La casa di Piera Dal punto in cui si trova,
Danilo può vederla bene. La casa di Piera gli mostra la sua facciata e da
quando sono iniziati i lavori di ristrutturazione tutta la zona che la circoscrive
è diventata un cantiere. La finestra dello studio dove Danilo lavora è aperta
e i suoni che arrivano dall’esterno da mesi ormai sono diventati la sua
musica da ascolto: ora l'elettricista canta a squarciagola con una bella
tonalità da tenore e altri sembrano tenergli il tempo mentre, con violente
mazzate, buttano giù una parete. Una leggera e impalpabile nuvola di polvere
bianca, sta penetrando dentro la stanza per posarsi sulla sua scrivania.
Danilo si decide, suo malgrado, a chiudere il mondo fuori. Mentre si avvia
verso la finestra, qualcuno bussa con decisione alla porta. Lo studio occupa il pianterreno
di un basso edificio, sul lato opposto è situato l’ingresso dell’appartamento
dei proprietari. Al primo piano ci si arriva da una rampa di scale esterne:
il locale è arredato di tutto punto, ma è sfitto da tempo. Nel vasto cortile Ringhio
abbaia e si avvicina scodinzolante a fiutare le gambe dello sconosciuto.
Danilo, aperto il portoncino d’ingresso, si trova davanti l’uomo che
accarezza il pelo ispido e il muso rincagnato del cane. È di statura media ma di costituzione
forte, bruno, dal viso calmo e deciso: una presenza ormai famigliare che
Danilo spesso si è sorpreso ad osservare attraverso i vetri. - Mi scusi, ma dovrebbe spostare la macchina
dal vialetto: stiamo aspettando un camion con un carico di materiale....
Senza prendersi il disturbo di terminare la frase l'operaio si volta a
indicare con lo sguardo lo stretto passaggio, come a dire: “Lo vedi bene
anche tu che non c’è posto a sufficienza”. Danilo affonda le mani nel vuoto delle
tasche dei pantaloni cercando invano le chiavi dell’auto e ripetendo un:
“Certo, certo”. Ci mette un attimo a rendersi conto di avere la testa nel
pallone; ma per fortuna se ne accorge solo lui l’altro infatti gli ha già
voltato le spalle e, attraversata la strada dissestata, è sparito dentro la
casa. Spostata l'auto Danilo ha ormai perso
l’entusiasmo nei confronti di un lavoro che lo occupa da diverse ore, così
decide per una pausa caffè. Ne desidera uno buono davvero e sa dove andarlo a
prendere: al bar di Aurelio, uno di quei bar del centro, con i tavolini
all’aperto. L’unico caffè che si concede, quello che rende un rito
l’accendersi la prima sigaretta della giornata. La seconda, e ultima, fa
parte del rito serale e la condivide con Edoardo. Maggio porta con sé temperature gradevoli
eppure a quell’ora tarda, seduti davanti al tavolo della cena sotto la
veranda, i discorsi di Danilo e Edoardo non vertono sul buono o cattivo
tempo: i due discutono sul futuro che a breve chiederà loro importanti
cambiamenti. Una nota malinconica accompagna il fumo delle sigarette e il
bicchierino del liquore è stato già colmato diverse volte. - Dall’ufficio del personale della Banca
hanno deciso: partirò per Dublino alla fine del mese. - Per quanto tempo? - Non lo so, non per mesi, questo è certo:
uno o due anni, come minimo. Poi potrei tornare a lavorare in Italia ma non è
detto. Ne abbiamo parlato a lungo; eravamo d’accordo, ricordi? Su, non fare
quella faccia adesso. Danilo si alza dalla sedia e incomincia a
sparecchiare. Non può stare fermo: la cena gli è rimasta bloccata sullo
stomaco e se continua a bere cercando di mandarla giù, finirà per sbronzarsi.
- Ti dispiace continuare tu qui? Io rimetto
la bottiglia nel freezer e vado a letto. - Ti raggiungo tra un po’. Finisco di
sparecchiare e porto fuori l’immondizia. Ehi, vieni qui! Edoardo ha bloccato Danilo sulla soglia che
li separa dalla cucina-soggiorno. Danilo preme il viso contro il petto del
suo compagno e con le braccia inermi lungo i fianchi cerca di non lasciar
scivolare dalla mano la bottiglia ghiacciata. Edoardo gli massaggia la schiena: -
Supereremo questa prova Danilo: cambierà il nostro modo di stare insieme ma
ce la faremo. Io ci credo in noi e tu? - Certo che ci credo, ma ho paura di non
essere abbastanza forte per affrontare questo distacco: sto male al solo
pensiero. - Ti abituerai, ci abitueremo. E se
cambierai idea puoi sempre decidere di venire a stabilirti a Dublino. -
Non lo so Edoardo. Sono un freelance ma non me la sento di trasferirmi
all’estero. Non ora almeno. No, io resto qui; ma ti prometto che ce la
metterò tutta per non perderti. Rimasto solo Edoardo sprofonda nella
poltrona di vimini che Danilo ha recuperato dallo scantinato di un suo amico.
Ripulita e verniciata di bianco è diventata la sua preferita. Con la testa
inclinata all’indietro e gli occhi chiusi Edoardo si concede un lungo
sospiro: Danilo è una persona meravigliosa e lui lo ama tantissimo. Partendo
da questo presupposto le cose non possono e non devono andare male. Danilo è un creativo. Lo è sempre stato,
fin da ragazzino. La sua passione sono i fumetti e molte delle sue vignette a
tematica gay le ha pubblicate su un sito web, ottenendo un discreto numero di
visualizzazioni. Fare il grafico invece è il suo mestiere:
il lavoro se lo deve procacciare da sé e lui non si stanca mai di proporsi in
lungo e in largo. Il trasferimento di Edoardo era nell’aria
da tempo, lo sapevano bene entrambi, ma la loro esistenza è andata avanti con
l’abitudinaria, rassicurante cadenza. Ora, con l’avvicinarsi del distacco,
Danilo si sente fiacco e disorientato: sente che Edoardo con la testa è già
lontano e inizia a sentirne la mancanza. Mezz’ora dopo che lui era andato a letto, la
sera prima, Edoardo lo ha raggiunto portando con sé due tazze di tisane
fumanti. Hanno parlato ancora e poi hanno fatto l’amore, per addormentarsi
subito dopo tenendosi abbracciati. Con la schiena appoggiata alla sedia con le
rotelle, davanti alla scrivania e le dita della mano sinistra impegnate in un
complicato gioco di destrezza con una matita, Danilo non riesce a trovare la
giusta concentrazione per seguire il lavoro che ha davanti. Ha perso il
controllo dei suoi pensieri e lo sguardo vaga oltre la finestra aperta. Fuori e dentro la casa di Piera le attività
non si sono interrotte e per tutta la mattinata c’è stato un andirivieni di
mezzi e di uomini. Le voci e gli scoppi improvvisi di risa maschili hanno
rimbalzato nelle stanze vuote; ma prima dell’ora di pranzo anche gli ultimi
che si sono trattenuti a parlare si stanno apprestando ad andare via. L’uomo
robusto e bruno, quello in cui Danilo s’imbatte più spesso, passando davanti
al vano della finestra incrocia lo sguardo con il suo e con un cenno della
testa si scambiano un saluto. Lo squillo del telefonino interrompe quello
scambio e la voce di un cliente riporta Danilo alla realtà. L’ora di staccare è arrivata anche per lui.
Il cantiere ora deserto gli permette di osservare più da vicino l’intera
area, con una sbirciatina anche all’interno. Il muro che è stato abbattuto al
piano rialzato ha creato un vasto salone luminoso che si affaccia su un
balcone. Sul soffitto piuttosto alto stanno lavorando a un soppalco e un
intrico di fili elettrici lo attraversa.
La sagoma della costruzione a Danilo ha
sempre ricordato una fazenda messicana: con gli archi, il portico e tutto il
resto, tra cui la scelta originaria della tinta bianca sui muri esterni che
di sicuro, a lavori ultimati, tornerà a sostituire quella patina nera che
segna i lunghi anni di incuria. Per Danilo, che per convivere con Edoardo
si è trasferito nella cittadina quattro anni fa, su questa casa ha sempre
aleggiato un’aura di mistero: una casa così grande gli appare un po’
spettrale nella sua solitudine. All’interno del cortile l’occhio è attratto
dalla vista di palme gigantesche che negli anni si sono sviluppate senza
controllo: le foglie pennate diventate secche soffocano il fogliame verde
sottostante. L’erba alta tutt’intorno alla costruzione centrale è stata
calpestata dalle scarpe antinfortunistiche e all’ombra di un groviglio di
edera e gelsomino selvatico è stata portata una betoniera; di fianco a questa
sono stati impilati diversi sacchi di cemento. A Danilo fa piacere che la casa di Piera
riprenda vita. Ignora chi sia il nuovo proprietario e quali siano le sue idee
rispetto all’utilizzo. Lui ci ha sempre visto bene una locanda, magari con
gli interni dal gusto un po’ retrò. Per pura curiosità, gli piacerebbe
insistere per conoscere più a fondo la storia racchiusa in queste mura: sa
che Piera aveva un marito e due figli. Che fine avranno fatto tutti? Quel
pensiero lo accompagna per tutto il tragitto in macchina; fino all’arrivo a
casa. Una casa vuota: Edoardo è partito da un mese. Mettendo da parte i
pensieri e ignorando il magone che nel frattempo gli si è accoccolato sul
petto, Danilo si dedica al pranzo. Il video del computer gli rimanda delle
immagini che a Danilo lasciano l’amaro in bocca: Edoardo, tutto sorrisi e un
ridicolo cappellino a forma di cono in testa, abbraccia un collega. Il
collegamento è disturbato ma si capisce chiaramente che nell’ufficio stanno
festeggiando il compleanno del Rosso. Danilo sa bene che sta esagerando con
la cafonaggine, ma davvero il nome di quello lì non c’è verso di tenerlo a
mente. E poi è più forte di lui: lo chiama il Rosso per via dei capelli, ma
andrebbe bene anche: Chi-ti-credi-di-essere? Con la scusa di un lavoro urgente Danilo
interrompe la connessione. Il giorno dopo ne nasce una discussione al
cellulare: - Che cosa vuoi che ti dica Danilo? Sto
cercando di inserirmi: al lavoro, in questa città, dov'è tutto diverso
rispetto al nostro modo di vivere. Ho conosciuto persone in gamba e con loro
ci sto bene. Tu invece, sei sempre così freddo, distaccato, non vuoi dirmi
niente di come ti senti e per me saperlo conta più di ogni altra cosa. È vero, Danilo non riesce a sbloccarsi: fa
fatica ad accettare questa nuova situazione . È un problema tutto suo, se ne
rende conto; Edoardo sta facendo il possibile per renderlo partecipe della
sua nuova vita a Dublino e per lui le difficoltà i primi tempi non sono state
per niente facili: oltre a superare il trauma della separazione c'è stato
tutto il lavoro di inserimento e ancora vive la difficile fase di
adattamento. Tra loro c'è sempre stata onestà e fiducia
reciproca: la gelosia che Danilo sta cercando di gestire è solo un sintomo di
insicurezza rispetto a quella che nel suo profondo percepisce come una forma
di abbandono. Danilo sente maledettamente forte la mancanza dell'uomo con il
quale ha sempre condiviso tutto ed è chiaro che questa lontananza lo sta
mettendo a dura prova. Sono passati due mesi dalla partenza e ora sulla sua
pagina di facebook si ritrova con un vasto
campionario di foto e di citazioni in inglese fatte da perfetti sconosciuti;
di un mondo variegato che a lui non dice assolutamente niente. La faccia del
Rosso, Steve, sì, certo, si chiama Steve, presente in ogni foto fatta insieme
o nei racconti di fine giornata, spesso gli rovina quegli incontri che Danilo
vorrebbe esistessero solo per loro due.
“Forse sto sbagliando tutto”, dice a se
stesso, “all’inizio ho creduto che far finta di nulla fosse il modo giusto di
affrontare questo momento. Speravo che così facendo avrei sofferto di meno.
Ma non è così: quello che stiamo vivendo con Edoardo non è un momento e poi
dopo riprenderà tutto uguale a prima. Questo non è solo il nostro presente,
se sopravviviamo sarà anche il nostro futuro. Prima lo capisco e meglio sarà
per tutti e due”. Si sono salutati così, con la promessa di
non buttare all’aria una storia importante e la determinazione di Edoardo fa
sentire Danilo un po’ più forte e ottimista. Il prossimo mese di agosto Edoardo tornerà
a casa. Tre settimane insieme: gli sembra un sogno. Nel frattempo ognuno riempie il tempo
impegnandolo con le proprie occupazioni: Danilo cerca di fare il possibile
per organizzare incontri di lavoro con clienti che, lo sa benissimo, ad
agosto spariranno. Un paio di lavoretti sono in dirittura di arrivo e altri
aspetteranno settembre prima di definirsi. In linea di massima è soddisfatto
di sé: ha in testa un mucchio di progetti e quando incontra Dario, colui che
tra gli amici ha più affinità con il suo lavoro, si incoraggiano a vicenda,
trascorrendo ore e ore a costruire e smontare idee, in una sorta di frenesia
creativa che ubriaca entrambi. A conclusione di giornata Danilo e Edoardo
si ritrovano davanti al computer per dare l'avvio al loro rapporto a
distanza, cercando di rendere tutto il più possibile in sintonia con quelle
che erano le vecchie abitudini. Quando si stancano di parlare, ognuno di loro
sbriga le proprie faccende: ogni attività, in un certo modo, viene condivisa
con chi sta dall'altra parte. Quando sono lontani dalla vista bastano i rumori
e i suoni per tenersi compagnia. I primi tempi si bloccavano sulla sedia
davanti allo schermo e non smettevano di guardarsi attraverso la webcam, poi
piano piano hanno iniziato a vivere in maniera più
spontanea quei contatti. Riconoscersi
in quel nuovo ménage famigliare gli ha permesso di creare una nuova intimità
che, data la situazione, per quei
primi mesi ha significato un bel passo avanti. Stasera però Edoardo non si è ancora
collegato e Danilo, deciso a concedersi qualche istante di pausa da un lavoro
che per l'intera giornata gli ha risucchiato tutte le energie per la sua
complessità, lo chiama al telefonino. Edoardo risponde subito, come sempre.
Tanto che Danilo è quasi sicuro che lo faccia per non destare sospetti.
Danilo ci sorride sopra. Edoardo sussurra: - Danilo. Non ora tesoro,
sono a una riunione con i colleghi. Ti chiamo io più tardi. Un bacio. Ciao. - Ciao. Danilo sospira e con aria sconsolata guarda
oltre la finestra aperta: fuori imbrunisce e l'aria ancora calda gli suggerisce
una passeggiata sul lungomare dove, a quell'ora, il suo gruppo di amici se ne
sta comodamente seduto sulle panchine a chiacchierare e a osservare le
persone che gli passeggiano davanti. D'improvviso un movimento all'esterno
cattura la sua attenzione: è sicuro che qualcuno ha attraversato il suo campo
visivo, ma il cervello non ha fatto in tempo a registrarlo. Nonostante il
caldo, il sangue gli si gela nelle vene, provocandogli un brivido di paura. Quella costruzione, insieme alla casa
bianca, si trova in una zona piuttosto isolata rispetto al centro della
cittadina e i proprietari stasera sono usciti, salutandolo, per recarsi a una
cena fuori casa; essendoci a quell'ora ancora luce, non hanno pensato di
accendere i lampioni che illuminano il cortile. Nel frattempo l'oscurità si è
infittita: solo il frinire delle cicale riempie l'aria. Ringhio è
addormentato sullo zerbino. Nel vederlo così rilassato un po' Danilo si
tranquillizza anche lui, ma nel momento in cui spegne l'interruttore della
lampada posta sulla scrivania, l'ultimo tratto della stanza lo deve
percorrere al buio e lo fa trattenendo il respiro. La sensazione di sentirsi
osservato non lo abbandona neanche quando raggiunge la sua auto e si siede. I
fari illuminano la strada davanti a lui e quel luogo, da anni innocuo e
piacevole, tutto d'un tratto ha acquisito dei contorni inquietanti. Arrivato
a casa (la serata con gli amici è stata cancellata dalla mente), Danilo si
ferma per pochi attimi in cucina, poi si spoglia e si mette sotto il getto
della doccia: l'irrigidimento dei muscoli si attenua sensibilmente. Nel
mentre l'acqua che ha versato nel pentolino inizia a prendere bollore. Alle undici, un'ora in meno a Dublino,
Edoardo richiama. Danilo si accende la sigaretta seduto sulla poltrona di
vimini: nell'attesa ha lasciato che i pensieri se ne andassero a zonzo. In
diversi momenti la casa di Piera si è affacciata alla sua mente e,
tralasciando il resoconto degli ultimi accadimenti, per non preoccuparlo, si
ritrova a parlarne con Edoardo. - Sai che la storia di quella famiglia l'ho
sentita raccontare un sacco di volte dai miei? Anche a me ha sempre
incuriosito. Io li ho anche conosciuti, pur non abitando in quella zona.
Quando Piera venne ad abitare in
paese, con il marito e i due figli, saranno stati gli inizi degli anni
sessanta e la loro vita prima di allora era un mistero per tutti. Per un anno
vissero in una pensione: il tempo di farsi costruire quella grande casa. Il
maggiore dei figli aveva circa otto anni, il piccolo ne avrà avuti cinque.
Per dieci anni, apparentemente, non successe assolutamente niente: vissero in
buoni rapporti con più o meno tutti i loro compaesani. Il capofamiglia usciva
al mattino presto e andava a lavorare nella tenuta di campagna: possedevano
anche del bestiame. Piera badava alla casa e si prendeva cura dei figli che
faceva frequentare nella scuola del paese. Ma dopo la scuola, divenuti ormai
ragazzini, i figli di Piera subivano una ben diversa istruzione: il padre li
portava con sé in campagna e lì ogni giorno venivano sottoposti a una vera e
propria scuola di violenza. Il figlio maggiore, più sanguigno e dall'indole
aggressiva, aspettava quegli incontri con una sete di sangue che riempiva
d'orgoglio suo padre; il minore, d'animo docile aveva il terrore di suo padre
e di tutti quei ragazzotti sballati raccattati dalle campagne vicine, contro
i quali soccombeva sempre. Piera, quando poteva, con una scusa teneva il
piccolo con sé. Il marito brontolava, ma il figlio grande gli dava grandi
soddisfazioni: l'altro poteva restare anche nell'ombra, da quel codardo che
era. Poi avvenne la tragedia e le cose cambiarono. Ma ti prego Danilo, non vorrai sentire
tutta la storia stanotte? Sono a pezzi. - Ma come? proprio adesso? Va bÈ. Vado a letto anch'io. Il lavoro di Danilo procede spedito e di
giorno la presenza degli operai proprio di fronte al suo studio gli dà una
certa sicurezza. Durante la settimana in due sole occasioni gli è capitato di
doversi trattenere sino a una certa ora, ma era in compagnia di due clienti e
quella tensione che temeva di provare in effetti non si è manifestata. Questa
mattina però, arrivando presto allo studio per godere di un po' di frescura,
ha notato una vecchia Panda parcheggiata proprio all'inizio della stradina
che porta sia alla casa di Piera che al suo studio. Passandoci vicino con la
sua auto Danilo, incuriosito, ha rallentato: all'interno non ha visto
nessuno, ma una volta superata, guardando dallo specchietto retrovisore,
dall'angolo della strada ha visto arrivare un uomo di media corporatura, con
addosso un paio di jeans e una felpa scura. Il cappuccio tirato sulla testa
non gli ha permesso di vederlo bene in faccia ma per una frazione di secondo,
mentre apriva lo sportello per entrare dentro l'auto, quello si è voltato e
ha puntato Danilo con una certa insistenza. Danilo non può negare a se stesso che
questa situazione gli sta creando un certo disagio e durante il giorno si
sorprende a osservare con più attenzione gli uomini che entrano ed escono
dalla casa in ristrutturazione. Il tizio che passa spesso davanti alla
finestra alcune volte lo ha sorpreso immobile, in attesa che Danilo si
accorgesse di lui: questo atteggiamento lo rende sospettoso. Così, senza
desiderarlo veramente, i suoi saluti sono diventati più freddi, i sorrisi più
forzati. La sera stessa, dopo l'episodio avvenuto
nella stradina, Danilo, rompendo gli indugi, si è sfogato con Edoardo che,
come Danilo temeva, ha reagito facendosi subito prendere dal panico.
Rivolgersi ai carabinieri solo perché uno lo ha guardato storto a Danilo pare
eccessivo, perciò ha subito cercato di abbassare il proprio livello di ansia
per far sì che anche Edoardo ridimensionasse la propria. La Panda comunque
nei giorni successivi non gli è più capitato di vederla; anche se almeno in
due occasioni è certo che qualcuno estraneo al cantiere si aggira nei
paraggi. Non può dire con certezza che si tratti della stessa persona, ma a
Danilo resta comunque una sensazione insolita, mai provata prima, un fastidio
che gli solletica la base della nuca.
Esattamente in quegli stessi giorni Edoardo
non aveva più nessuna certezza matematica, non solo di poter partire, ma
nemmeno di potersi godere le ferie nel mese di agosto. Aveva già preparato
Danilo a quest'eventualità e dopo la delusione iniziale avevano deciso che
fosse lui a raggiungerlo: un viaggio gli avrebbe senz'altro fatto bene. Poi
l’arrivo della buona notizia e Danilo e Edoardo trascorrono le ultime due
settimane in uno stato di euforia più simile a quello di due bambini in
attesa del Natale. Finalmente, dopo un lungo ed estenuante
viaggio, Edoardo apre la porta di casa, in un orario che va oltre le due di
notte. Trova Danilo che dorme di fianco, nudo, con il lenzuolo aggrovigliato
fra le gambe e immediatamente il desiderio gli fa girare la testa; ma le ore
di viaggio sono state massacranti e ha bisogno di fare una doccia. Si spoglia
senza fare rumore nel piccolo bagno e lasciati gli abiti per terra, si mette
sotto l’acqua tiepida. Il piacere gli provoca un fremito e la promessa del
corpo sinuoso del suo uomo lo fa tremare d'eccitazione. Nella stanza da letto
ne riconosce il profumo forte e intenso che tanto gli è mancato e che ora gli
stuzzica l'olfatto. Mentre Edoardo si sdraia sul lenzuolo che si appiccica
alla pelle ancora umida, Danilo apre gli occhi. Sorridendo Danilo lo saluta,
baciandolo delicatamente sulle labbra. Con un sospiro violento Edoardo chiude gli
occhi per socchiuderli un secondo dopo e guardarlo. Le dita della mano si
insinuano fra le ciocche disordinate dei capelli schiariti dal sole. Danilo
si stringe ancora di più al corpo di Edoardo baciandolo con avidità. - Ehi, bell'uomo! - Sono qui tesoro! Ben presto l'aurora estiva li sorprende,
invadendo la stanza. All'alba Edoardo e Danilo lasciano il loro letto: un
appetito mostruoso li porta in cucina. Mentre si buttano a capofitto sulla
colazione, con gli occhi si cercano in continuazione: non riescono a crederci
di essere uno di fianco all'altro e di potersi toccare. E parlano senza
sosta. E ancora si accarezzano e si baciano e al caldo della stanza si
aggiunge l'eccitazione che dilata i pori della pelle: gocce di sudore
stillano dal petto e lungo la schiena di entrambi. Ancora uno sguardo
malizioso e il desiderio si riaccende.
Tre settimane passano in fretta e alla fine
di agosto si ripresenta il momento dei saluti. Stavolta spetta a Danilo
tranquillizzare il compagno. La separazione si sta rivelando traumatica per
Edoardo che abbraccia Danilo confessandogli il bisogno di stargli ancora
vicino. - Non so se ce la faccio a reggere i
prossimi mesi senza di te. Non so nemmeno quando potrò tornare. Cazzo! Non
credevo di dover stare così male. Fuori dall'aeroporto Danilo osserva
Edoardo: ha le borse sotto gli occhi e la pelle del viso è tirata e pallida;
preso da un impeto d'affetto Danilo lo stringe a sé. Gli sussurra che va
tutto bene, che loro insieme sono forti. Ma Edoardo continua a fare di no con
la testa e quella è l’ultima immagine che Danilo si riporta a casa. L’indomani le cose sono cambiate di poco:
Edoardo sta soffrendo di nostalgia e non sa se ce la fa a resistere. Danilo
cerca di incoraggiarlo; anche stavolta tocca a lui ricordargli le promesse e
tutte le buone intenzioni iniziali; a fine giornata, durante l’ultima
connessione, sembra che un po’ si sia ripreso. Intanto per Danilo è iniziato un lungo
periodo di impegni lavorativi: ha un sacco di scadenze e nuove richieste. Il
lavoro a tempo pieno lo distrae anche dalle preoccupazioni: il problema è che
non tutti sono puntuali con i pagamenti e di conseguenza il suo conto in
banca è sempre in rosso o al limite. Anche l'uomo misterioso continua a
infliggergli un tormento psicologico che lo sta esaurendo: Danilo non lo ha
più incontrato, ma sotto la finestra dello studio ha trovato delle cicche di
sigaretta che immediatamente ha raccolto con scopa e paletta e gettato
nell'immondizia, con i nervi a fior di pelle: “Se qualcuno mi sta osservando
che si fotta!”. Edoardo frattanto ha recuperato la
sicurezza di sé e la presenza di Steve pare sia stata fondamentale. Il fatto
che Edoardo gliene parli con tanto candore a Danilo un po' lo disturba e lo
fa presente a Edoardo che però non vede il problema: - Steve è un caro amico,
ma perché non lo vuoi capire? A volte sei talmente assurdo Dani, che non ti
capisco proprio. Danilo, per sfogarsi, si rivolge a Dario
che naturalmente non prende le parti di nessuno dei due suoi amici. - Ti stai agitando troppo Dani.
Ossessionarti non ti fa bene. Avete accettato entrambi questa situazione,
fate in modo di non farvi del male. Io ti consiglio di andare da lui. Va' a
Dublino per qualche giorno, vivi con lui la vita che si è creato lì. Penso
che sia il modo migliore per ritrovare serenità in questo rapporto che
altrimenti rischi di soffocare con la troppa gelosia. Danilo, nonostante tutto, dà pienamente ragione
a Dario e lo farà, appena gli sarà possibile raggiungerà Edoardo. Ma non
adesso. A fine settembre la casa di Piera è ancora
disabitata e Danilo inizia a chiedersi il perché di quei lavori se poi nessuno
si fa vedere; ma sono domande fugaci per le quali non è interessato di
ricevere nessuna risposta e si concentra solo sul suo lavoro. La storia di Piera però Danilo non riesce a
togliersela dalla testa e Edoardo, tra una discussione e l'altra, prosegue
nel racconto. Quello che avvenne all'epoca sconvolse il
paese intero: una notte, dopo una lunga giornata di attesa, il corpo del
marito di Piera fu scaricato dal pianale di un furgoncino e lasciato sulla
soglia di casa sua. Una disgrazia, dissero a Piera: era morto per un colpo di
fucile sparato per sbaglio durante la battuta di caccia. Piera, che era una donna dal carattere
forte non cedette al dolore e davanti a quegli estranei riuscì, con l'aiuto
dei figli, a portare il corpo del povero marito sul divano del salotto. Poi
mandò fuori tutti, rimanendo da sola dentro la stanza: innanzitutto spogliò
il corpo dai vestiti macchiati di sangue. Successivamente lavò quel corpo
martoriato dalla scarica dei pallettoni. Infine compose la salma; per poi
aprire la porta di casa e lasciare che tutto il paese sfilasse per porgerle
le condoglianze. Arrivarono in paese anche i parenti del defunto e subito
dopo il funerale si portarono via il ragazzo appena diciottenne. Piera pianse
in silenzio quell'ulteriore dolore. Trascorso qualche anno il figlio minore di
Piera diventò uomo pure lui; ma mentre il fratello alla sua età si presentava
alto di statura, dalle spalle larghe, la faccia sempre rossa e un pugno
formidabile; lui era magro, pallido e taciturno. Piera si preoccupava per
quel figlio: dentro di sé sapeva di doverlo proteggere per cui, all'insaputa
di tutti, iniziò a prendere contatti con un parente che viveva a Milano. La curiosità di Danilo anche per oggi è
stata soddisfatta: Edoardo a fine giornata sente il bisogno di parlare di
cose che li riguardano più da vicino. Danilo lo vuole anche lui perciò
raggiungono un compromesso e interrompono il racconto. Oggi poi Danilo trova
Edoardo particolarmente insofferente: gli ultimi cinque minuti del racconto
li ha spesi velocemente e poi ha buttato lì la sua proposta. - Ho un'idea che mi stuzzica da un po' e
voglio parlarne con te.... È solo un'idea, se non ti va... - Quale idea? - Voglio fare sesso con te, adesso. Edoardo, steso sul suo letto, sposta il
portatile sulle gambe, Danilo si allunga sul divano sul quale stava seduto e
anche lui posiziona lo schermo. Edoardo con il tono della voce suadente e
caldo invita Danilo ad accarezzarsi. Il membro di Danilo è già teso ma il
boxer limita i movimenti e poi vuole che Edoardo veda la sua erezione. Le
mutande finiscono in terra e Edoardo si sente mancare mentre anche lui
completamente nudo inizia a masturbarsi. L'eccitazione è troppo forte per
entrambi: raggiungono l'orgasmo quasi nello stesso istante. Qualche respiro
profondo e quella situazione inizia ad apparire talmente ridicola che non
riescono a trattenersi dal ridere: è uno sfogo che li aiuta a
rilassarsi. Danilo quella notte non riesce a prendere
sonno. Il soffitto verso cui si è fissato il suo sguardo, gli proietta
l'immagine di Edoardo nudo che si masturba davanti a lui. Il desiderio lo
infiamma ancora una volta aggredendolo con violenza. A pancia sotto, con il
viso contro il cuscino, Danilo si lascia andare al piacere. Raggiunto il
culmine stringe gli occhi e affonda i denti nell'imbottitura, attraverso la
federa umida di saliva e sudore. Rimane così: il cuore in accelerazione e il
respiro pesante. Poi, quando sente che tutto il suo essere ha acquisito una
consistenza liquida, l'eccitazione cede il posto alla nostalgia che gli fa
desiderare l'abbraccio forte del suo uomo. Il telefonino è sul tavolino
accanto, il numero è già impostato, basta un clic e dopo due squilli Edoardo
risponde. - Ehi! Tutto bene? - Credo di no. Ti va di parlare un po'? Un pomeriggio di pioggia autunnale, una
manna dopo il caldo opprimente delle ultime settimane, Danilo, chiuso nel suo
studio, viene distratto dall'arrivo di un taxi che si ferma sulla strada di
fronte. Ne scende un uomo di circa cinquant’anni. Ha il portamento fiero ma
non altero. Non ha con sé un ombrello che lo ripari dalla pioggia e dopo aver
chiuso lo sportello dell’auto si dirige a passo svelto verso il cancello. La
scelta della chiave gli prende un po’ di tempo e ora è completamente bagnato.
Danilo lo vede correre verso il portico, davanti all’ingresso. Da quel
momento non riesce a distogliere gli occhi dalla casa. Mezz’ora è parecchio tempo soprattutto
quando si attende imbambolati e Danilo inizia a sentirsi un po’ a disagio.
Nell’istante in cui abbassa lo sguardo sul suo telefonino per leggere un
messaggio, non si accorge della figura che attraversa la strada, sparendo
subito dopo dalla visuale. Appena un attimo dopo Danilo viene sorpreso
da un tocco leggero alla porta e davanti a sé si ritrova l'uomo che ha spiato
poco prima. Ne prova un certo imbarazzo e arrossisce leggermente quando
l'altro gli sorride giustificandosi per il disturbo. - Non volevo spaventarla. - Non mi ha spaventato. Posso fare qualcosa
per lei? Danilo è rimasto folgorato dalla voce
dell'uomo che lo sovrasta in altezza e in prestanza fisica. L'aria matura e sicura di sé infonde
nell'animo di Danilo una calma e una fiducia che come un colpo di bacchetta
magica cancellano tutte le preoccupazioni, le incertezze e le inquietudini
accumulate in quegli ultimi mesi. Nello stringergli la mano una scossa gli
pervade il corpo intero. - Intanto le presentazioni: mi chiamo
Salvatore. - Danilo. Possiamo accomodarci se vuole. Salvatore fa pochi passi nel piccolo studio
e si blocca davanti alla scrivania di Danilo. - Mi dispiace, non intendevo interrompere
il suo lavoro. Il fatto è che sono arrivato qui con l'idea di rivedere la
casa e i lavori di ristrutturazione sono magnifici, ma (qui il senso di
sconforto malcelato da una timida risata, ruba al cuore di Danilo un
battito), una casa grande e vuota non mette di certo il buonumore e questa
pioggia poi...Così ho pensato che fare conoscenza con il vicinato fosse
ancora una buona usanza; ma adesso è meglio che vada. - Ma che dice? Non mi disturba affatto,
piuttosto non ho niente da offrirle: qui in studio ho solo qualche
bottiglietta di acqua. - Penso che l'acqua vada benissimo. La
ringrazio. La visita di Salvatore dura solo pochi
minuti: la loquacità non è una delle sue caratteristiche e dopo poche frasi
che fanno riferimento alla bellezza della sua casa e alla soddisfazione che
prova nel rivederla rinascere a una nuova vita, si ritrovano sulla soglia
d'ingresso a salutarsi. Danilo si offre di dargli un passaggio al centro,
Salvatore ringrazia ma l'autista della macchina che lo ha portato lì aspetta
una sua chiamata per tornare a prenderlo. La pioggia nel frattempo si è
intensificata e gli abiti dell'uomo, già abbondantemente bagnati al suo
arrivo, nel breve tragitto di ritorno verso la casa s'inzuppano ancora di più.
Danilo lo osserva e intanto gli tornano alla mente i racconti di Edoardo: la
tragedia che Salvatore ha vissuto da bambino dev'essere
stata terribile. A questo punto muore dalla voglia di conoscere il resto
della storia e mentre si ripromette di esortare Edoardo a proseguire nel
racconto, nella sua coscienza esplode prepotente un rumore che le sue
orecchie non hanno mai sentito (non dal vero almeno), ma che tuttavia
riconosce subito: è il rumore forte e sordo di uno sparo, probabilmente di un
fucile. Di certo proveniva dalla casa bianca. Con l’eco ancora nelle orecchie
Danilo si ritrova sotto la pioggia a correre senza sapere dove; ma arrivato
all’altezza della recinzione, prima di oltrepassare il cancello, un altro
sparo si propaga nell’aria. La violenza della pioggia stordisce Danilo
insieme al terrore che lo investe da dentro. Riesce a vedere il proprietario
del suo studio che gli urla qualcosa, ma è come se quegli spari avessero
violato una barriera e ora il cielo mostra tutta la sua potenza: fulmini e, appresso,
tuoni assordanti, disorientano gli uomini che si sono stretti in gruppo;
formando peraltro un ottimo bersaglio a chiunque decidesse di sparargli
addosso. Una donna grida loro di andarsene via da lì,
ma lo scudo umano non si sposta di un millimetro. Intanto l’urlo delle sirene
si avvicina sempre di più e presto lo stretto passaggio si affolla fino
all’inverosimile. Dalla casa di Piera non arriva nessun segnale. Danilo
rivede con la mente la bella persona che pochi minuti prima parlava con lui e
sente che le gambe gli cedono. La spinta di un carabiniere lo butta quasi a
terra e anche Danilo, insieme agli altri intrepidi, deve allontanarsi il più
possibile dalla zona che viene subito presa d’assedio dalle forze
dell’ordine. È arrivata anche un’ambulanza ma è rimasta indietro e non può
procedere oltre. Un paio di carabinieri, pistole in pugno, si avvicinano alla
porta e, trovandola già spalancata, entrano guardinghi dentro la casa. Poi,
per dieci minuti, più niente: silenzio totale. Il temporale si è allontanato
e anche i tuoni borbottano in lontananza ormai. L’unico movimento
percettibile è quello dell’acqua che scende come un fiume dalle scale
esterne. All’improvviso,
e Danilo qui ha un sussulto, i quattro uomini in divisa escono dalla casa
tenendo sottobraccio un uomo visibilmente ferito ad una gamba. Il sangue che
ha intriso la stoffa del pantalone continua a colare, lasciando sul pavimento
del patio, chiazze rosso scuro. A Danilo pare di riconoscere l'uomo che lo ha
terrorizzato. Non capisce se la sua è solo suggestione, ma la felpa scura,
ora con il cappuccio abbassato sembra proprio la stessa. La testa
dell'individuo ciondola in avanti rispetto al resto del tronco, ma
passandogli a pochi metri di distanza improvvisamente tutta la persona si
irrigidisce e con un ghigno stampato sul viso fissa proprio Danilo. A questo
punto Danilo ne è certo, è lo stesso uomo che si aggirava furtivo intorno
alla casa: evidentemente per tenerla d'occhio e allo stesso tempo controllare
i vicini. Ma le domande da porsi sono tante e la confusione nella sua testa
cresce, mentre cerca di ricomporre tutti i tasselli. Gli
addetti al soccorso arrivano con una barella e caricato il ferito lo portano
via, seguiti da una volante. - Largo, largo, lasciate passare. Un'altra spinta e stavolta Danilo scivola e
cade seduto per terra. Una mano si offre ad aiutarlo per rimettersi in piedi.
- Tutto bene? Non fa in tempo a rispondere che la sua
attenzione, l’attenzione di tutti i curiosi che hanno raggiunto il luogo,
viene catturata da un altro gruppo che si appresta ad uscire dall'abitazione:
nessun’ altro ferito, per fortuna. L’uomo, circondato da altri due
carabinieri, mostra i segni di una colluttazione: ha un grosso graffio
sull'avambraccio destro e la camicia risulta strappata in diversi punti.
Salvatore è visibilmente provato ma è illeso. Danilo riprende a respirare
quasi normalmente, fa il gesto di avvicinarsi, ma Salvatore, con un cenno
impercettibile, gli fa capire di non farlo. Danilo si blocca. Cosa sia successo se lo chiedono in molti:
tutti vorrebbero avere notizie e si guardano l’un l’altro con lo sguardo
attraversato dallo stesso sbigottimento. Qualcuno bisbiglia: non finirà mai.
Ma i più lo ignorano. Danilo ha seguito con gli occhi Salvatore,
fino alla jeep dei carabinieri. Poi lo ha visto sparire nel disordine di
quella stradina impervia. A mano a mano che la folla si disperde
anche Danilo si allontana per rientrare nel suo studio. Dietro di sé lascia
tracce di fango che non si preoccupa di ripulire. Non ha voglia di stare lì
dentro, pensa a Edoardo e una nostalgia feroce lo afferra alle viscere.
Seduto sulla sedia si ritrova a tremare ma riesce a controllarsi e pian
pianino la tensione scorre via, insieme all’acqua che gli gocciola dai
gomiti. La mattina del giorno dopo la notizia è su
tutti i giornali ma Danilo non si è mosso da casa. Appena rientrato, la sera prima, dopo una
doccia bollente si è messo a letto e rannicchiato in posizione fetale ha
incastrato l’apparecchio tra l’orecchio e il cuscino, in barba alle
radiazioni e al calore che poco c’è mancato gli perforassero il
cervello. Ha resistito in quella posizione per pochi
minuti, il tempo di assumere, oltre agli effetti negativi del cellulare,
anche quelli benefici delle parole di Edoardo. Poi si è alzato e dopo aver
mangiato poche forchettate di insalata di pollo, si è messo davanti al
computer con la webcam accesa. Edoardo lo ha guardato e ascoltato con
apprensione e solo dopo aver superato lo shock per quella notizia è riuscito
ad arrivare alla conclusione di quella tragica storia. - Una faida tra due famiglie? - Esatto. Ricordi il figlio maggiore di
Piera che fu portato via dagli zii il giorno del funerale? BÈ venne poi preso
in custodia da suo nonno. Gli zii lo protessero, in un certo senso; ma lo
scopo era quello di perfezionare l'addestramento a uccidere: Massimo doveva
vendicare suo padre. L'occasione capitò diversi anni dopo: Massimo era
pronto. L'altro fu sorpreso al mattino presto nel podere della famiglia: fu
sgozzato brutalmente e lasciato nella porcilaia. Massimo visse solo dodici
ore in più della sua vittima: gli spararono da una macchina in corsa mentre
rientrava a casa. Piera in quello stesso momento stava salutando Salvatore
dalla banchina del porto. Dopodiché si rinchiuse definitivamente dentro la
casa grande, dove solo poche donne erano ammesse. Salvatore, a Milano, apprese la notizia
della morte del fratello e, anni dopo, gli arrivò anche quella della morte
della madre. Tornò in paese per darle l'ultimo saluto ma non parlò con
nessuno. Ebbe contatti solo con il notaio che gli fece avere il testamento,
lasciatogli in custodia da Piera: naturalmente era l'unico erede. Il notaio
gli suggerì di vendere la casa e di tornarsene a Milano. Salvatore ascoltò
solo il secondo consiglio e ripartì; del resto pareva essersi dimenticato. Fino a quando non ha deciso di ritornare in
paese e fare ristrutturare la casa dei suoi genitori. E la notizia è giunta alle orecchie di chi crede che
Salvatore possa ancora rappresentare una minaccia. Chissà se i due uomini, vittime entrambi di
un odio assurdo nato prima ancora di loro per chissà quale antico sgarbo, si
sono scambiati parole all'interno della casa? quando esausti dalla lotta e
feriti si sono guardati negli occhi. I
giornalisti nei loro articoli ipotizzano che Salvatore abbia volontariamente
scelto di mirare in basso, evitando di uccidere l'uomo. Questo non c'è dato
saperlo: di sicuro l'altro non gli avrebbe ricambiato lo stesso favore; ma il
forte dolore alla gamba spezzata dalla pallottola e la perdita copiosa di
sangue, lo immobilizzava a terra. I fatti accaduti e i loro risvolti,
compreso l’epilogo, hanno tenuto alto l’interesse dell’intera comunità per
lungo tempo. Poi, come se niente fosse successo, nessuno ne ha più fatto
cenno: nuovi fatti hanno richiamato l’attenzione della gente e alla fine
ognuno ha ripreso la vita di sempre. La casa di Piera ora è diventata un B &
B e Salvatore lo ha dato in gestione a una coppia di amici dalle idee
stravaganti, ma molto simpatici. Uno dei due l'ha conosciuto il giorno
dell'accaduto e subito nei suoi confronti ha provato un'attrazione molto
forte. Il capo della Squadra mobile che si stava
occupando delle indagini entrò nella casa di Piera insieme a Salvatore,
accompagnato dal suo avvocato. Dentro la casa Salvatore raccontò la sua
versione dei fatti, dal momento in cui si era accorto dell'uomo che entrava
di soppiatto dentro la casa, con il fucile in mano. Salvatore, che si
aspettava di vivere quel momento da tutta una vita, non si era fatto
sorprendere e il suo corpo, un tempo gracile e smunto, negli anni era stato
sottoposto a un duro allenamento; essendo in possesso di un'ottima
preparazione sapeva bene come colpire
senza uccidere. L'uomo di fronte a lui non era stato abbastanza svelto e
venne disarmato all'istante. Fu in quel momento che avvenne il primo sparo e
la pallottola andò a vuoto; l'aggressore, accecato dalla rabbia si era
avventato a corpo morto su Salvatore e lì era partito il secondo sparo. Diciamo
accidentale anche quello; ma tant'è: non fu un colpo mortale. Terminata la sua testimonianza Salvatore si
era soffermato sotto il bel portico della casa per scambiare ancora due
chiacchiere con il suo avvocato. Sarebbe passata ancora qualche settimana prima
di ricevere l'autorizzazione a ripartire, ma l'incontro con Danilo era stato
una sorpresa per lui che difficilmente si lascia impressionare dalle persone.
Danilo, dopo l'imbarazzo iniziale, aveva dimostrato un entusiasmo che lo
aveva catturato totalmente e nel giro di due giorni si era ritrovato in mano
un progetto che non poteva non approvare. Le settimane divennero due mesi e
in tutto quel tempo Salvatore e Danilo, diventati inseparabili, avevano
rivisto e rielaborato l'idea originaria. I due si erano intesi immediatamente
e insieme ad un terzo componente, Dario naturalmente, avevano firmato un
contratto che soddisfaceva tutti e tre. Conoscere Salvatore per Danilo è
significato non solo buttarsi in un’avventura che sia a lui che a Dario ancora
sembra irreale; ma è servito soprattutto a smuoverlo da quell'apatia che, al
di fuori del lavoro, lo stava rendendo schivo con gli amici e diffidente con
la persona che ama. Danilo ha iniziato a rivedere il rapporto con Edoardo: la
loro vita di coppia al momento è ancora fatta di spostamenti e incontri che
avvengono nei weekend o durante le feste. Spesso, quando Danilo non resiste
alla tentazione, lascia tutto e a sorpresa, raggiunge Edoardo a Dublino, in
quella che ormai è diventata la loro seconda casa. Nella casa bianca, la casa di Piera, come
preferiscono chiamarla, abitano l'appartamento al piano rialzato. Al piano
terra ci sono altri tre appartamenti: le stanze sono soleggiate e
confortevoli; l'arredamento ha un'impronta un po' retrò, dagli effetti molto
romantici. Danilo e Edoardo hanno imparato l'arte di
sapersi adattare a una lunga serie di cambiamenti e questo rende ancora più
speciale il rapporto: ne hanno fatto il loro punto di forza. Danilo continua a divertirsi con la sua
passione per i fumetti e porta avanti discretamente il suo lavoro di grafico
pubblicitario e Edoardo avanza di carriera nella splendida città che lo ha
ospitato. Il numero di amici irlandesi è cresciuto in questo primo anno e
sono diventati anche gli amici di Danilo. Naturalmente il primo che ha
conosciuto è stato Steve che, a dire la verità, a Danilo non ha fatto un
grande effetto visto da vicino, ma a lui i rossi non sono mai piaciuti molto.
Gli riconosce però una simpatia che lo ha conquistato, facendo crollare tutti
i pregiudizi e le tensioni iniziali. Insieme a Steve ha conosciuto anche Alex
e Michael e Sandy e un sacco di altra gente. Insieme hanno partecipato a
feste memorabili: Danilo e Edoardo non si sono mai tirati indietro quando si
tratta, una volta ogni tanto, di compiere qualche piccola trasgressione. La
loro frase tipica all'uscita di casa è: - Ricordati chi siamo. Significa: non
superiamo i limiti che sappiamo e buon divertimento! Il mal di testa del giorno dopo a
quarantacinque anni inizia a perdurare un po' di più; ma i due hanno fatto
propria anche un'altra frase di rito: - Chiodo scaccia chiodo. E di solito
funziona. La casa bianca è diventata il luogo magico,
quello dove Edoardo e Danilo stanno più volentieri, soprattutto Danilo che l'
ha desiderata e voluta: all'inizio in forma latente, poi d'improvviso
l'attrazione verso la casa di Piera è scoppiata come una bomba. Il rapporto di amicizia con Salvatore non
si è interrotto nel momento in cui questi è dovuto tornare a Milano e Danilo,
scherzando, gli dice sempre che un letto e una colazione gratis per lui sono
sempre disponibili. Ripensando agli eventi di un anno prima Danilo diventa
pensieroso per la loro drammaticità, ma esiste anche un episodio che ancora
lo fa sorridere. Edoardo lo prende in giro per la sua ingenuità ma se l'è
vista brutta quando Danilo si mostrava palesemente rapito da quella persona e
non faceva che parlare di lui: la lontananza è una brutta bestia e di colpo
Edoardo aveva vissuto sulla propria pelle le stesse sensazioni sgradevoli che
Danilo aveva vissuto a causa sua. Durante il mese di permanenza tra Danilo e
Salvatore i rapporti si erano fatti sempre più stretti e amichevoli e spesso
si ritrovavano a cenare insieme, da soli, sotto la veranda. Finita la cena,
davanti alla bottiglia gelata del liquore fatto in casa, Danilo si rilassava
accendendosi la sua sigaretta serale e Salvatore si concedeva qualche boccata
da uno dei suoi sigari preferiti. Durante uno di questi piacevoli incontri
Danilo aveva intuito che Salvatore volesse spingersi un po' oltre i soliti
discorsi; parlava d'amore e di sentimenti e lo faceva guardandolo dritto
negli occhi: era imbarazzante. A Danilo spiaceva come si stavano mettendo le
cose ed era determinato a stroncare sul nascere qualunque iniziativa Salvatore
avesse in mente di prendere. Non che gli dispiacesse, al contrario, doveva
confessare a se stesso di essersi un po' innamorato di Salvatore. Un uomo di
mezz'età, ma nel pieno vigore fisico: da subito aveva solleticato le sue
fantasie. Però no, non voleva storie che gli incasinassero l'esistenza. E non
era nemmeno tentato da una botta e via. Salvatore gli piaceva, molto, ma
desiderava soprattutto essergli amico. Questo pensava Danilo e nel frattempo
Salvatore aveva terminato di parlare e con passo malfermo si era allontanato,
dopo avergli augurato la buona notte. Danilo era rimasto sorpreso dall'ultima
frase e solo concentrandosi e allontanando la nebbia causata dai fumi
dell'alcool aveva visto tutto con chiarezza. A quel punto non aveva
resistito: era scoppiato a ridere da solo. Salvatore parlava d'amore, certo,
ma era la nostalgia di casa a rendere romantici i suoi argomenti. Danilo
aveva equivocato tutto e alla fine, con un sospiro di sollievo, aveva capito:
Salvatore amava un uomo da tanti anni e quell'uomo desiderava riabbracciarlo
al più presto. Una settimana dopo hanno festeggiato il
compleanno di Danilo, erano presenti: Edoardo, Salvatore, Alessandro, Dario e
Cristina. Nella casa di Piera, naturalmente. |