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   Plenilunio 
 Cristiano guarda la casa.
  È un edificio di forma allungata, di due piani. È fuori dal paese, ai margini
  di un grande bosco, ma in dieci minuti a piedi Cristiano può arrivare al suo
  studio. Ora abita a una ventina di chilometri e deve usare l’auto per ogni
  spostamento. Se si stabilisse qui, la macchina gli servirebbe solo per il
  giro di visite ai pazienti che abitano nelle altre borgate. Sulla facciata ci sono due
  porte. Una non ha nome sul campanello, sull’altra è scritto Mancini. Cristiano
  suona. L’uomo che gli apre ha i
  capelli e la barba grigi, ma la faccia è piuttosto giovane: Cristiano non gli
  darebbe più di quarant’anni. Ha un bel sorriso cordiale e occhi grigio-azzurri
  che sembrano scintillare. - Buongiorno, ho
  telefonato prima, sono Cristiano Ferrari. L’uomo annuisce. - Venga avanti, dottore,
  l’aspettavo. Cristiano avanza
  nell’ingresso. C’è una scultura, in un angolo: un grosso ceppo intagliato, in
  cui figure animali e umane formano un groviglio. Di sicuro è opera dell’uomo
  che gli sta davanti, Antonio Mancini: gli hanno detto che è uno scultore. L’uomo ha visto che sta
  guardando l’opera, ma non dice nulla. È Cristiano a parlare: - È sua, vero? So che lei
  è uno scultore. Mancini sorride. - Sì, è mia. Lei invece è
  il medico. Sa che sono anch’io un suo paziente? Ma non sono mai venuto da
  lei. Per mia fortuna non mi ammalo mai. Cristiano annuisce. - Se fossero tutti come
  lei, passerei le giornate a leggere. O più probabilmente, in questi tempi di
  tagli, mi licenzierebbero. - Le faccio vedere subito
  l’appartamento, poi torniamo qui e prendiamo qualcosa da bere. L’uomo prende un mazzo di
  chiavi dal tavolo, escono e raggiungono l’altra porta d’ingresso.  Antonio apre e gli mostra
  l’appartamento. A piano terra ci sono una stanza, la cucina e il bagno: tutti
  ambienti spaziosi. La casa è evidentemente un edificio molto vecchio, che è
  stato ristrutturato mantenendo e valorizzando elementi della costruzione
  originaria, come il camino, gli architravi in legno sopra le finestre e la
  scala, aggiungendo però tutto il necessario per rendere l’abitazione comoda.
  L’insieme dei diversi elementi rende l’appartamento accogliente e gradevole.   Salgono al piano di sopra,
  dove vi è un’unica camera, molto grande. Cristiano osserva il soffitto, con
  le travi a vista. - È tutto molto bello, ma
  questo soffitto è davvero una meraviglia.  - Sono contento che le
  piaccia.  - Mi piace molto. Mi
  piacciono le vecchie case, che conservano la loro identità. Ci sono
  ristrutturazioni che snaturano completamente un edificio.  - Mi sono occupato personalmente
  di tutta la ristrutturazione, con la collaborazione di due amici per gli
  impianti. Volevo che la casa avesse tutte le comodità, ma che rimanesse una
  vecchia casa. - Ha fatto un grande
  lavoro. - Devo dirle che non c’è
  un garage, ma c’è una tettoia sotto cui può lasciare l’auto, come faccio io.
  Se non altro rimane al riparo dalla pioggia o dalla neve. - Non c’è da spalare per
  liberare l’auto, se nevica. Mancini ride. - No, ma c’è da sgomberare
  il passaggio fino alla strada. Io uso pochissimo l’auto, ma se nevica le do
  una mano a spalare. Sempre che decida di prendere l’appartamento. - Come le ho detto, mi
  piace parecchio. Al telefono mi ha parlato di 350 euro al mese. È così? - Sì, certo. - Credo che lo prenderò.
  Ci penso ancora un momento, ma è comodo come posizione e credo che ci starò
  bene. Scendono a piano terra.
  Cristiano fa un secondo giro, poi passano nell’altro appartamento. Entrando Mancini
  chiede: - Che cosa ha piacere di
  bere? Sciroppo di sambuco, una tisana, un caffè? - Sciroppo di sambuco? Non
  ho mai provato. Lo assaggerei volentieri. - Si accomodi, che lo
  preparo. Cristiano passa nel
  salotto che Mancini gli ha indicato. L’arredamento è costituito da vecchi
  mobili, tenuti con molta cura. Le tende alle finestre appartengono alla
  stessa epoca dei mobili. È un ambiente molto accogliente. Mancini arriva poco dopo,
  con una caraffa e due bicchieri. Cristiano osserva: - Questi sono i mobili di
  famiglia? - Sì. - Sono i mobili adatti a
  una casa come questa. Io purtroppo non potrò arredare l’appartamento allo
  stesso modo. - Se le interessa, le
  passo volentieri alcuni dei miei mobili di famiglia, che tengo in magazzino.
  Li ho restaurati, ma qui non avrei saputo dove metterli: nel laboratorio ho
  bisogno di molto spazio. - Il laboratorio è qui? - Sì, in questa parte
  della casa, ma dal lato opposto rispetto all’altro appartamento. Non dovrei
  disturbarla troppo, anche se qualche volta sentirà rumori. Non ho orari
  precisi, ma molto di rado mi capita di lavorare a tarda sera o di notte. Se in
  qualche occasione dovessi disturbarla, me lo dirà. Sempre che decida di prendere
  in affitto l’appartamento. - Lo prenderò senz’altro.
  Lei mi ha parlato del laboratorio: so che è un artista. - Un po’ falegname, un po’
  scultore, nella tradizione di famiglia. Anche mio padre lo era. Faceva
  soprattutto mobili, ma li decorava volentieri con scene in rilievo. - I mobili di questa
  stanza però non sono di suo padre. O mi sbaglio? Mi sembrano più antichi. - Sì, risalgono tutti
  all’Ottocento o all’inizio del Novecento. Di mio padre ho alcune sculture che
  faceva per sé e il mio letto, un bel letto matrimoniale che mi fece poco
  prima di morire. Un letto e due comodini. Nella speranza che mi decidessi a
  sposarmi. Cristiano sorride. - Ma mi sembra di capire
  che lei non si è sposato. - No. Pare che nessuno mi
  sopporti. - La conosco da venti
  minuti, ma lei non mi sembra insopportabile. C’è qualche cosa che dovrei
  sapere prima di prendere in affitto l’appartamento? La notte si trasforma in
  Mr. Hyde? Antonio Mancini ride. Ha
  una bellissima risata, allegra, cordiale. - Solo nelle notti di luna
  piena. Corro nei boschi e ululo alla luna con i lupi. - Mi barricherò in casa
  quando c’è la luna piena. Cristiano sorride, poi
  aggiunge: - Uno degli aspetti più
  belli del vivere qui, è vedere le stelle e la luna la notte. A Milano spesso
  non mi accorgevo neanche di quando c’era la luna piena. - Da Milano a qui c’è un
  bel salto. Posso chiederle come mai ha deciso di stabilirsi qui, tra i lupi?
  Se non è una domanda indiscreta. Cristiano abbassa lo
  sguardo, poi lo rialza e fissa Antonio. - Ho sentito il bisogno di
  dare un taglio alla mia vita precedente. Un taglio completo. Quando è finita
  la storia con l’uomo che avevo amato, ma che ormai non amavo più da tempo, mi
  sono posto molte domande sulla mia vita e mi sono reso conto che non volevo
  continuare così. Si può cambiare vita anche senza trasferirsi in un’altra
  regione, lo so, ma l’esigenza era proprio quella di ripartire. C’è stata
  l’occasione di questo posto e ho deciso di coglierla. Non sarebbe stato necessario
  dire che amava un uomo, ma Cristiano preferisce non nasconderlo: se Antonio
  non vuole avere un vicino di casa gay, deciderà di non affittargli
  l’appartamento.  Antonio ascolta con
  attenzione, senza mostrare stupore. Poi chiede: - Non le manca la vita
  culturale della città? Credo che lei sia una persona colta e qui le occasioni
  di andare a teatro, al cinema, a un concerto non sono molte e soprattutto
  richiedono uno spostamento. - Mi manca il teatro, è
  vero. Il cinema no, posso sempre guardare i film in televisione o su Internet.
  Anche i concerti. Non è la stessa cosa, lo so, ma non è un grosso problema. - Pensi che io non
  posseggo nemmeno un televisore. Ma ristrutturando l’appartamento a fianco ho
  fatto mettere le prese.    Chiacchierano ancora un momento,
  poi Cristiano si congeda, dicendo: - Passerò domani sera a
  confermare che prendo l’appartamento. Potrei dirle di sì subito, ma voglio
  lasciarmi il tempo per un ripensamento, anche se so che non ci sarà. - Benissimo. Se viene a
  confermare, vediamo insieme i mobili che le possono servire. Se cambia idea, basta
  che mi dia un colpo di telefono. - Certamente. Grazie. Si stringono la mano e
  Cristiano esce. L’appartamento gli è piaciuto molto, il proprietario e suo
  futuro vicino è cordiale e simpatico, la posizione è ottimale. Non c’è
  davvero motivo per ripensarci: il giorno dopo Cristiano conferma la sua
  decisione. Si trasferisce due mesi
  dopo la prima visita: l’appartamento ammobiliato in cui si era stabilito al
  suo arrivo nella regione è stato affittato per un anno e il contratto è in
  scadenza. In questi mesi ha provveduto all’acquisto della cucina e di pochi
  altri mobili: Antonio Mancini gli ha messo a disposizione di che arredare
  buona parte della casa e non ha voluto nessuna forma di compenso: ha chiarito
  che è ben contento che tavoli, sedie, cassettoni, cassepanche e guardaroba
  tornino a essere usati nella casa dove sono sempre stati, invece di rimanere
  in un magazzino. Il trasloco di Cristiano
  non richiede il ricorso a un’impresa: prima del trasferimento è stata montata
  la nuova cucina, Antonio ha preparato gli scaffali per la libreria e insieme
  hanno portato i mobili che erano nel magazzino del falegname-scultore. L’arredamento
  è già quasi completo. Da trasportare non c’è molto: il vestiario, la biancheria
  per la casa, vasellame e pentolame, libri, qualche oggetto personale e poco
  altro. Cristiano si procura gli scatoloni necessari, Antonio mette a
  disposizione il suo furgone e in un unico viaggio tutto viene portato
  nell’appartamento.  Scaricano il contenuto del
  furgone. Antonio dice: - Questa sera e domani
  mangi da me, Cristiano. Sono passati a darsi del
  tu: sono quasi coetanei e tra loro si è stabilita rapidamente una buona
  intesa. - Ti ringrazio, Antonio,
  ma questa sera e domani a pranzo mangerò un panino o una mela quando deciderò
  di interrompere il lavoro un momento. Accetto invece molto volentieri
  l’invito per domani sera: conto di aver finito e non dover preparare cena
  sarà senz’altro un’ottima cosa. - Mi sa che se ti nutrirai
  di un panino e una mela di qui a domani sera, sarà meglio che prepari una
  cena molto abbondante. Cristiano ride. - Meglio di no. Non amo
  abboffarmi. Una volta, quand’ero ragazzo… lo facevo, con gli amici era quasi
  una gara, ma adesso… no, preferisco tenermi leggero. - Come vuoi. Cristiano sistema
  l’essenziale il sabato, tra il tardo pomeriggio e la sera. Nel corso della
  domenica completa il lavoro: per le sette di sera ha finito. Avrebbe potuto
  impiegare meno tempo: nella mattinata ha già messo a posto quasi tutto. Ha
  lasciato per ultimi i libri, perché voleva poterseli guardare con calma, e
  l’intero pomeriggio è passato rileggendo pagine dai volumi che tirava fuori e
  metteva sugli scaffali.  Si fa una rapida doccia e
  si riveste. Esce e va a suonare il campanello di Antonio per la cena.  Antonio è un ottimo cuoco.
  Ha preparato una cena abbondante, costituita tutta da ricette della
  tradizione abruzzese. Cristiano ha così modo di gustare alcuni piatti che già
  conosce e di scoprirne altri, in particolare la pizz
  e fuje e le pallotte cace
  e ove, di cui Cristiano non sospettava neanche l’esistenza. Sono due piatti
  vegetariani, perché Cristiano preferisce non mangiare carne e Antonio si è
  adeguato.  - Devi aver passato la
  giornata a cucinare, Antonio. - Ogni tanto cucinare
  invece di scalpellare, segare e piallare è una buona cosa.  - Hai preparato tante
  cose. - Troppe, lo so, ma ci
  dividiamo gli avanzi, così per qualche giorno abbiamo tutti e due una riserva
  in freezer. A me fa comodo, perché quando lavoro non mi piace dovermi interrompere
  per prepararmi da mangiare e non si vive solo di formaggio, yogurt e
  insalata. Almeno: io non ci vivrei. A te serve, perché credo che in questi
  giorni avrai ancora più da fare del solito. - Grazie, Antonio. Per il
  pensiero e per la tua generosità. Antonio lo invita a cena
  una volta a settimana. La terza volta, Cristiano gli dice: - Mi piacerebbe vedere il
  tuo laboratorio, uno di questi giorni. O, meglio: mi piacerebbe vedere le tue
  opere. Ma solo se non ti crea problemi.  - Molto volentieri. Possiamo
  fare domenica mattina, se ti fa comodo. Potremmo andare anche adesso, ma con
  la luce naturale è meglio. - Per me va benissimo, se
  non hai altri impegni. La domenica mattina
  Antonio accompagna Cristiano nel laboratorio. È uno stanzone molto grande e
  luminoso, all’estremità opposta della casa rispetto all’appartamento di
  Cristiano. - Era un magazzino. Sopra
  c’era il fienile.  Nel laboratorio Cristiano osserva
  le opere di Antonio: figure umane e animali, creature fantastiche. Ce ne sono
  una dozzina, di dimensioni molto diverse: alcune sono alte solo una ventina
  di centimetri, altre superano il mezzo metro e una è alta come una persona.
  Rappresenta un maschio, alquanto massiccio, con un grosso cazzo mezzo teso
  sotto la pancia sporgente e un paio di corna ramificate. - Questo è il dio Cernunnos, una divinità celtica, mezzo uomo, mezzo
  animale. Si sa poco di lui, ma secondo alcuni era un dio della fertilità. Ho
  cercato di rendere la sua forza vitale.  - Direi che ci sei
  riuscito in pieno. È un magnifico maschio. Le statue di piccole
  dimensioni affascinano Cristiano. Antonio gli spiega quali creature
  rappresentano. La sua attenzione è
  attratta in particolare da una piccola scultura che raffigura un uomo con un
  lupo. L’uomo è raffigurato in piedi, nudo, ma il lupo accovacciato davanti a
  lui copre la parte inferiore del corpo. Solo la parte posteriore dell’uomo è
  interamente visibile. Cristiano fissa
  affascinato la scultura. La pelliccia del lupo sembra quasi continuare nella
  peluria che copre il corpo dell’uomo. C’è un forte legame tra l’uomo e
  l’animale, anche se non si guardano.  - Prendilo in mano, una
  scultura va sentita con i polpastrelli, accarezzata. Cristiano prende
  l’oggetto. Ha ragione. È bello sentire il contatto con la superficie del
  legno, un po’ scabrosa, a rendere il pelame dell’animale e quello dell’uomo,
  più liscia sulla schiena. Cristiano osserva la figura dell’uomo e di nuovo avverte
  un senso di turbamento. Quando le dita scivolano sui fianchi dell’uomo, prova
  un leggero imbarazzo. Cristiano è confuso, non
  sa se sta immaginandosi cose che non ci sono, forse la sua fantasia lavora
  troppo. Per un momento la sua mente vaga, lontana dal laboratorio dove si
  trova. La voce di Antonio lo
  coglie di sorpresa, Cristiano sussulta. - È un uomo-lupo scolpito
  nel legno. Conosci la storia degli uomini-lupo? Cristiano non conosce le
  leggende abruzzesi. Scuote la testa. - No. Mi sono sempre
  ripromesso di leggere qualche libro per conoscere meglio questa terra, ma non
  trovo mai il tempo. Evidentemente non è un’urgenza. Chi erano gli
  uomini-lupo? - Erano uomini che
  fraternizzavano con i lupi. La gente di qua aveva paura di loro, li odiava.
  Qualcuno finì sul rogo, qualcuno fu ucciso con i randelli ed i forconi. Molti
  furono ammazzati come si ammazzano i lupi: facevano delle vere e proprie
  battute di caccia contro gli uomini-lupo. Pochi la scampavano. Poi
  appendevano la testa in paese e la gente andava a vedere. Il fratello di un
  mio avo finì così, dicono che fu l’ultimo degli uomini-lupo a essere
  ammazzato. I responsabili furono processati, si era alla fine del Settecento
  e queste credenze erano considerate superstizioni. Ma alcuni ci credono
  ancora adesso. - Ma… che cosa facevano? - Si diceva che
  divorassero i bambini, che fossero al servizio del demonio, che portassero sciagure
  su tutto il villaggio. Erano considerati bestie, nient’altro che bestie, ma bestie dannate. Cristiano annuì. Poi
  sorrise e disse: - Mi hai detto che
  discendi da una famiglia di uomini-lupo. Ecco perché nelle notti di luna
  piena corri con i lupi e ululi alla luna.  - Esatto. - Magari sei un licantropo
  e non mi hai avvisato. Molto scorretto da parte tua. - No, gli uomini-lupo non
  si trasformavano in lupi. - Qualche uomo-lupo tra i tuoi
  antenati magari lo faceva. - Non un antenato diretto.
  Gli uomini-lupo non si sposavano mai. Nessuna donna li avrebbe voluti.
  Dicevano che si accoppiassero con le lupe. Dicevano… un sacco di altre cose. Cristiano ha ascoltato con
  attenzione, mentre le sue dita, senza che se ne rendesse conto, hanno
  continuato ad accarezzare la scultura. - Ti piace? - È una meraviglia. - Tienila. Cristiano non si aspettava
  l’offerta, rimane sorpreso. La scultura è bellissima, Cristiano sarebbe
  felice di averla, ma gli sembrerebbe scorretto. A malincuore, declina
  l’offerta. - No, non posso accettare.
   Antonio lo guarda e
  chiede: - Perché? Antonio lo fissa serio e
  Cristiano non trova una risposta. Si rende conto che non ha una motivazione
  da dare e l’uomo che ha davanti non è uno che si accontenta di qualche scusa.
  Non c’è motivo per non accettare. Cristiano annuisce. Lo fa
  spesso, lo sa benissimo. Non è un tic nervoso, è un’abitudine. Gli serve per
  prendere tempo, per evitare parole inutili. Cristiano sa che le parole
  possono fare male, che sono spesso inadatte. L’esperienza gliel’ha insegnato.
  E non è stata una lezione facile. - Hai ragione. Ti
  ringrazio. È un regalo splendido... Vorrebbe aggiungere: “…ed
  io non so come ricambiare.” Ma sarebbe una prosecuzione sbagliata. Quell’uomo
  che lo guarda, serio, lo fa sentire non all'altezza, gli sembra di non
  trovare le parole, di dire sciocchezze, di parlare a vanvera. - Grazie, allora. Cristiano è seduto alla
  scrivania, lo sguardo perso nel vuoto. L’ultimo paziente è uscito e tra pochi
  minuti sarà ora di chiudere lo studio. Un raggio di sole illumina
  improvvisamente la stanza. Durerà pochissimo, Cristiano lo sa: c’è un breve
  momento in cui il sole appare oltre la montagna che lo nasconde, per poi
  tuffarsi dietro un’altra montagna e scomparire definitivamente, fino al
  giorno successivo.  Il raggio di luce prende
  in pieno la scultura dell’uomo-lupo. Quando Antonio gliel’ha data, ha deciso
  di metterla sulla scrivania nello studio, per poterla guardare e toccare nei
  momenti di pausa. Adesso però ci ha ripensato: ha piacere di averla a casa,
  dove può guardarla in pace. E poi ha un vago timore che qualcuno vedendola
  possa… quest’uomo nudo, il cui dorso è completamente visibile… Cristiano non
  sa bene che cosa teme, quella scultura lo attrae e lo turba. Gli sembra che
  metta a nudo una parte di se stesso. * Cristiano si alza. Si è
  coricato un’ora fa, ma il sonno non viene: questo è piuttosto insolito,
  abitualmente si addormenta in pochi minuti. Ma già in serata si sentiva
  irrequieto. Si avvicina alla finestra e guarda fuori. La luce della luna
  illumina il prato davanti alla casa. È una notte di plenilunio: il disco
  lunare è completo, perfettamente visibile nel cielo sgombro di nubi. Cristiano
  lo osserva un buon momento. Sarà quella la causa del suo nervosismo? Adesso
  che vive in campagna è diventato sensibile ai cicli della luna?  Quando abbassa lo sguardo,
  vede che sul prato c’è una figura. È Antonio, è uscito di casa. È
  completamente nudo e Cristiano può vedergli la schiena e il culo. Perché è
  uscito a quest’ora di notte, nudo? Non riusciva a dormire? Può essere. Avrà
  pensato che tanto non lo può vedere nessuno. Cristiano si dice che dovrebbe
  ritirarsi, ma continua a fissare la figura. Antonio si volta e guarda
  la casa. Cristiano si chiede se può vederlo alla finestra. La luce lunare non
  illumina direttamente i vetri, ma probabilmente è sufficiente a lasciar
  intravedere una figura. Cristiano guarda Antonio.
  Gli sembra che abbia il cazzo mezzo duro. Vorrebbe ritrarsi, ma il movimento
  rivelerebbe la sua presenza alla finestra.  Antonio si volta e si
  dirige verso il bosco. Scompare nell’ombra degli alberi. Farà una passeggiata
  notturna, alla luce della luna. Di sicuro non si trasformerà in un
  licantropo. Certo che siamo appena a maggio e di notte l’aria è alquanto
  frizzante. Non sono proprio le temperature per andarsene in giro nudi. * Sono passati due giorni.
  Quando Cristiano ritorna a casa, Antonio è in giardino che cura i fiori. - Ciao, Cristiano. - Ciao, Antonio. Cristiano ha deciso di
  parlare con Antonio, per cui prosegue: - Voglio scusarmi per
  l’altra sera. Antonio lo guarda. Sembra
  non capire. - Di che? - Ero alla finestra e
  guardavo la luna. Ti ho visto uscire. Non intendevo spiarti. - No di certo. E non sei
  tu che ti devi scusare, al massimo io che esco di casa nudo, con l’uccello
  mezzo in tiro. Pensavo che fossi a dormire, ti corichi presto. Nessun altro
  può vedermi, per cui non mi sono preoccupato. Spero di non averti dato
  fastidio. - Certamente no. Ero alla
  finestra perché non mi veniva sonno. Guardavo la luna. E ti ho visto uscire.
  Non mi hai dato fastidio, no. Solo che mi sono sentito… un po’ guardone. Antonio ride. - E io dovrei sentirmi
  esibizionista… No, non esco nudo per farmi vedere, ma quando c’è la luna
  piena e non fa troppo freddo, mi piace camminare un po’ nei boschi, senza
  abiti. Cristiano sorride e
  prosegue: - A incontrare i lupi. Antonio non sorride.
  Guarda Cristiano, molto serio, mentre dice: - Nelle notti di
  plenilunio incontro sempre qualche lupo. Cristiano è rimasto
  disorientato. Non sa bene che cosa dire. È Antonio a proseguire: - Te l’ho detto, discendo
  da una stirpe di uomini-lupo. Non so che cosa ci sia di vero in quelle
  leggende, ma da ragazzo ho incontrato un lupo, che in seguito ho visto più
  volte: si era abituato alla mia presenza. Ora ce ne sono altri, forse i suoi
  figli o i figli dei suoi figli. Qualche volta li incontro anche di giorno,
  nei boschi. Quando esco nelle notti di luna piena, ne trovo sempre qualcuno. - Non hai paura? - Non ho paura di loro e
  loro non ne hanno di me. Si lasciano avvicinare. * Cristiano esce dalla biblioteca,
  sale in auto e torna al paese. Ha trovato quello che cercava: un libro dove
  si parla degli uomini-lupo, l’unico disponibile. È uno studio sul folklore delle
  vallate abruzzesi e un capitolo è dedicato alla leggenda di queste creature. Le sere seguenti Cristiano
  dedica un po’ di tempo alla lettura del volume, che conferma ciò che gli ha
  raccontato Antonio. Viene anche detto che secondo la tradizione gli
  uomini-lupo si accoppiavano tra di loro o con altri maschi. Antonio non
  gliene ha parlato. Dopo aver completato la
  lettura, Cristiano ne discute con Antonio. - Ho preso in biblioteca
  un libro sugli uomini-lupo. L’ho finito ieri sera. Una lettura interessante. - È quello di Colangelo,
  vero? - Sì, è l’unico che ho
  trovato, devo dire.  - Non è che ci sia molto,
  in effetti. Un mio amico archivista aveva fatto alcune ricerche e aveva
  raccolto qualche informazione in più. Ne ricavò due articoli comparsi su
  riviste specializzate. E ci scrisse un racconto, con uno pseudonimo. Antonio sorride e
  aggiunge: - Se un giorno vuoi
  leggere i due articoli, ti posso dare i numeri delle riviste, ma ti avviso,
  sono l’analisi di due casi specifici: l’ultima uccisione di un uomo-lupo di
  cui abbiamo testimonianza sicura, a fine Settecento, e il caso di un
  cacciatore che voleva ammazzare un uomo-lupo, ma venne trovato morto, con un
  foro in fronte, a inizio Ottocento. In entrambi i casi sono riportate le
  testimonianze raccolte, che danno un quadro interessante delle credenze
  dell’epoca. - Se hai voglia di
  prestarmeli, me li leggerò volentieri. Antonio esce e ritorna
  poco dopo con due riviste. Cristiano si legge gli
  articoli, che non aggiungono molte informazioni, ma, attraverso le
  testimonianze riportate, danno l’idea della mentalità ancora prevalente
  all’epoca dei fatti: la gente credeva agli uomini-lupo e li temeva, per cui
  considerava meritorio ucciderli.  * Domenica mattina.
  Cristiano è nel laboratorio di Antonio, che ha promesso di fargli vedere una
  scultura: un crocifisso destinato alla chiesa, in sostituzione di una
  scultura antica che dev’essere restaurata e poi sarà portata in un museo. La
  stanno guardando, quando il cellulare dello scultore squilla. Antonio guarda
  il nominativo, si scusa ed esce dal laboratorio. Cristiano osserva le
  sculture. Le ha già viste quasi tutte, durante la visita precedente, ma le
  rivede volentieri. Si perde nella loro contemplazione, nota dettagli che gli
  erano sfuggiti, accarezza la superficie, ora liscia, ora scabra. In un angolo c’è una
  scultura coperta da un telo. Probabilmente un’altra opera a cui Antonio sta
  lavorando. Cristiano è curioso, vuole sorprendere l’artista al lavoro, il
  momento in cui la materia non è più grezza, ma non ha ancora assunto la forma
  definitiva. Cristiano è innamorato dei Prigioni di Michelangelo. Come sono le
  sculture non finite di Antonio?  Non riflette sul fatto che
  il telo potrebbe servire proprio per nascondere l’opera agli occhi di chi
  entra nel laboratorio. La scultura raffigura un
  uomo nudo e un lupo, lo stesso soggetto della statuetta che Antonio gli ha
  regalato. Ma il lupo è di fianco all’uomo, che è completamente visibile
  davanti e dietro. Ha il viso di Antonio e il cazzo è teso, quasi verticale. Cristiano si blocca. Il
  gesto innocente di togliere il telo si è rivelato un’indiscrezione. In quel
  momento Antonio rientra nel laboratorio, mentre si infila il cellulare in
  tasca. Cristiano lo fissa e parla
  subito, prima che si crei un silenzio imbarazzato. - Scusami. Ho visto la
  statua coperta e mi incuriosiva, volevo vedere come lavoravi. Non pensavo di
  essere indiscreto, ma lo sono stato.  Cristiano copre nuovamente
  la scultura con il telo e guarda Antonio. Antonio ride e nei suoi
  occhi guizza un lampo. - Non hai fatto niente di
  male, Cristiano, e sono contento che tu l’abbia vista. Ci sono sculture che
  faccio solo per me, che non espongo, non metto in vendita. Sono troppo
  personali. E non perché magari ho l’uccello duro, non è quello. C’è molto di
  più, in quella scultura, troppo, non la farei vedere a nessun altro.   Antonio lo guarda e
  Cristiano annuisce e riflette. Le parole di Antonio lo hanno turbato, no:
  hanno aumentato il turbamento causato dalla scultura. - Mi spiace di aver agito
  d’impulso. - No, no, non pensarci
  più. Va bene così. Tu puoi benissimo vederla. Ti ho parlato degli
  uomini-lupo, sai che sono anch’io di quella razza e che giro con i lupi. Antonio scuote la testa e
  aggiunge: - Ti ho raccontato cose
  che non dico mai a nessuno. Dopo un momento di pausa, sorride
  e dice: - Domani sera è notte di
  luna piena. Sembra una banale
  osservazione, ma Cristiano legge nelle parole e nel sorriso di Antonio
  qualche cosa di inespresso e avverte che il cuore gli batte più forte. Rimane
  in attesa di un chiarimento, forse un invito, che arriva: - Cristiano… hai voglia di
  accompagnarmi domani notte, nel bosco? La richiesta spiazza
  Cristiano. Antonio se ne accorge e dice: - Se non ti va, nessun
  problema. Cristiano riflette un
  attimo. Sa di desiderarlo e non ha motivi per non farlo, anche se l’idea lo
  intimorisce un po’. - No, per me va bene. Mi
  spaventa un po’, sapendo che ci sono pure i lupi, ma… mi incuriosisce. - Non hai nulla da temere,
  se rimani con me. - Va bene, verrò. Se
  arrivano i lupi, gli dico di mangiare te che sei più in carne. Antonio ride. A Cristiano
  piace la risata di Antonio, così allegra, vitale. Gli sembra che l’amico,
  perché ormai lo considera tale, sia una forza della natura. - Mettiti un paio di
  scarpe: non sei abituato ad andare in giro a piedi nudi. La frase sembra indicare
  che andranno in giro nudi. Altrimenti non avrebbe senso dirgli di mettere le
  scarpe. A questo Cristiano non aveva pensato, ma Antonio era senza abiti, il
  mese scorso.  Cristiano si dice che sarà
  come partecipare a un antico rito pagano. E se qualcuno li vedesse? No, nel
  bosco vicino a casa non rischiano di incontrare nessuno. Cristiano è alla finestra.
  Il cielo è sereno e Cristiano fissa la luna. Gli sembra che sia più grande
  del solito. È quasi ora di scendere. Vede
  uscire Antonio. Non indossa nulla, come prevedeva. Cristiano si toglie gli
  indumenti e scende. Sta facendo una follia, ma ha accettato la proposta e
  intende andare fino in fondo. Tiene solo le scarpe. Quando lo vede uscire, Antonio
  gli sorride. Poi dice: - Se ti senti a disagio e
  vuoi tornare a casa, in qualunque momento, dimmelo. Non ti fare problemi. Ti
  riaccompagno e poi torno a correre con i lupi. Cristiano vorrebbe
  scherzare sul fatto che i lupi corrono più veloci, ma le parole non gli
  vengono. Si limita ad annuire. La luce lunare illumina Antonio di lato.
  Cristiano può vederne bene il corpo robusto, le braccia e le gambe forti, il
  pelo che copre il torace e il ventre, il cazzo, proteso in avanti. Ha la gola
  secca. Si rende conto che anche il suo cazzo si sta tendendo.  - Vieni, Cristiano.  Antonio si dirige verso il
  bosco. Cristiano lo segue. La sua attenzione è attratta dal corpo dell’amico,
  dalla schiena, dal culo velato dal pelame. Il desiderio cresce. Forse ha
  fatto male ad accettare la proposta. Vedendolo con il cazzo mezzo in tiro,
  Antonio potrebbe pensare che…  Che cosa? La risposta è
  semplice: che Cristiano sia attratto da lui. E in fondo è la verità, perché
  questo bel maschio forte e vitale lo affascina, perché guardandolo nudo il
  desiderio arde. E Antonio? Antonio lo desidera?  Non è il momento giusto
  per questo, Antonio non l’ha invitato per scopare. Cristiano non vuole
  turbare la cerimonia. Cerimonia? Antonio non ha fatto riferimento a un rito,
  sono cose che Cristiano si sta immaginando. Forse avrebbe fatto meglio a
  rifiutare l’invito. Si chiede se non tornare a casa, ma non ha davvero senso.
  Ha voglia di partecipare a questa passeggiata notturna con Antonio.  Nel bosco la luce lunare è
  sufficiente per vedere: solo alcuni tratti del sentiero, dove gli alberi sono
  più fitti, sono immersi nell’oscurità. In dieci minuti arrivano a
  una radura, non lontano dal fiume che scorre nel fondovalle. Lì la luce è più
  forte. Lasciano l’ombra degli alberi e raggiungono il centro dello spazio
  scoperto. Antonio si volta verso Cristiano, gli sorride e con una mano gli
  indica l’estremità della radura opposta a quella da cui sono entrati.
  Cristiano guarda in quella direzione e sussulta: ci sono due lupi accovacciati
  ai piedi di un faggio. Cristiano ha paura. Sa che i lupi non attaccano gli
  uomini ed è con Antonio, che è abituato a incontrarli, ma loro due sono nudi
  e gli pare di essere del tutto indifeso. L’eccitazione svanisce. Un lupo si alza e si
  avvicina ad Antonio, si struscia contro le sue gambe, poi si mette davanti a
  lui, seduto sulle zampe posteriori. Ora l’uomo e il lupo sono nella posizione
  della statuetta che lo scultore ha regalato a Cristiano. Cristiano guarda il corpo
  forte di Antonio. Gli sembra che il lupo e Antonio costituiscano un unico
  essere. La paura ha ceduto il posto a un turbamento e il desiderio si
  riaccende. Antonio alza le braccia
  verso la luna. Cristiano rimane fermo. Chiude gli occhi e ascolta i rumori
  notturni del bosco. Quando riapre gli occhi, Antonio ha abbassato le braccia
  e accarezza il lupo tra le orecchie, come se fosse un cane. Cristiano vede che il
  secondo lupo si avvicina ad Antonio, poi gli si accosta. Ora Cristiano ha
  paura, ma il lupo non arriva a toccarlo: rimane fermo a guardarlo, a due
  passi. Cristiano è combattuto da emozioni contrastanti. Da una parte vorrebbe
  che l’animale si avvicinasse, per accarezzarlo, dall’altra preferisce che
  rimanga a distanza. L’animale si muove e gli gira intorno, due volte, poi si
  allontana. Anche il lupo ai piedi di Antonio si muove, guarda l’uomo ai cui
  piedi si è accovacciato, poi i due animali scompaiono nel bosco. Cristiano
  guarda Antonio e il desiderio nuovamente si accende. Ora sono soli nella
  radura, nudi, il cazzo mezzo in tiro. Senza dire nulla Antonio
  si dirige ai margini dello spazio, all’ombra degli alberi. Cristiano lo
  segue.  - Posso baciarti,
  Cristiano? Lentamente Cristiano
  annuisce. - Sì. Antonio gli si avvicina,
  gli pone le mani sulle guance e lo bacia sulla bocca. Quando le loro labbra
  si staccano, Cristiano mormora: - Antonio… In quel nome che gli è
  sfuggito di bocca c’è tutto: il desiderio che arde, il sentimento ancora
  confuso che sta nascendo in lui, la paura della sofferenza. - Ti desidero, Cristiano. - Anch’io ti desidero. Le mani di Antonio
  scivolano sulla pelle di Cristiano, poggiano sulla sua schiena, stringono il
  suo culo. Ora i due corpi aderiscono e di nuovo si scambiano un bacio. - Andiamo da me,
  Cristiano. Vuoi? - Sì. Antonio sorride, lo bacia,
  poi scatta a correre. Cristiano rimane un attimo sorpreso, poi si mette a
  correre anche lui. Antonio lo aspetta sulla soglia.
  Appena sono entrati, Antonio richiude e spinge Cristiano contro la porta. Lo
  bacia, un bacio appassionato, mentre le sue mani percorrono il corpo dell’amico.
  Poi si stacca e con un movimento rapido afferra l’amico, lo solleva e se lo
  mette in spalla. Sale le scale, mentre Cristiano ride. Nella camera da letto la
  finestra è aperta e la luce lunare illumina il letto. Antonio depone
  Cristiano sulle lenzuola e lo guarda, poi si siede accanto a lui e incomincia
  ad accarezzarlo.  - Che cosa ti piace fare,
  Cristiano? Cristiano lo guarda e
  risponde: - Con te, credo tutto. E a
  te? - Anche per me vale lo
  stesso: con te, tutto. Cristiano sorride, poi
  dice: - Ma usiamo il
  preservativo. - Certo. Le mani di Antonio accarezzano
  il corpo di Cristiano, dal viso scendono sul collo, sul petto, fino al
  ventre. Scivolano leggere sul cazzo ormai teso. - Mi sembri impaziente. Cristiano sorride e l’attira
  a sé. Si baciano, poi Cristiano dice:  - Lo sono. Hai voglia di
  stenderti? Antonio annuisce. Prende dal
  cassetto alcune bustine e le posa sul comodino. Ne apre una con un
  preservativo, lo appoggia sulla cappella di Cristiano e lentamente lo
  srotola, mentre gli dice:  - C’è anche il
  lubrificante. Poi Antonio gli bacia la
  base del cazzo e i coglioni, fa scivolare le mani sotto il culo di Cristiano,
  stringe un po’. Infine si stende, divaricando bene le gambe. Cristiano mordicchia un
  po’ questo bel culo villoso che gli si offre, lasciando piccoli segni rossi.
  Poi assesta qualche morso più forte e Antonio mugola. La cosa non dispiace a Cristiano,
  che ripete l’operazione, accompagnata questa volta da un gemito più deciso. - Cazzo, Cristiano! Non mi
  avevi detto di essere un lupo. Cristiano ride. Si siede
  sul culo di Antonio e gli accarezza la schiena, dolcemente, fino alla nuca,
  poi una mano sale ai capelli e li scompiglia, mentre l’altra scivola su una guancia,
  le dita premono contro le labbra e Antonio morde. Cristiano ride. - Anche tu, però… Le mani sue scendono di
  nuovo al culo, poi Cristiano si stende su Antonio.  Cristiano prende la
  bustina del lubrificante e l’apre. Sparge la crema intorno al buco, poi fa
  entrare un dito e unge bene l’apertura. Antonio geme di nuovo.  Cristiano si appoggia
  sulle braccia e avvicina la cappella al culo di Antonio, poi spinge in
  avanti, fino a che il cazzo non forza l’apertura. Antonio mugola di nuovo e Cristiano
  affonda con molta delicatezza lo sperone nel culo che gli si offre. Il cazzo
  scivola dolcemente e il gemito di Antonio è di piacere puro. Cristiano penetra fino in
  fondo e allora si stende su Antonio, gli bacia il collo e la nuca, gli
  mordicchia un orecchio e gli accarezza il culo, mentre gusta il calore del
  corpo in cui è entrato.  È bello possedere questo
  corpo forte, avanzare e arretrare il cazzo, sentire la carne cedere per
  accogliere l’invasore, mentre le mani e la bocca trasmettono altre sensazioni
  piacevoli. Cristiano gusta questo momento magico che gli viene regalato, un
  dono inatteso. Si muove lentamente, perché vuole far durare il piacere che
  cresce dentro di lui.  Ma il desiderio sta
  diventando troppo forte. Cristiano lo tiene a freno ancora, interrompendo il
  proprio movimento ritmico, in modo da far calare la tensione, e poi
  riprendendo a muoversi lentamente. Di nuovo si interrompe, sussurra
  all’orecchio di Antonio un apprezzamento, gli passa la lingua dietro
  l’orecchio, gli accarezza la nuca. Antonio geme e Cristiano gli stringe il
  culo con forza. Ma ora il desiderio è troppo violento e Cristiano riprende a
  spingere con vigore, mentre Antonio lo incoraggia, gli grida parole sconce. Cristiano
  muove il culo avanti ed indietro, ogni volta spingendo a fondo, finché viene
  con un gemito sordo. Un’ondata di piacere puro lo investe e lo lascia
  spossato e felice, steso sul corpo che ha posseduto. Cristiano rimane a lungo
  così, accarezzando Antonio, mormorando qualche parola di tenerezza che gli
  sale alle labbra e che non trattiene. Poi bacia sul collo Antonio e gli
  chiede: - Vuoi che facciamo il
  cambio? Antonio geme di nuovo, poi
  dice: - Così è il paradiso, ma…
  adesso voglio provare l’inferno. Ride.  Cristiano esce dal culo di
  Antonio e si mette in ginocchio di fianco a lui. Antonio si solleva. Con
  delicatezza gli sfila il preservativo e lo posa sul comodino. Poi gli bacia
  il cazzo alla base, glielo mordicchia leggermente, gli accarezza il culo, lo
  stringe un po’. Gli prende la testa e la guida verso il suo cazzo, mezzo
  teso.  Cristiano lo prende in
  bocca e lo succhia un po’, lo sente irrigidirsi e crescere. Allora si stacca,
  prende un altro preservativo e lo mette a Antonio, come prima Antonio ha
  fatto con lui. Poi gli strizza un po’ i coglioni, mentre Antonio geme. Con uno scatto, Antonio si
  alza, lo afferra e lo forza a stendersi sulla schiena, poi lo sposta, in modo
  che il culo rimanga proprio sul bordo del letto. Cristiano ride, ma il
  desiderio cresce di nuovo dentro di lui. Antonio gli fa sollevare le gambe e
  se le poggia sulle spalle. Poi le sue dita scorrono lungo il solco, facendo
  gemere Cristiano. Antonio sparge la crema lubrificante e Cristiano mugola di
  nuovo, quando due dita della mano destra si fanno strada decise, mentre la
  sinistra accarezza il viso di Cristiano. Antonio gli sorride, appoggia
  due dita sulla bocca di Cristiano, che apre le labbra e li morde, con una
  certa forza. - Ahi! Sei proprio un
  fottuto lupo… Antonio gli accarezza il
  torace e il ventre, gli prende la testa tra le mani. Fa scorrere ancora le
  mani, sul viso, sul collo, sul torace, poi scende ai lati, stringendogli il
  culo. Sussurra: - Pronto? E, ad un cenno di Cristiano,
  avanza nuovamente, con maggiore delicatezza. Questa volta l’ingresso è puro
  piacere. Antonio penetra fino in fondo e Cristiano si abbandona al piacere di
  sentirsi infilzato da un bello spiedo caldo e duro. Guarda il viso sorridente
  di Antonio e gli sembra che sia bellissimo. Antonio cavalca a lungo e Cristiano
  sente il desiderio che cresce di nuovo in lui. A ogni spinta geme e il ritmo
  diventa più serrato, fino a che Antonio grugnisce sonoramente e conclude con
  una serie di spinte più forti. Poi Antonio gli stringe
  forte il petto tra le dita, esce da lui e si stende al suo fianco. La mano di
  Antonio cerca la sua e la stringe forte, poi la prende e la porta alle
  labbra. Bacia le dita, poi le morde. Ora sono distesi sul letto. - Posso dirti che mi piaci
  molto, Cristiano? Fin dal primo momento mi sei piaciuto. Sei pulito. Cristiano volta la testa
  verso Antonio. Non risponde, non capisce che cosa intenda dire l’amico.. - E non intendo la pulizia
  del corpo o degli abiti. Una pulizia interiore che non è facile trovare.
  Un’onestà con te stesso e con gli altri. Onestà delle parole e dei
  sentimenti. - Come fai a dirlo,
  Antonio? Mi conosci poco. - Sì, Cristiano, ti
  conosco poco, perché non sei uno che si mette in piazza. Conosco poco il tuo
  passato, i tuoi sogni, le tue preoccupazioni. Ma sei l’acqua di una sorgente:
  non so da dove viene, quale percorso ha seguito per arrivare lì. Magari non
  so nemmeno dove va. Ma è limpida. E in te c’è una grande limpidezza. Cristiano è confuso, non
  sa che cosa dire. - E non lo dico perché
  sono innamorato di te, Cristiano. È il contrario: mi sono innamorato di te
  perché sei limpido e quell’acqua chiara e profonda mi ha attratto fin dal
  primo momento. Cristiano lo guarda negli
  occhi, poi parla. - Anch’io mi sono
  innamorato di te, Antonio, del tuo calore, della tua umanità, della tua
  tranquilla sicurezza. Ma mi sembrava di essere inadeguato. Antonio scuote la testa,
  sorridendo. Stringe Cristiano tra le braccia e si addormentano così. 2023  |