Il piacere di uccidere -
VI Due grandi attori Colton è seduto nel suo ufficio, rilassato e
sorridente: - Vi aspettavo, ragazzi.
Avete fatto un buon lavoro. Rod sorride. - Lo credo bene che ci aspettavi,
Colton, altri quindici giorni senza scopare non passano mica in fretta. Colton sbuffa, ma è chiaro
che fa solo scena. Herman fa una breve
relazione, anche se Colton è già informato quasi su tutto (e certi dettagli
Herman e Rod glieli risparmiano). - Direi che avete fatto un
lavoro eccellente. Questo primo contatto con l’Asia centrale ha funzionato
benissimo. - “Primo contatto”? In che
senso? - Perché tra un mese
ripartirete per girare un film. - Girare un film? E che
cazzo?! Mica siamo attori. - Lo siete. Oggi
pomeriggio facciamo le foto da inserire nel curriculum che spediamo in serata
alla casa di produzione. Un’esperienza nuova: un bel film in costume. - Sulla vita di Zohad? Colton aggrotta la fronte: - Come fate a saperlo? - I tuoi agenti sono in gambissima, dovresti saperlo. Colton non sembra così
convinto. Storce la bocca e prosegue: - Suppongo che Saedi vi
abbia già informati. Vi darò poi i dettagli tecnici, devo ancora finire di
prendere accordi, ma da domani incominciate con le lezioni di recitazione e
di equitazione. Altre esperienze nuove… - Domani? Ma che cazzo?! A
una pausa avremo pure diritto, no? Colton inarca le
sopracciglia. - Lezioni gratuite di
cinema ed equitazione: praticamente una vacanza a spese dei servizi. Dovreste
dirmi grazie. - Grazie al cazzo! Indifferente alla mancanza
di riconoscenza dimostrata da Herman, Colton fornisce le informazioni
relative ai luoghi e agli orari delle lezioni. Poi conclude: - Le spiegazioni in altro
momento: ci sono alcune informazioni che mi mancano. Ma vi anticipo una cosa:
ci potrebbe essere un lavoretto da fare qui, che riguarda il vostro
insegnante di equitazione, Mac Stoner. Non l’abbiamo scelto a caso. Il sorriso di Colton non
lascia presagire niente di buono per Mac Stoner. - A lui direte quello che
abbiamo stabilito: siete due attori e dovete recitare in un film in cui
dovrete cavalcare. Non può certo sospettare che siate due agenti e non
diffiderà di voi, soprattutto dopo qualche settimana di lezione di
equitazione. Questo renderà più facile svolgere il vostro compito. - Dobbiamo farlo secco? Herman si aspettava la
domanda di Rod: sa che cosa interessa al suo amico. Colton risponde: - Non è detto. Rod storce la bocca: la
prospettiva di far fuori qualcuno era l’unica notizia positiva di tutto il
colloquio. Per il resto, equitazione e recitazione, cazzo! Colton fa una pausa e
aggiunge: - Un’ultima cosa: vi fate
crescere la barba tutti e due. Serve per il film e per ridurre il rischio che
qualcuno vi riconosca, tra quelli che vi hanno visto durante il vostro
viaggio precedente. In effetti se qualcuno
degli agenti all’aeroporto della capitale del Wadistan
riconoscesse i due inglesi arrestati per aver cercato di introdurre un carico
di droga, sarebbero cazzi acidi. - Qualcuno potrebbe
riconoscerci lo stesso. - Avevate altri nomi, le
foto nell’archivio della polizia del Wadistan sono
state cambiate, no, non correte nessun rischio. Potete girare il film in
tranquillità. Rod annuisce. - Adesso però giriamo un
altro tipo di film, eh, Colton? Un bel film a luci rosse. Altrimenti sarai di
nuovo costretto a farti una sega al cesso, come in questi giorni in cui noi
non c’eravamo. Colton grugnisce uno
“stronzo”, ma è solo pro forma. Herman ha l’impressione che il vice dei
servizi aspettasse con una certa ansia il loro ritorno. - Comunque, Rod, tu tieni
le mani a posto. Rod ghigna. - D’accordo, userò altro.
Sempre in tema alle esperienze nuove. - Rod, se vuoi che ti
spacchi la faccia… - Vedremo chi spacca che
cosa a chi… Colton sembra esitare.
Herman si dice che Rod ha fatto un errore a scoprire così le sue carte:
Colton non ha nessuna intenzione di prenderselo in culo. Rod fa per togliersi la
giacca, ma Colton dice: - No, non ora. Adesso ho
da fare. Andate. - Se ci mandi via, non saremo
ancora usciti dalla porta che già ti sarai pentito. - Fuori dai coglioni. Colton è chiaramente
irritato. - Sei proprio sicuro…? - Fuori! - Va bene, va bene. Ce ne
andiamo. Sulla porta Rod si volta
un attimo e dice: - Ti stai inacidendo,
Colton, sembri una vecchia checca a corto di uccelli! Si vede proprio che
l’astinenza fa male. Rod chiude la porta senza
lasciare a Colton il tempo di replicare, ma si sente un sonoro: - Stronzo! Herman ride e osserva: - Sei stato precipitoso,
Rod. Colton non ha nessuna intenzione di prenderselo in culo. - Gli facciamo cambiare
idea, te lo garantisco. Però è una rottura. Ce l’avevo già duro. - Che strano! Non ti tira
mai… Questa volta è Herman a
prendersi dello stronzo, ma Rod non si limita alle parole: passa subito ai fatti.
Spinge Herman nei bagni e lo forza (senza incontrare peraltro grande
resistenza, per non dire nessuna) a entrare in uno dei cessi. Lì Herman può
verificare che Rod non raccontava balle. Dalla verifica esce, dopo una
mezz’ora, con il culo dolorante e gocciolante. Le riprese fotografiche
richiedono sei ore. Indossando abiti diversi, Herman e Rod diventano attori
in diversi film mai esistiti (o vengono inseriti nel cast di film
effettivamente girati, ma senza la loro partecipazione), talvolta con barba
finta e trucco, talvolta senza. Alla fine della seduta hanno un rispettabile
curriculum come attori professionisti in film d’azione e storici, l’ideale
per chi farà parte del cast del film su Zohad. Herman ha parecchi dubbi
su tutta la faccenda. - E perché mai per il film
dovrebbero prendere noi due? - Perché la scena in cui
rompiamo il culo a Zohad viene molto più
realistica. La spiegazione di Rod non
convince Herman, che passa al dubbio successivo: - E chi farà Zohad, visto che l’attore che doveva impersonarlo è
morto? - Magari Colton. Io conto
di preparare la strada per il palo… Colton non scherzava: tre
ore di equitazione e poi tre di recitazione ogni giorno, sabato compreso, più
due ore per andare e tornare da Londra al paese dove si svolgono le lezioni a
cavallo. Per definirla una vacanza bisogna avere la faccia come il culo.
Cioè, nel caso di Herman e Rod, piuttosto dolorante, perché tre ore a cavallo
ogni giorno, soprattutto per chi non è abituato, non sono proprio il massimo
per il fondoschiena. Se poi uno, dopo tre ore a cavalcare, viene pure
cavalcato da uno stallone, come nel caso di Herman, il male al culo diventa
costante. Herman e Rod sono tutti e
due piuttosto atletici e imparano a cavalcare abbastanza bene. Rod si
dimostra perfettamente in grado di condurre il cavallo e l’istruttore lo
loda. Magari lo stile lascia un po’ a desiderare, ma non si può avere tutto.
Herman è più elegante a cavallo, ma ogni tanto il destriero tende ad andare
dove vuole lui e il cavaliere fa un po’ fatica a imporre la sua volontà. Quanto alla recitazione,
l’attore del Globe che tiene le lezioni deve avere un grande bisogno di
soldi, se non rinuncia al lavoro. È un gran bel ragazzo, uno splendido
giamaicano, alto e robusto, capelli stile rasta, ma i due allievi non sono il
massimo quando si tratta di esprimere sentimenti ed emozioni. - Oggi il maestro mi
sembrava un po’ depresso. - Certo, Rod. Non impari
un cazzo di quello che cerca di insegnarti. Rod guarda Herman. Non
commenta, anche perché sa benissimo che è vero. - Bisognerà consolarlo. Herman ha capito benissimo
come Rod intende consolare Ian,
l’insegnante. Lui ci starebbe, anche perché è uno da leccarsi i baffi. Ma non
è detto che ci stia Ian. Alla fine della lezione
successiva, Rod dice: - Scusa, Ian, se ti facciamo disperare. Dobbiamo imparare a
recitare, ma non siamo molto portati. Ian inarca le sopracciglia. - “Non siamo molto
portati” è un eufemismo. Il manico della mia scopa è più portato di te, Rod. Ian è bravissimo a smussare, addolcire,
attenuare. Senza dubbio sa come incoraggiare i suoi allievi. - Però abbiamo un sacco di
altre qualità nascoste. Ian ghigna. - “Nascoste”? In che
senso? - Se vuoi possiamo tirarle
fuori. - Sarebbe ora. Rod si slaccia la cintura,
abbassa la lampo e incomincia ad armeggiare con ciò che c’è in zona. Herman si dice che questa
volta il loro insegnante di recitazione li mollerà definitivamente. E magari
da domani faranno lezione con uno brutto e pure puzzolente. Ma Ian
sorride e non si mostra per nulla scandalizzato. - Vediamo queste virtù
nascoste. Anche tu, Herman. A questo punto Rod non
perde più tempo e tira fuori la sua virtù, alquanto voluminosa. Herman fa la
sua parte, che non è piccola, anche se il confronto con Rod è sempre
svantaggioso. - Devo riconoscere che in
quanto a virtù nascoste ve la cavate meglio che a recitare. Non che ci voglia
molto, comunque. - Però se ci impegniamo in
una scena porno, ti assicuro che facciamo faville. - Si può fare. Come
indennizzo per tutto quello che devo sopportare. Ian incomincia a spogliarsi. Herman e Rod lo
guardano, mentre completano lo spogliarello. Ian ha
uno splendido corpo, forte ed elegante, molto armonioso, davvero da leccarsi
i baffi, di un uniforme colore scuro, quasi del tutto glabro. E ha anche un
signor cazzo, che già si sta tendendo. Di che far venire l’acquolina in
bocca. Herman afferra la preda
con una mano, mentre con l’altra soppesa i coglioni, poi si inginocchia,
ammirando da vicino l’attrezzatura superlativa. Rod intanto si mette di
fianco a Ian. Il suo bel cazzo nero è teso e anche
quello di Ian ormai, grazie alla mano di Herman, ha
raggiunto la dimensione massima: di tutto rispetto. A Herman piacerebbe
prenderli in bocca tutti e due, ma viste le dimensioni, rischierebbe una
slogatura della mandibola. Perciò si limita ad alternare: passa la lingua
sulla cappella di Rod, prende in bocca quella di Ian,
la lascia per succhiare un po’ il cazzo di Rod, mentre la sua mano accarezza
i coglioni di Ian.
Rod si stacca per prendere
due preservativi, misura extra-large, che poggia sul tavolo. Ian ne prende uno e lo passa a Herman, indicandogli con
un cenno del capo il proprio cazzo. Herman apre la bustina, mette il
preservativo sulla cappella di Ian e lo srotola. Ian si china e solleva Herman. Lo volta e gli appoggia le
mani sulla schiena, facendogli piegare il busto in avanti. Poi gli mette le
mani sul culo, divarica le natiche e avvicina la cappella. Il cazzo nero di Ian affonda con lentezza nel culo chiaro di Herman. Rod si mette davanti a
Herman, dandogli il culo. Herman poggia le sue mani sulle cosce e incomincia
a leccargli il solco, premendo contro il buco, mentre gusta il palo che lo
trafigge. Abituato al palo di Rod, Herman riesce a reggere senza troppo
dolore la mazza di Ian. L’insegnante di teatro
muove il cazzo avanti e indietro e Herman mugolerebbe di piacere se la sua
lingua e la sua bocca non fossero occupate. Poi Rod si volta, offrendo a
Herman il suo splendido cazzo in tiro: un piatto che Herman gusta molto
spesso, ma che non gli viene mai a noia. Tra il palo che gli scava le viscere
e quello che ora la sua bocca sta inghiottendo, Herman si sente benissimo,
per quanto le spinte di Ian gli provochino ogni
tanto una fitta. Rod guarda il cazzo nero avanzare e poi scomparire del tutto
dentro il culo di Herman: è proprio un bello spettacolo. Le mani di Ian e quelle di Rod accarezzano, pizzicano e stuzzicano
Herman, che sente la tensione crescere. Il terzetto va avanti, con
poche varianti, un buon momento. Infine Ian geme e
con una serie di spinte frenetiche viene. Poco dopo anche Rod emette un
grugnito e sparge il suo seme nella bocca di Herman. Ian
esce e anche Rod si stacca. A Herman spiace che i due
occupanti abbiano lasciato le loro posizioni. Si rialza, il cazzo ancora in
tiro. Ian però lo spinge sul tavolo, facendogli
appoggiare la schiena sul ripiano, si china su di lui e avvolge il cazzo con
la sua bocca. Non ci vuole molto perché Herman venga. Quando infine si
rivestono, Ian dice: - Certo che in un film
porno avreste più possibilità. Da domani integreremo le lezioni con provini
di questo genere. Stranamente, la proposta
non incontra nessuna opposizione da parte di Herman e Rod: si vede che
vogliono approfondire la loro conoscenza della recitazione in tutti i tipi di
film. Herman è sicuro che Rod farà in modo di gustare il bel culo nero di Ian, prima della fine del corso. Anche l’insegnante di
equitazione, Mac Stoner, non è male. Non è un bell’uomo come Ian, ma è uno di quei maschi robusti e rudi che a Herman
piacciono alquanto (non a caso si è messo con Rod) e che piacciono pure a
Rod. Però Herman si dice che non è il caso di provarci, perché il tipo pare
rigorosamente etero e pure pieno di pregiudizi, a giudicare da certe battute
che ogni tanto tira fuori. Inoltre se, come ha anticipato Colton, devono fare
qualche lavoretto con Mac (anche se lui non è d’accordo), non è il caso di
creare problemi. Adesso che hanno imparato
a condurre il cavallo, Mac li porta a fare lunghe passeggiate nella campagna.
Ora si sono fermati ai margini di un bosco. Mac deve pisciare e tira fuori un
uccello alquanto appetitoso. Herman lo sbircia senza dare nell’occhio, mentre
Rod lo guarda apertamente. - Che cazzo hai da
guardare, Rod? Si direbbe che tu sia un finocchio. Rod ghigna, mentre tira
fuori il suo uccello e si mette a pisciare di fianco a Mac, senza smettere di
guardarlo. - Guardo sempre la merce
altrui. Direi che la tua non è malaccio. - Pensavo che volessi
gustarla. - Dipende, se tu gusti la
mia, potrebbe essere un buono scambio. - Non dire cazzate. Mac ha finito e rimette
dentro la merce, un po’ scocciato. Riprendono la lezione di equitazione e
all’argomento non si fa più cenno. Tornando in auto, Herman
stuzzica Rod: - Stai perdendo colpi,
Rod. Prima Colton, poi Mac. Nessuno ti vuole. Rod ghigna: - Ian
mi vuole e non ci metterò molto a prendermi il suo bel culo nero. Su Colton
sono disposto a mettere la mano sul fuoco, purché la moglie non partorisca in
anticipo. Quanto a Mac, non si può mai dire. - Quello è etero. - Sì, ma sai benissimo
com’è: l’unico uomo che sicuramente non avrà rapporti gay è quello nella
bara. A meno che qualcuno non lo fotta da morto… quello che farò con te,
prima o poi. - Ma io non sono etero. - Fa lo stesso. - E non sono neppure
morto. - A quello si può sempre
rimediare. Conta su di me. Herman sa che per quanto
riguarda ammazzare, si può sempre contare su Rod. Ma per il momento non ha
fretta di fare l’esperienza di come ci si sente a diventare cadavere. Rod ritorna
sull’argomento: - Spero proprio che Mac
sia da far fuori. Mi piace un casino. Essere apprezzati da Rod
non è sempre un vantaggio. Questo Herman lo sospettava da tempo. È passata una settimana.
Rod e Herman sono stati di nuovo convocati nell’ufficio di Colton. - Allora, Colton, ci vuoi
spiegare una buona volta in che cosa consiste questa missione del cazzo per
cui dobbiamo pure recitare, sempre che ci prendano per questo film? Colton sorride. - Certo che vi prendono.
Il film è una coproduzione anglo-wadiri-kirghisa e
come al solito il produttore inglese ha posto come condizione la presenza di
alcuni attori inglesi da lui indicati. Tra questi ci siete voi due. Herman ha la netta
impressione che Rod non sia entusiasta della notizia: non ci tiene molto a
calcare le scene. - Allora, dicci qualche
cosa di più. - No, non è ancora ora.
Prima vi parlerò dell’altro lavoretto da fare, qui in Inghilterra. - Mac Stoner? Gli occhi di Rod si sono
illuminati. - Sì, proprio lui. Come
sono i vostri rapporti? - Buoni. Siamo i suoi
migliori clienti e paghiamo regolarmente. Colton precisa: - Pagano i servizi. - Certo, non impariamo
mica ad andare a cavallo per il nostro piacere! Colton annuisce. - Bene, Stoner e il suo
socio, Gary Ashfair, sono diventati il punto di riferimento di una rete che progetta
attentati qui in Inghilterra; sappiamo che sono stati coinvolti anche
nell’attentato alla metropolitana. Ashfair è ad Abu Dhabi proprio per
organizzare un’altra azione clamorosa. È giunto il momento di rendere Stoner
inoffensivo. Herman osserva: - Ma perché non lo
arrestate? In effetti, se il
criminale sta in Inghilterra, non occorre eliminarlo per renderlo
inoffensivo: basta mandare la polizia a casa sua. Rod lancia un’occhiata a
Herman come se volesse incenerirlo (non lo farebbe mai: per eliminare Herman,
Rod sceglierebbe modi molto più soddisfacenti – per lui, probabilmente non
per Herman). Colton spiega: - Stoner non
collaborerebbe. E neanche Ashfair: sono due tipi tosti. Ma se tra qualche
settimana, quando Ashfair torna, Stoner farà una
brutta fine a opera di sconosciuti, il suo collaboratore, temendo di finire
allo stesso modo, diventerà molto più malleabile e i servizi, anziché
sembrargli una minaccia, gli appariranno un porto in cui rifugiarsi. E noi
saremo felici di offrirgli la nostra amorevole protezione. - Quindi non è da
ammazzare subito? Rod è un po’ deluso.
Colton gli lancia un’occhiataccia. - Ce la fai ad aspettare?
Più o meno due settimane. Intanto dovete imparare ad andare a cavallo. Rod sorride. - Farò uno sforzo. Ma
adesso basta. Ciò detto Rod si alza e
incomincia a spogliarsi. - Ehi, che cazzo fai? - Eddai,
Colton, non fare la verginella ritrosa. È parecchio
che non scopi, l’altro giorno non hai voluto provare qualche cosa di nuovo e
poi ti sei mangiato le mani e hai dovuto farti una sega. Adesso proviamo a
divertirci insieme. Non puoi andare avanti a seghe tutto il tempo… Rod prosegue lo
spogliarello e sorride. - Incominciamo e vediamo
che cosa succede. Quando hai scopato Herman, prima della nostra partenza per
il Wadistan, sei stato un po’ troppo irruente,
Herman si è lamentato che non ci sai fare. Devi perfezionare la tecnica.
Incomincia a spogliare Herman. Colton guarda Rod,
diffidente. - Bada a quel che fai, tu. - Sta’ tranquillo. Adesso
ti faccio vedere come si fa. Rod si avvicina a Colton,
gli passa due mani sotto la felpa e la solleva. - Dai, alza le braccia,
non fare il bambino. Colton si rassegna e Rod
gli toglie la felpa. Poi incomincia a sbottonargli la camicia. - E mentre gli sbottoni la
camicia, potresti anche usare la bocca. Rod fa per baciare Colton,
che si ritrae. - Cazzo, Colton! Non ti
mordo mica. Colton fa una smorfia. - Dai, prova con Herman. Colton si avvicina a
Herman e gli sfila la giacca, mettendola sulla scrivania. Incomincia a sbottonargli
la camicia. Herman gli prende la testa tra le mani e lo bacia sulla bocca.
Questa volta Colton non arretra. Herman spinge la sua lingua tra i denti di
Colton, che poi ricambia. Il giochino piace a tutti e due, perché ci danno
dentro. Intanto Colton ha finito di togliere la camicia a Herman, che si
stacca e prende a spogliare Rod. Sono tutti e tre a torso
nudo, ora. Colton si è rilassato e Rod si avvicina di nuovo. Lo bacia anche
lui e Colton non si sottrae. Rod si toglie le scarpe e
le calze, imitato da Herman e poi da Colton. Rod si avvicina a Colton,
gli slaccia la cintura e gli abbassa i pantaloni. Intanto Herman si è messo
alle spalle di Rod e sta facendo altrettanto con lui. Colton e Rod si trovano
con i pantaloni a terra, Colton in mutande, Rod in jock-strap. Tutti e due
hanno un notevole rigonfio sul davanti. Colton si avvicina a Herman, sorride
e gli slaccia la fibbia, poi cala anche i suoi pantaloni e insieme i jock-strap. Herman si ritrova nudo, il cazzo già mezzo in
tiro. Rod passa dietro a Colton
e gli cala le mutande, mentre Herman si inginocchia e avvicina la bocca al
cazzo di Colton, anche quello quasi sull’attenti. Quando avvolge la cappella,
Colton geme. - La volta scorsa sei
entrato come une bestia. Bisogna andarci piano, magari usare un po’ di
lubrificante. Rod ha già tirato fuori la
bustina e la porge a Colton, che la guarda, confuso dalle sensazioni che gli
trasmettono le labbra e la lingua di Herman sul suo cazzo. Rod ha un’altra bustina e
la apre, come se volesse fargli vedere l’uso. Poi versa una parte del
contenuto sulle dita e passa dietro a Colton. - Si usa così. Le dita di Rod scorrono
sul solco e indugiano sull’apertura. - Cazzo, Rod! Io… Colton non continua. La
bocca di Herman, la lingua di Herman, le labbra di Herman, le mani di Herman
sui suoi fianchi, tutto lo stordisce. E quel fottuto dito che gli sta
entrando in culo… Il dito di Rod scivola
dentro senza fatica, poi un altro lo segue, distribuendo il lubrificante. - Fa’ lo stesso con
Herman, Colton. Herman si solleva e si
volta. Si appoggia con le braccia alla scrivania, offrendo il culo a Colton.
Questi apre la bustina, versa il contenuto e con le dita lo sparge intorno e
dentro il buco. Ci infila prima un dito, poi due. È una sensazione
fortissima, che quasi gli fa dimenticare che due dita di Rod sono ancora
dentro il suo. - Un po’ lo metti anche
sulla cappella, dopo aver infilato il preservativo. Rod toglie le dita dal
culo di Colton e passa di fianco a lui. Si cala i jock-strap,
mostrando la sua formidabile mazza, perfettamente in tiro. Mette nella
sinistra di Colton la bustina con il preservativo, poi ne prende un’altra dai
suoi pantaloni, la apre, sfila il preservativo e se lo infila. Sparge la
crema lubrificante sulla cappella. Colton è rimasto
imbambolato. Sembra frastornato. Rod gli prende di mano la bustina, la apre e
gli appoggia il preservativo sulla cappella, poi lo srotola. Colton sussulta
al contatto delle dita di Rod. Rod guarda la bustina del lubrificante che
Colton ha posato sulla scrivania: è quasi vuota. Rod prende un po’ del suo e
lo sparge sulla cappella. Al contatto delle dita di Rod, Colton solleva la
testa di scatto. - Ora piano, Colton. Non
devi impalare un condannato a morte. Colton lo guarda. Non si
muove. Rod passa dietro di lui. - Così. Il cazzo di Rod preme
contro il solco. - No. - Datti da fare, Colton.
Herman aspetta la tua visita. Colton guarda la schiena
di Herman davanti a lui. - No! - Avanti, Colton, ma
piano, con delicatezza. Ma Colton non cede. Con un
movimento deciso si sposta e si mette con il culo contro la scrivania. Rod mangia la foglia e
passa dietro a Herman. - Adesso ti faccio vedere. Rod appoggia la cappella
contro il culo di Herman e con lentezza affonda l’arma nella carne. Herman
geme: l’ingresso di Rod è sempre una delizia, per quanto possa fare male
(spesso non poco). - Vedi, Colton? Entri
piano, spingi il cazzo a fondo, ma lentamente, poi ti tiri indietro ed esci
quasi completamente, se vuoi puoi anche uscire del tutto. Rod si ritrae ed esce. - Poi affondi di nuovo e
questa volta puoi entrare anche in modo un po’ più brusco, tanto il buco è
già stato dilatato. Rod esegue e si mette a
fottere Herman ritmicamente, con decisione, spingendo ogni volta il cazzo
dentro il culo di Herman, fino a che i coglioni battono contro il culo
dell’amico, poi ritraendosi; a volte esce, per poi rientrare con un colpo
secco. Herman chiude gli occhi, mentre ondate di piacere salgono dal suo
culo, mescolate al dolore di questa mazza ferrata che gli dilata le viscere.
Rod imprime una netta accelerazione al ritmo della sua cavalcata e Herman non
riesce a trattenere una serie di gemiti. Infine Herman lancia un grido,
mentre viene, e poco dopo anche Rod si affloscia sul corpo di Herman, dopo
una successione di spinte più violente. Rod si toglie e getta il
preservativo sulla scrivania, - Che ne dici, Colton?
Vuoi provare? Considerando che il cazzo
di Colton è teso come una lama d’acciaio e tanto gonfio che sembra sul punto
di esplodere, una risposta negativa non sarebbe convincente. Colton non risponde. Si
limita a dire: - Tu sta’ alla larga. Poi si mette dietro a
Herman, avvicina la cappella al buco, già dilatato, ed entra con un movimento
continuo. Colton chiude gli occhi. La sensazione che sale dal suo cazzo è
splendida. - Ora muovi un po’ il
culo, Colton. Colton incomincia a
muovere avanti e indietro il culo, affondando il cazzo fino alla base e poi
ritirandolo. Si muove con lentezza, assaporando il piacere che prova. Ogni
tanto si ferma. Colton procede piano, vuole far durare il momento. Ma da
troppo tempo non ha rapporti: il desiderio preme, lo fa fremere, lo spinge ad
accelerare il ritmo. Il movimento diviene più rapido, con spinte vigorose e
arretramenti decisi, finché Colton viene. Allora chiude di nuovo gli occhi,
abbandonandosi al piacere che lentamente si dissolve. Poi Colton riapre gli
occhi e guarda la schiena di Herman. Le sue dita accarezzano il corpo
dell’agente, scendono dalla nuca al culo. E quando le mani arrivano alle
natiche, Colton sente un morso al culo: Rod si è messo in ginocchio dietro di
lui e sta mordendolo. - Che cazzo fai? - Ti insegno qualche cosa
di nuovo. E Rod assesta un altro
morso. È una sensazione strana, che Colton non saprebbe definire. Poi Colton
sente due dita di Rod che scivolano lungo il solco, indugiano sull’apertura. - Ti ho detto di no, Rod. - Tranquillo, non succede
niente. Hai già provato, le dita non fanno male, stuzzicano solo un po’. Le dita di Rod stuzzicano
alquanto. E Colton non si sottrae: vedendo Rod in ginocchio, non si preoccupa
di un attacco a sorpresa e può godersi, rilassato, la sensazione dei denti di
Rod che mordono, della sua lingua che lecca, delle dita che stuzzicano. Non è
male, Colton deve riconoscere che non è proprio male. Rod va avanti un bel
po’. Colton ha l’impressione che le forze gli manchino. Rod deve smetterla.
Ma Colton non dice niente. Sta bene, sta maledettamente bene e dentro il culo
di Herman il suo cazzo sta di nuovo acquistando volume e consistenza. Colton
tace, ma il desiderio sale e allora Colton dice: - Togliti, Rod. E riprende a spingere. Herman si gode questa
terza cavalcata e anche lui sente di nuovo la tensione crescere e il sangue
affluire al cazzo. È bello, cazzo, se è bello! Colton cavalca a lungo e
infine viene poco prima di Herman. Quando Herman si rialza,
c’è sborro sulla scrivania, in abbondanza. Colton lo guarda e scuote la
testa. - Merda, ragazzi, che
puttanaio mi avete combinato! Rod ride. Prende due
fazzoletti di carta e dà una pulita alla scrivania. - Proprio solo per farti
contento. Colton osserva alquanto
dubbioso il risultato: dalla sua espressione è evidente che non assumerebbe
mai Rod come uomo delle pulizie. - Va bene, ragazzi,
levatevi dai coglioni. Ci vediamo venerdì della settimana prossima, alle
nove. Rod si dirige alla porta,
nudo come mamma l’ha fatto e con il cazzo non ancora a riposo. - Cazzo fai? - Hai detto di levarci dai
coglioni, no? - Rivestiti, stronzo. Colton incomincia a
rivestirsi. Rod ghigna e anche lui e Herman si risistemano. Poi Colton si siede alla
scrivania, osservando sconsolato il ripiano ancora sporco. Rod si china su di
lui e gli dà un sonoro bacio sulla guancia. - Piantala, stronzo! - Sei sempre adorabile,
Colton. Rod e Herman se ne vanno. A Herman la cavalcata non
è dispiaciuta per niente. Ma neanche questa volta Rod ce l’ha fatta con
Colton. Il copione arriva quando
il corso di teatro è oltre la metà. Nella seconda parte del corso Ian dovrà aiutarli a preparare le loro parti. Herman e Rod scoprono di
dover impersonare due personaggi molto importanti: Herman è uno dei
consiglieri di Zohad, che sceglie di tradirlo e ne
permette la cattura, con l’inganno. Rod invece è il comandante delle tribù
occidentali, alleate degli uzbechi contro Zohad. Rod ha incominciato prima
a leggere, perché Herman era fuori, per cui gli può annunciare: - Fai una bella fine. Hai
tradito Zohad e gli uomini rimastigli fedeli
vogliono vendicarlo. Perciò uno degli ufficiali di Zohad
ti taglia la gola mentre stai pisciando nella latrina. Poi getta il tuo
cadavere nella merda. Rod ride, poi aggiunge: - Comunque, in fondo vieni
riciclato nell’organico. Non ti puoi lamentare. A questo punto Herman va a
cercare che cosa succede a Rod. - Anche tu non scherzi. In effetti anche il
personaggio di Rod fa una brutta fine. Dopo l’impalamento di Zohad, scoppia un contrasto tra gli uzbechi e le tribù
occidentali. Si arriva a una battaglia e Terek, il
circasso impersonato da Rod, viene colpito da tre guerrieri con le picche. I
tre sollevano il guerriero agonizzante in aria, in modo che il suo stesso
peso faccia penetrare le picche più a fondo nel corpo. Poi viene lasciato
cadere a terra, dove lo finiscono, prima di castrare e impalare il cadavere. Spetta ora a Herman farsi
due risate. Dopo essersi presi per il culo a vicenda, decidono di prendersi
per il culo in senso letterale, secondo un copione che conoscono
perfettamente, ma in cui tendono a inserire diverse varianti. Terminata la scopata,
Herman esprime i suoi dubbi. - C’è una cosa che non
capisco. Sono parti importanti, siamo i personaggi presenti per più tempo in
scena, dopo Zohad, la moglie e il capo degli
uzbechi. Perché cazzo darci parti così significative? Saremo occupati a
recitare, avremo meno tempo libero, tutti ci conosceranno. Il dubbio viene riportato
a Colton il giorno dell’appuntamento. - Cazzo, ma provate a
usarlo in cervello, ogni tanto, o pensate solo al cazzo, voi due? Se le
vostre parti fossero secondarie, non rimarreste con la troupe tutto il tempo
impiegato per girare il film, ve ne andreste dopo aver girato le due o tre
scene in cui ci siete. Inoltre essere tra gli attori principali, con il nome
sul cartellone, vi renderà meno sospetti, potrete avvicinare più facilmente
le persone con cui volete entrare in contatto. Quel che dice Colton è
vero. - Sì, sì. Però siamo molto
in vista. Tutti ci riconosceranno. Di solito cerchiamo di passare
inosservati. Colton annuisce e
aggiunge: - Hanno anche trovato un
attore per la parte del protagonista, come cazzo si chiama, Zoher… - Zohad. Colton ghigna e dice: - Diventerete famosi.
Magari farete carriera come attori. - Di film porno sì,
senz’altro. Come quello che giriamo adesso. Rod ha già incominciato a
spogliarsi. - Ehi, che cazzo fai? - Eddai,
Colton, non farti pregare ogni volta. Sono dieci
giorni che non scopi, l’altro giorno ti sei divertito un sacco e oggi hai
voglia di provare qualche cosa di nuovo. - Rod, non ho nessuna
intenzione… Colton non completa la
frase, perché Rod lo sta baciando sulla bocca e intanto gli infila tra i
denti la lingua. Come nelle fiabe, il bacio del principe azzurro (qui si
tratterebbe di un supermaschio a luci rosse), compie la trasformazione magica
e le velleità di resistenza di Colton (molto velleitarie e poco resistenti)
svaniscono. Sempre baciando Colton, Rod lo spinge sulla scrivania e i due si
ritrovano abbracciati sul ripiano, mentre le loro mani freneticamente cercano
di spogliare i due corpi, senza distinguere gli abiti dell’uno da quelli
dell’altro. Herman si sente un po’
tagliato fuori, ma non ha nessuna intenzione di essere lasciato da parte.
Intanto si prepara a quanto seguirà con uno spogliarello, per non rimanere
indietro: qualunque agente segreto sa che bisogna essere sempre pronti, mai
lasciarsi sorprendere dagli avvenimenti. Rod si solleva,
sorridente. Colton è frastornato. Tutti e due hanno il cazzo in tiro e
finiscono di spogliarsi. - Oggi proviamo a usare la
bocca, Colton. Dicendo questo, Rod preme
sulle spalle di Colton e lo forza a inginocchiarsi davanti a lui, mentre si
siede sulla scrivania. Colton si ritrova con il cazzo di Rod davanti alla
faccia. Per un momento prova la tentazione di assestare un bel morso, ma la
vista della cappella che svetta ispira altri pensieri. È però incerto: non
deve aver mai assaggiato un bel cazzo svettante. Allora Herman passa sotto la
scrivania e, stando accovacciato, avvicina la sua bocca al cazzo di Colton.
Passa la sua lingua sulla cappella, due volte, poi inghiotte e incomincia a
succhiare. Stimolato dall’esempio,
Colton prende in bocca il cazzo di Rod e incomincia a darsi da fare. Tecnica
poca, ma una discreta buona volontà. Intanto Herman ha passato le mani
intorno al culo di Colton e accarezza, stringe, pizzica. Allora Colton lo
imita e anche il culo di Rod è oggetto di attenzioni (peraltro molto
gradite). Colton e Herman si danno
da fare con grande gusto (Herman naturalmente lo fa solo per insegnare a
Colton come procedere: la sua è un’azione del tutto disinteressata, con
nobili motivazioni). Rod si limita a grugnire ogni tanto. Il primo a venire è
Colton, che scarica il suo seme nella bocca di Herman. Colton chiude gli
occhi e per un momento smette di darsi da fare con la lingua e le labbra.
Assapora il piacere che lo investe e lentamente svanisce, lasciandolo
appagato, mentre Herman beve le ultime gocce. Vedendo che Colton è
inattivo, Rod prende l’iniziativa. Mette i piedi a terra e si alza dalla
scrivania, tenendo la testa di Colton, in modo che questi non si stacchi. Poi
incomincia a fottere in bocca il vice dei servizi segreti. Procede con
lentezza, senza spingere troppo a fondo. Colton lo lascia fare,
frastornato dal movimento delle mani di Herman e della sua lingua, che ora
sta passando sull’ombelico. Poi Herman si solleva un po’ e passa dietro a
Colton. Chinando la testa, morde il culo di Colton, poi passa la lingua sulla
schiena, risalendo lungo la colonna vertebrale. Rod si ferma. - Dai, Colton, datti da
fare. Colton riprende a
succhiare il cazzo di Rod, mentre Herman continua a leccarlo e mordicchiarlo.
E infine Rod viene. Colton si ritrae e sputa. Rod ride: - Inghiotti, non fa male. - Stronzo, potevi
avvisarmi. Herman ride: - Tu non mi hai mica
avvisato. Rod conclude: - Aveva la bocca piena. E scoppiano a ridere tutti
e tre. Però ora Herman ha il
cazzo duro e non si può farlo andare via così. Per cui Rod si rivolge a
Colton e gli dice: - Ce la fai a fare un bis?
Fottiamo Herman, uno davanti e uno dietro. Colton sta considerando la
proposta, che tutto sommato non gli sembra malvagia. Rod lo incalza: - Preferisci il culo o la
bocca? Colton guarda Herman, che
è ancora in ginocchio, in attesa che la sua sorte venga decisa. - Direi il culo. - OK. Herman, da bravo,
stenditi sulla scrivania, gambe bene aperte. Herman scuote la testa, ma
obbedisce. Si stende sul ripiano, a gambe allargate, in modo che la testa
sporga. Rod si mette davanti a lui e Herman gli prende in bocca il cazzo.
Incomincia a succhiare e il boccone di carne non ci mette molto a crescere di
volume e a irrigidirsi. Colton sta fissando
ammaliato il culo di Herman. Lo stringe tra le dita, lo pizzica, lo
accarezza. Poi fa scorrere le dita sul solco, inumidisce l’indice e lo spinge
dentro. Le manovre hanno un certo effetto in basso e Colton è presto di nuovo
pronto per una bella cavalcata. Si infila il preservativo e, memore delle
lezioni di Rod (un ottimo maestro), avvicina la cappella al buco e infilza il
pollo con lentezza, dandogli il tempo di abituarsi allo spiedo. Colton incomincia a
spingere avanti e indietro e anche Rod passa all’azione. Con Herman non usa
tante cautele e lo fotte in bocca con grande decisione. Ogni tanto, quando il
cazzo affonda fino alla gola, a Herman manca il fiato, ma la sensazione dei
due spiedi che lo trafiggono, davanti e dietro, è bellissima e a un certo
punto il piacere deborda e il seme si sparge sulla scrivania di Colton. Il
vice dei servizi segreti viene poco dopo, Rod per ultimo. Mentre si rivestono,
Colton guarda la scrivania e dice: - Il solito merdaio. - Eddai,
Colton, è un piccolo prezzo da pagare per una bella
scopata. Rod si avvicina a Colton,
lo bacia sulla bocca (e spinge la lingua ben dentro), poi esce, seguito da
Herman. Anche Ian
ha letto il copione. - Direi che in un film del
genere potete farcela persino voi. Non dev’essere un complimento,
né per il film, né per i due attori. Ian aggiunge: - Comunque ho notato con
soddisfazione che fate la fine che vi meritate - Ian,
a volte mi verrebbe da pensare che non ci vuoi bene. Ian inarca le sopracciglia. - Volervi bene? Diciamo
che ci sono cose che apprezzo di voi. - E sarebbero? - La bocca e il culo,
essenzialmente. È bello essere apprezzati
per ciò che si è. Ma Rod non si scoraggia e chiede: - Il cazzo no? Ian sembra rifletterci un momento. - Forse. - Perché io pensavo di
fartelo gustare, oggi. Ian sorride. - Ci avevo fatto un mezzo
pensierino… - Io contavo di fartelo
gustare tutto. Ian ride. - Non ci sono le mezze
razioni? - Secondo me quando lo
provi, non ti accontenti più di una mezza razione. - Vediamo questa
meraviglia. Vederla, Ian l’ha già vista, ma oggi si tratta di gustarla. I tre incominciano a
spogliarsi (Herman non è stato chiamato in causa, ma non intende tirarsi
indietro, per solidarietà e perché gli sembrerebbe poco gentile andarsene
lasciando da soli Rod e Ian:
Herman è una persona molto educata). Herman ammira il corpo del giamaicano:
ormai sono diversi giorni che scopano e ne conosce il cazzo (studiato a fondo
utilizzando il tatto, il gusto, l’olfatto, la vista e il culo – che forse non
è uno dei cinque sensi, ma può sentire anche lui) e i coglioni, il culo
(esaminato con la lingua, le dita, i denti, le labbra) e diverse altre aree. Ian è davvero uno splendido maschio e farsi fottere da
lui è stato ogni volta un piacere. Ma oggi sarà Ian ad accogliere il cazzo di Rod. Il giamaicano non si
fa pregare: si inginocchia davanti a Rod e prende in bocca la mazza, già
mezza tesa. Lavora con la lingua e le labbra fino a che l’arma è
perfettamente in tiro (non che ci voglia molto: Rod impiega sempre pochissimo
a passare dalla posizione di riposo – o semi-riposo, perché completamente a
riposo lo è ben di rado – a quella di azione). Quando il cazzo è in
verticale, rigido e imponente, Ian lo contempla.
Herman si chiede se il loro insegnante di teatro non stia ripensandoci:
accogliere un cazzo come quello di Rod non è uno scherzo. Ma Ian non dà segno di cedimenti. Si appoggia con le braccia
contro il tavolo, allarga un po’ le gambe e volta la testa a guardare Rod,
che si sta infilando il preservativo. Ian
deglutisce. Rod prende anche una
bustina di lubrificante, si avvicina a Ian e sparge
il contenuto intorno all’apertura e sulla cappella. Poi appoggia le mani
sulle natiche del nero e le divarica, appoggiando il cazzo contro l’apertura.
Infine, con molta lentezza, incomincia a spingere. Herman guarda la mazza di
Rod scivolare dentro il culo nero di Ian, con un
movimento continuo. È un bello spettacolo, come è bello vedere le mani di Rod
sul culo di Ian e la smorfia sul viso di Ian, che non deve essere abituato a essere cavalcato da
un simile stallone. Herman però non vuole fare
la parte del guardone (è una persona seria e poi si sa che democrazia è
partecipazione e Herman è democratico), per cui si inginocchia davanti a Ian e prende in bocca la mazza del nero. È sempre un
piacere gustarne il calore, il turgore, il sapore. Rod fotte con metodo e Ian incomincia a gemere, sempre più forte, finché viene
con un grido strozzato e Herman ne gusta il seme. Rod accelera il ritmo della
cavalcata e viene anche lui, abbandonandosi sul corpo di Ian.
Poi esce dal nero e si stacca. Ian rimane immobile
e allora Herman prende il posto di Rod. L’apertura è già abbondantemente
dilatata e lubrificata, per cui Herman entra senza tanti riguardi. Ian solleva la testa, poi la riabbassa. Herman guarda il
proprio cazzo affondare nella carne nera. È bello, gli piace un casino e
anche a Ian piace, perché riprende a gemere. Herman
cavalca un buon momento, poi sente che il piacere esplode dai coglioni,
proiettandosi fuori, e stringe con
forza il culo di Ian, mentre il suo corpo
vibra. Quando si sono rivestiti, Ian dice: - Non l’avrei mai detto,
ma credo che mi mancheranno queste lezioni, ragazzi. Di certo Ian è soddisfatto dei progressi dei suoi allievi nella
recitazione: non c’è altra spiegazione. Conclusa la lezione di
teatro, Herman e Rod raggiungono Colton. - Ragazzi, è ora di
svolgere il lavoretto previsto qui in Inghilterra. Nel pomeriggio avete
l’ultima lezione di equitazione. Dimenticherete una borsa o qualche cosa del
genere e in serata tornerete a cercarla. Mac Stoner non sarà solo, ci sarà un
ospite con lui. - Dobbiamo far fuori anche
l’ospite? C’è una chiara nota di
speranza nella voce di Rod. - Sì, senz’altro.
Dev’essere un’esecuzione spietata, da killer professionisti, ma
particolarmente efferata per quanto riguarda Stoner: è lui che deve apparire
il bersaglio principale di una vendetta feroce. Il socio di Stoner dovrebbe
partecipare anche lui alla riunione, ma uno sfortunato contrattempo lo farà
arrivare in forte ritardo. Entrando in casa troverà i cadaveri del suo amico
e dell’ospite. Penserà che siano stati fatti fuori da qualche gruppo rivale e
crederà di essersi salvato per puro miracolo, solo perché non è arrivato
all’ora prevista. Sarà facile farlo collaborare, a quel punto. Chiariti alcuni dettagli
tecnici, Rod vorrebbe proporre di passare ad altro tipo di esperienze, ma
Colton ha un colloquio urgente con la Signora, il grande capo. Rod è alquanto
scocciato, ma c’è poco da fare, per cui i due agenti se ne vanno. In ogni
caso la prospettiva di far secco Mac rasserena Rod: è bello poter dare il
proprio contributo alla patria. L’ultima lezione di
equitazione di Rod e Herman (e, se tutto va come previsto, anche di Mac
Stoner) si svolge senza inconvenienti. L’istruttore è piuttosto soddisfatto
dei risultati ottenuti dai suoi allievi, che sanno andare al passo, al trotto
e al galoppo. I suoi allievi sono anche loro soddisfatti, soprattutto Rod, al
pensiero di far fuori l’istruttore. Al momento di caricare in
auto le loro cose, Rod svuota il bagagliaio per sistemare meglio ciò che
devono portarsi via. Poi raccoglie tutto, ma una valigetta rimane a terra, in
un punto in cui Mac non può vederla. Completate le operazioni salutano Mac
stringendogli la mano e se ne vanno. Mac dice: - Spero di rivedervi
presto, ragazzi. Se conoscesse le
intenzioni dei due, non si lancerebbe in affermazioni del genere. Rod e Herman mettono in
moto e se ne vanno. Herman ha spento il suo telefonino, l’unico di cui Mac ha
il numero, in modo che non possa richiamarli per avvisarli che hanno
dimenticato la valigetta. La verranno a prendere in serata, quando l’ospite
sarà arrivato. È ormai buio quando Herman
e Rod raggiungono la cascina dove abita Mac, a fianco della scuderia.
Parcheggiano in cortile, dove lasciano abitualmente l’auto. Mac esce dalla cascina. - Ah, siete voi. Siete
venuti per la valigetta? - L’hai trovata! Rod era
sicuro che dovesse essere qui. - Ho cercato di avvisarvi,
ma il cellulare era spento. - Ma no, si è guastato. Mi
è caduto nel cesso. Ho perso il tuo numero e un fottio di altri. Non ho
potuto telefonarti per chiedere se l’avevamo lasciata da te. - Vado a prenderla, l’ho
messa in casa. Mac entra. Herman e Rod lo
seguono, anche se non sono stati invitati. Mac si infila in un ripostiglio a
destra dell’ingresso, Herman passa rapidamente nella stanza a fianco, dove ha
visto la luce. Su una poltrona accanto al camino è seduto un uomo qui
quaranta, tarchiato, che all’ingresso di Herman si alza, guardandolo con
diffidenza. Herman tira fuori la
pistola con il silenziatore. L’uomo non fa in tempo a prendere la propria
arma o a gettarsi di lato. Due proiettili al cuore lo fanno ricadere sulla
poltrona. Boccheggia e rimane inerte. Un terzo colpo in fronte,
ormai del tutto superfluo, poi Herman si dirige verso il ripostiglio. Qualche
cosa è andato storto: Rod non è riuscito a prendere di sorpresa Mac e ora i
due stanno lottando a terra, cercando di bloccarsi a vicenda. Mac molla una
ginocchiata ai coglioni di Rod, che grugnisce, ma non molla la presa. Herman
potrebbe sparare in testa a Mac, ma non vuole togliere al suo amico il
piacere di uccidere l’istruttore. Inoltre l’esecuzione dev’essere
particolarmente feroce, per cui Rod si limita a vibrare un calcio in faccia a
Mac. Questi lancia un grido, mentre il sangue incomincia a scorrere dal naso
e da un labbro. Un secondo calcio, accompagnato da un rumore di ossa rotte,
lo costringe ad allentare la presa. Rod libera il braccio con la pistola, la
punta contro la pancia di Mac e sorride: - Ora crepi, bastardo. Spara due colpi e Mac
grida di nuovo. Rod si libera dalla stretta e si alza. Mac rimane a terra, le
mani al ventre, il sangue che scorre copioso. - Merda! Chi siete? - Quelli che ti fottono,
Mac. Herman aggiunge: - Il tuo ospite ti ha
preceduto… - ...ma anche tu non ne
hai più per molto. Rod afferra Mac per il
collo e lo trascina nel salotto dove il suo complice giace cadavere. Lo
sbatte sul tavolo e gli cala i pantaloni. - Che… cazzo… vuoi fare,
pezzo di merda? - L’hai capito benissimo,
Mac. Herman tiene fermo Mac
che, per quanto abbia due proiettili in pancia, si ostina a manifestare una
volontà propria. Rod si è già calato i pantaloni. Il cazzo è teso (e
figuriamoci, con la prospettiva di fottere Mac e poi farlo secco) e Rod si
infila il preservativo. Entra con violenza, strappando un urlo a Mac. - Bastardo… schifoso
bastardo… figlio di puttana… Gli insulti non fanno un
baffo a Rod, che fotte volentieri questo culo vergine, gustando la resistenza
della carne, spingendo fino in fondo, uscendo e rientrando con un’altra
spinta violenta, che strappa un gemito a Mac. Mac continua a maledire
Rod in tutti i modi. Il cellulare di Herman, che è perfettamente funzionante
e acceso, manda un segnale. Herman controlla il messaggio. È Colton. Ashfair
arriverà tra venti minuti. - Ora di concludere, Rod. Rod sta fottendo Mac da un
quarto d’ora, ma grugnisce il suo disappunto: avrebbe preferito godersi
ancora un po’ questo bel culo che nessuno ha mai avuto modo di gustare prima
d’ora. Accelera il ritmo e viene dentro di lui. Si ritira, infila il
preservativo in una bustina che si mette in tasca, per evitare di lasciare
tracce, e si riveste. Poi prende dalla valigetta il piccolo bastone di ferro
che vi ha messo in mattinata e lo spinge con forza in culo a Mac, che grida.
Il bastone è troppo lungo per stare tutto, ma Rod lo colpisce violentemente
con un calcio, facendolo quasi scomparire dentro. Mac grida di nuovo e
sviene. Rod volta Mac e lo stende
sul tavolo. Punta la pistola e spara due colpi al cazzo. Mac si risveglia e
grida ancora, ma sembra non avere più voce e l’urlo è poco più di un gemito.
Altri due proiettili nei coglioni, poi Rod svuota il caricatore sul corpo di
Mac, che a ogni colpo sussulta e quando i colpi finiscono rimane immobile. L’esecuzione è stata
particolarmente efferata, come richiesto da Colton. Di certo Ashfair ne
rimarrà sconvolto. E altrettanto certamente Rod si è divertito. Herman e Rod controllano
di non aver lasciato tracce. Un nuovo messaggio di Colton li avvisa che hanno
solo pochi minuti. I due agenti risalgono in auto e partono. Sulla strada
principale incrociano un’auto. Guardando nello specchietto retrovisore la
vedono svoltare in direzione della cascina. Si tratta certamente di Ashfair. Rod commenta: - Peccato non far fuori
anche lui. Herman ride. - Magari un’altra volta… - Comunque mi è piaciuto.
Sai che ti dico, Herman? - Dimmi. - Sarebbe un bel modo di
farti fuori. Un’esecuzione… come ha detto Colton? Efferata, sì, efferata. Che
ne dici? - Che sei proprio stronzo. L’ultimo incontro con
Colton avviene di sabato. Lunedì i due agenti partiranno per l’Uzbekistan. - Adesso ti degni di
spiegarci quello che dobbiamo fare o ci limitiamo a girare il film, sperando
di vincere l’Oscar? Le possibilità che Rod o
Herman vincano l’Oscar sono alquanto ridotte, più o meno le stesse che hanno
di essere beatificati. Colton annuisce. - Sì, è ora di fare il
quadro della situazione. Il Mansoor, che è stato
completamente debellato, era solo uno dei nodi di una rete che ha il suo
centro nelle repubbliche che facevano parte dell’URSS. Sono quasi tutti stati
dittatoriali, con una fortissima corruzione interna: diverse organizzazioni
criminali, prima fra tutte la mafia russa, vi hanno trovato uno spazio
ideale. La forte presenza musulmana nella regione e i legami con i vicini
Afghanistan e Pakistan ne hanno fatto anche uno dei centri di reclutamento
del terrorismo di matrice islamica. Cellule terroristiche, mafia russa e
altre organizzazioni criminali hanno obiettivi diversissimi, ma sappiamo bene
che non disdegnano di collaborare quando serve, ad esempio per eliminare
qualche uomo politico non corruttibile o magari due agenti segreti. Colton sorride. Rod scuote
la testa: - Non so come faresti
senza di noi, Colton. Herman non è così sicuro
che Colton porterebbe a lungo il lutto. Il vice dei servizi segreti inglesi
ignora il commento e prosegue: - Sappiamo con certezza
che è in corso un tentativo di coordinare l’azione di alcuni di questi
gruppi, là dove vi sono interessi comuni. Diciamo che vogliono creare una
specie di ONU delle organizzazioni criminali, non di tutte, naturalmente, ma
di sicuro di alcune delle mafie europee e asiatiche e di certi gruppi
fondamentalisti. Omar Vastan, il capo del Mansoor, lavorava per realizzare questa idea, ma non era
il solo: a lui serviva come trampolino di lancio per raggiungere le alte
sfere della criminalità internazionale, ma all’idea lavoravano in molti. Non
è facile, visto che ci sono forti rivalità, ma anche all’ONU non è tutto rose
e fiori. Rod sbadiglia. La politica
internazionale non suscita grande interesse in lui, neanche quella criminale.
Gli interessa solo se c’è qualcuno da fare secco. Colton prosegue: - Tutto porta a concludere
che alcuni dei film che vengono girati in queste aree, finanziati da generosi
fondi statali e da oligarchi che si improvvisano produttori, forniscano ai
rappresentanti delle diverse organizzazioni un’ottima occasione per
incontrarsi senza destare sospetti. Un film con molti personaggi permette di
riunire uomini provenienti da molti paesi diversi: attori, o presunti tali, e
personale di ogni tipo, dagli addetti alle pulizie agli agenti. Questo film
era un progetto di Omar Vastan e secondo le nostre
informazioni avrebbe dovuto concludere la realizzazione del suo piano. - Ma Vastan
è morto, dicono. Colton sorride: - Ufficialmente risulta
solo essere scomparso. In ogni caso la morte di Vastan
non ha messo fine al progetto, che ormai era già in fase conclusiva e che sta
andando avanti. Durante le riprese di questo film sarà organizzato un
incontro finale, a cui parteciperanno sicuramente alcuni degli uomini più
pericolosi del pianeta. - Dobbiamo farli secchi? Il tono di voce di Rod non
lascia dubbi sulla sua disponibilità a eseguire il compito. - Sì. Rod sorride, il suo
classico sorriso da lupo che ha fiutato la preda. Herman è certo che più in
basso rispetto al sorriso qualche cosa si sta muovendo. Colton prosegue: - Dobbiamo a ogni costo
evitare che venga raggiunto un accordo: se davvero si organizzassero, costituirebbero
una minaccia gravissima. A Rod le motivazioni
interessano poco, è più interessato a conoscere i bersagli, per cui chiede: - E chi sono? Colton tira fuori quattro
buste. Ne apre una e ne estrae due fotografie che mette sul tavolo: - Bersaglio numero uno, in
ordine di importanza: Abdallah ibn Hussein al Misri, l’Egiziano, uno dei principali esponenti
dell’integralismo islamico, a capo di una vasta rete che ha agganci in Asia,
in Africa e in Europa. Ha ideato almeno una quindicina di attentati in sette
paesi, che hanno provocato oltre un centinaio di morti. Collaborava
strettamente con il Mansoor: c’è anche il suo
zampino nelle stragi delle scuole. Colton prende la seconda
busta. Da questa estrae diverse foto. - Bersaglio numero due:
Massimo Gargiulo, detto Coltello, nipote del
Mastino. - E chi è il Mastino? - Il capo di una delle
famiglie emergenti della camorra. Legami con i cartelli messicani e con la
mafia colombiana, ma interessi anche in Russia. Massimo Gargiulo
è il suo nipote prediletto, un tipo maledettamente in gamba, intelligente e
spietato. Laureato in informatica in Inghilterra, è diventato in fretta un
elemento di punta della sua organizzazione criminale. Lo chiamano Coltello
perché ama usare quest’arma. Ha ammazzato con il coltello due nemici della
famiglia, dopo avergli tagliato le palle e l’uccello; pare che gli piaccia
molto. È senza dubbio uno psicopatico, ma eccezionalmente intelligente. Herman commenta: - Niente male, dev’essere
un vero piacere avere a che fare con lui. Intanto pensa che non è
niente male neanche come maschio, questo va riconosciuto. Mentre l’Egiziano
non è molto appetibile, l’italiano è uno da leccarsi i baffi. Dalla terza busta emergono
tre immagini. - Bersaglio numero tre: un
uomo che si fa chiamare Liu Tong,
pezzo grosso della mafia cinese, di cui non conosciamo il vero nome. Sappiamo
pochissimo di lui, ma il fatto che partecipi all’incontro in rappresentanza
di una delle più importanti organizzazioni cinesi conferma che è un pezzo da
novanta. Abbiamo queste foto solo grazie a Vastan,
che possedeva un vastissimo archivio dei capi criminali di mezza Asia. È noto
per la sua ferocia. Pare che ami far sbranare vivi dai suoi cani chi cerca di
intralciarlo. - Si direbbe che anche
questo sia uno psicopatico. - Comunque è davvero una
bella galleria di personaggi! Nell’ultima busta le
immagini sono parecchie. Un uomo sui quaranta-cinquanta, molto forte, in
compagnie di puttane, a una festa, a una scrivania, persino nudo sotto la
doccia, cazzo bene in mostra (circonciso e di dimensioni notevoli, anche se
probabilmente il soggetto lo ha un po’ stimolato per farlo apparire più
grosso). - Bersaglio numero
quattro: Vladimir Alexandrovsky, detto Pugaciov, uno dei mafiosi russi più ricercati in tutto il
mondo. Trenta, forse quaranta omicidi alle spalle, tra cui almeno sei o sette
agenti e due giudici che indagavano sul suo conto. Più naturalmente i rivali
in affari, chiamiamoli così. Intelligente, molto, ma altrettanto imprudente,
ama mettersi in mostra. Herman e Rod guardano i
loro quattro bersagli. Pugaciov sembra davvero un
bel maschio e Massimo pure. Gli altri due non sono molto interessanti. Ma,
come direbbe Colton, il loro obiettivo è fotterli in senso metaforico, non in
senso letterale (le due cose non vanno necessariamente separate, come i
nostri eroi hanno avuto modo di dimostrare in altre avventure). Colton riprende: - Le quattro
organizzazioni che questi uomini guidano, o in cui hanno un ruolo di
primissimo piano, hanno una serie di interessi comuni. Tra loro esistono
anche rivalità, ma sono disposte a metterle da parte. Hanno una lunga lista
di obiettivi e contano di unire le forze per eliminarli. Per fare un esempio:
Saedi è senz’altro uno degli obiettivi principali per la mafia russa e i
gruppi islamici radicali, ma i servizi del Wadistan
e di tutte le repubbliche dell’Asia centrale sanno benissimo che russi e
integralisti possono cercare di eliminarlo. Più difficilmente sospetterebbero
di un italiano o di un cinese. Herman osserva: - I servizi dei diversi
paesi dovrebbero collaborare di più. - Certo, Herman, ma, come
sai benissimo, la collaborazione non è mai facile: ognuno è geloso dei propri
segreti e delle proprie fonti, non si fida molto dell’efficienza degli altri,
sospetta sempre di possibili tradimenti. Sapete benissimo anche voi che può
sempre esserci qualcuno che fa il doppio gioco. In effetti Herman e Rod
hanno eliminato in tempi recenti un traditore che faceva parte dei servizi.
Colton prosegue: - Da quel che sappiamo, ci
saranno uomini di queste organizzazioni, che si occuperanno di preparare
l’incontro conclusivo, quello che interessa a noi. Quei quattro uomini
arriveranno probabilmente poco prima dell’incontro. Avranno qualche compito
legato al film, magari si presenteranno come agenti di qualche casa cinematografica
o tecnici. Oppure entreranno in Wadistan con
motivazioni che nulla hanno a che vedere con il film, ma certamente alcuni
dei loro uomini saranno impegnati nelle riprese. Magari Pugaciov
si sarà pure fatto dare una parte. Non mi stupirebbe: ve l’ho detto che ama
mettersi in mostra e l’idea di comparire in un film di sicuro gli piace. - Va bene, non sarà facile
farli fuori tutti e quattro. Di sicuro avranno preso le loro precauzioni e non
appena ne facciamo secco uno, gli altri staranno ancora più in guardia. Colton guarda Herman e
scuote la testa. - Certo, non potete farli
fuori uno per volta, proprio per il motivo che hai detto: appena ne viene
fatto fuori uno, gli altri si dileguano. Il vostro compito è individuare dove
e quando si terrà la riunione. Quando lo saprete comunicherete la posizione.
I droni colpiranno il bersaglio entro cinque minuti. - I droni?! Cazzo! Ma non
c’è nessun gusto! Colton storce la bocca. - Senti, Rod, l’obiettivo
dei servizi non è procurarti un po’ di divertimento, è eliminare quattro tra
gli uomini più pericolosi del pianeta, quattro figli di buona donna che hanno
sul gobbo alcune centinaia di morti ammazzati. Rod è scocciato. La
missione prometteva bene e invece si rivela ben poco interessante. Colton prosegue: - Se la situazione vi
obbligasse a scegliere altri metodi, potete farlo. Evitare l’intervento dei
droni potrebbe pure essere positivo, riducendo le solite polemiche contro il
loro uso. Ma se uno solo dei quattro vi sfugge perché volete farli secchi
voi, mentre era possibile usare i droni, do i vostri nomi, le vostre
fotografie e il vostro indirizzo a tutte queste organizzazioni, che sapranno
bene come ringraziarvi. Rod si finge
scandalizzato: - Saresti capace di fare
una cosa del genere? Dal sorriso di Colton
Herman deduce che la risposta alla domanda è positiva. - Va bene, sei proprio un
bel figlio di… Rod lascia in sospeso la
frase (il cui completamento peraltro non richiede note esplicative). Colton
riprende: - Un’ultima cosa. Se non
fosse possibile agire con i droni, sapete in quale ordine eliminare i
quattro. Se riusciste a far sembrare che ognuno sia stato eliminato da una
delle altre organizzazioni criminali, sarebbe il massimo: si creerebbe un clima
di diffidenza che renderebbe più difficili altri tentativi di coordinare le
forze, tanto più che già adesso all’interno delle diverse organizzazioni
molti non sono convinti dell’opportunità di collaborare. - Vedi che è meglio non
usare i droni? Con i droni è chiaro da che parte viene il colpo. - Rod, l’obiettivo è
eliminare quei quattro. Punto. Il resto è un extra, grasso che cola, se ci si
riesce. - Non temere. Ci pensiamo
noi. - Saedi non può
incontrarvi prima che la missione sia compiuta: se qualcuno venisse a sapere
che voi lo avete visto, tutto il piano fallirebbe. Le riprese avverranno
prima in Uzbekistan, poi in Wadistan. In Uzbekistan
voi non avete nessun compito da svolgere, l’incontro si terrà in Wadistan, ma se ci fosse Pugaciov,
potrebbe essere utile cercare di fare amicizia con lui. Ci sarà un uomo dei
servizi del Wadistan nella troupe. Lui sa chi
siete, ma evitate di frequentarlo: se qualcuno sospettasse di lui, vedendovi
insieme potrebbe intuire la verità. Rivolgetevi a lui solo se avete assoluto
bisogno di qualche cosa. Ecco, questa è la foto, così potete riconoscerlo. È
un tecnico delle luci. Colton mostra la foto
dell’uomo. Poi riprende: - Poi vi trasferirete in Wadistan e il giorno dopo il vostro arrivo andrete a
vedere un’interessante mostra dedicata a Zohad:
quattro secoli di dipinti, raccolti nel museo nazionale della capitale, in
occasione dell’inizio delle riprese del film. Herman e Rod si guardano
perplessi. Nessuno dei due è amante dell’arte e hanno l’impressione che gli
artisti del Wadistan non siano proprio Van Gogh o
Michelangelo. - Alla mostra sarete
avvicinati da un agente che si presenterà come una guida. A un certo punto vi
dirà una frase concordata e allora saprete che si tratta dell’uomo inviato da
Saedi. - Qual è la frase
concordata? Colton guarda un foglio
che ha davanti a sé, poi dice: - “Le armi particolari di Zohad”. Non so bene che cosa intenda… Herman sorride. Sa
benissimo quali sono le “armi particolari” e lo diverte il fatto che Saedi
abbia scelto proprio quella frase. - Vi lascerà un recapito e
vi metterete in contatto con lui, per qualsiasi esigenza. Anche i servizi
cercheranno di scoprire in anticipo il luogo e l’orario della riunione e vi
avviseranno delle informazioni che riusciranno a raccogliere. - Va bene. - Un’ultima cosa, me la
stavo dimenticando. Domani passerete la giornata con un tecnico delle luci - Cosa? Domani? Domani è
domenica! E lunedì partiamo. Dobbiamo anche preparare i bagagli: staremo via
oltre due mesi! - Sì, lunedì partite e
penserete mica di presentarvi su un set, come se foste attori professionisti,
e non sapere neanche come ci si muove? Humphrey vi farà vedere il set di un
film e vi spiegherà quelle cose che qualunque attore impara al primo film. - Cazzo! Dircelo un po’
prima? Colton sbuffa, come se
Herman e Rod avessero solo delle storie. Herman si rivolge a Rod e
dice: - Forse sarebbe meglio che
trovassimo lavoro presso i servizi svedesi o quelli norvegesi. Là almeno sono
un po’ più democratici. - E anche più aperti di
idee. Non hanno tanta paura di fare un’esperienza nuova. Colton ha capito benissimo
l’allusione di Rod, ma fa finta di nulla. Rod allora aggiunge: - Insomma, Colton, se
abbiamo finito con questa parte, possiamo fare le prove di un bel film XXX. È
l’ultima occasione per i prossimi due mesi. Colton annuisce. Ormai non
si fa più pregare. Rod si mette a spogliare
Herman e Colton lo aiuta. Quando Herman è nudo come mamma l’ha fatto (e l’ha
fatto bene, bisogna riconoscerlo), Rod e Colton si spogliano a vicenda. Il gioco non presenta
variazioni di rilievo rispetto alle volte precedenti. Soltanto questa volta,
in vista dell’astinenza forzata di Colton per i prossimi mesi, c’è un bis
(c’è già stato in altre occasioni, ma questa volta è programmato). Quando
però Rod riprova a usare qualche cosa di più consistente delle dita per
esplorare il culo di Colton, questi nuovamente si sottrae, dimostrando una
spiacevole mancanza di collaborazione. La scrivania è ridotta
peggio delle volte precedenti (ci sono venuti sopra Herman mentre Colton lo
inculava e poi Colton, quando Herman gli ha fatto una sega), ma Colton ormai
c’è abituato. Colton liquida i due
agenti dicendo: - Fatevi pure ammazzare,
però prima fottete quei quattro. - Grazie, tesoro. Puoi
contarci. Quando escono, Herman commenta: - Neanche questa volta ce
l’hai fatta. - Se la moglie non
partorisce prima del nostro ritorno, ti garantisco che dopo due mesi di
astinenza si farà infilzare come un pollo allo spiedo. - Potrebbe essere. Con la testa però Rod sta
inseguendo un’altra preda e infatti aggiunge: - Quattro tizi da
eliminare. Mica male. È chiaramente contento. - Non sarà una
passeggiata, Rod. - Certo. Se lo fosse ci
annoieremmo. - E dobbiamo far
intervenire i droni. - Vedremo. Rod ritorna al presente e
aggiunge: - Speriamo solo che questo
Humphrey che ci deve spiegare come funziona un set valga la pena. Rod non si riferisce alla
competenza professionale, ovviamente. Anche Herman lo spera. La speranza è l’ultima a
morire, ma di fronte a Humphrey si dissolve in un attimo: il tizio, piuttosto
avanti con gli anni e ancora di più con i chili, sembra una balena
spiaggiata, ansimante e anche non propriamente profumato. L’unica cosa positiva è
che questo Humphrey è davvero un ottimo maestro e spiega dettagliatamente
come avvengono di solito le riprese, dando tutte quelle informazioni tecniche
che due attori dovrebbero sapere benissimo. Il viaggio via Mosca è
piuttosto lungo e prevede una sosta di tre ore a Istanbul, in attesa del volo
per Tashkent, in Uzbekistan. Che cosa si può fare nella zona internazionale
di un aeroporto turco in attesa di un volo? Herman e Rod hanno idee precise
sull’argomento e uno dei cessi dell’aeroporto rimane occupato per una
mezz’ora: evidentemente uno dei due ha problemi intestinali e l’altro lo
assiste. Non c’è altra spiegazione possibile. In Uzbekistan Herman e Rod
raggiungono la troupe che sta per iniziare le riprese del film. Sono tutti
alloggiati in un albergo di quindici piani, nella parte nuova della capitale.
Gireranno negli studi allestiti fuori città e poi si sposteranno in un centro
minore, alquanto distante da Tashkent. Ci sono già tutti gli
attori principali, tra cui quello scelto per impersonare Zohad:
Faizullah Karimov un gran
bell’uomo sui quaranta-quarantacinque, che ricorda vagamente Saedi. Rod e
Herman pensano tutti e due che sarebbe molto piacevole conoscerlo meglio. - Con questo Faizullah si potrebbe provare qualche cosa a tre… - Tu dici? - Herman, non mi dire che
non ti piacerebbe. - No, no. È che non mi
sembra facile. Ma magari, visto che io sono uno dei suoi ufficiali… - Se è per quello, io nel
film sono uno di quelli che lo inculano. - Bisogna vedere se è
disposto a fare le prove della scena fuori dal set… Nei primi giorni, Herman e
Rod cercano di orientarsi nella folla di persone che partecipano al film:
essendoci moltissimi personaggi e parecchie scene di massa, la troupe è
alquanto numerosa. A Herman e Rod interessa soprattutto individuare i loro
quattro bersagli, ma approfittano del lavoro di ricerca anche per individuare
maschi interessanti: le due cose non si escludono a vicenda. Dei quattro uomini che
devono eliminare, solo uno è sicuramente presente: si tratta di Vladimir Alexandrovsky, detto Pugaciov,
che, come Colton aveva prospettato, ha davvero una parte nel film. Intorno a
lui ci sono almeno dieci o dodici uomini che non fanno grandi sforzi per
nascondere il loro ruolo di guardie del corpo. Uno in particolare, che
risulta chiamarsi Vitaly, un vero e proprio Ercole, gli sta sempre appresso. Vladimir è sempre vestito
con un completo scuro, di Armani, scarpe italiane, camicia chiara e cravatta
(che cambia ogni giorno: deve possederne un centinaio, tutte di marca). Al
polso un bracciale d’oro, oltre al Rolex, e a due dita anelli anch’essi
d’oro, uno con un diamante e uno con un rubino. Malgrado il taglio elegante
dell’abito e gli accessori di lusso, non è certo un uomo raffinato. Ha un
viso squadrato, dai lineamenti forti, occhi chiari, capelli corti di un
castano tendente al rossiccio e un velo di barba: un bel maschio, dal vero
ancora più appetibile che in foto. Herman e Rod, essendo tra
i protagonisti, non fanno fatica ad avvicinare Vladimir, che tende a snobbare
gli attori che hanno parti secondarie. Il russo nel film è uno dei capi delle
tribù occidentali e perciò combatte a fianco di Rod. I due agenti cercano di
legare con lui, perché può sicuramente servire per portare a termine la
missione. Vladimir è un tipo espansivo, spaccone e alquanto esibizionista.
Parla in modo comprensibile l’inglese e vanta le sue conquiste femminili, la
sua resistenza all’alcol, la sua ricchezza, il suo coraggio, il suo cazzo, le
sue guardie del corpo (senza preoccuparsi di ciò che gli altri possono
pensare vedendo un attore con una dozzina di guardie). Herman e Rod gli danno
abbondantemente corda: servirà per impiccarlo meglio. Vitaly, che è sempre
presente, si limita ad annuire. Qualche volta Herman sospetta che Vitaly
capisca poco l’inglese, ma una sera in cui lo vedono senza Vladimir e gli
chiedono del suo capo, scoprono che se la cava abbastanza bene. Degli altri tre bersagli
non c’è traccia, in compenso di maschi interessanti ce ne sono diversi e i
due agenti provvedono a fare conoscenza con alcuni di loro. Girare il film si rivela
alquanto impegnativo. A volte un’unica scena viene ripetuta dieci o dodici
volte. Rod e Herman si chiedono chi gliel’ha fatto fare, ma la risposta è
semplice: Colton. Rod fa fatica a imparare
la parte (in realtà si applica poco). Per fortuna si tratta di agire più che
di parlare e quando si tratta di menare le mani, Rod se la cava benissimo,
tanto che anche nelle scene di massa viene spesso ripreso in primo piano, di
solito insieme a Vladimir. L’amicizia con il russo fa
progressi, perché Herman e Rod lusingano il suo amor proprio e si mostrano ammirati
delle prodezze di cui si vanta. Gli altri non compaiono e anche Colton, con
cui i due agenti sono sempre in contatto, non ha ricevuto nessuna
informazione sui movimenti dei tre. Parlando del film che
stanno girando, Vladimir prevede un grande successo personale in Russia. - Voglio vedere la mia
faccia su tutti i muri di Mosca, San Pietroburgo e ogni città fino a Vladivostock. - Ma non sei uno dei
protagonisti, dici che ti metteranno nei cartelloni? - In Russia farò stampare
io i cartelloni per il film e ti assicuro che ci sarò, ben visibile e con il
nome bello grande. Herman e Rod non chiedono
come mai sarà uno degli attori a occuparsi dei cartelloni pubblicitari in
Russia: Vladimir non ha nascosto di essere uno dei finanziatori del film e,
come ama dire, “oltre ai soldi ha anche altri buoni argomenti”. Probabilmente
i kalashnikov che Herman e Rod vedono nella stanza di Vladimir e in quelle
delle sue guardie: argomenti che in effetti non è possibile ignorare. Herman osserva: - È una buona idea. - Mi farò fare la foto a
cavallo, a torso nudo come Putin, con la lancia sollevata. Magari tu, Rod,
potresti comparire dietro di me, e dall’altra parte, in sovrapposizione, Zohad impalato. In realtà, se tutto va
come deve andare, l’unica foto di cui Vladimir avrà bisogno è quella per la
tomba. Le riprese in Uzbekistan
procedono secondo i tempi previsti. La troupe lascia Tashkent e si sposta in
una cittadina minore, Navoiy; durante il viaggio
c’è una sosta a Samarcanda, in modo che gli attori possano visitare la città.
Herman e Rod ne approfittano anche per fare conoscenza con due abitanti; non
vogliono confermare l’immagine degli inglesi altezzosi e scostanti. Giunti a Navoiy, si girano diverse scene di massa, utilizzando
come set soprattutto un’antica città e una vasta area pianeggiante ancora
intatta. Quando infine, dopo tre
settimane, la troupe parte per il Wadistan, non è
giunta nessuna notizia degli altri obiettivi da colpire. D’altronde è
previsto che l’incontro avvenga in Wadistan, per
cui non è strano che non si siano ancora presentati. Rod e Herman sono ormai
grandi amici di Vladimir e hanno fatto conoscenza con molti degli attori e
dei tecnici. Con qualcuno hanno approfondito il rapporto, dando vita a
interessanti scambi culturali a tre (in due casi anche a quattro), ma questo
non è rilevante per la vicenda narrata. Non sono riusciti a combinare niente
con Faizullah, ma Rod non
ha perso le speranze: secondo lui l’attore che impersona Zohad
deve provare a prenderselo in culo, per poter recitare meglio la scena della
violenza. Lo spostamento in Wadistan comporterà anche un parziale rinnovamento del
personale ed è probabile che facciano la loro comparsa altri bersagli. Per
gli attori è previsto un trasbordo aereo, mentre il materiale viaggia con i
camion. Il volo da Tashkent a Sayatpomorberuduq, famosa capitale del Wadistan, dura appena due ore. All’arrivo della troupe,
sembra di essere a Hollywood la sera degli Oscar: ci sono giornalisti e
fotografi. Al centro dell’attenzione c’è naturalmente Faizullah
Karimov, in quanto protagonista del film e famoso
attore, oltre al regista. Ma nel mirino finiscono anche altri personaggi, tra
cui il perfido traditore (Herman) e il feroce capo delle tribù occidentali
(Rod). Rispetto a quando sono stati arrestati al loro arrivo, essere accolti
dai flash dei fotografi è un notevole passo avanti. I giornalisti pongono
domande, ma Rod e Herman ritengono più saggio defilarsi, lasciando che siano
il regista, Karimov e Vladimir a rispondere. Le riprese riprenderanno
fra tre giorni, tempo che arrivino i materiali e sia completato
l’allestimento del set in una località a circa duecento miglia da Sayatpomorberuduq: si girerà ai piedi delle montagne per
due settimane, poi l’intera troupe si trasferirà nella capitale per le ultime
scene, riprese negli studi cinematografici. In attesa di partire per i
monti, gli attori hanno tre giorni di riposo, che possono dedicare alla
visita di Sayatpomorberuduq. Non che ci sia molto
da vedere: Sayatpomorberuduq è una città con un
centro completamente rinnovato, alcune aree residenziali lungo il fiume e una
vasta periferia spesso degradata. Della sua storia non sono rimasti molti
monumenti. Come programmato, il
giorno dopo il loro arrivo nella capitale Herman e Rod vanno a visitare la
mostra su Zohad. Non è che ci sia proprio una ressa
di visitatori (due, oltre a Herman e Rod), ma il Wadistan ha una densità di popolazione bassa, non ci sono
turisti e poi la mostra non è stata segnalata sulle principali riviste d’arte
mondiali (senza dubbio per un’inavvertenza o forse per il timore che faccia
concorrenza alle principali mostre di Roma, Londra, Parigi e New York; non va
esclusa la possibilità che l’omissione dipenda invece dalla difficoltà di
scrivere il nome della capitale). Herman e Rod svolgono la
loro parte di visitatori interessati. C’è da dire che in diversi quadri si
vede Zohad prima del supplizio ed è sempre
rappresentato come uno splendido maschio. Nei quadri ottocenteschi, Zohad ha le mani legate davanti, che coprono i genitali,
o è ritratto di schiena, ma nelle opere più recenti si vede bene l’eroe nudo,
alquanto dotato. Mentre guardano i quadri,
si avvicina un uomo. - Vedo che siete
stranieri. Vi posso spiegare qualche cosa di questa mostra? Mi chiamo Samir e
sono laureato in storia dell’arte. Il tizio che ha parlato è
probabilmente l’agente inviato da Saedi. Herman risponde: - Molto volentieri. Oltre tutto Samir è anche
un bel ragazzo, il che è un motivo più che sufficiente per fare conoscenza
con lui. - La mostra è ospitata in
tre sale e mescola opere di periodi diversi: quelle influenzate dalla pittura
dell’Ottocento russo; quelle del realismo socialista e infine quadri degli
ultimi decenni. Ecco, in questo quadro ottocentesco potete vedere chiarissima
l’influenza del pittore russo Vasilij Ivanovič
Surikov. In effetti l’influenza è
chiarissima, Herman stava per dirlo e Rod l’aveva già pensato. - La composizione, in cui
prevalgono le linee orizzontali, è divisa in tre parti di grandezza ineguale,
dalle due linee verticali costituite dal palo del supplizio e dal corpo nudo
di Zohad. La faccenda si mette male.
Non è che il tizio è davvero una guida? Rod sta già sbuffando. L’uomo intuisce che la
pazienza dei suoi ascoltatori sta raggiungendo il limite (evidentemente non è
una dote per cui i due brillano), per cui introduce l’argomento successivo. - E adesso passiamo a
quest’altro quadro, dove possiamo vedere quelle che noi chiamiamo le armi
particolari di Zohad. In effetti nel quadro Zohad è ben visibile, di fronte, e le sue armi
particolari sono in bella mostra. Herman sorride, si guarda
intorno (gli altri due visitatori sono passati in un’altra sala) e chiede: - Ci sono novità? - No, nessuna, per il
momento. Ma crediamo che stia per arrivare l’italiano. I tre parlano un momento
della situazione. Poi, esaurito l’argomento lavoro, Rod dice: - Volevamo chiedere una
cosa sulla mostra. Herman non voleva chiedere
un bel niente e non saprebbe proprio dire che cosa Rod intenda domandare, ma
conoscendolo, ha abbastanza chiaro in testa dove vuole arrivare. Samir, come
si è già detto, è un bell’uomo e non sia mai che un maschio appetibile passi
vicino a Rod senza che costui ci provi: Rod non farebbe mai torto a nessuno. - Prego, ditemi. - Ci sono alcuni quadri che
mostrano le battaglie vinte da Zohad e anche la
sconfitta finale. Ce ne sono diversi sul supplizio. Ma perché non ce n’è
nessuno in cui si vede Zohad che viene violentato? Samir sorride,
evidentemente divertito dalla domanda poco ortodossa di Rod. - Quadri di questo tipo
non potrebbero essere esposti in una mostra aperta al pubblico. Però il
soggetto è stato trattato da alcuni artisti, soprattutto in questi ultimi
anni. - Non si possono vedere
queste opere? Il sorriso di Samir si
allarga. - Posso procurarvi alcune
foto. Sono a vostra completa disposizione. La frase promette bene e
Rod coglie la palla al balzo. - Completa? Samir ride e annuisce.
Herman si dice che probabilmente Saedi ha avvisato il suo uomo dei gusti
degli agenti inglesi o almeno ne ha tenuto conto nella scelta del
collaboratore da inviare. Un pensiero davvero gentile da parte di Saedi. - Potremmo parlarne questa
sera in albergo. Ce la fai a portarci le foto? Secondo Herman si potrebbe
fare benissimo a meno delle riproduzioni di quadri che certamente non sono di
eccelso livello, ma Rod sembra tenerci. Samir risponde: - Alcune sì. L’appuntamento viene
fissato per le sei. Samir arriva davvero con
alcune immagini di quadri moderni e un fumetto, oltre alle armi (intendesi pistole
e mitragliette, non quelle particolari, che comunque ha con sé, non essendo
un eunuco): era suo compito portare ai due agenti il necessario e in effetti
ora Herman e Rod hanno un piccolo arsenale. I quadri sono abbastanza
espliciti, anche se non mostrano tutto. Il fumetto invece, probabilmente
rivolto a un pubblico gay, non nasconde nulla, per non dire che mette in
risalto tutti i dettagli. La qualità delle immagini non è eccelsa, ma
un’occhiata si può dare. Herman e Rod sarebbero più interessati a dare
un’occhiata a Samir, senza vestiti. - Interessante questo
fumetto. Lo vendono liberamente? - No, questo tipo di
pubblicazioni circola clandestinamente. Non è che al governo importi, ma se
lo vendessero nelle edicole, ci sarebbero proteste degli integralisti. Se
viene venduto di nascosto, allora nessuno dice nulla. - Ce ne sono molti, qui,
di integralisti? - No, in realtà pochi. I wadiri hanno una tradizione diversa dai popoli turchi
dell’Asia centrale. Hanno accettato l’Islam, ma non lo vivono con fanatismo. Herman non vorrebbe che la
conversazione proseguisse su questo binario: le tradizioni wadiri sono molto interessanti, ma il loro studio può
essere rimandato ad altro momento. Ci pensa Rod, con il suo solito tatto, a
imporre una sterzata. - So che qui in Wadistan sono anche ampiamente praticati i rapporti tra
uomini, sempre con lo stesso sistema di fare senza dirlo in giro. Samir sorride. Ha davvero
un bel sorriso. - Sì, Rod. Sei ben
informato sui nostri usi. - Bisogna sempre
prepararsi, quando si va in un paese straniero. Io sono prontissimo. Rod si infila la mano in
tasca e tira fuori un preservativo. Herman pensa che come al solito non ci ha
proprio girato intorno: per la carriera del diplomatico non è tagliato, per
fortuna ha scelto un altro lavoro. Samir si mette a ridere. - Saedi mi ha detto che
non perdete tempo. - Perché perderne? La vita
è breve, no? Che ne dici? La domanda potrebbe
vertere sulla brevità della vita o sulla proposta implicita. Samir, conscio
della brevità della vita, la intende come proposta. - Sono d’accordo. E per fugare ogni
ambiguità, si toglie la giacca. Herman e Rod lo imitano,
poi si avvicinano a Samir. Herman si mette davanti a lui e lo bacia sulla
bocca. Rod passa dietro, lo stringe tra le braccia e gli passa la lingua
dietro l’orecchio. Samir ha un buon profumo, di pulito, e la sua barba è
soffice. Anche la leggera peluria sul petto è soffice al tatto (per
appurarlo, Herman ha sfilato la camicia di Samir). Quella sul ventre invece è
più densa e meno morbida (per verificare è stato necessario calare pantaloni
e boxer). A questo punto Samir non ha più nulla indosso, mentre i due agenti
inglesi sono ancora semivestiti. L’esplorazione ha messo in
luce anche un cazzo di tutto rispetto e Herman decide di assaggiarlo. Perciò si
china davanti a Samir e prende in bocca l’appetitoso boccone. Il gusto è
buono, come il profumo: Samir, prevedendo ciò che sarebbe successo (un buon
agente deve essere in grado di prevedere tutte le possibilità), si è
preparato facendo una doccia e una pulizia accurata (un buon agente deve
sempre prepararsi con cura). A Herman non spiacciono gli odori e i sapori un
po’ forti, ma apprezza anche quelli più delicati: diciamo che non si pone
molti limiti (quasi nessuno sarebbe più esatto). E il cazzo di Samir è
davvero gradevole da gustare, più che mai ora che, grazie a un attento lavoro
della lingua di Herman, sta acquistando consistenza e volume. Herman ci dà
dentro, ma anche Rod non rimane inoperoso: la sua lingua scorre lungo il
solco del culo di Samir, le sue mani stringono le cosce, pizzicando. Ogni
tanto Rod assesta un morso deciso, facendo sussultare Samir. Poi Rod, che, com’è noto,
non è molto portato per le lunghe attese, preme sulla schiena di Samir,
forzandolo a piegarsi in avanti. Herman continua a lavorare con la lingua (è
molto attaccato al lavoro, non rinuncia facilmente), mentre Rod, dopo essersi
infilato il preservativo, avvicina la cappella all’apertura e, con la dovuta
lentezza, infilza Samir. L’agente wadiri geme: l’ingresso della mazza provoca dolore, ma
anche piacere. Anche la lingua di Herman, che scorre dalla base del cazzo
alla punta, e le sue labbra, che ora avvolgono la cappella, trasmettono un
brivido di piacere a Samir, che con un braccio si appoggia alla testiera del
letto. Rod dà inizio alla sua
cavalcata, caratterizzata, come sempre, da una grande resistenza, in grado di
sfiancare la cavalcatura. Herman prosegue con il suo lavoro e Samir, di fatto
disoccupato, si limita ad accarezzare la testa di Herman o a stringere il
culo di Rod, tendendo le braccia all’indietro, per poi tornare ad appoggiarsi
al letto, per evitare che le spinte di Rod lo facciano cadere in avanti. A un certo punto Samir
geme più forte: una serie di suoni inarticolati che sembrano terminare in un
singhiozzo, mentre rovescia il suo seme nella bocca di Herman. Rod viene poco
dopo. Herman non è venuto (anche
se non si può dire che sia rimasto a bocca asciutta). Ci pensa Samir, che
decide di ricambiare il favore: Herman si alza e Samir prende in bocca il
cazzo già teso. Non ci vuole molto perché l’agente inglese venga. Mentre si rivestono,
Herman chiede: - E sei davvero laureato
in storia dell’arte? - Sì, però al termine
degli studi ho fatto domanda per entrare nei servizi. Avevo voglia di fare
qualche cosa di utile per il mio paese e mi sembrava che questo lavoro fosse
più utile che insegnare storia dell’arte. Mentre finiscono di
rivestirsi, Samir chiede: - Conoscete qualche parola
di wadiri? Herman ride: - Solo buongiorno. - E tu, Rod? - Ciuk, gote e sikime. Herman aggrotta la fronte
e dice: - Che sarebbero? Samir sta ridendo a
crepapelle. Rod traduce: - Cazzo, culo, fottere.
Serve qualche cos’altro? - Dipende, che so, se vuoi
mangiare… - Basta andare in cucina e
indicare con il dito quello che vuoi. - Anche il cazzo e il culo
puoi indicarli con il dito. - Potrebbero fraintendere. Samir finisce di
rivestirsi e lascia i due agenti, che scendono a cena, alquanto affamati:
l’attività fisica mette appetito. Il set sulle montagne è
vicino a una cittadina di piccole dimensioni. Un intero albergo, di
costruzione recente, è stato requisito per alloggiare tutto il cast e buona
parte del personale. Il luogo è stato scelto
perché c’è ancora la neve e va benissimo per girare le scene invernali. In
effetti fa un freddo porco e i due agenti hanno pochissima voglia di andare
in giro. Passano alcuni giorni
senza novità significative, finché Samir non li informa che Massimo Gargiulo è arrivato: risulta essere uno dei tecnici del
suono. Herman lo vede il giorno
dopo. Non deve avere più di trent’anni e visto dal vivo appare davvero
belloccio: un corpo ben proporzionato e forte, un viso inquadrato da una
barba cortissima, baffi e capelli anch’essi molto corti, di colore castano
scuro. Herman lo osserva a lungo (bisogna studiare bene il proprio
bersaglio). Herman fa fatica a
collegare l’uomo che sta facendo colazione con quello che gli ha descritto
Colton, anche se chiaramente è la stessa persona. Massimo non sembra proprio
un boss della camorra. Si direbbe un informatico o un designer, non un
criminale psicopatico. Lo vedresti più a suo agio con i-phone
e tablet che con un coltello. Per il momento Herman e
Rod non si avvicinano. Passano invece molto tempo con Vladimir, che ormai li
considera i suoi migliori amici, e con Vitaly (impossibile stare con Vladimir
se non c’è anche Vitaly: Herman si chiede se Vitaly lascia che Vladimir vada
al cesso da solo). - Rod, Herman, questa sera
voglio andare a puttane. Qui sul set non c’è una fica che valga la pena.
Venite anche voi? Siete miei ospiti. È Rod a rispondere: - Perché no? Vengo
volentieri. Sai dove andare? Non so se qui c’è qualche cosa di decente. - In questo buco del culo
di posto? Non c’è niente. Il mio autista ci porta alla capitale e ci riporta
qui in tempo per le riprese di domani. Rod annuisce. - Io ci sto. Tu che ne
dici, Herman, vieni anche tu? - Scherzi? Duecento miglia
su queste strade del cazzo per raggiungere Sayatcomecazzsichiama?
Tempo di arrivare, una sveltina e se partite subito ben che vada riuscirete a
tornare domani mattina per la colazione, con le occhiaie. Il truccatore farà
fatica a dare alle vostre facce un aspetto normale. Vladimir ride: - Tanto guida l’autista.
Mentre noi smaltiamo la sbornia. E io non recito domani. - Vi lascio andare.
Divertitevi anche per me. Herman non ha nessuna
intenzione di andare a puttane: con le donne non prova gusto. Neanche Rod, ma
a lui tira sempre e fa bene a non scontentare Vladimir. Intanto, visto che è
da solo, Herman studierà un po’ la situazione. In particolare la situazione
da studiare ha un nome e cognome: Massimo Gargiulo. A cena, Herman fa in modo
di sedersi nel tavolo a fianco di quello di Massimo. Ogni tanto gli lancia
un’occhiata e si accorge che anche Massimo lo sta guardando: uno sguardo
leggermente insistente, che promette bene (ovviamente Herman vuole fare
conoscenza solo per la missione, non perché Massimo è un bell’uomo). Herman
allora risponde con un sorriso, che fa fine e non impegna. Massimo si alza e
si avvicina al tavolo. - Posso presentarmi? Sono
Massimo Piscopo, un tecnico del suono. Quindi Massimo ha un
cognome falso. Non che questo cambi qualche cosa. Per quanto riguarda Herman,
potrebbe anche chiamarsi Mickey Mouse: per quello che deve fare con lui e per
quello che vorrebbe fare con lui (due cose molto diverse, che però, come
abbiamo già rilevato, possono essere indicate entrambe con lo stesso verbo)
il cognome è del tutto irrilevante. - Piacere, Herman Craig,
sono uno degli attori, ma probabilmente lo sai già. Siediti. Massimo si siede di fronte
a Herman. L’agente prosegue: - Non ricordo di averti
visto in Uzbekistan. - No, sono arrivato da
pochi giorni. - Di dove sei? Il nome è
italiano, ma parli l’inglese benissimo. Massimo parla un inglese
perfetto, con appena un vago accento straniero. - Sì, sono di Napoli. - Non sembri italiano. Massimo ride. - E perché mai? Dovrei
andare in giro con il mandolino? I soliti stereotipi: gli italiani sono tutti
mafiosi, i russi si ubriacano di vodka, gli inglesi sono finocchi, i tedeschi
amano gli animali e picchiano i bambini… Herman vorrebbe dire che
Vladimir alza spesso il gomito con la vodka, che lui e Rod sono gay e che
Massimo stesso non sarà mafioso, ma è camorrista: se non è zuppa, è pan
bagnato. Di tedeschi sul set non sembrano essercene, quindi su quello
stereotipo non è in grado di pronunciarsi. - Gli inglesi finocchi?
Non l’avevo mai sentita questa. - Ma le altre sì, vero? - In effetti. Però hai
dimenticato che gli scozzesi sono avari. Ridono entrambi. Poi
Massimo riprende: - Vi vedo spesso insieme
al russo. - Sì, Vladimir è un altro
degli attori, il braccio destro del mio amico Rod nel film. Abbiamo fatto
amicizia con lui in Uzbekistan. È simpatico. - Inglesi e russi non
fanno spesso amicizia. - Perché no? Noi inglesi
siamo riservati, i russi sono più socievoli e ci pensano loro a rompere il
ghiaccio. Comunque adesso sei tu che vai a stereotipi. - Pure tu ci sei
ricascato: “gli inglesi riservati”, “i russi socievoli”… Di nuovo ridono. Massimo è
simpatico. Non sembra certo uno psicopatico capace di omicidi particolarmente
efferati. Ma Herman fa un lavoro in cui chi si fida delle apparenze di solito
non diventa vecchio. La diffidenza non garantisce la sopravvivenza, ma di
certo aiuta. - Gli stereotipi hanno
spesso un fondo di verità. Herman crede di aver
capito dove vuole arrivare Massimo e gli va molto bene, perché anche lui
vorrebbe raggiungere la stessa meta (sempre soltanto per compiere la
missione). Però sa anche che questo bell’uomo davanti a lui è pericoloso, per
cui sarà meglio essere prudenti. Difficile che Massimo sospetti qualche cosa,
ma non si sa mai. Herman prosegue: - Possiamo verificarne
uno… Massimo sorride e dice: - Di sicuro intendi quello
sugli italiani mafiosi. - E come lo verifico? - Ti riempio di piombo. - Non mi piace, preferisco
provare con un altro stereotipo. - Quello dei russi
ubriaconi? Herman fa una smorfia e
replica: - Va bene, come non detto. Massimo sorride di nuovo e
conclude: - Lo verifichiamo in
camera mia? Herman e Massimo
raggiungono la camera dell’italiano. Appena sono dentro, Herman
si avvicina a Massimo e lo bacia sulla bocca. L’italiano non si tira
indietro, anzi: spinge la lingua in avanti, dentro la bocca di Herman, che
accetta questa invasione senza opporre resistenza (e quando mai? In fatto di
sesso Herman ha la stessa capacità di resistenza dell’esercito di San
Marino). I preliminari proseguono,
tra baci, carezze, strette vigorose, piccoli morsi, mentre viene avviato uno
spogliarello. Al termine i due uomini si guardano e sono entrambi soddisfatti
di ciò che vedono: niente di strano, visto che hanno tutti e due un bel corpo
e una buona attrezzatura. Massimo ha una peluria leggera sul torace, nel
solco tra i pettorali, e al ventre. Ha tre piccoli tatuaggi: una rosa dei
venti sul braccio destro, un sole stilizzato intorno all’ombelico e un
intrico di linee sopra il capezzolo sinistro. L’antipasto ha stuzzicato
l’appetito, come è chiaramente visibile dalla posizione delle armi, ormai
sollevate. Massimo passa dietro a
Herman, che ora può sentire il cazzo dell’italiano appoggiato contro il suo
culo. L’idea che tra poco lo gusterà gli piace alquanto (solo perché questo
gli permetterà di conquistare la fiducia di Massimo e portare a termine il
piano), ma Massimo non sembra avere fretta. Stringe forte Herman tra le
braccia, gli morde una spalla, un orecchio, poi si china e assesta un morso
deciso al culo. -Ahia! Massimo prosegue con una
serie di morsi, ora leggeri, ora più decisi, poi avvicina la lingua al solco
e lo percorre, tre volte, dall’alto in basso, risalendo. La quarta volta si
ferma al buco e preme. Herman geme di nuovo. Cazzo! Massimo ci sa fare. Dopo qualche altra bella
slinguata e un po’ di morsi, Massimo fa stendere Herman sul letto, sulla
schiena. Prende un preservativo e se lo infila, poi ripiega le gambe di
Herman, in modo da sollevare un po’ il culo. Lentamente preme e affonda la
sua arma dentro Herman, che geme di piacere. Massimo si ritrae ed esce
completamente, poi avanza di nuovo, affondando il cazzo nel culo dell’agente
fino alle palle. Intanto le sue mani percorrono il corpo di Herman,
stringono, pizzicano, scorrono, con una forza sempre maggiore. Man mano che
Massimo prosegue nella sua cavalcata, Herman sente il dolore provocato dalle
dita che stringono martoriando il culo, che lo colpiscono sul viso, che
sembrano voler stritolare i suoi capezzoli. Il dolore cresce, ma Herman non
si sottrae, non dice a Massimo di moderarsi. I colpi attizzano il suo
desiderio, tendono il cazzo allo spasimo, dilatano il suo piacere, come il
cazzo di Massimo dilata il suo culo. Anche quando Massimo gli afferra i
coglioni, stringendo con forza, nel gemito di Herman c’è tanto dolore quanto
piacere. Le mani sembrano voler stritolare, mentre Massimo chiude gli occhi e
con una rapida successione di spinte violente viene dentro il culo di Herman.
E anche Herman viene, spargendo il seme sul proprio ventre e sul torace. Massimo esce da lui e si
rialza. Herman distende le gambe, esausto e dolorante. - Cazzo, Massimo, non mi
avevi detto che eri sadico! - Solo un po’. Ma tu sei
masochista. - Solo un po’. Ridono tutti e due, ma
Herman sa che si ritroverà diversi lividi, domani. E i coglioni gli fanno
male. Rod, Vladimir e Vitaly
sono sdraiati nella grande stanza che hanno preso al miglior bordello di Sayatpomorberuduq (non che la capitale del Wadistan offra quella grande varietà di bordelli, ma ce
ne sono comunque alcuni). Hanno fatto un giro a tre, scambiandosi le tre
puttane che hanno preso per la notte. Rod ci ha dato dentro per dovere
d’ufficio ma vedere Vladimir e Vitaly scopare è alquanto stimolante. Ci sanno
fare tutti e due e Vitaly ha una dotazione extra: uno dei rarissimi casi in
cui Rod si trova in condizione di inferiorità. È stata una mezza gara tra
i tre e Vladimir propone: - Ce ne facciamo una
quarta? Vitaly dice qualche cosa
in russo. Rod alza le spalle. Vladimir dice alle tre
prostitute di andarsene ed esce, nudo, nel corridoio. Grida, in inglese: - Ne vogliamo altre tre. Vladimir ha lasciato al
gestore una somma equivalente al bottino di una rapina in una banca della
City, per cui nessuno ha da obiettare se si fa vedere nel corridoio nudo e in
pochi minuti altre tre ragazze (due un po’ stagionate) arrivano nella grande
camera. Vladimir non ce la fa. Gli
sforzi per far alzare la testa a chi ormai se ne sta mogio mogio non ottengono nessun risultato: Vladimir è già
venuto tre volte nelle due ore precedenti e ha bevuto troppo. Anche Rod ha
bevuto parecchio, ma ha fatto attenzione a non ubriacarsi. Vitaly ha bevuto
come una spugna, ma sembra del tutto refrattario agli effetti dell’alcol. Vitaly lo piglia per il
culo, in russo (Rod non capisce una parola di russo, a parte khuy, zadnista e yebat, che
secondo lui vogliono dire cazzo, culo e fottere: come si diceva, conoscenze
di base, ciò che davvero serve, insomma. Ma il tono ironico di Vitaly e la
replica scocciata di Vladimir non lasciano dubbi). Rod ce l’ha duro, come
pure Vitaly. Entrambi si danno da fare per la quarta cavalcata. E guardando
il toro da monta che fotte vicino a lui, Rod pensa che vorrebbe provarlo
anche lui, nel ruolo di cavaliere. Ha però l’impressione che per cavalcare il
toro bisognerebbe averlo prima legato ben bene, per non finire disarcionati e
incornati. Quando hanno finito, sono
tutti e due esausti. Rod guarda il grande cazzo
di Vitaly, che è steso vicino a lui. Se non avesse bevuto alquanto, forse non
direbbe nulla. Ma l’alcol gli ha regalato una gradevole sensazione di euforia
e ha abbassato il livello di guardia. Perciò Rod dice: - Secondo me non ce la fai
più a farlo tornare duro. Vladimir ride, una risata
da ubriaco. Vitaly non ride. In un inglese comprensibile dice: - Scommettiamo? - E che cosa? - Mille dollari. Rod scuote la testa. - Che me ne faccio di
mille dollari? - E allora, che cosa vuoi
scommettere? Rod finge di rifletterci
un momento, poi dice: - Se mi viene duro e a te
no, te lo metto in culo. E poi ride, come se avesse
fatto una battuta. Vitaly ghigna. - Va bene, Rod. Affare
fatto, chi vince lo mette in culo all’altro. - E se viene duro a tutti
e due? Fottiamo Vladimir? È Vladimir a rispondere,
ridendo: - Col cazzo! - Certo, io fotto con il
cazzo. Tu con che cos’altro fotti? Vladimir ride di nuovo. - Stronzo! Se vi viene
duro a tutti e due, vi pago un’altra puttana. I due concorrenti
incominciano a smenarsi il cazzo. Rod non ci mette
molto a capire che ha esaurito le riserve: è venuto quattro volte e adesso
gli ci vogliono alcune ore per riprendersi, non ha più vent’anni. Vitaly
invece, pur non avendo neanche lui vent’anni, non sembra avere nessun problema:
il cazzo gli torna duro in men che non si dica e a vederlo così da vicino,
sapendo che tra poco gli entrerà nel culo, Rod si dice che ha commesso un
errore. Gli farà un male bestiale. Eppure una parte di lui ha anche voglia di
provare. Quello che invece gli
brucia è lo smacco subito: non è abituato a perdere. Vladimir congeda le
prostitute. Rod prende dalla giacca
una bustina di lubrificante: ci vorrà tutta, per reggere la mazza di Vitaly.
Rod lubrifica ben bene. Poi dice, a denti stretti: - Pago il mio debito.
Mettiti il preservativo. Vladimir ride. - Non ci sono preservativi
che vadano bene per Vitaly. Si rompono. - Merda! Se Vitaly non usa mai un
preservativo, i rischi sono grossi. Ma ormai è troppo tardi per tornare
indietro. Vitaly dice qualche cosa
in russo, Vladimir ride di nuovo. Rod si appoggia al letto,
le gambe ben divaricate. Vitaly si avvicina e preme la cappella contro il
buco, poi la spinge dentro. Rod ha la sensazione che lo stiano impalando. Non
è possibile che questa pressione che gli dilata l’apertura oltre ogni limite
sia solo il cazzo di Vitaly, dev’essere una mazza
da baseball. Il dolore cresce, violento, a ogni spinta. Rod prova un vago
senso di nausea. Vorrebbe sottrarsi a questo palo che lo trapassa, ma non può
fermarne l’avanzata. Vitaly lo schiaccia contro il letto con il suo peso. Rod
si dice che non riuscirà a reggere. Si accorge di sudare abbondantemente, a
tratti ha dei conati di vomito, che cerca di controllare. Vitaly spinge,
avanti e indietro, instancabile, e ogni avanzata è una nuova fitta. Rod
chiude gli occhi, vorrebbe cancellare Vitaly e il palo che gli sfonda il
culo, ma il russo sa come farsi ricordare. Quando infine Vitaly
viene, Rod crolla a terra. Il culo gli fa un male cane. Rod chiude gli occhi,
appoggiato al letto. Gli sembra di fluttuare in un dormiveglia, in cui solo
il dolore al culo gli impedisce di sprofondare completamente. Quando Rod riapre gli
occhi, Vladimir sta dormendo sul pavimento, accanto a Vitaly. Rod si solleva.
Lungo una gamba e a terra c’è seme con un po’ di sangue. - Merda! Muovendosi a fatica Rod
sale su uno dei letti e si stende. Cerca l’interruttore della luce e la
spegne. È l’alba quando l’auto che
trasporta Rod, Vladimir e Vitaly incomincia a salire lungo la strada che
porta alle montagne. L’autista guida piano, perché quando ha bevuto troppo
Vladimir vomita facilmente e se questo accade l’autista corre seri rischi. Dopo alcuni tornanti,
Vladimir si sveglia e urla: - Fermati, devo pisciare! Rod e Vitaly, che stavano
dormendo della grossa, si svegliano tutti e due. Anche loro hanno la stessa
esigenza. I tre scendono. Rod si muove con una certa fatica. L’effetto della
bevuta colossale gli è passato quasi completamente, è rimasto solo un senso
di euforia, ma il male al culo gli impedisce di muoversi con scioltezza. Si
dice che ce l’avrà per un bel po’. Fa un freddo becco, ma
nessuno ci fa caso. Si mettono di fianco, sul ciglio della strada, e tirano
fuori gli uccelli. Incominciano a pisciare. Rod guarda il buco che il piscio
caldo scava nella neve, poi dà un’occhiata all’uccello di Vladimir, alla sua
destra e a quello fenomenale di Vitaly, alla sua sinistra. Vitaly sta
guardando verso di lui e ghigna. Rod sorride, mentre pensa che sarà un
piacere fottere (sempre nei due sensi della parola, anche nei tre, se ce ne
fosse un terzo) questo russo superdotato. Poi Vitaly ritira l’uccello. Rod
alza lo sguardo. Il sole illumina già le vette delle montagne, tingendo la
neve di rosa. È uno spettacolo magnifico. Rod pensa che non
dev’essere male la vita del mafioso. Scopare, bere, farsi scarrozzare. Rod si
dice che se rivelasse i loro piani, Vladimir magari accetterebbe di prenderlo
con sé. Rod potrebbe fottere Herman (nei due sensi di cui sopra) e poi
associarsi alla mafia russa. E probabilmente finire crivellato di pallottole
nel prossimo scontro con una banda rivale o con la polizia. Tutto sommato, un
buon modo di andarsene. Rod ride. L’aria fredda
gli trasmette un brivido e dissolve il residuo di euforia dell’alcol.
Dall’auto Vladimir lo chiama, la voce ancora impastata dalla vodka della
notte: - Muoviti, Rod, o ti
molliamo qui. - Vengo, vengo. Rod risale in auto,
sorride a Vladimir e Vitaly, pensando che li ammazzerà tutti e due, poi
appoggia la testa e si rimette a dormire. Quando arrivano, è ora di
colazione: Herman aveva previsto giusto. Herman sta bevendo il tè in
compagnia di Massimo e Rod si siede al loro tavolo. Essendoci l’italiano, non
racconta della nottata, ma si limita a osservare Massimo (esclusivamente per
lavoro) e a chiacchierare un po’ con lui. Herman pensa che all’italiano
probabilmente non spiacerebbe una cosa a tre. Si può fare (anche se sarà un
sacrificio, soprattutto per Rod). Al termine della colazione Rod, che non
deve girare in mattinata, sale in camera per dormire ancora un po’. Herman
invece è impegnato tutto il giorno nelle riprese. Si vedono appena a pranzo,
ma non hanno modo di parlarsi senza avere altri tra i piedi. Si ritrovano solo a cena,
in compagnia di Vladimir e Vitaly. Vladimir dice a Herman: - È stata una grande
serata. - Bene, sono contento per
voi. - Vitaly e Rod hanno fatto
una gara. Herman ha qualche sospetto
sul tipo di gara (se uno va a un bordello, difficilmente si tratterà di una
gara di bocce o di pattinaggio sul ghiaccio), ma chiede: - Ah sì? In che cosa
consisteva? - Nel vedere a chi veniva
duro più volte. Il premio era il culo dell’altro. - E come si è conclusa? Vitaly ride: - Chiedi al culo di Rod. Herman sorride. Quando poi
si trova solo con Rod, gli chiede: - E com’è il cazzo di
Vitaly? - Superlativo.
Un’elefantessa ne sarebbe entusiasta. Da come lo dice, Rod non
deve avere gli stessi gusti delle elefantesse. Non ci sono più scene da
girare tra le montagne. Le ultime verranno riprese negli studi vicino alla
capitale, per cui la troupe rientra in città. Il giorno dopo il loro
arrivo, Samir li avvisa che è arrivato anche l’Egiziano, insieme a tre suoi
collaboratori. È ospite di una moschea della capitale, dove dovrebbe tenere
alcuni sermoni: la sua presenza non appare quindi legata al film che viene
girato. Non si hanno invece
notizie del cinese, ma l’incontro dev’essere ormai vicino: manca una
settimana alla fine delle riprese. Samir spera di riuscire a individuare il
luogo e il giorno, grazie ai suoi informatori e agli agenti che ha
sguinzagliato, ma non è detto che ci riesca. Herman e Rod cercano di
stare il più possibile vicino a Vladimir, nella speranza di cogliere qualche
indizio. Herman ci prova in forma
diretta: - Che ne diresti se domani
o venerdì andassimo a provare il ristorante che c’è in piazza della Libertà? Vladimir dice: - Venerdì sera no, ho un
impegno. Meglio domani. Dato che Vladimir non ha
mai altri impegni serali, venerdì potrebbe essere il giorno giusto. La
conferma arriva da Samir la sera stessa. L’agente ha anche scoperto che
l’incontro avverrà in un edificio di otto piani, in mezzo alla città. Rod gongola: è ovvio che
non si possono sganciare bombe o razzi sulla capitale del Wadistan.
I droni sono fuori gioco: ci si può divertire un po’. Rod contatta Colton ed
esordisce dicendo: - L’incontro avverrà in
città. Non è possibile usare certi mezzi. - Merda! Non lo dici solo
perché vuoi farlo in altro modo? - No, è così. Colton è incazzato.
D’altronde non è proprio pensabile sganciare qualche bomba in città. - Merda! Le priorità le
conoscete. Cercate di beccarne almeno due. - Almeno tre. Sul quarto, Rod non si
sbilancia: far fuori uno che non si sa dove stia, non è così facile. Sia
Samir, sia i due agenti continuano a ignorare dove possa essere il cinese.
Rod e Herman non l’hanno visto sul set e Samir assicura che non è entrato nel
paese negli ultimi giorni: i pochi voli e i valichi di frontiera sono tutti
sorvegliati. A questo punto bisogna
agire sugli altri tre. Herman, Rod e Samir stabiliscono un piano d’azione,
poi si separano (dopo aver provveduto a un bis della loro attività
preferita). Il giovedì sera Herman e
Rod parlano con Vladimir. - Vladimir, tu domani sera
hai una riunione in centro città con altri tre. Vladimir guarda Rod
perplesso. - Che cazzo ne sai? Rod sorride: - Abbiamo molte
informazioni. Vecchi amici di qui; ne sono rimasti pochi, purtroppo. - Vecchi amici? Che cazzo
intendi? - Sì, ne avevamo parecchi,
qui. Li hanno fottuti tutti. Vladimir ha un sospetto e
dice: - Facevate parte del Mansoor? - Sì, Vladimir, lavoravamo
per Hami. Ci aveva reclutato per alcune azioni in Inghilterra. Poi quei
fottuti americani hanno fatto saltare il palazzo e Hami è crepato. Ma ci sono
rimasti alcuni amici. Per questo siamo qui. Vladimir è sconcertato.
Non si aspettava che i suoi due amici inglesi avessero a che fare con il
mondo in cui lui si muove abitualmente: pensava che fossero davvero solo
attori. - Che cazzo ne sai della
riunione? - Parecchio. Ci sarete tu,
Massimo Gargiulo che finge di essere Massimo
Piscopo, Liu Tong e
quell’altro tizio, come cazzo si chiama, ibn Cazzein in-Cul, l’Egiziano,
insomma. Vladimir non ride. È
furente. Non capisce come sia possibile che qualcun altro sia al corrente di
una riunione che doveva essere segretissima. - Può darsi. E che cazzo
vuoi dirmi sulla riunione? - È una trappola. Per
eliminare te. O, meglio, la riunione si terrà davvero, ma dopo aver eliminato
uno dei partecipanti, quello che gli altri considerano il più forte. Non
vogliono che l’Asia centrale finisca nelle tue mani. Che Vladimir detto Pugaciov sia considerato dagli altri l’avversario più
forte è una balla, nella graduatoria stilata da Colton Vladimir è l’ultimo,
non il primo, ma Vladimir è perfettamente convinto di essere davvero il pesce
più grosso, per cui abbocca all’amo senza dubbi. - Merda! Non è possibile. - Ha organizzato tutto il
cinese, con la complicità dell’Egiziano. All’italiano va bene, preferisce
trattare solo con gli altri due. Nessuno di loro vuole voi russi qui. Siete
troppo numerosi, troppo presenti, troppo forti, finireste per prendere il
controllo della situazione. - Cazzo, ma come è
possibile? Ci avevano dato tutte le garanzie. No, non ci credo. - Senti, se non ci credi,
cazzi tuoi, per noi non c’è problema. Hai solo da andare alla riunione, tanto
la scena dello stupro l’abbiamo già girata, per cui il regista può anche fare
a meno di te. Vladimir non dice nulla
per un buon momento. Sembra sul punto di esplodere. - Questa la pagheranno
cara. - Possiamo darti una mano.
Abbiamo un conto da saldare: sono stati quei due a far sapere agli USA dove
si trovava Hami. Non direttamente. Liu Tong ha anche fatto fuori uno dei tuoi, Karelev. - Karelev
era uno stronzo e ha fatto la fine che si meritava. Ma non pensavo che
l’avessero fatto fuori i cinesi. Lui non voleva questo accordo, voleva
conquistare l’Asia centrale con la forza. Credevo che fosse stato il Mansoor a farlo secco… Vladimir ride: - Magari voi due. Quella di Vladimir è solo
una battuta, ma ha azzeccato in pieno. Questo però Rod non lo dice. Conta di
dirglielo solo alla fine, quando gli darà il premio. - Non sappiamo se anche il
Mansoor ci ha messo lo zampino, può darsi
benissimo. Noi stavamo lavorando in Inghilterra in quel periodo, ad altri
progetti che non sono andati avanti perché hanno fottuto Hami. Vladimir riflette un buon
momento. - Domani sera nessuno di
noi potrà portare armi. Ognuno sarà accompagnato da due dei suoi uomini, che
rimarranno di guardia alle scale, quattro al piano di sopra e quattro al
piano di sotto. Gli ascensori saranno bloccati. - Quattro uomini per
gruppo, quindi uno per ognuno di voi. Se tre sono d’accordo, all’insaputa
dell’altro, lo possono fare facilmente fuori. E poi verranno a far fuori te,
suppongo: se sono d’accordo in tre, non c’è davvero nessuna difficoltà.
Oppure ammazzano te e i tuoi uomini appena arrivate. Non lo so, non so qual è
il loro piano, Rod ghigna e aggiunge: - Ma se ci vai, lo puoi
scoprire. - Merda! Quelli la devono
pagare. Non me ne vado senza averli ammazzati. Herman ha lasciato che Rod
conducesse il gioco, ma ora interviene: - Noi siamo con te,
Vladimir, abbiamo diversi conti in sospeso con quelle merde. Ma dobbiamo
capire come muoverci. Quelli non sanno che ti abbiamo informato, ma staranno
comunque in guardia. - Bisogna ammazzarli prima
di domani sera. - Dobbiamo organizzarci
bene. Non è facile. Quel fottuto cinese non sappiamo neanche dove si
nasconde. - Lo so io: in una
lavanderia. È la loro base qui, ci tengono di solito due dei loro uomini. Il
cinese è arrivato ieri, è entrato clandestinamente in Wadistan. Herman sorride: - Noi abbiamo degli
informatori tra i nostri vecchi amici, ma vedo che anche tu non scherzi. - Questo incontro è troppo
importante per lasciare qualche cosa al caso. So anche che probabilmente ci
sono degli agenti inglesi infiltrati, qui. - Cosa? - Sì, ci avevano avvisato.
Probabilmente qualcuno dei tecnici della luce o del suono. Sono quasi tutti
inglesi. I miei uomini li tengono d’occhio. Hanno alcuni sospetti, ma nessuna
certezza. Herman guarda Rod, come se
fosse preoccupato (le lezioni di teatro di Ian
tornano utili): - Cazzo, Rod, se quelli
scoprono che facevamo parte del Mansoor… - O ci impiccano qui o ci
sbattono in galera appena mettiamo piede in Inghilterra. Dei due preferisco
la seconda. Ma non possono scoprirlo, siamo due attori, Herman, due attori
importanti. Vladimir interviene: - Dobbiamo preparare un
piano. E non abbiamo molto tempo per pensarlo e realizzarlo. I tre discutono a lungo. È
meglio che siano Herman e Rod a fare secco il cinese, che non li conosce.
Vladimir dà loro tutte le informazioni in suo possesso sulla lavanderia, che
si trova non lontano dal centro della città. Far fuori l’Egiziano è più
complicato: è sempre accompagnato da altri tre uomini e di rado lascia la
moschea. Vladimir e i suoi uomini cercheranno di organizzare un attacco
durante il trasbordo dalla moschea al luogo dell’incontro. Non è facile agire
in città, ma Vladimir ha parecchi agganci e conta di farcela. Quando infine il piano è
stato elaborato, Rod chiede: - Che facciamo con Gargiulo alias Piscopo? - Sei sicuro che sia
informato anche lui del piano? - Certo! Non ha preso lui
l’iniziativa, ma ha aderito e i suoi uomini parteciperanno. - Bisogna ammazzare anche
quel fottuto bastardo. - Potremmo farlo alla
riunione. Tu arrivi per primo, come se niente fosse. Avvisi i tuoi uomini di
far fuori le due guardie di Massimo. Di certo non si aspettano di essere
uccisi, prendendoli di sorpresa non sarà difficile. Noi possiamo darti una
mano. Rod e Herman contattano
Samir per dirgli della lavanderia dove si trova Liu
Tong. Samir gli ritelefona dopo mezz’ora. Ha
raccolto tutte le informazioni in possesso dei servizi sul negozio. Il luogo
era già noto: pochi mesi or sono due cinesi sono scomparsi nel nulla e alcuni
elementi fanno pensare che siano stati attirati nella lavanderia e poi
uccisi, ma su questo non ci sono certezze e le indagini non hanno portato a
niente. In capo a due ore, Samir fornirà a Herman e Rod una pianta e una
descrizione del locale. Il mattino dopo Rod e
Herman camminano per le strade della città. Sono vestiti elegantemente, in
giacca e cravatta, nonostante il caldo, e hanno in mano ognuno una cartella:
due uomini d’affari europei o americani. Entrano in un bar e si prendono un
Martini. Ma Herman, chiacchierando animatamente, rovescia l’aperitivo sulla
propria giacca. - Cazzo! E adesso? Non
posso andare a pranzo così! - Cerchiamo una
lavanderia, te lo smacchiano subito. Herman chiede al barista
dove può trovare una lavanderia. Ce n’è una gestita da cinesi proprio vicino,
in una viuzza laterale. Herman e Rod si avviano,
seguendo le indicazioni ricevute. In effetti nella seconda via che incrocia
il corso c’è una lavanderia. Herman e Rod entrano. Il negozio è piccolo, con
un bancone che divide a metà lo spazio. Dietro, oltre una tenda, c’è una
stanza dove i capi vengono lavati e asciugati e di fianco un’altra dove
dormono i due uomini che gestiscono la tintoria. Rod e Herman conoscono
benissimo la pianta della lavanderia: l’hanno studiata con attenzione prima
di venire nel quartiere. Al banco c’è un uomo che
sembra abbastanza giovane. Herman si toglie la giacca e fa vedere la macchia. - Ho bisogno che me la
puliate, subito. L’uomo non parla inglese,
ma chiama l’altro. Herman ripete la sua richiesta. - Vedo che cosa posso
fare. L’uomo scompare nel
retrobottega con la giacca. Herman lo segue, insistendo. - Mi serve in fretta. Non
posso ritornare in albergo a prendere un’altra giacca, abbiamo un pranzo
d’affari. Non posso mica presentarmi con la giacca sporca. Mi raccomando, non
me la rovinare. Herman continua a parlare,
come se fosse molto preoccupato per la sua giacca. L’uomo che è rimasto al
banco segue Herman, mettendogli una mano sul braccio, per fermarlo: non è
previsto che i clienti entrino nel retrobottega. Herman tira fuori dal
portafogli un biglietto da venti dollari, poi apre la borsa, come per cercare
altri soldi. Intanto Rod, che è rimasto solo nel locale d’ingresso, mette il
fermo alla porta. Poi apre la borsa, ne prende la pistola con il silenziatore
e passa nell’altra stanza. I due cinesi si voltano
verso Rod. Rod spara subito all’uomo vicino a Herman, colpendolo al cuore.
Herman, che ha preso la pistola dalla borsa, spara all’altro, quello che ha
in mano la sua giacca: anche il suo colpo raggiunge il bersaglio al cuore.
Poi i due agenti si precipitano nell’altra stanza: anche se hanno usato il
silenziatore, il rumore secco dei due colpi è perfettamente riconoscibile da
chiunque si intenda di armi. E non si diventa il capo di una grande
organizzazione criminale se non si conoscono le armi. Liu Tong, perché
di lui si tratta, ha già afferrato la pistola, ma non fa in tempo a sparare:
i proiettili sparati dai due agenti lo raggiungono al petto, al braccio, poi
al ventre e a una gamba. Liu Tong crolla a
terra. Stringe ancora la pistola, ma Rod preme con violenza il tacco della
scarpa sulla mano, costringendolo a lasciare l’arma. - Mio caro Liu Tong, sei arrivato alla
fine della corsa. Liu Tong guarda i
due agenti. Sa benissimo di essere un uomo morto. Dice qualche cosa in
cinese. Non deve trattarsi di un saluto amichevole, ma i due agenti non se ne
preoccupano. Rod appoggia la pistola contro la nuca di Liu
Tong, che si tende. Dopo un attimo, Rod spara due
volte. Il corpo rimane immobile. Herman e Rod ritornano
nell’altra stanza e controllano che i due uomini siano morti, come in effetti
è. Herman si rimette la giacca, ancora macchiata (non è colpa del lavandaio,
a cui non hanno proprio lasciato il tempo di pulire). Poi cercano la chiave
della porta principale. Non c’è. Probabilmente è nel cassetto del bancone.
Herman spia da dietro la tenda: nel vicolo non sembra esserci nessuno. Herman
passa nel locale d’ingresso e apre il cassetto. La chiave è lì, insieme a un
foglio stampato, con una corda per appenderlo: non conoscendo il wadiri, non sanno che cosa ci sia scritto, ma sarà
senz’altro CHIUSO o TORNO SUBITO. Herman e Rod attaccano
alla maniglia della porta il cartello ed escono. Rod si guarda intorno, come
se cercasse la direzione da prendere, in modo da coprire Herman, che intanto
chiude a chiave la tintoria. Poi raggiungono la strada principale, percorrono
un lungo tratto e prendono un taxi, facendosi lasciare a un altro albergo.
Infine raggiungono il loro, da dove avvisano Colton e Samir che i bersagli
sono solo più tre. Dopo aver mandato i due
messaggi in codice, Rod telefona a Vladimir. - Ciao, Vladimir, sono
Rod, abbiamo fatto la nostra commissione... Cosa?! Merda! C’è un’altra pausa, poi
Rod conclude. - Scendiamo subito. Chiusa la comunicazione,
Rod dice: - Prendi le armi e
andiamo. L’Egiziano e i suoi uomini se ne sono andati. - Merda! Avranno
sospettato qualche cosa? Ma come cazzo…? Non possono sapere che abbiamo
fottuto Liu Tong. Come è
possibile? - Bisogna ritrovarli.
Merda! Sì, bisogna assolutamente
ritrovarli. L’Egiziano è il bersaglio numero uno e non può scappare così.
Mentre escono, Rod riferisce quanto gli ha detto Vladimir al telefono: il
russo sa dove l’Egiziano e i suoi uomini si sono diretti. Conclude: - Vladimir ci aspetta
sotto. Hanno mezz’ora di vantaggio. La macchina di Vladimir è
davanti all’albergo, con il motore acceso. Dietro ce n’è un’altra. Rod e
Herman salgono sull’auto di Vladimir, in cui c’è anche Vitaly. L’autista
parte, alla massima velocità possibile in città. Non appena escono dalla
capitale, l’autista accelera e la macchina incomincia una folle corsa, con
sorpassi in curva, tratti contromano, improvvise sterzate (per evitare quelli
che si ostinano a procedere nella loro corsia) e altre manovre che definire
azzardate è un eufemismo. Rod e Herman si dicono che è un miracolo se non si
schianteranno. Intanto Vladimir, del
tutto indifferente allo stile di guida del suo autista-kamikaze, riassume la
situazione: - Abbiamo scoperto che l’Egiziano
se n’è andato con i suoi uomini, dopo aver raccolto armi e bagagli. Deve aver
subodorato qualche cosa. - Ma come hanno fatto a
sospettare? - Non lo so. Forse hanno
cercato Liu Tong e non
l’hanno trovato. Magari avevano un numero per mantenersi in contatto. - Ma l’abbiamo fatto secco
sì e no mezz’ora fa. Nessuno lo sa. Herman non sta a dire che
sono informati solo il vice dei servizi segreti inglesi e il braccio destro
della sezione antiterrorismo del Wadistan:
probabilmente Vladimir non sarebbe felice di scoprirlo e non è il caso di
dargli un dispiacere. Herman è una persona molto sensibile, come abbiamo già
detto. Mentre l’auto evita un
camion (perdendo solo lo specchietto retrovisore, il che, vista la guida
dell’autista, è davvero un prezzo minimo), Herman chiede: - Non è che qualcuno dei
tuoi uomini può essersi lasciato sfuggire qualche cosa? - Sapevano solo che
dovevano tenere d’occhio quegli stronzi, non che avremmo fatto secco
l’Egiziano. - Ma com’è che non si sono
accorti che si stavano preparando ad andarsene? - Hanno fatto tutto molto
in fretta. Forse sospettavano qualche cosa. Dovevano essere già pronti. Come
dici tu, devono aver saputo della morte del cinese e sono partiti subito.
Merda! - Merda! L’esclamazione di Rod non
esprime accordo con Vladimir: a provocarla è la visione di un TIR che sta
venendo addosso all’auto. In realtà il TIR procede dalla sua parte della
strada, ma l’auto no: ha fatto un sorpasso più suicida che azzardato. L’autista evita il TIR e
riprende la sua corsa, come se niente fosse. Herman e Rod
godono di ottima salute e il loro sistema cardiocircolatorio dev’essere
perfetto, altrimenti un bell’infarto non gliel’avrebbe tolto nessuno. I russi
non battono ciglio: devono essere abituati a questo stile di guida. Fortunatamente, man mano
che si allontanano dalla città, il traffico cala. Il Wadistan
ha una densità di popolazione alquanto bassa e le strade non sono molto
affollate. Quando poi l’auto svolta, prendendo una strada laterale, non si
vede più nessuno. Se non fosse che la strada, sterrata, si inerpica sul
fianco di una montagna e che la macchina sembra avere due ruote fuori dalla
strada a ogni curva (sopra un precipizio che diventa sempre più vertiginoso),
Herman e Rod potrebbero sentirsi più tranquilli. Dietro di loro l’altra auto
li segue, guidata con lo stesso stile. I due agenti si dicono che se
sopravvivranno alla guida, in confronto al viaggio lo scontro con il gruppo
dell’Egiziano sarà uno scherzo. Il paesaggio che possono
vedere salendo è davvero mozzafiato: una successione di grandi montagne che
si innalzano dalla pianura, alcune coperte di boschi fin quasi alle cime
innevate, altre con pareti rocciose scoscese, dai profili irregolari; ovunque
una vegetazione fitta, che contrasta con l’aridità della pianura. Ma i nostri
due agenti, forse perché sono a corto di fiato per altri motivi, non
apprezzano molto la visione dei monti (e soprattutto quella del precipizio
che a ogni curva sembra spalancare le fauci per divorarli). Al termine della salita,
superano un passo e la strada attraversa un vasto altopiano brullo, in parte
ancora coperto da neve. Ai lati della strada non ci sono precipizi e il
rischio si riduce a quello che la macchina si rovesci su se stessa: è già un
bel progresso. Vladimir dice a Vitaly
qualche cosa e questi tira fuori da un borsone quattro mitragliette. - Sapete usarle? Rod sorride: - Credi che uno potesse
lavorare per il Mansoor senza saperle usare? Vladimir annuisce. - Dobbiamo ammazzarli
tutti, ma l’Egiziano non lo facciamo crepare subito. - Prima bisogna
raggiungerli. Vladimir fa un cenno con
la testa verso il parabrezza. Guardando in avanti Herman e Rod possono vedere
una nuvola di polvere. - Devono essere loro. Rod annuisce. Visto che da
quando hanno svoltato non hanno incrociato o superato nessuno, è probabile
che l’auto sia quella dell’Egiziano. - Avviso gli altri. Vladimir prende il
cellulare e telefona agli uomini che sono sull’altra auto. Trasmette alcune
istruzioni in russo, poi riattacca. L’autista accelera ancora.
Herman si chiede come cazzo sia possibile. Probabilmente tra un po’ l’auto
decollerà e potranno eliminare l’Egiziano sganciando una bomba. La distanza tra le due
auto ormai è molto ridotta. Gli occupanti sono chiaramente arabi. Purché si
tratti davvero dell’Egiziano e non di qualche tranquillo turista arabo che ha
sbagliato strada: l’ultimo errore della sua vita. A fugare ogni dubbio ci
pensa uno degli uomini sul sedile posteriore dell’auto, che si sporge, con un
mitra in mano: anche sull’altra auto hanno capito che la macchina che si sta
avvicinando non è quella di un turista curioso di vedere le montagne del Wadistan. Vladimir si sporge dal
finestrino e spara, ma manca il bersaglio. Anche l’arabo fa fuoco, ma la
raffica non centra l’auto. In effetti mirare da un’auto che corre su una
strada sterrata e con fondo irregolare, cercando di centrare un’altra auto
lanciata a velocità forte, che sbanda, non è proprio facile. A Herman va meglio. Ha
preso la pistola, che in questi casi gli va meglio della mitraglietta, e mira
al tipo che si sporge dal finestrino. Il colpo lo becca in pieno, perché la
mitraglietta cade sulla strada e l’arabo si accascia, probabilmente cadavere
o aspirante tale (con ottime probabilità di ottenere il risultato quanto
prima). L’autista russo ha
piantato un’ulteriore accelerata e, sbandando paurosamente, ha accostato
l’altra auto. Con una brusca sterzata, la urta. La macchina degli arabi,
speronata, sbanda e finisce fuori strada. Non si rovescia, ma fa una serie di
testa e coda. Intanto l’autista ha frenato, ma, data la velocità, questo ha
richiesto un po’ di tempo. L’altra auto russa ha invece fatto in tempo a
frenare e ne sono scesi quattro uomini con le mitragliette spianate. Scendono
di corsa e si avvicinano all’auto degli egiziani. Uno alza l’arma e con una
sventagliata fa secco l’autista e il passeggero al suo fianco. Sul sedile
posteriore c’è già un cadavere. È rimasto solo l’Egiziano, che apre la
portiera e si lancia in un inutile tentativo di fuga, tenendo in mano una pistola. Uno degli uomini punta la
pistola e spara un unico colpo. Colpito a una gamba l’Egiziano crolla a
terra. Gli uomini gli sono addosso. L’Egiziano è disteso inerte, ma quando i
russi si avvicinano, si solleva su un gomito e spara. Uno dei russi lancia un
grido e cade a terra: Rod e Herman, che stanno arrivando, si dicono che
Abdallah ha un’ottima mira. Anche i russi però non scherzano e il colpo
sparato da uno degli uomini ferisce l’Egiziano al braccio. La pistola cade a
terra. L’Egiziano è ferito, ma
vivo, come voleva Vladimir, che ora arriva. Guarda il corpo del suo
uomo, che giace riverso al suolo, si avvicina all’Egiziano e gli molla due
calci alle costole, rovesciandolo sul dorso (e rompendogli le costole stesse,
Herman e Rod ne sono sicuri). Poi un altro micidiale calcio ai coglioni
strappa un urlo ad Abdallah, che inveisce in arabo (Herman non conosce
l’arabo; Rod sa solo tre parole, inutile spiegare quali, ma è evidente che
Abdallah non sta dicendo cose gentili, come spesso succede a chi si è preso
due pallottole e tre calci, di cui uno ai coglioni). Vladimir si rivolge a
Vitaly con un cenno del capo. Vitaly si china e abbassa
i pantaloni di Abdallah ibn Hussein. Rod e Herman
guardano la scena, chiedendosi che cosa intenda fare Vitaly. Questi volta
l’Egiziano sulla pancia, con un calcio. Herman formula il suo
dubbio: - Vuole metterglielo in
culo? Rod risponde: - Mi sembra una buona
idea. Vitaly sembra davvero
intenzionato a inculare l’Egiziano. Gli sfila completamente i pantaloni e gli
allarga le gambe. Poi però, invece di abbassarsi i calzoni, avvicina la canna
del mitra che stringe in mano al buco del culo di Abdallah e la spinge dentro
con un movimento deciso. Abdallah grida. Herman si limita a dire: - Cazzo! Vitaly preme il grilletto
e il corpo viene dilaniato da una raffica che sembra non finire mai. Il
cadavere di Abdallah sussulta, mentre i colpi lo attraversano, spargendo
ovunque brandelli di tessuti e sangue.
Herman commenta: - Credo che l’Egiziano
avrebbe preferito il tuo cazzo o persino quello di Vitaly. - Tutto sommato lo credo
anch’io. Però non è niente male questo modo di fottere uno. Vladimir è soddisfatto. Si
rivolge ai due agenti, dicendo: - Vitaly è bravissimo.
Abbiamo fatto lo stesso scherzetto a un giudice e due poliziotti tanto
coglioni da rifiutare quello che gli offrivamo per lasciar perdere certe
indagini. Gente così si merita un mitra in culo. E se becco quei due fottuti
agenti inglesi che devono far parte della troupe, gli facciamo fare la stessa
fine, vero Vitaly? Vitaly annuisce, un
sorriso ferino in faccia. Herman si chiede se Vladimir non sospetti qualche
cosa: potrebbe averli presi con sé proprio per eliminare anche loro lontano
dalla città. Anche Rod deve aver avuto lo stesso pensiero, perché Herman nota
la tensione nel braccio dell’amico che tiene la mitraglietta. Ma Vladimir non allude a
loro. Si avvicina al cadavere, si sbottona i pantaloni e si mette a pisciare
su quanto resta del corpo. Vitaly lo imita. Rod nota che ha il cazzo mezzo
duro. Anche a lui evidentemente piace uccidere. Chissà se gli piacerà anche
essere ammazzato? Rod spera di scoprirlo presto. Vitaly in realtà non è
nell’elenco degli obiettivi, ma dato che sta sempre appiccicato a Vladimir,
sarà inevitabile far fuori anche lui. Un lavoro extra, ma per la causa si fa
questo e altro. Il cadavere del russo
ucciso viene caricato nel bagagliaio dell’auto. Prima che le due vetture
ripartano, Herman dice a Vladimir: - Forse è meglio che tu
dica agli autisti di non correre. Per evitare che qualcuno ci noti, visto che
abbiamo un cadavere a bordo e le armi con cui sono stati ammazzati quattro
uomini. Vladimir annuisce e dice
qualche cosa in russo. Dal modo in cui partono gli autisti, Herman non è così
sicuro che abbia detto di non correre, ma forse rispetto all’andata la guida
è meno folle: talvolta l’auto è persino nella corsia giusta e di solito non
ci sono mai più di due ruote sul precipizio. Tornando in città, Herman
pone il problema del terzo boss da eliminare: - Adesso bisogna capire se
Massimo ha degli informatori e se sospetta o meno che i suoi due complici
sono stati fatti fuori. Vladimir osserva: - Se non sospetta niente,
possiamo farlo fuori questa sera, alla riunione, come abbiamo previsto. Herman propone: - Se però ha dei sospetti,
non è detto che vada alla riunione. E in ogni caso, visto che erano d’accordo
tutti e tre per ucciderti, è probabile che si fossero messi d’accordo per
parlarsi, prima. Un’ultima conferma, per coordinare l’azione. Questo non è vero, visto
che nessuno intendeva far fuori Vladimir, almeno per quel che ne sa Herman.
Ma non si può escludere che avessero davvero deciso di sentirsi per una
conferma prima dell’incontro e può darsi che Massimo abbia degli informatori
che possano sapere della morte del cinese o della scomparsa dell’Egiziano. - Che proponi di fare? - Credo che possiamo farlo
Rod e io. Ho fatto conoscenza con lui. Se riesco ad agganciarlo… che ore
sono? Mentre lo dice, Herman dà
un’occhiata all’ora. Sì, sono appena le due. Prima della riunione ci sono
diverse ore e forse Herman può convincere Massimo a fare un bis e in questo
caso sarebbe l’ultima volta che Massimo scopa. Massimo è sul set. Herman
gli si avvicina e lo saluta. - Ciao, bello. - Ciao, Massimo. Ne hai
ancora per molto? - No, ho quasi finito. Che
ne è della tua ombra? - Rod, intendi? In città
per qualche faccenda. - E tu sei disoccupato e
hai pensato al buon Massimo. Herman ride. - Messo così non suona
benissimo. Guarda che Rod non ha niente in contrario per una seduta a tre. Anche a quattro, cinque o
sei, ma non è il caso di andare nei dettagli. - Ci sarà anche lui? - No, è in città. Magari
prima che ce ne andiamo tutti dal Wadistan
combiniamo per un trio. - Perché no? Ma oggi va
bene noi due. Ti va bene tra un’ora in albergo? Sto alla 426. - Tra un’ora in camera
tua, allora. Si direbbe che Massimo non
abbia il minimo dubbio. Ma uno dei russi lo terrà d’occhio, senza farsi
notare, per garantirsi che non riceva telefonate. All’ora fissata, Herman
bussa alla porta della camera. Massimo viene ad aprirgli con indosso
l’accappatoio: si è appena fatto una doccia. Appena Herman è dentro la
stanza, lascia che l’accappatoio scivoli a terra. Herman si dice che Massimo
ha davvero un bel corpo. Tra non molto sarà un cadavere, ma prima di arrivare
a quello stadio, avrà modo di gustare ancora il suo cazzo. Herman si spoglia anche
lui. Non ha armi: Rod lo deve raggiungere mentre lui tiene occupato Massimo.
In che cosa consista il “tenere occupato” è senz’altro chiaro ai lettori. Dopo qualche carezza e
bacio, Herman si stende sul letto, a gambe larghe. Massimo si corica su di
lui e lo infilza con una spinta decisa. - Cazzo! Massimo gli ha fatto un
male bestiale. Herman sta per dirgli che è uno stronzo o qualche cosa del
genere, quando si ritrova un coltello puntato alla gola. - E adesso mi dici chi sei
e che cazzo vuoi da me, stronzo. Herman ha capito di essere
nei guai, ma fa lo gnorri. - Che cazzo hai, Massimo?
La scena in cui mi tagliano la gola devo ancora girarla, non è il caso di
anticipare. - Senti, tu e quell’altro
figlio di puttana siete qui per qualche motivo. E ci giurerei che siete stati
voi con Pugaciov a far fuori l’Egiziano. Massimo sembra
maledettamente bene informato. Probabilmente, anche se sul set sembra essere
l’unico italiano, ha degli uomini che controllano ciò che avviene. Herman si
dice che forse hanno visto salire lui e Rod sull’auto di Vladimir quando sono
partiti all’inseguimento dell’Egiziano. E quando hanno saputo che il tizio
era morto, hanno fatto due più due. Il che significa una sola cosa: merda! - E chi sarebbe ‘sto
egiziano del cazzo? - Lo sai benissimo, stro… Massimo non finisce la
frase: un colpo secco e Herman lo sente abbandonarsi su di sé. Rod afferra
Massimo e libera Herman dal peso che premeva su di lui. - Meno male che sei
arrivato. Sospettava e credo che avesse l’intenzione di farmi fare una brutta
fine. Rod annuisce. - Penso anch’io, ma non
intendo permettere a nessun altro di farlo. Voglio ammazzarti io. Rod è davvero premuroso. Rod piscia sulla testa di
Massimo che si risveglia, ancora intontito dal colpo che Rod gli ha dato con
il calcio della pistola. - Ben svegliato. Avevi
capito un po’ di cose, ma non sei stato abbastanza furbo. Massimo guarda Rod con
odio, mentre si rialza. - Siete in combutta con i
russi, vero? - Sì, diciamo di sì.
Finché ci serve. - Bastardi. Rod sorride. Non è la
prima volta che qualcuno gli dà del bastardo. Certamente neanche l’ultima, se
non l’ammazzano presto. Rod punta la pistola, ma
Massimo dice: - Usa il coltello,
stronzo. Ce li hai i coglioni per farlo? Rod ghigna. - Perché no? - È nel cassetto. Herman passa dietro a
Massimo e gli blocca le braccia. Rod appoggia la pistola sul letto e si
spoglia in fretta. Herman non si stupisce di vedergli il cazzo duro: Rod
pregusta quello che sta per fare. Rod apre il cassetto e ne
estrae il coltello. Si avvicina a Massimo. Il corpo nudo di Herman
preme contro quello di Massimo e il contatto ha un certo effetto. Herman si
rende conto che anche a Massimo sta venendo duro. Herman si dice che è
assurdo, ma anche a lui in situazione di pericolo succede la stessa cosa. Rod è davanti a Massimo,
il cazzo in tiro, magnifico in tutta la sua potenza di maschio. - Prima di finirti, ti
fotterò, Massimo. Massimo lo guarda, senza
dare segno di paura. - Fa’ quello che vuoi,
bastardo. Rod vibra un colpo al
basso ventre, subito sopra il cazzo. Massimo emette un gemito, mentre la lama
squarcia e il sangue sgorga. Rod ritira il coltello.
Sorride. Ha il cazzo ancora più teso, ora, rigido come la lama del coltello
che stringe. Un secondo fendente lacera il ventre di Massimo all’ombelico.
L’italiano non è più in grado di reggersi e crollerebbe se Herman non lo
sostenesse. - Lascialo, Herman. Herman obbedisce. Massimo
crolla a terra. Rod lo stende, con due
calci gli allarga le gambe, poi si infila il preservativo, si stende su di
lui e lo infilza con un colpo secco. Massimo impreca e insulta
Rod, una smorfia di dolore sul viso. Rod fotte Massimo con tutta l’energia di
cui sa dare prova (Herman potrebbe garantire che è davvero tanta). Ogni tanto
Massimo grugnisce qualche insulto, ma Herman non capisce l’italiano (Rod sì, è stato in Italia in passato). Quanto sta arrivando alla
fine, Rod dice: - Stai per crepare,
Massimo. Herman è sicuro che
l’italiano lo ha già capito: è intelligente e poi due coltellate in pancia
sono un messaggio piuttosto chiaro. In quel momento suona il
cellulare di Herman, che guarda il display: il numero è quello di Vladimir.
Herman risponde: - Sì, Vladimir? - A che punto siete? - Quasi alla conclusione. - Allora saliamo. Vladimir e Vitaly arrivano
poco dopo. Rod li accoglie con un
grugnito, mentre continua a fottere Massimo. Poi si rivolge a Vitaly: - Questo lo ammazzo io,
Vitaly, chiaro? Vitaly annuisce. Rod si
volta di lato, costringendo anche Massimo a mettersi sul fianco sinistro. Poi
mena un altro fendente al ventre, subito sopra l’ombelico. Massimo emette un
grido strozzato. Rod vibra altre due coltellate al torace, mentre viene
dentro Massimo. Questi geme un’ultima volta, poi si affloscia completamente.
Solo le dita delle mani si contraggono in un movimento spasmodico. Allora Rod
gli taglia la gola e si alza, lasciando che il cadavere ricada sul pavimento. Rod va a farsi la doccia.
Intanto con un calcio Vitaly volta il cadavere di Massimo. Poi prende il
coltello con la sinistra, si china e con la destra afferra cazzo e coglioni,
mentre Vladimir spiega: - Coltello, lo chiamavano
così, lo faceva sempre ai suoi nemici. Di solito quando erano ancora vivi. Ne
ha diritto anche lui, non ti pare? Herman annuisce: la
faccenda non lo turba. Vitaly taglia con un movimento deciso della lama, che
sembra recidere senza sforzo. Poi si sposta e infila nella bocca spalancata
di Massimo il suo trofeo. Rod intanto è tornato e i
due agenti si rivestono. - OK, Massimo ha raggiunto
il cinese e l’Egiziano. Vladimir concorda: - Ottimo, lavoro
completato. Non ancora, manca ancora
uno dei quattro, il meno importante, ma Herman e Rod ci tengono a fare un
lavoro completo: sono seri e soprattutto molto motivati. - Senti, Vladimir, questa
sera sarà chiaro che tu hai ammazzato – o fatto ammazzare – gli altri tre. - Che cazzo dici? La
polizia non può arrivare a noi. - Non penso alla polizia,
che non può risalire a noi, Vladimir, è vero. Siamo tre attori del film che
hanno quasi finito di girare. Ma cinesi, italiani e integralisti sanno
benissimo che i loro capi dovevano incontrare te e che i loro capi sono
morti. Se non lo sanno, lo scopriranno molto presto. Tu sei l’unico
sopravvissuto dei partecipanti alla riunione, per cui le organizzazioni
penseranno subito a te. Devi fare attenzione. Vladimir ride: - Sono abituato a essere
un bersaglio. - Non è meglio che tu
lasci l’albergo per un po’? Noi abbiamo una base del Mansoor
qui vicino. Vuoi che ti ci portiamo? Nessuno può risalire a
quell’appartamento. I tuoi uomini possono rimanere qui, così gli altri non
sospettano che tu non ci sia. Vitaly può accoglierli se vengono a cercarti
questa notte. E secondo me verranno. - Può essere un’idea. Che
ne dici, Vitaly? Vitaly sorride. L’idea di
“accogliere” quelli che vengono ad ammazzare Vladimir evidentemente gli
sfagiola. Però poi Vitaly osserva: - E tu rimani senza
guardie del corpo, capo? Herman dice: - Nessuno lo andrà a
cercare là. Se vuoi possiamo fermarci Herman e io con te per la notte,
Vladimir. I lupi si propongono per
proteggere l’agnello, ma dato che l’agnello è convinto di essere una tigre,
non si preoccupa minimamente. L’appartamento è in
effetti una base, ma messa a disposizione dai servizi segreti del Wadistan, non dal Mansoor, che
non esiste più. Appena entrati, Herman va
a prendere una bottiglia di vodka, da cui Vladimir si serve un bel bicchiere. Intanto Rod dice: - Sono tutto sudato. Mi
faccio una doccia. Rod incomincia a
spogliarsi - Sì, è una bella idea. Anche Vladimir si spoglia.
Mentre lo fa, si accarezza il cazzo, in modo da farlo crescere un po’ di
volume e lunghezza. Gli piace farsi vedere nudo e ben dotato. Herman lo guarda,
sorridendo. Poi incomincia a spogliarsi anche lui, lentamente. Rod è già sotto la doccia.
Quando ha finito, esce, senza chiudere l’acqua e torna in salotto,
asciugandosi con un telo. - Sotto a chi tocca. Vladimir va a lavarsi.
Herman sorride: questa volta tutto fila liscio; Vladimir non è intelligente
come Coltello. Vladimir torna pochi
minuti dopo, asciugandosi. Il cazzo è ancora più grosso di prima: deve
esserselo smenato un po’ per farsi vedere. Herman
lo guarda: ha davvero un gran bel corpo, con i muscoli ben definiti, una
peluria molto leggera e un piccolo tatuaggio sul ventre. - Ci voleva proprio una
bella doccia. Rod è girato verso la
scrivania, con un bicchiere nella sinistra. Si volta verso Vladimir. Nella
destra ha la pistola, puntata verso il russo. Anche Herman prende la pistola,
per prudenza, se per caso Vladimir cercasse di attaccare Rod o scappare. Ma
lascia che sia il suo amico a condurre il gioco: sa che gli piace ammazzare.
E infatti a Rod sta venendo duro in fretta ed è, come sempre, una bella
vista. - Che cazzo fai, Rod? - Sai Vladimir, detto Pugaciov, avevi ragione. Il tuo amico Karelev
lo abbiamo fottuto noi. E avevi anche ragione sulla riunione: nessuno voleva
farti fuori. - Cosa? Figli di puttana! - Sei ingenuo, Vladimir.
Bevi tutto. Vladimir è stato ingenuo,
in effetti, ma non è stupido e ha capito benissimo che adesso tocca a lui. - Merda! Chi cazzo siete? - I due agenti inglesi, Pugaciov, quelli che ti sarebbe piaciuto far fuori. Con
il compito di fottere quattro figli di puttana. Tre li abbiamo fatti secchi.
Adesso è il turno del quarto. - Merda! Schifoso
bastardo. Io… Vladimir non dice altro.
Nulla di ciò che potrebbe dire servirebbe a qualche cosa. Guarda Rod, mentre
stringe i pugni rabbioso. C’è una tensione palpabile nell’aria, come c’è nel
cazzo di Rod, ormai ritto, e in quello di Herman, che si sta riempiendo di
sangue. A Rod piace quest’attesa e
non spara subito. Vladimir scuote la testa. - Pezzo di merda! Rod spara, poco sotto
l’ombelico. L’impatto del proiettile spinge Vladimir contro la parete, mentre
il sangue sgorga, abbondante, dalla ferita. Rod sorride. Si avvicina a
Vladimir. La canna della pistola è a una spanna dal ventre del russo, puntata
in basso, poco sopra il cazzo. Rod spara di nuovo.
Vladimir emette un grido strozzato. Poi dice: - Merda! Il russo scivola contro la
parete, fino a ritrovarsi seduto sul pavimento. Rod è in piedi davanti a lui: - C’è un’altra cosa,
Vladimir, che devi sapere. A me piace fottere quelli che ammazzo. L’affermazione non è del
tutto esatta: a Rod piace fottere qualunque maschio (o quasi). L’ammazzare è
un extra. Rod afferra Vladimir con
la sinistra e lo spinge a terra. Gli allarga le gambe. Poi gli infila la
pistola in culo. Vladimir sussulta e dice qualche cosa in russo. Rod ride. Rod fa un cenno a Herman,
che gli lancia un preservativo. Se lo mette, poi toglie la pistola. Incula
Vladimir con una spinta decisa e sente con piacere la carne che cede a
fatica. Il russo urla parole incomprensibili. Rod ci dà dentro e Herman
guarda affascinato il movimento a stantuffo del culo peloso di Rod, che
avanza e arretra, mentre il peso del suo corpo schiaccia a terra Vladimir e
una pozza di sangue si allarga sul pavimento. Vedere Rod al lavoro è sempre
uno spettacolo superlativo e a Herman non dispiace rimanere a guardare. Rod
ci dà dentro con grande vigore e Herman si dice che Vladimir deve avere un
male al culo bestiale, che si aggiunge al dolore delle due pallottole. Vladimir impreca, più
volte, grida parole incomprensibili. Poi urla, in inglese: - Finiscimi, bastardo. - Non ho fretta, Vladimir. Quando infine sta per
venire, Rod preme la pistola contro la nuca di Vladimir. - Pronto, Vladimir, per un
viaggio di sola andata all’inferno? - Figlio di puttana! Vladimir incomincia a
ripetersi, ma il suo patrimonio di insulti in inglese non è così vasto. Rod
ride e spara. Ogni tensione nel corpo di Vladimir si scioglie. Rod riprende a
spingere vigorosamente, finché il piacere lo avvolge e si scioglie nel getto
di seme che si rovescia nelle viscere del cadavere. Rod si abbandona sul corpo
del russo. Poi si alza. Guarda Herman e dice: - Come vedi, li abbiamo
fatti fuori tutti e quattro, senza droni del cazzo. Colton pensava che non ne
saremmo stati capaci. Rod guarda il cadavere
steso ai suoi piedi. - Cazzo, è una meraviglia!
Fottere un figlio di puttana che poi ammazzi. Che cosa c’è di meglio? Herman sorride
dell’entusiasmo del suo amico. Intanto Rod solleva la pistola e la punta su
Herman. - Che ne diresti se lo
facessi anche con te? Rod sta scherzando, Herman
ne è sicuro. Quasi sicuro. - Credo che ne saresti
capace, Rod. E che ti piacerebbe. Non sa perché l’ha detto.
È la verità, ma perché dirlo? Sta provocando Rod? Herman non saprebbe
spiegare, ma avverte, come gli capita sempre di fronte a un pericolo, la
tensione crescere e il cazzo tendersi. Rod annuisce. - Sì, mi piacerebbe un
casino. Sforacchiarti, fotterti, ammazzarti mentre ti fotto e venire nel tuo
cadavere. E mentre Rod parla, Herman
può vedere che il cazzo del suo amico si tende di nuovo. C’è un momento di
confusione nella testa di Herman. La gola è secca. Gli verrebbe da provocare
ancora Rod, come ha fatto Massimo, chiedendogli se ha davvero i coglioni per
farlo. Per un momento a Herman pare di essere in bilico su un precipizio, con
una grande voglia di precipitare. Ma è solo un attimo. Herman scaccia il
pensiero e sorride. - Per questa volta
potresti fottermi senza sforacchiarmi. Che ne dici? Rod ride. Abbassa la
pistola. - Per questa volta va
bene. Herman prende il telefono. - Prima però avvisiamo
Samir e Colton. Rod non ha molta voglia di
aspettare. Sono tutti e due nudi e con il cazzo in tiro. Herman prende il
telefonino e Rod afferra Herman, spingendolo sul letto. Rod è infoiato, anche
se è venuto da poco, e l’ingresso è molto deciso. Herman esclama: - Cazzo! Chiude gli occhi. Il
dolore è bestiale, ma Rod non si ferma: spinge con violenza, come se volesse
trapassarlo con il suo cazzo. Herman compone il
messaggio in codice e lo manda ai due numeri di Samir e Colton. Poi molla il
telefonino e si abbandona alle spinte violente che lo squassano. C’è più
dolore che piacere, oggi, ma anche quel dolore è godimento. Herman si chiede
se il giorno in cui Rod lo ammazzasse, anche quello sarebbe piacere. - Oh, merda! Le ultime spinte di Rod
sono intollerabili. Rod grugnisce, poi si affloscia su Herman. - Sai, Herman, credo che
dopo che ti avrò fatto secco, mi mancherà un po’ il tuo culo. È quasi una dichiarazione
d’amore. In ogni caso è il massimo che si può pretendere da Rod. Samir telefona e dice a
Rod e Herman di andarsene in giro per due ore e poi di tornare in albergo.
Come hanno già fatto per Massimo Gargiulo e per Liu Tong, provvederanno a far
sparire il cadavere di Vladimir: nessuno deve sapere che i tre sono stati
ammazzati, in modo che ognuno dei gruppi sospetti degli altri. Però è meglio
che gli uomini che faranno sparire i cadaveri non vedano Rod e Herman:
nessuno deve poterli collegare all’omicidio. Samir conclude: - Spero che non abbiate
combinato un puttanaio, come con il Gargiulo. Per eliminare
davvero tutte le tracce avremmo dovuto far saltare in aria la camera. - Colpa dei russi. Non è proprio la verità,
ma la scusa è buona. - Tra due ore i russi
saranno in galera. - Buono. In effetti è necessario: i
russi sanno benissimo che loro erano con Vladimir e se Vladimir non
ricompare, Herman e Rod rischiano grosso. Samir chiude la
comunicazione. Rod osserva: - Anche Samir, come
Colton, dice che lasciamo sempre un puttanaio. Tutti ossessionati dalla
pulizia! Herman dà un’ultima
occhiata alla stanza. In effetti Vladimir ha perso parecchio sangue, ma con
Coltello la stanza era ridotto molto peggio. I due agenti escono,
cercando di non farsi notare da nessuno, e se ne vanno a spasso, in attesa
che passino le due ore previste. Quando Rod e Herman
arrivano all’albergo, c’è un grande fermento: parecchi membri della troupe
sono nella hall, riuniti in capannelli. Vedendo entrare Rod e Herman, due dei
tecnici con cui hanno fatto conoscenza (carnale) durante le riprese, si
avvicinano loro. - Sapete le ultime
notizie? - No. Che cosa è successo? - Hanno arrestato tutti i
russi, tranne l’attore, Alexandrovsky, che non si
sa dove sia. Herman si finge stupito: - Questa poi! E perché? - Traffico di droga. Ne
hanno trovata una quantità pazzesca. E anche armi, a quanto pare. L’altro tecnico aggiunge: - Rischiano la pena di
morte. I tecnici, come tutti,
sanno benissimo che Herman e Rod frequentano molto Vladimir, probabilmente
qualcuno li ha anche visti uscire insieme nel pomeriggio, per cui Herman non
finge di non saperne niente e dice a Rod: - Vladimir ha detto che
tornava verso le sette, no? - Se è implicato in questa
faccenda, secondo me hanno già arrestato anche lui. Parlano ancora un buon
momento. Nessuno ha ancora notato la scomparsa di Massimo Gargiulo/Piscopo.
Ma circola voce che in mattinata ci sia stata una sparatoria sui monti, con
parecchi morti. Insomma, gli attori e i tecnici stranieri sono alquanto
preoccupati. Il Wadistan non dev’essere un posto
molto sicuro. E in effetti, se ci sono Herman e Rod, non lo è. Per fortuna il film è alla
fine e tra pochi giorni tutti potranno tornare a casa. A cena c’è un’atmosfera
particolare. I due tavoli occupati dai russi sono vuoti e tutti guardano
spesso in quella direzione, come se quell’angolo deserto li inquietasse. Al termine della cena
Herman e Rod vengono raggiunti da Faizullah Karimov, l’attore che interpreta Zohad. - Sapete qualche cosa di Alexandrovsky? Herman ripete quanto
concordato. - Se non è qui, lo avranno
arrestato. Contava di tornare per cena, ma non l’abbiamo visto. Faizullah scuote la testa. - Mi sembra incredibile.
Era uno degli attori principali. Come è possibile? Voi lo conoscevate. È Rod a rispondere: - Non è che lo
conoscessimo molto. Scopavamo con lui e basta. Faizullah rimane a bocca aperta. Rod ridacchia,
fingendosi imbarazzato. - Scusa, forse non dovevo
dirlo. Mi avevano avvisato che qui in Wadistan si
fa, ma non si racconta. L’imbarazzo di Faizullah è reale. Non sa bene che cosa dire. Si guarda
intorno, per verificare che nessuno li stia ad ascoltare. Rod prosegue: - Ci siamo divertiti un
sacco insieme, ma non posso dire che fossimo proprio amici. Faizullah farfuglia. - Non pensavo… Alexandrovsky non mi sembrava il tipo… - …che se lo prende in culo?
Gli piaceva un casino. A chi non piace? Il sorriso di Faizullah è alquanto tirato. Rod ride e dice: - D’altronde ti abbiamo
inculato in quattordici, no? Faizullah si alza, borbottando: - Adesso devo andare… - Se vuoi provare anche
tu, camera mia è la 654. Facciamo una cosetta a tre. - Grazie, grazie, magari
un’altra volta… Faizullah si allontana. Herman ha l’impressione
che barcolli un po’. Rod scuote la testa: - Etero perso, quello. Il giorno dopo Herman deve
girare la scena in cui l’uccidono. Rod gli dice: - Allora oggi giri la
scena in cui ti tagliano la gola e ti gettano nella merda. - Sì, l’ultima. - Se manca l’attore che fa
il tuo assassino, posso fare io la sua parte. - Non è possibile, il tuo
personaggio è già stato ammazzato. Non puoi ricomparire. E poi non eri uno
degli uomini di Zohad. - Peccato, mi sarebbe
piaciuto. - Magari usando un
coltello vero, eh, stronzo? - Perché no? Ma variando
un po’ la scena: quando lo farò, voglio farlo mentre ti fotto. - “Quando lo farò”. Forse
potrei farlo io con te. Rod ride. - Vediamo chi lo fa prima. E con queste parole
afferra Herman e lo bacia. La scena viene ripresa e
anche Herman ha finito con il film. Tra tre giorni partiranno: tempo di
controllare le ultime scene, scattare ancora alcune foto dei protagonisti del
film (tra cui non ci sarà Vladimir Alexandrovsky,
che pare scomparso nel nulla). Nel tardo pomeriggio Samir
informa Herman e Rod che Ahmed Saedi vorrebbe vederli. Si ritrovano nello
studio di Saedi in serata. Ahmed li accoglie calorosamente. - Siete stati bravissimi.
Li avete fatti fuori tutti e quattro. - Ci è mancato un pelo che
l’Egiziano non ci sfuggisse. Rod aggiunge: - Già, qualcuno deve
averlo avvisato che era incominciata la mattanza. Ahmed annuisce. Poi
prosegue: - Nessuno dei cadaveri
verrà ritrovato, a parte quelli di al-Misri e dei
suoi uomini. Ogni organizzazione si chiederà che cosa è successo e riterrà
che il suo capo sia stato assassinato da qualcuno degli altri. Penseranno che
il responsabile si sia nascosto per evitare ritorsioni. Ci penseranno bene
prima di cercare di nuovo un accordo. - Che farete dei russi? - Nei loro bagagli è stata
trovata una grande quantità di droga. Saranno condannati a morte e
giustiziati. Il processo si tiene oggi. Entro una settimana saranno stati
impiccati tutti. Herman e Rod conoscono la
rapidità della giustizia del Wadistan, per cui non
si stupiscono. Herman non chiede se la droga c’era già (possibilissimo) o se
qualcuno ce l’ha messa (ancora più probabile). In ogni caso i russi erano
criminali e quasi sicuramente assassini. Rod osserva: - Peccato. Saedi lo guarda perplesso. - Perché peccato? - Perché Vitaly l’avrei
fottuto volentieri io. Herman sbotta: - Rod, l’unica cosa che
hai in testa è ammazzare! - Ma no, Herman, lo sai
benissimo, non c’è solo l’ammazzare nella vita: c’è anche lo scopare. Herman deve riconoscere
che il suo amico ha ragione. Saedi sorride e dice: - Se ci tieni, Rod, domani
posso farti entrare nella cella di questo Vitaly. Capita che un prigioniero
si impicchi in cella perché non ha speranze. Un lavoro in meno per il boia. - Sei un amico, Ahmed. Rod sorride, soddisfatto,
poi aggiunge: - Ma adesso, visto che
infine ci siamo ritrovati, potremmo rivedere l’uso delle armi particolari, no? Ahmed sorride. - Volentieri. Sempre che
Herman sia d’accordo. Herman, chissà perché, è
d’accordo. Si alza e si avvicina a Saedi. Gli piace da matti, Ahmed Saedi.
Gli piace spogliarlo, baciarlo sulla bocca, sentire le sue mani sul viso, sul
corpo. Gli piace inginocchiarsi davanti a lui e prendere in bocca il bel
cazzo robusto, che si riempie di sangue. Gli piace sentirne il sapore, la
consistenza, il volume. Gli piace sentire le mani di Ahmed, forti, sollevarlo
e guidarlo ad appoggiarsi contro la scrivania. E gli piace sentire il cazzo
che ha appena assaporato farsi strada dentro di lui, dilatandogli le viscere. Rod non è rimasto
inattivo. Si è spogliato da sé, visto che gli altri due non si preoccupavano
di lui, e ora si è messo dietro ad Ahmed. Gli piacerebbe mordicchiare un po’
il bel culo del capo dei servizi antiterrorismo del Wadistan,
ma il movimento a stantuffo del suddetto culo rende più difficile
l’operazione. È più semplice avvicinare il cazzo al culo in movimento,
centrare l’apertura e lasciare che sia Ahmed a compiere il lavoro, impalando
Herman ogni volta che avanza e impalandosi sul cazzo di Rod ogni volta che
arretra. Quando Ahmed viene, si
appoggia sul corpo di Herman, gli prende il cazzo in mano e incomincia a
stringerlo e accarezzarlo, finché anche Herman raggiunge il piacere. Rod ci mette ancora un
buon momento e Ahmed ha occasione di vedere un buon numero di stelle, prima
che dentro di lui il palo ritorni a dimensioni più accettabili. Quando si rivestono, Rod
osserva: - Peccato che non ci fosse
anche Samir. Avremmo potuto fare qualche cosa a quattro. Ahmed sorride. - No, non posso farlo con
uno dei miei dipendenti. Herman annuisce: Saedi ha
ragione. - È un ragazzo in gamba. - Davvero molto in gamba.
Uno a cui non sfugge niente. Quando escono Herman si
rivolge a Rod: - Ci tieni proprio a farlo
fuori Vitaly. - Certo, è un bonus:
abbiamo raggiunto l’obiettivo al 100% e ci spetta. Herman scuote la testa: - Non è quello. È che ti
brucia ancora la sconfitta. Non sai proprio perdere… Rod lo guarda e ride. - Hai ragione. Ma non mi
dire che non hai voglia di gustare il cazzo di Vitaly. In effetti, dopo la
descrizione che ne ha fatto Rod, Herman ha l’acquolina in bocca al pensiero,
ma risponde: - E tu il suo culo. - Me lo deve. Vitaly è stato messo da
solo in una cella. Indossa solo i pantaloni e ha le braccia saldamente legate
dietro la schiena, il polso destro quasi all’altezza del gomito sinistro e
viceversa: una posizione che non gli lascia nessuno spazio per muovere le
mani. La porta si apre e due
carcerieri spingono dentro Herman e Rod. Sono vestiti, con le manette ai
polsi, davanti. Quando i carcerieri
escono, Vitaly dice: - Benvenuti in questo
albergo, ragazzi. La cucina non è il massimo, ma non si paga niente. Herman risponde: - Crepa! - È quello che farò
presto. E voi? Quando vi hanno beccato? - Ieri. Hanno arrestato il
nostro contatto del Mansoor e sono venuti a
prenderci in albergo. - Siete cittadini inglesi.
Magari ve la caverete. - Hanno trovato quattro
pacchi di cocaina nei nostri bagagli. Quei porci! Ce l’hanno messa loro! - Da noi non avrebbero
neanche avuto bisogno di metterla. Vladimir ne teneva sempre un casino. Ma ne
hanno aggiunta, in modo che ce ne fosse nei bagagli di tutti. - Questa mattina abbiamo
avuto il processo per direttissima. Una farsa. Ci hanno condannati a morte. - Anche noi siamo stati
condannati tutti. Poi Vitaly si rabbuia e
dice: - Vladimir è al sicuro,
vero? - Sì, non possono risalire
all’appartamento in nessun modo. L’appartamento in cui
abita Vladimir ormai è una fossa anonima in campagna, ma questo nessuno deve
saperlo: per tutti è lui che ha organizzato l’uccisione degli altri (il che è
corretto) e poi si è nascosto, sfuggendo alla polizia del Wadistan,
che ha arrestato i suoi complici. In ogni caso nessuno conosce
“l’appartamento” di Vladimir, a parte due agenti del Wadistan.
Rod aggiunge: - Credo che ci porteranno
al carcere dove si fanno le esecuzioni già oggi pomeriggio. Vitaly continua a pensare
a Vladimir: - Vladimir sa che siamo
stati arrestati? - L’ultima volta che gli
abbiamo parlato aveva un quadro chiaro della situazione. Ma nessuno sa dov’è.
Ormai nessuno può più fargli niente. In effetti i due agenti a
Vladimir hanno spiegato tutto quanto c’era da sapere ed è vero che Vladimir non
corre più rischi. Dopo un momento di
silenzio, Rod dice: - Senti, Vitaly, che ne
diresti di far provare a Herman il tuo cazzo? Herman è curioso di vedere. Vitaly scuote la testa. - Perché no? Ma io non
posso nemmeno calarmi i pantaloni. Un’ora fa sono venuti a prendermi e mi
hanno legato così. - Ci pensiamo noi. Rod e Herman si avvicinano
a Vitaly e gli abbassano i pantaloni a mezza coscia. Poi Rod dice: - Meglio che li togliamo.
Così intralciano solo. Sfilano i pantaloni a
Vitaly. Herman si inginocchia
davanti al russo e guarda lo splendido cazzo, che anche a riposo è imponente.
Dopo due notti in prigione, la pulizia lascia alquanto a desiderare, ma
abbiamo già detto che Herman non si formalizza: i formaggi piccanti gli
piacciono. Herman prende in bocca il
cazzo e incomincia a leccare e succhiare. L’effetto è immediato e la crescita
tale da rendere difficile per Herman continuare a tenere in bocca la
cappella. Il bestione è davvero fantastico. Herman succhia un buon
momento, poi si stacca e guarda, un po’ dubbioso. È davvero il caso di
provare a prendersi una mazza di questo genere in culo? La voglia è tanta, ma
di certo farà un male cane, per quanto Herman sia abituato alla misura
extra-large di Rod. È la voce di Rod a
scuoterlo. - Dai, Herman, mettiti in
posizione. Ti spalmo il lubrificante. Vitaly si volta verso Rod,
stupito. - Vi hanno lasciato il
lubrificante? - Non ci hanno davvero
perquisiti. Hanno solo controllato che non avessimo armi. - Noi siamo stati
spogliati. Ci hanno lasciato solo i pantaloni. Herman si slaccia i
pantaloni e li cala. Si appoggia alla parete, cercando di aprire al massimo
le gambe. Rod apre la bustina e ne spalma l’intero contenuto. È piacevole
sentire le dita di Rod strofinare l’apertura, infilarsi dentro, stuzzicare. Poi Rod si rivolge a
Vitaly: - Adesso vediamo se è vero
che nessun preservativo ti va bene. Vitaly scoppia a ridere: - Perché cazzo dovrei
metterlo? Hai paura di beccarti l’AIDS? Tra una settimana saremo tutti morti. - Herman spera ancora che
l’ambasciata inglese intervenga. Siamo due attori… Vitaly alza le spalle. - Cazzate. Rod ha tolto il
preservativo dalla bustina e lo sta infilando, con una qual certa fatica, sul
cazzo di Vitaly. Herman segue l’operazione,
ma è alquanto preoccupato di ciò che lo attende. - Vacci piano, Vitaly. Vitaly ghigna, si avvicina
a Herman e, con l’aiuto di Rod, che gli tiene il cazzo in posizione, lo
infilza. Poi prende a spingere. Herman si pente subito di
aver voluto provare: fin dall’inizio il dolore è troppo forte, cancella ogni
piacere. Le spinte lo squassano tutto e gli sembra che un palo gli stia
lacerando le viscere. Eppure, nel dolore rabbioso che gli morde il culo, c’è
qualche cosa che lo eccita. Il cazzo che gli scava dentro è solo sofferenza,
ma Herman avverte una tensione che sale dentro di lui, che gli fa affluire il
sangue all’uccello, che sembra premere sui coglioni. Vitaly ci dà dentro e le
sue spinte quasi sbattono contro la parete Herman. Herman geme e al suo
gemito risponde un grugnito di Vitaly, che viene dentro di lui. Herman sente
lo sborro che gli inonda le viscere e anche il suo seme si sparge, in un
piacere che solo per un momento si affianca al dolore. Vitaly si ritrae. Il
preservativo è completamente lacerato. Herman si stacca dalla
parete. Chiude gli occhi. Il culo gli fa un male bestiale. Rod mette le mani in tasca
e ne estrae una chiave. La porge a Herman, che la prende e apre le manette di
Rod. Poi Rod apre quelle di Herman. - Che cazzo significa? Vitaly chiede spiegazioni,
ma la rabbia che gli si legge in viso rivela che ha intuito. - Non siamo stati
arrestati, Vitaly. Siamo qui perché avevo piacere di fotterti, come abbiamo
fottuto Vladimir. Gli ho sparato io. - Lurido bastardo! Rod si spoglia. Dalla
tasca ha estratto anche un tirapugni, che si infila. Con il pugno molla un
tremendo colpo ai coglioni di Vitaly, il quale lancia un urlo da bestia
macellata. Un secondo colpo lo fa crollare in ginocchio. Herman si dice che
Rod non sa proprio perdere: lo smacco subito al bordello gli brucia e Vitaly
ne fa le spese. - Questo è per dirti che
non stiamo giocando. Un calcio in faccia
chiarisce il concetto, nel caso Vitaly avesse ancora qualche dubbio
(altamente improbabile, ma a volte ci sono persone dure di comprendonio). Il
sangue cola abbondante dal naso e dal labbro inferiore. - Vacci piano, Rod.
Dev’essere un suicidio. - Pensi che in Wadistan qualcuno se ne preoccupi? Rod ha ragione, Herman
deve ammetterlo. - Allora, Vitaly, adesso
ti fotto e mentre ti fotto ti ammazzo. Chiaro? - Sei… una merda… Rod. Herman deve riconoscere
che Vitaly non ha tutti i torti, dal suo punto di vista. Rod è già pronto (e
figuriamoci se non lo era, con la prospettiva di fare secco Vitaly). Rod spinge a terra Vitaly,
si stende su di lui e, dopo essersi infilato il preservativo, lo incula con
un colpo secco. - Porco schifoso! Rod ci dà dentro, con
tutta l’energia di cui è capace e Herman ci scommetterebbe che Vitaly sta
vedendo le stelle. Herman guarda affascinato, mentre prende i pantaloni di
Vitaly e si pulisce il culo, da cui cola un po’ di sborro del russo. Herman
si dice che dovranno fare tutti e due il test per l’HIV. Che rottura! Rod fotte a lungo,
assaporando il culo di Vitaly. La resistenza che ha avvertito entrando gli
dice che è il primo uomo a fottere questo bestione. Il primo e l’ultimo. Quando infine è sul punto
di venire, Rod fa un segno a Herman, che gli passa un laccio. Rod lo infila
intorno al collo di Vitaly. - Adesso, Vitaly. Adesso
crepi. Tu crepi e io vengo. Vitaly impreca in russo. Rod
incomincia a stringere, piano. Vuole godersi gli spasimi del corpo di Vitaly.
Il russo impreca di nuovo,
ma la sua voce si trasforma in un gorgoglio. Fa sempre più fatica a immettere
aria nei polmoni. Il viso sta arrossandosi. Rod emette una specie di
grugnito e tira con decisione. Quando molla il laccio, la testa di Vitaly
ricade sul pavimento. Herman bussa alla porta
della cella. Il secondino arriva e apre. - La corda. Il secondino sapeva di
doverla portare e ce l’ha già attorno alla spalla. Ha anche uno straccio
bagnato. - Questo se dovete pulire
del sangue. Rod e Herman infilano i
pantaloni a Vitaly, tolgono il laccio e con la corda fanno un cappio che
legano a una sbarra della finestra. Poi sollevano il cadavere di Vitaly e gli
infilano la testa nel laccio. Escono dalla cella, che il
secondino richiude. L’uomo li accompagna fino alla porta del carcere, poi
torna indietro. Il suicidio del
prigioniero sarà scoperto solo tra alcune ore. La sera successiva Herman
e Rod incominciano a pensare ai bagagli: domani torneranno in Inghilterra. Il
cellulare di Herman squilla. Herman guarda il numero: è quello di Samir. - Ciao. Dimmi. Samir sembra alquanto
preoccupato. Parla quasi sussurrando, ma Herman avverte una forte tensione
nella sua voce. - Ho bisogno di parlarvi,
subito. - Siamo liberi. Vieni in
albergo. - No. Ti dico io dove
trovarci, ma controllate di non essere pedinati. Potrebbe esserci qualcuno
che controlla i vostri movimenti. L’idea non è
piacevolissima: che il “qualcuno” siano gli integralisti islamici, la mafia
russa, la mafia cinese o la camorra, poco cambia. Herman e Rod hanno fatto
fuori – o contribuito a far fuori, nel caso dell’Egiziano – esponenti di
spicco di tutti quanti i gruppi. E c’è un sacco di gente vendicativa a questo
mondo. Il “porgi l’altra guancia” non è più di moda. D’altronde anche Rod non
è un buon esempio di perdono. - Va bene, usciremo senza
farci vedere. Dimmi dove ci troviamo. - Tra un’ora a strada Mohed 19. Terzo piano, porta a destra. - Va bene. Rod non ha detto nulla. Quando
Herman chiude la chiamata, chiede: - Samir? - Sì, ha bisogno di
parlarci con urgenza. C’è qualche casino, evidentemente. Rod annuisce, come se la
cosa non lo stupisse. Herman aggiunge: - Ha raccomandato che non ci
facciamo seguire. Dice che qualcuno potrebbe pedinarci. Rod commenta solo: - Merda! Ma non sembra per nulla
stupito, quasi come se in fondo lo sospettasse. - C’è qualche cosa che non
mi hai detto, Rod? Rod alza le spalle. - Sentiamo che cosa ha da
dirci Samir. Herman non insiste. - Per essere sicuri che
non ci seguano, andiamo ai grandi magazzini Faez. I grandi magazzini Faez hanno diverse uscite: è stato Saedi a
consigliarglieli per seminare eventuali pedinatori. - No, troviamo qualche
cos’altro. - Che cosa? - Muoviamoci. Troveremo. Herman non capisce perché
Rod non voglia servirsi dei grandi magazzini, che hanno quattro uscite su
quattro strade diverse. Comunque ottengono lo stesso risultato con un altro
magazzino e per sicurezza fanno anche un cambio di taxi. Strada Mohed
è in periferia, lontano dai grattacieli scintillanti del nuovo centro. Qui i
vecchi edifici non sono stati spianati per sostituirli con costruzioni
moderne e Sayatpomorberuduq appare del tutto
diversa. Il 19 è un edificio di sei piani del periodo sovietico, in pessime
condizioni. Le scale sono sporche e male illuminate da finestre a cui mancano
alcuni vetri. Al terzo piano ci sono due
porte. Quella di destra è socchiusa. Herman fa per bussare, ma Rod ha
impugnato la pistola. Tira indietro Herman e apre la porta con un calcio:
evidentemente sospetta una trappola. La stanza è spoglia, ma
sull’unica sedia, rivolta dal lato opposto alla porta, è seduto Samir. Herman
intuisce che qualche cosa non va dalla posizione del corpo. Rod si fa avanti,
guardandosi intorno. Quando sono di fronte a Samir, Herman ha una conferma di
ciò che ha sospettato entrando: Samir non dirà più nulla a nessuno, i quattro
fori che ha nel petto impediscono ogni conversazione. - Merda! Herman è d’accordo. Rod
aggiunge: - Fuori, presto. Rod spinge Herman e i due
scendono le scale. Herman non sa perché Rod si stia muovendo così in fretta,
ma avrà il tempo per chiederglielo dopo. Si limita a dire: - Non dovremmo avvertire
subito Saedi? In quel momento si sente
una sirena che si avvicina. - Merda! La sirena si ferma davanti
alla casa. Rod guarda dai vetri rotti di una finestra. Tre metri più sotto
c’è il tetto di un edificio basso. Apre la finestra. - Salta, in fretta. Herman obbedisce: non è il
momento per chiedere spiegazioni. Spera solo di non rompersi una gamba, ma
per fortuna il salto si conclude senza fratture o distorsioni. Rod salta dopo di lui,
dopo aver cercato di accostare la finestra dietro di sé. Anche lui atterra
senza danni. Corrono sul tetto dell’edificio fino all’estremità opposta.
Herman si sporge: sotto, dopo un altro salto di due o tre metri, c’è un
vicolo. Rod salta subito e Herman
lo segue. Intanto si sente un’altra sirena avvicinarsi. Herman e Rod si
allontanano in fretta. Dopo aver percorso il vicolo, sbucano in una strada,
poi passano in un’altra. Si perdono completamente, ma infine giungono in una
piazza dove trovano un taxi, da cui si fanno portare a un albergo di cui
conoscono il nome. Entrano come se fossero clienti, vanno al bar e poco dopo
escono, dirigendosi a piedi verso il loro albergo. Herman chiede: - Non dovremmo telefonare
a Saedi? Rod annuisce. - Adesso sì. Telefonagli,
ma fa’ parlare me. Herman fa il numero e
passa il cellulare a Rod. - Ahmed, sai già che cosa
è successo? - Samir? Me l’hanno appena
comunicato. - Ci aveva chiamato. Tu
sai perché volesse parlare con noi? - Non ne ho la più pallida
idea. - Non gli hai detto tu di
contattarci? - No. - Senti Ahmed, prima di
partire possiamo vederci? - Certamente. Forse però è
meglio non in ufficio. - Lo pensavo anch’io. Che
ne diresti in albergo da noi? Domani sera partiamo alle otto. Diciamo che
lasciamo l’albergo alle sei, tanto in mezz’ora all’aeroporto si arriva. Vieni
alle cinque? - Va bene. Rod chiude la comunicazione.
Herman tira fuori la domanda che si pone da tempo: - Rod, mi vuoi spiegare
che cazzo succede? La morte di Samir non ti ha stupito, hai capito subito che
sarebbe arrivata la polizia, non hai voluto telefonare immediatamente a
Saedi. Che cazzo succede? - Herman, credo che
vogliano farci secchi. Chi ha ammazzato Samir ha anche cercato di
incastrarci, facendoci trovare dalla polizia con il cadavere ancora fresco. - Chi? - Ne parleremo con Ahmed.
Lui ne sa più di noi. Questa notte però non dormiamo nelle nostre camere, ma
ce ne cerchiamo un’altra. Herman e Rod hanno due
camere comunicanti. In serata aprono la porta di un’altra camera, una di
quelle che la troupe ha lasciato libere, e si installano lì. Nel letto della
camera occupata abusivamente si dorme benissimo (non è che si dorma solo,
ovviamente: i nostri due agenti si tengono in allenamento anche per altre
attività). Il mattino seguente Rod e
Herman sistemano il letto (in modo un po’ approssimativo: come domestici non
conserverebbero a lungo il posto di lavoro) e poi raggiungono la camera di
Rod. Tutto sembra a posto, ma
qualcuno è entrato nella camera, questo è chiaro: la finestra che dà sulla
scala antincendio è stata forzata, anche se il visitatore ha richiuso,
cercando di non lasciare tracce troppo evidenti. Passano poi nella camera di
Herman: non ci sono tracce visibili del passaggio di qualcuno, ma con ogni
probabilità l’ospite inatteso ha fatto una visita di cortesia anche lì. - I nostri visitatori sono
venuti, non ci hanno trovati e se ne sono andati. Ma torneranno a cercarci. - Tu hai un’idea di chi
sono, vero? - Credo che siano gli
integralisti, quelli dell’Egiziano. Ne sanno più degli altri: il tipo era
stato avvisato e aveva cercato di scappare. Herman annuisce. È
convinto che Rod ne sappia più di quel che dice, ma non insiste. Durante la loro ultima
giornata in Wadistan, Rod
e Herman si muovono con cautela: ci terrebbero a partire vivi. Perciò non gli
sfugge che per strada un’auto li segue. Quando l’auto arriva alla loro
altezza, dal finestrino dell’auto spunta un mitra, ma Rod e Herman si gettano
a terra e la raffica passa sopra le loro teste. - Merda! I due agenti si
allontanano in fretta. Ritornano in albergo e si sistemano nella stanza che
hanno occupato. Poi consegnano i bagagli all’incaricato che li porterà
all’aeroporto e li imbarcherà, insieme a tutti quelli dei membri della troupe
in partenza per l’Europa via Londra. Alle cinque del pomeriggio
Herman aspetta nella stanza dove si sono installati. Rod va nella hall, per
accogliere Saedi, che non hanno informato del loro trasloco. Rod arriva con Saedi poco
dopo. Herman guarda il capo della sezione antiterrorismo del Wadistan e pensa, come ha fatto tutte le altre volte che
ha visto Saedi, che è davvero un gran bell’uomo. Spera vivamente di avere
ancora occasioni di lavorare con lui. - Come mai avete cambiato
camera? - Sai com’è, Ahmed, a
quanto pare c’è gente che si interessa a noi e non ci teniamo a farci
trovare. Tu hai un’idea di chi siano? - Penso la rete che faceva
capo ad al Misri: a quanto pare hanno qualche fonte
di informazione dentro i servizi. - Sono stati loro a
uccidere Samir? - È molto probabile, ma
anche su questo non ho certezze. Ma vi assicuro che farò tutto il possibile
per scoprirlo: Samir era il mio migliore agente. Rod e Herman parlano
ancora un momento con Saedi, che però non ha nessuna novità significativa. A un certo punto Rod
interviene con la sua proposta: - Che ne diresti di usare
un’ultima volta le armi particolari prima di lasciarci? Herman guarda l’ora.
Dovrebbero prendere il taxi tra non molto. Non possono rischiare di perdere
il volo, l’unico diretto per Londra di tutta la settimana. Ma scopare con
Ahmed Saedi è una tentazione e Herman è un seguace di Oscar Wilde, che sapeva
resistere a tutto, tranne alle tentazioni. Ahmed sorride: - Se avete tempo… - Lo troviamo. Incominciano a spogliarsi
tutti e tre. È sempre un piacere vedere il corpo di Ahmed emergere dai suoi
abiti eleganti. Ora sono nudi tutti e tre.
Ahmed è vicino al letto. Rod sta frugando tra i suoi abiti e dopo un attimo
Herman lo vede tirar fuori la pistola con il silenziatore e puntarla su
Ahmed. Si chiede se è un gioco erotico o che cosa ma il rumore secco del
colpo gli toglie ogni dubbio. Ahmed si porta le mani al ventre, subito sopra
l’ombelico, dove il colpo l’ha raggiunto e il sangue sgorga abbondante. - Merda! Herman è paralizzato,
incapace di muovere un dito o anche solo di pensare. Il secondo colpo prende
Ahmed più sotto, tra i peli del pube, e il capo dell’antiterrorismo del Wadistan scivola indietro, battendo contro il letto, e
finisce seduto a terra, mentre intorno si allarga una pozza di sangue. - Merda! Come hai fatto a
capire? Rod ghigna. Herman nota
che ha il cazzo duro. - Samir si è rivolto a
noi. Per qualsiasi problema avrebbe dovuto chiamare te, a meno che non gli
avessi detto tu di contattarci. Nessun altro poteva aver avvisato l’Egiziano
che avevamo ucciso il cinese. Ahmed annuisce. Le mani
non stringono più le ferite. Herman lo guarda, ancora
stupefatto. - Eri disposto a morire
per la missione, pochi mesi fa, e adesso… Ahmed lo fissa e sorride,
un sorriso amaro. - In uno dei conti di Vastan… in Svizzera… l’unico che… ho tenuto io. Oh,
merda! Ahmed si interrompe, una contrazione
sul suo viso. Poi riprende: - In quel conto… uno solo
dei quattro… c’era quello che guadagno… in cinquecento anni. Ahmed ha una specie di
risata. - Cinquecento anni… Merda!
Finiscimi, Rod. - Non così in fretta.
Prima ti fottiamo. Ahmed annuisce. Herman non riesce a
capacitarsi. - Ma perché volevi farci
fuori? - Gli egiziani… credevano
che li avessi… traditi. Volevano uccidervi, per vendicare il loro capo e… oh,
merda! Muovetevi… Rod si avvicina, prende
Ahmed per i capelli e lo solleva, sbattendolo su un angolo del letto. Lo
mette in posizione, in modo da avere il culo a portata, mentre Herman passa
davanti. Ahmed parla ancora: - Sentite… vi chiedo una
cosa… non lo dite… crederanno che mi abbiano ammazzato gli integralisti… o la
mafia… almeno che pensino… che sono morto per il mio dovere… - No. Hai ammazzato Samir.
Ti meriti che ti sputtaniamo. - Merda! Per favore… non è
molto quello che chiedo. Fatemi quello che volete, tutto… ma non raccontate a
nessuno… Rod non risponde. Incula
Ahmed con un’unica spinta decisa, che gli strappa un gemito. Herman introduce
il cazzo nella bocca di Ahmed e incomincia a fotterlo in bocca. I due agenti
ci danno dentro, mentre una macchia di sangue si allarga sul lenzuolo. Quando sente che è sul
punto di venire, Rod punta la pistola contro la nuca di Ahmed, ma non può
sparare: Herman sta fottendo Ahmed in bocca e il proiettile lo colpirebbe. Rod impreca e viene. Poco dopo anche Herman
viene e si stacca. Rod esce da Ahmed. Pensa a Samir. Guarda i coglioni di
Ahmed, che sporgono sotto il culo. Preme la pistola contro il destro. - Che ne dici se ti sparo
ai coglioni, stronzo? - Quello… che vuoi… ma non
raccontate… Rod scuote la testa.
Infila la pistola in culo, spingendo a fondo. Ahmed sussulta. Rod spara. Un colpo, due,
tre, quattro. A ogni colpo Ahmed ha un guizzo, ma dopo il quarto rimane
immobile. - Pezzo di merda! Se penso
che ha fatto ammazzare Samir… Avrei voluto avere la
mitraglietta. Herman annuisce. - Mi faccio la doccia,
sarà ora di andare. Cazzo!!! Herman ha guardato l’ora. - Dovremmo essere già in
aeroporto. Staranno per imbarcare! - Muoviti, io intanto
sistemo la stanza. Herman fa una doccia
lampo, mentre Rod elimina le impronte digitali dalla pistola. Poi Rod si
lava, mentre Herman si riveste e chiama un taxi. Al tassista chiedono di
fare in fretta e l’uomo esegue, come se fosse alla guida di una Ferrari a
Monza. Quando scendono in aeroporto, Herman si dice che mai come in questa
missione ha rischiato di morire: solo che il pericolo maggiore non erano le
pallottole, ma gli autisti. Mancano venticinque minuti
al decollo. Per fortuna i loro bagagli sono già stati caricati e hanno già la
carta d’imbarco: sono attori famosi, non devono mica fare le code dei comuni
mortali. Code non ne farebbero comunque, perché quando arrivano
l’altoparlante sta chiamando i loro nomi (fasulli): è l’ultimo avviso.
Fortunatamente non ci sono molti voli in partenza dalla capitale del Wadistan, per cui non c’è coda al controllo dei
documenti. L’aria irritata dell’impiegata
all’imbarco gli dice chiaramente che li hanno aspettati solo perché avevano
già caricato i loro bagagli e avrebbero dovuto scaricare tutto per cercarli. Il viaggio si svolge senza
inconvenienti e nella notte i due agenti arrivano a Londra. * - Merda! E chi cazzo è,
‘sto stronzo?! Sono le due del
pomeriggio, ma Herman e Rod stavano ancora dormendo: sono arrivati solo nella
notte, ancora del tutto sfasati per il fuso orario. Herman prende il
telefonino e guarda il numero. Colton! C’era da aspettarselo. - Pronto! - Buongiorno ragazzi, ho
aspettato un po’ a chiamarvi. - Potevi aspettare un
altro po’. Cazzo, Colton, siamo tornati questa notte. Potremo almeno dormire?
La missione l’abbiamo portata a termine. - Ancora a letto? Ma è ora
che vi abituiate al fuso inglese, a meno che non vogliate ripartire subito. Herman grugnisce qualche
cosa che non dev’essere un commento gentile. Colton aggiunge: - Volevo parlarvi. Ho una
brutta notizia da darvi. - Sei stato promosso? - Ma sai che sei proprio
stronzo? No, è una faccenda seria. Ahmed Saedi è stato ucciso. Herman potrebbe dire che
lo sa già e sa pure chi è stato, ma non è il caso. - Cazzo! Non mi stupisce,
però. L’ultima volta che l’abbiamo visto sapeva che l’avrebbero ucciso. Se
l’aspettava. - Per noi è un brutto
colpo. Collaboravamo molto bene. E prima avevano ucciso il suo collaboratore,
mi avete detto. - Sì, i due omicidi sono
collegati. C’è un momento di
silenzio, poi Colton dice: - Quando venite qui in
ufficio? Interviene Rod, che sente
la telefonata (Herman ha messo il vivavoce): - Domani mattina. Lavati
bene, Colton. Colton dice: - Di voi due non saprei
dire chi sia più stronzo. - Ma tu ci batti tutti e
due. Dopo questo scambio di
cortesie, Colton chiude la telefonata. Rod commenta: - Domani vediamo gli
effetti di due mesi di seghe. Il giorno dopo Herman e
Rod si presentano all’appuntamento. Si siedono davanti alla scrivania di
Colton e gli raccontano lo svolgimento della missione. Trascurano una serie
di dettagli non rilevanti, che in parte Colton intuisce benissimo, e non
dicono nulla del tradimento di Saedi. Dopo aver narrato il tutto e aver
ricevuto i complimenti per la missione, Rod si alza e dice: - Bene, noi adesso
andiamo. Abbiamo svolto il nostro compito e abbiamo diritto a un periodo di
vacanza. Colton rimane spiazzato. - Come, ve ne andate,
così? A Herman viene da ridere
vedendo Colton smarrito, ma si controlla. Rod guarda Colton, come se
non capisse: - Perché? Devi ancora
dirci qualche cosa? - Ma ragazzi, dopo due
mesi che non ci siamo visti… Rod guarda Colton,
aspettando la conclusione del discorso, come se davvero non capisse che cosa
ha in mente il vice dei servizi. Non dice nulla, perfettamente impassibile. - Ma io pensavo… - Sì? Dicci. Colton scuote la testa,
poi ghigna. - Sei proprio stronzo,
Rod. Rod non fa una piega. - Credo che tu me l’abbia
già detto. Se non hai altro da aggiungere… Colton ha capito il gioco
di Rod. Potrebbe rendergli la pariglia congedandolo. Ma, come sostiene Rod,
due mesi di seghe sono lunghi. Colton aggira la scrivania, si avvicina a
Herman e lo bacia sulla bocca, poi passa le mani sotto la giacca e la fa
scivolare a terra. Rod mormora: - Proprio solo per farti
un piacere. Intanto passa dietro
Colton e mira direttamente alla cinghia dei pantaloni. C’è una sequenza confusa,
in cui non è ben chiaro chi spoglia chi, ma alla fine i nostri tre eroi si
ritrovano nudi e sulla scrivania ci sono alcune bustine con preservativi e
lubrificanti. - Vediamo se ti ricordi
come si fa, Colton. Rod apre una bustina e
porge il preservativo a Herman, che si inginocchia e glielo infila. - In primo luogo, ti metti
o ti fai mettere il preservativo. Colton annuisce,
sorridendo. Prende un preservativo e lo passa a Herman, che apre la bustina.
Mentre Herman infila il preservativo sul cazzo di Colton, già perfettamente
teso, Rod passa dietro al vice dei servizi e, dopo aver aperto un
lubrificante, incomincia a spargerlo sulla cappella. - Te lo metti sul cazzo. Colton esegue, mentre
Herman si appoggia alla scrivania, a gambe allargate. - Poi lubrifichi bene il
buco del culo del tuo bersaglio. Colton incomincia a
distribuire il lubrificante intorno all’apertura che Herman ha messo in
mostra. Rod passa dietro a Colton
e fa lo stesso. Colton si irrigidisce. - Tranquillo, Colton. Ti
ricordo come si fa. E intanto le sue dita
spargono ben bene la crema. - E poi avanzi, piano. Colton avvicina la
cappella al buco di Herman. E intanto sente il cazzo di Rod che preme contro
il suo culo. Colton avanza ancora un
po’, sottraendosi così alla pressione che avverte contro il proprio culo, ma
Rod lo incalza. - Entra, Colton. Colton avanza, piano. La
sensazione del calore del culo di Herman e dello sfregamento della cappella
contro la carne che l’avvolge è tanto forte da stordirlo. Avverte che anche
il suo culo sta accogliendo un visitatore, che si muove piano, ma che è
troppo ingombrante per non essere avvertito. Colton avanza fino in
fondo, accompagnato da Rod, che però ha introdotto appena la cappella. Colton
si abbandona sul corpo di Herman, le sue mani lo stringono, scivolano dal
torace al cazzo, che afferrano, poi scendono ad accarezzare i coglioni. È una
sensazione splendida. Colton arretra e mentre lo
fa, si impala sul cazzo di Rod, che ha afferrato con le sue mani il culo di
Herman. Colton si ferma. Avanza nuovamente, sfuggendo in parte al palo che lo
infilza, poi nuovamente arretra il culo e questa volta continua fino a che
sente che il cazzo di Rod penetra più in profondità. Avverte il dolore, che
cresce, e una sensazione del tutto nuova. Colton non lo ammetterebbe mai, ma
è bello sentire dentro di sé questa presenza ingombrante, che gli riempie il
culo. Poi Colton affonda di nuovo l’arma dentro Herman, sfuggendo quasi
completamente alla mazza di Rod. Colton si muove piano,
confuso da sensazioni violente e nuove. Herman e Rod rimangono nelle loro
posizioni, lasciando che sia lui a decidere i tempi. Ma Colton non decide
nulla: si abbandona completamente alle sensazioni fortissime che prova. Si
muove avanti e indietro e non saprebbe dire se è più bello gustare il culo di
Herman o impalarsi sul cazzo di Rod, nonostante il dolore che sente. Il movimento diventa più
deciso, anche se il dolore cresce, ma Colton si rende conto, sgomento, che
cerca quel dolore non meno del piacere che lo accompagna. Colton spinge con
forza, ora, arretrando senza pietà per il proprio culo martoriato e avanzando
deciso, fino a che viene, con una specie di singhiozzo e si affloscia su
Herman. È il turno di Rod, ora. Il dolore diventa forte e Colton vorrebbe
sottrarsi, ma non è possibile. Rod ha afferrato il cazzo di Herman e la sua
mano lo percorre, mentre trafigge il culo di Colton. Infine Rod viene, quasi
insieme a Herman. Colton sente la pressione
nel suo culo diminuire e il dolore attenuarsi. Chiude gli occhi. Rod si stacca. Colton
rimane ancora un momento. Gli piace sentire il calore del culo di Herman
intorno al proprio cazzo. Poi anche lui si tira indietro. È confuso. Gli scoccia
ammetterlo, ma è stato bellissimo, una delle più belle scopate della sua
vita. - Visto che non era così
terribile, Colton? Colton scuote la testa. - Magari riproviamo
domani, che ne dici? Colton annuisce. Gli
sembra di non essere in grado di parlare. Solo quando si sono
rivestiti, Colton guarda il ripiano della scrivania, scuotendo la testa, e
trova le parole: - Al solito. Dovreste
viaggiare con uno straccio per pulire, voi due. Rod ride. Bacia Colton ed
esce, alquanto soddisfatto di aver gustato, per primo, il culo del vice dei
servizi. Per strada Herman chiede: - Sei contento? Hai
realizzato il tuo sogno. Rod lo guarda e dice: - Uno dei miei sogni. Me
ne rimane un altro. Herman sa benissimo qual è
il secondo sogno, per cui dice: - Non bisogna soddisfare
tutti i propri sogni, poi non rimane più nulla da sognare… Rod non sembra molto
convinto. 2014 |