| 
   Il piacere di uccidere -
  VI 
 Due grandi attori Colton è seduto nel suo ufficio, rilassato e
  sorridente: - Vi aspettavo, ragazzi.
  Avete fatto un buon lavoro. Rod sorride. - Lo credo bene che ci aspettavi,
  Colton, altri quindici giorni senza scopare non passano mica in fretta. Colton sbuffa, ma è chiaro
  che fa solo scena. Herman fa una breve
  relazione, anche se Colton è già informato quasi su tutto (e certi dettagli
  Herman e Rod glieli risparmiano). - Direi che avete fatto un
  lavoro eccellente. Questo primo contatto con l’Asia centrale ha funzionato
  benissimo. - “Primo contatto”? In che
  senso? - Perché tra un mese
  ripartirete per girare un film. - Girare un film? E che
  cazzo?! Mica siamo attori. - Lo siete. Oggi
  pomeriggio facciamo le foto da inserire nel curriculum che spediamo in serata
  alla casa di produzione. Un’esperienza nuova: un bel film in costume. - Sulla vita di Zohad? Colton aggrotta la fronte: - Come fate a saperlo? - I tuoi agenti sono in gambissima, dovresti saperlo. Colton non sembra così
  convinto. Storce la bocca e prosegue: - Suppongo che Saedi vi
  abbia già informati. Vi darò poi i dettagli tecnici, devo ancora finire di
  prendere accordi, ma da domani incominciate con le lezioni di recitazione e
  di equitazione. Altre esperienze nuove… - Domani? Ma che cazzo?! A
  una pausa avremo pure diritto, no? Colton inarca le
  sopracciglia. - Lezioni gratuite di
  cinema ed equitazione: praticamente una vacanza a spese dei servizi. Dovreste
  dirmi grazie. - Grazie al cazzo! Indifferente alla mancanza
  di riconoscenza dimostrata da Herman, Colton fornisce le informazioni
  relative ai luoghi e agli orari delle lezioni. Poi conclude: - Le spiegazioni in altro
  momento: ci sono alcune informazioni che mi mancano. Ma vi anticipo una cosa:
  ci potrebbe essere un lavoretto da fare qui, che riguarda il vostro
  insegnante di equitazione, Mac Stoner. Non l’abbiamo scelto a caso.  Il sorriso di Colton non
  lascia presagire niente di buono per Mac Stoner. - A lui direte quello che
  abbiamo stabilito: siete due attori e dovete recitare in un film in cui
  dovrete cavalcare. Non può certo sospettare che siate due agenti e non
  diffiderà di voi, soprattutto dopo qualche settimana di lezione di
  equitazione. Questo renderà più facile svolgere il vostro compito. - Dobbiamo farlo secco? Herman si aspettava la
  domanda di Rod: sa che cosa interessa al suo amico. Colton risponde: - Non è detto. Rod storce la bocca: la
  prospettiva di far fuori qualcuno era l’unica notizia positiva di tutto il
  colloquio. Per il resto, equitazione e recitazione, cazzo! Colton fa una pausa e
  aggiunge: - Un’ultima cosa: vi fate
  crescere la barba tutti e due. Serve per il film e per ridurre il rischio che
  qualcuno vi riconosca, tra quelli che vi hanno visto durante il vostro
  viaggio precedente. In effetti se qualcuno
  degli agenti all’aeroporto della capitale del Wadistan
  riconoscesse i due inglesi arrestati per aver cercato di introdurre un carico
  di droga, sarebbero cazzi acidi. - Qualcuno potrebbe
  riconoscerci lo stesso. - Avevate altri nomi, le
  foto nell’archivio della polizia del Wadistan sono
  state cambiate, no, non correte nessun rischio. Potete girare il film in
  tranquillità. Rod annuisce. - Adesso però giriamo un
  altro tipo di film, eh, Colton? Un bel film a luci rosse. Altrimenti sarai di
  nuovo costretto a farti una sega al cesso, come in questi giorni in cui noi
  non c’eravamo. Colton grugnisce uno
  “stronzo”, ma è solo pro forma. Herman ha l’impressione che il vice dei
  servizi aspettasse con una certa ansia il loro ritorno. - Comunque, Rod, tu tieni
  le mani a posto. Rod ghigna. - D’accordo, userò altro.
  Sempre in tema alle esperienze nuove. - Rod, se vuoi che ti
  spacchi la faccia… - Vedremo chi spacca che
  cosa a chi… Colton sembra esitare.
  Herman si dice che Rod ha fatto un errore a scoprire così le sue carte:
  Colton non ha nessuna intenzione di prenderselo in culo. Rod fa per togliersi la
  giacca, ma Colton dice: - No, non ora. Adesso ho
  da fare. Andate. - Se ci mandi via, non saremo
  ancora usciti dalla porta che già ti sarai pentito. - Fuori dai coglioni. Colton è chiaramente
  irritato.  - Sei proprio sicuro…? - Fuori! - Va bene, va bene. Ce ne
  andiamo. Sulla porta Rod si volta
  un attimo e dice: - Ti stai inacidendo,
  Colton, sembri una vecchia checca a corto di uccelli! Si vede proprio che
  l’astinenza fa male. Rod chiude la porta senza
  lasciare a Colton il tempo di replicare, ma si sente un sonoro: - Stronzo! Herman ride e osserva: - Sei stato precipitoso,
  Rod. Colton non ha nessuna intenzione di prenderselo in culo. - Gli facciamo cambiare
  idea, te lo garantisco. Però è una rottura. Ce l’avevo già duro. - Che strano! Non ti tira
  mai… Questa volta è Herman a
  prendersi dello stronzo, ma Rod non si limita alle parole: passa subito ai fatti.
  Spinge Herman nei bagni e lo forza (senza incontrare peraltro grande
  resistenza, per non dire nessuna) a entrare in uno dei cessi. Lì Herman può
  verificare che Rod non raccontava balle. Dalla verifica esce, dopo una
  mezz’ora, con il culo dolorante e gocciolante. Le riprese fotografiche
  richiedono sei ore. Indossando abiti diversi, Herman e Rod diventano attori
  in diversi film mai esistiti (o vengono inseriti nel cast di film
  effettivamente girati, ma senza la loro partecipazione), talvolta con barba
  finta e trucco, talvolta senza. Alla fine della seduta hanno un rispettabile
  curriculum come attori professionisti in film d’azione e storici, l’ideale
  per chi farà parte del cast del film su Zohad. Herman ha parecchi dubbi
  su tutta la faccenda. - E perché mai per il film
  dovrebbero prendere noi due? - Perché la scena in cui
  rompiamo il culo a Zohad viene molto più
  realistica. La spiegazione di Rod non
  convince Herman, che passa al dubbio successivo: - E chi farà Zohad, visto che l’attore che doveva impersonarlo è
  morto? - Magari Colton. Io conto
  di preparare la strada per il palo… Colton non scherzava: tre
  ore di equitazione e poi tre di recitazione ogni giorno, sabato compreso, più
  due ore per andare e tornare da Londra al paese dove si svolgono le lezioni a
  cavallo. Per definirla una vacanza bisogna avere la faccia come il culo.
  Cioè, nel caso di Herman e Rod, piuttosto dolorante, perché tre ore a cavallo
  ogni giorno, soprattutto per chi non è abituato, non sono proprio il massimo
  per il fondoschiena. Se poi uno, dopo tre ore a cavalcare, viene pure
  cavalcato da uno stallone, come nel caso di Herman, il male al culo diventa
  costante. Herman e Rod sono tutti e
  due piuttosto atletici e imparano a cavalcare abbastanza bene. Rod si
  dimostra perfettamente in grado di condurre il cavallo e l’istruttore lo
  loda. Magari lo stile lascia un po’ a desiderare, ma non si può avere tutto.
  Herman è più elegante a cavallo, ma ogni tanto il destriero tende ad andare
  dove vuole lui e il cavaliere fa un po’ fatica a imporre la sua volontà.  Quanto alla recitazione,
  l’attore del Globe che tiene le lezioni deve avere un grande bisogno di
  soldi, se non rinuncia al lavoro. È un gran bel ragazzo, uno splendido
  giamaicano, alto e robusto, capelli stile rasta, ma i due allievi non sono il
  massimo quando si tratta di esprimere sentimenti ed emozioni. - Oggi il maestro mi
  sembrava un po’ depresso. - Certo, Rod. Non impari
  un cazzo di quello che cerca di insegnarti. Rod guarda Herman. Non
  commenta, anche perché sa benissimo che è vero. - Bisognerà consolarlo. Herman ha capito benissimo
  come Rod intende consolare Ian,
  l’insegnante. Lui ci starebbe, anche perché è uno da leccarsi i baffi. Ma non
  è detto che ci stia Ian. Alla fine della lezione
  successiva, Rod dice:  - Scusa, Ian, se ti facciamo disperare. Dobbiamo imparare a
  recitare, ma non siamo molto portati. Ian inarca le sopracciglia. - “Non siamo molto
  portati” è un eufemismo. Il manico della mia scopa è più portato di te, Rod.  Ian è bravissimo a smussare, addolcire,
  attenuare. Senza dubbio sa come incoraggiare i suoi allievi. - Però abbiamo un sacco di
  altre qualità nascoste. Ian ghigna. - “Nascoste”? In che
  senso? - Se vuoi possiamo tirarle
  fuori. - Sarebbe ora. Rod si slaccia la cintura,
  abbassa la lampo e incomincia ad armeggiare con ciò che c’è in zona.  Herman si dice che questa
  volta il loro insegnante di recitazione li mollerà definitivamente. E magari
  da domani faranno lezione con uno brutto e pure puzzolente. Ma Ian
  sorride e non si mostra per nulla scandalizzato. - Vediamo queste virtù
  nascoste. Anche tu, Herman. A questo punto Rod non
  perde più tempo e tira fuori la sua virtù, alquanto voluminosa. Herman fa la
  sua parte, che non è piccola, anche se il confronto con Rod è sempre
  svantaggioso. - Devo riconoscere che in
  quanto a virtù nascoste ve la cavate meglio che a recitare. Non che ci voglia
  molto, comunque. - Però se ci impegniamo in
  una scena porno, ti assicuro che facciamo faville. - Si può fare. Come
  indennizzo per tutto quello che devo sopportare. Ian incomincia a spogliarsi. Herman e Rod lo
  guardano, mentre completano lo spogliarello. Ian ha
  uno splendido corpo, forte ed elegante, molto armonioso, davvero da leccarsi
  i baffi, di un uniforme colore scuro, quasi del tutto glabro. E ha anche un
  signor cazzo, che già si sta tendendo. Di che far venire l’acquolina in
  bocca. Herman afferra la preda
  con una mano, mentre con l’altra soppesa i coglioni, poi si inginocchia,
  ammirando da vicino l’attrezzatura superlativa. Rod intanto si mette di
  fianco a Ian. Il suo bel cazzo nero è teso e anche
  quello di Ian ormai, grazie alla mano di Herman, ha
  raggiunto la dimensione massima: di tutto rispetto.  A Herman piacerebbe
  prenderli in bocca tutti e due, ma viste le dimensioni, rischierebbe una
  slogatura della mandibola. Perciò si limita ad alternare: passa la lingua
  sulla cappella di Rod, prende in bocca quella di Ian,
  la lascia per succhiare un po’ il cazzo di Rod, mentre la sua mano accarezza
  i coglioni di Ian. 
   Rod si stacca per prendere
  due preservativi, misura extra-large, che poggia sul tavolo. Ian ne prende uno e lo passa a Herman, indicandogli con
  un cenno del capo il proprio cazzo. Herman apre la bustina, mette il
  preservativo sulla cappella di Ian e lo srotola. Ian si china e solleva Herman. Lo volta e gli appoggia le
  mani sulla schiena, facendogli piegare il busto in avanti. Poi gli mette le
  mani sul culo, divarica le natiche e avvicina la cappella. Il cazzo nero di Ian affonda con lentezza nel culo chiaro di Herman. Rod si mette davanti a
  Herman, dandogli il culo. Herman poggia le sue mani sulle cosce e incomincia
  a leccargli il solco, premendo contro il buco, mentre gusta il palo che lo
  trafigge. Abituato al palo di Rod, Herman riesce a reggere senza troppo
  dolore la mazza di Ian. L’insegnante di teatro
  muove il cazzo avanti e indietro e Herman mugolerebbe di piacere se la sua
  lingua e la sua bocca non fossero occupate. Poi Rod si volta, offrendo a
  Herman il suo splendido cazzo in tiro: un piatto che Herman gusta molto
  spesso, ma che non gli viene mai a noia. Tra il palo che gli scava le viscere
  e quello che ora la sua bocca sta inghiottendo, Herman si sente benissimo,
  per quanto le spinte di Ian gli provochino ogni
  tanto una fitta. Rod guarda il cazzo nero avanzare e poi scomparire del tutto
  dentro il culo di Herman: è proprio un bello spettacolo. Le mani di Ian e quelle di Rod accarezzano, pizzicano e stuzzicano
  Herman, che sente la tensione crescere. Il terzetto va avanti, con
  poche varianti, un buon momento. Infine Ian geme e
  con una serie di spinte frenetiche viene. Poco dopo anche Rod emette un
  grugnito e sparge il suo seme nella bocca di Herman. Ian
  esce e anche Rod si stacca. A Herman spiace che i due
  occupanti abbiano lasciato le loro posizioni. Si rialza, il cazzo ancora in
  tiro. Ian però lo spinge sul tavolo, facendogli
  appoggiare la schiena sul ripiano, si china su di lui e avvolge il cazzo con
  la sua bocca. Non ci vuole molto perché Herman venga. Quando infine si
  rivestono, Ian dice: - Certo che in un film
  porno avreste più possibilità. Da domani integreremo le lezioni con provini
  di questo genere. Stranamente, la proposta
  non incontra nessuna opposizione da parte di Herman e Rod: si vede che
  vogliono approfondire la loro conoscenza della recitazione in tutti i tipi di
  film. Herman è sicuro che Rod farà in modo di gustare il bel culo nero di Ian, prima della fine del corso. Anche l’insegnante di
  equitazione, Mac Stoner, non è male. Non è un bell’uomo come Ian, ma è uno di quei maschi robusti e rudi che a Herman
  piacciono alquanto (non a caso si è messo con Rod) e che piacciono pure a
  Rod. Però Herman si dice che non è il caso di provarci, perché il tipo pare
  rigorosamente etero e pure pieno di pregiudizi, a giudicare da certe battute
  che ogni tanto tira fuori. Inoltre se, come ha anticipato Colton, devono fare
  qualche lavoretto con Mac (anche se lui non è d’accordo), non è il caso di
  creare problemi.  Adesso che hanno imparato
  a condurre il cavallo, Mac li porta a fare lunghe passeggiate nella campagna.
  Ora si sono fermati ai margini di un bosco. Mac deve pisciare e tira fuori un
  uccello alquanto appetitoso. Herman lo sbircia senza dare nell’occhio, mentre
  Rod lo guarda apertamente. - Che cazzo hai da
  guardare, Rod? Si direbbe che tu sia un finocchio. Rod ghigna, mentre tira
  fuori il suo uccello e si mette a pisciare di fianco a Mac, senza smettere di
  guardarlo. - Guardo sempre la merce
  altrui. Direi che la tua non è malaccio. - Pensavo che volessi
  gustarla. - Dipende, se tu gusti la
  mia, potrebbe essere un buono scambio. - Non dire cazzate. Mac ha finito e rimette
  dentro la merce, un po’ scocciato. Riprendono la lezione di equitazione e
  all’argomento non si fa più cenno. Tornando in auto, Herman
  stuzzica Rod: - Stai perdendo colpi,
  Rod. Prima Colton, poi Mac. Nessuno ti vuole. Rod ghigna: - Ian
  mi vuole e non ci metterò molto a prendermi il suo bel culo nero. Su Colton
  sono disposto a mettere la mano sul fuoco, purché la moglie non partorisca in
  anticipo. Quanto a Mac, non si può mai dire. - Quello è etero. - Sì, ma sai benissimo
  com’è: l’unico uomo che sicuramente non avrà rapporti gay è quello nella
  bara. A meno che qualcuno non lo fotta da morto… quello che farò con te,
  prima o poi. - Ma io non sono etero. - Fa lo stesso. - E non sono neppure
  morto. - A quello si può sempre
  rimediare. Conta su di me. Herman sa che per quanto
  riguarda ammazzare, si può sempre contare su Rod. Ma per il momento non ha
  fretta di fare l’esperienza di come ci si sente a diventare cadavere. Rod ritorna
  sull’argomento: - Spero proprio che Mac
  sia da far fuori. Mi piace un casino. Essere apprezzati da Rod
  non è sempre un vantaggio. Questo Herman lo sospettava da tempo. È passata una settimana.
  Rod e Herman sono stati di nuovo convocati nell’ufficio di Colton. - Allora, Colton, ci vuoi
  spiegare una buona volta in che cosa consiste questa missione del cazzo per
  cui dobbiamo pure recitare, sempre che ci prendano per questo film? Colton sorride. - Certo che vi prendono.
  Il film è una coproduzione anglo-wadiri-kirghisa e
  come al solito il produttore inglese ha posto come condizione la presenza di
  alcuni attori inglesi da lui indicati. Tra questi ci siete voi due. Herman ha la netta
  impressione che Rod non sia entusiasta della notizia: non ci tiene molto a
  calcare le scene. - Allora, dicci qualche
  cosa di più. - No, non è ancora ora.
  Prima vi parlerò dell’altro lavoretto da fare, qui in Inghilterra. - Mac Stoner? Gli occhi di Rod si sono
  illuminati. - Sì, proprio lui. Come
  sono i vostri rapporti? - Buoni. Siamo i suoi
  migliori clienti e paghiamo regolarmente. Colton precisa: - Pagano i servizi. - Certo, non impariamo
  mica ad andare a cavallo per il nostro piacere! Colton annuisce. - Bene, Stoner e il suo
  socio, Gary Ashfair, sono diventati il punto di riferimento di una rete che progetta
  attentati qui in Inghilterra; sappiamo che sono stati coinvolti anche
  nell’attentato alla metropolitana. Ashfair è ad Abu Dhabi proprio per
  organizzare un’altra azione clamorosa. È giunto il momento di rendere Stoner
  inoffensivo. Herman osserva: - Ma perché non lo
  arrestate? In effetti, se il
  criminale sta in Inghilterra, non occorre eliminarlo per renderlo
  inoffensivo: basta mandare la polizia a casa sua. Rod lancia un’occhiata a
  Herman come se volesse incenerirlo (non lo farebbe mai: per eliminare Herman,
  Rod sceglierebbe modi molto più soddisfacenti – per lui, probabilmente non
  per Herman). Colton spiega: - Stoner non
  collaborerebbe. E neanche Ashfair: sono due tipi tosti. Ma se tra qualche
  settimana, quando Ashfair torna, Stoner farà una
  brutta fine a opera di sconosciuti, il suo collaboratore, temendo di finire
  allo stesso modo, diventerà molto più malleabile e i servizi, anziché
  sembrargli una minaccia, gli appariranno un porto in cui rifugiarsi. E noi
  saremo felici di offrirgli la nostra amorevole protezione.  - Quindi non è da
  ammazzare subito? Rod è un po’ deluso.
  Colton gli lancia un’occhiataccia.  - Ce la fai ad aspettare?
  Più o meno due settimane. Intanto dovete imparare ad andare a cavallo. Rod sorride. - Farò uno sforzo. Ma
  adesso basta. Ciò detto Rod si alza e
  incomincia a spogliarsi. - Ehi, che cazzo fai? - Eddai,
  Colton, non fare la verginella ritrosa. È parecchio
  che non scopi, l’altro giorno non hai voluto provare qualche cosa di nuovo e
  poi ti sei mangiato le mani e hai dovuto farti una sega. Adesso proviamo a
  divertirci insieme. Non puoi andare avanti a seghe tutto il tempo… Rod prosegue lo
  spogliarello e sorride. - Incominciamo e vediamo
  che cosa succede. Quando hai scopato Herman, prima della nostra partenza per
  il Wadistan, sei stato un po’ troppo irruente,
  Herman si è lamentato che non ci sai fare. Devi perfezionare la tecnica.
  Incomincia a spogliare Herman. Colton guarda Rod,
  diffidente. - Bada a quel che fai, tu. - Sta’ tranquillo. Adesso
  ti faccio vedere come si fa. Rod si avvicina a Colton,
  gli passa due mani sotto la felpa e la solleva. - Dai, alza le braccia,
  non fare il bambino. Colton si rassegna e Rod
  gli toglie la felpa. Poi incomincia a sbottonargli la camicia. - E mentre gli sbottoni la
  camicia, potresti anche usare la bocca. Rod fa per baciare Colton,
  che si ritrae. - Cazzo, Colton! Non ti
  mordo mica.  Colton fa una smorfia. - Dai, prova con Herman. Colton si avvicina a
  Herman e gli sfila la giacca, mettendola sulla scrivania. Incomincia a sbottonargli
  la camicia. Herman gli prende la testa tra le mani e lo bacia sulla bocca.
  Questa volta Colton non arretra. Herman spinge la sua lingua tra i denti di
  Colton, che poi ricambia. Il giochino piace a tutti e due, perché ci danno
  dentro. Intanto Colton ha finito di togliere la camicia a Herman, che si
  stacca e prende a spogliare Rod. Sono tutti e tre a torso
  nudo, ora. Colton si è rilassato e Rod si avvicina di nuovo. Lo bacia anche
  lui e Colton non si sottrae. Rod si toglie le scarpe e
  le calze, imitato da Herman e poi da Colton. Rod si avvicina a Colton,
  gli slaccia la cintura e gli abbassa i pantaloni. Intanto Herman si è messo
  alle spalle di Rod e sta facendo altrettanto con lui. Colton e Rod si trovano
  con i pantaloni a terra, Colton in mutande, Rod in jock-strap. Tutti e due
  hanno un notevole rigonfio sul davanti. Colton si avvicina a Herman, sorride
  e gli slaccia la fibbia, poi cala anche i suoi pantaloni e insieme i jock-strap. Herman si ritrova nudo, il cazzo già mezzo in
  tiro. Rod passa dietro a Colton
  e gli cala le mutande, mentre Herman si inginocchia e avvicina la bocca al
  cazzo di Colton, anche quello quasi sull’attenti. Quando avvolge la cappella,
  Colton geme. - La volta scorsa sei
  entrato come une bestia. Bisogna andarci piano, magari usare un po’ di
  lubrificante. Rod ha già tirato fuori la
  bustina e la porge a Colton, che la guarda, confuso dalle sensazioni che gli
  trasmettono le labbra e la lingua di Herman sul suo cazzo. Rod ha un’altra bustina e
  la apre, come se volesse fargli vedere l’uso. Poi versa una parte del
  contenuto sulle dita e passa dietro a Colton. - Si usa così. Le dita di Rod scorrono
  sul solco e indugiano sull’apertura. - Cazzo, Rod! Io… Colton non continua. La
  bocca di Herman, la lingua di Herman, le labbra di Herman, le mani di Herman
  sui suoi fianchi, tutto lo stordisce. E quel fottuto dito che gli sta
  entrando in culo… Il dito di Rod scivola
  dentro senza fatica, poi un altro lo segue, distribuendo il lubrificante. - Fa’ lo stesso con
  Herman, Colton. Herman si solleva e si
  volta. Si appoggia con le braccia alla scrivania, offrendo il culo a Colton.
  Questi apre la bustina, versa il contenuto e con le dita lo sparge intorno e
  dentro il buco. Ci infila prima un dito, poi due. È una sensazione
  fortissima, che quasi gli fa dimenticare che due dita di Rod sono ancora
  dentro il suo. - Un po’ lo metti anche
  sulla cappella, dopo aver infilato il preservativo. Rod toglie le dita dal
  culo di Colton e passa di fianco a lui. Si cala i jock-strap,
  mostrando la sua formidabile mazza, perfettamente in tiro. Mette nella
  sinistra di Colton la bustina con il preservativo, poi ne prende un’altra dai
  suoi pantaloni, la apre, sfila il preservativo e se lo infila. Sparge la
  crema lubrificante sulla cappella.  Colton è rimasto
  imbambolato. Sembra frastornato. Rod gli prende di mano la bustina, la apre e
  gli appoggia il preservativo sulla cappella, poi lo srotola. Colton sussulta
  al contatto delle dita di Rod. Rod guarda la bustina del lubrificante che
  Colton ha posato sulla scrivania: è quasi vuota. Rod prende un po’ del suo e
  lo sparge sulla cappella. Al contatto delle dita di Rod, Colton solleva la
  testa di scatto. - Ora piano, Colton. Non
  devi impalare un condannato a morte. Colton lo guarda. Non si
  muove. Rod passa dietro di lui. - Così. Il cazzo di Rod preme
  contro il solco. - No. - Datti da fare, Colton.
  Herman aspetta la tua visita. Colton guarda la schiena
  di Herman davanti a lui. - No! - Avanti, Colton, ma
  piano, con delicatezza. Ma Colton non cede. Con un
  movimento deciso si sposta e si mette con il culo contro la scrivania.  Rod mangia la foglia e
  passa dietro a Herman. - Adesso ti faccio vedere. Rod appoggia la cappella
  contro il culo di Herman e con lentezza affonda l’arma nella carne. Herman
  geme: l’ingresso di Rod è sempre una delizia, per quanto possa fare male
  (spesso non poco). - Vedi, Colton? Entri
  piano, spingi il cazzo a fondo, ma lentamente, poi ti tiri indietro ed esci
  quasi completamente, se vuoi puoi anche uscire del tutto. Rod si ritrae ed esce. - Poi affondi di nuovo e
  questa volta puoi entrare anche in modo un po’ più brusco, tanto il buco è
  già stato dilatato. Rod esegue e si mette a
  fottere Herman ritmicamente, con decisione, spingendo ogni volta il cazzo
  dentro il culo di Herman, fino a che i coglioni battono contro il culo
  dell’amico, poi ritraendosi; a volte esce, per poi rientrare con un colpo
  secco. Herman chiude gli occhi, mentre ondate di piacere salgono dal suo
  culo, mescolate al dolore di questa mazza ferrata che gli dilata le viscere.
  Rod imprime una netta accelerazione al ritmo della sua cavalcata e Herman non
  riesce a trattenere una serie di gemiti. Infine Herman lancia un grido,
  mentre viene, e poco dopo anche Rod si affloscia sul corpo di Herman, dopo
  una successione di spinte più violente. Rod si toglie e getta il
  preservativo sulla scrivania, - Che ne dici, Colton?
  Vuoi provare? Considerando che il cazzo
  di Colton è teso come una lama d’acciaio e tanto gonfio che sembra sul punto
  di esplodere, una risposta negativa non sarebbe convincente. Colton non risponde. Si
  limita a dire: - Tu sta’ alla larga. Poi si mette dietro a
  Herman, avvicina la cappella al buco, già dilatato, ed entra con un movimento
  continuo. Colton chiude gli occhi. La sensazione che sale dal suo cazzo è
  splendida. - Ora muovi un po’ il
  culo, Colton. Colton incomincia a
  muovere avanti e indietro il culo, affondando il cazzo fino alla base e poi
  ritirandolo. Si muove con lentezza, assaporando il piacere che prova. Ogni
  tanto si ferma. Colton procede piano, vuole far durare il momento. Ma da
  troppo tempo non ha rapporti: il desiderio preme, lo fa fremere, lo spinge ad
  accelerare il ritmo. Il movimento diviene più rapido, con spinte vigorose e
  arretramenti decisi, finché Colton viene. Allora chiude di nuovo gli occhi,
  abbandonandosi al piacere che lentamente si dissolve. Poi Colton riapre gli
  occhi e guarda la schiena di Herman. Le sue dita accarezzano il corpo
  dell’agente, scendono dalla nuca al culo. E quando le mani arrivano alle
  natiche, Colton sente un morso al culo: Rod si è messo in ginocchio dietro di
  lui e sta mordendolo.  - Che cazzo fai? - Ti insegno qualche cosa
  di nuovo. E Rod assesta un altro
  morso. È una sensazione strana, che Colton non saprebbe definire. Poi Colton
  sente due dita di Rod che scivolano lungo il solco, indugiano sull’apertura. - Ti ho detto di no, Rod. - Tranquillo, non succede
  niente. Hai già provato, le dita non fanno male, stuzzicano solo un po’. Le dita di Rod stuzzicano
  alquanto. E Colton non si sottrae: vedendo Rod in ginocchio, non si preoccupa
  di un attacco a sorpresa e può godersi, rilassato, la sensazione dei denti di
  Rod che mordono, della sua lingua che lecca, delle dita che stuzzicano. Non è
  male, Colton deve riconoscere che non è proprio male. Rod va avanti un bel
  po’. Colton ha l’impressione che le forze gli manchino. Rod deve smetterla.
  Ma Colton non dice niente. Sta bene, sta maledettamente bene e dentro il culo
  di Herman il suo cazzo sta di nuovo acquistando volume e consistenza. Colton
  tace, ma il desiderio sale e allora Colton dice: - Togliti, Rod. E riprende a spingere. Herman si gode questa
  terza cavalcata e anche lui sente di nuovo la tensione crescere e il sangue
  affluire al cazzo. È bello, cazzo, se è bello! Colton cavalca a lungo e
  infine viene poco prima di Herman. Quando Herman si rialza,
  c’è sborro sulla scrivania, in abbondanza. Colton lo guarda e scuote la
  testa. - Merda, ragazzi, che
  puttanaio mi avete combinato! Rod ride. Prende due
  fazzoletti di carta e dà una pulita alla scrivania. - Proprio solo per farti
  contento. Colton osserva alquanto
  dubbioso il risultato: dalla sua espressione è evidente che non assumerebbe
  mai Rod come uomo delle pulizie. - Va bene, ragazzi,
  levatevi dai coglioni. Ci vediamo venerdì della settimana prossima, alle
  nove. Rod si dirige alla porta,
  nudo come mamma l’ha fatto e con il cazzo non ancora a riposo. - Cazzo fai? - Hai detto di levarci dai
  coglioni, no? - Rivestiti, stronzo. Colton incomincia a
  rivestirsi. Rod ghigna e anche lui e Herman si risistemano. Poi Colton si siede alla
  scrivania, osservando sconsolato il ripiano ancora sporco. Rod si china su di
  lui e gli dà un sonoro bacio sulla guancia. - Piantala, stronzo! - Sei sempre adorabile,
  Colton. Rod e Herman se ne vanno. A Herman la cavalcata non
  è dispiaciuta per niente. Ma neanche questa volta Rod ce l’ha fatta con
  Colton.  Il copione arriva quando
  il corso di teatro è oltre la metà. Nella seconda parte del corso Ian dovrà aiutarli a preparare le loro parti. Herman e Rod scoprono di
  dover impersonare due personaggi molto importanti: Herman è uno dei
  consiglieri di Zohad, che sceglie di tradirlo e ne
  permette la cattura, con l’inganno. Rod invece è il comandante delle tribù
  occidentali, alleate degli uzbechi contro Zohad. Rod ha incominciato prima
  a leggere, perché Herman era fuori, per cui gli può annunciare:  - Fai una bella fine. Hai
  tradito Zohad e gli uomini rimastigli fedeli
  vogliono vendicarlo. Perciò uno degli ufficiali di Zohad
  ti taglia la gola mentre stai pisciando nella latrina. Poi getta il tuo
  cadavere nella merda. Rod ride, poi aggiunge: - Comunque, in fondo vieni
  riciclato nell’organico. Non ti puoi lamentare. A questo punto Herman va a
  cercare che cosa succede a Rod. - Anche tu non scherzi. In effetti anche il
  personaggio di Rod fa una brutta fine. Dopo l’impalamento di Zohad, scoppia un contrasto tra gli uzbechi e le tribù
  occidentali. Si arriva a una battaglia e Terek, il
  circasso impersonato da Rod, viene colpito da tre guerrieri con le picche. I
  tre sollevano il guerriero agonizzante in aria, in modo che il suo stesso
  peso faccia penetrare le picche più a fondo nel corpo. Poi viene lasciato
  cadere a terra, dove lo finiscono, prima di castrare e impalare il cadavere. Spetta ora a Herman farsi
  due risate. Dopo essersi presi per il culo a vicenda, decidono di prendersi
  per il culo in senso letterale, secondo un copione che conoscono
  perfettamente, ma in cui tendono a inserire diverse varianti. Terminata la scopata,
  Herman esprime i suoi dubbi. - C’è una cosa che non
  capisco. Sono parti importanti, siamo i personaggi presenti per più tempo in
  scena, dopo Zohad, la moglie e il capo degli
  uzbechi. Perché cazzo darci parti così significative? Saremo occupati a
  recitare, avremo meno tempo libero, tutti ci conosceranno. Il dubbio viene riportato
  a Colton il giorno dell’appuntamento. - Cazzo, ma provate a
  usarlo in cervello, ogni tanto, o pensate solo al cazzo, voi due? Se le
  vostre parti fossero secondarie, non rimarreste con la troupe tutto il tempo
  impiegato per girare il film, ve ne andreste dopo aver girato le due o tre
  scene in cui ci siete. Inoltre essere tra gli attori principali, con il nome
  sul cartellone, vi renderà meno sospetti, potrete avvicinare più facilmente
  le persone con cui volete entrare in contatto.  Quel che dice Colton è
  vero. - Sì, sì. Però siamo molto
  in vista. Tutti ci riconosceranno. Di solito cerchiamo di passare
  inosservati. Colton annuisce e
  aggiunge: - Hanno anche trovato un
  attore per la parte del protagonista, come cazzo si chiama, Zoher… - Zohad. Colton ghigna e dice:  - Diventerete famosi.
  Magari farete carriera come attori. - Di film porno sì,
  senz’altro. Come quello che giriamo adesso. Rod ha già incominciato a
  spogliarsi. - Ehi, che cazzo fai? - Eddai,
  Colton, non farti pregare ogni volta. Sono dieci
  giorni che non scopi, l’altro giorno ti sei divertito un sacco e oggi hai
  voglia di provare qualche cosa di nuovo. - Rod, non ho nessuna
  intenzione… Colton non completa la
  frase, perché Rod lo sta baciando sulla bocca e intanto gli infila tra i
  denti la lingua. Come nelle fiabe, il bacio del principe azzurro (qui si
  tratterebbe di un supermaschio a luci rosse), compie la trasformazione magica
  e le velleità di resistenza di Colton (molto velleitarie e poco resistenti)
  svaniscono. Sempre baciando Colton, Rod lo spinge sulla scrivania e i due si
  ritrovano abbracciati sul ripiano, mentre le loro mani freneticamente cercano
  di spogliare i due corpi, senza distinguere gli abiti dell’uno da quelli
  dell’altro. Herman si sente un po’
  tagliato fuori, ma non ha nessuna intenzione di essere lasciato da parte.
  Intanto si prepara a quanto seguirà con uno spogliarello, per non rimanere
  indietro: qualunque agente segreto sa che bisogna essere sempre pronti, mai
  lasciarsi sorprendere dagli avvenimenti. Rod si solleva,
  sorridente. Colton è frastornato. Tutti e due hanno il cazzo in tiro e
  finiscono di spogliarsi. - Oggi proviamo a usare la
  bocca, Colton. Dicendo questo, Rod preme
  sulle spalle di Colton e lo forza a inginocchiarsi davanti a lui, mentre si
  siede sulla scrivania. Colton si ritrova con il cazzo di Rod davanti alla
  faccia. Per un momento prova la tentazione di assestare un bel morso, ma la
  vista della cappella che svetta ispira altri pensieri. È però incerto: non
  deve aver mai assaggiato un bel cazzo svettante. Allora Herman passa sotto la
  scrivania e, stando accovacciato, avvicina la sua bocca al cazzo di Colton.
  Passa la sua lingua sulla cappella, due volte, poi inghiotte e incomincia a
  succhiare. Stimolato dall’esempio,
  Colton prende in bocca il cazzo di Rod e incomincia a darsi da fare. Tecnica
  poca, ma una discreta buona volontà. Intanto Herman ha passato le mani
  intorno al culo di Colton e accarezza, stringe, pizzica. Allora Colton lo
  imita e anche il culo di Rod è oggetto di attenzioni (peraltro molto
  gradite). Colton e Herman si danno
  da fare con grande gusto (Herman naturalmente lo fa solo per insegnare a
  Colton come procedere: la sua è un’azione del tutto disinteressata, con
  nobili motivazioni). Rod si limita a grugnire ogni tanto.  Il primo a venire è
  Colton, che scarica il suo seme nella bocca di Herman. Colton chiude gli
  occhi e per un momento smette di darsi da fare con la lingua e le labbra.
  Assapora il piacere che lo investe e lentamente svanisce, lasciandolo
  appagato, mentre Herman beve le ultime gocce. Vedendo che Colton è
  inattivo, Rod prende l’iniziativa. Mette i piedi a terra e si alza dalla
  scrivania, tenendo la testa di Colton, in modo che questi non si stacchi. Poi
  incomincia a fottere in bocca il vice dei servizi segreti. Procede con
  lentezza, senza spingere troppo a fondo.  Colton lo lascia fare,
  frastornato dal movimento delle mani di Herman e della sua lingua, che ora
  sta passando sull’ombelico. Poi Herman si solleva un po’ e passa dietro a
  Colton. Chinando la testa, morde il culo di Colton, poi passa la lingua sulla
  schiena, risalendo lungo la colonna vertebrale.  Rod si ferma. - Dai, Colton, datti da
  fare. Colton riprende a
  succhiare il cazzo di Rod, mentre Herman continua a leccarlo e mordicchiarlo.
  E infine Rod viene. Colton si ritrae e sputa. Rod ride: - Inghiotti, non fa male. - Stronzo, potevi
  avvisarmi. Herman ride: - Tu non mi hai mica
  avvisato. Rod conclude: - Aveva la bocca piena. E scoppiano a ridere tutti
  e tre. Però ora Herman ha il
  cazzo duro e non si può farlo andare via così. Per cui Rod si rivolge a
  Colton e gli dice: - Ce la fai a fare un bis?
  Fottiamo Herman, uno davanti e uno dietro. Colton sta considerando la
  proposta, che tutto sommato non gli sembra malvagia. Rod lo incalza: - Preferisci il culo o la
  bocca? Colton guarda Herman, che
  è ancora in ginocchio, in attesa che la sua sorte venga decisa. - Direi il culo. - OK. Herman, da bravo,
  stenditi sulla scrivania, gambe bene aperte. Herman scuote la testa, ma
  obbedisce. Si stende sul ripiano, a gambe allargate, in modo che la testa
  sporga. Rod si mette davanti a lui e Herman gli prende in bocca il cazzo.
  Incomincia a succhiare e il boccone di carne non ci mette molto a crescere di
  volume e a irrigidirsi. Colton sta fissando
  ammaliato il culo di Herman. Lo stringe tra le dita, lo pizzica, lo
  accarezza. Poi fa scorrere le dita sul solco, inumidisce l’indice e lo spinge
  dentro. Le manovre hanno un certo effetto in basso e Colton è presto di nuovo
  pronto per una bella cavalcata. Si infila il preservativo e, memore delle
  lezioni di Rod (un ottimo maestro), avvicina la cappella al buco e infilza il
  pollo con lentezza, dandogli il tempo di abituarsi allo spiedo. Colton incomincia a
  spingere avanti e indietro e anche Rod passa all’azione. Con Herman non usa
  tante cautele e lo fotte in bocca con grande decisione. Ogni tanto, quando il
  cazzo affonda fino alla gola, a Herman manca il fiato, ma la sensazione dei
  due spiedi che lo trafiggono, davanti e dietro, è bellissima e a un certo
  punto il piacere deborda e il seme si sparge sulla scrivania di Colton. Il
  vice dei servizi segreti viene poco dopo, Rod per ultimo. Mentre si rivestono,
  Colton guarda la scrivania e dice: - Il solito merdaio.  - Eddai,
  Colton, è un piccolo prezzo da pagare per una bella
  scopata. Rod si avvicina a Colton,
  lo bacia sulla bocca (e spinge la lingua ben dentro), poi esce, seguito da
  Herman.  Anche Ian
  ha letto il copione. - Direi che in un film del
  genere potete farcela persino voi. Non dev’essere un complimento,
  né per il film, né per i due attori. Ian aggiunge: - Comunque ho notato con
  soddisfazione che fate la fine che vi meritate - Ian,
  a volte mi verrebbe da pensare che non ci vuoi bene. Ian inarca le sopracciglia. - Volervi bene? Diciamo
  che ci sono cose che apprezzo di voi. - E sarebbero? - La bocca e il culo,
  essenzialmente. È bello essere apprezzati
  per ciò che si è. Ma Rod non si scoraggia e chiede: - Il cazzo no? Ian sembra rifletterci un momento. - Forse. - Perché io pensavo di
  fartelo gustare, oggi. Ian sorride.  - Ci avevo fatto un mezzo
  pensierino… - Io contavo di fartelo
  gustare tutto. Ian ride. - Non ci sono le mezze
  razioni? - Secondo me quando lo
  provi, non ti accontenti più di una mezza razione. - Vediamo questa
  meraviglia. Vederla, Ian l’ha già vista, ma oggi si tratta di gustarla. I tre incominciano a
  spogliarsi (Herman non è stato chiamato in causa, ma non intende tirarsi
  indietro, per solidarietà e perché gli sembrerebbe poco gentile andarsene
  lasciando da soli Rod e Ian:
  Herman è una persona molto educata). Herman ammira il corpo del giamaicano:
  ormai sono diversi giorni che scopano e ne conosce il cazzo (studiato a fondo
  utilizzando il tatto, il gusto, l’olfatto, la vista e il culo – che forse non
  è uno dei cinque sensi, ma può sentire anche lui) e i coglioni, il culo
  (esaminato con la lingua, le dita, i denti, le labbra) e diverse altre aree. Ian è davvero uno splendido maschio e farsi fottere da
  lui è stato ogni volta un piacere. Ma oggi sarà Ian ad accogliere il cazzo di Rod. Il giamaicano non si
  fa pregare: si inginocchia davanti a Rod e prende in bocca la mazza, già
  mezza tesa. Lavora con la lingua e le labbra fino a che l’arma è
  perfettamente in tiro (non che ci voglia molto: Rod impiega sempre pochissimo
  a passare dalla posizione di riposo – o semi-riposo, perché completamente a
  riposo lo è ben di rado – a quella di azione). Quando il cazzo è in
  verticale, rigido e imponente, Ian lo contempla.
  Herman si chiede se il loro insegnante di teatro non stia ripensandoci:
  accogliere un cazzo come quello di Rod non è uno scherzo. Ma Ian non dà segno di cedimenti. Si appoggia con le braccia
  contro il tavolo, allarga un po’ le gambe e volta la testa a guardare Rod,
  che si sta infilando il preservativo. Ian
  deglutisce. Rod prende anche una
  bustina di lubrificante, si avvicina a Ian e sparge
  il contenuto intorno all’apertura e sulla cappella. Poi appoggia le mani
  sulle natiche del nero e le divarica, appoggiando il cazzo contro l’apertura.
  Infine, con molta lentezza, incomincia a spingere. Herman guarda la mazza di
  Rod scivolare dentro il culo nero di Ian, con un
  movimento continuo. È un bello spettacolo, come è bello vedere le mani di Rod
  sul culo di Ian e la smorfia sul viso di Ian, che non deve essere abituato a essere cavalcato da
  un simile stallone.  Herman però non vuole fare
  la parte del guardone (è una persona seria e poi si sa che democrazia è
  partecipazione e Herman è democratico), per cui si inginocchia davanti a Ian e prende in bocca la mazza del nero. È sempre un
  piacere gustarne il calore, il turgore, il sapore.  Rod fotte con metodo e Ian incomincia a gemere, sempre più forte, finché viene
  con un grido strozzato e Herman ne gusta il seme. Rod accelera il ritmo della
  cavalcata e viene anche lui, abbandonandosi sul corpo di Ian.
  Poi esce dal nero e si stacca. Ian rimane immobile
  e allora Herman prende il posto di Rod. L’apertura è già abbondantemente
  dilatata e lubrificata, per cui Herman entra senza tanti riguardi. Ian solleva la testa, poi la riabbassa. Herman guarda il
  proprio cazzo affondare nella carne nera. È bello, gli piace un casino e
  anche a Ian piace, perché riprende a gemere. Herman
  cavalca un buon momento, poi sente che il piacere esplode dai coglioni,
  proiettandosi fuori, e stringe con 
  forza il culo di Ian, mentre il suo corpo
  vibra. Quando si sono rivestiti, Ian dice: - Non l’avrei mai detto,
  ma credo che mi mancheranno queste lezioni, ragazzi. Di certo Ian è soddisfatto dei progressi dei suoi allievi nella
  recitazione: non c’è altra spiegazione. Conclusa la lezione di
  teatro, Herman e Rod raggiungono Colton. - Ragazzi, è ora di
  svolgere il lavoretto previsto qui in Inghilterra. Nel pomeriggio avete
  l’ultima lezione di equitazione. Dimenticherete una borsa o qualche cosa del
  genere e in serata tornerete a cercarla. Mac Stoner non sarà solo, ci sarà un
  ospite con lui. - Dobbiamo far fuori anche
  l’ospite? C’è una chiara nota di
  speranza nella voce di Rod. - Sì, senz’altro.
  Dev’essere un’esecuzione spietata, da killer professionisti, ma
  particolarmente efferata per quanto riguarda Stoner: è lui che deve apparire
  il bersaglio principale di una vendetta feroce. Il socio di Stoner dovrebbe
  partecipare anche lui alla riunione, ma uno sfortunato contrattempo lo farà
  arrivare in forte ritardo. Entrando in casa troverà i cadaveri del suo amico
  e dell’ospite. Penserà che siano stati fatti fuori da qualche gruppo rivale e
  crederà di essersi salvato per puro miracolo, solo perché non è arrivato
  all’ora prevista. Sarà facile farlo collaborare, a quel punto. Chiariti alcuni dettagli
  tecnici, Rod vorrebbe proporre di passare ad altro tipo di esperienze, ma
  Colton ha un colloquio urgente con la Signora, il grande capo. Rod è alquanto
  scocciato, ma c’è poco da fare, per cui i due agenti se ne vanno. In ogni
  caso la prospettiva di far secco Mac rasserena Rod: è bello poter dare il
  proprio contributo alla patria. L’ultima lezione di
  equitazione di Rod e Herman (e, se tutto va come previsto, anche di Mac
  Stoner) si svolge senza inconvenienti. L’istruttore è piuttosto soddisfatto
  dei risultati ottenuti dai suoi allievi, che sanno andare al passo, al trotto
  e al galoppo. I suoi allievi sono anche loro soddisfatti, soprattutto Rod, al
  pensiero di far fuori l’istruttore. Al momento di caricare in
  auto le loro cose, Rod svuota il bagagliaio per sistemare meglio ciò che
  devono portarsi via. Poi raccoglie tutto, ma una valigetta rimane a terra, in
  un punto in cui Mac non può vederla. Completate le operazioni salutano Mac
  stringendogli la mano e se ne vanno. Mac dice: - Spero di rivedervi
  presto, ragazzi. Se conoscesse le
  intenzioni dei due, non si lancerebbe in affermazioni del genere. Rod e Herman mettono in
  moto e se ne vanno. Herman ha spento il suo telefonino, l’unico di cui Mac ha
  il numero, in modo che non possa richiamarli per avvisarli che hanno
  dimenticato la valigetta. La verranno a prendere in serata, quando l’ospite
  sarà arrivato. È ormai buio quando Herman
  e Rod raggiungono la cascina dove abita Mac, a fianco della scuderia.
  Parcheggiano in cortile, dove lasciano abitualmente l’auto. Mac esce dalla cascina. - Ah, siete voi. Siete
  venuti per la valigetta? - L’hai trovata! Rod era
  sicuro che dovesse essere qui. - Ho cercato di avvisarvi,
  ma il cellulare era spento. - Ma no, si è guastato. Mi
  è caduto nel cesso. Ho perso il tuo numero e un fottio di altri. Non ho
  potuto telefonarti per chiedere se l’avevamo lasciata da te. - Vado a prenderla, l’ho
  messa in casa.  Mac entra. Herman e Rod lo
  seguono, anche se non sono stati invitati. Mac si infila in un ripostiglio a
  destra dell’ingresso, Herman passa rapidamente nella stanza a fianco, dove ha
  visto la luce. Su una poltrona accanto al camino è seduto un uomo qui
  quaranta, tarchiato, che all’ingresso di Herman si alza, guardandolo con
  diffidenza. Herman tira fuori la
  pistola con il silenziatore. L’uomo non fa in tempo a prendere la propria
  arma o a gettarsi di lato. Due proiettili al cuore lo fanno ricadere sulla
  poltrona. Boccheggia e rimane inerte. Un terzo colpo in fronte,
  ormai del tutto superfluo, poi Herman si dirige verso il ripostiglio. Qualche
  cosa è andato storto: Rod non è riuscito a prendere di sorpresa Mac e ora i
  due stanno lottando a terra, cercando di bloccarsi a vicenda. Mac molla una
  ginocchiata ai coglioni di Rod, che grugnisce, ma non molla la presa. Herman
  potrebbe sparare in testa a Mac, ma non vuole togliere al suo amico il
  piacere di uccidere l’istruttore. Inoltre l’esecuzione dev’essere
  particolarmente feroce, per cui Rod si limita a vibrare un calcio in faccia a
  Mac. Questi lancia un grido, mentre il sangue incomincia a scorrere dal naso
  e da un labbro. Un secondo calcio, accompagnato da un rumore di ossa rotte,
  lo costringe ad allentare la presa. Rod libera il braccio con la pistola, la
  punta contro la pancia di Mac e sorride: - Ora crepi, bastardo. Spara due colpi e Mac
  grida di nuovo. Rod si libera dalla stretta e si alza. Mac rimane a terra, le
  mani al ventre, il sangue che scorre copioso. - Merda! Chi siete? - Quelli che ti fottono,
  Mac. Herman aggiunge: - Il tuo ospite ti ha
  preceduto… - ...ma anche tu non ne
  hai più per molto. Rod afferra Mac per il
  collo e lo trascina nel salotto dove il suo complice giace cadavere. Lo
  sbatte sul tavolo e gli cala i pantaloni. - Che… cazzo… vuoi fare,
  pezzo di merda? - L’hai capito benissimo,
  Mac. Herman tiene fermo Mac
  che, per quanto abbia due proiettili in pancia, si ostina a manifestare una
  volontà propria. Rod si è già calato i pantaloni. Il cazzo è teso (e
  figuriamoci, con la prospettiva di fottere Mac e poi farlo secco) e Rod si
  infila il preservativo. Entra con violenza, strappando un urlo a Mac. - Bastardo… schifoso
  bastardo… figlio di puttana… Gli insulti non fanno un
  baffo a Rod, che fotte volentieri questo culo vergine, gustando la resistenza
  della carne, spingendo fino in fondo, uscendo e rientrando con un’altra
  spinta violenta, che strappa un gemito a Mac. Mac continua a maledire
  Rod in tutti i modi. Il cellulare di Herman, che è perfettamente funzionante
  e acceso, manda un segnale. Herman controlla il messaggio. È Colton. Ashfair
  arriverà tra venti minuti. - Ora di concludere, Rod. Rod sta fottendo Mac da un
  quarto d’ora, ma grugnisce il suo disappunto: avrebbe preferito godersi
  ancora un po’ questo bel culo che nessuno ha mai avuto modo di gustare prima
  d’ora. Accelera il ritmo e viene dentro di lui. Si ritira, infila il
  preservativo in una bustina che si mette in tasca, per evitare di lasciare
  tracce, e si riveste. Poi prende dalla valigetta il piccolo bastone di ferro
  che vi ha messo in mattinata e lo spinge con forza in culo a Mac, che grida.
  Il bastone è troppo lungo per stare tutto, ma Rod lo colpisce violentemente
  con un calcio, facendolo quasi scomparire dentro. Mac grida di nuovo e
  sviene. Rod volta Mac e lo stende
  sul tavolo. Punta la pistola e spara due colpi al cazzo. Mac si risveglia e
  grida ancora, ma sembra non avere più voce e l’urlo è poco più di un gemito.
  Altri due proiettili nei coglioni, poi Rod svuota il caricatore sul corpo di
  Mac, che a ogni colpo sussulta e quando i colpi finiscono rimane immobile. L’esecuzione è stata
  particolarmente efferata, come richiesto da Colton. Di certo Ashfair ne
  rimarrà sconvolto. E altrettanto certamente Rod si è divertito. Herman e Rod controllano
  di non aver lasciato tracce. Un nuovo messaggio di Colton li avvisa che hanno
  solo pochi minuti. I due agenti risalgono in auto e partono. Sulla strada
  principale incrociano un’auto. Guardando nello specchietto retrovisore la
  vedono svoltare in direzione della cascina. Si tratta certamente di Ashfair. Rod commenta: - Peccato non far fuori
  anche lui. Herman ride. - Magari un’altra volta… - Comunque mi è piaciuto.
  Sai che ti dico, Herman? - Dimmi. - Sarebbe un bel modo di
  farti fuori. Un’esecuzione… come ha detto Colton? Efferata, sì, efferata. Che
  ne dici? - Che sei proprio stronzo. 
 L’ultimo incontro con
  Colton avviene di sabato. Lunedì i due agenti partiranno per l’Uzbekistan. - Adesso ti degni di
  spiegarci quello che dobbiamo fare o ci limitiamo a girare il film, sperando
  di vincere l’Oscar? Le possibilità che Rod o
  Herman vincano l’Oscar sono alquanto ridotte, più o meno le stesse che hanno
  di essere beatificati. Colton annuisce. - Sì, è ora di fare il
  quadro della situazione. Il Mansoor, che è stato
  completamente debellato, era solo uno dei nodi di una rete che ha il suo
  centro nelle repubbliche che facevano parte dell’URSS. Sono quasi tutti stati
  dittatoriali, con una fortissima corruzione interna: diverse organizzazioni
  criminali, prima fra tutte la mafia russa, vi hanno trovato uno spazio
  ideale. La forte presenza musulmana nella regione e i legami con i vicini
  Afghanistan e Pakistan ne hanno fatto anche uno dei centri di reclutamento
  del terrorismo di matrice islamica. Cellule terroristiche, mafia russa e
  altre organizzazioni criminali hanno obiettivi diversissimi, ma sappiamo bene
  che non disdegnano di collaborare quando serve, ad esempio per eliminare
  qualche uomo politico non corruttibile o magari due agenti segreti. Colton sorride. Rod scuote
  la testa: - Non so come faresti
  senza di noi, Colton. Herman non è così sicuro
  che Colton porterebbe a lungo il lutto. Il vice dei servizi segreti inglesi
  ignora il commento e prosegue: - Sappiamo con certezza
  che è in corso un tentativo di coordinare l’azione di alcuni di questi
  gruppi, là dove vi sono interessi comuni. Diciamo che vogliono creare una
  specie di ONU delle organizzazioni criminali, non di tutte, naturalmente, ma
  di sicuro di alcune delle mafie europee e asiatiche e di certi gruppi
  fondamentalisti. Omar Vastan, il capo del Mansoor, lavorava per realizzare questa idea, ma non era
  il solo: a lui serviva come trampolino di lancio per raggiungere le alte
  sfere della criminalità internazionale, ma all’idea lavoravano in molti. Non
  è facile, visto che ci sono forti rivalità, ma anche all’ONU non è tutto rose
  e fiori. Rod sbadiglia. La politica
  internazionale non suscita grande interesse in lui, neanche quella criminale.
  Gli interessa solo se c’è qualcuno da fare secco. Colton prosegue: - Tutto porta a concludere
  che alcuni dei film che vengono girati in queste aree, finanziati da generosi
  fondi statali e da oligarchi che si improvvisano produttori, forniscano ai
  rappresentanti delle diverse organizzazioni un’ottima occasione per
  incontrarsi senza destare sospetti. Un film con molti personaggi permette di
  riunire uomini provenienti da molti paesi diversi: attori, o presunti tali, e
  personale di ogni tipo, dagli addetti alle pulizie agli agenti. Questo film
  era un progetto di Omar Vastan e secondo le nostre
  informazioni avrebbe dovuto concludere la realizzazione del suo piano. - Ma Vastan
  è morto, dicono. Colton sorride: - Ufficialmente risulta
  solo essere scomparso. In ogni caso la morte di Vastan
  non ha messo fine al progetto, che ormai era già in fase conclusiva e che sta
  andando avanti. Durante le riprese di questo film sarà organizzato un
  incontro finale, a cui parteciperanno sicuramente alcuni degli uomini più
  pericolosi del pianeta. - Dobbiamo farli secchi? Il tono di voce di Rod non
  lascia dubbi sulla sua disponibilità a eseguire il compito. - Sì. Rod sorride, il suo
  classico sorriso da lupo che ha fiutato la preda. Herman è certo che più in
  basso rispetto al sorriso qualche cosa si sta muovendo. Colton prosegue: - Dobbiamo a ogni costo
  evitare che venga raggiunto un accordo: se davvero si organizzassero, costituirebbero
  una minaccia gravissima.  A Rod le motivazioni
  interessano poco, è più interessato a conoscere i bersagli, per cui chiede: - E chi sono? Colton tira fuori quattro
  buste. Ne apre una e ne estrae due fotografie che mette sul tavolo: - Bersaglio numero uno, in
  ordine di importanza: Abdallah ibn Hussein al Misri, l’Egiziano, uno dei principali esponenti
  dell’integralismo islamico, a capo di una vasta rete che ha agganci in Asia,
  in Africa e in Europa. Ha ideato almeno una quindicina di attentati in sette
  paesi, che hanno provocato oltre un centinaio di morti. Collaborava
  strettamente con il Mansoor: c’è anche il suo
  zampino nelle stragi delle scuole. Colton prende la seconda
  busta. Da questa estrae diverse foto. - Bersaglio numero due:
  Massimo Gargiulo, detto Coltello, nipote del
  Mastino. - E chi è il Mastino? - Il capo di una delle
  famiglie emergenti della camorra. Legami con i cartelli messicani e con la
  mafia colombiana, ma interessi anche in Russia. Massimo Gargiulo
  è il suo nipote prediletto, un tipo maledettamente in gamba, intelligente e
  spietato. Laureato in informatica in Inghilterra, è diventato in fretta un
  elemento di punta della sua organizzazione criminale. Lo chiamano Coltello
  perché ama usare quest’arma. Ha ammazzato con il coltello due nemici della
  famiglia, dopo avergli tagliato le palle e l’uccello; pare che gli piaccia
  molto. È senza dubbio uno psicopatico, ma eccezionalmente intelligente. Herman commenta: - Niente male, dev’essere
  un vero piacere avere a che fare con lui. Intanto pensa che non è
  niente male neanche come maschio, questo va riconosciuto. Mentre l’Egiziano
  non è molto appetibile, l’italiano è uno da leccarsi i baffi. Dalla terza busta emergono
  tre immagini. - Bersaglio numero tre: un
  uomo che si fa chiamare Liu Tong,
  pezzo grosso della mafia cinese, di cui non conosciamo il vero nome. Sappiamo
  pochissimo di lui, ma il fatto che partecipi all’incontro in rappresentanza
  di una delle più importanti organizzazioni cinesi conferma che è un pezzo da
  novanta. Abbiamo queste foto solo grazie a Vastan,
  che possedeva un vastissimo archivio dei capi criminali di mezza Asia. È noto
  per la sua ferocia. Pare che ami far sbranare vivi dai suoi cani chi cerca di
  intralciarlo. - Si direbbe che anche
  questo sia uno psicopatico. - Comunque è davvero una
  bella galleria di personaggi! Nell’ultima busta le
  immagini sono parecchie. Un uomo sui quaranta-cinquanta, molto forte, in
  compagnie di puttane, a una festa, a una scrivania, persino nudo sotto la
  doccia, cazzo bene in mostra (circonciso e di dimensioni notevoli, anche se
  probabilmente il soggetto lo ha un po’ stimolato per farlo apparire più
  grosso). - Bersaglio numero
  quattro: Vladimir Alexandrovsky, detto Pugaciov, uno dei mafiosi russi più ricercati in tutto il
  mondo. Trenta, forse quaranta omicidi alle spalle, tra cui almeno sei o sette
  agenti e due giudici che indagavano sul suo conto. Più naturalmente i rivali
  in affari, chiamiamoli così. Intelligente, molto, ma altrettanto imprudente,
  ama mettersi in mostra. Herman e Rod guardano i
  loro quattro bersagli. Pugaciov sembra davvero un
  bel maschio e Massimo pure. Gli altri due non sono molto interessanti. Ma,
  come direbbe Colton, il loro obiettivo è fotterli in senso metaforico, non in
  senso letterale (le due cose non vanno necessariamente separate, come i
  nostri eroi hanno avuto modo di dimostrare in altre avventure).  Colton riprende: - Le quattro
  organizzazioni che questi uomini guidano, o in cui hanno un ruolo di
  primissimo piano, hanno una serie di interessi comuni. Tra loro esistono
  anche rivalità, ma sono disposte a metterle da parte. Hanno una lunga lista
  di obiettivi e contano di unire le forze per eliminarli. Per fare un esempio:
  Saedi è senz’altro uno degli obiettivi principali per la mafia russa e i
  gruppi islamici radicali, ma i servizi del Wadistan
  e di tutte le repubbliche dell’Asia centrale sanno benissimo che russi e
  integralisti possono cercare di eliminarlo. Più difficilmente sospetterebbero
  di un italiano o di un cinese.   Herman osserva:  - I servizi dei diversi
  paesi dovrebbero collaborare di più. - Certo, Herman, ma, come
  sai benissimo, la collaborazione non è mai facile: ognuno è geloso dei propri
  segreti e delle proprie fonti, non si fida molto dell’efficienza degli altri,
  sospetta sempre di possibili tradimenti. Sapete benissimo anche voi che può
  sempre esserci qualcuno che fa il doppio gioco. In effetti Herman e Rod
  hanno eliminato in tempi recenti un traditore che faceva parte dei servizi.
  Colton prosegue: - Da quel che sappiamo, ci
  saranno uomini di queste organizzazioni, che si occuperanno di preparare
  l’incontro conclusivo, quello che interessa a noi. Quei quattro uomini
  arriveranno probabilmente poco prima dell’incontro. Avranno qualche compito
  legato al film, magari si presenteranno come agenti di qualche casa cinematografica
  o tecnici. Oppure entreranno in Wadistan con
  motivazioni che nulla hanno a che vedere con il film, ma certamente alcuni
  dei loro uomini saranno impegnati nelle riprese. Magari Pugaciov
  si sarà pure fatto dare una parte. Non mi stupirebbe: ve l’ho detto che ama
  mettersi in mostra e l’idea di comparire in un film di sicuro gli piace.  - Va bene, non sarà facile
  farli fuori tutti e quattro. Di sicuro avranno preso le loro precauzioni e non
  appena ne facciamo secco uno, gli altri staranno ancora più in guardia.  Colton guarda Herman e
  scuote la testa. - Certo, non potete farli
  fuori uno per volta, proprio per il motivo che hai detto: appena ne viene
  fatto fuori uno, gli altri si dileguano. Il vostro compito è individuare dove
  e quando si terrà la riunione. Quando lo saprete comunicherete la posizione.
  I droni colpiranno il bersaglio entro cinque minuti. - I droni?! Cazzo! Ma non
  c’è nessun gusto! Colton storce la bocca. - Senti, Rod, l’obiettivo
  dei servizi non è procurarti un po’ di divertimento, è eliminare quattro tra
  gli uomini più pericolosi del pianeta, quattro figli di buona donna che hanno
  sul gobbo alcune centinaia di morti ammazzati. Rod è scocciato. La
  missione prometteva bene e invece si rivela ben poco interessante. Colton prosegue: - Se la situazione vi
  obbligasse a scegliere altri metodi, potete farlo. Evitare l’intervento dei
  droni potrebbe pure essere positivo, riducendo le solite polemiche contro il
  loro uso. Ma se uno solo dei quattro vi sfugge perché volete farli secchi
  voi, mentre era possibile usare i droni, do i vostri nomi, le vostre
  fotografie e il vostro indirizzo a tutte queste organizzazioni, che sapranno
  bene come ringraziarvi. Rod si finge
  scandalizzato: - Saresti capace di fare
  una cosa del genere? Dal sorriso di Colton
  Herman deduce che la risposta alla domanda è positiva. - Va bene, sei proprio un
  bel figlio di… Rod lascia in sospeso la
  frase (il cui completamento peraltro non richiede note esplicative). Colton
  riprende: - Un’ultima cosa. Se non
  fosse possibile agire con i droni, sapete in quale ordine eliminare i
  quattro. Se riusciste a far sembrare che ognuno sia stato eliminato da una
  delle altre organizzazioni criminali, sarebbe il massimo: si creerebbe un clima
  di diffidenza che renderebbe più difficili altri tentativi di coordinare le
  forze, tanto più che già adesso all’interno delle diverse organizzazioni
  molti non sono convinti dell’opportunità di collaborare. - Vedi che è meglio non
  usare i droni? Con i droni è chiaro da che parte viene il colpo. - Rod, l’obiettivo è
  eliminare quei quattro. Punto. Il resto è un extra, grasso che cola, se ci si
  riesce. - Non temere. Ci pensiamo
  noi.  - Saedi non può
  incontrarvi prima che la missione sia compiuta: se qualcuno venisse a sapere
  che voi lo avete visto, tutto il piano fallirebbe. Le riprese avverranno
  prima in Uzbekistan, poi in Wadistan. In Uzbekistan
  voi non avete nessun compito da svolgere, l’incontro si terrà in Wadistan, ma se ci fosse Pugaciov,
  potrebbe essere utile cercare di fare amicizia con lui. Ci sarà un uomo dei
  servizi del Wadistan nella troupe. Lui sa chi
  siete, ma evitate di frequentarlo: se qualcuno sospettasse di lui, vedendovi
  insieme potrebbe intuire la verità. Rivolgetevi a lui solo se avete assoluto
  bisogno di qualche cosa. Ecco, questa è la foto, così potete riconoscerlo. È
  un tecnico delle luci. Colton mostra la foto
  dell’uomo. Poi riprende: - Poi vi trasferirete in Wadistan e il giorno dopo il vostro arrivo andrete a
  vedere un’interessante mostra dedicata a Zohad:
  quattro secoli di dipinti, raccolti nel museo nazionale della capitale, in
  occasione dell’inizio delle riprese del film. Herman e Rod si guardano
  perplessi. Nessuno dei due è amante dell’arte e hanno l’impressione che gli
  artisti del Wadistan non siano proprio Van Gogh o
  Michelangelo. - Alla mostra sarete
  avvicinati da un agente che si presenterà come una guida. A un certo punto vi
  dirà una frase concordata e allora saprete che si tratta dell’uomo inviato da
  Saedi.  - Qual è la frase
  concordata? Colton guarda un foglio
  che ha davanti a sé, poi dice: - “Le armi particolari di Zohad”. Non so bene che cosa intenda… Herman sorride. Sa
  benissimo quali sono le “armi particolari” e lo diverte il fatto che Saedi
  abbia scelto proprio quella frase. - Vi lascerà un recapito e
  vi metterete in contatto con lui, per qualsiasi esigenza. Anche i servizi
  cercheranno di scoprire in anticipo il luogo e l’orario della riunione e vi
  avviseranno delle informazioni che riusciranno a raccogliere.  - Va bene. - Un’ultima cosa, me la
  stavo dimenticando. Domani passerete la giornata con un tecnico delle luci - Cosa? Domani? Domani è
  domenica! E lunedì partiamo. Dobbiamo anche preparare i bagagli: staremo via
  oltre due mesi! - Sì, lunedì partite e
  penserete mica di presentarvi su un set, come se foste attori professionisti,
  e non sapere neanche come ci si muove? Humphrey vi farà vedere il set di un
  film e vi spiegherà quelle cose che qualunque attore impara al primo film. - Cazzo! Dircelo un po’
  prima? Colton sbuffa, come se
  Herman e Rod avessero solo delle storie. Herman si rivolge a Rod e
  dice: - Forse sarebbe meglio che
  trovassimo lavoro presso i servizi svedesi o quelli norvegesi. Là almeno sono
  un po’ più democratici. - E anche più aperti di
  idee. Non hanno tanta paura di fare un’esperienza nuova. Colton ha capito benissimo
  l’allusione di Rod, ma fa finta di nulla. Rod allora aggiunge: - Insomma, Colton, se
  abbiamo finito con questa parte, possiamo fare le prove di un bel film XXX. È
  l’ultima occasione per i prossimi due mesi. Colton annuisce. Ormai non
  si fa più pregare. Rod si mette a spogliare
  Herman e Colton lo aiuta. Quando Herman è nudo come mamma l’ha fatto (e l’ha
  fatto bene, bisogna riconoscerlo), Rod e Colton si spogliano a vicenda. Il gioco non presenta
  variazioni di rilievo rispetto alle volte precedenti. Soltanto questa volta,
  in vista dell’astinenza forzata di Colton per i prossimi mesi, c’è un bis
  (c’è già stato in altre occasioni, ma questa volta è programmato). Quando
  però Rod riprova a usare qualche cosa di più consistente delle dita per
  esplorare il culo di Colton, questi nuovamente si sottrae, dimostrando una
  spiacevole mancanza di collaborazione.  La scrivania è ridotta
  peggio delle volte precedenti (ci sono venuti sopra Herman mentre Colton lo
  inculava e poi Colton, quando Herman gli ha fatto una sega), ma Colton ormai
  c’è abituato. Colton liquida i due
  agenti dicendo: - Fatevi pure ammazzare,
  però prima fottete quei quattro. - Grazie, tesoro. Puoi
  contarci. Quando escono, Herman commenta: - Neanche questa volta ce
  l’hai fatta. - Se la moglie non
  partorisce prima del nostro ritorno, ti garantisco che dopo due mesi di
  astinenza si farà infilzare come un pollo allo spiedo.  - Potrebbe essere. Con la testa però Rod sta
  inseguendo un’altra preda e infatti aggiunge: - Quattro tizi da
  eliminare. Mica male. È chiaramente contento. - Non sarà una
  passeggiata, Rod.  - Certo. Se lo fosse ci
  annoieremmo. - E dobbiamo far
  intervenire i droni. - Vedremo. Rod ritorna al presente e
  aggiunge: - Speriamo solo che questo
  Humphrey che ci deve spiegare come funziona un set valga la pena. Rod non si riferisce alla
  competenza professionale, ovviamente. Anche Herman lo spera. La speranza è l’ultima a
  morire, ma di fronte a Humphrey si dissolve in un attimo: il tizio, piuttosto
  avanti con gli anni e ancora di più con i chili, sembra una balena
  spiaggiata, ansimante e anche non propriamente profumato.  L’unica cosa positiva è
  che questo Humphrey è davvero un ottimo maestro e spiega dettagliatamente
  come avvengono di solito le riprese, dando tutte quelle informazioni tecniche
  che due attori dovrebbero sapere benissimo. Il viaggio via Mosca è
  piuttosto lungo e prevede una sosta di tre ore a Istanbul, in attesa del volo
  per Tashkent, in Uzbekistan. Che cosa si può fare nella zona internazionale
  di un aeroporto turco in attesa di un volo? Herman e Rod hanno idee precise
  sull’argomento e uno dei cessi dell’aeroporto rimane occupato per una
  mezz’ora: evidentemente uno dei due ha problemi intestinali e l’altro lo
  assiste. Non c’è altra spiegazione possibile. In Uzbekistan Herman e Rod
  raggiungono la troupe che sta per iniziare le riprese del film. Sono tutti
  alloggiati in un albergo di quindici piani, nella parte nuova della capitale.
  Gireranno negli studi allestiti fuori città e poi si sposteranno in un centro
  minore, alquanto distante da Tashkent. Ci sono già tutti gli
  attori principali, tra cui quello scelto per impersonare Zohad:
  Faizullah Karimov un gran
  bell’uomo sui quaranta-quarantacinque, che ricorda vagamente Saedi. Rod e
  Herman pensano tutti e due che sarebbe molto piacevole conoscerlo meglio. - Con questo Faizullah si potrebbe provare qualche cosa a tre… - Tu dici? - Herman, non mi dire che
  non ti piacerebbe. - No, no. È che non mi
  sembra facile. Ma magari, visto che io sono uno dei suoi ufficiali… - Se è per quello, io nel
  film sono uno di quelli che lo inculano. - Bisogna vedere se è
  disposto a fare le prove della scena fuori dal set… Nei primi giorni, Herman e
  Rod cercano di orientarsi nella folla di persone che partecipano al film:
  essendoci moltissimi personaggi e parecchie scene di massa, la troupe è
  alquanto numerosa. A Herman e Rod interessa soprattutto individuare i loro
  quattro bersagli, ma approfittano del lavoro di ricerca anche per individuare
  maschi interessanti: le due cose non si escludono a vicenda. Dei quattro uomini che
  devono eliminare, solo uno è sicuramente presente: si tratta di Vladimir Alexandrovsky, detto Pugaciov,
  che, come Colton aveva prospettato, ha davvero una parte nel film. Intorno a
  lui ci sono almeno dieci o dodici uomini che non fanno grandi sforzi per
  nascondere il loro ruolo di guardie del corpo. Uno in particolare, che
  risulta chiamarsi Vitaly, un vero e proprio Ercole, gli sta sempre appresso. Vladimir è sempre vestito
  con un completo scuro, di Armani, scarpe italiane, camicia chiara e cravatta
  (che cambia ogni giorno: deve possederne un centinaio, tutte di marca). Al
  polso un bracciale d’oro, oltre al Rolex, e a due dita anelli anch’essi
  d’oro, uno con un diamante e uno con un rubino. Malgrado il taglio elegante
  dell’abito e gli accessori di lusso, non è certo un uomo raffinato. Ha un
  viso squadrato, dai lineamenti forti, occhi chiari, capelli corti di un
  castano tendente al rossiccio e un velo di barba: un bel maschio, dal vero
  ancora più appetibile che in foto.  Herman e Rod, essendo tra
  i protagonisti, non fanno fatica ad avvicinare Vladimir, che tende a snobbare
  gli attori che hanno parti secondarie. Il russo nel film è uno dei capi delle
  tribù occidentali e perciò combatte a fianco di Rod. I due agenti cercano di
  legare con lui, perché può sicuramente servire per portare a termine la
  missione. Vladimir è un tipo espansivo, spaccone e alquanto esibizionista.
  Parla in modo comprensibile l’inglese e vanta le sue conquiste femminili, la
  sua resistenza all’alcol, la sua ricchezza, il suo coraggio, il suo cazzo, le
  sue guardie del corpo (senza preoccuparsi di ciò che gli altri possono
  pensare vedendo un attore con una dozzina di guardie). Herman e Rod gli danno
  abbondantemente corda: servirà per impiccarlo meglio. Vitaly, che è sempre
  presente, si limita ad annuire. Qualche volta Herman sospetta che Vitaly
  capisca poco l’inglese, ma una sera in cui lo vedono senza Vladimir e gli
  chiedono del suo capo, scoprono che se la cava abbastanza bene. Degli altri tre bersagli
  non c’è traccia, in compenso di maschi interessanti ce ne sono diversi e i
  due agenti provvedono a fare conoscenza con alcuni di loro. Girare il film si rivela
  alquanto impegnativo. A volte un’unica scena viene ripetuta dieci o dodici
  volte. Rod e Herman si chiedono chi gliel’ha fatto fare, ma la risposta è
  semplice: Colton. Rod fa fatica a imparare
  la parte (in realtà si applica poco). Per fortuna si tratta di agire più che
  di parlare e quando si tratta di menare le mani, Rod se la cava benissimo,
  tanto che anche nelle scene di massa viene spesso ripreso in primo piano, di
  solito insieme a Vladimir. L’amicizia con il russo fa
  progressi, perché Herman e Rod lusingano il suo amor proprio e si mostrano ammirati
  delle prodezze di cui si vanta. Gli altri non compaiono e anche Colton, con
  cui i due agenti sono sempre in contatto, non ha ricevuto nessuna
  informazione sui movimenti dei tre. Parlando del film che
  stanno girando, Vladimir prevede un grande successo personale in Russia. - Voglio vedere la mia
  faccia su tutti i muri di Mosca, San Pietroburgo e ogni città fino a Vladivostock. - Ma non sei uno dei
  protagonisti, dici che ti metteranno nei cartelloni? - In Russia farò stampare
  io i cartelloni per il film e ti assicuro che ci sarò, ben visibile e con il
  nome bello grande. Herman e Rod non chiedono
  come mai sarà uno degli attori a occuparsi dei cartelloni pubblicitari in
  Russia: Vladimir non ha nascosto di essere uno dei finanziatori del film e,
  come ama dire, “oltre ai soldi ha anche altri buoni argomenti”. Probabilmente
  i kalashnikov che Herman e Rod vedono nella stanza di Vladimir e in quelle
  delle sue guardie: argomenti che in effetti non è possibile ignorare. Herman osserva: - È una buona idea. - Mi farò fare la foto a
  cavallo, a torso nudo come Putin, con la lancia sollevata. Magari tu, Rod,
  potresti comparire dietro di me, e dall’altra parte, in sovrapposizione, Zohad impalato. In realtà, se tutto va
  come deve andare, l’unica foto di cui Vladimir avrà bisogno è quella per la
  tomba. Le riprese in Uzbekistan
  procedono secondo i tempi previsti. La troupe lascia Tashkent e si sposta in
  una cittadina minore, Navoiy; durante il viaggio
  c’è una sosta a Samarcanda, in modo che gli attori possano visitare la città.
  Herman e Rod ne approfittano anche per fare conoscenza con due abitanti; non
  vogliono confermare l’immagine degli inglesi altezzosi e scostanti. Giunti a Navoiy, si girano diverse scene di massa, utilizzando
  come set soprattutto un’antica città e una vasta area pianeggiante ancora
  intatta.  Quando infine, dopo tre
  settimane, la troupe parte per il Wadistan, non è
  giunta nessuna notizia degli altri obiettivi da colpire. D’altronde è
  previsto che l’incontro avvenga in Wadistan, per
  cui non è strano che non si siano ancora presentati. Rod e Herman sono ormai
  grandi amici di Vladimir e hanno fatto conoscenza con molti degli attori e
  dei tecnici. Con qualcuno hanno approfondito il rapporto, dando vita a
  interessanti scambi culturali a tre (in due casi anche a quattro), ma questo
  non è rilevante per la vicenda narrata. Non sono riusciti a combinare niente
  con Faizullah, ma Rod non
  ha perso le speranze: secondo lui l’attore che impersona Zohad
  deve provare a prenderselo in culo, per poter recitare meglio la scena della
  violenza. Lo spostamento in Wadistan comporterà anche un parziale rinnovamento del
  personale ed è probabile che facciano la loro comparsa altri bersagli. Per
  gli attori è previsto un trasbordo aereo, mentre il materiale viaggia con i
  camion.  Il volo da Tashkent a Sayatpomorberuduq, famosa capitale del Wadistan, dura appena due ore. All’arrivo della troupe,
  sembra di essere a Hollywood la sera degli Oscar: ci sono giornalisti e
  fotografi. Al centro dell’attenzione c’è naturalmente Faizullah
  Karimov, in quanto protagonista del film e famoso
  attore, oltre al regista. Ma nel mirino finiscono anche altri personaggi, tra
  cui il perfido traditore (Herman) e il feroce capo delle tribù occidentali
  (Rod). Rispetto a quando sono stati arrestati al loro arrivo, essere accolti
  dai flash dei fotografi è un notevole passo avanti. I giornalisti pongono
  domande, ma Rod e Herman ritengono più saggio defilarsi, lasciando che siano
  il regista, Karimov e Vladimir a rispondere.  Le riprese riprenderanno
  fra tre giorni, tempo che arrivino i materiali e sia completato
  l’allestimento del set in una località a circa duecento miglia da Sayatpomorberuduq: si girerà ai piedi delle montagne per
  due settimane, poi l’intera troupe si trasferirà nella capitale per le ultime
  scene, riprese negli studi cinematografici. In attesa di partire per i
  monti, gli attori hanno tre giorni di riposo, che possono dedicare alla
  visita di Sayatpomorberuduq. Non che ci sia molto
  da vedere: Sayatpomorberuduq è una città con un
  centro completamente rinnovato, alcune aree residenziali lungo il fiume e una
  vasta periferia spesso degradata. Della sua storia non sono rimasti molti
  monumenti. Come programmato, il
  giorno dopo il loro arrivo nella capitale Herman e Rod vanno a visitare la
  mostra su Zohad. Non è che ci sia proprio una ressa
  di visitatori (due, oltre a Herman e Rod), ma il Wadistan ha una densità di popolazione bassa, non ci sono
  turisti e poi la mostra non è stata segnalata sulle principali riviste d’arte
  mondiali (senza dubbio per un’inavvertenza o forse per il timore che faccia
  concorrenza alle principali mostre di Roma, Londra, Parigi e New York; non va
  esclusa la possibilità che l’omissione dipenda invece dalla difficoltà di
  scrivere il nome della capitale). Herman e Rod svolgono la
  loro parte di visitatori interessati. C’è da dire che in diversi quadri si
  vede Zohad prima del supplizio ed è sempre
  rappresentato come uno splendido maschio. Nei quadri ottocenteschi, Zohad ha le mani legate davanti, che coprono i genitali,
  o è ritratto di schiena, ma nelle opere più recenti si vede bene l’eroe nudo,
  alquanto dotato. Mentre guardano i quadri,
  si avvicina un uomo. - Vedo che siete
  stranieri. Vi posso spiegare qualche cosa di questa mostra? Mi chiamo Samir e
  sono laureato in storia dell’arte. Il tizio che ha parlato è
  probabilmente l’agente inviato da Saedi. Herman risponde: - Molto volentieri. Oltre tutto Samir è anche
  un bel ragazzo, il che è un motivo più che sufficiente per fare conoscenza
  con lui. - La mostra è ospitata in
  tre sale e mescola opere di periodi diversi: quelle influenzate dalla pittura
  dell’Ottocento russo; quelle del realismo socialista e infine quadri degli
  ultimi decenni. Ecco, in questo quadro ottocentesco potete vedere chiarissima
  l’influenza del pittore russo Vasilij Ivanovič
  Surikov. In effetti l’influenza è
  chiarissima, Herman stava per dirlo e Rod l’aveva già pensato. - La composizione, in cui
  prevalgono le linee orizzontali, è divisa in tre parti di grandezza ineguale,
  dalle due linee verticali costituite dal palo del supplizio e dal corpo nudo
  di Zohad. La faccenda si mette male.
  Non è che il tizio è davvero una guida? Rod sta già sbuffando.  L’uomo intuisce che la
  pazienza dei suoi ascoltatori sta raggiungendo il limite (evidentemente non è
  una dote per cui i due brillano), per cui introduce l’argomento successivo. - E adesso passiamo a
  quest’altro quadro, dove possiamo vedere quelle che noi chiamiamo le armi
  particolari di Zohad. In effetti nel quadro Zohad è ben visibile, di fronte, e le sue armi
  particolari sono in bella mostra. Herman sorride, si guarda
  intorno (gli altri due visitatori sono passati in un’altra sala) e chiede: - Ci sono novità? - No, nessuna, per il
  momento. Ma crediamo che stia per arrivare l’italiano. I tre parlano un momento
  della situazione. Poi, esaurito l’argomento lavoro, Rod dice: - Volevamo chiedere una
  cosa sulla mostra. Herman non voleva chiedere
  un bel niente e non saprebbe proprio dire che cosa Rod intenda domandare, ma
  conoscendolo, ha abbastanza chiaro in testa dove vuole arrivare. Samir, come
  si è già detto, è un bell’uomo e non sia mai che un maschio appetibile passi
  vicino a Rod senza che costui ci provi: Rod non farebbe mai torto a nessuno. - Prego, ditemi. - Ci sono alcuni quadri che
  mostrano le battaglie vinte da Zohad e anche la
  sconfitta finale. Ce ne sono diversi sul supplizio. Ma perché non ce n’è
  nessuno in cui si vede Zohad che viene violentato? Samir sorride,
  evidentemente divertito dalla domanda poco ortodossa di Rod.  - Quadri di questo tipo
  non potrebbero essere esposti in una mostra aperta al pubblico. Però il
  soggetto è stato trattato da alcuni artisti, soprattutto in questi ultimi
  anni. - Non si possono vedere
  queste opere? Il sorriso di Samir si
  allarga. - Posso procurarvi alcune
  foto. Sono a vostra completa disposizione. La frase promette bene e
  Rod coglie la palla al balzo. - Completa? Samir ride e annuisce.
  Herman si dice che probabilmente Saedi ha avvisato il suo uomo dei gusti
  degli agenti inglesi o almeno ne ha tenuto conto nella scelta del
  collaboratore da inviare. Un pensiero davvero gentile da parte di Saedi. - Potremmo parlarne questa
  sera in albergo. Ce la fai a portarci le foto? Secondo Herman si potrebbe
  fare benissimo a meno delle riproduzioni di quadri che certamente non sono di
  eccelso livello, ma Rod sembra tenerci. Samir risponde: - Alcune sì. L’appuntamento viene
  fissato per le sei. Samir arriva davvero con
  alcune immagini di quadri moderni e un fumetto, oltre alle armi (intendesi pistole
  e mitragliette, non quelle particolari, che comunque ha con sé, non essendo
  un eunuco): era suo compito portare ai due agenti il necessario e in effetti
  ora Herman e Rod hanno un piccolo arsenale.  I quadri sono abbastanza
  espliciti, anche se non mostrano tutto. Il fumetto invece, probabilmente
  rivolto a un pubblico gay, non nasconde nulla, per non dire che mette in
  risalto tutti i dettagli. La qualità delle immagini non è eccelsa, ma
  un’occhiata si può dare. Herman e Rod sarebbero più interessati a dare
  un’occhiata a Samir, senza vestiti. - Interessante questo
  fumetto. Lo vendono liberamente? - No, questo tipo di
  pubblicazioni circola clandestinamente. Non è che al governo importi, ma se
  lo vendessero nelle edicole, ci sarebbero proteste degli integralisti. Se
  viene venduto di nascosto, allora nessuno dice nulla. - Ce ne sono molti, qui,
  di integralisti? - No, in realtà pochi. I wadiri hanno una tradizione diversa dai popoli turchi
  dell’Asia centrale. Hanno accettato l’Islam, ma non lo vivono con fanatismo. Herman non vorrebbe che la
  conversazione proseguisse su questo binario: le tradizioni wadiri sono molto interessanti, ma il loro studio può
  essere rimandato ad altro momento. Ci pensa Rod, con il suo solito tatto, a
  imporre una sterzata. - So che qui in Wadistan sono anche ampiamente praticati i rapporti tra
  uomini, sempre con lo stesso sistema di fare senza dirlo in giro. Samir sorride. Ha davvero
  un bel sorriso. - Sì, Rod. Sei ben
  informato sui nostri usi.  - Bisogna sempre
  prepararsi, quando si va in un paese straniero. Io sono prontissimo. Rod si infila la mano in
  tasca e tira fuori un preservativo. Herman pensa che come al solito non ci ha
  proprio girato intorno: per la carriera del diplomatico non è tagliato, per
  fortuna ha scelto un altro lavoro. Samir si mette a ridere. - Saedi mi ha detto che
  non perdete tempo. - Perché perderne? La vita
  è breve, no? Che ne dici? La domanda potrebbe
  vertere sulla brevità della vita o sulla proposta implicita. Samir, conscio
  della brevità della vita, la intende come proposta. - Sono d’accordo. E per fugare ogni
  ambiguità, si toglie la giacca. Herman e Rod lo imitano,
  poi si avvicinano a Samir. Herman si mette davanti a lui e lo bacia sulla
  bocca. Rod passa dietro, lo stringe tra le braccia e gli passa la lingua
  dietro l’orecchio. Samir ha un buon profumo, di pulito, e la sua barba è
  soffice. Anche la leggera peluria sul petto è soffice al tatto (per
  appurarlo, Herman ha sfilato la camicia di Samir). Quella sul ventre invece è
  più densa e meno morbida (per verificare è stato necessario calare pantaloni
  e boxer). A questo punto Samir non ha più nulla indosso, mentre i due agenti
  inglesi sono ancora semivestiti.  L’esplorazione ha messo in
  luce anche un cazzo di tutto rispetto e Herman decide di assaggiarlo. Perciò si
  china davanti a Samir e prende in bocca l’appetitoso boccone. Il gusto è
  buono, come il profumo: Samir, prevedendo ciò che sarebbe successo (un buon
  agente deve essere in grado di prevedere tutte le possibilità), si è
  preparato facendo una doccia e una pulizia accurata (un buon agente deve
  sempre prepararsi con cura). A Herman non spiacciono gli odori e i sapori un
  po’ forti, ma apprezza anche quelli più delicati: diciamo che non si pone
  molti limiti (quasi nessuno sarebbe più esatto). E il cazzo di Samir è
  davvero gradevole da gustare, più che mai ora che, grazie a un attento lavoro
  della lingua di Herman, sta acquistando consistenza e volume. Herman ci dà
  dentro, ma anche Rod non rimane inoperoso: la sua lingua scorre lungo il
  solco del culo di Samir, le sue mani stringono le cosce, pizzicando. Ogni
  tanto Rod assesta un morso deciso, facendo sussultare Samir. Poi Rod, che, com’è noto,
  non è molto portato per le lunghe attese, preme sulla schiena di Samir,
  forzandolo a piegarsi in avanti. Herman continua a lavorare con la lingua (è
  molto attaccato al lavoro, non rinuncia facilmente), mentre Rod, dopo essersi
  infilato il preservativo, avvicina la cappella all’apertura e, con la dovuta
  lentezza, infilza Samir. L’agente wadiri geme: l’ingresso della mazza provoca dolore, ma
  anche piacere. Anche la lingua di Herman, che scorre dalla base del cazzo
  alla punta, e le sue labbra, che ora avvolgono la cappella, trasmettono un
  brivido di piacere a Samir, che con un braccio si appoggia alla testiera del
  letto. Rod dà inizio alla sua
  cavalcata, caratterizzata, come sempre, da una grande resistenza, in grado di
  sfiancare la cavalcatura. Herman prosegue con il suo lavoro e Samir, di fatto
  disoccupato, si limita ad accarezzare la testa di Herman o a stringere il
  culo di Rod, tendendo le braccia all’indietro, per poi tornare ad appoggiarsi
  al letto, per evitare che le spinte di Rod lo facciano cadere in avanti.  A un certo punto Samir
  geme più forte: una serie di suoni inarticolati che sembrano terminare in un
  singhiozzo, mentre rovescia il suo seme nella bocca di Herman. Rod viene poco
  dopo. Herman non è venuto (anche
  se non si può dire che sia rimasto a bocca asciutta). Ci pensa Samir, che
  decide di ricambiare il favore: Herman si alza e Samir prende in bocca il
  cazzo già teso. Non ci vuole molto perché l’agente inglese venga. Mentre si rivestono,
  Herman chiede: - E sei davvero laureato
  in storia dell’arte? - Sì, però al termine
  degli studi ho fatto domanda per entrare nei servizi. Avevo voglia di fare
  qualche cosa di utile per il mio paese e mi sembrava che questo lavoro fosse
  più utile che insegnare storia dell’arte. Mentre finiscono di
  rivestirsi, Samir chiede: - Conoscete qualche parola
  di wadiri? Herman ride: - Solo buongiorno. - E tu, Rod? - Ciuk, gote e sikime. Herman aggrotta la fronte
  e dice: - Che sarebbero? Samir sta ridendo a
  crepapelle. Rod traduce: - Cazzo, culo, fottere.
  Serve qualche cos’altro? - Dipende, che so, se vuoi
  mangiare… - Basta andare in cucina e
  indicare con il dito quello che vuoi. - Anche il cazzo e il culo
  puoi indicarli con il dito. - Potrebbero fraintendere. Samir finisce di
  rivestirsi e lascia i due agenti, che scendono a cena, alquanto affamati:
  l’attività fisica mette appetito. Il set sulle montagne è
  vicino a una cittadina di piccole dimensioni. Un intero albergo, di
  costruzione recente, è stato requisito per alloggiare tutto il cast e buona
  parte del personale. Il luogo è stato scelto
  perché c’è ancora la neve e va benissimo per girare le scene invernali. In
  effetti fa un freddo porco e i due agenti hanno pochissima voglia di andare
  in giro. Passano alcuni giorni
  senza novità significative, finché Samir non li informa che Massimo Gargiulo è arrivato: risulta essere uno dei tecnici del
  suono. Herman lo vede il giorno
  dopo. Non deve avere più di trent’anni e visto dal vivo appare davvero
  belloccio: un corpo ben proporzionato e forte, un viso inquadrato da una
  barba cortissima, baffi e capelli anch’essi molto corti, di colore castano
  scuro. Herman lo osserva a lungo (bisogna studiare bene il proprio
  bersaglio).  Herman fa fatica a
  collegare l’uomo che sta facendo colazione con quello che gli ha descritto
  Colton, anche se chiaramente è la stessa persona. Massimo non sembra proprio
  un boss della camorra. Si direbbe un informatico o un designer, non un
  criminale psicopatico. Lo vedresti più a suo agio con i-phone
  e tablet che con un coltello.   Per il momento Herman e
  Rod non si avvicinano. Passano invece molto tempo con Vladimir, che ormai li
  considera i suoi migliori amici, e con Vitaly (impossibile stare con Vladimir
  se non c’è anche Vitaly: Herman si chiede se Vitaly lascia che Vladimir vada
  al cesso da solo). - Rod, Herman, questa sera
  voglio andare a puttane. Qui sul set non c’è una fica che valga la pena.
  Venite anche voi? Siete miei ospiti. È Rod a rispondere: - Perché no? Vengo
  volentieri. Sai dove andare? Non so se qui c’è qualche cosa di decente. - In questo buco del culo
  di posto? Non c’è niente. Il mio autista ci porta alla capitale e ci riporta
  qui in tempo per le riprese di domani. Rod annuisce. - Io ci sto. Tu che ne
  dici, Herman, vieni anche tu? - Scherzi? Duecento miglia
  su queste strade del cazzo per raggiungere Sayatcomecazzsichiama?
  Tempo di arrivare, una sveltina e se partite subito ben che vada riuscirete a
  tornare domani mattina per la colazione, con le occhiaie. Il truccatore farà
  fatica a dare alle vostre facce un aspetto normale. Vladimir ride: - Tanto guida l’autista.
  Mentre noi smaltiamo la sbornia. E io non recito domani. - Vi lascio andare.
  Divertitevi anche per me. Herman non ha nessuna
  intenzione di andare a puttane: con le donne non prova gusto. Neanche Rod, ma
  a lui tira sempre e fa bene a non scontentare Vladimir. Intanto, visto che è
  da solo, Herman studierà un po’ la situazione. In particolare la situazione
  da studiare ha un nome e cognome: Massimo Gargiulo. A cena, Herman fa in modo
  di sedersi nel tavolo a fianco di quello di Massimo. Ogni tanto gli lancia
  un’occhiata e si accorge che anche Massimo lo sta guardando: uno sguardo
  leggermente insistente, che promette bene (ovviamente Herman vuole fare
  conoscenza solo per la missione, non perché Massimo è un bell’uomo). Herman
  allora risponde con un sorriso, che fa fine e non impegna. Massimo si alza e
  si avvicina al tavolo. - Posso presentarmi? Sono
  Massimo Piscopo, un tecnico del suono. Quindi Massimo ha un
  cognome falso. Non che questo cambi qualche cosa. Per quanto riguarda Herman,
  potrebbe anche chiamarsi Mickey Mouse: per quello che deve fare con lui e per
  quello che vorrebbe fare con lui (due cose molto diverse, che però, come
  abbiamo già rilevato, possono essere indicate entrambe con lo stesso verbo)
  il cognome è del tutto irrilevante. - Piacere, Herman Craig,
  sono uno degli attori, ma probabilmente lo sai già. Siediti. Massimo si siede di fronte
  a Herman. L’agente prosegue: - Non ricordo di averti
  visto in Uzbekistan. - No, sono arrivato da
  pochi giorni. - Di dove sei? Il nome è
  italiano, ma parli l’inglese benissimo. Massimo parla un inglese
  perfetto, con appena un vago accento straniero. - Sì, sono di Napoli. - Non sembri italiano. Massimo ride. - E perché mai? Dovrei
  andare in giro con il mandolino? I soliti stereotipi: gli italiani sono tutti
  mafiosi, i russi si ubriacano di vodka, gli inglesi sono finocchi, i tedeschi
  amano gli animali e picchiano i bambini…  Herman vorrebbe dire che
  Vladimir alza spesso il gomito con la vodka, che lui e Rod sono gay e che
  Massimo stesso non sarà mafioso, ma è camorrista: se non è zuppa, è pan
  bagnato. Di tedeschi sul set non sembrano essercene, quindi su quello
  stereotipo non è in grado di pronunciarsi. - Gli inglesi finocchi?
  Non l’avevo mai sentita questa.  - Ma le altre sì, vero? - In effetti. Però hai
  dimenticato che gli scozzesi sono avari. Ridono entrambi. Poi
  Massimo riprende: - Vi vedo spesso insieme
  al russo. - Sì, Vladimir è un altro
  degli attori, il braccio destro del mio amico Rod nel film. Abbiamo fatto
  amicizia con lui in Uzbekistan. È simpatico. - Inglesi e russi non
  fanno spesso amicizia. - Perché no? Noi inglesi
  siamo riservati, i russi sono più socievoli e ci pensano loro a rompere il
  ghiaccio. Comunque adesso sei tu che vai a stereotipi. - Pure tu ci sei
  ricascato: “gli inglesi riservati”, “i russi socievoli”… Di nuovo ridono. Massimo è
  simpatico. Non sembra certo uno psicopatico capace di omicidi particolarmente
  efferati. Ma Herman fa un lavoro in cui chi si fida delle apparenze di solito
  non diventa vecchio. La diffidenza non garantisce la sopravvivenza, ma di
  certo aiuta. - Gli stereotipi hanno
  spesso un fondo di verità. Herman crede di aver
  capito dove vuole arrivare Massimo e gli va molto bene, perché anche lui
  vorrebbe raggiungere la stessa meta (sempre soltanto per compiere la
  missione). Però sa anche che questo bell’uomo davanti a lui è pericoloso, per
  cui sarà meglio essere prudenti. Difficile che Massimo sospetti qualche cosa,
  ma non si sa mai. Herman prosegue: - Possiamo verificarne
  uno… Massimo sorride e dice: - Di sicuro intendi quello
  sugli italiani mafiosi. - E come lo verifico? - Ti riempio di piombo. - Non mi piace, preferisco
  provare con un altro stereotipo. - Quello dei russi
  ubriaconi? Herman fa una smorfia e
  replica: - Va bene, come non detto. Massimo sorride di nuovo e
  conclude: - Lo verifichiamo in
  camera mia?  Herman e Massimo
  raggiungono la camera dell’italiano. Appena sono dentro, Herman
  si avvicina a Massimo e lo bacia sulla bocca. L’italiano non si tira
  indietro, anzi: spinge la lingua in avanti, dentro la bocca di Herman, che
  accetta questa invasione senza opporre resistenza (e quando mai? In fatto di
  sesso Herman ha la stessa capacità di resistenza dell’esercito di San
  Marino). I preliminari proseguono,
  tra baci, carezze, strette vigorose, piccoli morsi, mentre viene avviato uno
  spogliarello. Al termine i due uomini si guardano e sono entrambi soddisfatti
  di ciò che vedono: niente di strano, visto che hanno tutti e due un bel corpo
  e una buona attrezzatura. Massimo ha una peluria leggera sul torace, nel
  solco tra i pettorali, e al ventre. Ha tre piccoli tatuaggi: una rosa dei
  venti sul braccio destro, un sole stilizzato intorno all’ombelico e un
  intrico di linee sopra il capezzolo sinistro. L’antipasto ha stuzzicato
  l’appetito, come è chiaramente visibile dalla posizione delle armi, ormai
  sollevate. Massimo passa dietro a
  Herman, che ora può sentire il cazzo dell’italiano appoggiato contro il suo
  culo. L’idea che tra poco lo gusterà gli piace alquanto (solo perché questo
  gli permetterà di conquistare la fiducia di Massimo e portare a termine il
  piano), ma Massimo non sembra avere fretta. Stringe forte Herman tra le
  braccia, gli morde una spalla, un orecchio, poi si china e assesta un morso
  deciso al culo. -Ahia! Massimo prosegue con una
  serie di morsi, ora leggeri, ora più decisi, poi avvicina la lingua al solco
  e lo percorre, tre volte, dall’alto in basso, risalendo. La quarta volta si
  ferma al buco e preme. Herman geme di nuovo. Cazzo! Massimo ci sa fare. Dopo qualche altra bella
  slinguata e un po’ di morsi, Massimo fa stendere Herman sul letto, sulla
  schiena. Prende un preservativo e se lo infila, poi ripiega le gambe di
  Herman, in modo da sollevare un po’ il culo. Lentamente preme e affonda la
  sua arma dentro Herman, che geme di piacere. Massimo si ritrae ed esce
  completamente, poi avanza di nuovo, affondando il cazzo nel culo dell’agente
  fino alle palle. Intanto le sue mani percorrono il corpo di Herman,
  stringono, pizzicano, scorrono, con una forza sempre maggiore. Man mano che
  Massimo prosegue nella sua cavalcata, Herman sente il dolore provocato dalle
  dita che stringono martoriando il culo, che lo colpiscono sul viso, che
  sembrano voler stritolare i suoi capezzoli. Il dolore cresce, ma Herman non
  si sottrae, non dice a Massimo di moderarsi. I colpi attizzano il suo
  desiderio, tendono il cazzo allo spasimo, dilatano il suo piacere, come il
  cazzo di Massimo dilata il suo culo. Anche quando Massimo gli afferra i
  coglioni, stringendo con forza, nel gemito di Herman c’è tanto dolore quanto
  piacere. Le mani sembrano voler stritolare, mentre Massimo chiude gli occhi e
  con una rapida successione di spinte violente viene dentro il culo di Herman.
  E anche Herman viene, spargendo il seme sul proprio ventre e sul torace. Massimo esce da lui e si
  rialza. Herman distende le gambe, esausto e dolorante. - Cazzo, Massimo, non mi
  avevi detto che eri sadico! - Solo un po’. Ma tu sei
  masochista. - Solo un po’. Ridono tutti e due, ma
  Herman sa che si ritroverà diversi lividi, domani. E i coglioni gli fanno
  male. Rod, Vladimir e Vitaly
  sono sdraiati nella grande stanza che hanno preso al miglior bordello di Sayatpomorberuduq (non che la capitale del Wadistan offra quella grande varietà di bordelli, ma ce
  ne sono comunque alcuni). Hanno fatto un giro a tre, scambiandosi le tre
  puttane che hanno preso per la notte. Rod ci ha dato dentro per dovere
  d’ufficio ma vedere Vladimir e Vitaly scopare è alquanto stimolante. Ci sanno
  fare tutti e due e Vitaly ha una dotazione extra: uno dei rarissimi casi in
  cui Rod si trova in condizione di inferiorità.  È stata una mezza gara tra
  i tre e Vladimir propone: - Ce ne facciamo una
  quarta? Vitaly dice qualche cosa
  in russo. Rod alza le spalle. Vladimir dice alle tre
  prostitute di andarsene ed esce, nudo, nel corridoio. Grida, in inglese:  - Ne vogliamo altre tre. Vladimir ha lasciato al
  gestore una somma equivalente al bottino di una rapina in una banca della
  City, per cui nessuno ha da obiettare se si fa vedere nel corridoio nudo e in
  pochi minuti altre tre ragazze (due un po’ stagionate) arrivano nella grande
  camera. Vladimir non ce la fa. Gli
  sforzi per far alzare la testa a chi ormai se ne sta mogio mogio non ottengono nessun risultato: Vladimir è già
  venuto tre volte nelle due ore precedenti e ha bevuto troppo. Anche Rod ha
  bevuto parecchio, ma ha fatto attenzione a non ubriacarsi. Vitaly ha bevuto
  come una spugna, ma sembra del tutto refrattario agli effetti dell’alcol. Vitaly lo piglia per il
  culo, in russo (Rod non capisce una parola di russo, a parte khuy, zadnista e yebat, che
  secondo lui vogliono dire cazzo, culo e fottere: come si diceva, conoscenze
  di base, ciò che davvero serve, insomma. Ma il tono ironico di Vitaly e la
  replica scocciata di Vladimir non lasciano dubbi). Rod ce l’ha duro, come
  pure Vitaly. Entrambi si danno da fare per la quarta cavalcata. E guardando
  il toro da monta che fotte vicino a lui, Rod pensa che vorrebbe provarlo
  anche lui, nel ruolo di cavaliere. Ha però l’impressione che per cavalcare il
  toro bisognerebbe averlo prima legato ben bene, per non finire disarcionati e
  incornati. Quando hanno finito, sono
  tutti e due esausti. Rod guarda il grande cazzo
  di Vitaly, che è steso vicino a lui. Se non avesse bevuto alquanto, forse non
  direbbe nulla. Ma l’alcol gli ha regalato una gradevole sensazione di euforia
  e ha abbassato il livello di guardia. Perciò Rod dice: - Secondo me non ce la fai
  più a farlo tornare duro. Vladimir ride, una risata
  da ubriaco. Vitaly non ride. In un inglese comprensibile dice: - Scommettiamo? - E che cosa? - Mille dollari. Rod scuote la testa. - Che me ne faccio di
  mille dollari? - E allora, che cosa vuoi
  scommettere? Rod finge di rifletterci
  un momento, poi dice: - Se mi viene duro e a te
  no, te lo metto in culo. E poi ride, come se avesse
  fatto una battuta. Vitaly ghigna. - Va bene, Rod. Affare
  fatto, chi vince lo mette in culo all’altro. - E se viene duro a tutti
  e due? Fottiamo Vladimir? È Vladimir a rispondere,
  ridendo: - Col cazzo! - Certo, io fotto con il
  cazzo. Tu con che cos’altro fotti? Vladimir ride di nuovo. - Stronzo! Se vi viene
  duro a tutti e due, vi pago un’altra puttana. I due concorrenti
  incominciano a smenarsi il cazzo. Rod non ci mette
  molto a capire che ha esaurito le riserve: è venuto quattro volte e adesso
  gli ci vogliono alcune ore per riprendersi, non ha più vent’anni. Vitaly
  invece, pur non avendo neanche lui vent’anni, non sembra avere nessun problema:
  il cazzo gli torna duro in men che non si dica e a vederlo così da vicino,
  sapendo che tra poco gli entrerà nel culo, Rod si dice che ha commesso un
  errore. Gli farà un male bestiale. Eppure una parte di lui ha anche voglia di
  provare. Quello che invece gli
  brucia è lo smacco subito: non è abituato a perdere.  Vladimir congeda le
  prostitute. Rod prende dalla giacca
  una bustina di lubrificante: ci vorrà tutta, per reggere la mazza di Vitaly.
  Rod lubrifica ben bene. Poi dice, a denti stretti: - Pago il mio debito.
  Mettiti il preservativo. Vladimir ride. - Non ci sono preservativi
  che vadano bene per Vitaly. Si rompono. - Merda! Se Vitaly non usa mai un
  preservativo, i rischi sono grossi. Ma ormai è troppo tardi per tornare
  indietro. Vitaly dice qualche cosa
  in russo, Vladimir ride di nuovo. Rod si appoggia al letto,
  le gambe ben divaricate. Vitaly si avvicina e preme la cappella contro il
  buco, poi la spinge dentro. Rod ha la sensazione che lo stiano impalando. Non
  è possibile che questa pressione che gli dilata l’apertura oltre ogni limite
  sia solo il cazzo di Vitaly, dev’essere una mazza
  da baseball. Il dolore cresce, violento, a ogni spinta. Rod prova un vago
  senso di nausea. Vorrebbe sottrarsi a questo palo che lo trapassa, ma non può
  fermarne l’avanzata. Vitaly lo schiaccia contro il letto con il suo peso. Rod
  si dice che non riuscirà a reggere. Si accorge di sudare abbondantemente, a
  tratti ha dei conati di vomito, che cerca di controllare. Vitaly spinge,
  avanti e indietro, instancabile, e ogni avanzata è una nuova fitta. Rod
  chiude gli occhi, vorrebbe cancellare Vitaly e il palo che gli sfonda il
  culo, ma il russo sa come farsi ricordare. Quando infine Vitaly
  viene, Rod crolla a terra. Il culo gli fa un male cane. Rod chiude gli occhi,
  appoggiato al letto. Gli sembra di fluttuare in un dormiveglia, in cui solo
  il dolore al culo gli impedisce di sprofondare completamente. Quando Rod riapre gli
  occhi, Vladimir sta dormendo sul pavimento, accanto a Vitaly. Rod si solleva.
  Lungo una gamba e a terra c’è seme con un po’ di sangue. - Merda! Muovendosi a fatica Rod
  sale su uno dei letti e si stende. Cerca l’interruttore della luce e la
  spegne. È l’alba quando l’auto che
  trasporta Rod, Vladimir e Vitaly incomincia a salire lungo la strada che
  porta alle montagne. L’autista guida piano, perché quando ha bevuto troppo
  Vladimir vomita facilmente e se questo accade l’autista corre seri rischi. Dopo alcuni tornanti,
  Vladimir si sveglia e urla: - Fermati, devo pisciare! Rod e Vitaly, che stavano
  dormendo della grossa, si svegliano tutti e due. Anche loro hanno la stessa
  esigenza. I tre scendono. Rod si muove con una certa fatica. L’effetto della
  bevuta colossale gli è passato quasi completamente, è rimasto solo un senso
  di euforia, ma il male al culo gli impedisce di muoversi con scioltezza. Si
  dice che ce l’avrà per un bel po’.  Fa un freddo becco, ma
  nessuno ci fa caso. Si mettono di fianco, sul ciglio della strada, e tirano
  fuori gli uccelli. Incominciano a pisciare. Rod guarda il buco che il piscio
  caldo scava nella neve, poi dà un’occhiata all’uccello di Vladimir, alla sua
  destra e a quello fenomenale di Vitaly, alla sua sinistra. Vitaly sta
  guardando verso di lui e ghigna. Rod sorride, mentre pensa che sarà un
  piacere fottere (sempre nei due sensi della parola, anche nei tre, se ce ne
  fosse un terzo) questo russo superdotato. Poi Vitaly ritira l’uccello. Rod
  alza lo sguardo. Il sole illumina già le vette delle montagne, tingendo la
  neve di rosa. È uno spettacolo magnifico. Rod pensa che non
  dev’essere male la vita del mafioso. Scopare, bere, farsi scarrozzare. Rod si
  dice che se rivelasse i loro piani, Vladimir magari accetterebbe di prenderlo
  con sé. Rod potrebbe fottere Herman (nei due sensi di cui sopra) e poi
  associarsi alla mafia russa. E probabilmente finire crivellato di pallottole
  nel prossimo scontro con una banda rivale o con la polizia. Tutto sommato, un
  buon modo di andarsene.  Rod ride. L’aria fredda
  gli trasmette un brivido e dissolve il residuo di euforia dell’alcol.
  Dall’auto Vladimir lo chiama, la voce ancora impastata dalla vodka della
  notte: - Muoviti, Rod, o ti
  molliamo qui. - Vengo, vengo. Rod risale in auto,
  sorride a Vladimir e Vitaly, pensando che li ammazzerà tutti e due, poi
  appoggia la testa e si rimette a dormire. Quando arrivano, è ora di
  colazione: Herman aveva previsto giusto. Herman sta bevendo il tè in
  compagnia di Massimo e Rod si siede al loro tavolo. Essendoci l’italiano, non
  racconta della nottata, ma si limita a osservare Massimo (esclusivamente per
  lavoro) e a chiacchierare un po’ con lui. Herman pensa che all’italiano
  probabilmente non spiacerebbe una cosa a tre. Si può fare (anche se sarà un
  sacrificio, soprattutto per Rod). Al termine della colazione Rod, che non
  deve girare in mattinata, sale in camera per dormire ancora un po’. Herman
  invece è impegnato tutto il giorno nelle riprese. Si vedono appena a pranzo,
  ma non hanno modo di parlarsi senza avere altri tra i piedi. Si ritrovano solo a cena,
  in compagnia di Vladimir e Vitaly. Vladimir dice a Herman: - È stata una grande
  serata. - Bene, sono contento per
  voi. - Vitaly e Rod hanno fatto
  una gara. Herman ha qualche sospetto
  sul tipo di gara (se uno va a un bordello, difficilmente si tratterà di una
  gara di bocce o di pattinaggio sul ghiaccio), ma chiede: - Ah sì? In che cosa
  consisteva? - Nel vedere a chi veniva
  duro più volte. Il premio era il culo dell’altro. - E come si è conclusa? Vitaly ride: - Chiedi al culo di Rod. Herman sorride. Quando poi
  si trova solo con Rod, gli chiede: - E com’è il cazzo di
  Vitaly? - Superlativo.
  Un’elefantessa ne sarebbe entusiasta. Da come lo dice, Rod non
  deve avere gli stessi gusti delle elefantesse. 
 Non ci sono più scene da
  girare tra le montagne. Le ultime verranno riprese negli studi vicino alla
  capitale, per cui la troupe rientra in città. Il giorno dopo il loro
  arrivo, Samir li avvisa che è arrivato anche l’Egiziano, insieme a tre suoi
  collaboratori. È ospite di una moschea della capitale, dove dovrebbe tenere
  alcuni sermoni: la sua presenza non appare quindi legata al film che viene
  girato.  Non si hanno invece
  notizie del cinese, ma l’incontro dev’essere ormai vicino: manca una
  settimana alla fine delle riprese. Samir spera di riuscire a individuare il
  luogo e il giorno, grazie ai suoi informatori e agli agenti che ha
  sguinzagliato, ma non è detto che ci riesca. Herman e Rod cercano di
  stare il più possibile vicino a Vladimir, nella speranza di cogliere qualche
  indizio. Herman ci prova in forma
  diretta: - Che ne diresti se domani
  o venerdì andassimo a provare il ristorante che c’è in piazza della Libertà?  Vladimir dice: - Venerdì sera no, ho un
  impegno. Meglio domani. Dato che Vladimir non ha
  mai altri impegni serali, venerdì potrebbe essere il giorno giusto. La
  conferma arriva da Samir la sera stessa. L’agente ha anche scoperto che
  l’incontro avverrà in un edificio di otto piani, in mezzo alla città. Rod gongola: è ovvio che
  non si possono sganciare bombe o razzi sulla capitale del Wadistan.
  I droni sono fuori gioco: ci si può divertire un po’. Rod contatta Colton ed
  esordisce dicendo: - L’incontro avverrà in
  città. Non è possibile usare certi mezzi. - Merda! Non lo dici solo
  perché vuoi farlo in altro modo? - No, è così. Colton è incazzato.
  D’altronde non è proprio pensabile sganciare qualche bomba in città. - Merda! Le priorità le
  conoscete. Cercate di beccarne almeno due.  - Almeno tre. Sul quarto, Rod non si
  sbilancia: far fuori uno che non si sa dove stia, non è così facile. Sia
  Samir, sia i due agenti continuano a ignorare dove possa essere il cinese.
  Rod e Herman non l’hanno visto sul set e Samir assicura che non è entrato nel
  paese negli ultimi giorni: i pochi voli e i valichi di frontiera sono tutti
  sorvegliati.  A questo punto bisogna
  agire sugli altri tre. Herman, Rod e Samir stabiliscono un piano d’azione,
  poi si separano (dopo aver provveduto a un bis della loro attività
  preferita). Il giovedì sera Herman e
  Rod parlano con Vladimir. - Vladimir, tu domani sera
  hai una riunione in centro città con altri tre. Vladimir guarda Rod
  perplesso. - Che cazzo ne sai? Rod sorride: - Abbiamo molte
  informazioni. Vecchi amici di qui; ne sono rimasti pochi, purtroppo. - Vecchi amici? Che cazzo
  intendi? - Sì, ne avevamo parecchi,
  qui. Li hanno fottuti tutti. Vladimir ha un sospetto e
  dice: - Facevate parte del Mansoor? - Sì, Vladimir, lavoravamo
  per Hami. Ci aveva reclutato per alcune azioni in Inghilterra. Poi quei
  fottuti americani hanno fatto saltare il palazzo e Hami è crepato. Ma ci sono
  rimasti alcuni amici. Per questo siamo qui. Vladimir è sconcertato.
  Non si aspettava che i suoi due amici inglesi avessero a che fare con il
  mondo in cui lui si muove abitualmente: pensava che fossero davvero solo
  attori. - Che cazzo ne sai della
  riunione? - Parecchio. Ci sarete tu,
  Massimo Gargiulo che finge di essere Massimo
  Piscopo, Liu Tong e
  quell’altro tizio, come cazzo si chiama, ibn Cazzein in-Cul, l’Egiziano,
  insomma. Vladimir non ride. È
  furente. Non capisce come sia possibile che qualcun altro sia al corrente di
  una riunione che doveva essere segretissima. - Può darsi. E che cazzo
  vuoi dirmi sulla riunione? - È una trappola. Per
  eliminare te. O, meglio, la riunione si terrà davvero, ma dopo aver eliminato
  uno dei partecipanti, quello che gli altri considerano il più forte. Non
  vogliono che l’Asia centrale finisca nelle tue mani. Che Vladimir detto Pugaciov sia considerato dagli altri l’avversario più
  forte è una balla, nella graduatoria stilata da Colton Vladimir è l’ultimo,
  non il primo, ma Vladimir è perfettamente convinto di essere davvero il pesce
  più grosso, per cui abbocca all’amo senza dubbi.  - Merda! Non è possibile. - Ha organizzato tutto il
  cinese, con la complicità dell’Egiziano. All’italiano va bene, preferisce
  trattare solo con gli altri due. Nessuno di loro vuole voi russi qui. Siete
  troppo numerosi, troppo presenti, troppo forti, finireste per prendere il
  controllo della situazione. - Cazzo, ma come è
  possibile? Ci avevano dato tutte le garanzie. No, non ci credo. - Senti, se non ci credi,
  cazzi tuoi, per noi non c’è problema. Hai solo da andare alla riunione, tanto
  la scena dello stupro l’abbiamo già girata, per cui il regista può anche fare
  a meno di te. Vladimir non dice nulla
  per un buon momento. Sembra sul punto di esplodere. - Questa la pagheranno
  cara. - Possiamo darti una mano.
  Abbiamo un conto da saldare: sono stati quei due a far sapere agli USA dove
  si trovava Hami. Non direttamente. Liu Tong ha anche fatto fuori uno dei tuoi, Karelev. - Karelev
  era uno stronzo e ha fatto la fine che si meritava. Ma non pensavo che
  l’avessero fatto fuori i cinesi. Lui non voleva questo accordo, voleva
  conquistare l’Asia centrale con la forza. Credevo che fosse stato il Mansoor a farlo secco… Vladimir ride: - Magari voi due. Quella di Vladimir è solo
  una battuta, ma ha azzeccato in pieno. Questo però Rod non lo dice. Conta di
  dirglielo solo alla fine, quando gli darà il premio. - Non sappiamo se anche il
  Mansoor ci ha messo lo zampino, può darsi
  benissimo. Noi stavamo lavorando in Inghilterra in quel periodo, ad altri
  progetti che non sono andati avanti perché hanno fottuto Hami. Vladimir riflette un buon
  momento. - Domani sera nessuno di
  noi potrà portare armi. Ognuno sarà accompagnato da due dei suoi uomini, che
  rimarranno di guardia alle scale, quattro al piano di sopra e quattro al
  piano di sotto. Gli ascensori saranno bloccati.  - Quattro uomini per
  gruppo, quindi uno per ognuno di voi. Se tre sono d’accordo, all’insaputa
  dell’altro, lo possono fare facilmente fuori. E poi verranno a far fuori te,
  suppongo: se sono d’accordo in tre, non c’è davvero nessuna difficoltà.
  Oppure ammazzano te e i tuoi uomini appena arrivate. Non lo so, non so qual è
  il loro piano, Rod ghigna e aggiunge: - Ma se ci vai, lo puoi
  scoprire. - Merda! Quelli la devono
  pagare. Non me ne vado senza averli ammazzati. Herman ha lasciato che Rod
  conducesse il gioco, ma ora interviene: - Noi siamo con te,
  Vladimir, abbiamo diversi conti in sospeso con quelle merde. Ma dobbiamo
  capire come muoverci. Quelli non sanno che ti abbiamo informato, ma staranno
  comunque in guardia. - Bisogna ammazzarli prima
  di domani sera.  - Dobbiamo organizzarci
  bene. Non è facile. Quel fottuto cinese non sappiamo neanche dove si
  nasconde. - Lo so io: in una
  lavanderia. È la loro base qui, ci tengono di solito due dei loro uomini. Il
  cinese è arrivato ieri, è entrato clandestinamente in Wadistan. Herman sorride: - Noi abbiamo degli
  informatori tra i nostri vecchi amici, ma vedo che anche tu non scherzi. - Questo incontro è troppo
  importante per lasciare qualche cosa al caso. So anche che probabilmente ci
  sono degli agenti inglesi infiltrati, qui. - Cosa?  - Sì, ci avevano avvisato.
  Probabilmente qualcuno dei tecnici della luce o del suono. Sono quasi tutti
  inglesi. I miei uomini li tengono d’occhio. Hanno alcuni sospetti, ma nessuna
  certezza. Herman guarda Rod, come se
  fosse preoccupato (le lezioni di teatro di Ian
  tornano utili): - Cazzo, Rod, se quelli
  scoprono che facevamo parte del Mansoor… - O ci impiccano qui o ci
  sbattono in galera appena mettiamo piede in Inghilterra. Dei due preferisco
  la seconda. Ma non possono scoprirlo, siamo due attori, Herman, due attori
  importanti. Vladimir interviene: - Dobbiamo preparare un
  piano. E non abbiamo molto tempo per pensarlo e realizzarlo. I tre discutono a lungo. È
  meglio che siano Herman e Rod a fare secco il cinese, che non li conosce.
  Vladimir dà loro tutte le informazioni in suo possesso sulla lavanderia, che
  si trova non lontano dal centro della città. Far fuori l’Egiziano è più
  complicato: è sempre accompagnato da altri tre uomini e di rado lascia la
  moschea. Vladimir e i suoi uomini cercheranno di organizzare un attacco
  durante il trasbordo dalla moschea al luogo dell’incontro. Non è facile agire
  in città, ma Vladimir ha parecchi agganci e conta di farcela. Quando infine il piano è
  stato elaborato, Rod chiede: - Che facciamo con Gargiulo alias Piscopo? - Sei sicuro che sia
  informato anche lui del piano? - Certo! Non ha preso lui
  l’iniziativa, ma ha aderito e i suoi uomini parteciperanno. - Bisogna ammazzare anche
  quel fottuto bastardo. - Potremmo farlo alla
  riunione. Tu arrivi per primo, come se niente fosse. Avvisi i tuoi uomini di
  far fuori le due guardie di Massimo. Di certo non si aspettano di essere
  uccisi, prendendoli di sorpresa non sarà difficile. Noi possiamo darti una
  mano. Rod e Herman contattano
  Samir per dirgli della lavanderia dove si trova Liu
  Tong. Samir gli ritelefona dopo mezz’ora. Ha
  raccolto tutte le informazioni in possesso dei servizi sul negozio. Il luogo
  era già noto: pochi mesi or sono due cinesi sono scomparsi nel nulla e alcuni
  elementi fanno pensare che siano stati attirati nella lavanderia e poi
  uccisi, ma su questo non ci sono certezze e le indagini non hanno portato a
  niente. In capo a due ore, Samir fornirà a Herman e Rod una pianta e una
  descrizione del locale. Il mattino dopo Rod e
  Herman camminano per le strade della città. Sono vestiti elegantemente, in
  giacca e cravatta, nonostante il caldo, e hanno in mano ognuno una cartella:
  due uomini d’affari europei o americani. Entrano in un bar e si prendono un
  Martini. Ma Herman, chiacchierando animatamente, rovescia l’aperitivo sulla
  propria giacca. - Cazzo! E adesso? Non
  posso andare a pranzo così! - Cerchiamo una
  lavanderia, te lo smacchiano subito. Herman chiede al barista
  dove può trovare una lavanderia. Ce n’è una gestita da cinesi proprio vicino,
  in una viuzza laterale. Herman e Rod si avviano,
  seguendo le indicazioni ricevute. In effetti nella seconda via che incrocia
  il corso c’è una lavanderia. Herman e Rod entrano.  Il negozio è piccolo, con
  un bancone che divide a metà lo spazio. Dietro, oltre una tenda, c’è una
  stanza dove i capi vengono lavati e asciugati e di fianco un’altra dove
  dormono i due uomini che gestiscono la tintoria. Rod e Herman conoscono
  benissimo la pianta della lavanderia: l’hanno studiata con attenzione prima
  di venire nel quartiere. Al banco c’è un uomo che
  sembra abbastanza giovane. Herman si toglie la giacca e fa vedere la macchia. - Ho bisogno che me la
  puliate, subito. L’uomo non parla inglese,
  ma chiama l’altro. Herman ripete la sua richiesta. - Vedo che cosa posso
  fare. L’uomo scompare nel
  retrobottega con la giacca. Herman lo segue, insistendo.  - Mi serve in fretta. Non
  posso ritornare in albergo a prendere un’altra giacca, abbiamo un pranzo
  d’affari. Non posso mica presentarmi con la giacca sporca. Mi raccomando, non
  me la rovinare. Herman continua a parlare,
  come se fosse molto preoccupato per la sua giacca. L’uomo che è rimasto al
  banco segue Herman, mettendogli una mano sul braccio, per fermarlo: non è
  previsto che i clienti entrino nel retrobottega. Herman tira fuori dal
  portafogli un biglietto da venti dollari, poi apre la borsa, come per cercare
  altri soldi. Intanto Rod, che è rimasto solo nel locale d’ingresso, mette il
  fermo alla porta. Poi apre la borsa, ne prende la pistola con il silenziatore
  e passa nell’altra stanza. I due cinesi si voltano
  verso Rod. Rod spara subito all’uomo vicino a Herman, colpendolo al cuore.
  Herman, che ha preso la pistola dalla borsa, spara all’altro, quello che ha
  in mano la sua giacca: anche il suo colpo raggiunge il bersaglio al cuore.
  Poi i due agenti si precipitano nell’altra stanza: anche se hanno usato il
  silenziatore, il rumore secco dei due colpi è perfettamente riconoscibile da
  chiunque si intenda di armi. E non si diventa il capo di una grande
  organizzazione criminale se non si conoscono le armi. Liu Tong, perché
  di lui si tratta, ha già afferrato la pistola, ma non fa in tempo a sparare:
  i proiettili sparati dai due agenti lo raggiungono al petto, al braccio, poi
  al ventre e a una gamba.  Liu Tong crolla a
  terra. Stringe ancora la pistola, ma Rod preme con violenza il tacco della
  scarpa sulla mano, costringendolo a lasciare l’arma. - Mio caro Liu Tong, sei arrivato alla
  fine della corsa. Liu Tong guarda i
  due agenti. Sa benissimo di essere un uomo morto. Dice qualche cosa in
  cinese. Non deve trattarsi di un saluto amichevole, ma i due agenti non se ne
  preoccupano. Rod appoggia la pistola contro la nuca di Liu
  Tong, che si tende. Dopo un attimo, Rod spara due
  volte. Il corpo rimane immobile. Herman e Rod ritornano
  nell’altra stanza e controllano che i due uomini siano morti, come in effetti
  è. Herman si rimette la giacca, ancora macchiata (non è colpa del lavandaio,
  a cui non hanno proprio lasciato il tempo di pulire). Poi cercano la chiave
  della porta principale. Non c’è. Probabilmente è nel cassetto del bancone.
  Herman spia da dietro la tenda: nel vicolo non sembra esserci nessuno. Herman
  passa nel locale d’ingresso e apre il cassetto. La chiave è lì, insieme a un
  foglio stampato, con una corda per appenderlo: non conoscendo il wadiri, non sanno che cosa ci sia scritto, ma sarà
  senz’altro CHIUSO o TORNO SUBITO.   Herman e Rod attaccano
  alla maniglia della porta il cartello ed escono. Rod si guarda intorno, come
  se cercasse la direzione da prendere, in modo da coprire Herman, che intanto
  chiude a chiave la tintoria. Poi raggiungono la strada principale, percorrono
  un lungo tratto e prendono un taxi, facendosi lasciare a un altro albergo.
  Infine raggiungono il loro, da dove avvisano Colton e Samir che i bersagli
  sono solo più tre. Dopo aver mandato i due
  messaggi in codice, Rod telefona a Vladimir. - Ciao, Vladimir, sono
  Rod, abbiamo fatto la nostra commissione... Cosa?! Merda! C’è un’altra pausa, poi
  Rod conclude. - Scendiamo subito. Chiusa la comunicazione,
  Rod dice: - Prendi le armi e
  andiamo. L’Egiziano e i suoi uomini se ne sono andati. - Merda! Avranno
  sospettato qualche cosa? Ma come cazzo…? Non possono sapere che abbiamo
  fottuto Liu Tong. Come è
  possibile? - Bisogna ritrovarli.
  Merda! Sì, bisogna assolutamente
  ritrovarli. L’Egiziano è il bersaglio numero uno e non può scappare così.
  Mentre escono, Rod riferisce quanto gli ha detto Vladimir al telefono: il
  russo sa dove l’Egiziano e i suoi uomini si sono diretti. Conclude: - Vladimir ci aspetta
  sotto. Hanno mezz’ora di vantaggio. La macchina di Vladimir è
  davanti all’albergo, con il motore acceso. Dietro ce n’è un’altra. Rod e
  Herman salgono sull’auto di Vladimir, in cui c’è anche Vitaly. L’autista
  parte, alla massima velocità possibile in città. Non appena escono dalla
  capitale, l’autista accelera e la macchina incomincia una folle corsa, con
  sorpassi in curva, tratti contromano, improvvise sterzate (per evitare quelli
  che si ostinano a procedere nella loro corsia) e altre manovre che definire
  azzardate è un eufemismo. Rod e Herman si dicono che è un miracolo se non si
  schianteranno. Intanto Vladimir, del
  tutto indifferente allo stile di guida del suo autista-kamikaze, riassume la
  situazione: - Abbiamo scoperto che l’Egiziano
  se n’è andato con i suoi uomini, dopo aver raccolto armi e bagagli. Deve aver
  subodorato qualche cosa. - Ma come hanno fatto a
  sospettare? - Non lo so. Forse hanno
  cercato Liu Tong e non
  l’hanno trovato. Magari avevano un numero per mantenersi in contatto. - Ma l’abbiamo fatto secco
  sì e no mezz’ora fa. Nessuno lo sa. Herman non sta a dire che
  sono informati solo il vice dei servizi segreti inglesi e il braccio destro
  della sezione antiterrorismo del Wadistan:
  probabilmente Vladimir non sarebbe felice di scoprirlo e non è il caso di
  dargli un dispiacere. Herman è una persona molto sensibile, come abbiamo già
  detto. Mentre l’auto evita un
  camion (perdendo solo lo specchietto retrovisore, il che, vista la guida
  dell’autista, è davvero un prezzo minimo), Herman chiede: - Non è che qualcuno dei
  tuoi uomini può essersi lasciato sfuggire qualche cosa? - Sapevano solo che
  dovevano tenere d’occhio quegli stronzi, non che avremmo fatto secco
  l’Egiziano. - Ma com’è che non si sono
  accorti che si stavano preparando ad andarsene? - Hanno fatto tutto molto
  in fretta. Forse sospettavano qualche cosa. Dovevano essere già pronti. Come
  dici tu, devono aver saputo della morte del cinese e sono partiti subito.
  Merda! - Merda! L’esclamazione di Rod non
  esprime accordo con Vladimir: a provocarla è la visione di un TIR che sta
  venendo addosso all’auto. In realtà il TIR procede dalla sua parte della
  strada, ma l’auto no: ha fatto un sorpasso più suicida che azzardato. L’autista evita il TIR e
  riprende la sua corsa, come se niente fosse. Herman e Rod
  godono di ottima salute e il loro sistema cardiocircolatorio dev’essere
  perfetto, altrimenti un bell’infarto non gliel’avrebbe tolto nessuno. I russi
  non battono ciglio: devono essere abituati a questo stile di guida. Fortunatamente, man mano
  che si allontanano dalla città, il traffico cala. Il Wadistan
  ha una densità di popolazione alquanto bassa e le strade non sono molto
  affollate. Quando poi l’auto svolta, prendendo una strada laterale, non si
  vede più nessuno. Se non fosse che la strada, sterrata, si inerpica sul
  fianco di una montagna e che la macchina sembra avere due ruote fuori dalla
  strada a ogni curva (sopra un precipizio che diventa sempre più vertiginoso),
  Herman e Rod potrebbero sentirsi più tranquilli. Dietro di loro l’altra auto
  li segue, guidata con lo stesso stile. I due agenti si dicono che se
  sopravvivranno alla guida, in confronto al viaggio lo scontro con il gruppo
  dell’Egiziano sarà uno scherzo. Il paesaggio che possono
  vedere salendo è davvero mozzafiato: una successione di grandi montagne che
  si innalzano dalla pianura, alcune coperte di boschi fin quasi alle cime
  innevate, altre con pareti rocciose scoscese, dai profili irregolari; ovunque
  una vegetazione fitta, che contrasta con l’aridità della pianura. Ma i nostri
  due agenti, forse perché sono a corto di fiato per altri motivi, non
  apprezzano molto la visione dei monti (e soprattutto quella del precipizio
  che a ogni curva sembra spalancare le fauci per divorarli). Al termine della salita,
  superano un passo e la strada attraversa un vasto altopiano brullo, in parte
  ancora coperto da neve. Ai lati della strada non ci sono precipizi e il
  rischio si riduce a quello che la macchina si rovesci su se stessa: è già un
  bel progresso. Vladimir dice a Vitaly
  qualche cosa e questi tira fuori da un borsone quattro mitragliette. - Sapete usarle? Rod sorride: - Credi che uno potesse
  lavorare per il Mansoor senza saperle usare? Vladimir annuisce. - Dobbiamo ammazzarli
  tutti, ma l’Egiziano non lo facciamo crepare subito. - Prima bisogna
  raggiungerli. Vladimir fa un cenno con
  la testa verso il parabrezza. Guardando in avanti Herman e Rod possono vedere
  una nuvola di polvere. - Devono essere loro. Rod annuisce. Visto che da
  quando hanno svoltato non hanno incrociato o superato nessuno, è probabile
  che l’auto sia quella dell’Egiziano. - Avviso gli altri. Vladimir prende il
  cellulare e telefona agli uomini che sono sull’altra auto. Trasmette alcune
  istruzioni in russo, poi riattacca. L’autista accelera ancora.
  Herman si chiede come cazzo sia possibile. Probabilmente tra un po’ l’auto
  decollerà e potranno eliminare l’Egiziano sganciando una bomba. La distanza tra le due
  auto ormai è molto ridotta. Gli occupanti sono chiaramente arabi. Purché si
  tratti davvero dell’Egiziano e non di qualche tranquillo turista arabo che ha
  sbagliato strada: l’ultimo errore della sua vita.  A fugare ogni dubbio ci
  pensa uno degli uomini sul sedile posteriore dell’auto, che si sporge, con un
  mitra in mano: anche sull’altra auto hanno capito che la macchina che si sta
  avvicinando non è quella di un turista curioso di vedere le montagne del Wadistan. Vladimir si sporge dal
  finestrino e spara, ma manca il bersaglio. Anche l’arabo fa fuoco, ma la
  raffica non centra l’auto. In effetti mirare da un’auto che corre su una
  strada sterrata e con fondo irregolare, cercando di centrare un’altra auto
  lanciata a velocità forte, che sbanda, non è proprio facile. A Herman va meglio. Ha
  preso la pistola, che in questi casi gli va meglio della mitraglietta, e mira
  al tipo che si sporge dal finestrino. Il colpo lo becca in pieno, perché la
  mitraglietta cade sulla strada e l’arabo si accascia, probabilmente cadavere
  o aspirante tale (con ottime probabilità di ottenere il risultato quanto
  prima). L’autista russo ha
  piantato un’ulteriore accelerata e, sbandando paurosamente, ha accostato
  l’altra auto. Con una brusca sterzata, la urta.  La macchina degli arabi,
  speronata, sbanda e finisce fuori strada. Non si rovescia, ma fa una serie di
  testa e coda. Intanto l’autista ha frenato, ma, data la velocità, questo ha
  richiesto un po’ di tempo. L’altra auto russa ha invece fatto in tempo a
  frenare e ne sono scesi quattro uomini con le mitragliette spianate. Scendono
  di corsa e si avvicinano all’auto degli egiziani. Uno alza l’arma e con una
  sventagliata fa secco l’autista e il passeggero al suo fianco. Sul sedile
  posteriore c’è già un cadavere. È rimasto solo l’Egiziano, che apre la
  portiera e si lancia in un inutile tentativo di fuga, tenendo in mano una pistola. Uno degli uomini punta la
  pistola e spara un unico colpo. Colpito a una gamba l’Egiziano crolla a
  terra. Gli uomini gli sono addosso. L’Egiziano è disteso inerte, ma quando i
  russi si avvicinano, si solleva su un gomito e spara. Uno dei russi lancia un
  grido e cade a terra: Rod e Herman, che stanno arrivando, si dicono che
  Abdallah ha un’ottima mira. Anche i russi però non scherzano e il colpo
  sparato da uno degli uomini ferisce l’Egiziano al braccio. La pistola cade a
  terra. L’Egiziano è ferito, ma
  vivo, come voleva Vladimir, che ora arriva. Guarda il corpo del suo
  uomo, che giace riverso al suolo, si avvicina all’Egiziano e gli molla due
  calci alle costole, rovesciandolo sul dorso (e rompendogli le costole stesse,
  Herman e Rod ne sono sicuri). Poi un altro micidiale calcio ai coglioni
  strappa un urlo ad Abdallah, che inveisce in arabo (Herman non conosce
  l’arabo; Rod sa solo tre parole, inutile spiegare quali, ma è evidente che
  Abdallah non sta dicendo cose gentili, come spesso succede a chi si è preso
  due pallottole e tre calci, di cui uno ai coglioni). Vladimir si rivolge a
  Vitaly con un cenno del capo. Vitaly si china e abbassa
  i pantaloni di Abdallah ibn Hussein. Rod e Herman
  guardano la scena, chiedendosi che cosa intenda fare Vitaly. Questi volta
  l’Egiziano sulla pancia, con un calcio. Herman formula il suo
  dubbio: - Vuole metterglielo in
  culo? Rod risponde: - Mi sembra una buona
  idea. Vitaly sembra davvero
  intenzionato a inculare l’Egiziano. Gli sfila completamente i pantaloni e gli
  allarga le gambe. Poi però, invece di abbassarsi i calzoni, avvicina la canna
  del mitra che stringe in mano al buco del culo di Abdallah e la spinge dentro
  con un movimento deciso. Abdallah grida. Herman si limita a dire: - Cazzo! Vitaly preme il grilletto
  e il corpo viene dilaniato da una raffica che sembra non finire mai. Il
  cadavere di Abdallah sussulta, mentre i colpi lo attraversano, spargendo
  ovunque brandelli di tessuti e sangue. 
   Herman commenta: - Credo che l’Egiziano
  avrebbe preferito il tuo cazzo o persino quello di Vitaly. - Tutto sommato lo credo
  anch’io. Però non è niente male questo modo di fottere uno. Vladimir è soddisfatto. Si
  rivolge ai due agenti, dicendo: - Vitaly è bravissimo.
  Abbiamo fatto lo stesso scherzetto a un giudice e due poliziotti tanto
  coglioni da rifiutare quello che gli offrivamo per lasciar perdere certe
  indagini. Gente così si merita un mitra in culo. E se becco quei due fottuti
  agenti inglesi che devono far parte della troupe, gli facciamo fare la stessa
  fine, vero Vitaly? Vitaly annuisce, un
  sorriso ferino in faccia. Herman si chiede se Vladimir non sospetti qualche
  cosa: potrebbe averli presi con sé proprio per eliminare anche loro lontano
  dalla città. Anche Rod deve aver avuto lo stesso pensiero, perché Herman nota
  la tensione nel braccio dell’amico che tiene la mitraglietta. Ma Vladimir non allude a
  loro. Si avvicina al cadavere, si sbottona i pantaloni e si mette a pisciare
  su quanto resta del corpo. Vitaly lo imita. Rod nota che ha il cazzo mezzo
  duro. Anche a lui evidentemente piace uccidere. Chissà se gli piacerà anche
  essere ammazzato? Rod spera di scoprirlo presto. Vitaly in realtà non è
  nell’elenco degli obiettivi, ma dato che sta sempre appiccicato a Vladimir,
  sarà inevitabile far fuori anche lui. Un lavoro extra, ma per la causa si fa
  questo e altro. Il cadavere del russo
  ucciso viene caricato nel bagagliaio dell’auto. Prima che le due vetture
  ripartano, Herman dice a Vladimir: - Forse è meglio che tu
  dica agli autisti di non correre. Per evitare che qualcuno ci noti, visto che
  abbiamo un cadavere a bordo e le armi con cui sono stati ammazzati quattro
  uomini. Vladimir annuisce e dice
  qualche cosa in russo. Dal modo in cui partono gli autisti, Herman non è così
  sicuro che abbia detto di non correre, ma forse rispetto all’andata la guida
  è meno folle: talvolta l’auto è persino nella corsia giusta e di solito non
  ci sono mai più di due ruote sul precipizio. Tornando in città, Herman
  pone il problema del terzo boss da eliminare: - Adesso bisogna capire se
  Massimo ha degli informatori e se sospetta o meno che i suoi due complici
  sono stati fatti fuori. Vladimir osserva: - Se non sospetta niente,
  possiamo farlo fuori questa sera, alla riunione, come abbiamo previsto. Herman propone: - Se però ha dei sospetti,
  non è detto che vada alla riunione. E in ogni caso, visto che erano d’accordo
  tutti e tre per ucciderti, è probabile che si fossero messi d’accordo per
  parlarsi, prima. Un’ultima conferma, per coordinare l’azione. Questo non è vero, visto
  che nessuno intendeva far fuori Vladimir, almeno per quel che ne sa Herman.
  Ma non si può escludere che avessero davvero deciso di sentirsi per una
  conferma prima dell’incontro e può darsi che Massimo abbia degli informatori
  che possano sapere della morte del cinese o della scomparsa dell’Egiziano. - Che proponi di fare? - Credo che possiamo farlo
  Rod e io. Ho fatto conoscenza con lui. Se riesco ad agganciarlo… che ore
  sono?  Mentre lo dice, Herman dà
  un’occhiata all’ora. Sì, sono appena le due. Prima della riunione ci sono
  diverse ore e forse Herman può convincere Massimo a fare un bis e in questo
  caso sarebbe l’ultima volta che Massimo scopa. Massimo è sul set. Herman
  gli si avvicina e lo saluta. - Ciao, bello.  - Ciao, Massimo. Ne hai
  ancora per molto? - No, ho quasi finito. Che
  ne è della tua ombra? - Rod, intendi? In città
  per qualche faccenda. - E tu sei disoccupato e
  hai pensato al buon Massimo. Herman ride. - Messo così non suona
  benissimo. Guarda che Rod non ha niente in contrario per una seduta a tre. Anche a quattro, cinque o
  sei, ma non è il caso di andare nei dettagli. - Ci sarà anche lui? - No, è in città. Magari
  prima che ce ne andiamo tutti dal Wadistan
  combiniamo per un trio. - Perché no? Ma oggi va
  bene noi due. Ti va bene tra un’ora in albergo? Sto alla 426. - Tra un’ora in camera
  tua, allora. Si direbbe che Massimo non
  abbia il minimo dubbio. Ma uno dei russi lo terrà d’occhio, senza farsi
  notare, per garantirsi che non riceva telefonate.  All’ora fissata, Herman
  bussa alla porta della camera. Massimo viene ad aprirgli con indosso
  l’accappatoio: si è appena fatto una doccia. Appena Herman è dentro la
  stanza, lascia che l’accappatoio scivoli a terra. Herman si dice che Massimo
  ha davvero un bel corpo. Tra non molto sarà un cadavere, ma prima di arrivare
  a quello stadio, avrà modo di gustare ancora il suo cazzo. Herman si spoglia anche
  lui. Non ha armi: Rod lo deve raggiungere mentre lui tiene occupato Massimo.
  In che cosa consista il “tenere occupato” è senz’altro chiaro ai lettori. Dopo qualche carezza e
  bacio, Herman si stende sul letto, a gambe larghe. Massimo si corica su di
  lui e lo infilza con una spinta decisa. - Cazzo! Massimo gli ha fatto un
  male bestiale. Herman sta per dirgli che è uno stronzo o qualche cosa del
  genere, quando si ritrova un coltello puntato alla gola. - E adesso mi dici chi sei
  e che cazzo vuoi da me, stronzo. Herman ha capito di essere
  nei guai, ma fa lo gnorri. - Che cazzo hai, Massimo?
  La scena in cui mi tagliano la gola devo ancora girarla, non è il caso di
  anticipare.  - Senti, tu e quell’altro
  figlio di puttana siete qui per qualche motivo. E ci giurerei che siete stati
  voi con Pugaciov a far fuori l’Egiziano. Massimo sembra
  maledettamente bene informato. Probabilmente, anche se sul set sembra essere
  l’unico italiano, ha degli uomini che controllano ciò che avviene. Herman si
  dice che forse hanno visto salire lui e Rod sull’auto di Vladimir quando sono
  partiti all’inseguimento dell’Egiziano. E quando hanno saputo che il tizio
  era morto, hanno fatto due più due. Il che significa una sola cosa: merda!  - E chi sarebbe ‘sto
  egiziano del cazzo? - Lo sai benissimo, stro… Massimo non finisce la
  frase: un colpo secco e Herman lo sente abbandonarsi su di sé. Rod afferra
  Massimo e libera Herman dal peso che premeva su di lui. - Meno male che sei
  arrivato. Sospettava e credo che avesse l’intenzione di farmi fare una brutta
  fine. Rod annuisce. - Penso anch’io, ma non
  intendo permettere a nessun altro di farlo. Voglio ammazzarti io. Rod è davvero premuroso. Rod piscia sulla testa di
  Massimo che si risveglia, ancora intontito dal colpo che Rod gli ha dato con
  il calcio della pistola. - Ben svegliato. Avevi
  capito un po’ di cose, ma non sei stato abbastanza furbo. Massimo guarda Rod con
  odio, mentre si rialza. - Siete in combutta con i
  russi, vero? - Sì, diciamo di sì.
  Finché ci serve. - Bastardi. Rod sorride. Non è la
  prima volta che qualcuno gli dà del bastardo. Certamente neanche l’ultima, se
  non l’ammazzano presto. Rod punta la pistola, ma
  Massimo dice: - Usa il coltello,
  stronzo. Ce li hai i coglioni per farlo? Rod ghigna. - Perché no? - È nel cassetto. Herman passa dietro a
  Massimo e gli blocca le braccia. Rod appoggia la pistola sul letto e si
  spoglia in fretta. Herman non si stupisce di vedergli il cazzo duro: Rod
  pregusta quello che sta per fare. Rod apre il cassetto e ne
  estrae il coltello. Si avvicina a Massimo. Il corpo nudo di Herman
  preme contro quello di Massimo e il contatto ha un certo effetto. Herman si
  rende conto che anche a Massimo sta venendo duro. Herman si dice che è
  assurdo, ma anche a lui in situazione di pericolo succede la stessa cosa. Rod è davanti a Massimo,
  il cazzo in tiro, magnifico in tutta la sua potenza di maschio. - Prima di finirti, ti
  fotterò, Massimo. Massimo lo guarda, senza
  dare segno di paura. - Fa’ quello che vuoi,
  bastardo. Rod vibra un colpo al
  basso ventre, subito sopra il cazzo. Massimo emette un gemito, mentre la lama
  squarcia e il sangue sgorga. Rod ritira il coltello.
  Sorride. Ha il cazzo ancora più teso, ora, rigido come la lama del coltello
  che stringe. Un secondo fendente lacera il ventre di Massimo all’ombelico.
  L’italiano non è più in grado di reggersi e crollerebbe se Herman non lo
  sostenesse. - Lascialo, Herman. Herman obbedisce. Massimo
  crolla a terra. Rod lo stende, con due
  calci gli allarga le gambe, poi si infila il preservativo, si stende su di
  lui e lo infilza con un colpo secco. Massimo impreca e insulta
  Rod, una smorfia di dolore sul viso. Rod fotte Massimo con tutta l’energia di
  cui sa dare prova (Herman potrebbe garantire che è davvero tanta). Ogni tanto
  Massimo grugnisce qualche insulto, ma Herman non capisce l’italiano (Rod sì, è stato in Italia in passato).  Quanto sta arrivando alla
  fine, Rod dice:  - Stai per crepare,
  Massimo. Herman è sicuro che
  l’italiano lo ha già capito: è intelligente e poi due coltellate in pancia
  sono un messaggio piuttosto chiaro. In quel momento suona il
  cellulare di Herman, che guarda il display: il numero è quello di Vladimir.
  Herman risponde: - Sì, Vladimir? - A che punto siete? - Quasi alla conclusione. - Allora saliamo. Vladimir e Vitaly arrivano
  poco dopo. Rod li accoglie con un
  grugnito, mentre continua a fottere Massimo. Poi si rivolge a Vitaly: - Questo lo ammazzo io,
  Vitaly, chiaro? Vitaly annuisce. Rod si
  volta di lato, costringendo anche Massimo a mettersi sul fianco sinistro. Poi
  mena un altro fendente al ventre, subito sopra l’ombelico. Massimo emette un
  grido strozzato. Rod vibra altre due coltellate al torace, mentre viene
  dentro Massimo. Questi geme un’ultima volta, poi si affloscia completamente.
  Solo le dita delle mani si contraggono in un movimento spasmodico. Allora Rod
  gli taglia la gola e si alza, lasciando che il cadavere ricada sul pavimento. Rod va a farsi la doccia.
  Intanto con un calcio Vitaly volta il cadavere di Massimo. Poi prende il
  coltello con la sinistra, si china e con la destra afferra cazzo e coglioni,
  mentre Vladimir spiega: - Coltello, lo chiamavano
  così, lo faceva sempre ai suoi nemici. Di solito quando erano ancora vivi. Ne
  ha diritto anche lui, non ti pare? Herman annuisce: la
  faccenda non lo turba. Vitaly taglia con un movimento deciso della lama, che
  sembra recidere senza sforzo. Poi si sposta e infila nella bocca spalancata
  di Massimo il suo trofeo. Rod intanto è tornato e i
  due agenti si rivestono. - OK, Massimo ha raggiunto
  il cinese e l’Egiziano. Vladimir concorda: - Ottimo, lavoro
  completato. Non ancora, manca ancora
  uno dei quattro, il meno importante, ma Herman e Rod ci tengono a fare un
  lavoro completo: sono seri e soprattutto molto motivati. - Senti, Vladimir, questa
  sera sarà chiaro che tu hai ammazzato – o fatto ammazzare – gli altri tre. - Che cazzo dici? La
  polizia non può arrivare a noi. - Non penso alla polizia,
  che non può risalire a noi, Vladimir, è vero. Siamo tre attori del film che
  hanno quasi finito di girare. Ma cinesi, italiani e integralisti sanno
  benissimo che i loro capi dovevano incontrare te e che i loro capi sono
  morti. Se non lo sanno, lo scopriranno molto presto. Tu sei l’unico
  sopravvissuto dei partecipanti alla riunione, per cui le organizzazioni
  penseranno subito a te. Devi fare attenzione. Vladimir ride: - Sono abituato a essere
  un bersaglio. - Non è meglio che tu
  lasci l’albergo per un po’? Noi abbiamo una base del Mansoor
  qui vicino. Vuoi che ti ci portiamo? Nessuno può risalire a
  quell’appartamento. I tuoi uomini possono rimanere qui, così gli altri non
  sospettano che tu non ci sia. Vitaly può accoglierli se vengono a cercarti
  questa notte. E secondo me verranno.  - Può essere un’idea. Che
  ne dici, Vitaly?  Vitaly sorride. L’idea di
  “accogliere” quelli che vengono ad ammazzare Vladimir evidentemente gli
  sfagiola. Però poi Vitaly osserva: - E tu rimani senza
  guardie del corpo, capo? Herman dice: - Nessuno lo andrà a
  cercare là. Se vuoi possiamo fermarci Herman e io con te per la notte,
  Vladimir.  I lupi si propongono per
  proteggere l’agnello, ma dato che l’agnello è convinto di essere una tigre,
  non si preoccupa minimamente. L’appartamento è in
  effetti una base, ma messa a disposizione dai servizi segreti del Wadistan, non dal Mansoor, che
  non esiste più. Appena entrati, Herman va
  a prendere una bottiglia di vodka, da cui Vladimir si serve un bel bicchiere. Intanto Rod dice: - Sono tutto sudato. Mi
  faccio una doccia. Rod incomincia a
  spogliarsi - Sì, è una bella idea. Anche Vladimir si spoglia.
  Mentre lo fa, si accarezza il cazzo, in modo da farlo crescere un po’ di
  volume e lunghezza. Gli piace farsi vedere nudo e ben dotato. Herman lo guarda,
  sorridendo. Poi incomincia a spogliarsi anche lui, lentamente. Rod è già sotto la doccia.
  Quando ha finito, esce, senza chiudere l’acqua e torna in salotto,
  asciugandosi con un telo. - Sotto a chi tocca. Vladimir va a lavarsi.
  Herman sorride: questa volta tutto fila liscio; Vladimir non è intelligente
  come Coltello. Vladimir torna pochi
  minuti dopo, asciugandosi. Il cazzo è ancora più grosso di prima: deve
  esserselo smenato un po’ per farsi vedere. Herman
  lo guarda: ha davvero un gran bel corpo, con i muscoli ben definiti, una
  peluria molto leggera e un piccolo tatuaggio sul ventre. - Ci voleva proprio una
  bella doccia. Rod è girato verso la
  scrivania, con un bicchiere nella sinistra. Si volta verso Vladimir. Nella
  destra ha la pistola, puntata verso il russo. Anche Herman prende la pistola,
  per prudenza, se per caso Vladimir cercasse di attaccare Rod o scappare. Ma
  lascia che sia il suo amico a condurre il gioco: sa che gli piace ammazzare.
  E infatti a Rod sta venendo duro in fretta ed è, come sempre, una bella
  vista.  - Che cazzo fai, Rod? - Sai Vladimir, detto Pugaciov, avevi ragione. Il tuo amico Karelev
  lo abbiamo fottuto noi. E avevi anche ragione sulla riunione: nessuno voleva
  farti fuori. - Cosa? Figli di puttana! - Sei ingenuo, Vladimir.
  Bevi tutto. Vladimir è stato ingenuo,
  in effetti, ma non è stupido e ha capito benissimo che adesso tocca a lui. - Merda! Chi cazzo siete? - I due agenti inglesi, Pugaciov, quelli che ti sarebbe piaciuto far fuori. Con
  il compito di fottere quattro figli di puttana. Tre li abbiamo fatti secchi.
  Adesso è il turno del quarto. - Merda! Schifoso
  bastardo. Io… Vladimir non dice altro.
  Nulla di ciò che potrebbe dire servirebbe a qualche cosa. Guarda Rod, mentre
  stringe i pugni rabbioso. C’è una tensione palpabile nell’aria, come c’è nel
  cazzo di Rod, ormai ritto, e in quello di Herman, che si sta riempiendo di
  sangue. A Rod piace quest’attesa e
  non spara subito. Vladimir scuote la testa. - Pezzo di merda! Rod spara, poco sotto
  l’ombelico. L’impatto del proiettile spinge Vladimir contro la parete, mentre
  il sangue sgorga, abbondante, dalla ferita. Rod sorride. Si avvicina a
  Vladimir. La canna della pistola è a una spanna dal ventre del russo, puntata
  in basso, poco sopra il cazzo. Rod spara di nuovo.
  Vladimir emette un grido strozzato. Poi dice: - Merda! Il russo scivola contro la
  parete, fino a ritrovarsi seduto sul pavimento. Rod è in piedi davanti a lui: - C’è un’altra cosa,
  Vladimir, che devi sapere. A me piace fottere quelli che ammazzo. L’affermazione non è del
  tutto esatta: a Rod piace fottere qualunque maschio (o quasi). L’ammazzare è
  un extra. Rod afferra Vladimir con
  la sinistra e lo spinge a terra. Gli allarga le gambe. Poi gli infila la
  pistola in culo. Vladimir sussulta e dice qualche cosa in russo. Rod ride. Rod fa un cenno a Herman,
  che gli lancia un preservativo. Se lo mette, poi toglie la pistola. Incula
  Vladimir con una spinta decisa e sente con piacere la carne che cede a
  fatica. Il russo urla parole incomprensibili. Rod ci dà dentro e Herman
  guarda affascinato il movimento a stantuffo del culo peloso di Rod, che
  avanza e arretra, mentre il peso del suo corpo schiaccia a terra Vladimir e
  una pozza di sangue si allarga sul pavimento. Vedere Rod al lavoro è sempre
  uno spettacolo superlativo e a Herman non dispiace rimanere a guardare. Rod
  ci dà dentro con grande vigore e Herman si dice che Vladimir deve avere un
  male al culo bestiale, che si aggiunge al dolore delle due pallottole. Vladimir impreca, più
  volte, grida parole incomprensibili. Poi urla, in inglese: - Finiscimi, bastardo. - Non ho fretta, Vladimir. Quando infine sta per
  venire, Rod preme la pistola contro la nuca di Vladimir. - Pronto, Vladimir, per un
  viaggio di sola andata all’inferno? - Figlio di puttana! Vladimir incomincia a
  ripetersi, ma il suo patrimonio di insulti in inglese non è così vasto. Rod
  ride e spara. Ogni tensione nel corpo di Vladimir si scioglie. Rod riprende a
  spingere vigorosamente, finché il piacere lo avvolge e si scioglie nel getto
  di seme che si rovescia nelle viscere del cadavere. Rod si abbandona sul corpo
  del russo. Poi si alza. Guarda Herman e dice: - Come vedi, li abbiamo
  fatti fuori tutti e quattro, senza droni del cazzo. Colton pensava che non ne
  saremmo stati capaci. Rod guarda il cadavere
  steso ai suoi piedi. - Cazzo, è una meraviglia!
  Fottere un figlio di puttana che poi ammazzi. Che cosa c’è di meglio? Herman sorride
  dell’entusiasmo del suo amico. Intanto Rod solleva la pistola e la punta su
  Herman. - Che ne diresti se lo
  facessi anche con te? Rod sta scherzando, Herman
  ne è sicuro. Quasi sicuro. - Credo che ne saresti
  capace, Rod. E che ti piacerebbe. Non sa perché l’ha detto.
  È la verità, ma perché dirlo? Sta provocando Rod? Herman non saprebbe
  spiegare, ma avverte, come gli capita sempre di fronte a un pericolo, la
  tensione crescere e il cazzo tendersi.  Rod annuisce. - Sì, mi piacerebbe un
  casino. Sforacchiarti, fotterti, ammazzarti mentre ti fotto e venire nel tuo
  cadavere. E mentre Rod parla, Herman
  può vedere che il cazzo del suo amico si tende di nuovo. C’è un momento di
  confusione nella testa di Herman. La gola è secca. Gli verrebbe da provocare
  ancora Rod, come ha fatto Massimo, chiedendogli se ha davvero i coglioni per
  farlo. Per un momento a Herman pare di essere in bilico su un precipizio, con
  una grande voglia di precipitare. Ma è solo un attimo. Herman scaccia il
  pensiero e sorride. - Per questa volta
  potresti fottermi senza sforacchiarmi. Che ne dici? Rod ride. Abbassa la
  pistola. - Per questa volta va
  bene.  Herman prende il telefono. - Prima però avvisiamo
  Samir e Colton. Rod non ha molta voglia di
  aspettare. Sono tutti e due nudi e con il cazzo in tiro. Herman prende il
  telefonino e Rod afferra Herman, spingendolo sul letto. Rod è infoiato, anche
  se è venuto da poco, e l’ingresso è molto deciso. Herman esclama: - Cazzo! Chiude gli occhi. Il
  dolore è bestiale, ma Rod non si ferma: spinge con violenza, come se volesse
  trapassarlo con il suo cazzo. Herman compone il
  messaggio in codice e lo manda ai due numeri di Samir e Colton. Poi molla il
  telefonino e si abbandona alle spinte violente che lo squassano. C’è più
  dolore che piacere, oggi, ma anche quel dolore è godimento. Herman si chiede
  se il giorno in cui Rod lo ammazzasse, anche quello sarebbe piacere. - Oh, merda! Le ultime spinte di Rod
  sono intollerabili. Rod grugnisce, poi si affloscia su Herman. - Sai, Herman, credo che
  dopo che ti avrò fatto secco, mi mancherà un po’ il tuo culo. È quasi una dichiarazione
  d’amore. In ogni caso è il massimo che si può pretendere da Rod. 
 Samir telefona e dice a
  Rod e Herman di andarsene in giro per due ore e poi di tornare in albergo.
  Come hanno già fatto per Massimo Gargiulo e per Liu Tong, provvederanno a far
  sparire il cadavere di Vladimir: nessuno deve sapere che i tre sono stati
  ammazzati, in modo che ognuno dei gruppi sospetti degli altri. Però è meglio
  che gli uomini che faranno sparire i cadaveri non vedano Rod e Herman:
  nessuno deve poterli collegare all’omicidio. Samir conclude: - Spero che non abbiate
  combinato un puttanaio, come con il Gargiulo. Per eliminare
  davvero tutte le tracce avremmo dovuto far saltare in aria la camera. - Colpa dei russi.  Non è proprio la verità,
  ma la scusa è buona. - Tra due ore i russi
  saranno in galera. - Buono. In effetti è necessario: i
  russi sanno benissimo che loro erano con Vladimir e se Vladimir non
  ricompare, Herman e Rod rischiano grosso. Samir chiude la
  comunicazione. Rod osserva: - Anche Samir, come
  Colton, dice che lasciamo sempre un puttanaio. Tutti ossessionati dalla
  pulizia! Herman dà un’ultima
  occhiata alla stanza. In effetti Vladimir ha perso parecchio sangue, ma con
  Coltello la stanza era ridotto molto peggio.  I due agenti escono,
  cercando di non farsi notare da nessuno, e se ne vanno a spasso, in attesa
  che passino le due ore previste. Quando Rod e Herman
  arrivano all’albergo, c’è un grande fermento: parecchi membri della troupe
  sono nella hall, riuniti in capannelli. Vedendo entrare Rod e Herman, due dei
  tecnici con cui hanno fatto conoscenza (carnale) durante le riprese, si
  avvicinano loro. - Sapete le ultime
  notizie? - No. Che cosa è successo? - Hanno arrestato tutti i
  russi, tranne l’attore, Alexandrovsky, che non si
  sa dove sia. Herman si finge stupito: - Questa poi! E perché? - Traffico di droga. Ne
  hanno trovata una quantità pazzesca. E anche armi, a quanto pare. L’altro tecnico aggiunge: - Rischiano la pena di
  morte. I tecnici, come tutti,
  sanno benissimo che Herman e Rod frequentano molto Vladimir, probabilmente
  qualcuno li ha anche visti uscire insieme nel pomeriggio, per cui Herman non
  finge di non saperne niente e dice a Rod: - Vladimir ha detto che
  tornava verso le sette, no? - Se è implicato in questa
  faccenda, secondo me hanno già arrestato anche lui. Parlano ancora un buon
  momento. Nessuno ha ancora notato la scomparsa di Massimo Gargiulo/Piscopo.
  Ma circola voce che in mattinata ci sia stata una sparatoria sui monti, con
  parecchi morti. Insomma, gli attori e i tecnici stranieri sono alquanto
  preoccupati. Il Wadistan non dev’essere un posto
  molto sicuro. E in effetti, se ci sono Herman e Rod, non lo è. Per fortuna il film è alla
  fine e tra pochi giorni tutti potranno tornare a casa. A cena c’è un’atmosfera
  particolare. I due tavoli occupati dai russi sono vuoti e tutti guardano
  spesso in quella direzione, come se quell’angolo deserto li inquietasse.  Al termine della cena
  Herman e Rod vengono raggiunti da Faizullah Karimov, l’attore che interpreta Zohad. - Sapete qualche cosa di Alexandrovsky? Herman ripete quanto
  concordato. - Se non è qui, lo avranno
  arrestato. Contava di tornare per cena, ma non l’abbiamo visto.  Faizullah scuote la testa. - Mi sembra incredibile.
  Era uno degli attori principali. Come è possibile? Voi lo conoscevate. È Rod a rispondere: - Non è che lo
  conoscessimo molto. Scopavamo con lui e basta. Faizullah rimane a bocca aperta. Rod ridacchia,
  fingendosi imbarazzato. - Scusa, forse non dovevo
  dirlo. Mi avevano avvisato che qui in Wadistan si
  fa, ma non si racconta. L’imbarazzo di Faizullah è reale. Non sa bene che cosa dire. Si guarda
  intorno, per verificare che nessuno li stia ad ascoltare. Rod prosegue: - Ci siamo divertiti un
  sacco insieme, ma non posso dire che fossimo proprio amici. Faizullah farfuglia. - Non pensavo… Alexandrovsky non mi sembrava il tipo… - …che se lo prende in culo?
  Gli piaceva un casino. A chi non piace? Il sorriso di Faizullah è alquanto tirato. Rod ride e dice: - D’altronde ti abbiamo
  inculato in quattordici, no? Faizullah si alza, borbottando: - Adesso devo andare… - Se vuoi provare anche
  tu, camera mia è la 654. Facciamo una cosetta a tre. - Grazie, grazie, magari
  un’altra volta… Faizullah si allontana. Herman ha l’impressione
  che barcolli un po’. Rod scuote la testa: - Etero perso, quello.  Il giorno dopo Herman deve
  girare la scena in cui l’uccidono. Rod gli dice: - Allora oggi giri la
  scena in cui ti tagliano la gola e ti gettano nella merda. - Sì, l’ultima. - Se manca l’attore che fa
  il tuo assassino, posso fare io la sua parte. - Non è possibile, il tuo
  personaggio è già stato ammazzato. Non puoi ricomparire. E poi non eri uno
  degli uomini di Zohad. - Peccato, mi sarebbe
  piaciuto. - Magari usando un
  coltello vero, eh, stronzo? - Perché no? Ma variando
  un po’ la scena: quando lo farò, voglio farlo mentre ti fotto. - “Quando lo farò”. Forse
  potrei farlo io con te.  Rod ride. - Vediamo chi lo fa prima. E con queste parole
  afferra Herman e lo bacia. La scena viene ripresa e
  anche Herman ha finito con il film. Tra tre giorni partiranno: tempo di
  controllare le ultime scene, scattare ancora alcune foto dei protagonisti del
  film (tra cui non ci sarà Vladimir Alexandrovsky,
  che pare scomparso nel nulla). Nel tardo pomeriggio Samir
  informa Herman e Rod che Ahmed Saedi vorrebbe vederli. Si ritrovano nello
  studio di Saedi in serata. Ahmed li accoglie calorosamente. - Siete stati bravissimi.
  Li avete fatti fuori tutti e quattro. - Ci è mancato un pelo che
  l’Egiziano non ci sfuggisse. Rod aggiunge: - Già, qualcuno deve
  averlo avvisato che era incominciata la mattanza. Ahmed annuisce. Poi
  prosegue: - Nessuno dei cadaveri
  verrà ritrovato, a parte quelli di al-Misri e dei
  suoi uomini. Ogni organizzazione si chiederà che cosa è successo e riterrà
  che il suo capo sia stato assassinato da qualcuno degli altri. Penseranno che
  il responsabile si sia nascosto per evitare ritorsioni. Ci penseranno bene
  prima di cercare di nuovo un accordo. - Che farete dei russi?  - Nei loro bagagli è stata
  trovata una grande quantità di droga. Saranno condannati a morte e
  giustiziati. Il processo si tiene oggi. Entro una settimana saranno stati
  impiccati tutti. Herman e Rod conoscono la
  rapidità della giustizia del Wadistan, per cui non
  si stupiscono. Herman non chiede se la droga c’era già (possibilissimo) o se
  qualcuno ce l’ha messa (ancora più probabile). In ogni caso i russi erano
  criminali e quasi sicuramente assassini. Rod osserva: - Peccato. Saedi lo guarda perplesso. - Perché peccato? - Perché Vitaly l’avrei
  fottuto volentieri io. Herman sbotta: - Rod, l’unica cosa che
  hai in testa è ammazzare! - Ma no, Herman, lo sai
  benissimo, non c’è solo l’ammazzare nella vita: c’è anche lo scopare. Herman deve riconoscere
  che il suo amico ha ragione.  Saedi sorride e dice: - Se ci tieni, Rod, domani
  posso farti entrare nella cella di questo Vitaly. Capita che un prigioniero
  si impicchi in cella perché non ha speranze. Un lavoro in meno per il boia. - Sei un amico, Ahmed.  Rod sorride, soddisfatto,
  poi aggiunge: - Ma adesso, visto che
  infine ci siamo ritrovati, potremmo rivedere l’uso delle armi particolari, no? Ahmed sorride. - Volentieri. Sempre che
  Herman sia d’accordo. Herman, chissà perché, è
  d’accordo. Si alza e si avvicina a Saedi. Gli piace da matti, Ahmed Saedi.
  Gli piace spogliarlo, baciarlo sulla bocca, sentire le sue mani sul viso, sul
  corpo. Gli piace inginocchiarsi davanti a lui e prendere in bocca il bel
  cazzo robusto, che si riempie di sangue. Gli piace sentirne il sapore, la
  consistenza, il volume. Gli piace sentire le mani di Ahmed, forti, sollevarlo
  e guidarlo ad appoggiarsi contro la scrivania. E gli piace sentire il cazzo
  che ha appena assaporato farsi strada dentro di lui, dilatandogli le viscere. Rod non è rimasto
  inattivo. Si è spogliato da sé, visto che gli altri due non si preoccupavano
  di lui, e ora si è messo dietro ad Ahmed. Gli piacerebbe mordicchiare un po’
  il bel culo del capo dei servizi antiterrorismo del Wadistan,
  ma il movimento a stantuffo del suddetto culo rende più difficile
  l’operazione. È più semplice avvicinare il cazzo al culo in movimento,
  centrare l’apertura e lasciare che sia Ahmed a compiere il lavoro, impalando
  Herman ogni volta che avanza e impalandosi sul cazzo di Rod ogni volta che
  arretra. Quando Ahmed viene, si
  appoggia sul corpo di Herman, gli prende il cazzo in mano e incomincia a
  stringerlo e accarezzarlo, finché anche Herman raggiunge il piacere. Rod ci mette ancora un
  buon momento e Ahmed ha occasione di vedere un buon numero di stelle, prima
  che dentro di lui il palo ritorni a dimensioni più accettabili. Quando si rivestono, Rod
  osserva: - Peccato che non ci fosse
  anche Samir. Avremmo potuto fare qualche cosa a quattro. Ahmed sorride. - No, non posso farlo con
  uno dei miei dipendenti. Herman annuisce: Saedi ha
  ragione. - È un ragazzo in gamba. - Davvero molto in gamba.
  Uno a cui non sfugge niente. Quando escono Herman si
  rivolge a Rod: - Ci tieni proprio a farlo
  fuori Vitaly. - Certo, è un bonus:
  abbiamo raggiunto l’obiettivo al 100% e ci spetta.  Herman scuote la testa: - Non è quello. È che ti
  brucia ancora la sconfitta. Non sai proprio perdere…  Rod lo guarda e ride. - Hai ragione. Ma non mi
  dire che non hai voglia di gustare il cazzo di Vitaly. In effetti, dopo la
  descrizione che ne ha fatto Rod, Herman ha l’acquolina in bocca al pensiero,
  ma risponde: - E tu il suo culo. - Me lo deve. Vitaly è stato messo da
  solo in una cella. Indossa solo i pantaloni e ha le braccia saldamente legate
  dietro la schiena, il polso destro quasi all’altezza del gomito sinistro e
  viceversa: una posizione che non gli lascia nessuno spazio per muovere le
  mani. La porta si apre e due
  carcerieri spingono dentro Herman e Rod. Sono vestiti, con le manette ai
  polsi, davanti. Quando i carcerieri
  escono, Vitaly dice: - Benvenuti in questo
  albergo, ragazzi. La cucina non è il massimo, ma non si paga niente. Herman risponde: - Crepa! - È quello che farò
  presto. E voi? Quando vi hanno beccato? - Ieri. Hanno arrestato il
  nostro contatto del Mansoor e sono venuti a
  prenderci in albergo. - Siete cittadini inglesi.
  Magari ve la caverete. - Hanno trovato quattro
  pacchi di cocaina nei nostri bagagli. Quei porci! Ce l’hanno messa loro!  - Da noi non avrebbero
  neanche avuto bisogno di metterla. Vladimir ne teneva sempre un casino. Ma ne
  hanno aggiunta, in modo che ce ne fosse nei bagagli di tutti. - Questa mattina abbiamo
  avuto il processo per direttissima. Una farsa. Ci hanno condannati a morte. - Anche noi siamo stati
  condannati tutti. Poi Vitaly si rabbuia e
  dice: - Vladimir è al sicuro,
  vero? - Sì, non possono risalire
  all’appartamento in nessun modo. L’appartamento in cui
  abita Vladimir ormai è una fossa anonima in campagna, ma questo nessuno deve
  saperlo: per tutti è lui che ha organizzato l’uccisione degli altri (il che è
  corretto) e poi si è nascosto, sfuggendo alla polizia del Wadistan,
  che ha arrestato i suoi complici. In ogni caso nessuno conosce
  “l’appartamento” di Vladimir, a parte due agenti del Wadistan.
   Rod aggiunge: - Credo che ci porteranno
  al carcere dove si fanno le esecuzioni già oggi pomeriggio. Vitaly continua a pensare
  a Vladimir: - Vladimir sa che siamo
  stati arrestati? - L’ultima volta che gli
  abbiamo parlato aveva un quadro chiaro della situazione. Ma nessuno sa dov’è.
  Ormai nessuno può più fargli niente. In effetti i due agenti a
  Vladimir hanno spiegato tutto quanto c’era da sapere ed è vero che Vladimir non
  corre più rischi. Dopo un momento di
  silenzio, Rod dice: - Senti, Vitaly, che ne
  diresti di far provare a Herman il tuo cazzo? Herman è curioso di vedere. Vitaly scuote la testa. - Perché no? Ma io non
  posso nemmeno calarmi i pantaloni. Un’ora fa sono venuti a prendermi e mi
  hanno legato così. - Ci pensiamo noi. Rod e Herman si avvicinano
  a Vitaly e gli abbassano i pantaloni a mezza coscia. Poi Rod dice: - Meglio che li togliamo.
  Così intralciano solo. Sfilano i pantaloni a
  Vitaly. Herman si inginocchia
  davanti al russo e guarda lo splendido cazzo, che anche a riposo è imponente.
  Dopo due notti in prigione, la pulizia lascia alquanto a desiderare, ma
  abbiamo già detto che Herman non si formalizza: i formaggi piccanti gli
  piacciono. Herman prende in bocca il
  cazzo e incomincia a leccare e succhiare. L’effetto è immediato e la crescita
  tale da rendere difficile per Herman continuare a tenere in bocca la
  cappella. Il bestione è davvero fantastico. Herman succhia un buon
  momento, poi si stacca e guarda, un po’ dubbioso. È davvero il caso di
  provare a prendersi una mazza di questo genere in culo? La voglia è tanta, ma
  di certo farà un male cane, per quanto Herman sia abituato alla misura
  extra-large di Rod. È la voce di Rod a
  scuoterlo. - Dai, Herman, mettiti in
  posizione. Ti spalmo il lubrificante. Vitaly si volta verso Rod,
  stupito. - Vi hanno lasciato il
  lubrificante? - Non ci hanno davvero
  perquisiti. Hanno solo controllato che non avessimo armi. - Noi siamo stati
  spogliati. Ci hanno lasciato solo i pantaloni. Herman si slaccia i
  pantaloni e li cala. Si appoggia alla parete, cercando di aprire al massimo
  le gambe. Rod apre la bustina e ne spalma l’intero contenuto. È piacevole
  sentire le dita di Rod strofinare l’apertura, infilarsi dentro, stuzzicare. Poi Rod si rivolge a
  Vitaly: - Adesso vediamo se è vero
  che nessun preservativo ti va bene. Vitaly scoppia a ridere: - Perché cazzo dovrei
  metterlo? Hai paura di beccarti l’AIDS? Tra una settimana saremo tutti morti. - Herman spera ancora che
  l’ambasciata inglese intervenga. Siamo due attori… Vitaly alza le spalle. - Cazzate. Rod ha tolto il
  preservativo dalla bustina e lo sta infilando, con una qual certa fatica, sul
  cazzo di Vitaly.  Herman segue l’operazione,
  ma è alquanto preoccupato di ciò che lo attende. - Vacci piano, Vitaly. Vitaly ghigna, si avvicina
  a Herman e, con l’aiuto di Rod, che gli tiene il cazzo in posizione, lo
  infilza. Poi prende a spingere. Herman si pente subito di
  aver voluto provare: fin dall’inizio il dolore è troppo forte, cancella ogni
  piacere. Le spinte lo squassano tutto e gli sembra che un palo gli stia
  lacerando le viscere. Eppure, nel dolore rabbioso che gli morde il culo, c’è
  qualche cosa che lo eccita. Il cazzo che gli scava dentro è solo sofferenza,
  ma Herman avverte una tensione che sale dentro di lui, che gli fa affluire il
  sangue all’uccello, che sembra premere sui coglioni. Vitaly ci dà dentro e le
  sue spinte quasi sbattono contro la parete Herman. Herman geme e al suo
  gemito risponde un grugnito di Vitaly, che viene dentro di lui. Herman sente
  lo sborro che gli inonda le viscere e anche il suo seme si sparge, in un
  piacere che solo per un momento si affianca al dolore. Vitaly si ritrae. Il
  preservativo è completamente lacerato. Herman si stacca dalla
  parete. Chiude gli occhi. Il culo gli fa un male bestiale. Rod mette le mani in tasca
  e ne estrae una chiave. La porge a Herman, che la prende e apre le manette di
  Rod. Poi Rod apre quelle di Herman. - Che cazzo significa? Vitaly chiede spiegazioni,
  ma la rabbia che gli si legge in viso rivela che ha intuito. - Non siamo stati
  arrestati, Vitaly. Siamo qui perché avevo piacere di fotterti, come abbiamo
  fottuto Vladimir. Gli ho sparato io. - Lurido bastardo! Rod si spoglia. Dalla
  tasca ha estratto anche un tirapugni, che si infila. Con il pugno molla un
  tremendo colpo ai coglioni di Vitaly, il quale lancia un urlo da bestia
  macellata. Un secondo colpo lo fa crollare in ginocchio. Herman si dice che
  Rod non sa proprio perdere: lo smacco subito al bordello gli brucia e Vitaly
  ne fa le spese. - Questo è per dirti che
  non stiamo giocando. Un calcio in faccia
  chiarisce il concetto, nel caso Vitaly avesse ancora qualche dubbio
  (altamente improbabile, ma a volte ci sono persone dure di comprendonio). Il
  sangue cola abbondante dal naso e dal labbro inferiore. - Vacci piano, Rod.
  Dev’essere un suicidio. - Pensi che in Wadistan qualcuno se ne preoccupi? Rod ha ragione, Herman
  deve ammetterlo. - Allora, Vitaly, adesso
  ti fotto e mentre ti fotto ti ammazzo. Chiaro? - Sei… una merda… Rod. Herman deve riconoscere
  che Vitaly non ha tutti i torti, dal suo punto di vista. Rod è già pronto (e
  figuriamoci se non lo era, con la prospettiva di fare secco Vitaly).  Rod spinge a terra Vitaly,
  si stende su di lui e, dopo essersi infilato il preservativo, lo incula con
  un colpo secco. - Porco schifoso! Rod ci dà dentro, con
  tutta l’energia di cui è capace e Herman ci scommetterebbe che Vitaly sta
  vedendo le stelle. Herman guarda affascinato, mentre prende i pantaloni di
  Vitaly e si pulisce il culo, da cui cola un po’ di sborro del russo. Herman
  si dice che dovranno fare tutti e due il test per l’HIV. Che rottura! Rod fotte a lungo,
  assaporando il culo di Vitaly. La resistenza che ha avvertito entrando gli
  dice che è il primo uomo a fottere questo bestione. Il primo e l’ultimo. Quando infine è sul punto
  di venire, Rod fa un segno a Herman, che gli passa un laccio. Rod lo infila
  intorno al collo di Vitaly. - Adesso, Vitaly. Adesso
  crepi. Tu crepi e io vengo. Vitaly impreca in russo. Rod
  incomincia a stringere, piano. Vuole godersi gli spasimi del corpo di Vitaly.
   Il russo impreca di nuovo,
  ma la sua voce si trasforma in un gorgoglio. Fa sempre più fatica a immettere
  aria nei polmoni. Il viso sta arrossandosi. Rod emette una specie di
  grugnito e tira con decisione. Quando molla il laccio, la testa di Vitaly
  ricade sul pavimento. Herman bussa alla porta
  della cella. Il secondino arriva e apre.  - La corda. Il secondino sapeva di
  doverla portare e ce l’ha già attorno alla spalla. Ha anche uno straccio
  bagnato. - Questo se dovete pulire
  del sangue. Rod e Herman infilano i
  pantaloni a Vitaly, tolgono il laccio e con la corda fanno un cappio che
  legano a una sbarra della finestra. Poi sollevano il cadavere di Vitaly e gli
  infilano la testa nel laccio.  Escono dalla cella, che il
  secondino richiude. L’uomo li accompagna fino alla porta del carcere, poi
  torna indietro. Il suicidio del
  prigioniero sarà scoperto solo tra alcune ore. La sera successiva Herman
  e Rod incominciano a pensare ai bagagli: domani torneranno in Inghilterra. Il
  cellulare di Herman squilla. Herman guarda il numero: è quello di Samir. - Ciao. Dimmi. Samir sembra alquanto
  preoccupato. Parla quasi sussurrando, ma Herman avverte una forte tensione
  nella sua voce. - Ho bisogno di parlarvi,
  subito. - Siamo liberi. Vieni in
  albergo. - No. Ti dico io dove
  trovarci, ma controllate di non essere pedinati. Potrebbe esserci qualcuno
  che controlla i vostri movimenti. L’idea non è
  piacevolissima: che il “qualcuno” siano gli integralisti islamici, la mafia
  russa, la mafia cinese o la camorra, poco cambia. Herman e Rod hanno fatto
  fuori – o contribuito a far fuori, nel caso dell’Egiziano – esponenti di
  spicco di tutti quanti i gruppi. E c’è un sacco di gente vendicativa a questo
  mondo. Il “porgi l’altra guancia” non è più di moda. D’altronde anche Rod non
  è un buon esempio di perdono. - Va bene, usciremo senza
  farci vedere. Dimmi dove ci troviamo. - Tra un’ora a strada Mohed 19. Terzo piano, porta a destra. - Va bene. Rod non ha detto nulla. Quando
  Herman chiude la chiamata, chiede: - Samir? - Sì, ha bisogno di
  parlarci con urgenza. C’è qualche casino, evidentemente. Rod annuisce, come se la
  cosa non lo stupisse. Herman aggiunge: - Ha raccomandato che non ci
  facciamo seguire. Dice che qualcuno potrebbe pedinarci. Rod commenta solo: - Merda! Ma non sembra per nulla
  stupito, quasi come se in fondo lo sospettasse. - C’è qualche cosa che non
  mi hai detto, Rod? Rod alza le spalle. - Sentiamo che cosa ha da
  dirci Samir. Herman non insiste. - Per essere sicuri che
  non ci seguano, andiamo ai grandi magazzini Faez. I grandi magazzini Faez hanno diverse uscite: è stato Saedi a
  consigliarglieli per seminare eventuali pedinatori. - No, troviamo qualche
  cos’altro. - Che cosa? - Muoviamoci. Troveremo. Herman non capisce perché
  Rod non voglia servirsi dei grandi magazzini, che hanno quattro uscite su
  quattro strade diverse. Comunque ottengono lo stesso risultato con un altro
  magazzino e per sicurezza fanno anche un cambio di taxi. Strada Mohed
  è in periferia, lontano dai grattacieli scintillanti del nuovo centro. Qui i
  vecchi edifici non sono stati spianati per sostituirli con costruzioni
  moderne e Sayatpomorberuduq appare del tutto
  diversa. Il 19 è un edificio di sei piani del periodo sovietico, in pessime
  condizioni. Le scale sono sporche e male illuminate da finestre a cui mancano
  alcuni vetri. Al terzo piano ci sono due
  porte. Quella di destra è socchiusa. Herman fa per bussare, ma Rod ha
  impugnato la pistola. Tira indietro Herman e apre la porta con un calcio:
  evidentemente sospetta una trappola. La stanza è spoglia, ma
  sull’unica sedia, rivolta dal lato opposto alla porta, è seduto Samir. Herman
  intuisce che qualche cosa non va dalla posizione del corpo. Rod si fa avanti,
  guardandosi intorno. Quando sono di fronte a Samir, Herman ha una conferma di
  ciò che ha sospettato entrando: Samir non dirà più nulla a nessuno, i quattro
  fori che ha nel petto impediscono ogni conversazione. - Merda! Herman è d’accordo. Rod
  aggiunge: - Fuori, presto. Rod spinge Herman e i due
  scendono le scale. Herman non sa perché Rod si stia muovendo così in fretta,
  ma avrà il tempo per chiederglielo dopo. Si limita a dire: - Non dovremmo avvertire
  subito Saedi? In quel momento si sente
  una sirena che si avvicina. - Merda! La sirena si ferma davanti
  alla casa. Rod guarda dai vetri rotti di una finestra. Tre metri più sotto
  c’è il tetto di un edificio basso. Apre la finestra. - Salta, in fretta. Herman obbedisce: non è il
  momento per chiedere spiegazioni. Spera solo di non rompersi una gamba, ma
  per fortuna il salto si conclude senza fratture o distorsioni. Rod salta dopo di lui,
  dopo aver cercato di accostare la finestra dietro di sé. Anche lui atterra
  senza danni. Corrono sul tetto dell’edificio fino all’estremità opposta.
  Herman si sporge: sotto, dopo un altro salto di due o tre metri, c’è un
  vicolo. Rod salta subito e Herman
  lo segue. Intanto si sente un’altra sirena avvicinarsi. Herman e Rod si
  allontanano in fretta. Dopo aver percorso il vicolo, sbucano in una strada,
  poi passano in un’altra. Si perdono completamente, ma infine giungono in una
  piazza dove trovano un taxi, da cui si fanno portare a un albergo di cui
  conoscono il nome. Entrano come se fossero clienti, vanno al bar e poco dopo
  escono, dirigendosi a piedi verso il loro albergo. Herman chiede: - Non dovremmo telefonare
  a Saedi? Rod annuisce.  - Adesso sì. Telefonagli,
  ma fa’ parlare me. Herman fa il numero e
  passa il cellulare a Rod. - Ahmed, sai già che cosa
  è successo? - Samir? Me l’hanno appena
  comunicato. - Ci aveva chiamato. Tu
  sai perché volesse parlare con noi? - Non ne ho la più pallida
  idea. - Non gli hai detto tu di
  contattarci? - No. - Senti Ahmed, prima di
  partire possiamo vederci? - Certamente. Forse però è
  meglio non in ufficio. - Lo pensavo anch’io. Che
  ne diresti in albergo da noi? Domani sera partiamo alle otto. Diciamo che
  lasciamo l’albergo alle sei, tanto in mezz’ora all’aeroporto si arriva. Vieni
  alle cinque? - Va bene. Rod chiude la comunicazione.
  Herman tira fuori la domanda che si pone da tempo: - Rod, mi vuoi spiegare
  che cazzo succede? La morte di Samir non ti ha stupito, hai capito subito che
  sarebbe arrivata la polizia, non hai voluto telefonare immediatamente a
  Saedi. Che cazzo succede?  - Herman, credo che
  vogliano farci secchi. Chi ha ammazzato Samir ha anche cercato di
  incastrarci, facendoci trovare dalla polizia con il cadavere ancora fresco.  - Chi? - Ne parleremo con Ahmed.
  Lui ne sa più di noi. Questa notte però non dormiamo nelle nostre camere, ma
  ce ne cerchiamo un’altra. Herman e Rod hanno due
  camere comunicanti. In serata aprono la porta di un’altra camera, una di
  quelle che la troupe ha lasciato libere, e si installano lì. Nel letto della
  camera occupata abusivamente si dorme benissimo (non è che si dorma solo,
  ovviamente: i nostri due agenti si tengono in allenamento anche per altre
  attività). Il mattino seguente Rod e
  Herman sistemano il letto (in modo un po’ approssimativo: come domestici non
  conserverebbero a lungo il posto di lavoro) e poi raggiungono la camera di
  Rod. Tutto sembra a posto, ma
  qualcuno è entrato nella camera, questo è chiaro: la finestra che dà sulla
  scala antincendio è stata forzata, anche se il visitatore ha richiuso,
  cercando di non lasciare tracce troppo evidenti. Passano poi nella camera di
  Herman: non ci sono tracce visibili del passaggio di qualcuno, ma con ogni
  probabilità l’ospite inatteso ha fatto una visita di cortesia anche lì. - I nostri visitatori sono
  venuti, non ci hanno trovati e se ne sono andati. Ma torneranno a cercarci. - Tu hai un’idea di chi
  sono, vero? - Credo che siano gli
  integralisti, quelli dell’Egiziano. Ne sanno più degli altri: il tipo era
  stato avvisato e aveva cercato di scappare. Herman annuisce. È
  convinto che Rod ne sappia più di quel che dice, ma non insiste. Durante la loro ultima
  giornata in Wadistan, Rod
  e Herman si muovono con cautela: ci terrebbero a partire vivi. Perciò non gli
  sfugge che per strada un’auto li segue. Quando l’auto arriva alla loro
  altezza, dal finestrino dell’auto spunta un mitra, ma Rod e Herman si gettano
  a terra e la raffica passa sopra le loro teste. - Merda! I due agenti si
  allontanano in fretta. Ritornano in albergo e si sistemano nella stanza che
  hanno occupato. Poi consegnano i bagagli all’incaricato che li porterà
  all’aeroporto e li imbarcherà, insieme a tutti quelli dei membri della troupe
  in partenza per l’Europa via Londra. Alle cinque del pomeriggio
  Herman aspetta nella stanza dove si sono installati. Rod va nella hall, per
  accogliere Saedi, che non hanno informato del loro trasloco. Rod arriva con Saedi poco
  dopo. Herman guarda il capo della sezione antiterrorismo del Wadistan e pensa, come ha fatto tutte le altre volte che
  ha visto Saedi, che è davvero un gran bell’uomo. Spera vivamente di avere
  ancora occasioni di lavorare con lui. - Come mai avete cambiato
  camera? - Sai com’è, Ahmed, a
  quanto pare c’è gente che si interessa a noi e non ci teniamo a farci
  trovare. Tu hai un’idea di chi siano? - Penso la rete che faceva
  capo ad al Misri: a quanto pare hanno qualche fonte
  di informazione dentro i servizi. - Sono stati loro a
  uccidere Samir? - È molto probabile, ma
  anche su questo non ho certezze. Ma vi assicuro che farò tutto il possibile
  per scoprirlo: Samir era il mio migliore agente. Rod e Herman parlano
  ancora un momento con Saedi, che però non ha nessuna novità significativa.  A un certo punto Rod
  interviene con la sua proposta: - Che ne diresti di usare
  un’ultima volta le armi particolari prima di lasciarci? Herman guarda l’ora.
  Dovrebbero prendere il taxi tra non molto. Non possono rischiare di perdere
  il volo, l’unico diretto per Londra di tutta la settimana. Ma scopare con
  Ahmed Saedi è una tentazione e Herman è un seguace di Oscar Wilde, che sapeva
  resistere a tutto, tranne alle tentazioni. Ahmed sorride: - Se avete tempo… - Lo troviamo. Incominciano a spogliarsi
  tutti e tre. È sempre un piacere vedere il corpo di Ahmed emergere dai suoi
  abiti eleganti. Ora sono nudi tutti e tre.
  Ahmed è vicino al letto. Rod sta frugando tra i suoi abiti e dopo un attimo
  Herman lo vede tirar fuori la pistola con il silenziatore e puntarla su
  Ahmed. Si chiede se è un gioco erotico o che cosa ma il rumore secco del
  colpo gli toglie ogni dubbio. Ahmed si porta le mani al ventre, subito sopra
  l’ombelico, dove il colpo l’ha raggiunto e il sangue sgorga abbondante. - Merda! Herman è paralizzato,
  incapace di muovere un dito o anche solo di pensare. Il secondo colpo prende
  Ahmed più sotto, tra i peli del pube, e il capo dell’antiterrorismo del Wadistan scivola indietro, battendo contro il letto, e
  finisce seduto a terra, mentre intorno si allarga una pozza di sangue. - Merda! Come hai fatto a
  capire? Rod ghigna. Herman nota
  che ha il cazzo duro. - Samir si è rivolto a
  noi. Per qualsiasi problema avrebbe dovuto chiamare te, a meno che non gli
  avessi detto tu di contattarci. Nessun altro poteva aver avvisato l’Egiziano
  che avevamo ucciso il cinese. Ahmed annuisce. Le mani
  non stringono più le ferite. Herman lo guarda, ancora
  stupefatto. - Eri disposto a morire
  per la missione, pochi mesi fa, e adesso… Ahmed lo fissa e sorride,
  un sorriso amaro. - In uno dei conti di Vastan… in Svizzera… l’unico che… ho tenuto io. Oh,
  merda! Ahmed si interrompe, una contrazione
  sul suo viso. Poi riprende: - In quel conto… uno solo
  dei quattro… c’era quello che guadagno… in cinquecento anni. Ahmed ha una specie di
  risata. - Cinquecento anni… Merda!
  Finiscimi, Rod. - Non così in fretta.
  Prima ti fottiamo. Ahmed annuisce. Herman non riesce a
  capacitarsi. - Ma perché volevi farci
  fuori? - Gli egiziani… credevano
  che li avessi… traditi. Volevano uccidervi, per vendicare il loro capo e… oh,
  merda! Muovetevi… Rod si avvicina, prende
  Ahmed per i capelli e lo solleva, sbattendolo su un angolo del letto. Lo
  mette in posizione, in modo da avere il culo a portata, mentre Herman passa
  davanti. Ahmed parla ancora: - Sentite… vi chiedo una
  cosa… non lo dite… crederanno che mi abbiano ammazzato gli integralisti… o la
  mafia… almeno che pensino… che sono morto per il mio dovere… - No. Hai ammazzato Samir.
  Ti meriti che ti sputtaniamo. - Merda! Per favore… non è
  molto quello che chiedo. Fatemi quello che volete, tutto… ma non raccontate a
  nessuno… Rod non risponde. Incula
  Ahmed con un’unica spinta decisa, che gli strappa un gemito. Herman introduce
  il cazzo nella bocca di Ahmed e incomincia a fotterlo in bocca. I due agenti
  ci danno dentro, mentre una macchia di sangue si allarga sul lenzuolo. Quando sente che è sul
  punto di venire, Rod punta la pistola contro la nuca di Ahmed, ma non può
  sparare: Herman sta fottendo Ahmed in bocca e il proiettile lo colpirebbe. Rod impreca e viene.  Poco dopo anche Herman
  viene e si stacca. Rod esce da Ahmed. Pensa a Samir. Guarda i coglioni di
  Ahmed, che sporgono sotto il culo. Preme la pistola contro il destro. - Che ne dici se ti sparo
  ai coglioni, stronzo? - Quello… che vuoi… ma non
  raccontate… Rod scuote la testa.
  Infila la pistola in culo, spingendo a fondo. Ahmed sussulta. Rod spara. Un colpo, due,
  tre, quattro. A ogni colpo Ahmed ha un guizzo, ma dopo il quarto rimane
  immobile. - Pezzo di merda! Se penso
  che ha fatto ammazzare Samir… Avrei voluto avere la
  mitraglietta. Herman annuisce. - Mi faccio la doccia,
  sarà ora di andare. Cazzo!!! Herman ha guardato l’ora.  - Dovremmo essere già in
  aeroporto. Staranno per imbarcare! - Muoviti, io intanto
  sistemo la stanza.  Herman fa una doccia
  lampo, mentre Rod elimina le impronte digitali dalla pistola. Poi Rod si
  lava, mentre Herman si riveste e chiama un taxi. Al tassista chiedono di
  fare in fretta e l’uomo esegue, come se fosse alla guida di una Ferrari a
  Monza. Quando scendono in aeroporto, Herman si dice che mai come in questa
  missione ha rischiato di morire: solo che il pericolo maggiore non erano le
  pallottole, ma gli autisti. Mancano venticinque minuti
  al decollo. Per fortuna i loro bagagli sono già stati caricati e hanno già la
  carta d’imbarco: sono attori famosi, non devono mica fare le code dei comuni
  mortali. Code non ne farebbero comunque, perché quando arrivano
  l’altoparlante sta chiamando i loro nomi (fasulli): è l’ultimo avviso.
  Fortunatamente non ci sono molti voli in partenza dalla capitale del Wadistan, per cui non c’è coda al controllo dei
  documenti. L’aria irritata dell’impiegata
  all’imbarco gli dice chiaramente che li hanno aspettati solo perché avevano
  già caricato i loro bagagli e avrebbero dovuto scaricare tutto per cercarli.  Il viaggio si svolge senza
  inconvenienti e nella notte i due agenti arrivano a Londra. *   - Merda! E chi cazzo è,
  ‘sto stronzo?! Sono le due del
  pomeriggio, ma Herman e Rod stavano ancora dormendo: sono arrivati solo nella
  notte, ancora del tutto sfasati per il fuso orario. Herman prende il
  telefonino e guarda il numero. Colton! C’era da aspettarselo. - Pronto! - Buongiorno ragazzi, ho
  aspettato un po’ a chiamarvi. - Potevi aspettare un
  altro po’. Cazzo, Colton, siamo tornati questa notte. Potremo almeno dormire?
  La missione l’abbiamo portata a termine. - Ancora a letto? Ma è ora
  che vi abituiate al fuso inglese, a meno che non vogliate ripartire subito. Herman grugnisce qualche
  cosa che non dev’essere un commento gentile. Colton aggiunge: - Volevo parlarvi. Ho una
  brutta notizia da darvi. - Sei stato promosso? - Ma sai che sei proprio
  stronzo? No, è una faccenda seria. Ahmed Saedi è stato ucciso. Herman potrebbe dire che
  lo sa già e sa pure chi è stato, ma non è il caso. - Cazzo! Non mi stupisce,
  però. L’ultima volta che l’abbiamo visto sapeva che l’avrebbero ucciso. Se
  l’aspettava. - Per noi è un brutto
  colpo. Collaboravamo molto bene. E prima avevano ucciso il suo collaboratore,
  mi avete detto. - Sì, i due omicidi sono
  collegati. C’è un momento di
  silenzio, poi Colton dice: - Quando venite qui in
  ufficio? Interviene Rod, che sente
  la telefonata (Herman ha messo il vivavoce): - Domani mattina. Lavati
  bene, Colton. Colton dice: - Di voi due non saprei
  dire chi sia più stronzo. - Ma tu ci batti tutti e
  due. Dopo questo scambio di
  cortesie, Colton chiude la telefonata. Rod commenta: - Domani vediamo gli
  effetti di due mesi di seghe. Il giorno dopo Herman e
  Rod si presentano all’appuntamento. Si siedono davanti alla scrivania di
  Colton e gli raccontano lo svolgimento della missione. Trascurano una serie
  di dettagli non rilevanti, che in parte Colton intuisce benissimo, e non
  dicono nulla del tradimento di Saedi. Dopo aver narrato il tutto e aver
  ricevuto i complimenti per la missione, Rod si alza e dice: - Bene, noi adesso
  andiamo. Abbiamo svolto il nostro compito e abbiamo diritto a un periodo di
  vacanza. Colton rimane spiazzato. - Come, ve ne andate,
  così? A Herman viene da ridere
  vedendo Colton smarrito, ma si controlla. Rod guarda Colton, come se
  non capisse: - Perché? Devi ancora
  dirci qualche cosa? - Ma ragazzi, dopo due
  mesi che non ci siamo visti… Rod guarda Colton,
  aspettando la conclusione del discorso, come se davvero non capisse che cosa
  ha in mente il vice dei servizi. Non dice nulla, perfettamente impassibile. - Ma io pensavo… - Sì? Dicci. Colton scuote la testa,
  poi ghigna. - Sei proprio stronzo,
  Rod. Rod non fa una piega. - Credo che tu me l’abbia
  già detto. Se non hai altro da aggiungere… Colton ha capito il gioco
  di Rod. Potrebbe rendergli la pariglia congedandolo. Ma, come sostiene Rod,
  due mesi di seghe sono lunghi. Colton aggira la scrivania, si avvicina a
  Herman e lo bacia sulla bocca, poi passa le mani sotto la giacca e la fa
  scivolare a terra. Rod mormora: - Proprio solo per farti
  un piacere. Intanto passa dietro
  Colton e mira direttamente alla cinghia dei pantaloni. C’è una sequenza confusa,
  in cui non è ben chiaro chi spoglia chi, ma alla fine i nostri tre eroi si
  ritrovano nudi e sulla scrivania ci sono alcune bustine con preservativi e
  lubrificanti. - Vediamo se ti ricordi
  come si fa, Colton.  Rod apre una bustina e
  porge il preservativo a Herman, che si inginocchia e glielo infila. - In primo luogo, ti metti
  o ti fai mettere il preservativo. Colton annuisce,
  sorridendo. Prende un preservativo e lo passa a Herman, che apre la bustina.
  Mentre Herman infila il preservativo sul cazzo di Colton, già perfettamente
  teso, Rod passa dietro al vice dei servizi e, dopo aver aperto un
  lubrificante, incomincia a spargerlo sulla cappella. - Te lo metti sul cazzo. Colton esegue, mentre
  Herman si appoggia alla scrivania, a gambe allargate. - Poi lubrifichi bene il
  buco del culo del tuo bersaglio. Colton incomincia a
  distribuire il lubrificante intorno all’apertura che Herman ha messo in
  mostra.  Rod passa dietro a Colton
  e fa lo stesso. Colton si irrigidisce. - Tranquillo, Colton. Ti
  ricordo come si fa. E intanto le sue dita
  spargono ben bene la crema. - E poi avanzi, piano. Colton avvicina la
  cappella al buco di Herman. E intanto sente il cazzo di Rod che preme contro
  il suo culo. Colton avanza ancora un
  po’, sottraendosi così alla pressione che avverte contro il proprio culo, ma
  Rod lo incalza. - Entra, Colton. Colton avanza, piano. La
  sensazione del calore del culo di Herman e dello sfregamento della cappella
  contro la carne che l’avvolge è tanto forte da stordirlo. Avverte che anche
  il suo culo sta accogliendo un visitatore, che si muove piano, ma che è
  troppo ingombrante per non essere avvertito. Colton avanza fino in
  fondo, accompagnato da Rod, che però ha introdotto appena la cappella. Colton
  si abbandona sul corpo di Herman, le sue mani lo stringono, scivolano dal
  torace al cazzo, che afferrano, poi scendono ad accarezzare i coglioni. È una
  sensazione splendida. Colton arretra e mentre lo
  fa, si impala sul cazzo di Rod, che ha afferrato con le sue mani il culo di
  Herman. Colton si ferma. Avanza nuovamente, sfuggendo in parte al palo che lo
  infilza, poi nuovamente arretra il culo e questa volta continua fino a che
  sente che il cazzo di Rod penetra più in profondità. Avverte il dolore, che
  cresce, e una sensazione del tutto nuova. Colton non lo ammetterebbe mai, ma
  è bello sentire dentro di sé questa presenza ingombrante, che gli riempie il
  culo. Poi Colton affonda di nuovo l’arma dentro Herman, sfuggendo quasi
  completamente alla mazza di Rod. Colton si muove piano,
  confuso da sensazioni violente e nuove. Herman e Rod rimangono nelle loro
  posizioni, lasciando che sia lui a decidere i tempi. Ma Colton non decide
  nulla: si abbandona completamente alle sensazioni fortissime che prova. Si
  muove avanti e indietro e non saprebbe dire se è più bello gustare il culo di
  Herman o impalarsi sul cazzo di Rod, nonostante il dolore che sente. Il movimento diventa più
  deciso, anche se il dolore cresce, ma Colton si rende conto, sgomento, che
  cerca quel dolore non meno del piacere che lo accompagna. Colton spinge con
  forza, ora, arretrando senza pietà per il proprio culo martoriato e avanzando
  deciso, fino a che viene, con una specie di singhiozzo e si affloscia su
  Herman. È il turno di Rod, ora. Il dolore diventa forte e Colton vorrebbe
  sottrarsi, ma non è possibile. Rod ha afferrato il cazzo di Herman e la sua
  mano lo percorre, mentre trafigge il culo di Colton. Infine Rod viene, quasi
  insieme a Herman. Colton sente la pressione
  nel suo culo diminuire e il dolore attenuarsi. Chiude gli occhi. Rod si stacca. Colton
  rimane ancora un momento. Gli piace sentire il calore del culo di Herman
  intorno al proprio cazzo. Poi anche lui si tira indietro. È confuso. Gli scoccia
  ammetterlo, ma è stato bellissimo, una delle più belle scopate della sua
  vita. - Visto che non era così
  terribile, Colton? Colton scuote la testa. - Magari riproviamo
  domani, che ne dici? Colton annuisce. Gli
  sembra di non essere in grado di parlare. Solo quando si sono
  rivestiti, Colton guarda il ripiano della scrivania, scuotendo la testa, e
  trova le parole: - Al solito. Dovreste
  viaggiare con uno straccio per pulire, voi due. Rod ride. Bacia Colton ed
  esce, alquanto soddisfatto di aver gustato, per primo, il culo del vice dei
  servizi. Per strada Herman chiede: - Sei contento? Hai
  realizzato il tuo sogno. Rod lo guarda e dice: - Uno dei miei sogni. Me
  ne rimane un altro. Herman sa benissimo qual è
  il secondo sogno, per cui dice: - Non bisogna soddisfare
  tutti i propri sogni, poi non rimane più nulla da sognare… Rod non sembra molto
  convinto. 2014  |