.
La sua bocca ne avvolge uno, poi lo lascia e le labbra si posano sull’asta,
risalendo per tornare alla cappella, che avvolgono con grande piacere. - Mi sa che sei un bel
maiale, prof. Matteo non può negare (oltre tutto ha la bocca piena e per rispondere dovrebbe
lasciare andare il boccone – l’idea non lo sfiora neppure). Pensa che anche
Livio dev’essere un gran porco e, dato che la carne di porco gli
piace, ne è ben contento. Matteo riprende il suo
lavoro con la bocca, mentre le mani scorrono lungo le cosce di Livio, poi
stringono il culo. Che bello! Cazzo! Che bello! Matteo lavora a lungo e
intanto anche il suo cazzo sta drizzandosi. La voce di Livio lo
scuote: - Se continui così, tra
poco vengo. Ti va bene in bocca o preferisci in culo? Matteo ha voglia di
sentire questo cazzo superlativo in culo. Gli farà male, ma ne vale la pena.
Molla la presa e dice: - Mi stendo sul letto. Hai
un preservativo? - Certo. Sono sempre
attrezzato. Meno male: Matteo non lo è. Sapendo che cos’è una gita scolastica ed escludendo
categoricamente l’idea di scopare con gli allievi, ha pensato che non ci
sarebbe stato né tempo, né occasione di usare preservativi. Evidentemente si
è sbagliato e ora rinunciare a questo magnifico cazzo gli sarebbe davvero
dispiaciuto. Meno male che Livio è stato più previdente. - Ottimo. Ma vacci piano,
mi raccomando… Livio sorride, ironico. - Non mi dirai che anche
per te è la prima volta. - Anche per me? Cosa vuoi dire, tu… Livio scoppia a ridere. - No, no, per me certo non
è la prima volta, quella è stata tanto tempo fa che quasi non me la ricordo.
Pensavo a un’altra faccenda, ma lascia perdere. Matteo non capisce, ma non
ha importanza. Riprende il discorso: - Non è la prima volta,
no, ma mi sembra che tu abbia un arnese alquanto robusto. Livio sorride, sornione: - Meglio,
no? - Dipende…
dipende dall’uso che uno ne fa… Matteo fa per stendersi
sul letto, ma Livio dice: - Hai voglia di metterti a
quattro zampe? - Perché no? Matteo si mette a terra, a
quattro zampe. Livio si stende su di lui. È bello sentire il peso del suo
corpo, le sue mani che scorrono sulla pelle, accarezzano, stringono i
capezzoli, con forza – un po’ troppa, ahi! – gli arruffano i capelli. Poi
Livio si infila il preservativo e Matteo sente la pressione contro
l’apertura. È piacevole, molto piacevole. Intanto
una mano di Livio è passata davanti a stuzzicare il cazzo di Matteo, poi
scende ad accarezzare con delicatezza i coglioni e infine risale per lavorare
di nuovo l’asta. Le sensazioni che gli trasmette la
mano sono fortissime e per un momento lo distraggono dal cazzo che sta
forzando l’apertura. Il piacere che sale dal culo è mescolato a un po’ di dolore,
ma non è meno forte di quello che gli trasmette la destra di Livio. La
sinistra sta stuzzicando un capezzolo, stringendolo, accarezzandolo. Matteo
geme. Cazzo! Livio lo cinge con il
braccio sinistro, mentre la mano destra continua a lavorare, e prende a
muoversi, con lentezza, avanti e indietro, spingendo il cazzo fino in fondo e
poi ritirandolo fin quasi a uscire. È un movimento tranquillo, che provoca
ondate di piacere sempre più forti. Anche la lingua di Livio non rimane
inoperosa e scivola lungo la nuca di Matteo, e dietro una delle sue orecchie,
poi i suoi denti mordicchiano un lobo, infine le labbra si posano in baci
delicati che si trasformano in piccoli morsi. Matteo pensa che Livio è davvero un grande (oltre ad avere un grande cazzo). La
mano che stuzzica il cazzo di Matteo lo sta portando al piacere,
ma Livio se ne accorge e la toglie. Per un momento ferma anche il
movimento a stantuffo con cui sta accompagnando Matteo in paradiso. Poi
riprende a darsi da fare con la destra e con il cazzo e ben presto Matteo si
sente travolgere da un piacere sconfinato, che dal culo e dal cazzo cresce e
si dilata e infine esplode, violentissimo. Alcune spinte più forti quasi lo
mandano a terra, mentre Livio viene dentro di lui. Rimangono avvinghiati un
buon momento, poi Livio si alza. A Matteo dispiace sentire il cazzo
dell’autista uscire dal suo culo. Si alza anche lui, mentre Livio getta il
preservativo nel cestino in bagno. Matteo è soddisfatto. È
stata una scopata superlativa (superlativo assoluto: fantastica di per sé; superlativo relativo: migliore delle altre, forse non
proprio di tutte le altre della sua vita, ma di sicuro sul podio). Ha il culo
un po’ dolorante, ma ne valeva la pena. Matteo non vorrebbe
sembrare incontentabile, ma non può lasciarsi sfuggire l’occasione
di ripetere la sperimentazione (gli esperimenti vanno sempre ripetuti, per
verificarne i risultati, come dice la collega di scienze), se solo è
possibile, per cui chiede: - Livio, che ne diresti di
fare un bis domani sera? - Molto volentieri. A
mezzanotte? - Per me va bene. Tanto
quelli non dormono prima di mezzanotte. - I rompicoglioni non
dormono neanche dopo. Esco io sul balcone a darti via libera. - D’accordo. Matteo rientra in camera
in stato di grazia (da non intendere in senso religioso: da quel punto di
vista comunque Matteo ha commesso diversi peccati mortali di cui non si è per
niente pentito, per cui le speranze di salvezza appaiono nulle). Dei ragazzi
che ancora fanno un po’ di casino non gli potrebbe importare di meno. * Sono quasi le quattro. C’è
ancora casino in qualche camera e ogni tanto qualcuno gira per i corridoi, ma
la situazione è molto più tranquilla. A Khaled non
spiace avere il turno di notte quando ci sono le comitive di ragazzi: tanto,
per lui che ha una camera al piano terreno in albergo, dormire sarebbe ben
difficile, a meno di non mettersi i tappi nelle orecchie (e non è detto che
bastino). Con il turno di notte sta sveglio quando i ragazzi fanno casino;
quando loro partono per le visite, Khaled può
sdraiarsi in camera sua e riposare senza problemi. Seduto al bancone della
reception, Khaled pensa a Livio, l’autista che ha
notato ieri sera. Il signor Maldini, il proprietario dell’albergo, ha offerto
un caffè a Livio e i due hanno chiacchierato tranquilli per una mezz’oretta. Khaled conosce bene i gusti del padrone, anche se fa
finta di non saperne nulla. Quando si è alzato Maldini era tutto soddisfatto.
Questo significa che ha ottenuto ciò che voleva e che verrà per scopare con
l’autista. Probabilmente alle sei: non è la prima volta che succede e Maldini
di solito viene a quell’ora, così poi incomincia la sua giornata in albergo. Anche a Khaled l’autista piace e quando ieri sera è rientrato
dalla passeggiata ed è passato a ritirare la chiave della camera, Khaled gli ha sorriso. Ha indugiato un momento prima di
dargli la chiave, poi gli ha detto: - Le auguro una buona
notte. - Con quei rompicoglioni?
Mi sa che non dormiremo né io, né te. - Per me non è un problema.
Ho il turno di notte, per cui devo comunque rimanere sveglio. Livio ha sorriso, senza
dire nulla. Giocherellava con la chiave che teneva in mano. Poi ha detto: - Se passi dalle parti
della mia camera, puoi venire a trovarmi. Magari ci facciamo
una partita a carte. Anche Khaled
ha sorriso. - Mi sembra una bella
idea. Ma se il padrone mi becca che gioco a scopa con i clienti invece di
stare al bancone… L’autista non ha fatto una
piega quando lui ha parlato di giocare a scopa e non genericamente a carte. - Vieni tardi, quando non
ci saranno più tanti rompicoglioni in giro. Nessuno lo saprà mai. E possiamo
giocare a scopa tranquilli. Hanno sorriso di nuovo
tutti e due. Khaled ha detto: - Magari faccio un giro
verso le quattro. - Ottimo. Io mi chiamo Livio.
E tu? - Khaled. - Di dove sei? - Palestina. - A questa notte. Bussa e
ti apro. - Posso anche entrare con
il passepartout, così nessuno se ne accorge. Se ti va bene…
In ogni caso, se tu chiudi da dentro, io non posso entrare, per cui se cambi idea… Livio lo ha interrotto: - Va benissimo. Non credo
proprio che mi chiuderò dentro. Adesso sono le quattro. Khaled sale per le scale. Percorre il corridoio. Non c’è
nessuno, ma da alcune camere provengono ancora le voci dei ragazzi. Ecco la
camera 202. Khaled infila la chiave, che apre.
Livio non si è chiuso dentro. La stanza è buia, la
serranda è abbassata quasi completamente e solo un po’ di luce filtra da
fuori. Man mano che i suoi occhi si abituano
all’oscurità, Khaled distingue il corpo di Livio
steso sul letto. Livio sta dormendo. A Khaled
spiace svegliarlo: domani (oggi, in realtà) l’autista deve guidare, chissà
quando è riuscito ad addormentarsi, con il casino che hanno fatto i ragazzi. Khaled si avvicina. Ora incomincia a vedere un
po’ meglio. Livio è nudo, il corpo robusto si offre completamente al suo
sguardo. Khaled vorrebbe accarezzare la peluria
fitta che ricopre il petto, il ventre, le gambe. Guarda il cazzo, davvero
maestoso. Il desiderio è forte, ma Khaled esita ancora. In quel momento Livio apre gli
occhi. - Khaled.
Sei venuto per la partita a scopa? Khaled annuisce. - Spogliati, che fa caldo… Khaled si toglie la camicia, le scarpe, i
pantaloni e le mutande. Livio accende la luce del comodino. Si guardano, entrambi soddisfatti di quello che vedono. Livio
è rimasto steso, immobile, ma Khaled
giurerebbe che c’è un certo movimento a livello del cazzo. Khaled si siede sul letto di fianco a Livio. Fa
scorrere la destra sul viso, poi sul collo, sul torace, sul ventre, fino a stringere
con forza il cazzo che ormai sta alzando la testa. Livio lo attira a sé e si
baciano. La lingua di Livio si fa strada nella bocca
di Khaled. Khaled non ha
lasciato la sua preda, che sta crescendo. Una mano di Livio scorre lungo la
schiena di Khaled, scende fino al culo, scivola
lungo il solco. Un dito si infila nel culo, facendo sobbalzare Khaled. Khaled chiude gli
occhi. Lascia che Livio lo stringa, lo baci, stuzzichi il suo culo. Sono
sensazioni fortissime, che da tempo non prova: in città si muove con
prudenza, ha paura di scoprirsi, come straniero la sua posizione è delicata.
In estate, con tutti i clienti dell’albergo, le occasioni non mancano, ma
dall’autunno alla primavera ci sono solo le scolaresche e Khaled
non vuole certo correre rischi con dei ragazzi. E poi i ragazzi non gli
piacciono, lui vuole uomini forti come Livio, questo magnifico orso in calore
che gli ha infilato tutto il dito medio in culo e lo massaggia con forza. Livio ritira la lingua e
sussurra: - Stenditi un momento su
di me. Khaled obbedisce, senza abbandonare il cazzo di
Livio, ormai rigido. Livio stringe il culo di Khaled
con una mano, una stretta vigorosa. Il dito nel culo continua a muoversi,
sembra intenzionato a scavare. Ora un secondo dito entra dentro, a
raggiungere il primo, mentre l’altra mano sembra voler stritolare una natica.
Khaled chiude di nuovo gli occhi. Si baciano ancora, più e
più volte. È bello infilare la lingua bene in fondo alla gola di Livio e poi
accogliere la sua. È bello passare una mano sul viso, tra i peli fitti e
ispidi della barba. È bello stringere il cazzo di Livio, caldo, grosso e
duro. È bello sentire le due dita di Livio in culo, che si muovono decise. Dopo un altro bacio, Livio
toglie le dita e dice: - Ci mettiamo qualche cos’altro? A Khaled
spiace che le dita siano uscite, ma l’idea che ci entrerà il bel pezzo di
carne che ancora stringe lo consola. Khaled
annuisce. Livio prende dal cassetto
del comodino la bustina con il preservativo. - Siediti su di me. Khaled si solleva e Livio si infila il
preservativo. Khaled si mette a sedere sul ventre
di Livio, che mette le mani sotto il culo di Khaled
e lo solleva un po’. Poi impugna il cazzo come fosse un bastone (e in effetti ha la consistenza di un bel bastone) e guida Khaled a impalarsi sul proprio cazzo. In questa posizione
fa male, piuttosto, ma è talmente bello sentire questo cazzo grosso e caldo e
duro in culo. Khaled chiude gli occhi, galleggiando
in un mare di piacere, ignorando le onde di dolore che a tratti si diffondono
dal culo trafitto. Si abbassa lentamente, si ferma quando il dolore diviene
un cavallone che rischia di travolgerlo, lascia che il suo culo si abitui a
questo splendido intruso, poi riprende a sprofondare. Con lentezza, Khaled si abbassa, lasciando che il palo gli si conficchi
nella carne, e poi si solleva. Ripete l’operazione molte volte, assaporando
il piacere crescente. Intanto Livio si è impadronito del cazzo di Khaled e lo stringe con forza, facendo scorrere la mano
verso l’alto e poi verso il basso. Khaled sente che
il piacere diventa troppo forte per essere contenuto dentro di lui. Soffoca a
fatica un grido mentre il seme schizza in alto, ricadendo sul torace e sulla
barba di Livio. Ora Livio muove il culo, assestando alcune spinte decise, ed
emette un grugnito. Khaled sente il cazzo nel suo
culo perdere consistenza e volume. Ora è una presenza sempre piacevole, ma
meno ingombrante. Khaled guarda le gocce sparse sul corpo di
Livio, che si passa un dito sul torace e lo porta alla bocca. Khaled sorride. Vorrebbe un bis, ma
Livio deve lavorare domani (oggi). Sorride e dice: - Posso ripassare domani
notte? - Certo. Puoi venire alle
quattro, come oggi. * Igor Maldini apre con la
chiave ed entra nell’albergo, poi chiude la porta. Al bancone non c’è
nessuno. Khaled, che ha il turno di notte, si dev’essere steso nella cameretta vicina. Meglio così. Khaled è un suo dipendente e non si sognerebbe di
chiedergli come mai è arrivato un’ora prima del
solito. E poi non sospetta niente, non è tanto sveglio, ma se non lo vede è
ancora meglio. Igor sale al secondo
piano, in silenzio. Non si sente nessun rumore: probabilmente i ragazzi, dopo
aver fatto baldoria tutta la notte, si sono messi a dormire. La camera di
Livio è la 202. Igor sorride pensando all’autista. Lo ha notato subito. A
Igor gli orsi piacciono e Livio lo ha colpito. Per quello ieri sera, dopo
cena, gli ha offerto il caffè e poi si è messo a chiacchierare un po’ con
lui. Non è stato difficile intendersi. Considerando che la sera ci sarebbe stato sicuramente casino, con allievi e insegnanti in giro
per i corridoi, si sono dati appuntamento alle sei del mattino, in camera di
Livio. Non che abbiano bisogno di nascondersi: sono entrambi maggiorenni (di
un bel po’), ma è sempre meglio evitare di fornire materia ai pettegolezzi.
Oggi come oggi si può finire come niente su Facebook:
“Il nostro albergo era un cesso – per i ragazzi qualsiasi albergo in cui
vanno con la scuola è un cesso – e il proprietario scopava con l’autista.” E
poi lo legge qualcuno di Cervia. Il pensiero di Livio fa
drizzare il cazzo a Igor. A Igor gli orsi piacciono un casino. Gli piacciono
quelli forti, con una buona quantità di pelo, non più tanto giovani. Gli
piace inculare un bell’orso: metterlo in culo a un vero maschio è il massimo.
Con i ragazzotti non gli tira proprio, chi se ne fotte di questi ventenni che
non sanno di niente? Lui vuole un maschio che sia davvero maschio, come
Livio. La porta di Livio è
socchiusa, come erano d’accordo. Livio è sul letto. La serranda è abbassata,
ma la porta che dà sul balcone è aperta, per lasciare entrare un po’ di aria.
Livio accende la lampada vicino al letto. È nudo, steso sul lenzuolo, e gli
sorride. Igor chiude la porta alle sue spalle. Ha la gola secca e le parole
di saluto che stava per dire svaniscono dalla sua mente. Guarda il corpo
robusto di Livio, la peluria abbondante, il bel cazzo che già solleva la
testa. Cazzo! Igor incomincia a
spogliarsi. Non indossa molto, fa caldo, ma la vista di Livio lo rende
impaziente. Quando si cala le mutande, ha il cazzo perfettamente in tiro. Igor si avvicina al letto.
Tende un braccio e la sua mano percorre il corpo di Livio dal torace al
ventre, per fermarsi sul cazzo. Stringe un po’, poi la mano scende ai
coglioni e la stretta diventa più forte. A Igor piace un rapporto un po’
brutale e la stretta ai coglioni è un buon modo per saggiare la reazione
dell’altro. Livio spalanca la bocca e chiude gli occhi. Mormora un: - Cazzo! Livio non cerca di
allontanare la mano di Igor, che ora stringe un po’ di più. Igor sorride, soddisfatto.
Sarà una grande scopata. Igor si sfila la cintura e l’avvolge intorno alla
mano. Sorride. Fa un cenno con il capo a Livio, che si volta, stendendosi
sulla pancia. Igor osserva il culo di Livio, grosso, sodo e ricoperto da una
peluria densa che nel solco diventa una vera foresta. Come se l’era
immaginato. Splendido. A Igor sembra che il cazzo gli faccia male, tanto è
violento il desiderio, ma non intende accelerare i tempi, vuole godersi
questo momento. Igor vibra il primo colpo
al culo. Bada a non mettere una forza eccessiva: vuole lasciare il segno, ma
non vuole lacerare la pelle. Livio sussulta. Igor
vibra una seconda volta la cinghia, che si abbatte con più forza sull’altra
natica. Livio geme, un gemito leggero, che per Igor è una carezza al cazzo. Igor si spoglia in fretta,
poi riprende la cinghia e dà un altro colpo, più
forte. Livio ha un fremito. Igor passa la mano intorno a cui è arrotolata la
cinghia sul culo di Livio, le sue dita scorrono sul solco, il medio penetra
nel buco. Poi la mano si allontana. Ancora una frustata e un’altra. Igor
passa la cinghia intorno al collo di Livio e stringe un po’. È splendido
giocare con questo magnifico orso, che si assoggetta docile a ogni gioco. Igor lascia la cinghia
intorno al collo di Livio e si mette in ginocchio sul letto, di fianco al
corpo dell’autista. Le sue mani scivolano lungo la schiena, stringono con
forza il culo, dove ci sono i segni delle frustate, il medio della destra
forza il buco ed entra con prepotenza, senza nessun riguardo. Mentre il dito
si muove dentro il culo di Livio, Igor si china su di lui, gli morde un
orecchio e gli sussurra: - Troia! Livio sorride. Igor
stringe un po’ la cinghia, ma l’allenta poco dopo. Il dito continua il suo
lavoro, poi si ritrae. Igor molla un colpo deciso alla natica destra di
Livio, con la mano aperta. Altri colpi seguono, con il palmo e con il dorso,
a destra e a sinistra. Poi Igor si stende su
Livio. Il suo cazzo preme sul solco. Livio mormora: - Il preservativo. Sul
comodino. Igor annuisce. Se n’è portati dietro due anche lui. Prende quello di Livio e se
lo infila. Si stende nuovamente su
Livio, gli morde la spalla, poi si solleva e affonda i denti nel culo,
lasciando segni rossi. Infine si stende su di lui
e lo infilza con una spinta decisa. Livio sobbalza e la testa si solleva di
scatto. Chiude gli occhi e mormora: - Cazzo! Igor sorride. Estrae il
cazzo. Lascia a Livio il tempo di riprendersi e poi lo trapassa di nuovo con
il suo spiedo, senza pietà. Nuovamente Livio sussulta, ma questa volta Igor
non si ritrae subito: spinge invece a fondo, mentre le sue dita afferrano il
culo di Livio e lo stringono con forza e i suoi denti affondano nella spalla
di Livio. Livio emette una specie di
grugnito e Igor si ritrae di nuovo completamente, si solleva, assesta due
morsi decisi al culo di Livio e lo infilza. Incomincia a fottere Livio con
grande energia, stringendo ogni tanto la cinghia. Bada bene a non stringere
troppo: non ha nessuna intenzione di ammazzare questo magnifico orso che gli
sta regalando un piacere intensissimo. Livio lo lascia fare e non cerca di
allentare la cinghia, anche quando respira a fatica: il gioco piace anche a
lui. Igor ogni tanto stringe di più, fino a bloccare completamente il
respiro, ma dopo una manciata di secondi allenta la stretta, poi la sua mano
stringe i coglioni, decisa. Ripete le stesse
operazioni più volte, lasciando passare più tempo prima di sciogliere la
cinghia e strizzando più forte i coglioni. Livio a tratti solleva la testa,
cercando di respirare, ma Igor aspetta sempre un buon momento prima di
liberarlo. Quando Igor gli martoria i coglioni, Livio geme, forte. A tratti
bestemmia. Il piacere che Igor prova è sempre più intenso. Igor sa che presto
verrà e gli spiace, perché questa scopata è il paradiso. Il culo caldo di
Livio che accoglie il suo cazzo, i coglioni che le sue mani stringono, il
respiro affannoso di Livio quando la cinghia viene allentata, i gemiti e le
bestemmie di Livio, tutto moltiplica il suo piacere
che infine esplode. E mentre viene Igor stringe con forza la cinghia. Livio
solleva la testa di scatto, cercando di immettere aria nei polmoni. Igor
allenta la stretta e con un’ultima serie di spinte selvagge si affloscia su
Livio. La sua destra scende ancora ai coglioni e stringe, la sinistra tira la
cinghia e Igor sente il corpo di Livio percorso dall’onda dell’orgasmo.
Allora scioglie la cinghia e la toglie. Rimangono distesi così, la mano di
Igor che ancora stringe i coglioni di Livio. La scopata è stata
fantastica. - Tutto bene? La voce di Livio è roca: - Tutto bene. È stato
bellissimo. - Non ho stretto troppo? - No, no. Oggi avrò male ai coglioni, ma va bene così. Igor ride. Ora di andare. A
malincuore Igor si ritrae. Quando il suo cazzo esce dal culo di Livio, questi
geme. Igor sorride e infila due dita della destra nell’apertura che si è
appena liberata. Preme forte. Livio bestemmia di nuovo. Igor sorride: gli
piace sentire Livio bestemmiare. Igor toglie le dita e va a gettare il
preservativo nel cestino del bagno. Ce ne sono già altri tre, ma Igor non
accende la luce e non li nota. Mentre si riveste, Igor dice: - Lo rifacciamo
domani? - Certo, domani alla
stessa ora va bene. - Non ti scoccia
svegliarti presto? - No, oggi recupero in giornata, mentre i rompicoglioni sono in giro per
Ferrara. Igor stringe ancora Livio,
una mano scivola su una natica, l’indice affonda ancora nel buco del culo,
mentre la lingua di Igor si infila nella bocca di Livio. Poi, a malincuore,
il gestore dell’albergo lascia la camera dell’autista e scivola via per il
corridoio deserto. * La professoressa
Alessandra Giudice è davanti all’autobus. Le altre classi hanno finito prima
la visita di Ferrara e sono già partite con il secondo pullman. Al posto di guida non c’è
nessuno. Alessandra osserva: - Che strano, l’autobus è
qui, ma l’autista non c’è. Aveva detto che ci avrebbe aspettato in autobus. Matteo Martinengo
risponde: - Prova a telefonargli.
Tanto ti ha lasciato il numero, no? Alessandra prende lo smartphone e telefona. Risponde una voce assonnata. - Sì? - Buongiorno. Sono la
professoressa Giudice. Noi siamo all’autobus. - Vi apro subito. Dai sedili al fondo
dell’autobus si solleva l’autista, che, stropicciandosi gli occhi, si dirige
al posto di guida e apre le porte. Alessandra commenta: - Poveretto, stava
dormendo nell’autobus. I ragazzi gli hanno impedito di riposare questa notte
e lui cercava di recuperare! La professoressa Giordano
osserva: - Sì. Questa mattina
quando siamo scesi dall’autobus, è pure andato in farmacia. Gli sarà venuto
mal di testa dopo una notte in albergo con i
ragazzi. Matteo sorride mentre
dice: - Per lui, che deve pure
guidare, questa gita dev’essere sfiancante. In
effetti dai quattro
giorni di gita scolastica Livio torna a casa alquanto assonnato e forse
persino un po’ smagrito. 2015 |