I bagni di Damasco Abdul-Qaadir
ibn Abd Allah fa il suo giro di controllo sulle mura di Damasco. Non sarebbe
necessario: nessun nemico minaccia la città in questo momento. Ma Abdul Qaadir
vuole che le sentinelle siano sempre vigili. I cristiani hanno attaccato più
volte Damasco in passato: non l’hanno mai conquistata e non lo faranno mai,
ma occorre essere pronti. Sul campo di battaglia o sulle mura, ogni buon
credente deve essere pronto ad affrontare gli infedeli. Abdul-Qaadir
ha combattuto a lungo contro i cristiani e presto tornerà ad affrontarli in
altre guerre. Gli piace combattere, affrontare il nemico a viso aperto e
misurarsi con uomini forti che non arretrano; detesta i vili, che
preferiscono la fuga alla lotta. Ama il rischio e la morte non gli fa paura:
spera di morire su un campo di battaglia. Sulle
mura si muove in perfetto silenzio. Se qualche soldato sonnecchia e non si
accorge del suo arrivo, lo fa punire duramente: non si dorme quando si
difende la città. Tutti sanno che quasi ogni notte Abdul-Qaadir fa il suo
giro per le mura e ben di rado le sentinelle si fanno sorprendere a dormire:
forse hanno più paura del comandante che dei franchi. * Jorge
da Toledo si aggira per il mercato di Damasco. Sembra un arabo come gli
altri: dalla madre, una schiava andalusa, ha ereditato la pelle scura e i
capelli neri. Vedendolo girare con la lunga tunica bianca e il capo coperto,
nessuno sospetterebbe che è un cristiano della Castiglia. Per Jorge il sangue
arabo che porta nelle vene è sempre stato un motivo di vergogna e questo
desiderio di riscatto lo ha portato a diventare un nemico implacabile dei
saraceni. Il suo odio feroce per gli infedeli, il suo fanatismo religioso e
il suo coraggio hanno fatto di lui un avversario implacabile e temuto da
tutti i musulmani, oltre a permettergli di raggiungere una posizione di
comando in giovane età. Jorge
compie spesso missioni nelle città dei saraceni, dove può infilarsi tra i
nemici, facendosi passare per un arabo dell’Andalusia: i suoi tratti somatici
sono simili a quelli del nemico e ne conosce bene la lingua, che sua madre
gli ha insegnato negli anni in cui lui era solo il figlio di una concubina.
Jorge corre così un rischio mortale: se si scoprisse chi è l’uomo che adesso
sembra osservare curioso i prodotti nelle botteghe, Jorge pagherebbe con la
vita la sua audacia e la sua morte sarebbe uno spettacolo per la folla. Ma
nessuno sospetta. Con l’autorizzazione del Gran Maestro dell’ordine, Jorge si
è fatto circoncidere, per poter passare per musulmano in ogni occasione. Jorge
intende trattenersi diversi giorni a Damasco. Vuole studiare le
fortificazioni della città, perché alcuni baroni franchi hanno il progetto di
attaccarla, come è stato fatto più volte in passato, senza ottenere
risultati. Jorge vuole anche sentire se ci sono novità sui diversi signorotti
locali e soprattutto sul potere crescente di Salah al-Din, il Saladino, come
lo chiamano i cristiani: un sovrano che l’anno scorso ha conquistato Aleppo e
costituisce una minaccia mortale per il dominio cristiano in Terrasanta. * Dopo
aver concluso il suo giro per le mura, Abdul-Qaadir ritorna a Bab Sharqi, la
porta orientale, dove il primo turno di guardia sta finendo. Abdul-Qaadir
scende insieme ai soldati che smontano e che lo salutano deferenti. Qualcuno
apre la porta della sala ai piedi della torre, dove i soldati lasciano le
armi. Alla luce di una torcia, Abdul-Qaadir vede un giovane soldato, la cui
bellezza lo colpisce. Abdul-Qaadir non è mai stato indifferente all’avvenenza
di quei soldati che uniscono forza e giovinezza. Abdul-Qaadir
chiede: -
Come ti chiami, soldato? -
Khalid ibn Maahir, comandante. - Da
quanto tempo sei tra gli uomini di guardia, Khalid? Non ti ho mai visto prima. -
Solo da un mese, comandante. -
Ora torni ai quartieri militari? -
Sì, comandante. -
Vado anch’io lì. Verrai con me. Abdul-Qaadir
non aveva intenzione di recarsi ora ai quartieri, ma vuole conoscere meglio questo
bel soldato e sondare il terreno. Il desiderio si sta accendendo in lui e
Abdul-Qaadir non è uomo da perdere tempo. Il soldato non può certo rifiutare
e questo il comandante lo sa benissimo. -
Certo, signor comandante. Escono,
ma Abdul-Qaadir non prende la strada che conduce direttamente ai quartieri
militari. Sceglie un’altra via, più lunga: vuole avere un po’ di tempo per
parlare con Khalid. La sentinella non dice nulla: come Abdul-Qaadir ha
previsto, non osa fare obiezioni. - Da
dove vieni, Khalid? - Da
Darayya, comandante. Abdul-Qaadir
si informa sulla famiglia del giovane, poi incomincia ad avvicinarsi
all’argomento che gli interessa. -
Sei sposato, Khalid? -
No, signor comandante. -
Come mai? Ormai hai l’età per sposarti. È
una domanda molto personale, ma Abdul-Qaadir sa benissimo che Khalid
risponderà. -
Ma…, comandante, io… non ho ancora pensato al matrimonio… Khalid
è in imbarazzo e Abdul-Qaadir adotta un tono scherzoso, cameratesco, come se
ignorasse la distanza che esiste tra di loro. - E che
cosa combini, allora, eh, Khalid? Vai con le puttane? Abdul-Qaadir
ride. Parla come se stesse stuzzicando un amico. -
No, comandante, no, io… Khalid
si interrompe. È evidentemente in imbarazzo. -
Io, io, io… Khalid, mi sa che sei un bel maialino e fai finta di essere puro. Abdul-Qaadir
ride di nuovo e la sua risata echeggia forte, nel buio della strada deserta. - Ma
no, comandante, che dice? Io… - Ti
fai le seghe, allora? Non mi dire che sei casto, perché tanto non ci credo. - Ma
comandante… io… - O
magari scopi con gli altri soldati. Quel maiale di Nabih di sicuro un bel
ragazzo come te non se lo lascia sfuggire. Non mi dire che non ci ha provato,
perché mentiresti. C’è
un momento di silenzio. Khalid risponde, confuso: - Io… Khalid
non sembra indignato: solo disorientato. Non osa rispondere direttamente alle
domande. -
Io, io, io. Non sai dire altro? Ancora
una volta la risata di Abdul-Qaadir risuona nella via. In quel momento
incrociano la ronda notturna. L’ufficiale di turno si avvicina, ma non appena
vede che si tratta di Abdul-Qaadir, si inchina a fondo, saluta e si allontana
con i suoi uomini. Alla luce della torcia Abdul-Qaadir ha letto la confusione
sul viso di Khalid. Abdul-Qaadir
decide che può provarci: il soldato non gli ha risposto che il Corano
proibisce queste pratiche, non ha mostrato sdegno, solo imbarazzo.
Abdul-Qaadir sa che difficilmente Khalid gli dirà di no: è il comandante. -
Non mi dire che non hai mai fatto niente con gli altri. -
No, qui no, comandante, davvero. -
Qui no, ma al tuo paese sì. Qui ti stai ancora guardando intorno, ma adesso
hai trovato. Ancora
una risata, poi Abdul-Qaadir aggiunge: -
Vieni con me. Abdul-Qaadir
non vuole appartarsi con il ragazzo nei quartieri militari: vedendo Khalid
salire con lui nella sua camera o uscirne più tardi, qualcuno potrebbe
capire. Preferisce che non si sparli di lui. Abdul-Qaadir
bussa a una porta. Un uomo apre e si inchina davanti a lui, senza parlare: le
parole sono inutili e imprudenti. L’uomo sa già quello che il comandante
vuole e lo accompagna in una stanza. Khalid
non ha detto niente: ha capito che cosa sta per succedere e non ha motivo per
sottrarsi, anche se è intimidito. Nella
stanza c’è un letto. Su una cassa il padrone di casa ha lasciato una lanterna. -
Adesso mi fai vedere che cosa hai imparato a fare al tuo paese, soldato. E
mentre lo dice, Abdul-Qaadir incomincia a spogliarsi. Khalid esita. -
Comandante, non è che sappia fare molto… Abdul-Qaadir
ride. -
Inginocchiati, ragazzo, che se non sai fare molto, te lo insegno io. Khalid
obbedisce. -
Prendimi il cazzo in bocca. Khalid
deglutisce e avvicina la bocca alla cappella di Abdul-Qaadir. -
Dai, succhia, stronzetto! Khalid
incomincia a darsi da fare. Non è esperto: Abdul-Qaadir ne ha incontrati
altri che sapevano come si fa un bocchino. Ma Khalid è giovane e bello ed è
comunque un piacere farselo succhiare da lui, come sarà un piacere
metterglielo in culo, tra poco. Il
cazzo di Abdul-Qaadir si sta tendendo e Khalid fa sempre più fatica a tenerlo
in bocca. Lo lascia andare e lo guarda affascinato, poi riprende la cappella
in bocca e la accarezza con la lingua, prima di avvolgerla con le labbra. -
Adesso basta. Spogliati. Khalid
si stacca. Si alza e, senza distogliere lo sguardo dal cazzo di Abdul-Qaadir,
incomincia a spogliarsi. Il comandante legge negli occhi del ragazzo la paura
e questo gli trasmette una sensazione di potenza. Khalid sta per prendersi in
culo un signor cazzo e sa benissimo che gli farà male. Ma non osa sottrarsi. Quando
Khalid si cala i pantaloni, Abdul-Qaadir può vedere che anche il ragazzo ce
l’ha duro, anche se non ancora completamente teso: succhiare il cazzo del
comandante gli è piaciuto e la paura che ora prova non è tanto forte da
farglielo ammosciare. -
Stenditi sui cuscini. Il soldato
obbedisce. Abdul-Qaadir lo sistema, mettendogli sotto il ventre un altro
cuscino, in modo che il culo rimanga più sollevato. Poi gli allarga le gambe
e si inginocchia dietro di lui. Guarda il bel culo glabro che gli si offre,
lo accarezza, lo pizzica, con forza, facendo sussultare Khalid. Poi si sputa
sulle dita e le avvicina al buco del culo. Le fa scorrere intorno
all’apertura, poi spinge dentro. Il ragazzo ha un guizzo. -
Questo è niente, stronzetto. Adesso sentirai. Abdul-Qaadir
ritrae le dita, sputa sull’apertura, distribuisce la saliva e poi avvicina la
cappella. Gli piace la sensazione di potenza che gli dà questo momento, la
visione del culo che gli si offre, la sottomissione completa del ragazzo, la
tensione che avverte nel corpo che stringe tra le mani. Abdul-Qaadir
spinge avanti il cazzo, finché la cappella si appoggia all’apertura, poi, con
un movimento lento, entra. Il ragazzo si tende e il comandante si ferma un
momento, per dargli il tempo di abituarsi, poi avanza di nuovo, fino a che tutto
il suo cazzo è dentro il culo del soldato, avvolto in una guaina calda.
Incomincia a muoversi ritmicamente, ritraendosi e poi avanzando fino in
fondo: è una sensazione magnifica, che gli trasmette brividi di piacere e che
cerca di far durare il più a lungo possibile. Sente che Khalid si abbandona
alle sensazioni intense che il cazzo del comandante gli trasmette. Lo sente
gemere e allora Abdul-Qaadir imprime un ritmo più intenso al suo movimento.
Il soldato geme ancora, più forte, e il comandante sente che dai coglioni il
piacere si dilata, percorre il suo cazzo ed esplode in una scarica intensa.
Le spinte diventano frenetiche e poi si spengono. Abdul-Qaadir si abbandona
sul corpo di Khalid, mentre le ultime gocce di seme escono. È
stato bellissimo. Abdul-Qaadir si ritrae, abbandonando a malincuore il bel
culo del soldato. Si lava e poi incomincia a rivestirsi. Khalid
si alza. Ha ancora il cazzo duro. Anche lui si riveste. Il
soldato sembra quasi aspettare che il comandante proponga di incontrarsi di
nuovo, ma Abdul-Qaadir non dice nulla. La scopata è stata molto piacevole, ma
Abdul-Qaadir non ha nessuna intenzione di avviare una relazione che dovrebbe
preoccuparsi di nascondere. E in ogni caso sa che può ritrovare Khalid quando
vuole. Il ragazzo non dirà di no al comandante. * Dopo
aver concluso il suo giro per il mercato, Jorge si dirige ai bagni. Non ci va
per amore della pulizia, ma perché i bagni offrono la possibilità di
incontri. Le regole dell’Ordine dei Templari a cui appartiene Jorge impongono
la castità, ma a Jorge poco importa: l’abito dell’Ordine è la divisa con cui
combatte, non una scelta di vita. È abituato a soddisfare i desideri del suo
corpo e non gli interessano le pratiche ascetiche di alcuni dei suoi
confratelli. Nel
bagno ci sono molti uomini, come sempre. Sono perlopiù musulmani, ma ci sono
alcuni che sembrano di origine europea: il bagno che ha scelto Jorge è spesso
frequentato da mercanti cristiani. Jorge si guarda intorno simulando
indifferenza. Uno degli uomini lo sta fissando. Per un momento i loro sguardi
si incrociano. Nessuno dei due abbassa gli occhi e l’uomo gli sorride. Per
Jorge è più che sufficiente: conosce benissimo il valore di quello sguardo. L’uomo
gli piace. Ha qualche anno meno di lui, pochi capelli, barba e occhi scuri.
Jorge non riconosce in lui il ragazzo che ha posseduto un’unica notte
diciotto anni prima, a Santa Maria in Aqsa. Jorge si alza e gli si avvicina.
Gli chiede, nella lingua dei franchi, che è la più usata dai cristiani che
sono sbarcati in queste terre: -
Sei un franco, vero? L’uomo
risponde nella stessa lingua: -
Sì, sono un mercante lombardo, di Verona. Mi chiamo Riccardo Micheles. - Io
vengo da Cordova. -
Per essere un arabo, parli molto bene la lingua dei franchi. Anche
Riccardo non ha riconosciuto il templare con cui ha avuto rapporti in
passato: il viso gli sembra vagamente familiare, ma Riccardo viaggia spesso
in territorio saraceno e di certo non può pensare che questo arabo sia un
cavaliere cristiano. Jorge
non risponde all’osservazione di Riccardo, ma sorride, un sorriso che in
realtà è di scherno. L’uomo lo ha preso per un arabo, com’è naturale e come
Jorge stesso desidera: quando è in missione preferisce non fidarsi di nessuno. - Ti
piacciono i cazzi circoncisi? Riccardo
alza le spalle. - Mi
piacciono gli uomini forti. E tu sei forte. Come ti chiami? -
Hamza. Il
suo vero nome Jorge non intende darlo. Preferisce lasciare Riccardo
nell’errore, per cui aggiunge: -
Dai, andiamo in una saletta. Jorge
non aspetta neppure una risposta. Dà per scontato che Riccardo sia d’accordo.
Si rivolge a un inserviente e gli chiede di condurli in una delle sale
riservate, al primo piano. Sono stanze in cui i clienti possono riposare,
chiacchierare con gli amici, ascoltare un suonatore, fare uno spuntino. Sono
anche usate per gli incontri occasionali, anche se nessuno lo ammetterebbe. Appena
sono entrati, Jorge chiude la porta e si toglie il tessuto che gli cinge i
fianchi. Riccardo fa lo stesso. Gli sorride e gli accarezza il petto con una
mano, ma Jorge è impaziente. Non ama le carezze, detesta i baci. È altro
quello che il suo corpo cerca. -
Stenditi sui cuscini, muoviti. Riccardo
obbedisce. Ha capito che Jorge è uno di quelli che vanno subito al sodo, che
non lasciano spazio alla tenerezza. A Riccardo piacciono gli uomini forti e
rudi, gli piace pure essere maltrattato, a volte. Ma ama anche le carezze.
Oggi non ne avrà. Non è un problema. Jorge
guarda il culo di Riccardo. È un bel culo, appena velato da una peluria
leggera. Jorge afferra le natiche con le mani e le stringe con forza. Gli
piace sentire la carne calda e morbida che cede sotto la pressione delle sue
dita. Come tra poco cederà alla pressione del suo cazzo. Jorge
sputa due volte sul solco, poca sopra l’apertura. Osserva la saliva che cola.
Si sputa ancora sulla mano e inumidisce la cappella. Poi si stende sul corpo
di Riccardo, stringe il culo con le dita e spinge il cazzo in avanti, fino
che dilata l’apertura. Riccardo
gli dice: -
Aspetta! Jorge
si ritira, infastidito. Sa benissimo che il suo cazzo è grosso e che non
tutti riescono a reggerlo, ma quest’uomo non è di certo alle prime esperienze. -
Riprova, piano. Jorge
spinge di nuovo il cazzo e lo fa entrare, con lentezza. Riccardo sospira. -
Sì, così va bene. Piano. Jorge
continua a spingere, lentamente, dando a Riccardo il tempo per abituarsi.
Poi, quando è giunto al fondo, incomincia la sua cavalcata, a un ritmo
deciso. Riccardo lo incoraggia. -
Sì, sì! Dai! Jorge
è stupito dalla franchezza di quest’uomo che non nasconde il piacere che
prova. Il templare spinge con vigore, avanti e indietro, facendo affondare il
cazzo fino a che i coglioni battono contro il culo di Riccardo, poi
ritraendosi completamente. Per tre volte esce e si immerge nuovamente in quel
bel culo caldo che lo accoglie. A tratti Riccardo muove il culo, assecondando
il movimento di Jorge. La
tensione cresce fino a diventare intollerabile e infine esplode in una
successione di spinte frenetiche e in un’ondata di piacere che lascia Jorge
esausto. Il grido di Riccardo gli dice che anche il mercante è venuto. Jorge
si dice che l’uomo è una vera troia, ma è soddisfatto di questa scopata. Jorge
si solleva, si pulisce e poi si rimette il tessuto intorno alla vita. Riccardo
fa lo stesso, poi chiede: -
Tornerai qui nei prossimi giorni? Jorge
cambia bagno ogni volta. La scopata è stata molto piacevole, ma non ha motivo
per tornare qui. Se vorrà farlo, sa che Riccardo sarà disponibile. -
Non so. Vedremo. * Abdul-Qaadir
si dirige ai bagni. Lo fa ogni giorno, per amore della pulizia e perché le
chiacchiere dei frequentatori possono fornire utili informazioni al
comandante di una guarnigione: Abdul-Qaadir ha avuto modo di scoprire ai
bagni il malcontento di alcuni, le affermazioni imprudenti di altri, le
critiche rivolte al suo operato. Più di un suddito ha pagato a caro prezzo le
chiacchiere ai bagni. A
volte Abdul-Qaadir si permette anche qualche incontro occasionale, ma non è
frequente: in quanto comandante della guarnigione preferisce essere prudente. Come
talvolta avviene, c’è un uomo che dev’essere un franco, un mercante,
probabilmente. L’uomo lo sta guardando e Abdul-Qaadir sa benissimo
interpretare quello sguardo. L’uomo gli piace, parecchio. È un cristiano e
Abdul-Qaadir detesta i cristiani, li sterminerebbe tutti volentieri. Ma non
disdegna di parlare con loro, quando ne ha l’occasione: sa che talvolta può
ottenere informazioni utili, farsi un’idea di ciò che si dice nelle città dei
franchi, magari avere sentore di progetti e movimenti di truppe che
Abdul-Qaadir sa come interpretare. Uno
dei modi migliori per carpire informazioni da un uomo è scopare con lui: dopo
un rapporto, gli uomini sono meno diffidenti e si lasciano più facilmente
scappare qualche informazione che in un’altra situazione sarebbe più
difficile ottenere. Abdul-Qaadir sorride all’uomo e gli si avvicina. Rimane
in piedi davanti a lui, mentre il grosso cazzo preme contro il tessuto che
gli cinge i fianchi. Usa la lingua dei franchi, che conosce abbastanza. -
Buona giornata. -
Buona giornata anche te. - Mi
chiamo Abdul. E tu? -
Riccardo. -
Sei a Damasco per affari, vero? -
Sì, sono un mercante. Sto a Rougegarde, ma adesso vengo da Santa Maria in Aqsa,
dove abbiamo una bottega. Mi reco spesso a Damasco e ad Aleppo. Abdul-Qaadir
si dice che ha avuto una notevole fortuna: Qasr-Aqsa, che i cristiani
chiamano Santa Maria in Aqsa, è sotto il controllo dei Templari e i musulmani
non possono entrarvi neanche per la
giornata. I Templari hanno adottato questa misura un anno fa e da allora
hanno avviato una serie di lavori alle mura e al porto, per rafforzare le
fortificazioni della città. Abdul-Qaadir si dice che forse da questo
cristiano riuscirà ad avere alcune informazioni. Abdul-Qaadir
si passa una mano sulla protuberanza del tessuto che lo copre: un gesto che
potrebbe apparire casuale, ma che per entrambi ha un significato ben chiaro. -
Che ne diresti se ci mettessimo in una delle stanzette? Possiamo parlare
tranquillamente. -
Sì, mi sembra una bella idea. Abdul-Qaadir
si fa assegnare una saletta. Appena entra, lascia scivolare il tessuto.
Riccardo guarda il grosso cazzo di Abdul-Qaadir e sorride. Anche lui si
toglie la striscia di stoffa e passa la mano sul torace di Abdul-Qaadir, con
delicatezza. Il comandante sorride: non gli interessano le carezze, ma se al
mercante piacciono, non c’è problema. L’importante è che l’incontro sia
piacevole, così dopo parleranno meglio. Riccardo
lo abbraccia, gli accarezza la schiena, il culo, lo guarda in viso e gli
sorride. Riccardo
scivola in ginocchio e appoggia la testa sul ventre di Abdul-Qaadir, mentre
le sue mani stringono con forza il culo, poi passano davanti e percorrono il
torace del comandante, fino a raggiungere i capezzoli, che le dita stringono. Poi
Riccardo avvicina la bocca al cazzo di Abdul-Qaadir e lo bacia. Le labbra
avvolgono la cappella e la lingua accarezza il sesso che incomincia a
riempirsi di sangue. Il
cristiano ci sa fare e il comandante è contento. Lascia che Riccardo lavori
con la lingua, a lungo, con le labbra, con i denti, mordicchiando
leggermente. Il cazzo si riempie di sangue e si tende, perfettamente diritto.
Riccardo sembra contemplarlo ammirato: ogni tanto si stacca e lo guarda, poi le
sue labbra riprendono a lavorare. Poi lascia di nuovo la preda ed è la sua
lingua a precorrere l’asta tesa, a indugiare sulla cappella e poi a scendere
fino ai coglioni. La lingua lavora a lungo e la sensazione è maledettamente
piacevole. Riccardo
si è spostato dietro il comandante e adesso gli sta mordendo il culo. Morsi
ora molto leggeri, ora più decisi. Poi la sua lingua incomincia a scorrere
lungo il solco tra le natiche. Abdul-Qaadir non se lo aspettava. Questo porco
cristiano ci sa fare. Mentre
la lingua scorre lungo il solco o i denti mordono, le mani di Riccardo
giocano con il cazzo del comandante, ormai teso al massimo, e con i coglioni,
accarezzandoli e stringendoli e maltrattandoli. Abdul-Qaadir chiude gli
occhi. Cazzo! Questo cristiano è fenomenale. Riccardo
passa di nuovo davanti e prende in bocca il cazzo del comandante, lavorando
sulla cappella. Dopo un momento, Abdul-Qaadir lo allontana: l’eccitazione è
troppo forte e non vuole venire in bocca al cristiano, preferisce gustare il
suo culo. -
Stenditi. Riccardo
sorride, sposta due cuscini in modo da potervisi appoggiare sopra, si stende
e divarica le gambe. Il comandante stringe il culo con le mani, sputa
sull’apertura, la inumidisce bene e poi, con lentezza, infilza la sua
scimitarra nel corpo del mercante. Riccardo
geme, forte e Abdul-Qaadir sorride, esaltato dalla propria forza e dal
piacere intensissimo che prova. Si muove con lentezza, per far durare il più
a lungo possibile questo piacere. La tensione sale e Abdul-Qaadir si ferma, per
poi riprendere, finché il piacere esplode in una serie di spinte furiose e il
comandante si abbatte sul cristiano con un suono strozzato, mentre Riccardo
geme più forte, squassato da un piacere violento. Rimangono
un buon momento così: il piacere è stato troppo intenso. Poi si rialzano e
Abdul-Qaadir si pulisce. Senza rimettersi il tessuto, va sulla porta e chiama
un inserviente. Gli ordina di portare due tè. Poi si stende sui cuscini e si
rivolge a Riccardo: -
Sono stato ad Aqsa, tempo fa. Ma adesso è vietata a noi musulmani. -
Sì, lo so. I Templari non vogliono che qualcuno possa vedere le
fortificazioni che hanno eretto. - È
assurdo. Una spia che vada e poi riferisca si trova sempre. Qui a Damasco
abbiamo rinforzato il tratto occidentale delle mura, ma non abbiamo fatto
tante storie. Anche se avessimo fatto tutto di nascosto e avessimo chiuso la
città ai mercanti cristiani, qualcuno avrebbe raccontato. Non si possono
tenere segreti grandi lavori di costruzione. Abdul-Qaadir
parla di Damasco e delle sue difese, ma nel farlo mescola verità e falsità:
non vuole fornire al cristiano informazioni importanti. Spera invece che
Riccardo sia invogliato a parlare di Qasr-Aqsa. Nella conversazione il
comandante pone qualche domanda e Riccardo risponde francamente: non sembra
sospettare che Abdul-Qaadir abbia un secondo fine. In
mezz’ora Abdul-Qaadir ha ottenuto ciò che voleva. Il mercante gli ha fornito
diverse informazioni utili, anche se non è a conoscenza di segreti militari.
Il comandante vorrebbe chiedere ancora, ma la sua insistenza potrebbe destare
sospetti. Però forse vale la pena di incontrarlo una seconda volta. -
Vieni spesso in questi bagni? -
Sì, tutti i giorni. -
Allora se ti va, possiamo incontrarci ancora. Che ne dici? Riccardo
sorride. -
Molto volentieri. * Fare
una ricognizione completa delle difese della città presenta qualche rischio:
Jorge deve fare attenzione a non farsi notare dalle sentinelle. Jorge
cammina lungo un tratto delle mura, dal lato interno. In prossimità della
torre, decide di osservare un po’ meglio la costruzione. Si ferma vicino al
muro, ma in quel momento scorge con la coda dell’occhio un soldato che si
avvicina. Con fare indifferente si accovaccia, come fanno i musulmani,
solleva la tunica, abbassa i pantaloni e incomincia a pisciare, mentre si
guarda intorno. Il soldato che si stava avvicinando si blocca: probabilmente
voleva chiedergli perché si era fermato, ma vedendolo pisciare si è già dato
una risposta. Jorge si volta verso di lui e gli sorride. Il soldato è molto
giovane e Jorge nota che gli sta guardando l’uccello. Scambiare
due chiacchiere con un soldato sarebbe un buon metodo per ottenere altre
informazioni. Perciò dopo aver finito di pisciare, Jorge si alza, scuote il
cazzo ben bene, come per far scendere le ultime gocce, mentre guarda il
soldato e sorride. Questi sembra smarrito. Jorge continua le sue manovre con
il cazzo che ormai sta acquistando volume e consistenza, poi solleva i
pantaloni e riabbassa la tunica. -
Sei di guardia qui, soldato? -
Sì. L’ufficiale mi ha mandato a vedere perché ti eri fermato qui. -
Dovevo pisciare, come hai visto. Sei di Damasco? -
No, di un paese qui vicino. E tu da dove vieni? - Da
Cordova, -
Per questo parli con un accento straniero. Jorge
tiene gli occhi fissati in quelli del soldato. -
Quando smonti, bel soldato? Il
soldato esita un attimo, poi dice: -
Dopo la prossima preghiera. - Io
sarò qui vicino, alla porta della moschea di Otman. Se passi di là, magari ci
facciamo due chiacchiere. Che ne dici? Il
soldato non risponde, ma annuisce. -
Adesso devo andare. - Ci
vediamo dopo. Il
soldato risale sulla torre, mentre Jorge riprende il suo giro, soddisfatto.
Ha agganciato il soldato e questo è un’ottima cosa. Non per la prevedibile
scopata, ma perché conta di ottenere un po’ delle informazioni che gli
servono. E comunque anche la scopata non sarà male: il soldato è un bel
ragazzo. Jorge
partecipa alla preghiera, come fa sempre quando è in terra musulmana. Si
prosterna come gli altri, ma dentro di sé insulta Allah e il profeta: se
pronunciasse ad alta voce quelle parole, verrebbe immediatamente linciato
dalla folla. Dopo
la preghiera, Jorge raggiunge la moschea e si ferma vicino alla porta. Spera
che il soldato passi di lì e in effetti poco dopo il giovane arriva. -
Sono contento di vederti. Prima non ci siamo neanche detti i nostri nomi. Io
sono Hamza. E tu? -
Khalid. -
Andiamo a bere un tè? -
Volentieri. Khalid
sembra contento della proposta. Forse temeva che Jorge gli proponesse subito
di andare in una camera e preferisce avere la possibilità di parlare un
momento con lui prima. Davanti
ai bicchieri fumanti di tè, Jorge e Khalid chiacchierano. Jorge inventa
particolari della sua vita e del suo viaggio e si fa raccontare della vita
del soldato. Dopo un po’ chiede, sorridendo: -
C’è una saletta qui dietro. Passiamo di là? Possiamo parlare più tranquilli. Khalid
risponde al sorriso. -
Volentieri. Jorge
si rivolge al padrone per avere la saletta, dà una mancia e chiede di non
essere disturbato. Ci
sono diversi cuscini e tappeti, ma invece di sedersi, Jorge si avvicina a
Khalid e lo abbraccia: vuole che si senta a suo agio, perché sarà più incline
a confidarsi e Jorge potrà ottenere più informazioni. Il ragazzo alza il viso
per baciarlo e Jorge lo lascia fare. Poi
le sue mani accarezzano il corpo che stringe e incominciano a spogliarlo,
mentre Khalid lo abbraccia. Ora il giovane soldato è nudo di fronte all’uomo
che lo sovrasta. Il ragazzo sorride, un po’ imbarazzato, e le sue mani, un
po’ incerte, si muovono per togliere gli abiti del muscoloso straniero. Jorge
lo lascia fare, assecondando i suoi movimenti. Il cazzo gli si è riempito di
sangue e, ora che anche Jorge è nudo, il ragazzo lo guarda, affascinato e
forse un po’ spaventato. Jorge
sorride e bacia Khalid. Poi gli sussurra -
Stenditi. Khalid
obbedisce. Sussurra: -
Fa’ piano, per favore. Jorge
ride: -
Sta’ tranquillo. Non voglio farti male. Khalid
si mette a pancia in giù sui cuscini e allarga le gambe. Jorge guarda il bel
culo del ragazzo e lo morde, lasciando i segni. Il ragazzo sussulta, ma ride.
Jorge morde ancora, più forte, e il ragazzo geme. Poi Jorge sputa sul culo di
Khalid, sparge la saliva per inumidire l’apertura e vi infila l’indice. Lo fa
scorrere con un moto circolare, lo estrae, lo bagna di nuovo e lo rinfila. Il
soldato emette un altro gemito. Jorge
avvicina il cazzo al culo. Gli piace guardare la cappella, violacea, che si
fa strada, forzando l’apertura. Jorge procede con lentezza, in modo che
Khalid si abitui a questa presenza vigorosa, desiderata, ma comunque un po’
dolorosa. Dopo
essere arrivato al termine, Jorge attende un momento, poi incomincia la sua
opera, prima con lentezza, poi in un crescendo. Intanto le sue mani passano
sotto il corpo di Khalid e stringono il cazzo del ragazzo, che sta
acquistando volume e consistenza. Jorge lo accarezza con forza. Il ragazzo
geme più forte. Il
piacere cresce, finché Jorge lo sente dilatarsi ed esplodere. Viene dentro il
corpo di Khalid, mentre le sue mani guidano il giovane al piacere. Poi
rimangono entrambi stesi, Jorge sul corpo di Khalid, il suo cazzo ancora nel
culo del soldato. - È
stato bello, Khalid. -
Sì, Hamza. Chiacchierano
un po’. Jorge chiede a Khalid della sua vita di soldato. Rimane sul generico:
non vuole che il giovane possa sospettare. Nei
giorni seguenti Jorge e Khalid trascorrono lunghe ore insieme, quando Khalid
non è di guardia. Jorge, fingendo di interessarsi alla sua vita di soldato,
si fa raccontare tutta una serie di dettagli sulla sorveglianza. Quando
si incontrano prima del suo turno di guardia, Khalid ha sempre paura di fare
tardi. - Il
comandante della guarnigione, Abdul-Qaadir ibn Abd Allah, è molto severo. Se
uno di noi si presenta tardi, gli viene fatto rapporto e siamo duramente
puniti. - Ho
sentito parlare del comandante. Pare che Salah ad-Din abbia una grande
fiducia in lui. - È
il suo braccio destro e quando Salah ad-Din è lontano dalla città, è lui che
si occupa di tutto. Sono quasi trent’anni che combatte contro gli infedeli. - Un
uomo importante, che è bene non fare arrabbiare. Ma tu non avrai molte
occasioni di vederlo. - Lo
vedo tutte le volte che sono di guardia la notte: Abdul-Qaadir fa sempre un
giro sulle mura per verificare che le sentinelle siano ai loro posti. Guai a
quelli che vengono sorpresi addormentati: la loro punizione serve d’esempio
per tutti. Il mio amico Ashraf ha ricevuto venti frustate. - La
severità è necessaria, Abdul-Qaadir ha ragione. Grazie
anche alle informazioni che Khalid gli fornisce, in pochi giorni Jorge si fa
un quadro preciso delle fortificazioni: l’idea di un rapido attacco che
consenta di conquistare la città non appare realistica, come Jorge
sospettava. D’altronde anche i tentativi precedenti sono falliti. Jorge
raccoglie le voci che corrono sulle alleanze politiche e su quelli che
appaiono essere i progetti del Saladino: non sono informazioni sicure, ma
forniscono alcuni elementi da valutare. Tutti pensano che il prossimo
obiettivo del Saladino sia Gerusalemme e che i domini dei franchi abbiano i
giorni contati. * Abdul-Qaadir
ha incontrato Riccardo altre due volte e ha ottenuto tutte le informazioni
che gli servivano. Ora l’uomo non può più essergli utile. Se fossero fuori
dalla città, lontano dalla vista, Abdul-Qaadir lo ucciderebbe: un cristiano
di meno. -
Non potrò venire ai bagni per qualche giorno. Quando partirai? -
Lunedì, credo. -
Potremmo vederci domenica, ma non qui. Se ti va bene, ci possiamo vedere nel
giardino di un mio amico che ha una casa fuori dalle mura. Il
luogo che Abdul-Qaadir ha proposto è isolato. Controllerà che nessuno lo veda
arrivare e poi scoperanno un’ultima volta. Dopo di che Abdul-Qaadir ucciderà
il cristiano. -
Per me va bene. Riccardo
si fa spiegare come arrivare al giardino. Non ha nessun sospetto. Poi Abdul-Qaadir
se ne va e torna ai quartieri militari. Poco dopo il suo arrivo, riceve un
messaggio. Proviene da una spia che vive nei territori dei franchi. L’uomo lo
informa che Jorge da Toledo, un comandante templare tra i più noti e temuti,
si dovrebbe trovare a Damasco in una missione segreta, probabilmente per
raccogliere informazioni sulle difese della città. La spia fornisce anche una
descrizione fisica piuttosto dettagliata. Abdul-Qaadir
fa chiamare tutti gli ufficiali e chiede loro di vigilare. Preferisce non
informare i soldati: non vuole che la voce si sparga e che qualcuno,
parlandone, possa mettere in allarme Jorge da Toledo. Abdul-Qaadir vuole
assolutamente scoprire dove si nasconde quell’uomo, per poterlo catturare e
uccidere. * Jorge
ha svolto la sua missione: potrebbe tornare a riferire ai suoi superiori
quanto ha appreso, ma prima vuole approfittare della situazione per colpire
il nemico. Se potesse, cercherebbe di uccidere il Saladino, ma il sovrano sta
in guardia. Da quando è riuscito a sfuggire per ben due volte al pugnale di
quelli che i saraceni chiamano Hashishiyya, una setta di fanatici che ha
ucciso molti capi maomettani, non c’è nessuna possibilità di avvicinarsi a
lui. I
dialoghi con Khalid gli hanno dato un’altra idea. Colpirà un obiettivo meno
importante, ma non trascurabile. A
Khalid dice: -
Partirò venerdì. - Mi
spiace, Hamza. -
Anche a me. Giovedì non potremo vederci durante il giorno: devo far visita ad
alcuni mercanti per organizzare il viaggio verso Damasco. Possiamo vederci la
notte. - Ma
giovedì sarò di guardia la notte, credevo di avertelo detto. Jorge
lo sa benissimo, proprio per questo si è inventato un impegno per la giornata. - È
vero. Non ci pensavo più. Che cosa possiamo fare? -
Proprio l’ultimo giorno! - Senti,
posso venire a trovarti mentre sei di guardia. -
Scherzi, Hamza? Se qualcuno se ne accorge… -
Nessuno se ne accorgerà. Verrò presto. Mi hai detto che Abdul-Qaadir passa a
controllare tutte le notti, no? -
Sì, certo. -
Non verrà di certo quando è appena diventato buio. -
No, passa più tardi, quando magari qualche soldato può aver ceduto al sonno.
Ma tu non puoi salire sulle mura. Le guardie non ti lasceranno passare. - Mi
darai tu la parola d’ordine. Ti raggiungerò e… passeremo insieme un po’ di
tempo. Prima che Abdul-Qaadir passi per il suo giro di ronda, io sarò
scomparso nel nulla. Khalid
esita, ma Jorge ha preso la sua mano e l’ha appoggiato sul proprio uccello
vigoroso. Khalid accarezza quel cazzo che ha imparato ad apprezzare. Esita
ancora. - Se
Abdul-Qaadir dovesse sorprenderci, sarebbe la morte per entrambi… Jorge
sorride, per tranquillizzare Khalid. -
Nessuno ci sorprenderà. Jorge
potrebbe aggiungere che Khalid morirà ugualmente: sarà lui a ucciderlo,
tagliandogli la gola, mentre lo fotte. Poi attenderà Abdul-Qaadir per
uccidere anche lui. * Qualcuno
ha visto vicino alle mura un uomo che corrisponde alla descrizione di Jorge
da Toledo. Un altro ufficiale ritiene che potrebbe essere lo sconosciuto che
ha visto con il soldato Khalid. Abdul-Qaadir
fa convocare Khalid. Questi non sospetta il motivo per cui viene chiamato: si
chiede se il comandante non voglia ripetere ciò che hanno fatto qualche
giorno fa. Scopre presto che la realtà è del tutto diversa. -
Stiamo cercando un uomo sui trent’anni, alto, di corporatura robusta, senza
capelli, barba corta, sopracciglia folte. Mi dicono che ti hanno visto con un
uomo che corrisponde a questa descrizione, più volte. Abdul-Qaadir
ha l’impressione che il ragazzo arrossisca. Non gli è difficile intuire la verità.
Con durezza lo accusa: -
Scopi con lui, eh? Khalid
china la testa. Non osa parlare. Ma il suo silenzio è una risposta. -
Quando lo devi vedere? Khalid
non può dire la verità: se il comandante scoprisse che l’uomo che chiama Hamza
verrà a trovarlo sulle mura e che poche ore fa gli ha dato la parola d’ordine
per la notte, sicuramente lo farebbe giustiziare. -
Parte domani, comandante. Non credo che lo vedrò più. -
Sai dove alloggia? - Mi
ha detto che sta nel quartiere orientale, ma non so in quale via. -
Non hai un’idea di dove possiamo trovarlo? -
Siamo stati al caffè di Yasser più volte. Forse ci passerà anche oggi, ma a
me ha detto che aveva da fare. Abdul-Qaadir
è irritato: contava di riuscire a catturare Jorge da Toledo con l’aiuto di
Khalid. - Ci
aiuterai a cercarlo questa sera. Gireremo per tutti i caffè e le locande di
Damasco. -
Sì, comandante. Ma… Khalid
esita. Se non farà il turno come sentinella sulle mura, che cosa succederà
quando Hamza salirà? Lo fermeranno. Se si lascerà sfuggire che lui, Khalid,
gli ha dato la parola d’ordine, è la fine. Ma non c’è una via d’uscita. Abdul-Qaadir
ha colto la sua incertezza. -
Che cazzo c’è, soldato? -
Niente, comandante. Questa sera sono di turno sulle mura. Dovrò essere
sostituito. - Se
ne occuperà al-Haddad. Al-Haddad
è l’ufficiale responsabile dei turni di guardia sulle mura. * Jorge
non ha problemi a salire sulle mura: alla scala di accesso dice alle due
sentinelle la parola d’ordine e comunica di dover chiamare uno dei soldati di
guardia. Il
tratto delle mura in cui deve vigilare Khalid si affaccia su un ampio
giardino. Ma la sentinella che trova non è il ragazzo. Dice la parola
d’ordine. -
Che cosa vuoi? - Mi
manda al-Haddad, l’ufficiale. Devo chiamare Khalid. -
Khalid non c’è, questa sera. Lo hanno sostituito. Strano che al-Haddad non lo
sappia. Il
soldato è insospettito. Aggiunge: - Tu
chi sei? Jorge
inventa, in fretta, senza che la sua voce riveli la minima esitazione. -
Faccio parte della scorta dell’emiro di Jabal al-Jadid,
che è arrivato oggi in città. Che
l’emiro sia giunto oggi a Damasco è vero, Jorge lo ha saputo in mattinata e
probabilmente anche il soldato lo saprà. Jorge prosegue: -
L’emiro conosce Khalid. Ha richiesto la sua presenza e l’ufficiale mi ha
mandato a chiamarlo per accompagnarlo da lui. È una faccenda maledettamente
delicata. Sei sicuro che non sia qui? Al-Haddad non può essersi sbagliato. Il
soldato appare irritato: -
Vuoi che non lo sappia? Lo sostituisco io. Doveva essere di turno proprio qui. -
Per questo sono venuto a cercarlo qui. Evidentemente l’emiro e al-Haddad non
si sono capiti. L’emiro mi pelerà vivo se non torno con lui. Dove posso
trovarlo? - E
che cazzo ne so?! Senti, non rompere i coglioni. - Ma
non è lui, laggiù? Jorge
indica un punto delle mura alle spalle dell’uomo. Il soldato si volta,
dicendo: - E
che cazzo ci fa… Non
completa la frase: il coltello di Jorge gli recide la gola, mentre la mano
gli tappa la bocca. Jorge
attende che il corpo non dia più segni di vita, poi toglie i pantaloni al
morto e getta il cadavere nel giardino sottostante, dove regna il silenzio.
Con i pantaloni pulisce la pozza di sangue: non vuole che arrivando
Abdul-Qaadir si accorga che il suolo è bagnato e si insospettisca. * Abdul-Qaadir
sta facendo il suo giro di perlustrazione. Ha quasi concluso: per ultimo ha
lasciato il tratto di mura tra il fossato e il giardino di Abd al-Rahman ibn
Yusuf, dove Khalid avrebbe dovuto fare da sentinella. Fino a ora, tutti i
soldati erano vigili: buon per loro, perché Abdul-Qaadir è furente: nel
pomeriggio ha girato per tre ore con Khalid, senza riuscire a trovare l’uomo
che cerca. Domani mattina manderà alcuni ufficiali alle porte della città per
controllare chi lascia Damasco: se Jorge da Toledo sarà tra loro, lo
troveranno. Abdul-Qaadir
vede, alla fioca luce della luna, velata dalle nubi, un soldato che dorme. Ha
uno scatto di rabbia: così vegliano i soldati? È appena mezzanotte e questo
infame ha già ceduto al sonno? Abdul-Qaadir
si avvicina. L’uomo dorme davvero, seduto contro il muro, la testa reclinata
sul petto. -
Svegliati, soldato. Ma
l’uomo non sente. Abdul-Qaadir
si china e gli posa una mano sulla spalla scuotendolo. L’uomo solleva la
testa e con uno scatto la sua sinistra stringe il collo di Abdul-Qaadir,
mentre la destra gli immerge il pugnale nel ventre. Abdul-Qaadir sente la
lama che lo trafigge ed emette un grido, che la mano dell’uomo soffoca.
L’uomo colpisce ancora al ventre, una seconda volta. Il dolore si dilata
oltre ogni limite. L’uomo
si alza, senza lasciare il collo di Abdul-Qaadir, che cerca ancora di
difendersi, di fermare la mano che colpisce, di allontanare quella che gli
stringe la gola, soffocandolo, anche se sa che è tutto inutile: Jorge da
Toledo lo ha trovato. Un
terzo colpo al ventre gli toglie ogni forza e anche il respiro si fa più
difficile. Un quarto, più sotto, dilata il dolore oltre ogni limite. Abdul-Qaadir
agonizza, mentre il sangue cola abbondante dalle sue ferite. Jorge
lo guarda morire. È eccitato, come sempre quando uccide un nemico a sangue
freddo. Tenendo il collo dell’uomo in una morsa, colpisce ancora tre volte al
basso ventre, in una frenesia di furore e desiderio. Poi lascia la presa,
volta il corpo di Abdul-Qaadir, appoggiandolo contro il muro, e gli abbassa i
pantaloni: vuole possederlo, inculare il comandante nemico, come ultimo
sfregio. Lo penetra con una spinta decisa e sente la carne cedere e il gemito
dell’uomo gli trasmette un brivido di piacere. Lo
possiede con furia, con colpi secchi che spingono il corpo contro il muro.
Infine il seme sgorga e allora Jorge lascia cadere sulle pietre Abdul-Qaadir,
che ancora rantola: nonostante i colpi e il sangue perso, che ha formato
un’ampia pozza, il comandante non è ancora morto. Jorge
colpisce altre tre volte, per completare lo sfregio. Poi, con il piede,
spinge il cadavere nel giardino. Si pulisce le mani sporche di sangue. Solleva
la veste e piscia nel giardino dove giacciono i due cadaveri. Lascerà
i bastioni e domani mattina se ne andrà da Damasco. * Khalid
è nella camerata. Nella notte non dorme e prega che non succeda nulla sulle
mura, che non si sappia la verità, che Hamza – o Jorge che sia – non venga
catturato, perché in questo caso la sua sorte sarebbe segnata. Il mattino
attende angosciato che Abdul-Qaadir lo mandi a chiamare, ma giunge una
notizia che sconvolge tutti: il comandante Abdul-Qaadir ibn Abd Allah, detto al-Mansur,
colui che è reso vincitore da Dio, è stato trovato cadavere, insieme a una
sentinella, in un giardino ai piedi delle mura. L’assassino ha fatto scempio
del suo cadavere. Alcuni dicono che il comandante ha subito violenza prima di
morire e che è stato castrato. Molti
pensano che a uccidere Abdul-Qaadir sia stato Jorge da Toledo, il templare
che deve essere in città e che ora tutti stanno cercando. Khalid ha capito
che cosa è successo, ma non dice nulla: se rivelasse di aver dato
all’assassino la parola d‘ordine, verrebbe giustiziato. Sa che verrà
interrogato ed è in preda all’angoscia. Ha sbagliato, la sua leggerezza è
costata la vita ad Abdul-Qaadir. Una morte atroce lo attende. Khalid
viene chiamato da Hashim ibn Abdel-Ghani, uno degli ufficiali. È lui a
svolgere le indagini sulla morte del comandante. Hashim
guarda Khalid. Lo ha già visto, di questo è sicuro. Non è strano, si tratta
di un soldato. Ma c’è un ricordo preciso, associato a questo giovane. Dopo un
attimo gli viene in mente: è il soldato che era proprio con il comandante,
alcune sere fa, quando l’ufficiale guidava la ronda notturna e li hanno
incrociati. Allora Hashim si era detto che il comandante intendeva portarsi a
letto il bel giovane. -
Allora, Khalid, tu sei stato visto più volte con l’uomo che riteniamo essere
Jorge da Toledo, che sia maledetto, l’assassino del nostro comandante
Abdul-Qaadir ibn Abd Allah, che Dio lo abbia in gloria. Khalid
si fa forza e racconta ciò che ieri ha detto al comandante. Poi aggiunge di
aver accompagnato il comandante in tutte le taverne e le locande alla ricerca
di Jorge da Toledo. Hashim
ascolta con attenzione. Se il comandante non ha fatto mettere in cella il
giovane, è perché deve avergli creduto. E il comandante non si lasciava
ingannare facilmente. - Tu
dovevi essere di guardia sulle mura, ieri sera, no? -
Sì, ma il comandante, che Dio lo abbia in gloria, mi ha fatto sostituire,
perché potessi accompagnarlo alla ricerca del cristiano. - Hai
un’idea di come quell’infame assassino possa essere salito sulle mura? Khalid
sente che la terra gli manca sotto i piedi. Dice: -
No, capitano. È un uomo molto forte. Forse si è arrampicato… Hashim
annuisce. -
L’ho pensato anch’io. Da quello stesso giardino dove poi ha gettato i corpi.
I padroni sono assenti e in casa ci sono solo alcuni servi. Khalid
si sente rinfrancato. Hashim
medita un attimo, poi alza lo sguardo. -
Quel figlio di puttana cristiana, che Dio lo precipiti negli abissi
infernali, tu lo hai visto parecchie volte, vero? Khalid
si sente nuovamente mancare. -
Capitano, io non sapevo che fosse un cristiano. Come potevo saperlo? Parlava
arabo, era circonciso. Lo
sguardo di Hashim è gelido: - E
come sai che era circonciso? Khalid
ha l’impressione che una mano di ghiaccio gli stringa il collo. - Io… Il
capitano lo interrompe: - Tu
ci scopavi, con quel porco cristiano. Per quello lo vedevi spesso. Khalid
vorrebbe negare. China il capo. - E
scopavi pure con il comandante. Khalid
solleva lo sguardo. Ha gli occhi pieni di lacrime. Mormora: -
Una volta sola… io… non potevo dire di no. - A
quel porco cristiano potevi dire di no, troia. - Io
non lo sapevo che era cristiano… era circonciso… io… Le
parole si perdono, soffocate dal pianto. Hashim
riflette un momento, mentre Khalid rimane in piedi, con le lacrime che gli
scendono lungo le guance. Il ragazzo non è complice del porco cristiano, su
questo non c’è dubbio. Quel bastardo lo ha sedotto perché gli piaceva, come
piaceva al comandante. E a chi non piacerebbe? Hashim lo trova bellissimo.
Forse il porco cristiano voleva anche carpirgli qualche informazione, ma che
cosa può saperne questo ragazzo? Nulla di davvero importante. A meno che… -
Khalid, gli hai dato la parola d’ordine? -
No, no, che dice? No, no! L’ultimo
no è un urlo. Hashim
guarda Khalid. Deve credergli? Sì, non può essere stato tanto stupido da dare
la parola d’ordine a qualcuno. Che scusa avrebbe potuto inventare Jorge da
Toledo per farsela dire? No, è da escludere. Il ragazzo
lo guarda, angosciato. -
Calmati, ragazzo. Ti credo. A
Khalid pare impossibile. Gli sembra che il capitano debba leggergli in faccia
la verità. Annuisce. Le lacrime continuano a scorrere. Hashim
lo guarda un buon momento, poi dice. -
Mettiamo una pietra su tutto questo. Non ci aiuterà a trovare
quell’assassino, né a riportare in vita Abdul-Qaadir ibn Abd Allah, che ormai
siede tra i giusti. Khalid
annuisce. Hashim
si alza. -
Calmati, ragazzo. Hashim
si avvicina. Gli mette le mani sulle guance e sorride. -
Non piangere, le lacrime non stanno bene sul tuo viso. Hashim
bacia Khalid sulla bocca, poi le sue mani incominciano a spogliarlo. -
Adesso mi fai vedere che cosa sai fare. Khalid
lo lascia fare. Si sente esausto, come se avesse trasportato un macigno per
ore e ore. Hashim lo ha spogliato completamente e ora lo ammira. Poi recita: - La mia mente ha dimenticato Zainab e Miwar per la rosa di
una guancia cui sormonta il bruno mirto di una peluria giovanile… Hashim
ride, lieto della sua facile conquista. -
Appoggiati al tavolo, Khalid. Khalid
si volta e appoggia il torace sul tavolo, offrendo il culo al capitano.
Chiude gli occhi. È salvo. È davvero salvo? Sì, dev’essere così. Sente
un dito inumidito introdursi, con delicatezza. Poi il dito viene ritirato e
contro l’apertura preme un tizzone ardente, che lentamente forza l’ingresso e
penetra a fondo. Khalid sente che l’angoscia svanisce. Si abbandona all’arma
che viene ritirata e poi affondata nuovamente nella carne. Dal culo sale
un’ondata di piacere, che lo avvolge tutto. A Khalid pare di tornare a
vivere. Il capitano gli mette le mani sul culo e stringe con forza, mentre
ara il campo vigorosamente. Il
ragazzo ha uno splendido culo, sodo e caldo. Sembrerebbe vergine, anche se di
certo non lo è. Hashim vorrebbe che il piacere durasse all’infinito, ma la
tensione, troppo forte, si scioglie in una serie di spinte vigorose. Hashim
si abbandona sul corpo di Khalid. Lo faranno ancora, questo ragazzo ha un
culo troppo bello. * Riccardo
attende Abdul nel giardino della casa dove si è recato. Come Abdul gli aveva
detto, la porta era aperta: gli è bastato spingerla per entrare. L’ha
accostata e adesso attende all’ombra di una palma. Ma il tempo passa e Abdul non
arriva. Si sta bene nel piccolo orto e Riccardo, stanco dell’attesa, si
stende. Quando Abdul arriverà, lo sveglierà. Riccardo
si sveglia solo quando ormai il sole è ormai basso all’orizzonte. Non è
venuto nessuno. Abdul deve avere avuto da fare. Riccardo lascia l’orto,
alquanto deluso. Prende la strada da cui è arrivato, ma al primo bivio è
assalito da dubbi. Gli sembra di essere arrivato da destra, ma non ricorda
quella costruzione più alta che spicca tra gli orti. È forse arrivato da
sinistra? Riccardo sceglie di andare a sinistra e procede, ma c’è un nuovo
bivio. Non c’è nessun edificio che possa servire come punto di riferimento, i
muri degli orti impediscono di vedere Damasco. Riccardo
non si preoccupa: prima o poi troverà qualcuno a cui chiedere la strada. Sembra
però che non ci sia nessuno e le ombre si fanno più lunghe. Riccardo è un po’
inquieto, non vuole rimanere fuori dalla città la notte. A un certo punto
sente delle voci oltre il muro che sta costeggiando. C’è una piccola porta di
legno. Riccardo la spinge e dice, in arabo: -
Scusate se… Riccardo
non continua la frase. Nell’orto, a pochi passi da lui, accanto a un pozzo,
ci sono due giganti neri, di certo schiavi nubiani. Sono due splendidi
maschi, non eunuchi come tanti altri neri nei paesi dei saraceni: Riccardo
può vederli benissimo, perché sono entrambi nudi, le loro vesti da lavoro
sono appoggiate sul pozzo. I loro corpi atletici sono coperti da un velo di
sudore che sembra farli splendere. Uno dei due ha un secchio d’acqua: di
certo hanno finito i lavori della giornata e stanno per lavarsi. Riccardo
vorrebbe parlare, spiegare perché ha spinto la porta ed è entrato, scusarsi,
ma gli sembra che gli si sia paralizzata la lingua. -
Scusate, io… non trovo più la strada… Riccardo
ha la sensazione di non sapere nemmeno dove si trova. Uno dei due nubiani
deve aver intuito il motivo per cui lo straniero appare così confuso. -
Vieni, straniero. Possiamo offrirti da bere. Riccardo
fa due passi avanti. Il nero fa cenno al compagno di dare da bere all’ospite
e va a chiudere la porta da cui Riccardo è entrato. Riccardo
capisce il significato di quel gesto. Prende l’acqua che gli viene offerta e
beve. Il nero che ha chiuso la porta torna indietro e si mette di fronte a
lui. Anche
i due neri bevono. E mentre bevono, guardano Riccardo, sorridendo. -
Vuoi che prima ci laviamo, straniero? Riccardo
scuote la testa. Vuole sentire questo odore di sudore che lo inebria. Allunga
la mano e, quasi timoroso, la appoggia sul petto di uno dei due schiavi, la
fa scivolare lentamente verso il basso, fino a che le dita si stringono
intorno a un pezzo di carne che già erge il capo, acquistando consistenza e
volume. Il
nero sorride e pone le mani sulle spalle di Riccardo. L’altro passa dietro e
gli cinge i fianchi. Riccardo intuisce e si mette in posizione, le gambe un
po’ divaricate, il torso piegato in avanti. Davanti alla sua bocca c’è un
magnifico cazzo nero, ormai teso. Dietro ce n’è un altro, che ora preme
contro il suo culo. I due cazzi avanzano contemporaneamente e Riccardo li
accoglie entrambi. La sua bocca avvolge la magnifica cappella che ha davanti
ai suoi occhi, mentre il suo culo si apre per ricevere la visita di un ospite
non meno imponente. L’ingresso è un po’ doloroso, a causa delle dimensioni,
ma Riccardo è avvezzo a essere cavalcato: si tratta solo di abituarsi a
questo superbo sperone. Il
nero davanti a lui lascia che sia Riccardo a lavorare e il mercante è ben
contento di assaporare, leccare, succhiare. Gli sembra che il cazzo che ha in
bocca si ingrandisca ancora, tanto che fa fatica ad avvolgere tutta la
cappella con le labbra. Ma è un boccone troppo appetitoso e Riccardo cerca di
inghiottirne il più possibile. Intanto l’altro cazzo affonda nel suo culo e a
Riccardo pare che non finisca mai. Ora fa male, troppo male e una smorfia di
dolore appare sul viso del mercante. Il nero a cui Riccardo sta succhiando il
cazzo dice qualche cosa all’altro, che si ritrae completamente. Riccardo
avverte una sensazione di sollievo, anche se gli spiace non sentire più quel
magnifico cazzo nel suo culo. Il nero lascia che il mercante si riprenda, poi
entra nuovamente, con lentezza, e avanza. Questa volta la sensazione è di
puro piacere. Riccardo
si dà da fare con la lingua e le labbra. Intanto le sue mani stringono il
culo del nero, poi una passa ad accarezzare i coglioni. Il nero dietro di lui
avanza ancora. Riccardo avverte di nuovo la sensazione di dolore, ma più
tollerabile. Infine
il nero che lo ha infilzato incomincia la cavalcata. Il piacere si
moltiplica, più forte del dolore che cresce. Anche il nero che ha infilato il
suo cazzo nella bocca di Riccardo prende a spingere avanti e indietro. Quando
avanza a fondo, a Riccardo manca il respiro, eppure è bello sentire questo
cazzo maestoso che gli entra in bocca fino alla gola. Il movimento dei due
cavalieri diventa più intenso e le spinte dell’uomo dietro di lui farebbero
cadere Riccardo, se questi non fosse bloccato dall’altro nero. Il
dolore cresce, ma il piacere è violento, più forte di tutto. Infine il nero
davanti a lui riempie la bocca di Riccardo del suo sborro. Il mercante cerca
di inghiottire, ma un po’ gli va di traverso, tossisce, sputa, mentre il nero
gli accarezza la testa con la mano. Riccardo si riprende, finisce di leccare
e succhiare il cazzo che ora perde consistenza. È poi il turno dell’altro
nero, che viene con una serie di spinte poderose. Riccardo viene insieme a
lui, stordito dalla violenza del piacere e del dolore che si mescolano. Quando
infine il nero si ritrae, Riccardo cadrebbe a terra, se le braccia dell’altro
non lo sostenessero. I due neri ridono. Uno accarezza ancora Riccardo,
l’altro prende il secchio d’acqua e lo rovescia sul mercante. I due neri
lavano Riccardo con cura, poi si lavano anche loro. Riccardo sta bene, prova
un senso di grande benessere tra questi due colossi che lo lavano come un
bimbo piccolo, lo accarezzano, lo asciugano. Poi tutti e tre si rivestono. Riccardo
fa un passo, ma il culo gli fa un male bestiale. Riccardo ora è preoccupato.
Il sole sta per tramontare, tra poco potrebbero chiudere le porte di Damasco. Si
rivolge ai due uomini che lo guardano sorridendo: -
Devo rientrare in città, prima che chiudano le porte. - Ti
indichiamo la strada. Uno
dei due si dirige verso la porta. Riccardo lo segue, ma zoppica. L’altro nero
ride e dice: -
Sali su di me. Riccardo
lo guarda stupito. L’uomo lo fa salire su una panca e poi montare sulle sue
spalle. Esce dall’orto recintato e senza fatica si muove rapido lungo le
viuzze, portando Riccardo a cavalcioni sulle spalle. È bello stare sulle
spalle di questo Ercole, sentire il calore del suo corpo. A un
certo punto l’uomo dice a Riccardo di scendere. Fanno due passi e oltre
l’angolo appare una delle porte della città. -
Grazie. Arrivederci. Il
nero non dice nulla. Sorride e saluta. |