Il principe Rachid cammina per le strade di Damasco. Ha
visitato la grande moschea, dove si è fermato per pregare, e ora passeggia
per la città. Molti sguardi si volgono verso di lui e la sua scorta: ci sono
diversi neri africani, qui a Damasco, ma sono di solito schiavi, spesso
eunuchi, che vanno in giro poveramente vestiti. Il portamento di Rachid, il suo abbigliamento e la scorta rivelano
chiaramente la sua condizione sociale: Rachid è un
principe nel suo paese, oltre le sabbie incandescenti del Sahara. Rachid ha deciso di recarsi in pellegrinaggio
alla Mecca, più per il desiderio di conoscere altri paesi che per fede. Ha
raggiunto la costa del Mediterraneo e lì si è imbarcato fino ad Alessandria
d’Egitto. Poi è sceso in battello lungo il Nilo, ha attraversato il mar Rosso
e ha raggiunto la città santa. Vi ha trascorso un lungo periodo, osservando
affascinato le cerimonie che vi si svolgevano. Poi ha deciso di percorrere
un’altra via al ritorno, per vedere nuovi paesi, e ha raggiunto Kufa, sull’Eufrate e di lì Bagdad. Ora, dopo aver
visitato Aleppo, si trova a Damasco. Ha sentito parlare molto
di al-Hamra, la perla della Palestina, che adesso è
nelle mani dei cristiani e viene chiamata Rougegarde.
Rachid ha deciso di visitarla, perché dicono che
sia bellissima e perché è curioso di vedere questi franchi, che sono giunti
fino in Siria dal loro paese. In Egitto e in Siria ha avuto modo di conoscere
cristiani, ma sono arabi convertiti in tempi lontani e rimasti fedeli alla
loro religione anche sotto sovrani musulmani. Altri cristiani sono i mercanti
che Rachid ha incontrato. Adesso però vorrebbe
vedere come vivono i franchi nelle terre in cui regnano. Rougegarde è un centro commerciale di grande
importanza e la via che la unisce a Damasco è abbastanza sicura, anche se,
come sempre in queste regioni, vi è il rischio di incontrare i briganti:
alcuni dicono che una delle bande più temibili sia comandata dal fratello del
signore di Afrin, che attacca spesso i villaggi
oltre i confini. Rachid viaggia con una cinquantina
di uomini e non teme i banditi. Mentre è immerso in questi
pensieri, Rachid incrocia un funerale. C’è un
corteo funebre con i lettori che recitano il Corano: le loro voci melodiose
esprimono tristezza e sconforto. Rachid segue il
corteo a una certa distanza: non vuole mancare di rispetto ai parenti del
morto mostrandosi curioso. La processione raggiunge la moschea, dove si
svolgerà la preghiera per il defunto. Rachid segue
la cerimonia, ma dopo un po’ si annoia e preferisce allontanarsi. Poi Rachid
raggiunge i bagni. Sono belli i bagni di Damasco e Rachid
vi si è recato ogni giorno. I primi giorni la sua presenza ha destato un certo
stupore: un gruppo di neri africani è uno spettacolo inusuale. Adesso i
clienti regolari si sono abituati, ma di rado qualcuno gli rivolge la parola. Nel bagno Rachid e i suoi uomini si spogliano. Subito dopo di loro
sono entrati due uomini dalla carnagione più chiara della maggioranza dei
presenti: devono essere franchi, probabilmente padre e figlio, perché uno
potrà avere forse venticinque anni e l’altro deve aver raggiunto i cinquanta.
Rachid ha già avuto modo di vederne diversi durante
il viaggio, soprattutto ad Aleppo e a Damasco: alcuni vengono per affari, molti
altri sono invece schiavi, catturati durante le tante guerre che scoppiano di
continuo tra franchi e arabi. Il giovane sta fissando Rachid. Ha smesso di spogliarsi e lo guarda, affascinato.
Rachid lascia che i suoi servitori gli tolgano gli
abiti senza badare al franco. La curiosità di cui è spesso oggetto gli dà
fastidio, anche se durante il suo viaggio si è abituato a essere al centro
dell’attenzione, ma in questo caso sembra trattarsi di ammirazione, più che
di curiosità, per cui Rachid non se ne preoccupa.
Quando i servitori hanno finito di spogliare il loro signore, gli mettono un
panno intorno ai fianchi e lo accompagnano nella sala del vapore. * - Riccardo, svegliati. Riccardo si riscuote. - Scusa zio, è che… - Lo so, lo so. Quel nero
ha un corpo divino: la bellezza di un angelo, la forza di un atleta,
l’eleganza di un principe e… un cazzo da cavallo. Giovanni Micheles ride e prosegue: - Però non è proprio il
caso che tu lo fissi in quel modo. Se n’è accorto. Riccardo annuisce. Non
dice nulla. Rachid lo ha abbagliato. - E stringiti meglio il
telo, in modo che non si veda che ti è diventato mezzo duro. Riccardo arrossisce. Non
si vergogna dello zio, che conosce perfettamente i suoi gusti e li asseconda,
ma l’idea che altri possano accorgersi della sua eccitazione lo mette in
imbarazzo. - Adesso andiamo anche noi
di là, così potrai divorartelo con gli occhi. Bada solo a non farlo
incazzare: gli uomini della sua scorta non mi sembrano gente con cui
scherzare. E neanche lui. Riccardo annuisce. Nella sala c’è diversa
gente. Rachid è seduto su una panca e gli altri
stanno in disparte. Riccardo si siede di fronte a Rachid.
Tiene la testa china, ma il suo sguardo percorre il magnifico corpo del nero,
pezzo per pezzo. Riccardo alza gli occhi e il suo sguardo incrocia quello di Rachid. Riccardo china di nuovo la testa, arrossendo. Quando Rachid
si alza, Riccardo vorrebbe seguirlo, ma lo zio gli mette una mano sul
braccio. - Non esagerare, Riccardo. Riccardo si morde il
labbro. - Scusa, zio… - Aspetta che sia passato
nell’altra sala. Lascia trascorrere qualche minuto, poi vai anche tu. Fa’ che
ti veda un momento, ma non prendere iniziative. Non sai che cosa pensa.
Potrebbe dare ordine ai suoi uomini di bastonarti fuori dal bagno. - Sì, zio. Riccardo si sforza di
rimanere al proprio posto. Quando gli sembra che sia passato abbastanza tempo
si alza e passa nell’altra sala, dove ci si lava. Riccardo si mette
abbastanza vicino a Rachid, ma in modo da non
guardarlo. Poi, muove un po’ il telo che porta intorno alla vita, come se
volesse sistemarlo meglio. Lascia che il telo scivoli fino alle ginocchia. Lo
tiene davanti, ma il culo rimane scoperto e Rachid
può vederlo benissimo. Riccardo tira su il telo e se lo sistema. Poi si mette
a lavarsi. Adesso si vergogna. Ma spera che Rachid
raccolga la sua offerta. Dopo un po’ lo zio lo
raggiunge. Rachid se ne va, senza dire niente. Riccardo china la testa, deluso. Dopo che si sono lavati,
Riccardo e Giovanni si asciugano. In quel momento uno dei servitori del nero
si avvicina a Riccardo, si inchina davanti a lui e gli fa cenno di seguirlo. Riccardo ha il cuore che
gli batte forte. Lancia un’occhiata allo zio e segue l’uomo. Giovanni Micheles mormora: - Speriamo in bene. Giovanni si preoccupa per
Riccardo. È molto affezionato al nipote e in lui si rivede a venticinque anni.
Giovanni correva dietro alle donne, Riccardo agli uomini, ma non cambia
molto: tutti e due pronti a lasciarsi trascinare dal desiderio, scordando la
prudenza. Giovanni si era cacciato nei guai più volte, anche in guai seri. È
uno dei motivi per cui ha lasciato definitivamente Verona ed è venuto
oltremare. Adesso Giovanni è più prudente: ormai è un uomo sposato. Ma si sa
che il lupo perde il pelo, ma non il vizio. E di vizi Giovanni ne ha tanti. Adesso, al pensiero che
probabilmente il bel nero sta facendo gustare il cazzo a Riccardo, Giovanni
si dice che non gli spiacerebbe far gustare il proprio arnese a quel
magnifico africano. Giovanni andrebbe subito in qualche bordello, ma
preferisce vedere come andrà a finire con Riccardo. Il nipote potrebbe aver
bisogno di aiuto. * Rachid è abituato a essere desiderato. Ha colto
benissimo la voglia di Riccardo. Il giovane ha un bel corpo e a Rachid non spiace per niente assaggiare il culo di un franco.
Fino a ora non ha mai avuto rapporti con uomini dalla carnagione così chiara. Il servitore compare,
seguito da Riccardo. Rachid è steso sui cuscini,
nudo, ma con una striscia di tessuto sul ventre. A un suo gesto un altro
servitore porge a Riccardo dolci e bevande. Riccardo beve solo un sorso e
mangia due pasticcini di datteri, mandorle e miele. Un terzo servitore gli
porge una stoffa e dell’acqua. Riccardo si lava e si asciuga le mani. Rachid fa un gesto e i servitori escono. - Parli arabo, ragazzo? Riccardo conosce l’arabo: per
un mercante che viaggia tra Siria e Palestina è indispensabile. Fin da quando
era un ragazzino si è recato nei territori saraceni con lo zio e da diversi
anni vive a Rougegarde, dove gli arabi sono
moltissimi, per cui si esprime senza difficoltà in quella che per lui è
diventata ormai quasi una seconda lingua madre. - Sì, mio signore. Gli abitanti di Damasco
usano spesso salutare dando a chi incontrano il titolo di Sayyidi,
signore, e Riccardo riprende questa formula di rispetto. Rachid annuisce, senza dire nulla: adesso non è
il tempo di parole. Dopo, forse, avranno modo di scambiare qualche parola e
di conoscersi, prima del congedo. Ora è più forte il bisogno di soddisfare il
desiderio che si è risvegliato in entrambi. Rachid sorride, prende un dolce dal vassoio e
lo avvicina alle labbra di Riccardo, che le schiude. Rachid
posa il dolce sulla lingua del ragazzo, che lo mastica, poi gli porge il
pollice e l’indice, su cui è rimasto un po’ di miele, e Riccardo lecca le due
dita. Rachid gli fa segno di avvicinarsi e le loro
labbra si incontrano. * È la prima volta che
Riccardo bacia un nero ed è una sensazione molto bella. La destra di Riccardo
si muove lenta e scende in una carezza delicata lungo il corpo del principe.
La sinistra la segue. Rachid lo lascia fare.
Riccardo si ferma al telo che copre il ventre di Rachid,
intimorito: non vuole apparire sfacciato. Ormai sa che raggiungerà la sua
meta e può tenere a freno il desiderio. Almeno per un momento ancora. Rachid versa da una brocca un liquido in due
coppe. Ne porge una a Riccardo e lo invita: - Bevi. Riccardo esegue. È una
bevanda dissetante, molto fresca. Rachid avvicina la sua coppa alla bocca e ne
beve un sorso, poi continua a versare, lasciando scendere la bevanda lungo il
suo corpo, mentre con la mano allontana la striscia che gli copre il ventre. Rachid sorride a Riccardo, che si avvicina e bacia ancora
Rachid, poi con le labbra incomincia a percorrere
il corpo del principe, suggendo la bevanda. Scende dal mento al collo e poi
al torace fino al ventre. Infine la sua bocca avvolge l’uccello e incomincia
a succhiarlo avidamente. Riccardo avverte che il
sesso dell’africano sta crescendo di volume e consistenza, tanto e ora fa
fatica a tenerlo in bocca. Si stacca un momento e guarda affascinato il
magnifico cazzo nero che svetta, la cappella umida della saliva che Riccardo
ha profuso. Poi lo prende nuovamente in bocca. Gli sembra di non aver mai
assaggiato niente di così buono. Le mani di Rachid accarezzano lievi la testa di Riccardo, che
succhia e lecca avidamente. - Ora basta. Stenditi sui
cuscini. Riccardo si stacca.
Osserva la magnifica arma che tra poco gusterà. È un po’ spaventato: per
quanto sia abituato, non sarà facile reggere un tale sperone. Sorride incerto
e si stende sopra i cuscini, con il culo sollevato. Il principe versa un po’
della bevanda tra le natiche di Riccardo, che freme nel sentire il liquido
fresco scorrere sul solco. Poi Rachid avvicina la
bocca al culo di Riccardo e passa la lingua. È una carezza deliziosa. La
lingua indugia sull’apertura un momento, poi Rachid
si sposta e Riccardo sente la pressione di una massa calda che preme per
entrare dentro di lui. Riccardo non oppone
resistenza. Lascia che l’arma forzi l’apertura e lentamente scivoli dentro,
fino in fondo, riempiendo e dilatando le viscere. È doloroso, ma è anche
splendido e Riccardo geme, abbandonandosi al magnifico animale che prende
possesso di lui. Rachid gli lascia il tempo di abituarsi a
questa presenza, poi, lentamente incomincia a muoversi. Riccardo geme più
forte. Rachid prosegue, affondando ogni volta il
cazzo e poi ritraendolo, senza fretta, in una cavalcata dolce, che prosegue
senza interruzioni. Riccardo ha la sensazione di essere sospeso fuori dal
tempo. Tutto intorno a lui scompare e rimane solo il piacere che cresce e
infine esplode. Ma il principe non ha
concluso e la cavalcata prosegue. Riccardo chiude gli occhi e si abbandona
completamente alle sensazioni che gli trasmette il vigoroso cazzo che lo sta
impalando. Gli piace appartenere a quest’uomo forte, sentire le sue mani che
lo stringono, lo accarezzano, lo pizzicano, lo sfiorano. Gli piace sentirlo
su di sé, dentro di sé. E il dolore che le spinte energiche gli provocano è
meno forte del piacere che lo avvolge. * Giovanni sta incominciando
a preoccuparsi, quando infine vede arrivare Riccardo. Sorride, rassicurato: - Non occorre che tu mi
dica nulla, adesso. Basta guardarti in faccia. Riccardo annuisce. Si
sente esausto e completamente appagato. Il culo è dolorante, ma non è un
problema. Zio Giovanni scuote la
testa e dice: - Adesso però andiamo,
dobbiamo vedere diversi mercanti. Abbiamo perso già abbastanza tempo. Riccardo annuisce, anche
se preferirebbe sedersi e abbandonarsi al benessere che prova. - Va bene, zio. Ma
torneremo, vero? Giovanni ride. Poi scuote
la testa e chiede, serio: - Ti ha chiesto lui di
tornare? L’espressione di Riccardo
cambia, il sorriso beato lascia spazio alla preoccupazione. - No, vuoi dire… - Voglio solo dire che
magari domani non sarà qui. Andrà a un altro bagno, non andrà in nessun
bagno, partirà per l’Africa. O magari sarà qui, ma ti ignorerà. Riccardo apre la mano e
mostra un ciondolo d’oro. - Mi ha regalato questo.
Vuol dire che ci tiene. Giovanni guarda il
gioiello e lo valuta: un regalo principesco, non c’è che dire. Ma significa
poco. - Non vuol dire niente.
Può essere un modo elegante di congedarsi. Riccardo, non è che se un uomo ha
scopato con te una volta, sarà sempre disponibile a farlo. Ci possono essere
tanti motivi per cui non ci sarà una seconda volta. Non devi avere troppe
aspettative. Riccardo annuisce. Si
rende conto che lo zio ha ragione, anche se spera che il bel principe
africano torni ancora ai bagni e si intrattenga con lui un’altra volta. O
anche più volte. Gli è piaciuto moltissimo, per quanto il culo gli faccia
male. Purtroppo per lui domani
il principe partirà. * Tutto è pronto per il
viaggio verso al-Hamra, Rougegarde.
La carovana del principe, a cui si sono uniti parecchi mercanti e viaggiatori
in cerca di protezione, avanza senza intoppi fino a San Giacomo d’Afrin. Qui Rachid intende
fermarsi una settimana, prima di raggiungere al-Hamra.
La città è stata danneggiata durante la conquista da parte dei cristiani, ma
ora si è ripresa ed è un centro commerciale importante. L’arrivo di un principe
africano desta molta curiosità: diversi abitanti della città hanno avuto modo
di vedere qualche volta schiavi neri, ma mai un principe. Spesso la gente si
assiepa lungo le strade dove passa per guardarlo da vicino. Anche se non
capisce la lingua dei franchi, Rachid non fa fatica
a rendersi conto della situazione: lo sghignazzare scomposto, gli
ammiccamenti, il darsi di gomito, tutto gli dice chiaramente che viene
considerato un animale strano, una caricatura, come una scimmia vestita da
principe. Diversi si prendono gioco di lui, anche se si tengono a distanza,
perché le sue guardie incutono timore. Rachid si chiede se è il caso di proseguire il
suo viaggio verso Rougegarde: questi franchi gli
sembrano rozzi e ignoranti. Ma dicono che Rougegarde
sia bellissima e l’ambiente dev’essere molto diverso, visto che il duca non
ha scacciato i musulmani. Il barone Renaud di
Soissons invece ha allontanato quasi tutti gli arabi, sequestrandone le ricchezze:
non gode buona fama tra i credenti, che lo considerano avido e meschino. Rachid decide di dedicare ancora un giorno o due ad Afrin e anticipare la partenza per Rougegarde. Il giorno seguente Rachid nota una maggiore animazione tra la gente che incontra.
Qualcuno lo guarda e ride sguaiatamente. Rachid è
infastidito da questo comportamento, che gli sembra infantile e irrispettoso.
Torna presto alla locanda dove alloggia. Poco prima di pranzo una delle sue
guardie lo informa che un uomo chiede di parlare con lui. Non ha spiegato il
motivo, ma ha detto che è importante. Rachid dice
di farlo entrare. L’uomo è sulla trentina,
abbastanza alto e robusto. Ha un atteggiamento rispettoso. - Grazie per avermi
ricevuto. Il mio nome è Chlomo, ma tutti mi chiamano
Solomon. - È un nome ebraico. - Sono ebreo. Rachid ha avuto modo di conoscere molti ebrei
nei territori arabi. Nel suo paese non ve ne sono, anche se spesso alcuni
mercanti ebrei vi si recano per i loro affari. - Avete detto che avete
qualche cosa da comunicarmi. Solomon annuisce. - Sì. Mi spiace dovervelo
dire, ma alcuni cittadini hanno organizzato uno scherzo, alquanto pesante,
nei vostri confronti. - Cosa? - Sanno che uscendo di qui
e dirigendovi verso la piazza principale, passerete nel vicolo delle arcate:
l’avete fatto ogni giorno. Intendono rovesciarvi addosso un secchio di
escrementi. - Cosa? Rachid è furente. Per un attimo l’indignazione
gli toglie la parola. Poi si riscuote e dice, controllando a fatica la voce: - Mi rivolgerò al barone. Solomon scuote la testa. - Non lo fate, principe.
Non vi riceverebbe. E in ogni caso il barone è già informato. Per un momento Rachid rimane senza parole. Poi chiede, con una voce
sommessa in cui ancora vibra la rabbia: - E non intende
intervenire? - Ha già dato ordini ai
suoi uomini di tenersi pronti. Sa benissimo che la vostra guardia del corpo
reagirà e conta su questo. - In che senso? - Sarete accusato di
creare disordini, arrestato e costretto a pagare una fortissima multa. Il
barone conta di confiscare gran parte dei vostri beni. Rachid ammutolisce. Tutto ciò che ha sentito di
Renaud di Soissons è ancora al di sotto della
realtà. Questi sono i signori franchi? Solomon aggiunge: - Il barone è molto
ambizioso. E molto avido. Voi costituite una preda preziosa e siete troppo
lontano dalla vostra terra perché il barone tema rappresaglie. Rachid annuisce. Rimane un momento in silenzio,
prima di dire: - Vi ringrazio
dell’avvertimento. Nella sua voce non c’è più
traccia del furore di prima. - Un’ultima cosa. Ho deciso
di avvertirvi, ma così facendo ho corso un pericolo. Se si venisse a sapere
che vi ho parlato, potrei avere problemi: in questa città gli ebrei devono
fare molta attenzione. Rachid ha capito. Solomon vuole una ricompensa.
Se l’è meritata, sempre che non si sia inventato tutto proprio per
estorcergli un po’ di denaro. Ma non deve essere così: l’agitazione della
folla nella mattinata è una conferma delle sue parole. Rachid fa un cenno a uno dei suoi servitori, ma
le parole di Solomon gli fanno capire di essere fuori strada: - Vi chiedo di non dire a
nessuno che vi ho avvertito. Se mai qualcuno vi domandasse i motivi della mia
visita, direte che mi avete fatto chiamare perché sapete che commercio in
pietre preziose e avete acquistato un anello. Rachid annuisce. - Farò come voi dite,
Solomon. Ma attendete. Rachid fa portare uno scrigno e ne estrae un
anello con un rubino incastonato. - Visto che ho comprato da
voi un anello, permettermi di offrirvene uno. Rachid fa per porgere il dono, ma Solomon
scuote la testa. - Vi ringrazio, principe, ma
non prenderò nulla da voi. Il principe è stupito. - Vi siete meritato la mia
riconoscenza. Solomon sorride e dice: - La vostra riconoscenza
mi basta. Vi auguro buon viaggio. Se mi posso permettere di darvi un
suggerimento, vi consiglio di partire presto. A Damasco o a Rougegarde non correrete nessun rischio. Lungo la strada
non so, le vostre ricchezze fanno gola a molti e ci sono i briganti. Se non è
possibile spogliarvi con una multa per aver creato disordini, qualcuno può
ricorrere ad altri metodi. Rachid conosce le voci che circolano sui
briganti guidati dal fratello del barone. Nelle parole di Salomon legge una
conferma. Solomon si congeda. Rachid rimane a guardare la porta da cui è uscito. Strano
uomo, davvero. Se ciò che ha detto è vero – e Rachid
non ha nessuna ragione per dubitarne – ha corso un serio rischio rivelando i
piani del barone e facendoli fallire, ma non ha voluto nulla. Rachid medita sul da farsi. Sicuramente eviterà
di uscire oggi, adducendo un malessere, e partirà domani, molto presto, senza
informare nessuno. Dove dirigersi? In base alle parole di Solomon, Rougegarde non sembra presentare rischi e Rachid ha voglia di visitarla. Se lungo la strada
incontreranno i briganti, li affronteranno: non sarebbe la prima volta che Rachid e i suoi uomini devono difendersi da un attacco e
fino a ora hanno sempre avuto la meglio sugli avversari. Rachid comunica ai suoi uomini che non si sente
bene e che non conta di uscire in giornata. Solo a tarda sera dà l’ordine di
preparare tutto per la partenza, in modo che la notizia non trapeli. Il mattino seguente, molto
presto, la carovana lascia Afrin in direzione di Rougegarde. Escono da San Giacomo d’Afrin
quando le porte della città vengono aperte e si allontanano rapidamente. Il viaggio sembra
svolgersi senza intoppi, ma Rachid ha avvisato i
suoi uomini di stare in guardia: i briganti potrebbero attaccare. Il confine
del ducato di Rougegarde non è lontano, ma la città
è a diversi giorni di marcia e il rischio di un’imboscata è forte. In effetti nel pomeriggio,
mentre la carovana sale lungo il fianco di una collina, sulla cima appaiono
uomini armati a cavallo. Rachid fa disporre
rapidamente i suoi soldati in una posizione che permetta la difesa. I
briganti, se tali sono, appaiono alquanto numerosi: non sarà facile avere la
meglio, ma Rachid non ha nessuna intenzione di
arrendersi senza combattere. Come Rachid
ha intuito, si tratta di briganti, che assaltano la carovana. L’energica
difesa degli africani respinge senza soverchie difficoltà il primo attacco. I
briganti lasciano diversi morti sul campo: probabilmente non si aspettavano
una resistenza così decisa e hanno sottovalutato l’avversario. Non paiono
però avere nessuna intenzione di rinunciare e si stanno riorganizzando. Sono
molti di più e Rachid si rende conto che per i suoi
uomini non sarà facile resistere. Ma prima che i briganti si
lancino in un secondo attacco, nuove truppe arrivano. Rachid
si dice che è finita: ora la superiorità numerica dei briganti è schiacciante
e i suoi uomini saranno massacrati. Improvvisamente però i briganti si danno
alla fuga: i nuovi arrivati non sono loro compagni, ma soldati, che li
attaccano e trucidano senza pietà coloro che non trovano la salvezza in una
ritirata precipitosa. Dopo aver messo in fuga i briganti, i soldati si
dirigono verso gli uomini di Rachid. Il principe
può scorgere lo stendardo con i colori del duca di Rougegarde. Il comandante dei soldati
si avvicina. È un uomo basso di statura, ma con un corpo ben proporzionato e
un bel viso. Individua immediatamente Rachid e si rivolge a lui, in un arabo fluente. - Vi saluto a nome di
Denis d’Aguilard, duca di Rougegarde.
Il duca ha avuto notizia della presenza di briganti in quest’area e ci ha
mandati a proteggere le carovane in arrivo. - Ringrazierò
personalmente il duca: vedo che la sua fama di sovrano giusto e saggio
corrisponde a verità. Rachid ha sentito parlare spesso di Denis d’Aguilard, già in Egitto e alla Mecca. In Siria il suo
nome ricorreva in continuazione, spesso accompagnato da maledizioni: il Cane
dagli occhi azzurri è il guerriero franco più temuto. Eppure, malgrado l’odio
che molti arabi provano nei suoi confronti, Rachid
si è accorto che tutti gli riconoscono le doti di generosità e giustizia,
come a nessun altro signore cristiano. - Se lo desiderate, vi
accompagneremo fino alle porte della città. In ogni caso non credo che
abbiate più nulla da temere. A Rachid
non spiace viaggiare con quest’uomo: avrà occasione di parlare con lui e di
porgli domande sui domini cristiani. Per quanto sia un guerriero, non è certo
un uomo rozzo come i franchi con cui ha avuto a che fare ad Afrin. E visto che è un uomo del duca, potrà sapere
qualche cosa di più del famoso Cane dagli occhi azzurri. - Accetto volentieri la
vostra offerta, se questo non costituisce un disturbo per voi. Posso sapere
il vostro nome? - Nicolas. Faccio parte
della guardia personale del duca. La carovana viaggia ancora
fino a che la notte si avvicina. Poi vengono montate le tende. Dopo il pasto serale, Nicolas
è seduto vicino al fuoco a fianco del principe. Le notti sono ancora fresche
e si sta bene accanto alle fiamme. - Da quanto tempo siete al
servizio del duca d’Aguilard? - Da prima che diventasse
duca, facevo parte della compagnia che combatteva al suo comando e quando
conquistò Rougegarde, mi volle con sé. - Ho sentito parlare molto
di lui. Nicolas sorride. Ha un bel
sorriso. - Credo che si parli di
lui in tutti i domini saraceni. Lo chiamano il Cane dagli occhi azzurri, ma
questo di certo lo sapete già. - Sì, certo. E dicono che
sia un uomo tanto valoroso, quando giusto e generoso. - Quello che dicono è vero
e se vi fermerete a Rougegarde avrete modo di
verificare di persona non il suo valore, ma certamente la sua giustizia e la
sua generosità. Il dialogo prosegue a
lungo. Parlano di Denis d’Aguilard, che a Rachid appare una figura affascinante. Poi Rachid si informa di alcuni usi cristiani, di cui ha
sentito parlare in territorio arabo. Nicolas chiede del paese del principe. Si è fatto molto tardi, ma
nessuno dei due ha voglia di lasciare il fuoco che si sta spegnendo e
rientrare nella propria tenda. Guardano il cielo stellato. Il principe conosce
molte costellazioni: è appassionato di astronomia e ha letto i testi dei
grandi studiosi arabi, come al-Battani e Ibn Yunus.
- Io di astronomia non so
nulla, principe. O quasi. Nicolas indica il Grande
Carro. - So che quelle stelle da
noi le chiamano l’Orsa maggiore. Mio zio era uno studioso e mi raccontava che
per gli antichi era una donna, amata da Giove, il re degli dei. La moglie di
Giove, gelosa, trasformò la donna in orsa. - Conosco questa leggenda,
la lessi in un libro greco. - Sapete leggere il greco? Rachid sorride e scuote la testa. - No. Era una traduzione
araba. Nicolas annuisce, poi
dice: - Anche l’altra
costellazione, con la stella polare, è chiamata Orsa: Orsa minore. - Alcune tribù del deserto
da noi chiamano queste due costellazioni le Cammelle.
Ma per loro la costellazione maggiore è più grande e arriva fino a quella
stella molto luminosa. Quella che voi chiamate il guardiano dell’Orsa. Per
gli arabi è al-Simak, l’elevata. Il principe indica la
stella nota in Occidente come Arturo. Poi continua: - Sarebbe la cammella del profeta Salih, che
venne uccisa da uomini empi. Mentre… Il principe ride e
prosegue: - …la cammella
più piccola è legata a un picchetto, per cui deve girare sempre intorno a
quel picchetto. - Il picchetto sarebbe quella
che noi chiamiamo la stella polare? - Esatto. Anche Nicolas ride. - Direi che hanno ragione.
Non l’avevo mai vista così, ma in effetti la costellazione gira sempre
intorno a quel punto. Il principe parla ancora
un momento. Nicolas ascolta, affascinato. Infine si ritirano,
sorridenti, contenti della lunga conversazione che li ha avvicinati. Il giorno seguente la
carovana procede senza incontrare difficoltà. Nel pomeriggio si alza il
vento, ma il terreno non è secco come in estate e le raffiche non sollevano
nubi di polvere. La sera Rachid e Nicolas si siedono di nuovo vicino al fuoco. Il
vento fa guizzare le fiamme che illuminano i loro visi, creando giochi di
ombra sempre mutevoli. Parlano ancora di Denis. Il
principe chiede: - Nicolas, mi avete accennato
a un vostro zio che vi parlava delle costellazioni. - Sì, un fratello di mia
madre. - Era uno studioso, no? - Sì. Mia madre mi diceva
che fin da bambino aveva sempre dimostrato un grande interesse per lo studio.
Io lo vedevo sempre perso nei suoi libri, mentre tutti gli altri intorno a me
si dedicavano al commercio o all’artigianato e come libri conoscevano solo
quelli contabili o quelli di preghiera. Devo dire che mi sembrava un po’
buffo, ma gli volevo bene. Poi passò al servizio del conte di Tolosa e le
occasioni di vederlo divennero rare. - Posso chiedervi della
vostra famiglia? - Mio padre è un mercante,
viaggia spesso nel Mediterraneo. Mia madre è figlia di un tintore. Hanno
avuto quattro figli, io sono il terzo. I miei fratelli lavorano con mio padre
e viaggiano spesso. Almeno, questo è quello che so: ricevo loro notizie molto
di rado. Rachid sta per chiedere altro, ma Nicolas lo
precede: - Che cosa vi ha spinto
così lontano dal vostro paese, principe? Rachid ha l’impressione che Nicolas abbia
voluto evitare la domanda che stava per porgli. - Il desiderio di
conoscere il mondo. Avevo spesso sentito parlare dei territori degli arabi e
delle loro usanze: molti mercanti arabi si spingono nel nostro paese. Noi
crediamo nel Profeta ed io ho imparato l’arabo studiando il Corano. Ho deciso
di compiere il pellegrinaggio alla Mecca, ma anche di visitare il califfato.
Non volevo rimanere sempre all’interno del mio paese senza conoscere ciò che
esiste oltre i suoi confini. Non mi bastava sentire i racconti di chi veniva
da lontano. Volevo vedere con i miei occhi. - Anche se questo
significa affrontare molti pericoli. Rachid alza le spalle. - Che senso avrebbe rinunciare
ai proprio sogni per non correre rischi? Nicolas annuisce. E ora Rachid pone la domanda che prima Nicolas ha evitato: - E voi? Che cosa vi ha
spinto ad attraversare il mare, Nicolas? Se posso chiederlo… non siete
obbligato a rispondermi. Nicolas guarda lontano,
molto più lontano del profilo delle colline, ombra più scura nella notte stellata.
Rimane un momento in silenzio. Rachid è sul punto
di scusarsi per la domanda indiscreta, quando Nicolas risponde: - Sono scappato, principe. - Scappato? Non mi
sembrate uomo da avere paura dei nemici. Nicolas scuote la testa. - Non sono scappato da
nemici, sono scappato da una sofferenza. Rachid sorride. - Le sofferenze ce le
portiamo con noi dovunque andiamo. Nicolas annuisce. - Sì, ma avevo vent’anni e
pensavo di poterla lasciare a Marsiglia, con tutto il mio passato.
Sciocchezze. - E ora? Ora vi siete lasciato
alle spalle quel dolore? Nicolas china la testa.
Riflette. - Sì, non soffro più. Ma
mi ha cambiato. Non sono più lo stesso. * Nicolas è turbato. Il
dialogo con Rachid ha risvegliato un passato con
cui Nicolas non ha mai fatto pienamente i conti. Ora sa che può farli, gli
anni hanno sanato le vecchie ferite e anche il ricordo non è più doloroso.
C’è però qualche cos’altro che rende Nicolas irrequieto e gli impedisce di
abbandonarsi al sonno, anche se ormai è molto tardi. Nicolas non riesce a
individuare la causa di questo turbamento. Il mattino successivo la
carovana riparte. Domani prima di mezzogiorno saranno a Rougegarde.
Le loro strade si separeranno. Se Denis non deciderà di affidargli qualche
altro compito, Nicolas rimarrà in città e avrà magari modo di vedere ancora Rachid, altrimenti non si incontreranno mai più: il
principe tornerà al suo paese. Nicolas si rende conto che gli spiacerebbe non
vedere più il principe, molto. Parlare con lui queste sere è stato bello. Dopo il tramonto lui e Rachid conversano ancora vicino al fuoco. Nicolas pensa
che è l’ultima sera e gli spiace. - Così domani arriveremo a
Rougegarde. È bella come dicono, Nicolas? - È la città più bella che
io abbia mai visto, più di Palermo, dove sono passato venendo qui. Ma la mia
opinione conta poco: non ho girato il mondo, io. Nicolas chiede a Rachid delle città che ha visitato, il principe gli
chiede di Palermo e della Francia. È molto tardi, quando Rachid osserva: - Nicolas, questa è
l’ultima notte che passiamo nello stesso accampamento. - Sì, principe. - Chiamami Rachid. Nicolas guarda Rachid negli occhi, che riflettono la luce vacillante del
fuoco. - Sì, Rachid. - Mi piace quando pronunci
il mio nome. Dillo ancora. Nicolas annuisce. Gli
sembra che il suo cuore abbia cessato di battere. Che gli sta succedendo? - Rachid.
Il tuo è un bel nome, Rachid. - Anche Nicolas è un bel
nome. Nicolas. È bello sentire Rachid pronunciare il suo nome. Ma Nicolas è spaventato. - Nicolas, questa è
l’ultima notte… Rachid si ferma. - L’avete già detto,
principe. - No, non va bene: l’hai
già detto, Rachid. - L’hai già detto Rachid. - Mi piacerebbe che la
trascorressimo insieme, nella mia tenda. Vuoi, Nicolas? Nicolas comprende il senso
di questo invito e prova paura: a sgomentarlo non è il pensiero di ciò che
accadrà, qualche cosa che desidera. È la coscienza di ciò che prova. Rachid riprende: - Se non lo desideri, non
è… Nicolas lo interrompe: - Lo desidero, principe.
Più di ogni altra cosa al mondo. Rachid sorride e nuovamente lo corregge: - Lo desidero, Rachid. - Lo desidero, Rachid. Si alzano e si dirigono
alla tenda del principe, che con un gesto congeda i due servitori. Dentro la tenda, Rachid si avvicina a Nicolas, gli prende il viso tra le
mani e lo bacia. Nicolas si abbandona a
questo bacio e accoglie la lingua che si fa strada nella sua bocca. Alza le
mani, esita un attimo e poi stringe tra le braccia il corpo del principe. Dopo un lungo bacio, Rachid si stacca, lo guarda e gli sorride. Poi, con gesti
lenti, incomincia a spogliarlo. Nicolas lo lascia fare. È bello sentire la
carezza di queste mani che si muovono, con gesti delicati e sicuri. Quando
Nicolas è nudo, Rachid lo stringe a sé e lo bacia
di nuovo. Nicolas ricambia l’abbraccio. Poi è il suo turno di spogliare il
principe. Nicolas lo fa con lentezza, passando la mano sul torace di Rachid. Gli piace sentire sotto le dita la morbidezza
della pelle, il calore della carne. Ora sono entrambi nudi. Si
baciano e si abbracciano ancora. Il desiderio si è acceso
in entrambi e le carezze portano nuova legna al fuoco. Scivolano sui tappeti,
tra i cuscini. Baci e carezze, sempre più audaci, li avvicinano ancora. Le
loro mani scendono là dove i loro corpi ardono. E dopo un bacio appassionato,
Nicolas ruota su se stesso e la sua bocca avvolge la cappella del principe. Rachid accarezza la testa di Nicolas e poi si muove, in
modo da poter prendere in bocca il cazzo del guerriero. Le labbra e la lingua
svolgono la loro opera, a lungo. Infine Rachid
versa il suo seme nella bocca di Nicolas, che viene poco dopo. Poi rimangono
abbracciati, scambiandosi ancora baci e carezze, finché il desiderio non si
accende di nuovo e Nicolas si appoggia con il ventre sui cuscini, offrendosi
a Rachid. Le mani di Rachid
percorrono il suo corpo, leggere, in carezze che sono appena uno sfiorare.
Poi ritornano, ma questa volta le dita stringono, pizzicano, solleticano e
spesso le labbra e la lingua accompagnano le mani. E infine Rachid si stende su Nicolas, i suoi denti mordicchiano il
lobo di un orecchio, una spalla, le sue mani stringono con vigore le natiche
e il suo cazzo si fa strada, forzando l’apertura ed entrando nel culo di
Nicolas, che sussulta. - Ti ho fatto male,
Nicolas? - No, va bene così,
principe. Va bene così, Rachid. Sì, va bene così. Quello
che arde dentro Nicolas non è solo il desiderio: è il bisogno di darsi a
quest’uomo che ha risvegliato qualche cosa nel suo cuore. La cavalcata è
lunga: l’impeto del desiderio è stato placato dal primo amplesso e ora non
c’è più l’urgenza. C’è un abbandonarsi l’uno all’altro, in una stretta che va
oltre l’unione dei corpi. È l’alba quando Nicolas
ritorna ai suoi alloggiamenti. Ha riposato poche ore, tra le braccia di Rachid, ma gli sembra di non aver mai dormito così bene. Poco più tardi esce dalla
tenda, per seguire i preparativi per la partenza, ma la sua testa è altrove.
Oggi saranno a Rougegarde, dove Rachid
si fermerà alcuni giorni. Si vedranno ancora, il loro rapporto non si
esaurirà nell’abbraccio di una notte. E poi? Rachid
se ne andrà, tornerà nel suo paese, lontano, oltre il mare di sabbia del
deserto. Nicolas sente una sofferenza violenta salire dentro di sé. Rachid se ne andrà. Rachid se
ne andrà. Quando tutto è pronto,
salgono a cavallo e si muovono. Procedono lentamente, per non distanziare coloro
che li seguono a piedi. A tratti si fermano, per aspettare il grosso della
carovana. Rachid fissa Nicolas, che ricambia il suo
sguardo, ma non dice nulla. Rachid guarda un momento le colline che
chiudono l’orizzonte, poi dice: - Nicolas, vuoi venire con
me? Al mio paese? Nicolas ha un tuffo al
cuore. Vorrebbe rispondere di sì. Vorrebbe rimanere con Rachid,
fino alla morte. Con Rachid. Lontano, in una terra
di cui non sa nulla, se non ciò che gli ha raccontato Rachid.
Ma altri pensieri si affollano nella sua testa. E il duca? Lasciare Denis
d’Aguilard? A Nicolas sembra di tradire il suo
signore, per cui nutre un’ammirazione sconfinata. Denis di Rougegarde ha molti nemici e ha bisogno di uomini fedeli
al suo servizio. Nicolas tace. Per un lungo tratto, Rachid rispetta il silenzio di Nicolas, poi dice: - Il mio paese è lontano,
ma io non posso rimanere qui: sono un principe e devo tornare nella terra
dove un giorno regnerò. Vorrei averti al mio fianco. Se un giorno decidessi
di andartene, avrai la scorta di un principe per accompagnarti, ma io spero
che quel giorno non arrivi mai. Nicolas, tocca a te scegliere. Nicolas annuisce. - Vorrei venire con te Rachid, vorrei… Lasciami il tempo di pensare. Nicolas abbassa la testa e
prosegue: - Sono al servizio di Denis
di Rougegarde e ho nei suoi confronti dei doveri. È
il più giusto dei signori, il più generoso. - Capisco quello che
provi, Nicolas. E ti fa onore. Ma se il duca è come lo descrivi, non vorrà
ricompensare la tua lealtà impedendoti di fare ciò che desideri. Nicolas scuote il capo.
Non è certo Denis di Rougegarde che gli proibirà di
partire. Ma a Nicolas pare di tradire il suo signore, l’uomo più giusto e
generoso che conosca. - Dammi un po’ di tempo. Procedono affiancati, ma
per un lungo tratto tra loro vi è silenzio. Solo man mano che si avvicinano
alla città, la conversazione riprende: Rachid
chiede della città, della sua conquista, dei suoi abitanti. Nicolas risponde.
Ma tra loro rimane una domanda in sospeso. Raggiungono Rougegarde nel pomeriggio. Prima di entrare Rachid ammira la bellezza della città, gli edifici
eleganti in pietra rossa, la magnifica cinta di mura, la fortezza in alto.
Davvero, le lodi che ha sentito sono inferiori alla realtà: nemmeno Baghdad e
Damasco sono così belle. Rachid prende alloggio nella migliore locanda
della città. Per la strada il passaggio di un principe nero desta stupore, poiché
i neri di solito sono schiavi o svolgono lavori umili, ma non c’è traccia di
derisione. Nicolas si dirige a
palazzo. Il duca è occupato con il vescovo Bohémond
di Tours e Nicolas è contento di questo contrattempo che gli dà la
possibilità di riflettere con calma. Prima però deve riprendere il controllo
della situazione: Nicolas è a capo della guardia personale del duca e deve
informarsi su ciò che è successo durante la sua assenza. Dopo aver ascoltato un
rendiconto degli avvenimenti e aver preso atto di alcuni piccoli problemi da
affrontare, Nicolas si rifugia nella sua stanza e cerca di riflettere. Sa di
essersi innamorato di Rachid. Vorrebbe seguirlo,
anche se questo significa tagliare i ponti con tutto il suo mondo. Staccarsi
dagli altri soldati, dalle persone a cui si è affezionato, gli pesa, ma sa
che potrebbe farlo. Il problema è un altro: lasciare Denis di Rougegarde gli appare un’infamia. Quando ha concluso il
colloquio con il vescovo, Denis viene informato dell’arrivo di Nicolas e lo
fa chiamare. Ascolta la relazione sulla missione compiuta e chiede
informazioni sul principe. Mentre Nicolas sta
concludendo, un servitore informa il duca che il principe Rachid
gli chiede quando può venire a porgergli omaggio. Denis sorride a Nicolas. - Hai appena finito di
parlarmi di lui… Poi si rivolge al
servitore: - Può venire oggi stesso o
domani mattina, come preferisce. Poi Nicolas e Denis
parlano del vescovo, il grande nemico del duca. Ci sono nuovi sviluppi e come
sempre Denis deve difendersi dalle insidie che Bohémond
di Tours gli tende. Sono ancora a colloquio,
quando il servitore annuncia l’arrivo del principe Rachid. Nicolas sente che il cuore
accelera i battiti e dice: - Duca, io mi ritiro. Denis ride. - Perché mai, Nicolas? Hai
conosciuto il principe e l’hai accompagnato fin qui. Non c’è motivo perché tu
ti ritiri. Rimani. È un ordine e Nicolas
obbedisce. Rachid saluta il duca e poi sorride a Nicolas. C’è
una complicità nel loro sorriso. Dopo un breve scambio di convenevoli il
principe dice: - Duca, sono arrivato da
poco a Rougegarde, ma non ho voluto perdere tempo:
desideravo porgervi omaggio. Vi prego di accettare questo dono. Rachid fa un cenno al servitore che lo
accompagna. Questi srotola la stoffa che racchiude uno scrigno, si inchina
fino a terra e porge il cofanetto a Denis. Denis lo apre e ne estrae una
pesante collana d’oro di magnifica fattura. - Davvero un dono degno di
un principe! Non merito un omaggio così splendido. Il principe sorride. - Ho sentito parlare molto
di voi nelle terre che ho visitato, anche in paesi lontani è giunta la fama
delle vostre gesta. E desideravo conoscervi. I vostri soldati mi hanno
salvato da un agguato dei briganti. Questo dono è un piccolo ringraziamento,
niente di più. - Siete generoso,
principe. Io non conosco la terra da cui venite, se non di nome, ma avrei
piacere che me ne parlaste. Avete voglia di essere mio ospite domani pomeriggio?
Vi guiderò a visitare la fortezza, poi potremo cenare insieme e mi
racconterete del vostro paese. - Vi ringrazio, duca.
Accetto volentieri il vostro invito. Sarà per me un onore e un piacere. - Lo sarà anche per me. Parlano ancora un momento,
poi Rachid si congeda. Denis si rivolge a Nicolas,
che è rimasto in silenzio tutto il tempo: - Nicolas, accompagna il
principe. Nicolas annuisce. Mentre percorrono le sale
del palazzo ducale, Rachid dice a Nicolas. - Vieni da me questa sera,
Nicolas. Nicolas china il capo.
Vorrebbe dire di sì, ma esita. Molto spesso quando ritorna dopo un periodo di
assenza, Nicolas trascorre una parte della notte con Denis. Ma adesso gli
sembrerebbe di tradire Rachid. Seguire Rachid è tradire il duca. Fare l’amore con il duca è
tradire Rachid. Nicolas tace e Rachid chiede: - Che cosa c’è che non va,
Nicolas? Sei pentito di quello che abbiamo fatto? Nicolas alza la testa e guarda
Rachid negli occhi. - No! - Allora verrai? Nicolas annuisce. Sulla porta Rachid si congeda. Nicolas ritorna verso la sala dove il
duca riceve. Si sente dilaniato. Si ferma. Si appoggia
contro il muro. Chiude gli occhi. Rimane un buon momento fermo, cercando una
soluzione impossibile. Poi si scuote ed entra nella sala. Denis sta esaminando
alcuni documenti. Nicolas accenna un inchino, poi dice: - Duca, i briganti che
abbiamo messo in fuga potrebbero attaccare altre carovane. Non è meglio che
io torni con alcune truppe ai confini, per tenere sotto controllo l’area? Denis guarda Nicolas negli
occhi. Ha uno sguardo penetrante, il duca di Rougegarde.
Nicolas non riesce a reggerlo e, quasi senza rendersene conto, abbassa il
capo e fissa il pavimento. Denis di Rougegarde dice: - Da che cosa stai
scappando, Nicolas? Nicolas alza la testa di
scatto. Guarda Denis senza riuscire a parlare. Denis ha letto dentro di lui. - Perché mi dite che sto
scappando? - Perché quello che mi hai
detto è solo un pretesto. Vuoi andartene, perché qui c’è qualche cosa che ti
spaventa. Che non sono io, anche se in qualche modo c’entro anch’io. Non è
vero? Nicolas chiude gli occhi.
Poi li riapre e fissa il suo signore, senza dire nulla. Denis prosegue: - Vorrei capire. Che cosa
ti spinge a scappare? Che cosa è cambiato… Denis si ferma. Poi
aggiunge, con un tono diverso: - Il principe, vero? Rachid. - Perdonate, duca… Denis lo interrompe. - Che cosa dovrei
perdonare, Nicolas? Ti voglio molto bene e so che tu ne vuoi a me. Ma non ti
amo e tu non mi ami. Siamo due uomini soli, che si stimano e che insieme
hanno trovato molte volte il piacere. Un uomo ha saputo ridestare il tuo
cuore. Ne sono contento per te. Nicolas non trova le
parole. Balbetta: - Duca… io… - Nicolas, non ti manderò
da nessuna parte. Sei libero di fare le tue scelte. Se non vuoi rimanere a Rougegarde, puoi allontanarti per tutto il tempo che
vuoi. Ma mi chiedo perché vuoi fuggire. Nicolas abbassa lo
sguardo. Poi lo rialza sul duca, ma rimane muto. - Nicolas, prenditi il
tempo che è necessario. È la tua vita che è in gioco. Decidi liberamente,
pensando ciò che è meglio per te. - Duca, io… Nicolas non sa che cosa
dire. Denis sorride e chiede: - Il principe ricambia i
tuoi sentimenti? Nicolas annuisce, poi, con
uno sforzo, dice: - Mi ha chiesto di andare
con lui al suo paese. Denis sembra riflettere un
momento, poi dice: - Nicolas, sei il migliore
dei miei uomini e mi sei molto utile, ma nessuno di noi, che sia il duca di Rougegarde o il capo della guardia personale, è davvero
indispensabile. Rougegarde tornerà nelle mani dei
saraceni, prima o poi, e non saremo né io, né te a impedirlo. Scegli
liberamente, ciò che davvero vuoi. Nicolas chiude gli occhi.
Si sente stanco, una stanchezza profonda, che gli toglie le forze. La voce di Denis è molto
dolce mentre dice: - Va’, Nicolas. Il
principe si fermerà qualche giorno. Hai il tempo di prendere una decisione.
Una sola cosa ti chiedo: decidi in base a ciò che desideri, non per senso del
dovere. Hai svolto egregiamente i tuoi compiti, non hai debiti nei miei
confronti. Nicolas guarda il duca. - Non mi rendete le cose
più facili, duca. È vero: la generosità del
duca mette in difficoltà Nicolas. Denis capisce. Sorride e dice: - Non c’è modo per
renderti le cose più facili, Nicolas. Capisco che la decisione di fronte a
cui ti trovi è una di quelle che lacerano. Denis scuote la testa e
aggiunge: - Non si può vivere nel
rimpianto, Nicolas. Scegli ciò che davvero desideri. La sera Nicolas raggiunge
la locanda dove alloggia Rachid. E nella stanza del
principe, l’incanto della notte precedente si rinnova. Rachid non fa nessun riferimento alla richiesta
che ha fatto e Nicolas evita l’argomento. Tra le braccia di Rachid si rende conto che esiste un’unica soluzione
possibile, ma preferisce rimandare il momento in cui dovrà prenderla. Il giorno seguente nel
pomeriggio Denis guida il principe a visitare la fortezza. Poi lo accompagna
nei sotterranei. Rachid scopre così l’esistenza di grandi sale,
corridoi e vasche al di sotto del palazzo ducale. - Non avete fatto
costruire voi tutto questo, duca, vero? Denis scuote la testa. - No, certo. Esisteva già
da prima. Alcune parti probabilmente risalgono all’epoca romana, altre furono
costruite dai signori di al-Hamra. Io mi sono
limitato a far chiudere alcuni accessi per garantire l’assoluta sicurezza
della fortezza. Sulle difese del palazzo e
della città, Denis ha detto molto poco a Rachid.
Non ha motivo di diffidare del principe, ma non racconta a nessuno i segreti
di Rougegarde. - È un luogo affascinante. Quando arrivano alla
grande cisterna sotterranea, Denis dice: - Se avete piacere di bagnarvi,
principe, qui l’acqua è fresca. Sapere nuotare, vero? - Sì. Mi bagnerei
volentieri. Denis si rivolge a
Nicolas: - Nicolas, accompagnerai
il principe a esplorare la cisterna. Nicolas annuisce. Rachid si spoglia e Nicolas lo imita. Denis
guarda il corpo del principe, ne ammira l’eleganza e la forza. Sente una
punta di invidia. Denis sa di non essere bello. Il suo corpo, forte e snello,
è segnato da numerose cicatrici e il suo viso certamente non è attraente. Anche Nicolas si è
spogliato. Denis pensa che lui e il principe fanno una bella coppia: alto e
scuro Rachid, basso e con la pelle chiara Nicolas,
ma entrambi belli di viso e di corpo. Nicolas si tuffa in acqua.
Rachid si lascia scivolare. Denis li guarda nuotare
fianco a fianco, due corpi che man mano che si allontanano scompaiono
nell’oscurità. Prova davvero invidia, molto più per il loro amore che per la
loro bellezza, e lentamente la tristezza si impadronisce di lui. Ha amato una
sola volta, molto giovane, un uomo che non lo amava. Poi non ha più amato e
non è stato amato. Denis si sente ricacciato indietro. Le sensazioni che
prova lo infastidiscono, si sente meschino. Nicolas e Rachid nuotano tra le grandi colonne. Ora sono lontano
dal punto in cui è rimasto Denis e la luce delle torce non arriva. - Questo posto è
splendido, Nicolas. - Sì, Rachid. Nicolas si è fermato
vicino a una colonna. Rachid si avvicina da dietro
e lo stringe tra le braccia. - Anche tu sei splendido,
Nicolas. Nicolas è turbato. Denis
non può vederli o sentirli, ma la stretta di Rachid
lo imbarazza, anche perché il suo corpo sta reagendo in fretta. E anche
quello del principe: Nicolas può sentire il cazzo di Rachid
premere contro il suo culo. Si tiene alla colonna e mormora: - No… non qui. Ma nella sua voca alterata
Rachid legge un invito e il desiderio è troppo
forte. Nicolas sente il cazzo forzare l’aperura ed entrare. Geme. Chiude gli
occhi, travolto dal desiderio. Rachid lo ha
abbracciato e spinge con vigore, mentre Nicolas si regge alla colonna, in preda
a un piacere sempre più forte. Una mano del principe scende ad afferrargli il
cazzo, lo stringe, gioca con i coglioni, mentre Rachid
gli sussurra parole oscene. Nicolas geme più forte, gli sembra quasi di aver
gridato, e il piacere esplode. Poco dopo anche il principe viene e Nicolas
sente la scarica in culo. Rimangono stretti, ma
entrambi ora sono in imbarazzo. Pensano a Denis che è rimasto sul bordo della
vasca. Rachid si stacca. Nuotano ancora un momento,
per dare il tempo all’eccitazione di svanire. Denis ha sentito un gemito
e ha intuito. Ha provato una fitta e una sorda irritazione per la propria
reazione. Quando Rachid
e Nicolas ritornano ed emergono dall’acqua, a Denis basta un’occhiata ai loro
cazzi, ancora un po’ turgidi, per avere una conferma. Non dice nulla, non
lascia trapelare lo smarrimento, né il fastidio che prova per la propria sofferenza.
Cordiale e sorridente attende che si rivestano e poi li riaccompagna nel
palazzo. A cena parlano molto a
lungo. Rachid racconta del suo paese ed è affascinato
dalle domande precise che Denis pone. A sua volta il duca descrive la
situazione del Regno di Gerusalemme, i rapporti con i saraceni. Rachid chiede quale sarà secondo Denis il futuro del
regno e Denis non nasconde il suo pessimismo. Infine Rachid
si congeda. Nicolas, su ordine del duca, lo accompagna. - Nicolas, capisco la tua
riluttanza a lasciare un uomo come il duca. Non ho mai conosciuto nessuno
degno di ammirazione come lui. Nicolas non dice nulla.
Anche Rachid non gli rende le cose più facili. Il principe prosegue: - Ma proprio per questo
credo che anche lui non voglia che tu rinunci alla tua vita per rimanere al
suo servizio. Nicolas annuisce. Si ferma
a dormire con il principe, ma rimane a lungo sveglio a pensare. Quando il mattino si alza
dal letto e torna al palazzo, Nicolas sa di aver deciso. Gli sembra che il
suo cuore sia spaccato in due, ma il duca ha ragione: non si può vivere di
rimpianti. Lascerà qui, a Rougegarde, una parte di
sé, non sarà mai più intero. Ma questo avverrebbe in ogni caso. 2019 |