Così come sei Nicole
riposa sul letto disfatto: distesa su un fianco, ha le gambe rannicchiate e
le mani sono strette dalle ginocchia. Indossa un paio di culotte di cotone
bianco che lasciano scoperto l'incavo dei glutei e una canottiera sgualcita
che ha messo in evidenza parte della schiena: laddove il tessuto leggero si è
arrotolato. Una
delicata peluria bionda e setosa luccica colpita dalla luce del sole che in
un tardo pomeriggio autunnale inonda la stanza, entrando dalla finestra
aperta. Gabriele
apre piano la porta della camera da letto e si sofferma a guardare la donna.
Quando l'ha lasciata sola, circa un ora fa, era seduta sul bordo del letto: i
piedi lunghi e affusolati a toccare il pavimento, seducenti e prepotenti con
le unghie smaltate viola scuro. In
quell'istante lo sguardo umido di Nicole, fisso negli occhi di Gabriele,
inviava un chiaro messaggio: "Perdonami, ma non sono pronta per
questo". Non
avere fretta, si era detto Gabriele un mese prima quando aveva riaccompagnato
Nicole a casa. Non
avere fretta, quando il corpo di lei premeva contro il suo, quando il soffio
delle parole gli solleticava l'orecchio. Non
avere fretta e le sue mani esploravano quel corpo fremente e il desiderio gli
riempiva la testa. Eppure aveva atteso. Con
Nicole puoi fermarti, perderti nell'acqua marina dei suoi grandi occhi
ombreggiati da lunghe e robuste ciglia nere. Puoi osservare le lentiggini
sparse sul naso sottile e delicato, sfiorarle con un dito una per una. Puoi
raggiungere la bocca carnosa e schiuderne le labbra sanguigne, che a poterle
mordere verresti nutrito da un nettare dolce e zuccherino. Insieme
a Nicole puoi vivere di soli odori, di sapori e di carezze. Puoi impazzire
mentre ascolti i gemiti provocati dal contatto delle dita e godere di quella
musica soave ed eccitante che paralizza ogni altro senso. L'attesa
era stata prolungata ma non sofferta e poi, una sera d'estate, era accaduto:
Gabriele e Nicole si erano amati, completamente, pienamente. I corpi sudati,
percorsi dai brividi, avevano raggiunto vette poste ad altezze vertiginose,
per poi lasciarsi trasportare da nuvole soffici; sino a perdere coscienza,
una tra le braccia dell'altro. Gabriele
interrompe i pensieri, si è trattenuto troppo, ora deve andare. Con la
tristezza nel cuore, ma deve farlo. Un
ultimo sguardo alla donna che ancora dorme. Nicole.
Qualche
ora prima gli sussurrava all'orecchio parole d'amore poi, improvvisamente il
cambiamento: quegli occhi divenuti così duri e il suo sguardo...
Cristo! Gabriele
non era riuscito a proferire parola davanti a quella maschera di delusione e
frustrazione, di lacrime e rimmel a imbrattare la pelle vellutata del viso,
ancora abbronzato dal sole d'agosto. Quella
mattina si era sentito appagato: avevano fatto l'amore lentamente, come
piaceva a lui che ogni volta voleva viverla come fosse la prima. Il
corpo di Nicole era fantastico: ad
ogni carezza fatta, ad ogni stimolo reagiva in un modo che lo stordiva. E
dopo l'amore lei aveva continuato ad accarezzarlo: prima sul petto disegnando
cerchi fra i capezzoli scuri, poi sul ventre percorrendo con il dito il
sentiero intorno all'ombelico. Fra
loro parole appena sussurrate, frasi sciocche da giovani amanti un po'
sdolcinati e mentre Gabriele sprofondava
nel torpore di un leggero sonno ad occhi aperti, tutto era venuto
fuori: era riuscito a parlare di sé, delle sue esitazioni e di come fosse
stato difficile negli anni imparare a riconoscere i diversi segnali inviati
dal suo stesso corpo. Ora
si rimprovera, si dice che forse era troppo presto, l'ha spaventata, ma
davvero con Nicole gli era apparso tutto possibile: aveva davvero creduto che
con lei potesse parlare liberamente, senza nessuna omissione. La
reazione di Nicole è stata ingiusta e violenta, ma non se la sente di
giudicarla. Si ripete che è lui ad
aver sbagliato tutto: ancora una volta non ha capito niente. Nicole
ora è lontana, sola nella sua camera da letto. Anche Gabriele è rimasto da solo
e mentre cammina lungo la strada che lo porta a casa si accorge che l'aria si
è fatta elettrica e pesante. D'improvviso il cielo è diventato scuro e dal
mare arrivano grosse nuvole nere: presto pioverà. Inconsapevolmente il pensiero di Gabriele
è rivolto a quella finestra rimasta aperta: “Chissà se Nicole si sveglierà in
tempo per chiuderla”. Tommaso
attraversa la strada senza nemmeno guardare. La pioggia improvvisa lo ha
colto totalmente alla sprovvista e ora l'unico pensiero è raggiungere il marciapiede
di fronte e più precisamente il locale che attraverso il muro d'acqua quasi
non si riesce a distinguere. Immagina
già i discorsi dei quattro uomini che la sera a quell'ora entrano per un
aperitivo. Sono colleghi che hanno appena terminato il lavoro d'ufficio;
mollemente e senza troppo entusiasmo discutono su temi che sono sempre gli
stessi: il tempo, la politica, lo sport. Tommaso solitamente s'intrattiene
volentieri a parlare con loro, ma oggi non è proprio aria. Tommaso
è uno dall'aria un po' strampalata: ha un carattere allegro, è uno con la
risposta sempre pronta, ha la giusta dose d'ironia e si presta allo scambio
di battute con i clienti. Ma
appunto, oggi non è giornata. Il
bar dentro al quale ci si butta letteralmente dentro, completamente inzuppato
d'acqua, è il suo. O meglio quel locale rappresenta ciò che per tre cari
amici è stato un investimento e che, togliendo le innumerevoli spese, dà loro
sostentamento. Carlo
e Massimo sono gli altri due soci. Tutti e tre insieme dividono anche lo
stesso ampio appartamento in una storica palazzina, al centro città, che poi
è lo stesso di quand'erano studenti universitari. Gli
uomini hanno terminato e stanno per uscire. Tommaso
entra come una furia e senza salutare attraversa il locale, per poi chiudersi
dentro al bagno privato. È sfinito, con le mani poggiate sul lavandino si
sporge in avanti e fissa se stesso allo specchio. Quella
faccia non gli piace, non si può continuare così: affrontare una discussione
al giorno è devastante. Carlo
entra nel bagno qualche minuto dopo. Con un asciugamano strofina la testa e i
capelli dell'amico. Non dice niente, non servono parole. Carlo e Massimo
conoscono benissimo la situazione di Tommaso e sperano che il suo rapporto
con Fabio emerga da quel mare sempre in burrasca. Per il bene di Tommaso ma
anche per il loro: questa settimana è già la terza volta che l'uomo arriva al
lavoro così malridotto. C'è di che preoccuparsi.
- Che cosa devo fare Carlo?
- Credo che tu lo sappia benissimo, ciò che posso dirti, da socio e
collega, è che né io né Massimo sopportiamo più questi tuoi ingressi da pazzo
scatenato. Datti una controllata Tommaso, i clienti ci osservano e tu non sei
un bello spettacolo. Carlo
sospira e indietreggia per appoggiarsi contro la porta chiusa. Tommaso
si volta a guardarlo. Carlo ha ancora il viso del ragazzo che ha conosciuto
anni prima. Quello che gli si sedette accanto il primo giorno di scuola, al
primo anno di liceo. Tommaso gli aveva chiesto un foglio dal suo quaderno e
con disinvoltura si era messo a disegnare con una matita, mentre il
professore di latino scambiava battute con gli altri ragazzi della classe. Ne
era venuta fuori una caricatura dell'insegnante molto ben fatta che aveva
colto di sorpresa Carlo, facendolo scoppiare a ridere. L'amicizia
tra i due iniziò così e da quel primo giorno i posti non cambiarono mai; le
aule in cinque anni sì, ma i due ragazzi rimasero sempre vicini di banco. La
caricatura fa ancora bella mostra di sé incorniciata e appesa al muro, nella
cucina della loro casa. I
tratti del viso di Tommaso ora sembrano più
rilassati. I capelli scompigliati e ancora umidi lo rendono ridicolo.
Lui lo sa e rivolgendosi a Carlo si sforza di esagerare la sua goffaggine.
- Scusami. Poi,
più serio.
- So che hai ragione, avete ragione tutti. Fabio mi sta portando
all'esasperazione: è presuntuoso, egocentrico, egoista... Accidenti!
So che a intestardirmi nel voler portare avanti questa storia a tutti i costi
non ne ricaverò niente di buono. Ma sai, Carlo, Fabio mi piace da morire e
dentro di me spero ancora di riuscire a farlo cambiare. Un'altra
occhiata allo specchio, una mano a sistemare la folta e disordinata
capigliatura e uno sguardo a quei segni scuri sotto agli occhi. Carlo
lo osserva con tenerezza: nei confronti di Tommaso ha sempre nutrito
un'affetto e un attaccamento particolare. Una
bellezza accattivante quella del suo amico, irresistibile nei momenti in cui
si lascia andare all'improvvisazione: un attore nato. Ma soprattutto un amico
sincero. Carlo
ha sempre ammirato Tommaso e gli dà rabbia vederlo star male per uno come
Fabio che oltre al resto lo costringe anche a trascurare il lavoro e i
colleghi per stargli dietro. Quante volte in quegli ultimi mesi Tommaso è
tornato a casa umiliato e offeso promettendo a se stesso e agli amici di non
volerlo rivedere mai più? Sino
alla sera successiva, alla successiva carezza che lo atterra per poi
lasciarlo solo a tormentarsi e a rodersi il fegato. Massimo
se n'è tirato fuori dalla vicenda amorosa di Tommaso; per lui ognuno è libero di farsi del male come meglio
crede; il fatto è che appena un anno fa era lui a piangere come un bambino e
per poco non si lasciava morire d'inedia per la rossa e focosa Valeria. Lasciamo
perdere, è inutile andare a rivangare il passato. Carlo
è sempre stato il bastone su cui appoggiarsi. Ma per forza, lui è stato
baciato dalla fortuna: Valentina, la sua ragazza, la sua compagna da una
vita, è perfetta. Loro due insieme sono perfetti e Tommaso e Massimo non
fanno che coccolarli. L'intervallo
è stato lungo, i primi gruppetti di giovani iniziano a occupare le sedie
intorno ai tavolini. Carlo è già fuori a prendere le ordinazioni, Tommaso si
trattiene qualche minuto in più per cambiarsi gli abiti e subito dopo
raggiunge i ragazzi. Lo
scaffale a giorno, che divide l'ingresso dall'ampio salone e che arriva sino
al soffitto, a Gabriele non è mai piaciuto. Sarà per la tinta scura del
legno, sarà per tutte quelle coppe e trofei stretti uno all'altro che non
lasciano passare la luce, rendendo il corridoio un budello stretto e sempre
in penombra. Naturalmente di
quest'antipatia non ha mai fatto cenno a sua madre: ognuna di quelle
coppe è motivo di orgoglio per lei e guai a spostarle da lì, anche se sono
passati anni ormai dall'ultima volta in cui suo figlio è salito sul podio,
interrompendo una promettente carriera sportiva; decisione quella che causò
un grande dispiacere a tutti. Per Gabriele rappresentò molto più che un
dispiacere ma il suo cuore non ne voleva sapere di funzionare a dovere e il
rischio di una crisi cardiaca era troppo alto per continuare a sfidare la
sorte. Sul
tavolo di cucina una tovaglia di plastica ne protegge una metà abbondante. Sopra,
disposti uno vicino all'altro, una serie di quadretti rappresentano gli
ultimi lavori di decoupage realizzati da Luisa. Gabriele ne sfiora uno con le
dita: la vernice trasparente è quasi asciutta. Mentre
ne osserva i particolari si sente circondare la vita da due braccia forti.
- Come mai da queste parti? Gabriele
si volta e Luisa ne studia con attenzione il viso: il suo sesto senso non
l'inganna mai e i lineamenti tesi di suo figlio le mostrano chiaramente che
qualcosa non va. Gabriele
non tenta di nascondere la sua infelicità e versandosi un bicchiere d'acqua
dalla brocca cerca le parole adatte per spiegare qualcosa che gli è già
capitato di vivere ma che nondimeno attenua la sua sofferenza.
- Con Nicole è finita. Luisa
lo conosce bene e sa che partendo con una raffica di domande otterrebbe
l'effetto contrario: anziché aprirsi Gabriele si chiuderebbe dentro un
mutismo esasperante. Per cui si siede e s'interessa ai suoi lavori in una
tranquilla attesa. Quella
calma raggiunge il sistema nervoso di Gabriele che smettendo di sfregarsi i
palmi delle mani sui jeans, alla fine si accomoda sul divanetto dai cuscini a
quadretti bianchi e azzurri.
- Lei non se la sente di stare con uno che ha amato un'altro uomo.
Dice che non sono il genere di persona con cui intende intraprendere una
relazione seria; sembrava che filasse tutto liscio, ma appena ha sentito la
parola bisessuale è entrata nel panico. Ha proprio dato di matto. Non sapevo
cosa dire per calmarla e a un certo punto sono scappato via. Luisa
solleva lo sguardo e con un'espressione seria aggrotta le sopracciglia.
- Mi sento uno schifo, un individuo totalmente sbagliato. Gabriele
si piega in avanti e con le mani sul viso si lascia sfuggire un gemito. Luisa
comprende bene il suo stato d'animo: suo figlio è un giovane uomo ma davanti
alla frustrazione si riaffacciano tutte le fragilità di un adolescente. Questo
pianto esprime rabbia ma tra un momento lui tirerà su la testa e asciugandosi
gli occhi le dirà:
- Sono un imbecille!
- No, non lo sei. E
così Luisa si ritrova a ripetere le parole di un tempo neanche troppo
lontano, quando suo figlio iniziò a confidarle turbamenti e dolori. Allora
non tutto era chiaro e anche lei soffriva e faceva fatica a capire i desideri
di un ragazzino confuso, ma era determinata a vincere i preconcetti che,
inutile negarlo, albergavano anche dentro di lei: informarsi e conoscere quel
mondo nuovo le avrebbe permesso di aiutarlo. Crescere
un figlio da sola non è stata cosa facile, ma per Luisa la sfida è iniziata
nel momento in cui si è resa conto di averlo in grembo, praticamente nello
stesso istante in cui l'uomo che aveva lasciato lì il suo seme non ne volle
sapere di vederlo crescere. Seduta
al suo fianco Luisa prende la mano di Gabriele che ha ripreso a muoversi
nervosa sulla coscia.
- Passerà anche questo brutto momento tesoro. Tu sei perfetto così
come sei e sono certa che presto incontrerai la persona giusta. Fidati di me,
devi solo saper aspettare. Parola di strega! Al
Coco Loco non c'è il pienone di lunedì sera ma gli assidui frequentatori non
mancano mai. Per un gruppo di giovani in particolare, fare una capatina da
Tommaso e gli altri è un po' come andare a trovare gli amici a casa. È
un autunno mite, il clima consente ancora di stare seduti fuori, senza
irrigidirsi dal freddo. Carlo, l'esperto in cucina, ha preparato un vasto
assortimento di antipasti e ora riempie dei piattini di plastica per
sistemarli nei tavolini, insieme alle ordinazioni degli aperitivi. Massimo
dei tre soci è l'esperto di musica. Pagare la SIAE leva loro una bella fetta
di guadagno ma una buona musica tenuta sempre come sottofondo è
indispensabile; per Massimo almeno lo è. Tommaso,
che ha frequentato un corso di barman, fa lo splendido dietro al bancone e
come esperto di cocktails fa spesso mostra di sé, soprattutto se qualcuno lo
osserva con più insistenza e ammirazione. Alcune
ragazze stasera cercano di attirarne lo sguardo, consapevoli della propria
forza attrattiva. Tommaso
ricambia i sorrisi ed è generoso nel fare complimenti a tutte, ma lui non ha
mai fatto mistero delle sue preferenze. Chi frequenta il locale da tempo lo
sa e le ragazze, pur non smettendo di flirtare con lui, si sono messe il
cuore in pace.
- Il bel Tommaso è gay.
- E ti pareva! - Risponde qualcuna. A
fine serata Tommaso iniza le operazioni di riordino e pulizia. Carlo e
Massimo bisbigliano fra di loro. Lo fanno da un po' e Tommaso li guarda,
interrogandosi sul perché di quell'aria da cospiratori. In tanti anni sono
stati pochi e futili i motivi dei loro diverbi e il fatto stesso di dividere
ancora lo stesso appartamento fa capire il grado di affezione che esiste fra
i tre. In
Tommaso nasce il sospetto che si tratti proprio di questo: forse Carlo si è
stancato di quella convivenza, vuole lasciare la casa. D'altronde il
tirocinio di Valentina presso lo studio legale sta per terminare e ci sono
buone possibilità che inizi a lavorare. A
Tommaso sul momento non gli viene in mente altro, se non che sono due stronzi
maleducati privi di rispetto e... tanto vale dirglielo:
- Si può sapere che cos'avete da confabulare voi due?
- Niente, sta' buono ancora un attimo. Massimo
e Carlo si dirigono verso un piccolo ambiente interno che usano come
dispensa, fornito di una piccola cucina. Su un lato, posta su un treppiede,
campeggia una lavagna. È l'orgoglio di Massimo, non è grande come avrebbe
voluto, per questioni di spazio, ma è un oggetto da lui desiderato, sin
dall'inizio.
- Ecco, ora puoi entrare. Tommaso
non capisce, si guarda intorno e ciò che vede è solo un gran casino. Pensa
che è quasi l'una di notte, è stanco e non ha voglia di perdere tempo dietro
alle cazzate dei due amici. Massimo
sorride e guarda Tommaso, Carlo guarda Tommaso strizzando gli occhi e
facendogli segno di voltarsi verso la lavagna. Tommaso capisce ma, senza la
curiosità di leggerle, non vede altro che parole scritte. Non
è una novità, l'uso della lavagna è proprio quello. Lo
sguardo ritorna sui due uomini che, snervati dalla cocciutaggine dell'amico,
lo spingono avanti.
- E leggi, dai! Tommaso
legge:
- Corso di nuoto: il 10 ottobre, prima lezione.
- Per chi?
- Per te.
- Voi siete matti!
- Naaa. Sei già stato iscritto, non puoi tirarti indietro.
- Oh sì invece. Un corso di nuoto? Ma se non so nemmeno reggermi a
galla!
- Lo sappiamo ed è per questo che ti abbiamo iscritto. È ora che
impari - aggiunge Massimo –
- Ma il 10 è tra due giorni. Non ho l'attrezzatura e nemmeno un certificato
medico e ….
- Ta-dah! Carlo,
che nel frattempo si era allontanato, rientra con un borsone che lascia
cadere ai piedi di Tommaso.
-Questo è per te, dentro c'è tutto quello che ti occorre. Tranne il
certificato. Domani mattina andrai dal tuo medico. Tommaso
è confuso, guarda i due con aria inebetita. Non sa che cosa dire. Poi
d'improvviso si volta e ritorna nella sala a terminare il lavoro lasciato a
metà. Massimo
e Carlo si guardano e sorridono. Non è finita qui, Tommaso ha bisogno di
qualche secondo prima di prendere atto di una qualsiasi novità. Ma appena
realizza...
- Andate a cagare, tutti e due. Appunto!
Che tradotto significa: perché no, può essere divertente, vediamo come va. Massimo
e Carlo sono abbastanza soddisfatti, entrambi sollevano gli occhi verso il
soffitto come a dire:
- E ora sono cavoli amari di chi se lo prende! Gabriele
è pronto a iniziare la sua lezione. Si è seduto un attimo sulla panchina di
legno e con le braccia poggiate sulle ginocchia guarda fisso davanti a sè. Gli
torna in mente Nicole: il suo corpo sinuoso ed elegante e il suo odore... Dio,
perché le donne hanno un odore così buono? Con
la mano tra i capelli Gabriele poggia la testa indietro, contro il muro, chiude gli occhi e ripensa alle parole di
sua madre. “Ma no, devo finirla di vivere nel mondo delle favole!”. Con
un balzo fulmineo Gabriele si tira su, quasi in un impeto di rabbia. Ritto
in piedi raggiunge il metro e novanta. Per uno che pratica il nuoto dall'età
di sei anni non stupisce l'armonia di quel corpo, ma è la sua carica di
sensualità a renderlo speciale, nella più totale assenza di vanità. Ora
però lo scoraggiamento si è impadronito di lui e anche quelle belle spalle
sembrano abbassarsi sotto il peso di una situazione che gli appare incomprensibilmente ingiusta. Il
suo gruppo lo attende. Sono in sei, tutti adulti e scherzano tra di loro. A
farci più attenzione oggi sembrano più rumorosi del solito. Quattro di loro
sono vecchie conoscenze, una ha iniziato da un mese e un altro ancora non lo
ha mai visto e pare proprio che sia lui a creare quella baraonda.
- Salve ragazzi. Scusate il ritardo. Quello
nuovo sta ancora conversando, gesticolando animatamente con il suo vicino,
gli altri si sono già girati verso Gabriele.
- Se non vi è di disturbo vorrei iniziare, che ne dite voi due? Alessandro
sorride a Gabriele con aria di scusa, l'altro, nella più totale indifferenza,
abbassa lo sguardo per allacciarsi il cordoncino del costume e nello stesso
tempo si volta. Le
corsie della vasca sono occupate; Ivan che lavora in squadra con Gabriele, si
sta già occupando dell'altra metà del gruppo.
L'aria è umida e sa di cloro. Gabriele
inizia a spazientirsi: avrebbe preferito che il collega lo avesse aspettato quindi,
preso il fischietto che porta appeso al collo, dà il segnale per iniziare. Il
soffio è un po' più deciso del dovuto e l'uomo che nel frattempo ha terminato
di occuparsi del suo costume, preso alla sprovvista, fa letteralmente un
salto sul posto. - Ma che cazzo...
- Scusi. Lei è un nuovo iscritto? Gabriele
trattiene il nervosismo, osserva quel viso che pian piano riprende la
padronanaza di sé e intanto gli offre la mano per presentarsi.
- Pare di sì, mi chiamo Tommaso.
- Vedo che ha già conosciuto i ragazzi del gruppo. Io sono Gabriele,
se per lei va bene vorrei iniziare la mia lezione. Tommaso
con gli occhi puntati in quelli di Gabriele non si decide a lasciargli la
mano. È
Gabriele a ritirare la propria e precedendo gli uomini si porta verso il
bordo della vasca invitandoli ad entrare:
- Mi raccomando, restate ognuno nella propria corsia. Prego. L'unico
a non saltare dentro l'acqua è Tommaso che si rivolge a Gabriele con estrema
naturalezza:
- Vede, due miei cari amici, un po' cazzoni la verità, mi hanno
iscritto a questo corso di nuoto. Loro vorrebbero che io imparassi a nuotare
e io non voglio deluderli ma le confesso che ho seri problemi a reggermi a
galla. Poi,
sorridendo a Gabriele: - In realtà l'acqua mi terrorizza, moltissimo. Potrei
avere una crisi di panico lì dentro e tirar giù chiunque mi stia vicino. Gabriele
guarda Tommaso e non sa se ridere o buttarlo in piscina a calci nel culo. Per
com'è messo di morale la seconda idea lo attira molto di più, ma lui è uno
serio e quando lavora non si lascia influenzare dal momentaneo stato d'animo.
- Ok. Iniziamo a prendere confidenza con l'acqua utilizzando una di
quelle tavolette. Finita
la lezione Gabriele esce fuori dalla vasca con i muscoli delle braccia e
delle gambe indolenziti, qualche segno rosso qua e là e la sensazione di aver
lottato contro una balena. Tommaso è più grosso di lui e con una forza che
davvero più di una volta ha rischiato di farlo finire sott'acqua. Il
gruppo di Gabriele si va ad unire a quello lasciato da Ivan e insieme vanno
verso le docce. Gabriele saluta e s'intrattiene con il collega per uno
scambio di parole. Per
le successive due ore le corsie saranno impegnate dai giovani atleti che lui
allena per le competizioni. Prima di iniziare però decide di andare a
prendere la bottiglietta dell'acqua dal suo armadietto. Passando
davanti agli spogliatoi vede Tommaso che, finito di rivestirsi, sta per
andare via. Anche Tommaso vede il suo istruttore e con allegra spontaneità
solleva le spalle in un gesto di scusa. Gabriele non può fare a meno di
ricambiare e anche lui risponde a gesti, esprimendo con i tratti del viso
piuttosto seri il suo personale: “È tutto a posto!” per poi allontanarsi. Tommaso
segue con lo sguardo l'uomo, indugiando sulle spalle e su un sedere da urlo e
infine si porta verso l'uscita. Gabriele
sente la pelle rabbrividire e resiste alla tentazione di voltarsi: c'è qualcosa in quell'uomo che fa reagire
il suo corpo; qualcosa che sin dal primo momento gli ha provocato un
formicolio, mettendolo a disagio. Dentro di sè una vocina gli suggerisce di
usare prudenza. Supino,
con le mani intrecciate dietro la testa, Tommaso ha trascorso le ultime due
ore sdraiato nella stessa identica posizione e con gli occhi spalancati a
fissare il soffitto. Girandosi
sul lato destro si mette a osservare il corpo della persona che gli dorme
accanto. Fabio ha un respiro impercettibile e mentre dorme si muove appena.
Ora è voltato dalla parte opposta alla sua e Tommaso non resiste alla
tentazione di sfiorargli con la mano la spalla scoperta. Sono entrambi nudi e
Tommaso si avvicina fino ad aderire completamente al corpo dell'uomo: il
petto sulla sua schiena, il membro poggiato sul suo sedere. Mentre bacia il
collo del compagno Tommaso gli accarezza il petto e poi, dolcemente, scende
sull'addome; infine circonda e stringe il pene che risponde prontamente. Un
lungo sospiro e anche la coscienza di Fabio si ridesta. Tommaso prosegue con
le carezze e quando l'altro si volta lo bacia sulle labbra:
- Buongiorno! Fabio
ricambia il bacio e spinge il corpo di Tommaso contro il materasso per poi
sdraiarsi sopra di lui. Tommaso accarezza le natiche del compagno che
grugnisce di piacere. Sono gesti lenti e distratti ai quali Fabio, ancora
instupidito dal sonno, si abbandona.
- Ti devo parlare Fabio. Tommaso
sente l'uomo sopra di sé irrigidirsi e poi lo osserva scivolare di lato,
sedersi sul letto e accendersi una sigaretta. Il
fumo gli penetra in gola, pizzicandola; sospirando, anche lui si tira su a
sedere. La
sera prima Fabio lo ha convinto ad accompagnarlo ad una festa. Lo sguardo di
Carlo aveva esplicitamente detto la sua; Massimo aveva scosso la testa;
Tommaso sapeva benissimo che con Fabio le delusioni sono sempre dietro
l'angolo, ma pur di stargli vicino l'avrebbe seguito ovunque. Per cui, dopo
essersi dato una sistemata, aveva salutato gli amici e, avvolto
dall'abbraccio possessivo dell'uomo, aveva lasciato il locale. Durante
il tragitto in macchina Fabio, preso da una chiacchiera inarrestabile, aveva tenuto la mano sulla coscia dell'uomo
seduto accanto a sé e ogni volta che la stringeva i battiti del cuore di
Tommaso subivano un'accelerata; poi pian piano Tommaso era riuscito a
rilassarsi godendo di quegli attimi che, lo sapeva, non sarebbero durati a
lungo. Dentro di sé sperava che il momento difficile del loro rapporto fosse
passato: Fabio si stava abituando alla sua presenza e, seppur a suo modo,
ricambiava gli stessi suoi sentimenti. Ne
era quasi certo. Arrivati
nella grande casa di proprietà di un suo amico però, tutto era svanito, come
lo scoppio di una grande bolla di sapone. Fabio era stato letteralmente preso
d'assalto dai presenti. Quello che si allontanava non era più la stessa
persona che solo pochi minuti prima lo aveva fatto sentire speciale: Fabio
non faceva che abbracciare e baciare e stringere mani e ridere fino a
rendersi invisibile agli occhi di Tommaso che improvvisamente lo aveva perso
tra gli altri invitati. Dopo
essersi guardato intorno con aria affranta, Tommaso si era seduto su un
divanetto, con in mano un bicchiere colmo del liquido più forte messo a
disposizione dal padrone di casa. Nella sua testa intanto, scorrevano a
chiare lettere le parole: “Fabio, con me hai chiuso!”. Mentre
continuava a ripeterle mentalmente, era stato distratto dalle luci della
città, la sua città che, vista da quella finestra aperta, non era altro che
una qualunque piccola città sparsa per il mondo e questa riflessione non
aveva fatto altro che accrescere il suo senso di solitudine. A
una certa ora stanco, stordito dall'alcool e infastidito dagli uomini
presenti nella sala, alcuni dei quali, fintanto che era rimasto seduto,
avevano tentato qualche approccio,Tommaso avrebbe voluto andare via, ma le
chiavi della macchina le aveva Fabio. Quando
finalmente lo aveva scorto all'ombra del giardino, attorniato da altre tre o
quattro persone, Tommaso si era fatto avanti, deciso a prenderlo per un
braccio e portarlo via da quella festa di merda. Ma
Fabio lo aveva preceduto, anticipando e spiazzando le sue intenzioni:
consapevole dell'imbarazzo che gli creava, Fabio lo aveva abbracciato e
baciato sulle labbra davanti a tutti, e lui che non capiva più nulla, si era
prestato al gioco, come un bambolotto. Un
bel bambolotto che una volta rientrati a casa di Fabio aveva ricevuto un
trattamento sbrigativo: una scopata frettolosa che alla fine lo aveva
lasciato vuoto e solo a trascorrere quelle poche ore, prima di decidersi ad
alzarsi dal letto.
- Che cosa devi dirmi Tommaso?
- Non ora, devo andare al lavoro. Fabio
osserva Tommaso chiudersi la porta del bagno alle spalle. Quindi, con un
sospiro spazientito e scuotendo la testa, decide di andare in cucina a prepararsi
un caffè. Gabriele
saluta Francesca con un bacio sulla guancia. Lei gli sorride distratta e
continua a parlare con Giorgio, stravaccato sul divano, di fronte al
caminetto acceso. Novembre
ha affilato i suoi coltelli e le raffiche di vento colpiscono come
stilettate. Uscendo dalla piscina Gabriele ha dovuto affrontare un vero e
proprio vortice d'aria gelida e pioggia sferzante e ancora adesso continua a
rabbrividire, stringendosi addosso il giaccone pesante che non gli dà cuore
togliere. Lo
convince Agnese gentile, come sempre.
- Dai pure a me, Gabriele. Siediti che ti porto una cioccolata calda. È
bastato stuzzicare le papille di Gabriele per farlo decidere ad accettare
l'invito di Agnese: il messaggio, ricevuto un'ora fa, lo ha preso per la gola
e non ha saputo dire di no. In caso contrario a quell'ora, sarebbe stato già
sotto le coperte. Da
solo. Mai
come nelle ultime settimane la solitudine ha acquisito il peso e la
consistenza di una lastra di cemento posata sulle sue spalle. Nicole è un
pensiero che ritorna spesso alla sua mente ma non ha trovato spazio né lungo
la linea di un telefono né per voce di amici comuni. Ad Agnese era bastato
guardare Gabriele negli occhi e le parole erano state inutili. Solo,
ancora una volta. Per
due volte Gabriele ha perso la testa per un'altra persona. Due volte, nella
sua vita ha aperto il cuore dando tutto sé stesso. Si dice che forse sta lì
l'errore più grande: il coinvolgimento totale. Forse deve imparare a vivere i
rapporti con distacco, prendendo ciò che viene senza dare nulla in cambio. Ma
che vita sarebbe? Una vita non sua, un comportamento che non gli appartiene
perché per Gabriele l'amore è ancora una cosa meravigliosa e non servono a
niente i consigli di Giorgio quando gli suggerisce di fottersene dei
sentimenti e prendere senza porsi troppe domande. Perché Giorgio è così che
vive e Francesca è uguale a lui, parlano di libertà e di apertura mentale;
Gabriele vede in loro solo superficialità e tanta incapacità ad amare, ma lui
non ama le discussioni e preferisce tenere per sé i propri pensieri. Agnese
conosce da anni Gabriele, conosce molto bene anche Nicole e inizialmente ha
osservato con un po' di diffidenza il rapporto che ha visto nascere tra i
due. Ha
visto Gabriele affascinato e incerto perdere la testa per colei che sprizzava
sensualità da tutti i pori e che ha tirato fuori tutto il suo potere
seduttivo per conquistarlo. Ha
visto in seguito girarsi la frittata: Gabriele, forte dei suoi sentimenti,
travolgere Nicole e trasformarla in una compagna tenera e romantica. Per il
tempo in cui è durato il loro poteva sembrare vero amore: per Gabriele
sembravano esserci tutti i presupposti, per Nicole c'erano evidentemente
troppe riserve e il vero io non aveva tardato a palesarsi. Agnese
conosce bene i dubbi di Gabriele e sa anche quanto la fine di questa storia
tormenti il cuore dell'amico. Era accanto a lui anche un anno fa quando
Stefano aveva deciso di andarsene a New York perché lì poteva esprimere tutta
la passione che lo legava al ballo; evidentemente, aveva pensato Agnese, non tanto forte quanto la passione che per
tre anni lo aveva legato a Gabriele. Non
era stata una sorpresa per Agnese vedere Gabriele tra le braccia di una donna
dopo le braccia di Stefano, ciò che la disturbava era il trattamento che
entrambi gli avevano riservato, passando sopra a dei sentimenti che erano
sempre stati sinceri. Ora sa che Gabriele è davanti a un bivio: da una parte
avrebbe voglia di rannicchiarsi su se stesso e leccarsi le ferite aperte di una
vita sentimentale ancora una volta ridotta a pezzi. Di fianco non può fare a
meno di pensare a una strada ancora da percorrere, sconosciuta e solitaria,
con una vita sentimentale tutta da riscoprire. Agnese,
legata alla sua compagna Jasmine da diversi anni, crede fortemente nell'amore
e vorrebbe instillare nel cuore del suo amico gocce di ottimismo, ma sa che
ci vorrà del tempo perché quel cuore affaticato e deluso si predisponga a
ricevere qualsiasi aiuto arrivi dall'esterno: succederà, appena sarà di nuovo
pronto. Uscendo
dal bagno Fabio si guarda intorno, mentre con fare distratto si gratta la
testa. Ancora nudo percorre la stanza da letto e nel disordine generale cerca
di recuperare qualche capo di vestiario ancora mettibile. Tommaso è uscito da
circa mezz'ora con la promessa di sentirsi presto, per parlare di loro due,
immagina Fabio, che però non ha nessuna intenzione di farlo. Ha
indossato un paio di jeans e una felpa dai bordi lisi e in alcuni punti
sbriciolati e ha infilato nei piedi scalzi un paio di vecchi scarponi;
salendo una rampa di scale è entrato in un ampio locale sottotetto. Ritrova
tutto come lo ha lasciato il giorno prima: da una parte montagne di ciarpame
che lui considera riciclabile; dall'altra lavori finiti e altri in via di
realizzazione. Il banco degli attrezzi, macchinari da falegnameria, scaffali
colmi di una varietà indescrivibile di oggetti, un vecchio divano sfondato
con una coperta buttata sopra, un tavolaccio al centro della stanza. Due
basse finestre e una portafinestra che si apre su una terrazza, coperta in
parte da una tettoia; sotto di essa ancora oggetti e legname e lamine di
alluminio o di rame arrotolato. E
poi riviste di arredamento, libri di architettura, oltre a pile di fogli
sempre pronti a scappare da ogni lato, per poi essere raccolti e riposti a
casaccio. È
il mondo di Fabio, un mondo perlopiù solitario, fatto di piccoli e grandi
capolavori artigianali. Seduto
sulla sedia girevole Fabio studia ancora una volta il suo ultimo progetto. È
un lavoro importante, commissionato dal proprietario di un grosso ristorante
che ha deciso di rinnovare i locali e per il quale ha già realizzato diversi
lavori. Il
disegno mostra una credenza in castagno intagliata a mano dove ai tipici
rosoni si alternano simboli antichi. Accendendosi una sigaretta Fabio
concentra tutta la sua attenzione su quei particolari: il dito indice ne
segue i contorni disegnati con la matita poi, soffiando via il fumo dalla
bocca e dal naso si solleva dalla sedia e, spalancata la portafinestra, si
lascia azzannare dal freddo del mattino. Uno sguardo ai tetti delle case di
fronte e oltre, verso quel mare che ancora la foschia non lascia intravedere.
Difficile
entrare in questo mondo: per Tommaso è un'impresa che rischia di travolgerlo,
per Fabio sono solo fatti suoi. Tommaso
asciuga i bicchieri mentre i pensieri volano altrove. Lontani dalle persone
che chiacchierano davanti a lui, dall'altra parte del bancone. Massimo gli ha
dato di gomito già due volte e Carlo lo ammonisce con lo sguardo. Il vigore
nell'asciugare è già costato la perdita di tre bicchieri e sono solo le
undici; alle undici e cinque Tommaso lascia il panno e si avvia a passo
deciso verso il ripostiglio per uscirne subito dopo con una lunga sciarpa di
lana avvolta intorno al collo e il solito cappotto di lana nero.
- Torno subito! È
come se lo avesse scritto su un cartoncino per poi lasciarlo appeso alla
porta: i due soci non hanno fatto in tempo ad aprire bocca. Una
volta in strada Tommaso non sa che pesci prendere. Fabio non lo ha chiamato e
lui sa quanto l'altro s'incazza se lo si chiama mentre lavora, praticamente
sempre. Decide
di camminare: un passo dietro l'altro e spera che la nebbia che gli avvolge
il cervello si diradi, lasciandogli intravedere la luce. Se
fosse uno sportivo ora andrebbe a casa e, indossate un paio di scarpe adatte,
andrebbe a fare jogging. Ma non è uno sportivo e anzi un po' gli sportivi gli
stanno sul culo, con tutte quelle fisse sui bioritmi e alimentazione e via
dicendo. No,
decisamente Tommaso non è uno sportivo, anche se il nuoto inizia a piacergli.
Gabriele gli ha detto che, passata la paura dell'acqua, fa grandi progressi.
Muove ancora le braccia e le gambe senza alcuna coordinazione, ma migliora di
settimana in settimana. Gabriele.
Oggi
non è il suo turno e gli dispiace, lo vedrebbe molto volentieri. Fabio. Cosa
devo fare con lui? All'improvviso
una mossa totalmente involontaria gli fa prendere in mano il telefonino.
Oggetto da lui poco amato, ma alla bisogna... In
cinque secondi il messaggio è scritto e inviato e Tommaso fa un lungo
respiro. Il primo di tutta la
mattinata: fino a poco prima l'aria entrava nei polmoni a piccole dosi, il
tanto per sopravvivere. Ha
fatto ciò che istintivamente il cuore gli ha suggerito. Poco originale, la
verità, ma non gliene importa nulla:
Fabio deve sapere una volta per tutte quali sono i suoi sentimenti. E adesso
è pronto a subire tutte le conseguenze di questo gesto. I
passi di Tommaso sono più sicuri mentre i pesanti stivali calpestano il
selciato; il viso si è rilassato e le rughe distese; la sua aria da sognatore
è tornata a caratterizzargli i tratti. Entra
così Tommaso nel locale dove Carlo e Massimo fanno la pausa pranzo; porta con
sé un mazzo di fiori che, sorretti maldestramente, pendono a testa in giù,
mentre con aria mesta osserva la reazione dei due.
- Che coglione! - Esclama Massimo, poi si alza per sistemare i fiori
in una sottospecie di vaso.
- Mangia qualcosa! - Carlo lo abbraccia e poi lo invita a sedersi al
tavolo.
- Grazie. - Tommaso finalmente può rilassarsi. Fabio
ha letto il messaggio sul suo smartfone: Ti amo! “Stupido
uomo!” Non sorride mentre lava le stoviglie che ha adoperato per farsi da
mangiare. Tommaso gli piace. Gli piace soprattutto quell'aria scanzonata da
eterno adolescente che gli aleggia intorno. I capelli neri e mossi che
arrivano a coprirgli le orecchie e che lui ama spostare per succhiargli il
lobo, gli occhi ridenti sotto occhiali dalla montatura leggera e sottile, dalle
lenti ovali. Il suo corpo, forte e tonico, che emana calore. Del carattere di
Tommaso lo ha colpito soprattutto la curiosità e la voglia di imparare,
qualunque cosa si predisponga a fare. Lo
conobbe nella propria soffitta: Luca, il suo amico designer, era andato a
trovarlo per proporgli alcuni lavori. In quel periodo Fabio era impegnato
giorno e notte su un plastico che avrebbe dovuto essere già in consegna; Luca
era entrato salutandolo, Fabio aveva risposto ma senza sollevare la testa dal
suo lavoro. Quando si era raddrizzato per prendere il pacchetto delle
sigarette e accendersene una, si era accorto che Luca non era solo. Tommaso
non aveva spiccicato parola, quel posto lo aveva affascinato: ovunque girasse
lo sguardo s'imbatteva in qualcosa di straordinario; arrivando infine ad
incrociare gli occhi gonfi, lucidi e arrossati di Fabio aveva reagito con un
sussulto: quell'uomo alto e magro con una massa di capelli dal taglio
selvaggio color blu elettrico e con gli abiti che gli cadevano informi sul
corpo spigoloso aveva l'aspetto di un folle. A Tommaso piacque da subito. Fabio
non si era minimamente posto la domanda di chi fosse quell'estraneo e perché
si trovasse lì, lui proseguiva il suo lavoro e intanto parlava. Luca,
sprofondato sul divano, si era messo a girare una canna, terminata l'opera
l'aveva passata. Trascorsero
insieme circa due ore e solo quando Luca e Tommaso si erano decisi a muoversi
per andare via, Fabio si era avvicinato a Tommaso e accarezzandogli la
guancia con le dita arrossate e ruvide gli aveva sussurrato:
- Torna quando vuoi. A
Tommaso quel gesto gli era parso il più sensuale del mondo e quando Luca lo
aveva messo in guardia, da testa dura qual'era, non ne aveva registrato mezza
parola.
- Ascoltami: Fabio ha un talento eccezionale, ma ha un carattere di
merda; è un artista, un po' matto ed eccentrico e anche un po' visionario. Lo
conosco da anni ormai e non ho mai visto nessuno stargli accanto per più di
una settimana. Devi stargli alla larga:
è un maledetto egoista, credimi. Tommaso,
che quel pomeriggio aveva incontrato per caso il suo amico d'infanzia,
lasciandosi convincere aveva accettato ad accompagnarlo nel regno di colui
che ora veniva dipinto in questi termini. Quella notte non aveva chiuso
occhio e l'indomani, lasciando gli amici di stucco, aveva detto loro di aver
bisogno di un po' di riposo e che per qualche giorno non lo avrebbero visto.
Naturalmente gli aveva detto anche di non preoccuparsi: era tutto a posto,
era tutto sotto controllo. Quelle
parole non avevano convinto Carlo e Massimo e men che meno se stesso, ma il
desiderio di ritornare in quella soffitta dall'aria polverosa e rivedere
Fabio gli stava infiammando lo stomaco. Com'era
successo il giorno prima, Fabio salutò senza sollevare lo sguardo dal suo
lavoro. Parlarono per tutta la mattinata e siccome Tommaso non smetteva di
toccare dappertutto e fare domande su ogni cosa, Fabio decise di affidargli
qualche semplice lavoretto. Interruppero
che era ora di pranzo e quando scesero nell'appartamento di sotto per
mangiare qualcosa, Tommaso aveva ormai smesso di stupirsi per il disordine
che incombeva ovunque e che, ormai lo aveva capito, faceva parte del fascino
di quell'uomo. Non
si stupì nemmeno quando si ritrovò tra le sue braccia perché accadde tutto in
maniera spontanea e il sesso fra loro fu semplicemente stupendo. Nei
tre giorni successivi non si mossero da lì.
-
Stupido uomo! - Ripete, mentre aspira il fumo di un'altra sigaretta. Ma non
ha niente da rispondere a quel messaggio, se non uno sbuffo di stanchezza, e
quello per fortuna Tommaso se lo risparmia. I
campionati regionali di nuoto hanno tenuto impegnato Gabriele per due fine
settimana di fila. Alla fine del mese di novembre finalmente un week-end solo
per lui, da trascorrere nel più vergognoso degli ozi. Il sabato la sveglia
senza allarme giace nel cassetto, sotto le mutande. Si può dedurre l'ora
dalla luce del sole: scarsa per essere ancora mattina e nel dubbio occorre
dare un'occhiata all'orologio appeso sopra il frigo che appunto segna le sei
di sera. Diciamo già notte, trattandosi di una giornata cupa e piovosa.
Diciamo anche che a questi livelli l'ozio è schifosamente esagerato, ma di
lasciare pigiama, felpa e calzacce di lana non se ne parla neanche. Agnese
ha inviato diversi messaggi ma stavolta neanche la cioccolata ha incoraggiato
l'uscita. Ci ha pensato Ottavio, il gatto, a tirar fuori i giusti argomenti:
o esci a comprare la sabbia e mi ripulisci la lettiera o la prossiama
pisciata la faccio sul tappetto. Nel linguaggio dei gatti il miagolio
continuo e il rifiuto ad entrare nella lettiera sporca è più che esplicito. Così,
infilata una tuta e cambiate calze e scarpe, Gabriele è costretto ad uscire,
intabarrato sotto un giaccone pesante. Il
supermercato è piuttosto distante da casa sua ma dopo aver percorso i primi
metri i muscoli si riscaldano e tutto il corpo si rilassa provando piacere
per quella passeggiata fuori programma. Gli tornano in mente le lunghe
camminate estive abbracciato a Nicole e la nostalgia per qualcosa di bello
che si è perduto, rischia di trasformarsi in malumore. D'istinto
gli viene da pensare al futuro e sorridendo tra sé pensa che sarebbe
fantastico che ora gli capitasse ciò che nei film ha visto succedere spesso e
volentieri e cioè un incontro a sorpresa. Sì, uno di quegli incontri che
cambiano la vita, magari tormentati: con tanto di batticuore e tutto il
resto. Sorride
fra sé Gabriele e con il sacchetto della sabbia in mano fa la fila alla
cassa. Una cassiera che, ripetendo i soliti gesti meccanici, s'è persa anche
lei nei propri pensieri, vedendo l'espressione sorniona di quel dolcissimo e
fichissimo uomo si ricompone e raddrizzandosi sulla sedia si stampa sul viso un sorriso a trentadue
denti. Gabriele, distratto dal turbinio di una mente sempre in viaggio, non
si accorge che anche qualcun'altro lo osserva e quando si sente stringere il
braccio sussulta per la sorpresa.
- Ciao Gabriele. Quasi quasi non ti
riconoscevo con gli abiti addosso! Gabriele
arrossisce e incrocia lo sguardo della cassiera, se è possibile ancora più
vispo di prima. E mentre poggia il
bustone sul rullo si volta, incontrando il faccione sorridente di Tommaso.
- Ehi, come va?
- Anche tu ti sei ridotto all'ultimo momento per venire a fare la
spesa? Poi
notando che tutta la spesa di Gabriele consiste in un sacco di sabbia per
lettiera, fa una smorfia:
- Mmmm, vedo che la lista te l'ha compilata il gatto! Gabriele
ha avuto modo di conoscere un po' meglio Tommaso in quest'ultimo mese, ma non
ha ancora capito che cosa in realtà lo incuriosisce di lui e mentre ci pensa
su paga il prezzo dell'acquisto; poi si allontana dalle casse lasciando la
donna a seguirlo con gli occhi; senza per altro degnarla di un saluto.
- Che stronzo! Curiosamente
l'attenzione nei confronti di Tommaso continua a impensierire Gabriele;
questi, con una borsa per la spesa in una mano, dalla quale spunta un ciuffo
di sedano, e con l'altra a segnare un punto imprecisato davanti a loro, si
offre di dargli un passaggio.
- La pioggia è aumentata: la sabbia si inzupperà d'acqua: chi lo sente
poi il tuo amico a quattro zampe? Non
può certo dire che non abbia ragione e neanche che il suo sorriso non sia
irresistibile e poi Gabriele non ha voglia di camminare ancora: prima torna a
casa al caldo, meglio è. Il
tepore del condizionatore acceso dentro l'auto e il freddo che i due uomini
portano all'interno della vettura fanno appannare i vetri. Tommaso si volta
verso Gabriele per chiedergli dove abiti ma vedendo l'espressione indurita
sul suo volto, preoccupato segue la direzione dello sguardo. Davanti a loro,
intenta a riporre il carrello dietro a una lunga fila, una giovane donna
lotta con una moneta incastrata nell'apposita fessura. Il tentativo pare sia
destinato a fallire e Gabriele, che nel frattempo s'è ripreso dallo shock, è
pronto a riaprire lo sportello per correrle in aiuto. Si blocca giusto in
tempo quando vede fermarsi un uomo che con fare deciso prende il posto della
donna. Lei incrocia le braccia sul petto e aspetta di vedere i risultati di
quella ostentata sicurezza, poi scoppia a ridere quando il compagno si
arrende e con un'imprecazione abbandona carrello e moneta. A
Gabriele gli si stringe il cuore nel vedere quel braccio cingere la vita di
Nicole – perché di Nicole si tratta - e abbassando gli occhi arrossisce
un'altra volta, realizzando la presenza di Tommaso accanto a sé, che tossisce
imbarazzato.
- Sai, mi è venuta un'idea. Voglio farti conoscere i miei amici. Che
ne dici di fare un salto con me al locale?
- Non posso, devo occuparmi del mio gatto.
- Che problema c'è?: Prima il gatto e poi si esce. Io ti aspetto in
macchina, se mi prometti di tornare. Il
tono della voce di Tommaso ora è cambiato. Gabriele si volta e incontra gli
occhi profondamente chiari dietro alle lenti degli occhiali, in un uomo che
sin dal primo incontro ha quasi desiderato annegare e ora invece è quasi
tentato di abbracciare.
- Ritorno. Promesso!
- Bene. Da che parte per casa tua?
- Tommaso, ancora non ho capito bene cosa vuoi da me.
- Non hai capito... senti Fabio, forse la tua è una tattica per
mandare la gente all'altro mondo, sperando anche di farla franca. Ma cosa non
ti è chiaro quando ti chiedo di rispondere a una domanda precisa? Provi
qualcosa per me? La
soffitta è rimasta la stessa di qualche mese fa ma da giorni ormai la
polvere che incombe su ogni cosa,
compresi i suoi polmoni, ha iniziato a rendergli il respiro difficoltoso. E
poi anche la sensazione di sentirsi sempre sporco non gli sembra più tanto
naif come un tempo. Dopo i recenti episodi e dopo aver riflettuto a fondo,
Tommaso ha superato la fase che Carlo ha battezzato “prosciutto sugli occhi”
e quella domanda ora suona ingenua e falsa anche a lui, ma in questo momento
ha bisogno di ricevere una risposta. Fabio
non guarda Tommaso e, con la sigaretta stretta tra le labbra, prosegue a
scartavetrare un vecchio tavolino di legno. I
minuti si dilatano e Tommaso sente ribollire il sangue dentro di sé. Poi ad
un tratto Fabio lascia la sua occupazione e dopo aver spento la sigaretta in
un grosso portacenere esce sulla terrazza, raggiungendo quella figura che si
sforza di intercettarne i pensieri. Al tentativo di una carezza Tommaso si
ritrae esprimendo con quel gesto tutta la rabbia e anche una buona dose di
risentimento che già da qualche tempo ha iniziato a insinuarsi nella sua
coscienza. Una sorta di risveglio: Massimo, il suo amico, la vede così.
- Mi dispiace, ma più di questo non posso darti Tommaso: non chiedermi
di diventare qualcuno che non potrò mai essere. Tu mi piaci, molto, sei
l'uomo con il quale sono stato più a lungo ma non ti ho mai fatto intendere
di essere diverso da ciò che vedevi. Sono lusingato dell'amore che mi hai
dimostrato sin dall'inizio, ma questo è tutto. Senti, dammi retta:
chiudiamola qui, continuare oltre a questo punto non ha più senso. Tommaso guarda intorno a sé e scuote la
testa con un mezzo sorriso sarcastico. Ha amato sul serio quest'uomo e anche
Fabio a modo suo lo ha amato e si fermerebbe ancora, sfidandolo a giurargli
il contrario, se improvvisamente non gliene importasse più un accidente di
niente di sentirlo ancora parlare. È
strano come questo posto ora gli appaia triste e dopo un ultimo sguardo a
colui che ancora gli sta di fronte intento a leggergli gli occhi, preso dalla
fretta di uscire si trova davanti i gradini della scala; li affronta tre alla
volta, per arrivare a saltare gli ultimi con un solo balzo in avanti. Ai lati
degli occhi alcune lacrime si staccano per scivolare leggere sulle guance.
Tommaso le asciuga con la manica del cappotto e poi sorride. Ride di sé: per
la fragilità dei sentimenti, per la scomparsa improvvisa di un dolore acuto
al quale si era abituato e di cui da questo momento in poi ne farà volentieri
a meno. A
dispetto di tutto il suo amico Luca su una cosa si era sbagliato, pensa
Tommaso: “Il visionario ero io!” Da
quando Gabriele ha iniziato a frequentare il Coco Loco la sua cerchia di
amicizie si é allargata e conoscendo Carlo e Massimo ha potuto conoscere
meglio anche Tommaso, tornato ad essere quello di un tempo: parola di amici. Ha
iniziato a frequentare anche l'appartamento dei tre, coinvolgendo le sue care
amiche Agnese e Jasmine. Grazie ai nuovi incontri Gabriele ha festeggiato il
suo trentesimo compleanno circondato da persone fantastiche. Tra
questi Alessandro, un suo iscritto, che in piscina ha legato moltissimo con
Tommaso e per questo motivo non può più fare un passo senza trovarseli tra i
piedi, entrambi, insieme. Con
Tommaso i rapporti sono diventati amichevoli e confidenziali; spesso Gabriele
lo invita a casa sua, come questa sera e se inizialmente lo ha trattato con
distacco, Gabriele ha finalmente capito che cosa di lui lo ha incuriosito,
fin da subito: è la sua vitalità, il suo modo di interagire con le persone,
la completa fiducia che ripone nel prossimo che diventa affetto profondo e
inattaccabile quando dall'altra parte trova chi lo corrisponde. E Gabriele imparando
a fidarsi di lui ha capito quanto avanti può spingersi nell'aprirsi:
- Mi sono innamorato la prima volta quando frequentavo la terza
elementare. Un giorno tornai a casa e dissi a mia madre che avevo due
fidanzati: Elena e Andrea. A me sembrava una cosa normalissima, ma quando a
scuola Elena mi disse che non potevo avere un fidanzato maschio non riuscivo
a capacitarmi e le urlai arrabbiatissimo che non era vero: io volevo essere
il fidanzato di entrambi. Non capivano e con la cattiveria tipica dei bambini
iniziarono a prendersi gioco di me. Soffrii molto e seppur piccolo promisi
che in futuro avrei mantenuto segreti i sentimenti e lo feci sul serio, anche
quando crescendo iniziai a sperimentare l'amore, lottando ogni volta contro
le richieste del mio corpo e con il gran casino che avevo in testa. Ma a
tenersi tutto dentro non si vive bene, proprio no.
- Ti capisco – ribatte Tommaso – io mi sono svegliato tardi ma credo
di essere sempre stato innamorato del mio amico d'infanzia. Da piccoli ci lasciavano
dormire insieme, quando i nostri genitori si riunivano a casa di uno o
dell'altro e crescendo mantenemmo la stessa abitudine. Solo che a undici,
dodici anni averlo vicino produsse i suoi effetti. Quando intuii di che cosa
si trattava, la sua famiglia si dovette trasferire in un'altra città e così
lo persi di vista. Per qualche tempo ci telefonammo ma la lontananza ci rese
estranei e non riuscii mai a parlargli dei miei sentimenti. Nel giro di un
anno smettemmo anche di sentirci. Ho saputo dai miei che si è sposato e ha
già una bambina.
- Già! Tommaso
interrompe il racconto e si lascia andare ai ricordi di storie brevi,
frettolose, stupide o intense che negli anni hanno inciso sul suo carattere,
formandolo. Gabriele
lo osserva e intanto sorseggia il vino rosso che riempie il secondo
bicchiere.
- Ho amato Stefano dal primo momento in cui l'ho visto.
- È successo anche a me, con Fabio.
- Di Nicole ho amato il suo odore e il modo che ha di arricciare il
naso quando sorride e il modo di camminare...
- L'ho vista, mi è sembrata una ragazza molto dolce.
- Lo è. Sono stato io a farla arrabbiare, ma volevo che sapesse tutto
di me. Gabriele
sospira e beve ancora. Un
attimo di pausa ed entrambi raccolgono i propri pensieri.
- Alessandro mi piace, molto. È
il tono sommesso con cui Tommaso pronuncia quelle parole a provocare un
accesso di ilarità in Gabriele o forse è l'effetto dell'alcool ad aver
abbassato il suo livello di auto-controllo, ma dato che anche Tommaso non si
è risparmiato e insieme si sono scolati un'intera bottiglia di vino, la
risata dell'amico contagia pure lui.
- Ti giuro che non me sono accorto! – e ancora giù a ridere. Poi,
improvvisamente serio, Gabriele guarda Tommaso negli occhi ed esclama: - Il
prossimo mese parto per l'Inghilterra.
- Cosa?
- Ho ricevuto una proposta di lavoro qualche settimana fa. Ci ho
pensato su e alla fine ho deciso di accettare: allenerò una squadra di nuoto
inglese!
- Mi dispiace, cioè... sono contento per te, se è quello che
desideri... cazzo è bellissimo!
- Calma. E ora promettimi che continuerai ad allenarti, anche senza di
me.
- Alessandro è un atleta molto dotato e s'impegna molto; Ivan è un
buon allenatore, segui loro e andrai alla grande.
- Oh, sul fatto che Alessandro sia molto dotato non ti sbagli – la
risatina isterica di Tommaso Gabriele fa finta di non coglierla, mentre
riprende a sorseggiare il suo vino - sul fatto di stargli dietro con il
nuoto... beh, ti prometto solo che m'impegnerò ma non chiedermi troppo amico!
- Ok. Potresti togliermi una curiosità ora?
- Se posso.
- Possiedi per caso una bambola o qualcosa di simile?
- No, che ti prende?
- È per via di questi capelli blu, non capisco dove li vai a prendere.
Ecco, tipo questo. Gabriele
stringe tra le dita un capello che ha sfilato dalle trame del cappotto nero
buttato sulla poltrona e lo mostra a Tommaso che riprende a ridere.
- Fabio. Fabio si tinge i capelli di quel colore.
- Ah, - esclama Gabriele. - Scusa non dovevo.
- E perché? È tutto a posto, stai tranquillo. Ora lo è davvero. In
attesa d'imbarcarsi sull'aereo, Gabriele passa il tempo sfogliando una rivista
sportiva. In
realtà la sua mente è distratta da mille pensieri e quando solleva lo
sguardo, senza rendersene conto, si fissa su un giovane seduto sulla fila di
sedili di fronte. L'insistenza
di quello sguardo attira l'attenzione dell'altro che con curiosità aspetta di
vedere chi cederà per primo. Gabriele non vuole sembrare maleducato ma la
serietà con cui quegli occhi lo stanno squadrando lo convince a persistere.
Nessuno pare voglia mollare la presa ma quando la voce
all'altoparlante invita i passeggeri di recarsi all'imbarco, i due si
sollevano nello stesso istante e confusi dall'imbarazzo s'incamminano nella
stessa direzione, intercettandosi uno con l'altro.
- Scusa! - Esclama Gabriele penetrando gli occhi scurissimi del
giovane.
- Scusa tu. - E un brillio nella pupilla lascia intendere che
all'altro non è dispiaciuta affatto quell'intrusione.
- Un aereo ci aspetta!
- Già, lo stesso aereo per entrambi.
- Sì, così pare. Io sono Gabriele.
- Tommaso... qualche problema? Il mio nome ti fa ridere?
- No, è che... è buffo!
- Che cosa è buffo? - Tommaso osserva Gabriele con curiosità e gli
sorride arricciando leggermente il naso. - Il mio nome? Gabriele
vorrebbe sprofondare e allo stesso tempo vorrebbe spiegare allo sconosciuto
che Tommaso è un nome bellissimo: un suo caro amico si chiama così e questa
coincidenza lo rende euforico. Ma continua a fissare Tommaso e quando questo
lo prende per mano urlandogli di sbrigarsi che rischiano di perdere il volo,
Gabriele si lascia trasportare e tirandosi dietro lo zaino si ritrova a
correre come un ragazzino. Ora
nella testa di Gabriele non ci sono pensieri ma solo una miriade di puntini e
striscie luminose che assomigliano a fuochi d'artificio. Mentre corre i
battiti del cuore gli martellano dentro le orecchie. - Però -, si sorprende a pensare: “È proprio
come nei film!”....
- ...Pronto?
- Io sono pronto e tu? Quanto ci metti a rispondere? Stavo per
chiudere.
- Tommaso?
- Ehi, che cosa ti sei bevuto? Sono io, certo. Nemmeno partito e già
mi cancelli dalla rubrica?
- No, che stupido, mi sono distratto e non ho sentito il cellulare
squillare. Gabriele
passandosi la mano tra i corti capelli si guarda intorno alla ricerca del
ragazzo di prima. Nel sedile di fronte non c'è più ma girandosi alla sua
destra lo rivede mentre parla con una ragazza. È
stato un attimo, forse si è assopito e ha immaginato tutto; ha ancora il
cuore in accelerazione.
- Ci sei? Se ti disturbo posso chiudere.
- Dai smettila. Ci sono, ma non per molto, tra un po' iniziano a
imbarcare.
- Come stai? Ieri sera non sei venuto al locale.
- No, te l'avevo detto che odio gli addii.
- Alessandro c'era.
- Mmmm…
- Cosa?
- Niente.
- Ci sono problemi fra voi due?
- Oh, lui è felicissimo, sono io che...
- Che?
- Non so, non va bene, non va per niente bene.
- Che cosa non va bene?
- Tutto, a iniziare dal fatto che tu te ne vai via. Questo, non va bene
per niente!
- Vuoi dirmi che un po' ti mancherò?
- Mi prendi in giro? Mi mancherai moltissimo, cazzo!
- Ehi, niente parolacce. Comunque anche tu mi mancherai, un casino.
- Davvero? Allora non partire.
- No, mi sono preso un impegno e lo mantengo e poi voglio farla questa
esperienza anche se sarà solo per un anno, è importante per me stare lontano
per un po' di tempo.
- Ok, hai ragione. Scusa.
- Non ti devi scusare. Mi fa piacere se ci tieni a me. Puoi venire a
trovarmi se ti va. Dammi prima il tempo di sistemarmi.
- Verrò di sicuro... Gabri?
- Sì?
- Niente, te lo dirò quando ci vedremo.
- Non vedo l'ora. A presto allora.
- A presto. Il
ragazzo di prima non è più nei paraggi, Gabriele si guarda intorno e
sorridendo fra sé si dà dello stupido per la sua fervida immaginazione. Poco
più tardi, mentre l'aereo decolla, osservando con una punta di malinconia la
sua terra che si allontana sempre di più, Gabriele prende coscienza delle
parole di Tommaso che ancora gli rimbalzano nella mente e del tremore che non
gli permette di rilassare le gambe. “Possibile che?... Eppure gliel'ho detto
proprio pochi minuti fa: non vedo l'ora di vederti. Santo cielo in che
pasticcio mi sto infilando adesso?” Alcune
nubi dense sembrano inghiottire l'apparecchio nascondondendo l'azzurro del
cielo alla vista; Gabriele chiude gli occhi e s'addormenta esausto. Quando
li riapre trova ad aspettarlo una terra sconosciuta, mentre ne calpesta i primi
tratti di cemento pensa: “E ora ricominciamo da qui!” E
di nuovo tutto sembra tornare a funzionare.
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