L’ispettore

 

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Quando Dario scende, Bruno è già sotto che lo aspetta. Dario guarda l’orologio, temendo di essere in ritardo, anche se ha controllato poco fa ed è sicuro di essere sceso qualche minuto prima dell’ora fissata.

- Sei in anticipo.

- Non volevo farti aspettare. Già incominciare una giornata di lavoro nel traffico di Lagos non è il massimo, dover anche aspettare l’autista sarebbe proprio troppo. 

- Non sapevo di avere un autista personale.

Bruno Fanti è un medico e lavora presso un’altra organizzazione, ma deve fare la stessa strada e Yvonne, che dirige l’associazione per cui lavora Dario, si è messa d’accordo con lui per evitare che Dario debba prendere un autobus. Per motivi di sicurezza Dario non risiede nell’area in cui svolge il suo lavoro, ma in un quartiere residenziale, in una casa con portiere e guardia privata all’ingresso.

Bruno ride e risponde:

- Sei una persona importante.

Il traffico è infernale e Bruno tira giù santi e madonne a tutto spiano, ma senza arrabbiarsi veramente. Dario ha già avuto un assaggio della circolazione di Lagos ieri, arrivando dall’aeroporto, ma oggi ha modo di farsi un ‘idea più precisa. Osserva:

- Ma questo traffico è folle.

- Sì, qui le strade sono insufficienti e guidano tutti come dei matti. Guarda quel coglione, ancora un po’ mi viene dentro…

Dario osserva la manovra di Bruno, poi ride e dice:

- Però direi che anche tu…

Bruno aggrotta la fronte, come se fosse offeso, ma gli scappa un sorriso.

- Come sarebbe a dire?

- Insomma, è proprio vero che chi va con lo zoppo…

Bruno ride di nuovo.

- Bada che potrei lasciarti qui e poi voglio vedere come te la cavi a raggiungere l’organizzazione.

- Non dico più niente. Mi limiterò a pensarlo…

- Fa’ attenzione: qui in Africa ho sviluppato capacità telepatiche. Potrei leggere dentro di te.

- Sì, ma se continui a guidare così, la telepatia non ti servirà, perché io sarò fuori di me.

Ridono tutti e due.

- Cazzo, però! Per un sorpasso azzardato… quante storie!

- Azzardato? Avrei detto suicida.

Chiacchierano per tutto il viaggio, punzecchiandosi ogni tanto, ma discutendo anche seriamente. Dario è molto contento di aver trovato questo medico italiano, simpatico e gioviale, con cui scambiare due parole in libertà durante lo spostamento. Quando sarà giunto a destinazione, parlerà solo inglese e francese e affronterà ben altri problemi.

Bruno lascia Dario all’ufficio dell’organizzazione e prosegue: lavora pochi chilometri oltre. Dario ritrova Yvonne, che ha già incontrato al suo arrivo, ieri, e fa la conoscenza con alcuni dei collaboratori che ancora non ha visto. La prima giornata è dedicata ad affrontare i problemi organizzativi, ma da domani ci sarà da buttarsi a capofitto nel lavoro: Dario sostituisce un operatore che ha rinunciato all’incarico improvvisamente, senza passare le consegne e senza dare spiegazioni. Bisogna riprendere le attività interrotte e recuperare il tempo perso.

Nel tardo pomeriggio arriva l’ispettore Shagari. È lui che si occupa della protezione degli operatori. L’ispettore non bussa, non si fa annunciare: come altri che hanno una posizione di potere, non ritiene di dover sottostare alle regole che valgono per i comuni mortali. Yvonne fa le presentazioni. L’ispettore ha un bel sorriso (con due denti d’oro) ed è molto cordiale. 

- Benvenuto in Nigeria dottor Siviri.

In realtà Dario si chiama Severi, ma già l’ispettore pronuncia male l’inglese, figuriamoci un nome italiano.

Dopo i saluti, Shagari annuncia, trionfante:

- Abbiamo ottenuto di avere un agente sempre di guardia qui davanti.

Yvonne non appare entusiasta:

- La presenza di un agente garantirà una maggiore sicurezza, mi sembra un’ottima cosa. Solo non vorrei che intimorisse le persone che si rivolgono a noi.

L’ispettore sorride.

- Non deve preoccuparsi, Madame.

Dario nota che l’ispettore conosce anche qualche parola (almeno una parola) di francese.

Yvonne chiede quando arriverà la guardia.

- Domani mattina. Rimarrà qui davanti tutto il giorno, a vostra disposizione. Non ci saranno più incidenti spiacevoli. Se dovete andare da qualche parte, vi può accompagnare.

- Ispettore, la ringraziamo, ma lei sa che in certi quartieri, se ci presentassimo insieme a un poliziotto, susciteremmo molta diffidenza.

Il sorriso dell’ispettore si allarga:

- Tutto non si può avere, ma la sicurezza è la cosa più importante. Noi teniamo molto alla vostra sicurezza, Madame.

Dopo due convenevoli, l’ispettore se ne va.

- Molto amabile, l’ispettore.

Yvonne alza le sopracciglia.

- Amabile, sì. Però…

- Che cos’è che non ti convince?

- Non puoi girare con un poliziotto in certi quartieri: credono che anche tu sia della polizia, non si fidano di te. E anche qui, all’ingresso… Certo, fa comodo, è una sicurezza, però… Se vogliono colpirti possono farlo in altri momenti. Insomma, non so se il gioco vale la candela.

- Corriamo davvero tanti rischi?

Dario è stato informato che il loro lavoro può essere pericoloso e che ci sono state minacce: il giro della prostituzione minorile è in mano a gruppi che non esitano a uccidere, anche se nei confronti degli stranieri si muovono con maggiore cautela.

- Ho ricevuto minacce velate e altre più dirette. Anche François ne aveva ricevute parecchie. E…

François Verrière era l’operatore che Diego sostituisce.

- E?

- Tu non sai che cosa gli è successo, vero?

- Io? Figurati! Non l’ho mai visto in vita mia.

- Non ha mai voluto dire niente. È partito, di colpo. La bambina di cui si stava occupando è scomparsa nel nulla. Non lo so. Mi sono spesso chiesta che cosa sia successo a lui e alla bambina, in quest’ultimo mese. Ma forse farei meglio a non pensarci.

- Non abbiamo nessun elemento che ci possa aiutare a ritrovarla?

Yvonne scuote la testa.

- No, era un caso di cui François aveva appena incominciato a occuparsi. L’unico contatto era una donna, anche lei scomparsa, ma solo François sapeva qualche cosa di lei.

Il lavoro procede. Dario si dice che sarà ben pesante, ma questo lo sospettava.

La sera Dario ritorna con Bruno, che gli chiede notizie della giornata. Dario racconta, poi dice:

- Ho conosciuto un ispettore di polizia.

- Qualche grana?

- No, si occupa della nostra protezione.

- Capisco. Quanto vi chiede per proteggervi?

Dario è disorientato: dal tono di voce è chiaro che Bruno non sta scherzando.

- Ma che cosa dici? Non ci ha mica chiesto soldi. È il loro compito, no?

Bruno lancia un’occhiata a Dario come se lo considerasse un perfetto deficiente, scansa un’auto che sembra intenzionata a prenderli in pieno, bestemmia, sorpassa tagliando la strada a un’altra auto e riprende:

- Qui la polizia si fa pagare.

- Ma ci sarà pure qualcuno onesto, no?

- Onesto? Nella polizia? Stai scherzando, vero? Com’era vestito?

- Come, com’era vestito?

- Aveva la divisa?

- No, un abito civile, un bell’abito elegante.

- E magari pure l’orologio d’oro.

Dario ci ripensa un momento. Sì, l’ispettore aveva un orologio che aveva tutta l’aria di essere d’oro.

- Esatto.

- E tu credi che in Nigeria un ispettore onesto guadagni di che vestirsi con un abito di buon taglio e di che comprarsi un orologio d’oro?

Dario rimane spiazzato. L’ispettore era proprio simpatico.

- Ma non ha chiesto soldi.

- Può darsi che ci siano state pressioni internazionali, per cui la polizia è stata costretta a intervenire.

Dario è molto perplesso.

 

L’agente incaricato della protezione si presenta il giorno dopo. È un uomo sui quaranta, tarchiato, con il viso butterato. È molto silenzioso, ma il suo saluto è cordiale.

Dario incomincia il suo lavoro: deve incontrare alcuni genitori, poi un medico, poi una donna che ha segnalato un nuovo caso. Dario ha un’ampia esperienza di lavoro in Africa con organizzazioni non governative. Si è già occupato di prostituzione, ma mai di prostituzione infantile.

Dario non ci mette molto a scoprire quello che in fondo già sapeva: il suo lavoro è di quelli che schiacciano come un macigno. Occuparsi di bambine vendute non è facile e Dario non riesce certo a rimanere indifferente di fronte alla massa di sofferenza con cui viene in contatto ogni giorno. E non c’è solo la sofferenza: c’è una miscela putrida di corruzione e complicità, omertà e violenza. A Dario a volte pare di non riuscire a respirare.

L’ispettore Shagari ritorna ogni tanto. Nei confronti di Yvonne è sempre molto cortese, si vede che ci tiene a fare bella figura con la bella signora europea. Con Dario è molto cameratesco. Quando Yvonne non è presente, l’ispettore si lascia andare: fuma il suo sigaro (che a Dario dà un po’ fastidio) e chiacchiera a ruota libera. Per Dario non è sempre facile seguire il discorso, per via dell’inglese alquanto approssimativo dell’ispettore. Ogni tanto Dario si chiede se l’ispettore non ha niente da fare, per perdere il suo tempo così. Ci sono momenti in cui Dario vorrebbe mandarlo via, perché deve lavorare, ma, se non ha un colloquio, preferisce non dire nulla: Shagari è simpatico.

Un giorno l’ispettore osserva, come spesso accade:

- Fate un lavoro molto utile.

- Facciamo quello che possiamo.

- È molto, è davvero molto. Quelli fanno cose che non devono. Certo, un uomo è un uomo, i suoi bisogni li ha.

L’ispettore sorride a Dario, che si chiede se non ci sia qualche sottinteso. L’ispettore non è un bell’uomo, ma a Dario piace, anche a livello fisico: la prolungata astinenza gli fa apparire appetibili quasi tutti i maschi tra i 20 e i 60 anni (Dario si dice che se continua così, la fascia di età interessante si allargherà ancora, almeno verso l’alto; verso il basso non intende scendere sotto i 18, per coerenza con il lavoro che fa). L’idea di scopare con l’ispettore non gli spiacerebbe per niente.

Dario sorride:

- Eh sì, siamo tutti uomini. E il desiderio è forte. Ma non con una bambina.

- No, no, certo. Solo tra adulti.

L’ispettore ammicca.

Dario ormai è convinto di aver visto giusto, ma vuole esserne del tutto sicuro.

- Sì, certo, due adulti possono fare quello che vogliono, se sono d’accordo.

Il dado è tratto. Dario ha anche un preservativo in cartella, per cui è pronto a lanciarsi, già un po’ eccitato.

- Certo, certo.

L’ispettore sorride e continua a fumare il sigaro, senza fare un gesto. Dario si chiede che cosa fare. Prova a riprendere:

- Sì, insomma se due uomini vogliono avere un rapporto, è una faccenda che riguarda solo loro, non c’è nulla di male…

Poi si ferma, perché l’ispettore non sembra seguire ciò che lui sta dicendo. E infatti Shagari osserva:

- Però a volte il desiderio è molto forte, la famiglia è d’accordo e allora, insomma, una ragazza è una ragazza, è fatta per piacere a un uomo, no? Se non è proprio una bambina… Una bambina no, ma a dodici anni le ragazze vengono date in moglie in tante tribù. È la famiglia che decide.

In Dario l’eccitazione lascia il posto alla delusione su tutti i fronti. Ora l’ispettore gli appare squallido.

Dario cerca le parole per esprimere il suo pensiero:

- A dodici anni una ragazza ha diritto di studiare, di vivere la sua vita, senza che altri decidano il suo futuro.

L’ispettore scuote la testa.

- Voi europei non capite. Qui c’è un altro modo di vivere. Non dovete valutare in base agli usi dell’Occidente.

Shagari si alza e aggiunge:

- Sia prudente, Siviri.

L’ispettore esce. Dario si sente un po’ inquieto: nell’ultima frase ha colto un avvertimento, forse una minaccia. Guarda dalla finestra la porta d’ingresso. Il poliziotto di guardia è ben visibile. Dario non sa se potrebbe davvero contare su di lui, in caso di pericolo.

 

Dario prosegue nel suo lavoro. Dagli ultimi colloqui che ha avuto, è convinto di aver scoperto una rete di pedofili di cui fanno parte personaggi potenti. Gli mancano ancora tanti pezzi del puzzle, ma ogni giorno ne aggiunge uno nuovo e lentamente il quadro della situazione si arricchisce. Dario ne ha parlato con Yvonne: anche lei è persuasa che Dario abbia in mano il bandolo di una matassa aggrovigliata e maledettamente importante. Lo invita a muoversi con grande cautela.

 

Un nuovo colloquio fornisce altri elementi. Dario si dice che dovrà parlarne con Yvonne e capire il da farsi. Non possono più tenere per sé quello che hanno scoperto, ma rivolgersi alla polizia può rivelarsi controproducente: c’è il rischio che tutto venga insabbiato e, ancora peggio, che i testimoni si trovino in pericolo.

Dario si è appena alzato per andarsene, quando nello studio entra Shagari. Dario scarta subito l’idea di parlarne con lui: dopo il loro ultimo incontro, Dario è sicuro di non potersi fidare dell’ispettore.

Come spesso succede, Shagari sta fumando un sigaro, che non spegne. Dario non dice nulla.

- Signor Siviri, come sta? È un piacere vederla.

Dario si concentra nello sforzo di capire la pessima pronuncia inglese dell’ispettore.

- Grazie, ispettore. Io sto bene. E lei?

- Ce la caviamo.

Dario ha fatto cenno a Shagari di accomodarsi e si siede: congedare l’ispettore dicendo che deve andare sarebbe una scortesia. Shagari riprende:

- Come procede la sua attività, signor Siviri?

Dario si chiede che cosa voglia l’uomo. Sorride, nascondendo il suo disagio:

- Facciamo quello che possiamo, ispettore. Non è facile.

Dario vorrebbe aggiungere che non è facile perché spesso anche la polizia non collabora, ma sa bene che non può permettersi un’affermazione del genere.

Shagari sorride.

- Certo, non è facile. E bisogna fare attenzione, muoversi con una certa cautela…

Shagari sorride, guardando Dario come si guarda un bambino che ha combinato qualche marachella, poi aggiunge:

- E lei non è sempre prudente come dovrebbe essere.

Dario non dice nulla.

- Dovrebbe fare più attenzione, signor Siviri. Muoversi in certi ambienti può essere pericoloso. Noi facciamo tutto il possibile per proteggerla, ma non abbiamo molti uomini e non possiamo certo darle una scorta.

Dovrebbe essere un avvertimento amichevole, ma è una chiara minaccia: se Dario continuerà, potrebbe succedergli qualche cosa di brutto, come al suo predecessore, e la polizia non interverrà. La polizia sta dalla parte dei ricchi clienti, di quelli che si comprano la verginità di ragazzine dodicenni. L’uomo che ha di fronte è un ufficiale di polizia e fa quello per cui lo pagano: impedire che qualche rompicoglioni, bianco o nero, importuni i potenti.

Di fronte al silenzio di Dario, Shagari prosegue:

- Lei sa che cosa è successo al dottor Verrière. Bisogna essere prudenti. Deve fare attenzione. Molta attenzione. Non creda a tutto quello che le raccontano. Ci sono madri che vendono le figlie e poi si pentono solo perché hanno speso tutto il guadagno per bere e non gli è rimasto niente.

Dario sente la rabbia crescere, ma si controlla. Sa che non può permettersi di esprimere il proprio pensiero. Deve tacere e sorridere. O almeno provare a sorridere.

- Ispettore, faccio il mio lavoro, come meglio posso.

- Non deve essere troppo zelante. Può ficcarsi nei guai. Lei sa che cosa è successo a Verrière.

È la seconda volta che l’ispettore lo dice. A Dario sfugge:

- Non proprio…

Si pente subito di averlo detto. Perché non è stato zitto?

Shagari si mostra stupito, ma Dario ha l’impressione che il suo stupore sia fasullo.

- Il dottor Verrière non è stato prudente. Gli hanno dato una lezione. Ha provato sulla sua pelle che cosa significa essere violentati. Lei non vuole mica fare la stessa fine?

Dario deglutisce e tace. Shagari conclude:

- Sia prudente, Siviri. Mi spiacerebbe molto se le succedesse qualche cosa.

L’ispettore emette una nuvola di fumo, si alza e sorride. Aggiunge:

- Mi spiacerebbe davvero molto, dottor Siviri. Lei è davvero simpatico. Sarebbe proprio un peccato.

Shagari saluta ed esce.

Dario rimane seduto sulla poltrona. Appoggia i gomiti alla scrivania e si prende la testa tra le mani. Si chiede perché ha accettato di lavorare qui. Ma la risposta la conosce benissimo: è nel viso delle bambine vendute, che lui cerca di salvare dalle grinfie dei ricchi che le comprano.

E ora? Dario si dice che deve parlarne con Yvonne. Si alza ed esce. Alla porta c’è il poliziotto di guardia. Rimane sempre fino a che Dario se ne va. Per proteggerlo o per spiarlo? Se Dario si trovasse in pericolo, l’agente interverrebbe in sua difesa o fingerebbe di non vedere? O magari aiuterebbe i suoi aggressori?

Dario ha paura, una paura maledetta.

Al cancello esterno c’è già l’auto di Bruno. È lui di solito ad accompagnarlo a casa, se i loro orari combaciano. Per quanto il traffico sia logorante, Dario è ben contento di non dover tornare in autobus: le poche volte che l’ha fatto, l’esperienza è stata massacrante.

Dario sale in auto. La sua espressione dev’essere eloquente, perché Bruno dice subito: - Che ti è successo, Dario? Qualche problema?

Dario annuisce.

- Dimmi di che cosa si tratta. Se puoi.

Dario rabbrividisce. Per un momento rimane in silenzio. Poi dice:

- Bruno, le cose che ti racconto, tienile per te. Devo capire come muovermi, devo parlarne come Yvonne. Non devono circolare.

- So tenere la bocca chiusa, Dario.

Dario annuisce. Incomincia a raccontare. Riferisce tutto, evitando soltanto il mezzo equivoco sulle intenzioni dell’ispettore: quello non è significativo e di fronte a Bruno, a cui chiaramente piacciono le donne, Dario preferisce non scoprirsi.

 

Dario e Yvonne parlano a lungo. Yvonne è sconvolta da quanto Dario le racconta: lei ha conosciuto François Verrière e sapere che è stato violentato l’angoscia.

- Dario, bisogna che tu sia molto prudente in questi giorni. Contatterò la dirigenza dell’associazione oggi stesso e valuteremo le misure da prendere per assicurare la tua incolumità, oltre a quella delle persone coinvolte nel caso. Ma in attesa devi fare molta attenzione.

Dario annuisce. L’ha capito anche lui. E ha sempre più paura. Non intende rinunciare ad andare avanti, ma ha una paura dannata.

 

Due giorni dopo Dario vede dalla finestra che c’è già l’auto di Bruno davanti all’ingresso. Bruno è un po’ in anticipo, ma va bene così: Dario ha concluso ed è contento di potersene andare a casa. Dario sa che corre rischi sempre maggiori. Sistema le ultime cose e si avvicina all’auto. Al volante però non c’è Bruno, ma un nero sui quaranta. Dario si ferma, perplesso. L’uomo sorride e dice:

- Buongiorno, dottor Severi. Il dottor Fanti dovrà fermarsi fino a tardi questa sera e mi ha chiesto di riaccompagnarla a casa. Poi gli riporterò l’auto.

Dario esita. C’è qualche cosa che non gli piace, in questa faccenda.

Mentre è fermo davanti all’auto, si avvicina il poliziotto di guardia. Si rivolge all’uomo al volante e gli dice qualche cosa, in una lingua che Dario non capisce. L’altro risponde. Il dialogo tra i due diventa subito molto aspro ed è chiaro che l’uomo al volante sta minacciando il poliziotto, che però non appare intimorito.

Dopo uno scambio di battute, il guidatore si rivolge di nuovo a Dario e gli dice, cercando di nascondere dietro un sorriso la sua irritazione:

- La prego, si accomodi.

Il poliziotto interviene:

- No. Prima telefoni al suo amico, per vedere se davvero è lui che le ha mandato quest’uomo.

- Non gli dia ascolto, si preoccupa per niente.

- Faccia quello che le ho detto.

Dario annuisce. Il poliziotto deve aver ragione, l’uomo al volante non lo convince. È strano che Bruno non lo abbia avvisato.

- Mi scusi, ma devo essere prudente. Torno dentro e faccio una telefonata di controllo, così posso tranquillizzare l’agente.

- Ma non è il caso, le assicuro…

- Torno subito.

Dario si volta e rientra in ufficio. Quando raggiunge la scrivania e guarda fuori, si accorge che l’auto è ripartita. In quel momento il telefono squilla. Dario risponde.

- Ciao Dario, sono Bruno. Non posso passare a prenderti. Mi hanno fottuto l’auto.

Dario si accorge di stare tremando. Non riesce a parlare. Bruno gli chiede:

- Dario, mi senti?

- Sì… sì… io

Dario si fa forza e racconta brevemente ciò che è successo. Bruno gli risponde:

- Senti, se il poliziotto può rimanere con te, resta lì. Io mi faccio prestare un’auto e in qualche modo passo a prenderti. Non uscire prima di avermi visto. Non uscire da solo.

- Va bene. Grazie, Bruno.

Dario fissa il telefono, poi guarda fuori dalla finestra. Il poliziotto è ritornato al suo posto. Deve andare a ringraziarlo. Dario si alza. Il telefono squilla di nuovo. Bruno avrà già trovato un’auto? Sarebbe una buona cosa, Dario vorrebbe andarsene in fretta.

- Pronto.

- Severi, noi non scherziamo. Lascia perdere. Torna a casa. Noi non scherziamo.

- Ma…

Hanno già riattaccato. Dario si siede. Trema.

Quando ha recuperato un po’ di tranquillità, raggiunge il poliziotto.

- Grazie, agente. Lei mi ha salvato.

L’uomo sorride e risponde:

- Sono qui per proteggerla.

Dario nota che parla abbastanza bene l’inglese, meglio dell’ispettore Shagari. L’agente non sembra intenzionato a fare conversazione, ma Dario ha bisogno di sfogarsi, per cui dice:

- Mi hanno telefonato, adesso, per minacciarmi.

Il poliziotto non sembra stupito.

- Vogliono metterla a tacere.

C’è un momento di pausa, poi l’uomo prosegue:

- Deve essere molto prudente e non lasciarsi avvicinare da sconosciuti. E mai salire in auto con qualcuno di cui non è perfettamente sicuro.

- Sì, certo. Grazie.

- La proteggeremo, ma sia prudente.

Dario vorrebbe chiedere quanto davvero può contare sulla protezione della polizia. Pensa all’ispettore Shagari, che lo ha minacciato. Gli verrebbe da parlarne all’agente, ma sa che non è il caso di farlo.

Dario saluta e rientra. In attesa di Bruno, telefona a Yvonne, che si preoccupa alquanto.

- Dario, è meglio che tu domani non venga a lavorare.

- Ma…

Yvonne lo interrompe.

- Prima dobbiamo assicurarci una protezione efficace. Hai bisogno di una scorta.

- Fatta da chi? Di poliziotti come l’ispettore Shagari?

- L’associazione si sta muovendo, Dario. Ma in attesa che vengano prese le misure necessarie, preferisco che tu sia al sicuro.

- Va bene, Yvonne. Ci penserò. Adesso sono ancora piuttosto scosso.

Parlano ancora due minuti, poi riattaccano.

Bruno arriva dopo una mezz’ora, su una macchina sgangherata. Parlano un momento di quanto è successo.

- Mi spiace, Bruno, che ti sia stata rubata l’auto per colpa mia, per prendermi in trappola.

- Non è un problema, Dario. L’auto non è neppure mia, l’organizzazione l’ha presa in leasing. E nella situazione attuale mi sembra il problema minore.

Bruno chiacchiera un po’ con Dario. Anche lui è del parere di Yvonne: Dario farebbe meglio a starsene a casa.

 

Il giorno dopo Dario va ugualmente al lavoro e scopre che la guardia all’ingresso è stata sostituita. L’agente che ha preso il suo posto è un magnifico nero, alto e robusto. Dario si dice che di rado gli è capitato di incontrare un esemplare di maschio così notevole. A differenza della guardia precedente, l’uomo non appare per nulla cordiale e non sorride: quando Dario arriva, lo saluta appena. Sembra quasi ostile: forse, come tanti altri africani, disprezza gli europei che vanno a lavorare per conto di qualche ONG in Africa solo per sgravarsi la coscienza. Davanti a lui Dario si sente in soggezione. Dario si dice che si limiterà ad ammirarlo dalla finestra, da cui si vede l’ingresso. E magari a spararsi qualche sega a casa, pensando a lui: non intende vivere in completa castità per un anno e l’agente di guardia è il maschio perfetto per una bella fantasia erotica, magari anche un po’ violenta (ma non troppo).

È Yvonne a osservare:

- Non so perché hanno cambiato la guardia.

Dario alza le spalle. Non ne ha davvero idea. Yvonne insiste:

- Proprio dopo la faccenda di ieri. E le minacce. Non mi piace questa faccenda.

Dario ha l’impressione di aver ricevuto una mazzata sulla testa. Non aveva assolutamente collegato la sostituzione della guardia con quanto è appena successo. Guarda attraverso la finestra e si chiede perché quell’uomo è lì. A proteggerli o a controllarli o magari a preparare la strada ad altri, che faranno il lavoro sporco? Qual è il suo vero compito?

 

Le due giornate successive trascorrono senza nessuna novità di rilievo. Dario, dopo essersi consultato con Yvonne, sta preparando un dossier in cui inserisce tutti gli elementi che ha raccolto. Su come dovranno muoversi in seguito, sarà la direzione dell’associazione a prendere le decisioni.

La sera del secondo giorno, Dario lascia la sede quando arriva Bruno. È contento di andarsene: in questi giorni in ufficio è sempre in tensione. Non sa che cosa potrebbe accadere e la nuova guardia gli incute timore.

Chiacchiera un po’ con Bruno: parlare con lui lo rilassa, sa che sull’amico può contare.

Bruno lascia la grande arteria che hanno percorso e prende la strada che porta al quartiere dove abita Dario. Quando svolta in una via poco frequentata, che percorre abitualmente per accompagnare Dario, si trova davanti un’auto che sta facendo manovra e si è messa di traverso, bloccando la strada. Bruno è costretto a frenare e fermarsi per evitare uno scontro. Un’auto arriva dietro la loro e si ferma a pochi centimetri. Due uomini armati scendono. Anche dall’auto che faceva manovra scendono due uomini. Dario intuisce, ma ormai non c’è nulla da fare. Due uomini aprono la portiera dalla parte di Dario. Lo afferrano, minacciandolo. Lo forzano a scendere. Bruno cerca di opporsi, ma un uomo gli punta la pistola alla testa e gli intima di non muoversi.

Infilano Dario nel bagagliaio di una delle due auto, dove ci sono due coperte. Dario sente tre spari. Dario si chiede se hanno ucciso Bruno. No! No!

L’auto riparte. È stato tutto rapidissimo. Ora Dario è al buio nel bagagliaio dell’auto. Dario si chiede se lo uccideranno e si limiteranno a violentarlo. Se hanno ucciso Bruno, uccideranno anche lui. L’idea che possano aver ammazzato Bruno, che non c’entrava per nulla, angoscia Dario.

L’auto procede per un tratto, poi di colpo accelera e ha inizio una serie di manovre molto brusche. Dario mette le mani sulle pareti del bagagliaio per evitare di essere sbatacchiato. Intanto sente una sirena. La polizia? In qualche modo hanno individuato i rapitori? O non c’entra niente, è solo un caso? Ma se è un caso, perché l’auto procede in questo modo assurdo, come se l’autista cercasse di seminare qualcuno?

Ci sono due curve prese ad alta velocità, poi l’auto sembra sbandare. Dario ha una paura dannata: finirà ammazzato in uno scontro frontale? L’autista sembra riprendere il controllo dell’auto, ma subito dopo c’è una brusca frenata e poi un urto, fortunatamente non molto violento. L’auto ora è ferma, il motore spento.

Le coperte hanno attutito l’impatto. Si sentono voci, grida, qualcuno intima di alzare le mani. Poco dopo il bagagliaio viene aperto e qualcuno si china su Dario: è il poliziotto che da due giorni è di guardia del centro dove lavora Dario.

- Tutto bene, dottor Severi?

Dario annuisce, mentre l’uomo lo aiuta ad alzarsi e a uscire. L’auto su cui viaggiava è ferma contro un muro. Intorno ci sono tre auto e molti poliziotti. Uno dei rapitori è ferito e dalla fronte gli cola parecchio sangue, che ha già macchiato tutta la camicia. Un poliziotto sta ammanettando il secondo. L’autista giace riverso sul volante, Dario non sa se sia morto per l’urto, ma non gli sembra probabile: il colpo non è stato così violento.

Dario guarda il poliziotto.

- Ma come avete fatto…

- La stavamo seguendo, dottore. Sono alcune settimane che la teniamo sotto controllo: sapevamo che prima o poi avrebbero agito.

Dario annuisce. Il pensiero va a Bruno. Ha bisogno di sapere.

- Il mio amico, il dottor Fanti… gli hanno…

Dario non osa completare la domanda. L’idea che possano aver ucciso Bruno per colpa sua gli è intollerabile.

- Il suo amico sta bene.

L’angoscia si dissolve. Dario chiede ancora:

- Ma … mi sta dicendo al verità? Io ho sentito gli spari.

- Hanno sparato alle gomme della macchina.

Dario si sente felice. Si rende conto che non ha detto neanche una parola di ringraziamento.

- Non vi ho nemmeno ringraziato. Grazie.

L’agente accenna a un sorriso, poi dà alcune istruzioni agli altri poliziotti. Sembra che sia lui a comandare tutta la squadra.

Anche l’autista viene estratto e sdraiato a terra. Lo perquisiscono, togliendogli la pistola. L’uomo geme: era solo svenuto e sta riprendendo i sensi.

L’agente ordina a due poliziotti di riaccompagnare Dario a casa. Salutandolo gli dice:

- Domani rimanga a casa. In nottata dovremmo completare la retata, ma un giorno di vacanza le farà bene. Nel pomeriggio la manderò a prendere. L’accompagneranno in sede da noi…

C’è un attimo di pausa, poi l’uomo aggiunge:

- Mi chiamo Umaru Omatoso, sono ispettore capo di un dipartimento della polizia federale.

Dario non è sorpreso: è chiaro che Omatoso non poteva essere un semplice agente. Si stupisce che abbia svolto la parte del poliziotto di guardia, ma doveva sospettare che la banda stava per agire.

 

Due ore dopo essere arrivato a casa, Dario riceve una telefonata di Bruno. È un piacere enorme sentirlo e sapere che sta bene: i banditi non gli hanno fatto niente. Si mettono d’accordo che Bruno passerà a trovarlo domani in serata, di ritorno dal lavoro.

 

Il giorno dopo Dario riceve una telefonata da Omatoso: una macchina della polizia lo verrà a prendere verso le 15. I poliziotti arrivano puntuali e lo accompagnano in un grande edificio sulla cui facciata è esposta la bandiera della Nigeria.

Un agente scorta Dario fino all’ufficio di Omatoso, dove ci sono anche due poliziotti.

L’ispettore è seduto dietro una scrivania. Quando Dario entra, si alza e gli stringe la mano, mentre gli sorride. Ha un bel sorriso, cordiale.

L’ispettore gli dice che deve raccogliere la sua deposizione. Quando hanno finito, Omatoso congeda i due agenti e dice a Dario:

- Eravamo da tempo sulle tracce di questa banda. Sapevamo che avrebbero agito quando lei avesse scoperto qualche cosa.

Dario ha una domanda che da tempo gli frulla in testa.

- Perché ha preso il posto del poliziotto di guardia che c’era prima?

- Perché ormai sapevamo che avrebbero agito presto. Così potevo controllare chi veniva e dare istruzioni ai miei uomini.

Parlano ancora un buon momento. Poi l’ispettore dice:

- Mi spiace che lei abbia passato un brutto momento, ma per noi era necessario coglierli sul fatto. Mi ero anche chiesto se non avvisarla, ma ho preferito lasciare che le cose seguissero il loro corso.

- Capisco.

- In ogni caso eravamo pronti. C’era sempre una nostra auto vicina e dopo le minacce di Shagari ne avevamo messe tre.

A Shagari Dario non ha più pensato. Shagari era anche lui ispettore. Com’è che non sapeva niente delle indagini in corso?

Dario vorrebbe chiedere, ma non sa se può. Incomincia:

- Ma l’ispettore Shagari

Si ferma. Non sa bene come proseguire.

- Per Shagari era già stato spiccato un mandato di cattura, che è stato eseguito ieri. Aspettavamo solo che agissero, per essere sicuri che gli altri non ci scappassero.

- Sapevate che era loro complice?

- Lo sospettavamo, il suo conto in banca ci aveva già fornito molti elementi utili, ma la conferma definitiva del suo coinvolgimento l’abbiamo avuta con le minacce nei suoi confronti.

- Le minacce? Ve ne ha parlato la signora Delacroix?

Yvonne non gli ha detto niente e Dario è un po’ stupito che sapesse a chi rivolgersi, visto che l’unico contatto con la polizia era proprio Shagari.

- No, avevamo messo un microfono nel suo studio.

Dario è allibito.

- Nello studio? Ma allora…

- Tenevamo sotto controllo la situazione. Volevamo scoprire chi c’era dietro questo giro di prostituzione minorile.

Dario annuisce lentamente.

- E quindi avete sentito Shagari

- Sì, abbiamo ascoltato anche le sue conversazioni con Shagari. L’ultima è una delle prove che l’inchiodano, ma di certo non l’unica.

Dario pensa al dialogo con Shagari, non l’ultimo, ma quello precedente. Si chiede se si capisce che lui era sul punto di proporre all’ispettore di scopare. Si sente un po’ in imbarazzo. Guarda l’ispettore Omatoso, che sorride. Gli sembra che sia un sorriso un po’ sornione.

Dario ora è leggermente a disagio. Dice:

- E dire che Shagari mi stava pure simpatico, all’inizio.

Il sorriso di Omatoso si allarga. Ora è decisamente ironico, ma benevolo.

- Sì, sembrava che ci fosse un buon rapporto tra di voi.

Dario si guarda le scarpe. Poi scuote la testa e sorride, alzando gli occhi sull’ispettore.

- Nella vita ci si sbaglia.

- Sì, succede.

Quando si salutano, Omatoso dice:

- Ci rivedremo ancora, a meno che lei non decida di partire.

- No, certo. Perché dovrei?

- L’esperienza di ieri non deve essere stata piacevole.

- No, ma non è durata molto ed è finito tutto bene, grazie a voi. Confesso che sono ancora piuttosto scosso, ma sono cose che nel mio lavoro possono succedere. Alcuni rischi sono inevitabili.

Omatoso annuisce.

- Comunque ora non dovrebbe più correre pericoli.

I giorni successivi sono tranquilli. La guardia precedente è tornata al suo posto. Ogni tanto il pensiero di Dario va all’ispettore Omatoso. Lo rivedrebbe davvero volentieri. E, come se Dario l’avesse chiamato con il pensiero, Omatoso passa un pomeriggio in ufficio. Dario se lo divora con gli occhi. Davvero un gran bell’uomo, altro che Shagari.

Omatoso è cortese, vuole solo aggiornare Dario e Yvonne su alcuni aspetti dell’inchiesta che in qualche modo riguardano la loro attività. Consiglia agli operatori di evitare di contattare certe persone per un po’ di tempo, perché potrebbe essere controproducente per il lavoro che svolgono: qualcuno potrebbe considerarli collaboratori della polizia.

Yvonne è entusiasta di questo ispettore intelligente, che capisce perfettamente i problemi che loro devono affrontare. Dario apprezza questi aspetti di Omatoso, ma anche altri.

Quando l’ispettore se ne va, Dario decide che questa sera si farà una bella sega pensando a lui: questo magnifico maschio è assolutamente irraggiungibile, ma è perfetto per qualche fantasia erotica. Dario non ha più scopato da quando è arrivato in Africa e le seghe sono l’unica valvola di sfogo. Non è il massimo per un uomo di trentaquattro anni, ma il tipo di lavoro che fa non gli dà occasione di incontrare altri uomini disponibili e nei locali Dario preferisce evitare di andare: deve essere molto attento alla propria immagine. In questi tre mesi non ha conosciuto nessuno con cui potesse stabilire una relazione non puramente professionale o di amicizia molto superficiale, a parte Bruno, che è davvero un amico, ma è etero.

Lungo il tragitto Dario chiacchiera con Bruno, ma il pensiero va a Omatoso. A casa si spoglierà, poi si stenderà sul letto e…

Dario scende dalla macchina con il cazzo già mezzo in tiro, saluta il portiere e la guardia all’ingresso, entra nella casa, raggiunge il piccolo appartamento dove abita. Si spoglia in fretta: è impaziente, ma non vuole fare di corsa, vuole godersi questa sega con la dovuta calma. Dovrebbe farsi una doccia, ma se la farà dopo.

Dario si stende sul letto e lentamente incomincia ad accarezzarsi, mentre il pensiero va a Omatoso. Mentalmente lo spoglia.

In quel momento suona il citofono. Merda! E chi cazzo può essere?

Dario si alza e prende il ricevitore. Il portiere comunica:

- Dottor Severi, c’è l’ispettore Omatoso per lei.

Cazzo! Non è possibile, è un’allucinazione. La prolungata astinenza…

- Lo faccia salire.

Dario vorrebbe farsi la doccia, ma non c’è tempo. Può solo rimettersi rapidamente gli indumenti che si è appena tolto. 

Apre e davanti alla porta vede Omatoso. L’ispettore non è un’allucinazione, è davvero lì, davanti a lui. Oh, cazzo!

- Buongiorno, ispettore.

- Buongiorno, dottore. Volevo parlarle un momento e ho pensato che a quest’ora non l’avrei più trovata in ufficio. Allora sono venuto direttamente qui. Spero di non disturbarla.

- No, no, si figuri. Entri.

Dario spera di aver lasciato l’appartamento in ordine, arrivando non ci ha badato. Il copriletto l’ha tolto poco fa, ma tanto l’ispettore non passerà nella camera da letto (purtroppo). Con un’occhiata Dario controlla il piccolo salotto, che è in ordine: viste le dimensioni minuscole, tenerlo ordinato non richiede grandi sforzi.

- Si accomodi, ispettore. Sono appena arrivato.

- Spero di non aver disturbato.

Omatoso l’ha già detto. Dario vorrebbe rispondergli che lui non disturba mai, ma non gli sembra il caso di dire come stanno le cose. In realtà Omatoso ha disturbato, ma vederlo in carne e ossa è un gran bello spettacolo e servirà a rendere ancora più efficace quel che seguirà, dopo che lui se ne sarà andato.

- No, no, per niente. Si sieda.

- Grazie.

Omatoso però non si siede. A Dario non sembra gentile sedersi mentre l’ispettore rimane in piedi.

Omatoso sorride.

- Mi dica, ispettore.

- Mi chiami pure Umaru.

Dario è sorpreso da questa improvvisa confidenza.

- Grazie, Umaru. Io sono Dario.

La conversazione si svolge in inglese, per cui Dario non deve dare del tu: si troverebbe un po’ a disagio.

- Oggi prima di passare da voi, ho riascoltato le registrazioni prese in ufficio, una in particolare, tra te e Shagari.

Umaru sorride, un sorriso chiaramente beffardo. Dario sa benissimo a quale conversazione si riferisce Umaru, ma non capisce dove voglia arrivare l’ispettore.

- E allora?

- Sono perfettamente d’accordo con quello che sostenevi.

Cazzo! Dario boccheggia. Gli sembra impossibile. Umaru lo sta pigliando per il culo. Ma non sembra il tipo, anche se il sorriso è ironico.

Dario non dice nulla. È Umaru a proseguire:

- Dario, mi piaci molto. E ho l’impressione di piacerti anch’io.

- Cazzo!

L’esclamazione di Dario è stata in italiano. Umaru aggrotta la fronte.

- E sarebbe?

Dario sorride e traduce con “Fuck!”, poi prosegue:

- Cazzo, - detto in italiano - se mi piaci, Umaru. Un casino mi piaci.

- Allora potremmo fare quello che volevi fare con Shagari. Non sono proprio come lui…

Dario ride.

- Sei molto meglio.

Umaru si avvicina. Ora Dario può sentire l’odore. Umaru deve essersi fatto la doccia da poco. Ha un buon odore di maschio pulito.

- Forse dovrei farmi prima la doccia… sono sudato come un maiale.

Umaru sorride.

- A me vai bene anche così… Mi piacciono i maiali.

Umaru sbottona la camicia di Dario e gliela sfila. Dario lo lascia fare, poi ricambia il favore. In breve sono tutti e due nudi. Dario guarda il corpo di Umaru. Forte, elegante, molto virile. Un cazzo magnifico.

Umaru afferra Dario, prendendolo di sorpresa, e lo solleva tra le braccia.

- In che direzione per il letto?

Dario ride e indica una porta. Non c’è molta scelta: l’altra è il bagno, l’angolo cottura è nel soggiorno che fa anche da ingresso.

Umaru posa Dario sul letto. Si stende su di lui e lo bacia.

- Vado a prendere il preservativo nei pantaloni.

- Ce ne sono nel cassetto.

Dario è attrezzato. Purtroppo non ha avuto modo di esaurire le scorte, neanche di intaccarle.

- Bene, mi fa piacere sapere che sei previdente.

Umaru bacia di nuovo Dario, mentre le sue mani percorrono il corpo. Umaru sembra non avere fretta e Dario si gode questo gioco di baci, abbracci, strette, con qualche morso e la lingua che ogni tanto si lancia in esplorazione. L’ispettore ci sa fare, a letto come con le indagini.

Infine Umaru allarga le gambe di Dario, si mette in ginocchio nello spazio che ha creato e prende un preservativo dal cassetto. Umaru apre la bustina, ma Dario gliela prende dalle mani. Si mette a sedere, sfila il preservativo e lo appoggia sul cazzo dell’ispettore. Lentamente lo srotola con la destra, mentre la sinistra giocherella con il cazzo e con i coglioni di Umaru. Dario lo bacia e poi lascia che Umaru lo faccia scivolare disteso, gli sollevi le gambe e se le metta sulle spalle, mentre lo guarda sorridendo.

Umaru inumidisce l’apertura con un po’ di saliva, poi avvicina il cazzo e, sorridendo, entra dentro di lui. Dario geme, senza ritegno. Dopo mesi e mesi di astinenza, questo cazzo che lo riempie è il paradiso. Dario guarda il corpo vigoroso dell’ispettore, il bel viso dai lineamenti maschi. Umaru avanza ancora e Dario geme più forte.

- Ti faccio male?

- Cazzo! Va benissimo così.

Un po’ di male c’è, adesso che l’arma dell’ispettore affonda completamente nel suo culo: l’ispettore è alquanto dotato. Ma quando ha detto che va benissimo così, Dario è stato sincero. Con questo spiedo in culo, Dario starebbe volentieri un’ora tutti i giorni.

Arrivato a fondo, Umaru lascia a Dario il tempo di abituarsi a questa presenza desiderata, ma alquanto ingombrante. Intanto lo accarezza, gli stringe con delicatezza i coglioni, stuzzica un po’ il cazzo, che si tende, si china in avanti a baciargli il torace e mordergli un capezzolo. Ci sa fare, Umaru, cazzo!, se ci sa fare!

Le mani di Dario accarezzano questo corpo scuro, stringono con forza il culo vigoroso, scorrono lungo la schiena, sfiorano il viso.

Umaru incomincia a muoversi, lentamente. Non ha fretta e Dario pensa che l’ispettore ci sa fare. Potrebbe fare l’escort. Il pensiero lo fa sorridere.

- Perché sorridi?

Dario scuote la testa.

- Non te lo dico.

Umaru aggrotta la fronte e interrompe il movimento. Dario non vuole che fraintenda il suo rifiuto, ma ha paura di offenderlo dicendogli quello che ha pensato: era solo un apprezzamento, ma potrebbe essere inteso male. Dario si inventa qualche cosa che non è poi così lontano dalla verità:

- Sei bravissimo. Pensavo che potrei farmi sequestrare ogni giorno, se conduci tu le inchieste.

Umaru scuote la testa e sorride. Riprende a muoversi, in una cavalcata che fa crescere il desiderio di Dario e aumenta il suo piacere. Dario guarda la mano scura dell’ispettore che gli stringe il cazzo e sente che presto verrà.

L’ispettore accelera il ritmo. Ora la cavalcata è un po’ dolorosa, ma a Dario piace anche questa sofferenza, che il piacere sovrasta e infine cancella, mentre Dario viene e il suo seme gli si spande sul ventre e sul torace. Con una rapida successione di spinte più decise, Umaru viene dentro di lui. Rimangono un attimo immobili, guardandosi e sorridendosi. Poi Umaru esce da Dario, tenendo il preservativo. Dario sposta le gambe, stendendole sul letto. Umaru si toglie il preservativo e lo posa sul pavimento, poi si stende di fianco a Dario. Gli stringe una mano e dice:

- Ma sì, un sequestro ogni due o tre giorni va bene.

 

2017

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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