Il
cacciatore di taglie
A Daniel I tre uomini salgono a cavallo e
si avviano lungo la pista che risale la valle seguendo il corso del fiume. Il
sole è appena apparso dietro le montagne e proietta le lunghe ombre dei cavalieri
sul terreno. Paul e Lou Exter
li guardano allontanarsi. Quando sono scomparsi dietro la curva della pista,
Paul si toglie il sigaro di bocca, espira un po’ di fumo e dice, sorridendo: - Brian Burnt
è fottuto. Lou annuisce, pensoso. - Speriamo. Quel bastardo ha già
fatto fuori Martin, che non era uno sprovveduto. Paul scuote la testa, sbuffando.
È abituato ai dubbi di Lou, ma come sempre lo
infastidiscono. - Sono in tre, Lou. Questa volta lo fottono. - Quello è un osso duro. Paul getta a terra il mozzicone
di sigaro a terra, irritato. Lo calpesta con il tacco e rientra in casa,
senza dire più niente. Suo fratello è un cagasotto. I loro uomini sono in tre
e non sono stupidi. Sapranno fottere quello stronzo. Burnt
è spacciato. Questa volta il suo cadavere penzolerà appeso a un albero, con
un bello squarcio tra le gambe, e tutti potranno vedere che fine fa chi si
mette contro di loro. I coloni abbasseranno la testa. Questa sera o al
massimo domani ci sarà un figlio di puttana in meno e nessuno oserà più
mettersi di traverso sulla loro strada. Brian Burnt
cavalca lungo il sentiero che porta alla sua abitazione, la capanna di legno
che si è costruito da solo nei boschi, alle pendici dei monti. Brian si
guarda intorno. Olmi, querce, frassini, aceri, larici stanno assumendo i
colori dell’autunno: al verde si mescolano il giallo, il marrone e il rosso,
in una grande tavolozza che il sole del primo pomeriggio accende. Ma lo
sguardo attento di Brian non si sofferma sulla sinfonia dell’autunno, per
quanto egli ami i boschi: scorre sul paesaggio solo per individuare eventuali
minacce. Brian è vigile, sa che deve esserlo. Da quando si è schierato con i
piccoli proprietari della valle, difendendoli dagli scagnozzi degli Exter, la sua vita non vale molto. Gli Exter vogliono fargliela pagare e prima o poi ci
riusciranno: Brian ne è cosciente. Gli Exter
sono allevatori di bestiame e hanno una proprietà molto estesa, ma vogliono
altre terre per le loro mandrie. Sono convinti di poter fare tutto quello che
vogliono, perché sono ricchi e lo sceriffo è dalla loro parte, perciò hanno
deciso di prendersi le terre dei coloni. Prima hanno mandato il bestiame a
danneggiare i raccolti e quando i contadini hanno protestato, gli sgherri
hanno fatto la loro parte. Brian si è messo di mezzo. Gli Exter
gli hanno offerto una grossa somma, più soldi di quanto Brian abbia mai visto
in vita sua, ma Brian ha rifiutato. Non si è mai venduto e non intende farlo
ora, a cinquantasei anni. Brian è diventato un bersaglio. Hanno già cercato
di ucciderlo, ma l’uomo che hanno mandato ora marcisce sotto terra. Brian non ha nessuna intenzione
di andarsene. Rimarrà qui, ben sapendo che prima o poi lo ammazzeranno. Non
ha paura di morire. Brian si sta avvicinando alla
capanna. Ora è particolarmente guardingo: se vogliono tendergli un agguato,
questa è l’area adatta, perché sicuramente di qui deve passare. Alla capanna
è difficile che lo aspettino. Ci sono i cani e perché non segnalino la
presenza di estranei, bisognerebbe ammazzarli; ma se i cani non gli vengono
incontro, Brian sa che c’è qualcuno che lo attende e di certo non è un amico.
Brian non segue più la traccia,
ma guida il cavallo fuori dal sentiero, più in alto. Ogni tanto si ferma. Gli
sembra che ci sia un silenzio innaturale nel bosco. Forse è solo
un’impressione, ma potrebbe esserci qualcun altro. Brian scende da cavallo e lega
l’animale a un tronco. Poi sale ancora lungo il pendio, muovendosi con
cautela, in perfetto silenzio. Procede al riparo di alberi e cespugli fino a
un punto da cui può dominare la valle. Nascosto dietro un masso, controlla
con cura tutta l’area sottostante. La sua attenzione si concentra su alcuni
arbusti e un tronco abbattuto. C’è qualcuno. Brian si sposta ancora, finché
non può vedere bene: sono due uomini con i fucili, appostati sopra il
sentiero che porta alla capanna, pronti a sparare a chi passa, due cacciatori
in attesa della loro preda. Brian sa benissimo di essere la selvaggina che
quei predatori aspettano. Se lo sorprenderanno, porteranno il suo cadavere a
valle e lo lasceranno appeso a qualche albero, dopo averlo castrato: Paul Exter glielo ha promesso quando Brian si è rifiutato di
prendere i soldi che gli offriva. E Paul Exter è
uno che mantiene le sue promesse. Altro di positivo di lui Brian non saprebbe
dire, ma questo glielo deve riconoscere. Brian controlla ancora: non è
detto che i due uomini siano soli. E infatti dall’altra parte del sentiero si
intravede un terzo uomo. Un agguato in piena regola. Brian scende silenziosamente: è
un cacciatore, migliore di quelli che ora danno la caccia a lui, e sa
spostarsi nel bosco senza fare rumore. I due uomini gli danno le spalle e non
possono vederlo. Brian rimane al riparo degli alberi, per evitare che il
terzo si accorga della sua presenza, ma anche lui è concentrato sul sentiero
e non guarda in alto. Quando infine Brian è alle
spalle dei due uomini, dice, a bassa voce, ma in modo che i due possano
sentire: - Siete nella posizione
sbagliata. I due si voltano, le pistole in
pugno, ma prima che facciano in tempo a premere il grilletto, Brian spara.
Brian è un ottimo tiratore: uno, colpito al cuore, muore immediatamente,
l’altro, un foro nel petto, si contorce a terra pochi secondi, prima di
voltare la testa di lato, vomitando sangue. Brian si avvicina, controlla che
i due siano effettivamente morti e si accovaccia vicino ai cadaveri. Dopo un
momento, sente la voce del terzo uomo. - Lee, Mark, avete sparato voi? Il tizio non può aver sentito le
parole di Brian e, non avendo visto nessuno salire per il sentiero, deve aver
pensato che a sparare siano stati i suoi compagni, ma non me capisce il
motivo. Brian tace. L’uomo grida ancora: - Lee, Mark. Dove siete? Brian non può vederlo, ma sa in che
direzione si trova e come può muoversi. In silenzio tiene sotto controllo gli
alberi tra cui l’uomo apparirà, se viene nella sua direzione. Di lì a poco lo vede sporgersi
per guardare e poi attraversare di corsa il sentiero. L’uomo risale il
pendio, muovendosi in fretta: non è sicuro che siano stati i suoi due
compagni a sparare e preferisce non correre rischi. Brian sorride: se pensa
di sfuggirgli in questo modo… Quando l’uomo sporge la testa da
dietro un albero per guardare nella sua direzione, Brian spara e vede un foro
rosso aprirsi nella fronte del suo avversario. Brian rimane fermo. I tre che
volevano ammazzarlo sono morti, ma non è detto che non ce ne siano altri. Gli
spari hanno messo a tacere gli animali, ma dopo qualche minuto si sentono
nuovamente i rumori del bosco. Brian ascolta con attenzione, mentre scruta il
terreno intorno, sotto e sopra di lui. Nessuno. Solo dopo una mezz’ora, Brian si
alza. Cerca i cavalli dei tre. Ha un’idea abbastanza precisa di dove possono
averli lasciati e in effetti li trova nella piccola radura nascosta in una
vallecola laterale: il posto migliore per lasciare le cavalcature senza
correre il rischio che chi risale il sentiero le veda. Brian prende i cavalli e carica
i tre cadaveri. Potrebbe fare ai tre il servizio che di certo loro avrebbero
fatto a lui, ma Brian non ha nessuna intenzione di mettersi al livello degli Exter. La sera due coloni vedono tre
corpi sulla pista per Red Lake. Scendono da cavallo e li osservano. - Questo è Lee, uno degli uomini
degli Exter. - E anche gli altri due
lavoravano per gli Exter. Non so come si
chiamavano, quello lì forse Peter, ma direi che non ha importanza. - No. Pensi anche tu quello che
penso io, Jack? Jack annuisce. - Questi bastardi volevano
fottere Brian, ma hanno avuto quello che si meritavano. - Credi che gli Exter ci rinunceranno? - No, quelli non mollano. Sanno
che se fanno fuori Brian, possono fotterci come vogliono. - Già. Ma fottere Brian non è
così facile. Per nostra fortuna. La notizia fa in fretta il giro
delle abitazioni dei coloni, accolta con esultanza, ma arriva alla fattoria
degli Exter solo nella notte, portata da uno dei
loro mandriani che è sceso in paese in mattinata e ritorna ora. L’uomo
raggiunge la casa padronale. Lou e Paul sono sulla
veranda. Aspettano il ritorno dei tre sicari. Il non vederli arrivare ha
innervosito Lou, che già teme il peggio. Paul è
tranquillo: sa benissimo che Brian Burnt non ha
orari, magari è rientrato solo a notte o si è fermato a dormire all’aperto e
tornerà solo domani. Non c’è motivo per preoccuparsi. Come al solito, il
nervosismo di Lou lo infastidisce. Il viso scuro del mandriano
mette in allarme i due fratelli. Lou pensa subito
al peggio. Paul si dice che potrebbe trattarsi di altro, di un vitello morto,
di un litigio con un colono. Invece la notizia è proprio quella che temevano:
- Hanno trovato Lee, Mark e
Peter sulla pista per Red Lake, tutti e tre stecchiti. Dicono che deve averli
ammazzati Burnt, ma nessuno ha visto niente. - Merda! Paul si è alzato di scatto. Per
un momento Lou pensa che voglia scagliarsi sul
mandriano e anche l’uomo deve avere la stessa impressione, perché fa due
passi indietro, un’espressione sgomenta sul viso. Paul si controlla. Chiede alcuni
dettagli, poi manda tre uomini a recuperare i corpi, bestemmiando. Quando sono soli, Lou osserva: - Te l’avevo detto, Paul, quel
bastardo è un osso duro. Paul scatta, furente. - Cristo! Te l’avevo detto, te
l’avevo detto! Che cazzo pensi di fare? Rinunciare? Lou non sa bene che dire. Rimangono
in silenzio un momento. Poi Paul dice, piano: - Questa volta ci rivolgiamo a
qualcuno che sappia fare il suo lavoro. Brian Burnt
è un uomo morto, te lo garantisco: lo troveranno che penzola da un albero,
senza cazzo e coglioni. È solo questione di tempo. Nella valle i coloni sono
euforici. Per gli Exter è un brutto colpo. Il pomeriggio del giorno
successivo Sam sale alla capanna di Brian. Sam ha una ventina d’anni. Brian Burnt gli piace parecchio. Forse molti non lo
considererebbero un bell’uomo, ma di sicuro è un maschio come Sam non ne ha
mai visti altri. All’inizio dell’estate Sam lo ha guardato mentre si bagnava
al fiume con alcuni coloni. Lo ha fissato a lungo. Capelli e barba grigi,
come la peluria abbondante che gli copre il petto, il ventre e il culo. Un
cazzo voluminoso, un paio di grossi coglioni. Alcune cicatrici sulle braccia,
sul torace, sulle gambe, una anche sulla faccia. Sam aveva la gola secca e il
cazzo duro. Ha dovuto rivestirsi in fretta per nasconderlo, ma non riusciva a
distogliere gli occhi da Brian, che naturalmente ha finito per accorgersene.
Quando sono usciti dall’acqua, Brian gli si è avvicinato e gli ha chiesto se
voleva venire con lui nel vecchio fienile degli Horbert.
La proposta così diretta ha un po’ stupito Sam, ma Brian non è il tipo da
menare il can per l’aia. Sam di certo non si è tirato indietro. Da allora hanno scopato altre
due volte. Brian è un eccellente stallone. A Sam piace. Brian è sulla porta, il fucile
in mano: i cani hanno segnalato l’arrivo di qualcuno. Sam lo saluta, gli fa i
complimenti e conclude: - Dopo questo smacco gli Exter abbasseranno la cresta. Brian scuote la testa: sa
benissimo che ci sarà solo una tregua. Prima o poi la sentenza di morte che
gli Exter hanno pronunciato verrà eseguita. - Non ci contare troppo, Sam,
quella non è gente che rinuncia facilmente. - Ma gli hai ammazzato quattro
uomini! - Ne possono pagare quanti ne
vogliono, di uomini. Sam si stupisce della risposta
di Brian, ma non insiste. È venuto per altro e il desiderio preme. Sam osserva: - Festeggiamo, Brian? Brian ride. Sa benissimo come
Sam vuole festeggiare. Sam ha un bel corpo, forte e armonioso, e tutta la
bellezza dei suoi vent’anni. Brian si potrebbe stupire che un vecchio orso
come lui possa piacere a un bel ragazzo, ma l’esperienza gli ha insegnato che
spesso i giovani sono attirati da lui. Brian non è particolarmente attratto
dai ragazzi, ma non ha un compagno e l’idea di scopare con un bel giovane non
gli spiace. - Va bene. Andiamo dentro. Brian chiude la porta. Sam si spoglia
in fretta: è impaziente. Brian si toglie gli abiti con movimenti lenti e
precisi, come fa sempre. Brian non ha mai fretta. Guarda Sam, già nudo
davanti a lui, il viso incorniciato dalla barba bionda, le spalle larghe, ben
tornite, il ventre piatto e coperto da un fine pelame chiaro, le braccia e le
gambe muscolose. Bello, senza dubbio, anche se non il tipo d’uomo che Brian
desidera davvero. Sam si stende sul letto e
allarga le gambe. - Muoviti, Brian. Vuoi farmi
ancora aspettare? Brian scuote la testa. Poggia le
mani sulle natiche e le divarica. Gli piace sentire la carne soda cedere
sotto la pressione delle sue mani. Osserva l’apertura che si offre. Sputa,
poi con due dita sparge un po’ di saliva. Quando un dito si intrufola, Sam
geme. Brian avvicina il cazzo, ormai
teso, e lo spinge dentro, lentamente. Il gemito di Sam è più forte, ora. - Sì, Brian, sì! Brian avanza ancora, fino in
fondo. Lascia a Sam il tempo di abituarsi alla sua poderosa mazza, poi dà inizio
alla cavalcata, che dura a lungo. Brian è un bravo stallone e Sam una
giumenta focosa: trotto e galoppo si alternano e Sam geme sempre più forte,
finché non emette un grido strozzato e viene. Allora Brian accelera il ritmo
e dopo alcune spinte vigorose viene dentro il culo di Sam. Brian esce e si stende accanto a
Sam. Sul letto stanno appena, uno di fianco all’altro. - Cazzo, Brian! Che meraviglia! Brian sorride. È stato
piacevole, ma niente di più. Dopo un po’, Sam si rialza e si
riveste, poi se ne va. Brian lo guarda scomparire oltre gli alberi, lungo il
sentiero che porta al paese. Si chiede che senso ha quello che fatto. Ma è
una domanda oziosa. Va bene così. Aveva voglia di scopare, come ne aveva
voglia Sam. Brian ha avuto molte cose dalla
vita. Non un compagno. Ma è abituato alla solitudine e sa bene che nella vita
nessuno ha tutto ciò che desidera. Brian accarezza i cani. Poi esce
dalla capanna e piscia contro un albero. Non si è rivestito. Gli piace stare
nudo, anche se l’aria autunnale è fresca. Non soffre il freddo, è abituato ai
gelidi inverni delle montagne. Gioca un momento con i cani, poi rientra e
incomincia a rivestirsi. Esce di nuovo sulla porta della
capanna. Il vento stacca dagli alberi alcune foglie ormai secche e le fa
volteggiare a lungo, trascinandole anche lontano. Autunno. Un altro inverno
si prepara. Brian sa che non ne vedrà la fine, forse nemmeno l’inizio. Gli Exter agiranno, prima dell’arrivo della neve. Non ci sarà
un’altra primavera per Brian. Ma ne ha vissute abbastanza. E cercherà di
vendere cara la pelle. I giorni passano e non succede
nulla. Ormai è trascorso un mese dall’agguato. Brian non abbassa la guardia.
Gli Exter non rinunceranno. L’unico modo per
costringerli a lasciar perdere sarebbe ammazzarli. Ma hanno tanti scagnozzi
ai loro ordini e Brian è da solo. Tra i coloni nessuno oserebbe partecipare a
una spedizione contro gli Exter. Troppo forte il
rischio di lasciarci le penne. * Lou e Paul osservano il cavaliere
allontanarsi in direzione della montagna. Procede lentamente. Non sembra
avere fretta. Quando l’uomo scompare oltre la
curva, Lou guarda il fratello. - Andrà bene, questa volta? - Certo che andrà bene.
L’Olandese sa quello che fa. Ha fatto fuori diversi banditi, gente che non
era meno in gamba di Burnt. - Sì, ma Burnt
ha ammazzato quattro dei nostri, tre in un colpo solo. Paul ha una smorfia di
insofferenza. Certe volte Lou è insopportabile, con
la sua paura che qualche cosa vada storto. - Lo ammazza, ti dico. Poi aggiunge: - Mal che vada si fottono a vicenda
e noi risparmiamo una bella somma. Paul ride. Se il cacciatore di
taglie crepasse davvero dopo aver colpito a morte Burnt,
sarebbe tanto di guadagnato, ma non è il tipo da farsi fottere facilmente. - Già, si fa pagare caro. Dobbiamo
proprio darglieli? - Lou,
cerca di ragionare. Credi davvero di poter fare a meno di pagarlo? Lou scuote la testa. Sa benissimo
che la loro pelle non varrebbe molto se non stessero ai patti. Bisognerebbe
uccidere l’Olandese, per non pagarlo. Ma è uno dei migliori pistoleri della
regione. - No, lo so che dobbiamo
pagarlo. - Allora prepariamo quei soldi.
Sono ben spesi. Brian sta tornando alla capanna.
Ogni tanto scruta il cielo: grandi nuvole nere si addensano sopra la sua
testa e tra non molto incomincerà a piovere. Certamente in alto nevicherà:
l’autunno presto cederà il posto all’inverno. La prima neve ha già imbiancato
le cime, ma oggi probabilmente nevicherà anche più in basso, sui boschi di
larici e abeti. Alla capanna quasi certamente no: anche se la giornata è
fredda è difficile che nevichi così in basso. Brian ha appena formulato questo
pensiero, quando la pioggia incomincia a scendere, crescendo rapidamente di
intensità. Brian non sprona il cavallo:
preferisce muoversi con cautela, controllando il terreno intorno. Quando sta per arrivare alla
radura, Brian scorge il cavaliere. Brian ferma il cavallo e porta la mano
alla pistola: l’uomo non è di queste parti, non è uno degli sgherri degli Exter che Brian ha avuto modo di conoscere, ma la prudenza
non è mai eccessiva. Brian lo osserva con attenzione. L’uomo è alquanto
corpulento, ma sicuro nel muoversi a cavallo. Il cappello impedisce a Brian
di vedere bene il viso, incorniciato da una fitta barba grigia e nera. Il
cavaliere non sembra essersi accorto di lui. Sta percorrendo il sentiero di
fianco al torrente, un po’ più in basso rispetto al luogo in cui si trova
Brian: una scelta che rivela chiaramente la sua scarsa conoscenza dei posti.
Nessuno segue più quella vecchia traccia, perché poco più avanti il terreno è
franato e il rischio di scivolare e finire nell’acqua è forte. Brian si chiede se avvisare lo
sconosciuto, quando un grizzly compare, a pochi metri dal cavaliere. Il
cavallo si impenna con un movimento brusco, disarcionando il cavaliere, che
cade malamente e rotola fino al torrente, finendo in acqua. L'orso non si
allontana: scende invece rapidamente fino a una roccia sul bordo del
torrente. Sembra intenzionato a gettarsi sull’uomo che annaspa, in un punto
in cui il corso d’acqua forma una pozza. Forse è una femmina con i piccoli.
Oppure è soltanto un maschio irritabile. Brian ha già puntato il fucile.
È un eccellente tiratore e quando spara l’animale emette un bramito e cade,
finendo nella pozza. Brian smonta rapidamente da cavallo e scende verso la
riva, dove il cavaliere disarcionato sta faticosamente issandosi. L’uomo
riesce a uscire dalla pozza, ma scivola nel fango e ricade in acqua, con una
vigorosa bestemmia. Tenendosi a un ramo, Brian gli porge la mano. L’uomo
l’afferra e riesce a risalire. - Grazie. Brian ora può vederlo bene in
faccia. Deve essere sui cinquanta, più o meno. Un viso largo, incorniciato
dalla fitta barba. I capelli sono neri, con parecchi fili bianchi, gli occhi
di un azzurro molto intenso. Quando infine è riuscito a
risalire sul sentiero, l’uomo si china per raccogliere il cappello. Cerca di
pulirlo, ma c’è troppo fango. - Merda! - Tutto bene? Viste le condizioni dell’uomo,
fradicio e sporco, probabilmente anche dolorante per la caduta, la domanda è
incongrua. Brian se ne rende conto e gli viene da sorridere. L’uomo scuote la
testa con una smorfia e risponde: - Diciamo che sono ancora vivo,
grazie a te. Per il resto, potrebbe andare meglio. Molto meglio. Hai visto
dove cazzo è finito il cavallo? - Non deve essere lontano. Ti
aiuto a cercarlo. - Grazie anche di questo. Io
sono Douglas. - Io sono Brian. Brian osserva le tracce nel
fango. - Senti, prendo il mio e vado a
recuperarlo. Tu aspettami qui. Seguire le tracce che il cavallo
ha lasciato non è difficile. In pochi minuti Brian raggiunge l’animale, che
si lascia avvicinare, afferra le redini e ritorna da Douglas. - Grazie. Mi hai salvato
dall’orso, mi hai tirato fuori dall’acqua e mi hai riportato il cavallo. Se
adesso mi dici anche dove posso asciugarmi, non morirò assiderato e potrò
ringraziarti meglio. Brian sorride. - Vieni con me. Abito non
lontano da qui. Douglas risale a cavallo. Pochi
minuti dopo i cani arrivano di corsa e in breve raggiungono l’abitazione di Brian,
ai margini del bosco. Brian scende dalla cavalcatura e la conduce sotto la
tettoia che ha costruito come riparo per l’animale, di fianco alla capanna.
Non è molto ampia, ma ci stanno i due cavalli. Brian toglie la sella e i
finimenti e Douglas fa altrettanto con il proprio cavallo. - Adesso entriamo e ti potrai
asciugare, ma prima devo pisciare. Brian si mette contro un albero
e tira fuori l’uccello. Douglas lo raggiunge. - Buona idea, Brian. Ne ho
bisogno anch’io. Brian ha incominciato a
pisciare. Lancia un’occhiata a Douglas e osserva che Douglas ha un magnifico
uccello. Alza gli occhi e incontra il sorriso di Douglas. Beffardo? Forse. Quando tutti e due hanno finito
di pisciare, entrano nella capanna. È un edificio solido, costituito da
un’unica ampia stanza. C’è un camino, l’unica parte costruita in pietra: le
pareti sono formate da tronchi squadrati. Brian si china e accende il
fuoco nel camino. - Puoi spogliarti e mettere gli
abiti ad asciugare sulla sedia. - Grazie, Brian. Non vedo l’ora
di togliermi questa roba di dosso. Sto congelando. Brian si toglie il cappello e la
giacca, che appende a un gancio. Tiene d’occhio Douglas mentre questi si
spoglia: è abituato a essere prudente. Douglas è già in camicia. Si sfila il
cinturone con le pistole e lo posa sul tavolo. Brian nota una cinghia sulla
sua spalla. Quando Douglas se la toglie, Brian vede che regge un lungo
coltello che l’uomo portava sulla schiena: Douglas gira bene armato. Douglas
posa l’arma e poi si toglie la camicia, gli stivali e i pantaloni. Mette gli
stivali vicino al fuoco, la camicia sulla spalliera della sedia e i pantaloni
sul sedile, poi si toglie anche i mutandoni. Ora è nudo e sorridente. Brian
può vederlo tutto. Osserva il petto e il grosso ventre sporgente, entrambi
alquanto villosi, il magnifico cazzo, i coglioni, grossi e pelosi. Brian ha
la gola secca. Douglas è il tipo d’uomo che gli piace: un bell'orso che gli
fa venire l'acquolina in bocca, tanto più che è un mese che non scopa. Dopo avergli lasciato tutto il
tempo per contemplarlo, Douglas si siede a terra vicino al fuoco, dandogli la
schiena. - Cazzo, che meraviglia! Era
quello che ci voleva. Adesso un sigaro sarebbe perfetto. Brian prende un sigaro dalla
tasca interna della giacca, lo prepara e lo accende, poi lo porge a Douglas.
Questi sorride. - Direi che sono morto, sbranato
dall’orso o affogato nel torrente, e sono finito direttamente in paradiso. Ma
che io finisca in paradiso non è proprio possibile, per cui devo essere
ancora vivo. Douglas ride, una grassa risata
che mette allegria. Ma Brian è turbato. Questo corpo nudo attizza il suo
desiderio. Douglas lo guarda, ammicca e
dice: - Tu non ti spogli, amico? Non
sei finito in acqua, ma i tuoi abiti non sono certo asciutti. Brian annuisce. C’è nel sorriso
di Douglas qualche cosa che dà alle sue parole un altro significato o Brian
se lo sta solo immaginando? Brian si toglie il cinturone,
poi lentamente si spoglia. I mutandoni sono asciutti e non ci sarebbe motivo
per toglierli, tanto più che Brian sa di avere il cazzo mezzo in tiro, ma
finisce di spogliarsi ugualmente e si siede di fianco a Douglas: Brian non è
abituato a mentire, a nascondersi. Si accende un sigaro e rimane fermo a
guardare il fuoco nel camino e a godersi il tepore. Non volta la testa dalla
parte di Douglas: non vuole che il cazzo gli si rizzi completamente. Rimangono un buon momento così,
seduti a terra, a scaldarsi al fuoco del camino. Dopo un po’, Douglas si gira in
modo da dare la schiena al fuoco e si avvicina al camino. - Ora di scaldare un po’ la schiena.
La rottura con il camino, è che da una parte cuoci e dall’altra hai freddo. Brian annuisce, senza dire
nulla. Guarda le fiamme che danzano. La sua mente si perde in ricordi lontani
e pensieri vaghi. È la voce di Douglas a scuoterlo. - Diciamo che per il paradiso
mancherebbe ancora una cosa. Brian volta la testa verso
Douglas e lo fissa in volto. Ha capito, ma chiede: - Che cosa? - Un bel maschio da fottere. Brian non abbassa lo sguardo. Non
risponde subito. Guarda Douglas, i suoi occhi azzurri. Poi annuisce, senza
sorridere, senza dire nulla: gli sembra di non essere in grado di parlare. Douglas si avvicina, con una
leggera pressione spinge Brian a stendersi sulla schiena. Brian vede che
Douglas ha il cazzo duro. Sorride. Douglas si sdraia su di lui, Brian ne
avverte il peso, che lo schiaccia sul pavimento. È una sensazione piacevole.
Brian può sentire contro il ventre il cazzo di Douglas. Il suo non è meno
duro. Douglas gli passa una mano sul viso, tra i capelli, poi si inarca e,
sostenendosi con la destra, con la sinistra accarezza il petto di Brian. La
sua mano indugia sulla fitta peluria bianca che lo ricopre. - Mi piaci un casino, Brian. Brian annuisce. - Anche tu mi piaci, Douglas. Douglas si sposta e si mette in
ginocchio, la schiena contro il fuoco. Le sue mani percorrono il corpo di
Brian, indugiano sugli occhi, sul collo, scivolano sul petto e sul ventre,
accarezzano il cazzo, lo afferrano, poi lasciano la presa. La sinistra avvolge
i coglioni e li stringe, con forza, la destra scivola dietro, stuzzica la
pelle e poi risale fino all’apertura. Brian sussulta quando Douglas gli
infila un dito nel buco: il movimento è stato brusco, ma Brian sa che da
Douglas non può aspettarsi delicatezza. Anche le carezze di questo maschio
forte e deciso sono brutali. Ma è proprio questa brutalità a soggiogare
Brian. Douglas spinge più a fondo il dito. Brian geme. Douglas grugnisce. Poi
le sue mani si staccano e con un movimento rapido afferrano Brian e lo
voltano sulla pancia. Douglas gli allarga le gambe. Sono anni che nessuno prende
Brian: nei rapporti che ha con alcuni uomini della valle, di solito più
giovani di lui di diversi anni, come Sam, è sempre lui a possedere. Ma adesso
lascia che Douglas gli infili due dita umide in culo, preparando l’apertura.
L’ingresso è lento, ma ugualmente doloroso. Brian sente nuovamente il peso di
Douglas su di sé, che lo schiaccia. E quando Douglas, dopo avergli lasciato
il tempo di abituarsi a questa presenza ingombrante, avanza, lo fa con la
violenza di chi prende possesso di ciò che gli appartiene. Brian sussulta. - Merda! Ma va bene così, Brian ha la
sensazione di essersi arreso a quest’uomo che ora lo possiede e anche il
dolore, forte, fa parte di questa sottomissione completa, ne è il segno. Douglas ride. Rimane un attimo
fermo, poi incomincia la sua cavalcata. Il dolore cresce, in ondate che dal
culo si diffondono in tutto il corpo. Brian stringe i denti, ma ha il cazzo
duro e tutto il suo corpo è teso. Douglas lo fotte con grande
energia e Brian si morde un labbro per non gridare. Eppure una parte di lui
vuole questo dolore violento, che, Brian se ne rende conto sgomento, è anche
piacere, un piacere che cresce e gli mozza il fiato, che infine è più forte di
tutto e lo spinge a gemere senza ritegno, un gemere che è quasi un gridare. Quanto dura la cavalcata? Brian
ha perso ogni contatto con la realtà. Gli sembra che Douglas lo stia fottendo
da ore e ore, che questo peso gravi su di lui da sempre, che questa mescolanza
di dolore e piacere sia tutta la realtà. Infine sente le spinte diventare
più violente. Brian grida, Douglas grugnisce, forte, tre volte. Brian sente
il piacere deflagrare e grida ancora, mentre Douglas si affloscia su di lui. Brian chiude gli occhi. A lungo
fluttua in un mondo dai contorni vaghi. Il peso di Douglas su di lui, il
cazzo di Douglas dentro di lui, il calore del fuoco, il dolore al culo, una
sensazione di beatitudine. Lentamente, molto lentamente,
Brian riemerge. Apre gli occhi e muove la testa. Douglas fa scorrere una mano tra
i suoi capelli, poi esce da lui. Lo guarda e scuote la testa, senza dire
nulla. Brian vorrebbe chiedergli che cosa sta pensando, ma Douglas dice: - Mi piacerebbe un bel caffè.
Chiedo troppo? Brian ride. - Direi che ci sta. Si alza, prepara il caffè e lo
mette sul fuoco. Douglas si è seduto di nuovo
davanti al camino. Brian lancia un’occhiata agli abiti del cacciatore di
taglie. Un po’ di vapore si alza. Si sente l’odore di panni bagnati. Ci vorrà
un po’ prima che asciughino. Rimangono silenziosi mentre
aspettano il caffè. Brian osserva Douglas, apertamente: con quest’uomo è
andato troppo oltre perché abbia senso nascondersi. Gli guarda il viso, le
labbra carnose, la fitta barba. Poi il suo sguardo scivola sul petto, sul
ventre, fino al cazzo poderoso, che non è più rigido, ma appare ancora gonfio
di sangue. Ancora o di nuovo? Brian si rende conto che il suo cazzo si sta
irrigidendo. Quando il caffè è caldo, Brian
lo versa nelle tazze e lo bevono in silenzio. Poi Brian si alza e posa le
tazze sul tavolo. Torna a sedersi. - Il culo mi fa un male
bestiale. Douglas sorride. - Mi spiace per te, ma per me è
stata una delle migliori scopate della mia vita. - Anche per me. Non sono abituato
a farmi inculare, ma è stato grandioso. - Sì, mi sono accorto che la
carne cedeva a fatica. Me l’ha fatto venire ancora più duro. - Mi sembrava d’avere una mazza
di ferro in culo. Una mazza tenuta a lungo tra le fiamme. Douglas ride. Ammicca e dice: - Quando vuoi riprovare,
possiamo farlo. Sempre a tua disposizione. Brian scuote la testa. - Adesso certamente no. Guarda Douglas, serio. Aggiunge,
fissandolo negli occhi: - Ma ora mi piacerebbe
mettertelo in culo. Douglas annuisce. - Per me va bene. Con uno come
te, mi va bene. Senza dire altro, Douglas si
stende sulla schiena, vicino al camino. Piega le gambe e le allarga. Brian guarda il ventre
prominente, la peluria scura, il grosso cazzo che sta riprendendo consistenza
e volume e si protende a mezz’aria, non ancora rigido, ma già minaccioso.
Guarda i grossi coglioni pelosi. Brian si mette tra le gambe di
Douglas, che le solleva e le appoggia sulle sue spalle. Brian si sputa sulle dita e
inumidisce l’apertura. Poi sputa di nuovo e bagna la cappella. Ha il cazzo
duro e teso, ora. Sorride e lo avvicina al buco. Preme ed entra. Douglas
sussulta e sul suo viso appare una smorfia, ma torna subito a sorridere.
Brian avanza, infilando il cazzo fino in fondo. Douglas chiude gli occhi. È
bello leggergli in viso quel misto di dolore e piacere che prima ha fatto
impazzire Brian. Una mano di Brian accarezza il petto e il ventre di Douglas,
poi scende fino al cazzo. Brian dà inizio alla cavalcata. Si muove deciso,
senza riguardi per Douglas: tra loro non c’è spazio per la delicatezza. Brian
sta fottendo Douglas con forza, come Douglas ha fottuto lui. Sa di fargli
male, ma sa anche che nel dolore c’è piacere. A tratti, dopo una spinta più
decisa, Douglas grugnisce e il suono incita Brian a spingere con maggiore
forza. Sulla fronte di Douglas ci sono goccioline di sudore. La bocca si apre
più volte, come se gli mancasse il respiro. Brian spinge con forza maggiore. - Cazzo, Brian! Brian ride e la cavalcata
diventa sempre più impetuosa, scandita dai grugniti di Douglas. Infine Brian
viene e per un momento gli sembra che il mondo svanisca. Poi afferra il cazzo
di Douglas e brutalmente lo stringe muovendo la mano, fino a portarlo al
piacere. Brian esce da Douglas e si
stende su di lui. Chiude gli occhi. Douglas lo stringe tra le braccia. Rimangono a lungo così. Infine
Brian si scioglie dall’abbraccio e si alza, per mettere altra legna sul
fuoco. Rimangono davanti al camino, in
silenzio. Non hanno bisogno di parole. Brian si sente bene. Ogni tanto guarda
Douglas e gli sorride. I pensieri vagano pigri, senza meta. Douglas controlla
i suoi abiti e li risistema, in modo che le parti ancora bagnate asciughino
meglio. Più tardi Brian si riveste, dà
da mangiare ai cani e prepara la cena. Ormai anche Douglas può rivestirsi.
Mangiando scambiano poche parole. Brian esce a controllare i
cavalli. Non piove più. Nel cielo ci sono ancora nuvoloni neri, ma si vedono
anche alcune stelle e la luna è spuntata sopra la cima del Great Tower Peak. Douglas esce e si mette
dietro di lui. Lo stringe tra le braccia e rimangono così, a guardare il
cielo. Brian si sente bene. Brian dice: - Per me un’ultima pisciata e
poi a letto. - D’accordo. Si mettono contro un albero e
pisciano tutti e due. Brian guarda i due getti di piscio, che la luce lunare
rende d’argento. Nell’oscurità i loro visi si vedono appena, ma a Brian piace
sentire Douglas vicino. Poi rientrano nella capanna. - Il letto è un po’ stretto per
dormire in due, soprattutto con uno come te, ma ce la possiamo fare. Douglas sorride. - Sì, credo di sì. Si spogliano e si mettono a
letto. Douglas stringe Brian tra le braccia. Di nuovo Brian avverte una
sensazione di benessere profondo. Il mattino dopo Brian si sveglia
tra le braccia di Douglas. La capanna è fredda, ma sotto la coperta si sta
benissimo e il corpo di Douglas trasmette una piacevole sensazione di calore.
Un bel risveglio. Bello anche sentire contro il culo il cazzo di Douglas,
duro come la pietra. Douglas dorme ancora e a Brian piace sentire il suo respiro
pesante. Vorrebbe alzarsi, pisciare, accendere il fuoco e preparare la
colazione, ma sta troppo bene così. Douglas si sveglia poco dopo.
Gli sorride, lo gira sul ventre e si stende su di lui. Brian sente la
pressione del grosso cazzo di Douglas contro il culo. - Lasciami il tempo di alzarmi e
pisciare. - No, adesso no. Tutto avviene molto in fretta:
Douglas gli passa un braccio intorno al collo e stringe, mentre con l’altra
mano gli blocca la testa. Brian ha appena il tempo di rendersi conto di
essere fottuto, prima di perdere i sensi. Nella tarda mattinata Douglas
raggiunge la fattoria degli Exter. Quando lo vedono
arrivare, Lou e Paul Exter
escono ad accoglierlo. - Ebbene, Olandese? - Ho fatto secco quel figlio di
puttana. Venite con me, che vi faccio vedere. Lou Exter
ride. Hanno fatto bene a rivolgersi a Dutch
Douglas: la buona fama del cacciatore di taglie evidentemente è meritata.
Paul chiede: - Hai fatto come ti avevamo
detto? - Sì, l'ho castrato. Paul annuisce. Quella della
castrazione è stata una sua idea: vedendo il loro paladino morto e senza
cazzo e coglioni, i contadini abbasseranno la testa. Paul sorride al pensiero
del cadavere di Brian Burnt con un bello squarcio
tra le gambe e dice: - Così quei fottuti bastardi
capiranno che cosa significa mettersi contro di noi. Lou chiede: - Dov'è? - Vicino alla sua capanna. L'ho
ammazzato là. - Sei riuscito a prenderlo di
sorpresa? - Sì, ho fatto in modo che non
diffidasse di me. Diciamo che prima ho fatto amicizia con lui. Douglas ride. Lou scuote la testa. - Non credevo che Burnt si sarebbe lasciato sorprendere così facilmente.
Era proprio un coglione. - Non ha sospettato di nulla. Ma
saliamo alla capanna, così ve lo faccio vedere e mi date i soldi. - Sì, voglio proprio vederlo
morto, quel figlio di puttana di Burnt. - Allora è bene che ci muoviamo,
se volete tornare prima che sia buio. - Tu non torni con noi? - A che fare? Mi fermo alla sua
capanna e poi domani scendo verso Fort Tremont. I
soldi li avete preparati? - Sì, ma prima vogliamo vedere
il cadavere. - Certo. Me li date dopo averlo
visto. Dalla fattoria degli Exter ci vogliono quasi tre ore per raggiungere la
capanna di Brian. La giornata è grigia, ma non
piove. Il terreno è ancora impregnato d’acqua e dalla montagna innevata
soffia un vento freddo. In alto è nevicato parecchio. Quando infine arrivano vicino
alla capanna, Douglas li guida fino a una piccola radura, dove scende da
cavallo. - Venite con me. Dietro quegli
alberi. Anche i due fratelli smontano e
seguono Douglas, che procede a passo rapido. Superato un vecchio larice
abbattuto, Douglas dice, indicando una fitta macchia di cespugli poco oltre: - L'ho lasciato lì dietro. Lou e Paul aggirano i cespugli.
Douglas rimane fermo dov'era. I fratelli si guardano intorno.
Il cadavere di Burnt non si vede, ma la vegetazione
è molto fitta. Lou non può vedere Douglas. Grida: - Dove cazzo è? Qui non si vede. - Vicino agli ultimi cespugli,
verso i due larici. Lou e Paul si avvicinano ai due
larici, scrutando tra i cespugli. Lou osserva: - Qui non c'è nessun cadavere. - Diciamo a Douglas di venire
anche lui. Paul chiama Douglas, che non
risponde. - Douglas?! Dove cazzo sei
finito? Qui non c’è niente. Escono dalla macchia e si dirigono
verso il posto dove hanno lasciato Douglas. Ma aggirata la macchia di
cespugli, si fermano di colpo: accanto a Douglas c'è Brian Burnt. È Paul a parlare: - Che cazzo significa, Douglas? Douglas sorride e risponde: - Significa che adesso questa faccenda
ce la risolviamo qui, lealmente. Voi siete in due e noi anche. Avete le
pistole. Saranno loro a decidere chi ne esce vivo. Lou e Paul sanno che hanno ben
poche possibilità. Sono due discreti tiratori, ma Douglas è di sicuro molto
più veloce e con ogni probabilità lo è anche Burnt. Lou deglutisce. Si accorge di aver
incominciato a sudare, nonostante il vento gelido. Lancia una rapida occhiata
al fratello. Paul non guarda verso di lui. Fissa i due avversari,
concentrato, rabbioso, mentre avvicina lentamente la mano alla pistola,
imitato da Douglas e Brian. Lou sente la paura
stringergli le viscere. Non vuole morire. Muove la mano velocemente, sperando
di essere più veloce di Brian, che è di fronte a lui. Nell'attimo in cui
impugna la pistola, Douglas spara. Brian spara subito dopo di lui. Lou sente la fitta al cuore. Mentre cade, fa in tempo a
vedere Paul che si avvita su se stesso mentre crolla a terra. Douglas si avvicina ai due corpi
stesi sull'erba. Brian lo segue. Douglas controlla. - Stecchiti tutti e due. - Li hai ammazzati tutti e due
tu. Quando io ho sparato, li avevi già colpiti. Douglas alza le spalle. - Non ha nessuna importanza. Non
c'è una taglia su questi due bastardi, anche se dovrebbe esserci. - No, hai ragione, non ha
nessuna importanza. - Non è il caso di lasciarli
qui. Dove li portiamo? - Alla pista per Red Lake. Così
i coloni sapranno che non hanno più nulla da temere. Douglas e Brian prendono i
cavalli dei fratelli Exter, caricano i due cadaveri
e li portano fino alla pista. Li depongono a terra e lasciano libere le
cavalcature. Douglas prende la borsa che Paul
Exter aveva legato alla sella e la apre. Dentro ci
sono i soldi della ricompensa pattuita. Douglas mette i soldi nella borsa che
porta sul proprio cavallo. Brian lo guarda, senza dire
nulla. Douglas risponde alla domanda non formulata: - I soldi che mi avevano
promesso per far fuori un figlio di puttana. Brian ghigna e osserva. - Non te li sei guadagnati. - Come no? Ne ho fatti fuori
due, di figli di puttana. Non c’era una taglia sulla loro testa, ma solo
perché lo sceriffo è un altro figlio di puttana. Bisognerà pensare anche a
lui. - Adesso che non ci sono più gli
Exter, non credo che sarà necessario. Douglas e Brian risalgono a
cavallo e si dirigono verso la capanna di Brian. Non dicono quasi nulla durante
il tragitto. Arrivati a casa, sistemano i cavalli sotto la tettoia. Entrano.
Brian accende il fuoco, poi si mette a preparare la cena. Solo quando hanno finito di
mangiare, Brian chiede: - Perché l'hai fatto, Douglas? Douglas ride. - Me l'hai già chiesto questa
mattina, Brian. - Già, quando mi sono
risvegliato legato ed ero sicuro che mi avresti fottuto. - Ti ho legato perché tu capissi
che potevi fidarti di me: se avessi voluto, avrei potuto ammazzarti. - Quello l’avevo capito da solo.
Ma non hai risposto alla mia domanda. Mi hai spiegato il tuo piano, ma non i
motivi. - Brian, ho ammazzato diversi
banditi per incassare le taglie. Quando mi hanno proposto questo lavoro ero
un po’ incerto, anche se lo sceriffo ti aveva dipinto come un figlio di
puttana che era meglio eliminare. Ho deciso di venire a vedere che tipo eri. - Venire a vedere che tipo ero?
Con il rischio di finire ammazzato?! - Nel mio lavoro il rischio di
finire ammazzato c’è sempre. Comunque tu non eri come loro ti avevano
descritto. E io avevo accettato di far fuori un figlio di puttana, te l’ho
detto. Tu mi hai salvato la pelle, mi hai ospitato. E dovevo ammazzarti? - Ma perché metterti contro gli Exter? - Mi avevano preso per il culo,
raccontandomi un sacco di storie. Brian scuote la testa e ride. - Un po’ debole, come motivo per
ammazzare uno. - Forse, ma per me più che
sufficiente. Douglas ghigna, poi torna serio.
Guarda Brian in faccia, con uno sguardo che sembra trapassarlo. Aggiunge: - Perché prima o poi ti
avrebbero fottuto, Brian, questo era chiaro. E invece voglio fotterti io, ma
in un altro modo. Brian ride, ma il desiderio si
accende dentro di lui. - Non potrò cavalcare per una
settimana, poi. - Ti terrò compagnia in quella
settimana. Non ti senti da solo in questa capanna sperduta nei boschi? Brian guarda Douglas negli
occhi. Di nuovo Douglas sorride, ma Brian sa che le sue parole hanno un
significato preciso. Brian è sempre stato bene nella solitudine della sua
capanna, non ha mai desiderato condividerla con altri. Adesso però è diverso.
Vorrebbe ancora risvegliarsi tra le braccia di Douglas, come questa mattina,
anche se in due nel letto si sta stretti. Vorrebbe stare ancora davanti al
camino vicino a Douglas. Vorrebbe sentire ancora l’arma poderosa di Douglas
in culo e affondare la propria nella sua carne. Deglutisce e chiede: - Che cosa intendi fare,
Douglas? - Magari mi compro alcune terre
degli Exter, se le mettono in vendita, e mi fermo a
vivere da queste parti. Sono stufo di fare il cacciatore di taglie. È un
lavoro di merda. Non fai in tempo a conoscere uno, che lo devi ammazzare. Non
è il massimo per fare amicizia. Brian sorride. Guarda Douglas
negli occhi. Smette di sorridere. Il desiderio è una mano di ferro che gli stringe
la gola e i coglioni. Douglas si alza e si mette davanti a lui. Brian si
solleva a fatica: gli sembra che le gambe non lo reggano. Ora il viso di
Douglas è a una spanna dal suo. Douglas gli prende la testa tra le mani e lo
bacia. Infila con forza la lingua in bocca a Brian. Brian si rende conto di
barcollare. Sente le mani di Douglas slacciargli la cintura e calargli
pantaloni e mutandoni. Mani forti, decise, brutali. Lascia che quelle mani lo
girino, lo forzino a piegarsi sul tavolo dove hanno appena mangiato e ad
appoggiare il torace, offrendo a Douglas il culo. Il piano di legno lo
sostiene e va bene così, perché Brian non riuscirebbe a stare in piedi. Un
morso deciso al culo, poi un altro. Qualche morso leggero. Brian ha la
sensazione che la stanza ondeggi. Le mani di Douglas sul suo culo, che
stringono, forte. Un po’ di saliva sul buco, due dita per preparare la
strada. Il culo gli fa ancora male per la scopata di ieri e il nuovo ingresso
gli mozza il respiro. - Merda! Douglas lo bacia sul collo, gli
accarezza i capelli e poi il viso. Spinge a fondo e Brian sussulta. - Merda! Douglas gli morde una spalla e
incomincia a fotterlo. Il dolore cresce, a ondate. Anche il piacere cresce,
più forte. O forse è il dolore a essere anche piacere. Douglas spinge con
violenza, come se volesse trapassargli il culo. Brian grida. Douglas gli
passa la mano davanti alla bocca. Brian gli morde un dito, forte. Douglas gli
dà uno scappellotto e ritira la mano. Poi lo bacia sul collo. Douglas lo
fotte impetuosamente e Brian geme, sempre più forte, senza ritegno. Le mani
di Douglas gli afferrano i coglioni e glieli stringono, poi una risale al
cazzo. Non è una carezza, è una stretta vigorosa, come vigorose sono le
spinte che squassano il culo di Brian. Brian si dice che non è più in grado
di reggere questo dolore bestiale, il cazzo di Douglas che gli scava il culo,
le sue mani che gli stringono i coglioni e il cazzo. È troppo forte. E mentre
lo pensa il piacere esplode, il suo seme schizza in avanti in un lungo getto
e Douglas spinge con violenza ancora maggiore, finché il suo sborro non
riempie le viscere di Brian. Douglas lo afferra e si stende
accanto al fuoco del camino, tenendolo sopra di sé. Lentamente il suo cazzo
perde consistenza e volume. Molto lentamente il dolore al culo di Brian si
attenua e rimane solo la sensazione meravigliosa di questo tappeto di carne
su cui è disteso, delle carezze ancora brutali, ma anche, ora sì, talvolta
delicate. Brian si sente in paradiso. Douglas lo accarezza a lungo.
Brian ha cancellato ogni pensiero, vive solo delle sensazioni che gli
trasmettono le mani di Douglas lungo il suo corpo, il corpo di Douglas sotto
il suo, il cazzo di Douglas dentro il suo culo. Un piacere più forte del
dolore, un benessere sconfinato. È la voce di Douglas a
riscuoterlo, dopo un tempo che gli pare infinito: - Adesso che hai male al culo e
non puoi cavalcare, mi toccherà rimanere qui con te. Brian sorride. - Credo proprio di sì. Non puoi
lasciarmi in queste condizioni. Brian muove un braccio, in modo
da riuscire ad accarezzare il viso di Douglas dietro di lui. Douglas chiede: - Ti va bene se mi fermo qui, a
casa tua, intendo, Brian? Brian non è abituato a esprimere
i propri sentimenti, ma non sa mentire. - Vorrei che ti fermassi per
sempre, Douglas. - È quello che voglio anch’io. 2017 |