Gorgedefer È ancora presto e il cielo è di un
azzurro intenso, in questa giornata di settembre. Il sole dà calore senza
disseccare la terra e solo tra qualche ora i colori svaniranno nel caldo soffocante
del mezzogiorno. In cima al sentiero, il passo gli offre la visione di Santa
Maria in Aqsa, una perla tra il mare cobalto e la campagna dove le piogge
recenti non ancora cancellato le tracce dell’aridità estiva. La perfezione di
questa terra in autunno lo inebria. Gilles si ferma e contempla la bellezza
del mondo. E come sempre mille domande si affacciano alla sua mente. Perché
tanto odio, tanto sangue sparso, tanta violenza in questo paradiso creato da
Dio? Gilles non ha risposte, anche se le ha a
lungo cercate, tanto a lungo che i suoi dialoghi con saggi di fedi diverse
hanno destato sospetti e gli sono valsi un richiamo all’ordine da parte del
Gran Maestro. Gilles sa che deve andare: deve essere in
città prima che il sole sia alto in cielo, perché la nave potrebbe arrivare
già oggi. Per questo si è messo in cammino due giorni fa, lasciando il forte
di Gorgedefer. La lettera con cui i cugini gli
annunciavano l'arrivo del giovane Robert gli è apparsa una seccatura: non ha
nessuna voglia di badare ad un cugino giovane, partito volontariamente o
forse allontanato dalla Francia per motivi non ben chiari. La missiva parla
del desiderio di unirsi a coloro che combattono in difesa della Terrasanta in
questo momento di crisi, ma c’è anche un accenno all’opportunità di
allontanarsi dalla Provenza e la richiesta rivolta a Gilles di vegliare sul
giovane. Vegliare sulla sua incolumità sembra assurdo per chi viene a
combattere oltremare in questo momento, quando l’esistenza stessa dei domini
cristiani in Terrasanta è minacciata e Gerusalemme sta per cadere. Forse si
tratta di vegliare sul comportamento del cugino? In questo caso Gilles si
sente inadeguato: non sa guidare neppure se stesso, figuriamoci un giovane
uomo irrequieto. E in questo momento poi…! La responsabilità di un cugino
giovane e inesperto lo preoccupa non poco. Di Robert ha un vago ricordo. Lo ha visto
alla sua partenza dalla Francia, otto anni fa. Gilles aveva ventidue anni
allora, come Robert adesso. Il cugino era un ragazzo sgraziato, con un viso
infantile e paffuto coperto da pustole rossastre, un corpo grassoccio e
braccia e gambe troppo lunghe, come se solo quelle fossero cresciute. L'unico
elemento di bellezza erano i due occhi verdi, gli occhi di sua madre. Robert
sorride al pensiero di Eleonora, quella altera bellezza normanna esiliata in
Provenza. Gilles ha riflettuto su come muoversi. In
un’altra situazione, si limiterebbe a svolgere il compito affidatogli con la
massima cura, ma adesso, dopo le sconfitte subite dai cristiani e l’avanzata
inarrestabile del Saladino e del Leone, ritiene necessario parlare
chiaramente a Robert e metterlo in guardia. Il cugino ha ormai ventidue anni
ed è in grado di decidere se davvero intende rimanere oltremare o se non è
più opportuno tornare in Francia. Gilles raggiunge la città e si dirige al
porto, ma non c’è traccia della nave che attende. In giornata sbriga diverse
commissioni che gli sono state affidate dal comandante della fortezza dove
risiede, tenendo sott’occhio il porto. Verso sera, quando ormai è certo che
la nave non arriverà, raggiunge la sede dell’Ordine per trascorrervi la
notte. Ritrova diverse persone che conosce e insieme a cui ha combattuto. Gli
chiedono notizie e a sua volta egli ne chiede di altre conoscenze comuni. Poi
discutono della situazione, che appare disperata: il Saladino sta per
conquistare Gerusalemme e solo alcuni castelli e città del regno sono ancora
nelle mani dei franchi. Nonostante la cordialità degli altri, a
Gilles sembra che una grande distanza li separi. In gran parte dipende dal
suo comportamento, che non incoraggia la familiarità: sembra voler vivere a
parte. Tutti hanno molta stima di lui, ma nessuno gli è amico. Gilles sa che non lo considerano uno di
loro. In un certo senso, questo è vero: non fa parte dell’Ordine, è un
cavaliere ospite, uno di quei guerrieri che spesso vengono in pellegrinaggio
in Terrasanta e si uniscono
provvisoriamente all’Ordine, senza pronunciare i voti. Ma Gilles combatte con
i Templari da molti anni. I cavalieri ospiti sono di solito uomini che
contano di tornare ai loro domini in Europa, dove spesso hanno moglie e
figli, e si fermano alcuni mesi o al massimo un anno o due. Gilles non è
sposato e non è intenzionato a tornare in Francia: nulla gli impedisce di
prendere i voti. Eppure preferisce rimanere al di fuori dell’Ordine. È una
sua scelta, di cui nessuno gli chiede più le ragioni. A turbare i confratelli sono anche i
frequenti contatti tra Gilles e i dotti di altre fedi. Nessuno sospetterebbe
Gilles di tradimento: è un guerriero coraggioso e leale, che in molte
occasioni ha dato prova di grande valore e su cui si può sempre contare in
modo incondizionato. Ma perché confrontarsi con eretici e pagani? Il giorno successivo la nave non appare
all’orizzonte. Gilles decide di andare a parlare al rabbino Yaacov che abita
in una cittadina non lontana da Santa Maria in Aqsa, fuori dalla
giurisdizione dell’Ordine dei cavalieri del Tempio. Se i cavalieri lo
sapessero, Gilles verrebbe rimproverato. Ma Gilles si rende conto che non
gliene importa. Gli sembra di essersi perso in un labirinto in cui non vede
un’uscita e che solo la morte possa mettere fine a un vagabondare senza
senso. Yaacov ha vent’anni più di Gilles. È
vissuto a lungo a Santa Maria in Aqsa, dov’è nato, prima di esserne scacciato
in quanto ebreo. Non ha mai viaggiato, ma Gilles ha l’impressione che conosca
il mondo e la vita più di coloro che hanno visitato paesi lontani. Yaacov è
guardato con sospetto dalla sua comunità e molti preferiscono evitare di
rivolgersi a lui, nonostante le sue immense conoscenze. Gilles invece trova
in Yaacov una mente libera da pregiudizi, in grado di ascoltarlo. Con lui si
è aperto completamente, come di certo non potrebbe fare con nessuno
all’interno dell’Ordine. Non ha parlato solo di fede e religione, ma anche di
sé: non era sua intenzione, ma l’anno scorso si è trovato a farlo, a rivelare
i suoi desideri, i suoi dubbi. Yaacov è sulla porta: sembra quasi che lo
aspetti. Non è la prima volta che succede. Probabilmente vede chi arriva
dalla finestra della camera che gli serve da studio, ma Gilles a volte si
chiede se in qualche modo non senta l’avvicinarsi di chi viene a parlargli.
Oppure forse lo avvisano i corvi, come antiche leggende narrano di alcuni
santi. Sciocchezze, Gilles lo sa bene. - Sono contento di vederti, Gilles di
Monségur. Vieni, entra. Mentre passano dal calore della strada
alla frescura della piccola casa, Gilles replica: - Anch’io sono contento di vederti,
rabbino, anche se so che non dovrei venire da te. Yaacov sa benissimo che Gilles è stato
richiamato per i suoi contatti con rabbini e imam, per cui si limita a
chiedere: - Ma hai fatto di testa tua,
dimostrandoti saggio, Gilles. Sei andato ad Aqsa? - Sì. Attendo un cugino che vuole unirsi
all’Ordine. Si siedono in una stanza che dà sul
giardino, ombreggiato da un grande limone. Parlano un momento della
situazione, poi il rabbino chiede: - Allora, Gilles, il Signore ti ha
mostrato la via? Gilles scuote la testa. - Il Signore non guarda questo peccatore,
indegno della sua grazia. - Perché mai ti ritieni indegno? - Perché i miei pensieri sono impuri, i
miei desideri immondi. - Gilles, il tuo cuore è puro, perché sei
un giusto. - Rabbino, un giorno mi hai detto che quando
un uomo pecca contro il suo Signore, il giorno della sua colpa si stacca da
lui. Alla fine dei suoi giorni, egli appare di fronte al Signore rivestito
dei giorni in cui è stato giusto, ma se è vissuto nella colpa, egli non ha di
che vestirsi. - E allora? - Credo che mi presenterò nudo al
Signore. Non c’è un giorno in cui la carne non mi tormenti. - Gilles, il Signore non ti ha fatto così
perché tu ti maceri nei sensi di colpa. Se ha acceso in te un desiderio, è
per indicarti quella che è la tua strada. Seguila, con la stessa purezza di
cuore con cui combatti. Gilles lo guarda, dubbioso. - Non so perché vengo da te, rabbino. Si
direbbe che tu voglia la mia perdizione. Yaacov sorride: - Credi davvero che l’Onnipotente ti
abbia creato così solo perché tu ti tormenti, per poterti dannare? Bada,
Gilles, in questo stai davvero offendendo il Signore. - Sai bene ciò che è scritto nella
Bibbia. - Nella Bibbia sono scritte molte cose
che forse avevano senso un tempo, ma ora non ce l’hanno più. Di certo non
segui ciò che la Torah impone per quanto riguarda il cibo. - No, queste regole non valgono per i
cristiani. - E allora perché dovrebbero valere altre
regole? Conosci i comandamenti del Signore. Che importanza hanno le norme
stabilite da uomini diversi in epoche passate? - I comandamenti… È scritto: non
commettere atti impuri. - Impuro è ciò che è contrario alla
giustizia e all’amore. Impura è la violenza di chi prende con la forza,
impuro è l’inganno per ottenere ciò che si vuole. Ma il tuo cuore è puro e di
certo non cercherai di soddisfare i tuoi desideri con la violenza o con
l’inganno. - Eppure… Yaacov lo interrompe. - Gilles, Dio non ti ha fatto così perché
tu ti maceri e bruci nella carne. Dio non ti ha messo a fianco altri uomini
per tentarti. Dio non è un demone, uno spirito crudele, che si diverte a far
soffrire le sue creature. Parlano ancora a lungo. Gilles esce
dall’incontro turbato, come le altre due volte che ha parlato con il rabbino
di ciò che accende il suo corpo. Sa che dovrebbe davvero fare i conti con i
propri desideri, ma il pensiero lo sgomenta. È un bell’uomo e non gli sfugge
che molti sono attratti da lui: proprio per questo preferisce non dare
confidenza e tenersi a distanza, per non rischiare di cedere. Ma ha davvero
senso rifiutarsi di accettare ciò che si è? Passano altri due giorni. Il terzo Gilles
vede una nave in lontananza. Potrebbe essere quella che attende. Sarà al
porto entro un’ora. Gilles provvede a sbrigare un incarico che gli è stato
affidato dai confratelli, poi raggiunge il molo. La nave sta entrando nel porto. Gilles
guarda il ponte, su cui si affollano i passeggeri. La vista, acutissima, gli
permetterà di riconoscere Robert, se non è troppo cambiato. Nessuno dei visi gli è familiare. Ci sono
diversi uomini giovani, ma solo due, no, tre hanno il colore dei capelli di
Robert e nessuno corrisponde al suo ricordo. Magari non è su questa nave,
anche se gli hanno confermato che proviene dalla Francia. In questo caso
Gilles ha fatto un viaggio a vuoto e questo di certo non gli fa piacere. Ma
forse semplicemente Robert non è sul ponte. Guarda ancora con attenzione i tre uomini
biondi: uno ha oltre trent'anni, gli altri due sono più giovani, ma troppo
diversi dall'immagine che conserva di Robert. Fissa il più giovane dei due,
una bellezza incredibile, più degna di un dio pagano che di un uomo. Nessuna
somiglianza con Robert quale se lo ricorda, lo sa benissimo: è inutile che
finga con se stesso di stare cercando nei lineamenti del giovane quanto non
può esserci. Ma guardarlo è un piacere per gli occhi. Distoglie lo sguardo. Un marinaio conferma a Gilles che la nave
è quella che attende. O Robert è tra i passeggeri, o ha rinunciato a venire.
Sarebbe un bel sollievo se avesse cambiato idea. Magari sulla nave qualcuno
ha una lettera per lui, che verrà consegnata oggi stesso alla casa
dell’Ordine: saprà così che per qualche motivo Robert non è partito. Gli uomini cominciano a sbarcare. Li
guarda uno dopo l'altro percorrere il molo, ora soli, ora in compagnia di
qualcuno che li aspetta a terra. Rimane indietro, fermo sul suo cavallo. La
gente passando lo guarda. E di colpo si rende conto che il giovane dio biondo
sta venendo verso di lui e gli sorride. Capisce. Per un attimo vacilla. Cerca
di bloccare tutto quello che sta cercando di emergere. Non in questo momento.
Penserà più tardi al da farsi. Smonta da cavallo. - Robert? - Sì, cugino. Sono felice di vedervi. - Anch'io. La prima menzogna! Non è felice di
vederlo. Vederlo, sapere che dovrà occuparsi di lui, stargli vicino a lungo, è
un pensiero disturbante. Come se la carne non lo tormentasse già a
sufficienza! Sembra che il Signore voglia indurlo in tentazione. E mentre lo
pensa, gli tornano in mente le parole del rabbino Yaacov. Forse ha davvero ha
una visione meschina del Signore. - Dobbiamo partire subito: la strada che
ci attende è lunga e la situazione non permette indugi. Però prima di
allontanarci molto dalla città, ho bisogno di parlarvi. - Ditemi, cugino. - Non sono cose di cui possiamo parlare
qui: non voglio che qualcuno ci senta. C’è già abbastanza inquietudine e
corrono voci di ogni genere. Passeremo alla residenza dell’ordine e poi ci
avvieremo. Fuori città parleremo con calma. - Credevo che ci saremmo fermati in
città, ma sono pronto. Avete un cavallo per me? - No, Robert. In segno di umiltà
viaggiamo sempre in due su un cavallo, a meno che non siamo in missione o in
guerra. Robert annuisce, ma osserva: - Ma c’è anche il mio bagaglio. Come
potrà il cavallo portare due persone e il bagaglio? - Caricheremo il bagaglio sul cavallo e
andremo a piedi. Alla sede dell’ordine prenderemo un secondo cavallo. È una buona soluzione: cavalcare in due
comporterebbe un contatto fisico che Gilles è ben contento di evitare. Salendo verso la fortezza, Robert chiede
notizie della situazione militare, ma Gilles gli dice che è preferibile
rimandare ogni spiegazione a più tardi, quando nessuno potrà sentirli.
Parlano invece del viaggio di Robert e delle loro famiglie. Alla sede dell’ordine, Gilles prende un
secondo cavallo. Dividono il carico tra i due animali e poi partono,
dirigendosi verso il forte di Gorgedefer. Ora cavalcano affiancati, quando le
condizioni del terreno lo permettono, e Robert chiede informazioni su ciò che
lo attende: - Qual è la situazione? In Francia è
arrivata la notizia della disfatta di Hattin. Quando sono partito, molti
ritenevano che i domini cristiani d’oltremare fossero minacciati e temevano
che il Saladino possa attaccare Gerusalemme, ma nessuno aveva idee precise. A
Cipro invece si parla di una situazione disperata e molti danno Gerusalemme
per perduta. Gilles annuisce. - Gerusalemme è perduta, Robert. Giungete
in un momento ben difficile: come sapete, l’esercito cristiano è stato
sconfitto dal Saladino a Hattin, il re e i nobili sono prigionieri, templari
e ospedalieri sono stati uccisi dopo la battaglia. Ora una dopo l’altra le
città del regno stanno cadendo nelle mani del Saladino e dei suoi uomini.
Gerusalemme si arrenderà molto presto. La battaglia ha privato città e
fortezze degli uomini necessari alla difesa. La resa è inevitabile. Robert appare molto turbato. Gilles
prosegue: - Robert, sarò sincero con voi: non credo
che ci sia un futuro per i cristiani in queste terre. Troppo forte è il
Saladino e troppo divisi sono i nobili cristiani. Io sono di stanza a
Gorgedefer, una delle più importanti fortezze dell’Ordine. Ci stiamo
preparando all’assedio. Potremo resistere qualche mese, forse, ma il nostro
destino è segnato. Ieri in città ho ricevuto la notizia che il Leone è
entrato a Rougegarde. - È la fine, dunque? - Sì, Robert. Il Saladino è un guerriero
temibile, che ha saputo approfittare delle divisioni tra i sovrani saraceni
per conquistare una vasto territorio e divenire il re più potente di tutta la regione. E poi ha rivolto
le sue mire al regno di Gerusalemme. Presto le fortezze e le città cristiane
saranno conquistate. Le uniche che hanno qualche possibilità di difendersi
sono quelle della costa, ma anch’esse cadranno nelle mani dal Saladino se non
arriverà una spedizione in loro soccorso. Solo l’imperatore e i re d’Europa
possono salvare quel che resta del regno. Gilles fa una pausa, poi procede: - Robert, questo è quanto volevo dirvi:
valutate se intendete combattere una guerra che è perduta. Adesso sareste
soltanto un martire in più e in queste terre ne abbiamo avuti già troppi. Se
il vostro desiderio è contribuire alla difesa della Terrasanta, forse
potrebbe essere più saggio unirsi alle spedizioni che verranno organizzate
dall’Europa: di certo quando si spargerà la voce che Gerusalemme è caduta, molti
prenderanno la croce e forse potranno riconquistare la città santa. Il vostro
contributo potrà essere utile allora; adesso, di fronte alle forze
soverchianti di un nemico troppo potente, rischia di essere un sacrificio
privo di senso. Ma in ogni caso spetta a voi decidere. Gilles ha parlato molto chiaramente: gli
sembrava di doverlo fare per Robert e per la sua famiglia che glielo ha
affidato. Sa bene che il Gran Maestro dell’ordine non approverebbe le sue
parole, ma non si preoccupa di questo. Robert rimane pensieroso un momento, poi
chiede: - E voi che cosa farete? - Io rimarrò, Robert. Per me andarmene
ora sarebbe un atto di viltà. Ma voi che siete appena giunto, non avete gli
stessi obblighi morali. Potete scegliere di attendere un momento in cui il
vostro sacrificio possa davvero contribuire al riscatto della Terrasanta. Robert guarda Gilles: - Vi chiedo di lasciarmi riflettere su
quanto mi dite. Verrò con voi a Gorgedefer e poi deciderò. - Siete libero di decidere, ma badate:
quando la fortezza verrà cinta d’assedio, non ci saranno possibilità di
salvezza. Ve l’ho già detto: dopo la battaglia di Hattin, il Saladino ha
fatto decapitare tutti i cavalieri templari e ospedalieri. Non credo che, una
volta conquistata la fortezza, egli distingua tra i cavalieri ospiti e i
membri dell’Ordine. - Voi rischiate la vita, ma non volete
che io rischi la mia. Anche poi potreste allontanarvi e tornare quando
giungerà un’altra spedizione. - Robert, ho combattuto otto anni in
questa terra. È la scelta che ho fatto e non posso non portarla fino in
fondo. Voi giungete ora. Robert fissa Gilles. Ha occhi di un verde
che vira all’azzurro, chiari. Gilles ricambia lo sguardo, ma la bellezza di
quel viso lo disturba. Robert annuisce. - Ne parleremo, cugino. Gilles risponde, cercando di nascondere
il fastidio che prova: - Come volete. Ripartono. Gilles è irritato. Ritiene
davvero che Robert farebbe meglio ad andarsene, ma non può scegliere al posto
del cugino. Gilles ha dei dubbi anche sulla propria permanenza in Terrasanta:
non ha più voglia di combattere, di uccidere in nome di Dio. Ma gli
sembrerebbe vile lasciare coloro al cui fianco ha combattuto proprio nel
momento del massimo bisogno. Cavalcano fino al tramonto: Gilles non
vuole perdere tempo. Si fermano a dormire all’aperto, in una valletta dove
non sembra vivere nessuno. Dopo essersi coricati, parlano un
momento. Robert chiede molte informazioni sulla vita in Terrasanta e sulle
regole dell’Ordine. Gilles risponde, cercando di spiegare la situazione. Infine Robert chiede: - Voi combattete da otto anni con
l’Ordine, ma non avete preso i voti. - È vero. Gilles non dice altro, non ha voglia di
spiegare. Sarebbe complesso e troppo personale. Di fronte al suo silenzio,
Robert non insiste. Gli augura una buona notte e ben presto entrambi si
addormentano. Durante il resto del viaggio parlano
poco: Gilles preferisce mantenere una certa distanza tra di loro e Robert non
vuole mostrarsi invadente. Dopo due giorni di viaggio giungono a
Gorgedefer, una delle fortezze più imponenti tra quelle erette dai cristiani
in Terrasanta, seconda solo al Krak. La sua posizione, in cima a una collina
che su due lati precipita in una gola profondissima, e la doppia cinta di
mura sembrano sfidare gli uomini e il cielo stesso. Robert la guarda, ammirato: - Una fortezza come questa è
imprendibile. - Nessuna fortezza è imprendibile,
cugino. Là dove non riesce l’assalto alle mura, vi sono le macchine da guerra
e gli uomini che scavano gallerie e poi fanno crollare le mura. E dove anche
loro falliscono, c’è la fame. Una volta interrotti i rifornimenti, le scorte
di cibo si esauriranno e allora anche Gorgedefer cadrà. Robert annuisce, pensieroso. Raggiungono il castello ed entrano passando
sul ponte levatoio e superando il doppio ingresso. Posano i cavalli nelle
scuderie e raggiungono la sala dove si trovano molti cavalieri: è appena
finita una riunione. I cavalieri guardano il nuovo arrivato.
Negli occhi di alcuni Gilles legge la concupiscenza. Non si stupisce: ha
imparato che il voto di castità è una protezione ben fragile di fronte ai
desideri della carne. Si è unito ai Templari spinto dal desiderio di
avventura e dalla fede, ma in questa scelta c’era anche la speranza di vincere
i propri desideri. Ha scoperto che in questo ambiente, composto solo da
uomini, sono molti coloro che ricercano il piacere, ignorando i voti
pronunciati, anche tra coloro che hanno un grado più alto: di recente Jorge
da Toledo, comandante del forte San Giorgio, si è fatto catturare durante una
perlustrazione, dettata solo dal desiderio di sedurre – o forse stuprare - il
giovane Rodrigo. L’Ordine che avrebbe dovuto offrirgli una
difesa contro le tentazioni, le ha moltiplicate: quante volte altri cavalieri
hanno fatto capire a Gilles il loro desiderio! Tutti lo giudicano bello,
glielo hanno detto in tanti, a volte inserendo il complimento in una battuta
o in un’allusione, se non in un invito esplicito. Spesso sarebbe bastato un
gesto di Gilles perché il velo che copriva il desiderio si squarciasse. Gilles non ha mai ceduto, anche se a
volte questo gli è costato. Ma ora anche la sua determinazione vacilla. In
quest’ultimo anno i lunghi dialoghi con il rabbino Yaacov hanno instillato
molti dubbi o forse hanno soltanto spinto Gilles a riflettere e a mettere in
discussione gli insegnamenti della Chiesa. Il Gran Maestro ha ragione: non è
saggio cercare il confronto con uomini di altre religioni. Ma il fanatismo di
molti suoi correligionari lo ha allontanato da loro e non ha certo fornito
risposta ai suoi numerosi dubbi. Gilles presenta il cugino al comandante,
André di Ascalona, che gli dà il benvenuto, ma non sembra soddisfatto del suo
arrivo, anche se la scarsità di uomini rende ogni uomo prezioso.
Probabilmente è la bellezza del giovane a destare la sua preoccupazione,
perché sa che molti monaci non sono casti e cedono facilmente alle
tentazioni. André è un uomo vigoroso e un formidabile guerriero, che rispetta
rigorosamente le regole dell’ordine e il voto di castità. Gilles non ne
apprezza la rigidità e gli sembra che la sua fede rasenti il fanatismo, ma ne
ammira la coerenza morale. Vorrebbe saper opporre ai propri desideri la
stessa corazza adamantina, ma non ne è capace. Robert e Gilles dormono nella grande camerata
che serve come dormitorio per tutti i monaci e i cavalieri ospiti: la vita si
svolge sempre in comune e anche nelle latrine si è sempre sotto lo sguardo
degli altri. Solo André di Ascalona, in quanto responsabile della fortezza,
ha una camera per sé. Robert dorme nel letto di fianco a quello
di Gilles e anche di giorno tende a rimanergli vicino. Gilles vive questa
presenza con sentimenti contrastanti. Il cugino si è rivelato un giovane
intelligente e serio, che desidera imparare ciò che Gilles può insegnargli e
sembra provare per lui una grande ammirazione. La sua compagnia è senza
dubbio piacevole e vicino a lui Gilles sta bene. Ma la sua vicinanza è anche
una tentazione continua, di cui Gilles è ben cosciente. Vede bene di non essere il solo a desiderare
Robert e quando il cugino non è al suo fianco, si accorge che altri gli si
avvicinano, cercando di stabilire con lui un rapporto di familiarità. A volte
prova l’impulso di intervenire, di allontanare l’uomo il cui viso tradisce il
desiderio. Solo qualche volta interviene, quando ad avvicinarsi a Robert è un
uomo di cui ha poca stima. Sa che basta la sua presenza a scoraggiare le
manovre degli altri. Ma quando agisce così, si dice che è meschino, che si
comporta come il cane del macellaio, che tiene gli altri lontano dalla carne
che non può mangiare. E dentro di lui le parole del rabbino
sembrano scavare un fossato sotto le mura che ha eretto a difesa dai propri
desideri. Ci sono momenti in cui avverte il desiderio di accarezzare il viso
di Robert, di abbracciarlo e deve farsi forza per scacciare i desideri che lo
assalgono. La notte a volte rimane a osservarlo alla luce fioca della torcia,
mentre il suo corpo arde di una fiamma ben più vigorosa. La torcia proietta
luci e ombre mutevoli e Gilles si rende conto che ormai se si presentasse
un’occasione, cederebbe. Solo la vita collettiva, continuamente sotto lo
sguardo degli altri, ancora lo difende dai propri desideri. C’è sempre
qualcun altro. Solo quando sono di guardia la notte si creano condizioni diverse,
perché nessuno può vederli. Il comandante li mette sempre di turno insieme:
probabilmente teme che in assenza di Gilles qualcuno dei templari seduca
Robert sulle mura o persino nella camerata. Non può sospettare che Gilles,
finora sempre casto, ormai è sul punto di cedere e che il cane da guardia si
sta trasformando in un lupo famelico. Gilles si rende conto che prima o poi
succederà: una notte sugli spalti perderà il controllo e dirà a Robert cose
di cui poi si pentirà, che forse faranno inorridire il cugino. Non vuole che
accada, ma la sua volontà è sempre più debole. Nel buio della notte tutto
sembra diventare possibile. Passano alcuni giorni, mentre nella
fortezza fervono i preparativi per affrontare un assedio che ormai appare
molto probabile: si moltiplicano le voci di incursioni dei saraceni
nell’area. I Templari cercano di mantenere i contatti tra le guarnigioni dei
diversi forti, in mano a loro o agli Ospedalieri, e con le città, ma la
presenza di bande di saraceni rende più difficile le comunicazioni. Ogni
giorno i cavalieri di grado superiore si riuniscono per valutare la
situazione. Tra essi vi è sempre Gilles, che ha il grado più alto tra i
cavalieri ospiti. Una sera Gilles e Robert sono di guardia
sugli spalti. Gilles chiede: - Siete sempre deciso a rimanere, cugino?
La nostra situazione è disperata. - Mi invitate ad andarmene, ma non mi
date l’esempio. - Ve l’ho già detto, le nostre situazioni
sono alquanto diverse. Robert scuote la testa, poi dice: - Certe volte quasi mi sembra… che vogliate
mandarmi via. - Robert, mi sento responsabile nei
confronti dei vostri genitori che vi hanno affidato a me. Gilles sa di aver detto il vero, ma sa
anche che è solo una parte della verità. - Spero che non vi dia fastidio avermi
vicino. Gilles scruta il viso di Robert appena
visibile alla luce delle stelle. Apre la bocca, ma si rende conto che se
parlasse ora, direbbe cose di cui potrebbe pentirsi. Stringe i pugni per
controllarsi. Dopo un buon momento di silenzio, riesce a rispondere: - Ho molta stima di voi, cugino, ma non
vorrei vedervi morire. Anche questo è vero, ma non è tutta la
verità. Il giorno dopo si tiene un’altra
riunione. André d’Ascalona ritiene necessario raggiungere il castello di
Belvoir, per concordare alcune strategie di difesa. - La strada che conduce al castello non è
più sicura, ma non possiamo inviare molti uomini. La fortezza potrebbe essere
attaccata in qualsiasi momento e non dobbiamo sguarnirla. Tutti approvano, chiedendosi chi sarà
scelto per questa missione, che può rivelarsi alquanto pericolosa. André si rivolge a Gilles, di cui conosce
il coraggio e l’esperienza: - Gilles, ti affido questo incarico.
Partirai nella notte, prima dell’alba. Se la fortezza è sorvegliata da spie
nemiche, preferisco che nessuno ti veda allontanarti. Conosci bene la regione
e confido che con l’aiuto di Dio troverai il modo di raggiungere Belvoir e
tornare senza essere fermato. - Come comandate. André d’Ascalona aggiunge: - Ti accompagnerà solo il cavaliere
ospite che è giunto da poco nella fortezza, Robert. Gilles non è contento di questa
decisione, che espone Robert a un serio pericolo, ma non può obiettare. Si
chiede perché André gli affianchi il cugino. Probabilmente il comandante ha
notato che Robert è oggetto del desiderio di molti e preferisce evitare che
rimanga più giorni nel forte in assenza di Gilles: André d’Ascalona è molto
severo su questo e conosce la debolezza di molti cavalieri. Neanche Gilles è
immune dalle tentazioni, ma André probabilmente non lo sospetta e in ogni
caso sa che Gilles non ha mai ceduto. Robert sembra ben contento di partecipare
a una missione con Gilles. Forse nella spedizione che devono compiere vede la
possibilità di acquisire una maggiore esperienza. O forse si annoia al forte,
dove la vita per il momento scorre monotona, senza variazioni, tra guardie ed
esercizi militari. Probabilmente verrà presto il tempo in cui rimpiangeranno
la tranquillità di questi giorni, ma per il momento è comprensibile che
Robert sia contento della novità costituita dalla missione. È lui stesso a
dire: - Sarà un’occasione per imparare. Mi
insegnerete come muovermi in queste terre. Si mettono in viaggio che è ancora notte:
è più prudente lasciare il castello quando è buio, in modo che nessuno possa
vederli. Ci potrebbero essere spie saracene a sorvegliare la fortezza e due
cavalieri sono una preda facile per un gruppo numeroso di guerrieri. Quando sorge l’alba sono già lontani. Nei
momenti in cui possono cavalcare affiancati o sostano per far riposare i
cavalli, Gilles cerca di trasmettere a Robert le sue conoscenze, gli fornisce
consigli, lo guida a osservare il territorio. L’attenzione con cui Robert
segue ogni sua parola gli fa piacere. Nella breve pausa che fanno per mangiare,
Gilles chiede: - Cugino, avete pensato a quanto vi ho
detto? Non vorrei che mi giudicaste scortese, ma temo che Gorgedefer sia
presto assediata e allora non vi sarà più nessuna possibilità di
allontanarsi. E vi ricordo che dopo la battaglia di Hattin tutti i templari e
gli ospedalieri catturati furono decapitati. - Capisco e vi ringrazio per la vostra
sollecitudine, Gilles. Ma penso di fermarmi. Sono arrivato fin qui e non
credo che abbia senso ritornare indietro. - Come volete. Gilles non è contento della risposta di
Robert, sia perché gli spiace che il cugino rischi la vita, sia perché averlo
vicino è un tormento. Gli sembrerebbe assurdo insistere, per cui non dice più
nulla. Risalgono a cavallo e si avviano. Il viaggio si svolge senza problemi. La
sera del secondo giorno arrivano a Belvoir, dove sono accolti con grande
gioia: tutti desiderano notizie e appaiono sollevati nell’apprendere che
Gorgedefer non è ancora stata investita dall’attacco nemico. Gilles trasmette il messaggio che gli è
stato affidato, fornisce le informazioni in suo possesso e parla a lungo con
il comandante. Quando hanno concluso, è ormai notte fonda, per cui si fermano
al castello anche il giorno seguente. Poco prima dell’alba ripartono. Il viaggio di ritorno si svolge in
mattinata seguendo la stessa strada, ma verso mezzogiorno Gilles decide di
percorrere un’altra pista, che ritiene meno esposta: in questi tre giorni i
saraceni potrebbero aver attaccato Gorgedefer. Inoltre, seguendo una strada
diversa, Robert avrà occasione di conoscere meglio il territorio. Tutto sembra svolgersi senza intoppi, ma
il secondo giorno avvistano un gruppo di cavalieri saraceni ai piedi della
collina da cui stanno scendendo. Sono in sette e loro sono soltanto in due.
Il tratto che stanno percorrendo è spoglio, per cui i nemici si accorgono
subito di loro. I saraceni sono a una certa distanza, ma
evitarli non è più possibile. Gilles conduce Robert lungo il fianco della
collina, mentre gli altri spronano i cavalli per raggiungerli. La distanza
che li separa dai loro inseguitori diminuisce in fretta, ma Gilles non mira a
sfuggire: il suo obiettivo è trovare il posto adatto per affrontare il
nemico, riducendo in qualche modo lo svantaggio. Si infilano tra le rocce,
fino a trovare una parete ricurva ai cui piedi si mettono in posizione
difensiva: la configurazione del territorio limita le loro possibilità di
manovra, ma impedisce anche agli avversari di sfruttare la loro superiorità
numerica, perché non possono circondare i due templari e devono affrontarli
singolarmente. I cavalieri saraceni giungono e
attaccano. Solo due di loro possono avvicinarsi. I primi due ad arrivare sono
giovani e non sembrano essere molto esperti. Gilles abbatte facilmente il
primo, colpendolo alla gola, poi attacca l’altro, che stava cercando di
trafiggere Robert. Preso tra due fuochi, il guerriero non riesce a difendersi
e viene abbattuto. Altri due cavalieri incalzano e prendono il posto dei
primi. Questa volta il guerriero che affronta Gilles è forte e costituisce
una minaccia temibile, che impegna il cavaliere al massimo delle sue forze.
Robert si trova anch’egli ad affrontare un avversario non da poco. Gli altri
tre guerrieri saraceni cercano di avvicinarsi, ma lo spazio è ristretto e si
ostacolerebbero a vicenda. È uno scontro feroce. I quattro guerrieri sudano
abbondantemente e sentono la fatica del combattimento. Gilles è preoccupato:
anche se riuscissero ad avere la meglio, si troverebbero ad affrontare
affaticati due avversari nel pieno delle loro forze. Infine Robert riesce a ferire
l’avversario al braccio e questi si ritira, cedendo il posto a un compagno.
Il guerriero saraceno incalza Robert, senza dargli tregua. Ma un grido
annuncia che Gilles ha colpito il suo nemico, infilandogli la spada nel
petto. L’uomo cade a terra, mentre il sangue scorre copioso. Gilles muove
rapido il cavallo e mena un fendente sul collo dell’uomo che affrontava
Robert: la testa si stacca di netto e il corpo si affloscia, crollando al
suolo. Sono rimasti solo due guerrieri, oltre a quello
ferito, che è sceso da cavallo: sembrano incerti, non sanno se affrontare i
due cristiani, approfittando della loro stanchezza, o se allontanarsi. Gilles
è esausto, ma sprona il cavallo e attacca, nella speranza di indurli a
fuggire. Il guerriero più vicino non si aspettava che il templare prendesse
l’iniziativa e sa di avere davanti un avversario formidabile. Viene assalito
dal panico e vorrebbe fuggire, ma non riesce a voltare il cavallo. Gilles ha
facilmente ragione di lui e lo abbatte. L’ultimo ancora a cavallo sceglie la
fuga e si allontana in fretta. Il guerriero appiedato non è in grado di
risalire in sella. Afferra la spada con la sinistra e si scaglia su Gilles,
cercando la morte, ma il templare lo disarma facilmente. L’uomo lo guarda,
attendendo il colpo mortale, ma Gilles non lo finisce: gli sembrerebbe
indegno e sarebbe inutile, perché un cavaliere è comunque sfuggito e
segnalerà la loro presenza. Gilles si rivolge al cugino: - Via. Robert guarda l’uomo ferito, che li
osserva, stupito, poi segue Gilles. Non lontano Gilles si ferma un attimo e
dice: - Dobbiamo allontanarci in fretta,
Robert. Il cavaliere che è fuggito potrebbe chiamare altri. Non sappiamo
quanti possano essere, qui in zona. Spronano i cavalli al galoppo e
proseguono per la loro strada, uscendo dalla valle e lasciando le colline
alle loro spalle. Solo dopo aver percorso un lungo tratto, prima di
raggiungere un’altra area collinosa, rallentano l’andatura. Gilles dice: - Qui siamo al sicuro. In quest’area la
popolazione è composta in maggioranza da cristiani ed è più difficile che
troviamo gruppi di guerrieri saraceni, a meno che non sia in corso
un’incursione. Robert guarda il cugino, perplesso: - La popolazione? Abita qualcuno? Non ho
visto traccia di presenza umana. - Tra un'ora arriveremo ad un villaggio.
Quest’area è sterile, ma ai piedi dei monti si aprono numerose valli fertili,
dove vivono contadini e pastori. Sono perlopiù cristiani, mentre più a nord
sono tutti musulmani. Avvicinandosi alle montagne, il paesaggio
diviene verdeggiante. Dopo aver superato il villaggio, passano di fianco ad un torrente, che forma
alcune pozze profonde. Gilles ferma il cavallo. - È meglio che ci fermiamo, cugino.
Abbiamo ancora una lunga strada e i cavalli hanno bisogno di un po’ di
riposo. E direi anche noi. O almeno io. Sono esausto. - Mi sembra un’ottima idea. Anch’io sono
tutto sudato e fa un caldo infernale. Smontano e lasciano che i cavalli
bruchino un po’ d’erba. - Che ne direste di bagnarci, Gilles?
Credo che un bel bagno farebbe bene a entrambi. Gilles non dice niente. Di colpo gli
sembra che gli manchi il fiato. Robert sembra interpretare il suo
silenzio come un assenso: si toglie l’elmo. Gilles lo guarda e pensa che è
bellissimo e che non vuole vederlo senza abiti. Ma ormai è troppo tardi:
Robert ha incominciato a spogliarsi. Ora è a torso nudo e Gilles sente la
tensione dentro di sé salire. Robert finisce di togliersi gli abiti, dando la
schiena a Gilles, che non riesca a distogliere lo sguardo. Il cugino ha un
culo bellissimo, forte ed elegante. Robert entra nella pozza, rimanendo ai
margini, dove l’acqua gli arriva solo alle cosce, si china e incomincia a
lavarsi. Poi sorride a Gilles e dice: - Voi non vi lavate, cugino? Gilles annuisce. La sensazione è che un
muro sia crollato e che non ci sia più nulla tra lui e i suoi desideri. Si
spoglia anche lui, senza guardare Robert, dandogli la schiena, poi entra
anche lui in acqua. Solo allora si volta verso il cugino, che gli sorride,
prende l’acqua con due mani a conca e gliela tira in faccia. Il gesto
scherzoso sembra spezzare la tensione. Gilles sorride e fa altrettanto. In un
attimo sono tutti e due a spruzzarsi, ridendo. Poi Robert salta addosso a Gilles e
finiscono sott’acqua. Gilles non si aspettava questo attacco e il contatto dei
corpi lo turba. Si separano e riemergono. Robert ride, ma il suo riso si
spegne vedendo il cugino che lo guarda senza sorridere. Gilles fa un passo
avanti, fino a che i loro corpi si sfiorano: non dice nulla, non sa che cosa
vuole fare, ma Robert gli prende la testa tra le mani e lo bacia sulla bocca.
È la prima volta che Gilles viene
baciato. Gilles chiude gli occhi. Esita, ma la sensazione della labbra di
Robert sulle sue lo stordisce. E si rende conto che non vuole resistere, che
non ha senso sottrarsi. Potrebbero morire oggi stesso: perché dovrebbero
negarsi ciò che entrambi desiderano? Robert lo abbraccia. Gilles sa di non
essere più in grado di controllarsi. Per anni ha lottato contro le
tentazioni, ma ora il suo corpo lo tradisce e nella sua mente è rimasto
spazio solo per le parole del rabbino Yaacov. Gilles ricambia il bacio, poi prende
Robert tra le braccia e lo solleva. C’è ancora una parte di lui che gli dice
che non dovrebbe, che è peccato, ma è una voce che non ha forza, che non sa
più affermarsi. Gilles depone Robert sull’erba accanto al torrente, si stende
su di lui e lo bacia. Le sue mani percorrono il corpo del cugino, lo
accarezzano, con delicatezza, leggere. Poi stringono con forza. Il desiderio
sale e non più possibile nasconderlo o dominarlo. Si baciano ancora, appassionatamente.
Gilles stringe tra le mani la testa di Robert, lo bacia sugli occhi, sui
capelli, sulle labbra. Le dita di Robert scorrono sul suo viso e, obbedendo a
un impulso improvviso, Gilles le morde, prima piano, poi un po’ più forte.
Ridono entrambi, ma la risata si spegne. Si guardano negli occhi. Si baciano
ancora. Il desiderio arde in entrambi, ma si muovono con lentezza, quasi
timorosi, rifugiandosi nei baci e ignorando le richieste dei loro corpi. Gilles esita, ma Robert gli dice: - Prendimi, Gilles. Gilles annuisce, ma le parole di Robert
lo hanno turbato. Gilles si stacca e il cugino, sorridendogli, si volta,
offrendogli i fianchi. Gilles lo guarda, intimorito dalla sua bellezza. Con
la mano percorre quel corpo, dalla testa ai fianchi, che sfiora appena. Si stende su Robert, gli prende la testa
tra le mani, lo bacia sui capelli, sul collo, sulle spalle. Poi le sue mani scendono ai fianchi,
stringono, con forza. Il desiderio è troppo forte e Gilles si solleva. Con le
dita divarica le natiche di Robert e, cedendo a un impulso improvviso, si
china a baciargli il culo, che poi morde. Robert geme e Gilles morde ancora.
Lontano, molto lontano, in una parte del suo cervello risuonano parole che
Gilles non ascolta. Altre parole, che Gilles non ha mai pronunciato, escono
dalla sua bocca. Gilles passa le dita lungo il solco,
indugia sull’apertura. Preme con un dito, ma incontra resistenza. Una volta
in una taverna ha sentito dire che per facilitare l’ingresso bisogna usare la
saliva. Gilles avvicina due dita alla bocca, versa un po’ di saliva e poi
inumidisce l’apertura. Lo fa tre volte e il dito scivola dentro senza fatica,
mentre Robert geme di nuovo. Gilles sputa nel palmo della mano e inumidisce
la cappella, poi avvicina il cazzo all’apertura e, con lentezza, avanza. Ha
paura di fare male, per cui procede con cautela. Sente la carne cedere alla
pressione e allora procede ancora, piano, fino in fondo. Si abbandona sul corpo
di Robert, chiamandolo per nome e il cugino risponde al suo richiamo con un
gemito di piacere. Gilles procede con lentezza, assaporando
il piacere che sale dal suo cazzo, dalle sue mani, dalla sua bocca. Bacia
appassionatamente Robert, mentre lo accarezza e lo possiede e il giovane
invoca il suo nome. Gilles non ha mai provato nulla di simile e le sensazioni
che lo assalgono non lasciano spazio a dubbi o ripensamenti. Gli sembra di
aver desiderato per tutta la vita questo abbraccio. Null’altro esiste ora, se
non questo corpo che stringe tra le mani e che possiede, in un crescendo di
piacere. E infine la tensione si scioglie in una serie di spinte vigorose e
Gilles lancia un grido, mentre Robert urla il suo nome. Sono venuti entrambi e Gilles stringe
Robert. Non vuole lasciarlo andare, non vuole che i loro corpi si separino.
Solo più tardi, a fatica, si staccano, ma rimangono distesi uno a fianco
dell’altro, nudi. Robert guarda Gilles e gli dice: - Vi ho sempre desiderato, cugino. Ti ho
sempre desiderato, Gilles. Gilles guarda Robert, senza capire.
Robert spiega: - Da quella volta che ti ho visto, otto
anni fa, quando stavi per partire per venire qui. Eri bello, Gilles. Sei
bello, bellissimo. - Mai quanto te, Robert. Robert scuote la testa, come se Gilles non
potesse capire. Poi prosegue: - Da quel giorno ho sempre pensato che
volevo raggiungerti, combattere anch’io in Terrasanta, al tuo fianco. Sono
anni che ti amo, Gilles. Venendo qui, avevo paura che i miei ricordi mi
ingannassero. Ma non era così. - Per questo non hai voluto andartene? Robert annuisce. - Andarmene dopo averti ritrovato!
Preferisco morire. Gilles si solleva e bacia Robert sulla
bocca. Le sue labbra sfiorano appena quelle del cugino, ma Robert lo stringe
tra le braccia e il bacio diventa appassionato. Le mani di Gilles percorrono
il corpo di Robert, lo accarezzano, indugiano sul sesso che già acquista
nuovamente vigore, lo stringono. Ora i loro corpi sono avvinghiati e il gioco
riprende, meno impaziente e più dolce. Solo dopo essersi amati una seconda
volta, Gilles e Robert si rivestono e tornano a Gorgedefer. Gilles non prova
rimorsi. Sente di aver fatto i conti con i propri desideri e, se dovrà morire
presto, è contento di aver conosciuto il piacere. Il rabbino Yaacov aveva
ragione. Nella fortezza non c’è nessuna
possibilità di amarsi senza destare sospetti, né di giorno, quando
occorrerebbe cercare un angolo buio nei magazzini, né di notte, quando una
torcia arde sempre nella camerata: il rischio di essere scoperti è molto
forte. Ma nessuno dei due è disposto a rinunciare al poco tempo di vita che
rimane loro. Si amano perciò quando sono di guardia la
notte. Gilles non ha mai ceduto alle tentazioni in passato e né André
d’Ascalona, né nessuno degli altri, sospetta che ora Gilles e Robert siano
amanti. Sugli spalti, nel buio della notte, si
baciano e si abbracciano a lungo. Poi Gilles volta Robert contro gli spalti,
gli abbassa i pantaloni e lo possiede, mentre lo guida al piacere. Altre
volte Robert accoglie in bocca il cazzo del cugino e poi è Gilles a ricevere
il suo seme. Ma lo fanno con cautela, attenti a non farsi scoprire. Sono
abbracci rubati alla notte e alla morte che li attende: sanno entrambi
benissimo di essere condannati. Invano Gilles cerca di convincere Robert
a partire: il giovane non può accettare una separazione che a entrambi appare
peggiore del morire insieme. Quanto tutti temevano, infine avviene:
truppe saracene arrivano nella zona a novembre e, dopo aver saccheggiato
alcuni villaggi, si accampano nei pressi di Gorgedefer: la fortezza sarà
presto sotto assedio. A condurre gli attaccanti è il grande Barbath, che i
cristiani chiamano il Flagello: è il comandante delle truppe dell’emiro di
Jabal al-Jadid e nella guerra in corso è stato messo dal Saladino a capo dell’esercito.
Che sia lui a guidare le truppe che assedieranno la fortezza è un chiaro
indizio dell’importanza che il signore della Siria e dell’Egitto dà alla
conquista di Gorgedefer. Di certo il Flagello non si ritirerà senza aver
espugnato la roccaforte. La fortezza potrà resistere forse qualche
mese, ma i soccorsi dall’Europa non arriveranno certo in tempo, posto che in
Europa si preparino davvero spedizioni in appoggio degli ultimi possedimenti
franchi in Terrasanta. Su altri aiuti non si può contare, perché la sconfitta
di Hattin ha decimato gli uomini in grado di combattere: città e fortezze
sono sguarnite e nessuno può venire in soccorso di chi è attaccato. Una dopo
l’altra, città e fortezze cadono nelle mani dei saraceni. Gilles ha la morte nel cuore al pensiero
che Robert perderà la vita. Si sente in colpa, perché sa che il giovane ha
scelto di rimanere perché non vuole separarsi da lui. Nella notte, mentre guardano i fuochi
dell’accampamento saraceno in lontananza, il loro amore ha una dolcezza
infinita. Quando Gorgedefer è ormai circondata
dalle truppe nemiche, Barbath manda un messaggero. Richiede la resa della
fortezza e promette la vita e la libertà ai cavalieri. È un’offerta molto
generosa, ma André d’Ascalona è contrario a qualsiasi trattativa. La sera,
André e i principali ufficiali discutono. André comunica che intende
respingere la proposta. Nessuno controbatte: conoscono il loro comandante e
sanno che è inflessibile. Solo Gilles interviene, perché non può accettare
che Robert e tutti gli altri muoiano solo per l’ostinazione di André: - Credo che dovremmo trattare. Gorgedefer
ormai è perduta, non siamo sufficientemente numerosi per difenderla. Non è
meglio cercare di raggiungere Santa Maria in Aqsa o unirci alla guarnigione
di Belvoir? Là almeno potremo contribuire alla difesa con qualche speranza di
ottenere un risultato. Qui non… André di Ascalona lo interrompe,
replicando con durezza: - Trattare sarebbe un tradimento. - Ma… - Taci, Gilles! Non si tratta con il
nemico. A Gilles pare di ritrovare la stessa
intransigenza di Jorge da Toledo, lo stesso disprezzo per la vita umana, lo
stesso fanatismo. E sa che è inutile discutere. Torna alla camerata,
angosciato. Robert morirà per l’orgoglio di un uomo che non ama la vita, che
cerca il martirio. Nella notte sugli spalti lui e Robert si amano ancora,
consci che le loro vite sono giunte alla fine. Tutti si preparano a un lungo assedio, ma
la situazione peggiora rapidamente. Barbath
non intende perdere mesi sotto la fortezza: ci sono altre città e castelli
da espugnare, approfittando della debolezza dei cristiani. Perciò ogni giorno
fa sferrare numerosi attacchi contro la fortezza. Si pone lui stesso alla
guida degli assalitori, insieme al suo vice e compagno, Feisal: sono sempre
entrambi in prima linea e il loro esempio trascina gli uomini. I continui attacchi provocano morti e
feriti e decimano la sempre più ridotta guarnigione del forte. Ormai non ci
sono più abbastanza uomini per poter opporre una difesa efficace. I saraceni
si impadroniranno della fortezza molto prima del previsto. Gilles è angosciato. Non gli importa di
morire, ma non può tollerare il pensiero che Robert muoia. Il cugino invece è
sereno: accetta la morte, perché sa che non lo separerà da Gilles. Ancora una volta Gilles cerca di convincere
André d’Ascalona a cedere la fortezza, ma riesce solo a provocare la sua ira.
Gilles prova l’impulso di ucciderlo, ma si trattiene. Una settimana dopo l’inizio dell’assedio
si scopre che i saraceni stanno scavando una galleria sotterranea per provocare
il crollo di una parte dei bastioni. I difensori non hanno modo di impedirlo.
Quindici giorni dopo l’arrivo dei
saraceni, un tratto di mura crolla e attraverso il varco creato le truppe
nemiche si precipitano all’interno della fortezza. L’irruzione avviene troppo
rapidamente e i templari non hanno il tempo di organizzare una difesa
efficace, asserragliandosi nel mastio. D’altronde la disparità di forze è
troppo forte e in nessun modo sarebbe possibile respingere gli assalitori. Travolti dall’impeto dell’attacco nemico,
solo alcuni dei guerrieri cristiani riescono a salire sulle mura per
raggiungere il torrione, ma i saraceni li raggiungono prima che riescano a
entrare. A guidare gli assalitori è il comandante Barbath in persona. Al suo
fianco Feisal. I saraceni cercano di impedire ai templari di barricarsi nel
torrione: anche se i cavalieri ci riuscissero, non potrebbero resistere a
lungo, ma Barbath vuole concludere la conquista rapidamente. André d’Ascalona si batte con un piccolo
numero di cavalieri, tra cui vi sono Gilles e Robert. Uno dopo l’altro i
cavalieri cadono, trafitti dai colpi dei nemici che li incalzano, e quando
infine riescono a entrare nella sala superiore del torrione, non possono
chiudere la porta alle loro spalle: i saraceni glielo impediscono e il
combattimento prosegue all’interno. Gli ultimi templari asserragliati nel
locale danno battaglia, ben sapendo di non avere nessuna possibilità di
salvarsi. I saraceni non danno tregua, ma i cavalieri combattono, rifiutando
di arrendersi. Cadono in molti, sia tra i saraceni, sia tra i templari, ma
gli attaccanti rimpiazzano facilmente i caduti con altri uomini, mentre il
numero dei templari va riducendosi. Gilles riesce a colpire il vice di
Barbath, Feisal: la sua spada gli trapassa il fegato. Il guerriero barcolla e
cadrebbe se Barbath stesso non balzasse su di lui per afferrarlo e
sostenerlo. Anche due altri guerrieri lasciano il combattimento per assistere
il ferito, dando un attimo di tregua ai templari. Mentre Feisal muore tra le braccia del
comandante, André approfitta del momento di scompiglio tra gli avversari per
rivolgersi a Gilles e Robert: - Venite. Dobbiamo raggiungere la sala
inferiore. Poi si rivolge ai superstiti: - Cercate di bloccarli il più a lungo
possibile. Gilles non comprende che cosa spinga il
comandante a scendere e gli pesa abbandonare i compagni, ma è abituato a
obbedire senza discutere. Si dirigono alla scala interna. Barbath, ancora
intontito dal dolore, li vede cercare di allontanarsi. Depone il corpo ormai
privo di vita e con un ruggito afferra la spada e si lancia sui fuggitivi,
seguito da altri guerrieri, mentre i saraceni riprendono a far strage degli
ultimi cavalieri. Gilles, Robert e André però riescono a
scendere le scale e raggiungono la porta della sala inferiore. Mentre stanno
entrando un pugnale lanciato da uno dei saraceni raggiunge André d’Ascalona
alla schiena. Il comandante cade. Gilles lo afferra e lo trascina dentro la
stanza, mentre Robert chiude la grande porta. La bloccano, anche se sanno che
è inutile: per quanto solida, non reggerà a lungo. E’ questione di minuti,
poi la porta sarà sfondata e moriranno come i loro compagni. André d’Ascalona parla, a fatica: - Gilles… Robert… dovete portare a Santa
Maria… l’involto che troverete… dove vi dirò. Questa è l’ultima missione… che
vi affido. Gilles lo guarda. Si chiede se il
comandante sia in sé o se invece non stia delirando: come potrebbero andare a
prendere un involto e poi lasciare la fortezza invasa dai saraceni? Tra poco
la porta cederà e i saraceni li uccideranno tutti e tre. Ma André prosegue: - Gilles, afferra… alla base… la statua
di san Giovanni e… tirala verso di te. Gilles si alza, posa la mano sulla
statuetta del santo che gli ha indicato André, posta a lato della cappa del camino,
e la tira verso di sé. La statuetta si sposta e all’interno del camino si
apre uno sportello. Gilles guarda André, che continua a
spiegare dove porta il passaggio segreto, come fare per bloccarlo
dall’interno, evitare la trappola posta nel corridoio e scendere. Quando ha
finito, si sentono violenti colpi contro la porta. I saraceni, dopo aver
ucciso tutti coloro che ancora resistevano al piano superiore, si sono
procurati qualche cosa che usano come ariete per sfondare la porta ed entrare
nella sala inferiore. - Comandante, vi porteremo nel passaggio
e in qualche modo… André d’Ascalona lo interrompe: - No, sarei solo d’impaccio… Quello che
dovete fare è troppo importante… Andate, ve lo ordino. Gilles annuisce. - Comandante, volete che vi uccida, per
non cadere vivo nelle mani degli infedeli? André scuote la testa. - No… Sarà fatta… la volontà di Dio…
Andate. Gilles accende una delle torce collocate
alla parete e entra nel passaggio. Seguendo le istruzioni ricevute, richiude
la lastra d’ingresso e la blocca. Gilles e Robert procedono chinati. Contano
le pietre e aprono un altro passaggio: quello in cui si trovano finisce con
una trappola. Poi si calano lungo uno stretto condotto quasi verticale, una
specie di pozzo, in cui sono state scavate rientranze, create sporgenze e
inseriti ganci, in modo da permettere la discesa. Per Gilles non è facile
scendere tenendo in mano la torcia, ma la luce è necessaria. La discesa sembra non finire mai. Infine
Gilles e Robert arrivano a una piccola sala scavata nella roccia. Lì si
fermano: dovranno aspettare la notte per muoversi. Nella saletta ci sono alcune armi,
parecchie monete d’oro, abiti, cibo secco e diversi oggetti utili: tutto è
stato predisposto per l’eventualità che il forte cadesse nelle mani dei
saraceni. C’è anche l’involto di cui ha parlato André. Gilles non sa che cosa
possa contenere: forse una reliquia o documenti importanti. André gli ha
ingiunto di non aprirlo e Gilles intende obbedire. In un angolo c’è uno
zampillo d’acqua: una sorgente sotterranea che permette loro di dissetarsi. Il comandante ha detto di prendere l’oro
e tutto ciò di cui possono avere bisogno per il viaggio. Gilles appende la torcia a un anello di
ferro. Poi guarda Robert. Rimangono un momento in silenzio, a fissarsi. Gilles inizia a spogliarsi, con gesti
lenti, e Robert lo imita: sanno che sopra di loro il massacro deve essersi
concluso, che tutti i loro compagni sono morti, che potrebbero morire presto
anche loro ed è proprio questo incombere della morte ad accendere il loro desiderio
di vivere. Ora sono nudi, sui loro corpi il sudore
luccica alla luce delle torce. Si fissano un momento, poi si abbracciano e si
baciano con passione, avvinghiati. Si staccano, nuovamente si guardano e poi
riprendono a baciarsi, ad accarezzarsi, senza ritegno. Infine Robert si
inginocchia davanti a Gilles e, mentre le sue mani scorrono lungo il corpo
dell’uomo che ama, la sua bocca avvolge il cazzo ormai teso. Con lentezza la
sua lingua e le sue labbra percorrono l’asta e poi si fermano sulla cappella,
che avvolgono. Gilles si china su di lui e le sue mani percorrono il corpo di
Robert, dalla testa ai fianchi, mentre dentro di lui la tensione sale. Poi
Gilles chiude gli occhi, mentre il piacere deborda. Grida il nome di Robert. Robert beve il seme di Gilles, fino
all’ultima goccia, poi si stacca e lo guarda. Gilles lo guida a stendersi al suolo e si
china su di lui. La sua bocca avvolge il sesso ormai teso di Robert e con
lentezza, lo guida al piacere. Anche Gilles beve, poi si stende su Robert e
riprendono a baciarsi. Proseguono nei loro giochi a lungo,
finché il desiderio si riaccende e Gilles prende Robert. Quando ha concluso,
dice: - Ora prendimi tu, Robert. Gilles si volta e si offre al cugino.
Robert esita, ma il desiderio preme. Accarezza la schiena forte, le spalle
larghe, poi le sue mani indugiano sul culo, coperto da una peluria scura.
L’idea di possedere questo corpo che nessuno ha mai avuto gli dà le
vertigini. Gilles sarà suo, come lui è di Gilles. Si appartengono e questo rapporto
sarà l’ultimo sigillo impresso nella carne, il segno di un legame che solo la
morte può spezzare, che forse la morte spezzerà davvero presto, ma non
importa. Robert si
stende su Gilles, lo abbraccia, lo bacia sul collo, poi le sue mani
percorrono il corpo dal collo al culo, in una carezza leggera. Robert si
sposta, mordicchia le natiche, più volte, poi passa la lingua lungo il solco.
Gilles geme. Robert si
inumidisce la cappella con un po’ di saliva, poi si stende nuovamente su
Gilles e lentamente affonda la sua arma dentro di lui. Ciò che prova è più
forte di tutto ciò che ha sperimentato in vita sua. L’uomo che sta possedendo
è l’uomo che ama, l’uomo a cui appartiene e che ora gli appartiene. Gilles
avverte il dolore della carne che cede a fatica, che sembra quasi voler
rifiutare questo padrone che si impone. Ma vuole che Robert lo prenda e poco
gli importa del dolore. Mormora: - Ti amo,
Robert. Robert
cavalca a lungo, con molta dolcezza, finché il desiderio non lo sprona ad
accelerare e, con una rapida successione di spinte vigorose, viene. Gilles
sente la pressione ridursi e il dolore si attenua un po’. È contento che
Robert lo abbia preso e non gli importa del dolore fisico. Quando ritengono che sia ormai giunta la
sera, si preparano e riprendono a scendere lungo il pozzo. Il tratto ancora
da percorrere è più breve e meno inclinato. Al fondo un corridoio li porta in
una grotta naturale. Qui spengono la torcia e procedono. Non è facile
muoversi nel buio assoluto della caverna, ma una luce potrebbe segnalare la
loro presenza all’esterno. Dopo un po’ vedono in lontananza una debole
luminosità e si dirigono verso quel punto. Raggiungono l’entrata della
grotta. È sera, ma non è ancora completamente buio. Si fermano all’interno
della caverna, in un punto in cui l’oscurità è completa, e attendono che
fuori la luce svanisca completamente. Solo allora escono. Si trovano sul
fondo della gola in cima alla quale sorge la fortezza di Gorgedefer. Il cielo
è coperto e solo a tratti la luna appare tra le nubi: condizioni ideali per
non farsi scorgere, ma pessime per procedere. Si imbattono quasi subito in un cadavere,
poi in un secondo. Al buio non possono vedere di chi si tratta, ma sono di
certo i loro compagni, gettati giù dagli spalti dopo essere stati uccisi. O
forse scaraventati nell’abisso ancora vivi. Gilles pensa che anche loro
sarebbero stati uccisi, se André non avesse deciso di far arrivare il
contenuto dell’involto ai confratelli. In una situazione diversa, magari
avrebbe scelto altri uomini per questo compito, ma erano rimasti in pochi e
Gilles e Robert non avevano ferite: erano quelli che avevano le maggiori
possibilità di portare a termine la missione. O forse il fatto che siano solo
cavalieri ospiti e non abbiano pronunciato i voti agli occhi di André li
rendeva meno degni del martirio. Camminano per tutta la notte, seguendo il
corso del fiume, ma non percorrono una grande distanza. All’alba si
nascondono in una macchia di vegetazione e riposano. Più tardi riprendono a
muoversi: dovrebbero poter raggiungere presto un’area abitata in prevalenza
da cristiani, dove forse potranno trovare un cavallo. Di certo le truppe che
hanno conquistato Gorgedefer rimarranno alla fortezza per qualche giorno, ma
il Flagello potrebbe mandare uomini a controllare l’area circostante, per cui
occorre procedere con grande prudenza. Nel pomeriggio raggiungono un villaggio
cristiano, che non è stato ancora attaccato. Parlano con alcuni contadini e
spiegano che il castello è stato conquistato dai saraceni. Poi acquistano due
cavalli: sono animali adatti ai lavori dei campi, più che alla guerra o agli
spostamenti, ma almeno permetteranno loro di muoversi più rapidamente. Il viaggio si svolge senza intoppi e dopo
tre giorni sono al colle da cui si scende a Santa Maria in Aqsa. Gilles guarda la città e ripensa al
giorno in cui vi si è recato per accogliere Robert. Volta il viso verso il
cugino e gli sorride. 2020 |