L’anello

 

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- Munthir, tuo figlio mi farà un ritratto.

Non è la prima volta che Munthir riceve una richiesta – o forse sarebbe più esatto dire un ordine - di questo genere: suo figlio Waahid ha ritratto diversi nobili della corte. In questo caso però Munthir sospetta che Muezz ibn Abd Allah al-Misri possa avere anche altri fini: non è un segreto per nessuno che al ricco Mu’ezz i ragazzi piacciono. Con ogni probabilità se Mu’ezz ha deciso di farsi ritrarre da Waahid non è solo per il talento eccezionale del ragazzo.

Munthir si inchina. Muezz ibn Abd Allah al-Misri è un uomo nobile e potente, cugino dello sceicco di Shaqra: a lui nessuno può dire di no, nemmeno un pittore noto e apprezzato. Munthir ha sempre tenuto sotto controllo il figlio Waahid, che è bello di viso e di corpo, per evitare che venisse sedotto da qualcuno dei tanti giovani oziosi che frequentano la corte dello sceicco Dawud ibn Yusuf al-Misri: Munthir non vuole che Waahid si distragga dal lavoro e magari si innamori di un perditempo. Ma a Munthir non dispiace che il figlio abbia destato l’interesse di Ibn Abd-Allah: il nobile potrebbe essere il protettore ideale per il giovane.

Muezz ibn Abd Allah prenderà la verginità di Waahid, di questo Munthir non dubita. Ma Waahid saprà legarlo a sé, in modo che il nobile diventi il suo protettore? O Mu’ezz, che è alquanto volubile, perderà ogni interesse dopo aver goduto del giovane e non si occuperà più di lui? Munthir non può porre condizioni. Si limita a dire:

- È un grande onore per mio figlio essere scelto per questo compito. Sono certo che farà tutto il possibile per soddisfarvi, ma vi chiedo di scusare la sua inesperienza. Accordategli la vostra protezione, anche se non ne è degno.

Mu’ezz sorride. Sapeva che Munthir non avrebbe potuto opporre un rifiuto, ma è soddisfatto della disponibilità del padre. Pare che il ragazzo non abbia mai avuto rapporti e Ibn Abd Allah è contento di essere il primo. Il desiderio si accende e Mu’ezz si scopre impaziente.

- Credo che potremo incominciare oggi pomeriggio. Manderò uno dei miei servitori a prenderlo.

- Ai vostro ordini, eccellenza.

Muezz congeda Munthir e questi si allontana, dopo essersi inchinato.

Tornando a casa, Munthir pensa alle cose da fare. Deve preparare Waahid. Il ragazzo è intelligente e probabilmente quando sarà informato della decisione di Ibn Abd Allah, intuirà che cosa lo aspetta. Bisogna che si comporti nel modo giusto: non deve mostrarsi troppo arrendevole, perché Muezz ibn Abd Allah potrebbe pensare che non è vergine; non deve neppure opporre troppa resistenza, per non irritare il nobile. E dopo, quando Mu’ezz si sarà preso ciò che vuole, Waahid non deve mostrarsi contento, perché Mu’ezz non pensi che sia uno svergognato, ma neppure in lacrime, perché il nobile potrebbe esserne infastidito.   

 

Giunto alla sua abitazione, Munthir fa chiamare il figlio.

- Waahid, oggi pomeriggio verrà un servitore di Muezz ibn Abd Allah a prenderti. Il signore vuole che tu gli faccia il ritratto.

Waahid sorride.

- Questo è davvero un onore. Spero che siate contento, padre.

- Lo sono, Waahid.

Waahid non sembra aver capito. Munthir prosegue:

- Tu dovrai eseguire il compito nel miglior modo possibile, Waahid. E dovrai cercare di non scontentare in nessun modo il nobile Mu’ezz.

- No, certamente…

Waahid si interrompe. Un’ombra gli passa sul viso. Ha intuito.

- Waahid, Mu’ezz è un uomo molto potente, tu sai che è cugino dello sceicco. Non bisogna irritarlo. Farai quello che ti chiede. Anche se ti farà delle richieste che esulano dal tuo compito. Però non dimostrarti troppo pronto nell’ubbidire ad altre richieste. Cederai solo perché lui è un uomo nobile e potente, ma non deve pensare che cederesti a chiunque.

Waahid china la testa.

- Obbedirò, padre.

Waahid sembra confuso. È comprensibile che sia così. Munthir prosegue, dando altre istruzioni: vuole essere sicuro che Waahid non commetta errori, rischiando di sprecare un’occasione importante. Conclude dicendo:

- Accetta di buona grazia ciò che ti darà, ma non mostrarti avido. Se ti chiede che cosa vuoi, tu digli che ti va bene ciò che lui desidera darti.

Waahid fa un cenno di assenso con la testa.

Mentre il figlio esce, Munthir aggiunge:

- Non dire nulla a tua madre.

Le donne non capiscono certe cose, Fatima sarebbe capace di mettersi di mezzo e di compromettere il futuro del ragazzo.

 

Waahid ha diciassette anni. Suo padre gli ha insegnato l’arte della miniatura quando era ancora un bambino, sottoponendolo a un esercizio quotidiano: quello sarebbe stato il suo lavoro e doveva impararlo nel modo migliore, perché non è facile soddisfare i ricchi, gli unici che possono commissionare libri dipinti. Waahid si è applicato con la massima diligenza e ha rivelato subito capacità eccezionali: il padre ha incominciato presto ad affidargli la realizzazione di motivi decorativi sempre più complessi e poi anche di figure umane per i trattati di medicina e di astronomia che illustrava.

Ma Waahid è andato oltre e ha finito per superare il suo maestro: se quando aveva tredici anni nessuno avrebbe saputo distinguere le sue opere da quelle del padre, negli anni successivi tutti coloro che avevano modo di vedere i suoi dipinti li giudicavano di gran lunga migliori di quelli del padre. Munthir era orgoglioso della bravura di suo figlio, ma aveva molti dubbi sulle opere che questi realizzava per esercitarsi: ritratti, scene di vita, episodi storici. Il Corano proibisce la rappresentazione della figura umana e le miniature di Waahid non servivano per opere scientifiche: le autorità religiose e i musulmani osservanti avrebbero avuto da ridire.

Con il tempo, Waahid si è allontanato sempre più dalla strada seguita dai maestri che lo hanno preceduto: le sue miniature non sono dipinti molto semplici, privi di artifici, come quelle di Munthir, ma opere d’arte.

Le opere del figlio che Munthir mostrò ad alcuni possibili acquirenti suscitarono un grande entusiasmo: per la miniatura della conquista di Edessa da parte di Nur ad-Din uno dei cugini dello sceicco pagò monete d’oro sonanti, più di quanto Munthir avesse mai guadagnato per l’illustrazione di un intero manoscritto. Il ritratto dello sceicco realizzato da Waahid fu donato al sovrano e molti dei nobili che lo videro incominciarono a richiedere di essere a loro volta raffigurati. Ibn Abd Allah è l’ultimo, ma anche il più potente, di coloro che hanno chiesto un ritratto realizzato da Waahid.

 

Dopo il colloquio con il padre, Waahid si dirige verso la stanza dove lavora, attraversando il cortile.

Per anni si è concentrato nella pittura: ha investito le sue energie nella continua ricerca di nuove strade da percorrere, trascurando tutto il resto. La pittura lo appassionava e lo prendeva completamente, impegnandolo in una continua ricerca di nuove soluzioni.

Questo impegno intenso e prolungato lo ha distratto dagli stimoli della carne. Ma da un anno il suo corpo rivendica le proprie esigenze e Waahid non riesce più a ignorarle. Un desiderio dai contorni confusi lo tormenta.

Nel cortile Raoul sta tirando l’acqua dal pozzo. È uno schiavo che Munthir ha acquistato al mercato di Aleppo, un cristiano che svolge i lavori pesanti nella casa. L’uomo, che in questi due anni di prigionia ha imparato l’arabo, ha un corpo forte. Questo maschio biondo non ha un bel viso, eppure è lui che ritorna nei sogni di Waahid, è a lui che il giovane pensa la notte, quando il desiderio diventa troppo forte e la sua mano lo guida al piacere. Da quando lo desidera? Waahid non saprebbe dire. Forse dalla prima volta che lo ha visto a torso nudo, il torace possente luccicante di sudore. Da allora lo ha più volte spiato mentre si lava la sera, perché il desiderio di vederlo era più forte della vergogna.

Se suo padre sapesse che lui desidera uno schiavo, lo farebbe fustigare. Se Raoul lo toccasse, forse Munthir lo farebbe uccidere: il mercante Muhammad ben Fadlan ha fatto crocifiggere uno schiavo cristiano che aveva sorpreso a letto con uno dei suoi figli. Lo schiavo ha agonizzato per due giorni, finché non gli hanno spezzato le gambe.

Oggi Muezz ibn Abd Allah lo prenderà. È un bell’uomo, forte, i cui abiti sontuosi affascinano Waahid. Dipingerne il ritratto sarà un piacere. Ma essere posseduto da lui…

Waahid guarda Raoul, che ha finito di riempire i secchi. Non si è nemmeno reso conto di essersi fermato.

Raoul solleva la testa e lo vede.

Waahid dice:

- Raoul, di’ ad Abir di mettere l’acqua a scaldare subito dopo pranzo. Farò il bagno qui a casa.

Waahid va spesso all’hammam, con il padre, verso sera. Non è frequente che si lavi in casa. Ma oggi non c’è tempo per il bagno pubblico.

Raoul fa un cenno d’assenso.

- Certamente, padrone.

Raoul prende due secchi e si gira per andare nella cucina, ma Waahid aggiunge:

- Oggi andrò dal nobile Muezz ibn Abd Allah al-Misri. Vuole che io gli faccia un ritratto.

Non sa perché l’ha detto. Non sono affari di Raoul. Lo schiavo si è voltato verso Waahid. Sorride:

- È un grande onore essere stato scelto da uno degli uomini più influenti del regno.

Waahid annuisce. Raoul si gira e fa un passo verso la porta. Considera chiusa la conversazione. Waahid aggiunge:

- È un onore, certo.

Raoul si ferma e nuovamente si volta. Sembra interdetto. Non capisce che cosa Waahid voglia da lui, perché lo trattenga dopo avergli dato un ordine.

Waahid aggiunge:

- Credi che mi abbia scelto solo perché sono bravo?

Raoul ha intuito, Waahid glielo legge in faccia. Non sa che cosa dire. Tace: uno schiavo deve fare molta attenzione a quello che dice.

- Oggi mi porterai tu l’acqua.

Waahid si volta ed entra nella stanza in cui dipinge. Incomincia a preparare con cura tutto ciò che serve per realizzare il ritratto del nobile Mu’ezz. Si concentra nel compito da svolgere: non deve dimenticare nulla. Al resto penserà dopo.

Quando ha finito, Waahid controlla ancora tutto il materiale. Poi rimane a fissare la finestra.

Dopo un po’ si china e prende una cartellina nascosta nel doppio fondo di una vecchia cassa. Dentro ci sono solo due disegni. In uno c’è Raoul che tira l’acqua dal pozzo. Lo si vede di profilo, la schiena bagnata di sudore, il viso assorto nel compito. Non è un’opera completa, c’è solo un po’ di colore in alcuni punti. Un secondo disegno, senza traccia di colore, è poco più di uno schizzo e mostra Raoul nudo, che si lava. Waahid scuote la testa. Non sarà Raoul, sarà Muezz ibn Abd Allah. Un uomo nobile, potente, forte, ricco. Quanto di meglio si possa desiderare. Waahid fissa l’immagine di Raoul. Sente che il sangue affluisce al sesso.

 

Dopo il pasto familiare, Waahid comunica a Raoul che prenderà subito un bagno. Il servitore di Muezz ibn Abd Allah potrebbe arrivare tra non molto e Waahid vuole essere pronto. Raoul ha portato i secchi di acqua calda e di acqua fredda.

- Versali nella tinozza, Raoul.

Raoul obbedisce e controlla che l’acqua non sia né troppo fredda, né troppo calda. Adesso che il bagno è pronto, Waahid dovrebbe congedare Raoul.

- Va bene.

Raoul si dirige verso la porta, ma Waahid lo ferma.

- Resta, potrei avere bisogno di te.

Raoul è stupito, ma non dice nulla. Waahid incomincia a spogliarsi. Ora prova vergogna. Perché ha detto a Raoul di restare? Si interrompe. Non vuole mostrarsi nudo a Raoul. Questo pomeriggio Muezz ibn Abd Allah lo prenderà. Un uomo che Waahid conosce di fama, che ha appena intravisto alcune volte. Non ha nessun potere di scelta.

Waahid ha finito di spogliarsi, dando le spalle a Raoul. Ora si volta. Tiene gli occhi bassi, ma poi li alza e guarda in faccia Raoul.

C’è un momento di silenzio. Si fissano, senza dirsi nulla.

- Ti piaccio, Raoul?

Raoul tace. Rimane un momento immobile, poi si limita ad annuire, sempre in silenzio.

Waahid si gira ed entra nella vasca. Ignora completamente Raoul, mentre si strofina il corpo. Ma il cuore gli batte forte. Si lava in fretta. Poi si alza. Non guarda verso lo schiavo cristiano.

- Asciugami, Raoul.

Waahid si è sempre asciugato da solo: non è un giovane nobile, è solo il figlio di un artista stimato e ricco; a casa sua nessuno si fa assistere da schiavi nella pulizia personale.

Raoul prende il telo e avvolge il corpo di Waahid. Waahid sente l’odore intenso di sudore del corpo di Raoul: lo schiavo ha fatto qualche lavoro pesante. Al ragazzo sembra che la testa gli giri. La rovescia all’indietro e l’appoggia sulla spalla di Raoul. Chiude gli occhi.

Per un attimo non succede nulla. Poi le braccia di Raoul stringono Waahid, la sua bocca si posa sul collo del ragazzo, le sue mani gli accarezzano il petto, la destra sale fino alla guancia.

La voce di Raoul è un po’ roca. Parla pianissimo. Sa che se qualcuno lo sentisse, se li scoprissero, per lui sarebbe la morte.

- Lo vuoi, Waahid?

Waahid annuisce. Gli sembra di non riuscire a parlare. Queste mani che lo abbracciano e lo stringono gli tolgono le forze. Raoul lo bacia di nuovo sul collo, con forza, poi una mano scende al sesso di Waahid che già si tende, mentre l’altra gli stringe un capezzolo. Il telo scivola a terra.

- Appoggiati alla cassa, Waahid.

Ora, sta per succedere ora. Raoul sta per prenderlo. Waahid ha paura, vorrebbe non aver detto nulla, non aver provocato Raoul. Eppure lo desidera. Potrebbe fermare Raoul, basterebbe una parola: Raoul è uno schiavo, non può disobbedire. Ma non ci sono parole in bocca a Waahid, sono fuggite via.

Waahid si appoggia al tavolo. Raoul si inginocchia dietro di lui e le sue mani gli stringono il culo, con forza, divaricando le natiche. Poi Waahid sente lungo il solco la carezza della lingua di Raoul e gli sfugge un gemito. Raoul fa scorrere la lingua più volte, indugiando sull’apertura, spingendola dentro. Waahid geme ancora, più forte, tanto che Raoul gli dice:

- Piano.

Poi Raoul si alza. Si sputa sulla mano e inumidisce la cappella. Waahid sente contro l’apertura la pressione dell’arma di Raoul, che preme e forza l’anello di carne. Waahid chiude gli occhi. Gli fa male, ma non dice nulla: non vuole che Raoul smetta, vuole che l’arma penetri in profondità, trafiggendolo.

E l’uccello di Raoul si fa strada, lentamente, fermandosi ogni tanto, arretrando un po’, per poi ritornare alla carica, spingersi più avanti, mentre le mani di Raoul scorrono sul corpo di Waahid, accarezzano il culo e il torace, stringono l’uccello, strizzano i capezzoli, accarezzano una guancia, scivolano tra i capelli.

Raoul avanza ancora e Waahid geme. Raoul gli mette una mano davanti alla bocca, per soffocare il suono e Raoul morde, con forza, un dito. Raoul lo toglie. Il morso gli ha fatto male, ma Raoul ride, travolto dalla sensazione intensissima che prova. Sono due anni che non scopa, da quando è stato catturato. Mai avrebbe pensato di potere un giorno possedere il giovane padrone e coglierne la verginità. Perché Raoul ha capito che Waahid non ha mai avuto rapporti.

Raoul è giunto in fondo e prende a spingere con un movimento regolare, lento, mentre le sue mani stringono il corpo che gli offre. A tratti si ferma: non vuole venire troppo in fretta, vuole far durare questo momento, vuole gustare fino in fondo il nettare della coppa.

Ciò che Waahid prova è un misto di dolore e piacere. La sensazione che sale dal suo culo è fortissima, una sofferenza intensa, che è anche godimento: Waahid vorrebbe che Raoul si fermasse, che uscisse da lui, e nello stesso tempo vorrebbe che continuasse, senza fermarsi mai. Anche le mani di Raoul, che lo stringono e lo accarezzano, gli trasmettono un brivido. 

Raoul sente che non potrà trattenere più a lungo il desiderio. Prende in mano l’uccello di Waahid, turgido ma non ancora rigido. Lo accarezza con delicatezza, prima, poi con forza crescente.

Waahid si sente confuso, smarrito in un mare di sensazioni troppo forti. Geme ancora, morde la mano che gli tappa di nuovo la bocca e infine viene, mentre sente dentro di sé il seme di Raoul che si riversa nelle sue viscere. Gli pare di non riuscire a reggersi in piedi e si lascia andare. Solo le braccia di Raoul lo sostengono.

Chiude gli occhi.

Raoul si stacca, provocando un nuovo gemito in Waahid. Ora che hanno concluso Raoul è preoccupato per ciò che è avvenuto. La sua vita vale poco, pochissimo. Una parola di Waahid può significare la croce o la castrazione o infinite altre punizioni.

Waahid è stordito. Il piacere è stato intenso, il dolore forte. Si sente umiliato, sporco. Vorrebbe non averlo fatto. Sibila, con rabbia:

- Vattene.

Raoul obbedisce. Waahid entra nuovamente nell’acqua, appena tiepida. Sente il seme di Raoul dentro di sé e lo espelle. Si lava con cura, poi esce e si riveste. Non riesce a fare chiarezza nei suoi pensieri. Perché l’ha fatto?

 

Waahid si è appena rivestito quando arriva il servitore di Ibn Abd Allah: il nobile dev’essere impaziente. Waahid si dice che ha fatto bene a preparare tutto prima: adesso non avrebbe la lucidità necessaria e rischierebbe di dimenticare qualche cosa. Affida gli strumenti al servitore e lo segue verso la casa di Muezz ibn Abd Allah al-Misri. Mentre cammina per la strada avverte il dolore al culo. Perché l’ha fatto? Vorrebbe tornare indietro. Oggi Mu’ezz lo prenderà, come ha fatto Raoul. Waahid si ferma. Chiude gli occhi.

- Non stai bene?

Waahid scuote la testa.

- Andiamo.

Muezz ibn Abd Allah al-Misri è seduto sui cuscini nella sala. Ha indossato un abito di gala e le sue armi: vuole essere ritratto in tutta la sua gloria.

Quando il servitore fa entrare Waahid, Mu’ezz lo accoglie con un sorriso.

- Bene arrivato, Waahid.

Waahid cerca le formule di cortesia che conosce, sforzandosi di cacciare ogni altro pensiero.

- Grazie, illustre Muezz Ibn Abd Allah al-Misri. È un grande onore quello che mi avete concesso.

- Nessuno è più bravo di te a dipingere. La tua bravura è pari solo alla tua bellezza.

Waahid china il capo.

- Grazie, non mi merito questi elogi.

Mu’ezz ride. La vicinanza del ragazzo accende il suo desiderio. Sa bene che prima che il pomeriggio finisca, avrà posseduto questo ragazzo che di certo è ancora vergine: tutti sanno che il padre lo tiene sotto controllo.

- Iddio ti ha fatto un grande dono.

Mu’ezz sorride e aggiunge:

- Come intendi procedere?

Waahid si schiarisce la gola.

- Oggi disegnerò prima vostra eccellenza e l’ambiente, poi, nelle prossime sedute, utilizzerò il colore.

- Incominciamo.

Mu’ezz rimane immobile e Waahid si concentra nel suo compito. Con pochi tratti schizza la figura del nobile, poi incomincia subito a disegnare il viso: sa per esperienza che gli uomini difficilmente rimangono fermi a lungo e il volto è la parte che va fissata subito, perché basta il minimo movimento a mutare l’espressione.

E infatti, dopo non molto tempo, Mu’ezz parla. Mentre Waahid disegnava il suo ritratto, Mu’ezz lo ha guardato. È davvero un bel ragazzo. Il suo viso non è perfetto, forse, ma davvero ricorda la luna della quattordicesima notte. Il corpo appare armonioso e le mani eleganti. Il desiderio si tende.

- Quanto intendi farmi rimanere immobile, Waahid?

- Eccellenza, pazientate ancora un poco.

- Sono un uomo d’azione, io, non un perdigiorno.

Ma Mu’ezz lo dice sorridendo.

Waahid ha finito con il volto.

- Allora, come procede?

- Bene, mio signore. Ora potete parlare. Vi chiedo solo di non muovervi, in modo che io possa disegnare le vesti e gli ornamenti.

Quello che conta è la posizione. Waahid sa che potrà disegnare i dettagli in altri momenti, anche senza che lo sceicco indossi gli ornamenti e le armi.

Mu’ezz chiacchiera. Chiede a Waahid del suo lavoro. Poi dice:

- Così passi le tue giornate a lavorare… Un ragazzo della tua età ha bisogno di un po’ di svago.

Waahid sorride, incerto. Durante la seduta si è concentrato sul compito da svolgere, cercando di scacciare ogni altro pensiero, ma sa dove vuole arrivare il nobile Mu’ezz e si ricorda bene gli ammonimenti del padre.

- Sono ancora molto giovane, mio signore, e ho tanto da imparare. Mio padre ritiene che io non debba perdere tempo e frequentare gente che potrebbe distrarmi dal lavoro.

- Non si può lavorare sempre. Non hai degli amici?

- I miei cugini, mio signore. Qualche volta ci riuniamo tutti a casa di mio nonno.

- E le ragazze, Waahid? Qualche bella ragazza che posa per te?

L’idea è assurda. Nessun padre o marito permetterebbe che una donna della sua famiglia posasse per un ritratto: al massimo un ricco potrebbe decidere di far ritrarre una schiava. Waahid scuote la testa.

- No, mio signore.

Mu’ezz ride. Si alza.

- Per oggi basta. Ti ho fatto lavorare fin troppo.

Mu’ezz si avvicina e prende dalle mani di Waahid il foglio.

- Sei davvero bravissimo, ragazzo. Sia lode a Iddio che ti ha dato mani capaci di prodigi.

- Non merito questi elogi.

Mu’ezz si siede accanto a Waahid. Il ragazzo può sentire il profumo di muschio del nobile. Mu’ezz gli mette due dita sotto il mento e lo solleva:

- E sia lode a Iddio che ti ha dato un bel viso, Waahid. Come potresti creare bellezza, se non fossi tu stesso bello?

- Mio signore, siete troppo buono.

- Hai labbra di corallo e i tuoi denti sono perle del Mar Rosso.

Mu’ezz avvicina il suo viso a quello di Waahid, senza togliere le dita che tiene sotto il mento del ragazzo, e la sua bocca incontra quella di Waahid.

Waahid non è mai stato baciato sulla bocca. È una sensazione piacevole.

Mu’ezz si stacca, guarda Waahid sorridendo e nuovamente avvicina le labbra. Questa volta però, quando le loro bocche si incontrano, la lingua di Mu’ezz si spinge in avanti, tra i denti del ragazzo.

Waahid rimane disorientato: che cosa sta facendo il nobile Mu’ezz? La sensazione di quella lingua calda e umida che entra nella sua bocca suscita una certa repulsione, eppure anche curiosità. Mu’ezz ritira la lingua, si stacca, ride dell’imbarazzo del giovane, che evidentemente non è mai stato baciato così. Forse non è mai stato baciato. A Mu’ezz piace essere il primo con i ragazzi, gli piace che siano cera molle nelle sue mani, da plasmare. Gli piace guidarli a scoprire qualche cosa che essi non conoscono. Il ragazzo esperto può dare molto piacere, ma il giovane che non ha ancora conosciuto un uomo è una preda ben più ambita.

- Non hai mai baciato, Waahid?

Waahid scuote la testa.

- No, mio signore.

Mu’ezz ride, contento di avere accanto questo bel giovane inesperto.

Mu’ezz passa le mani sotto la veste di Waahid e la solleva. Il giovane rimane a torso nudo.

- Spogliami, Waahid.

Mu’ezz ha vesti sontuose e ornamenti. Le mani di Waahid tremano un po’ mentre cerca di sciogliere la cintura. L’idea di togliere gli abiti a Mu’ezz lo solletica, ma nello stesso tempo lo mette in imbarazzo. Mu’ezz non è uno schiavo, è un uomo ricco e nobile.

Mu’ezz viene in aiuto di Waahid, aiutando i suoi movimenti impacciati: le sue mani accompagnano quelle di Waahid, gli insegnano a sciogliere i lacci, aprire le fibbie, far scivolare le vesti. E mentre lentamente spoglia Mu’ezz, Waahid può sentire il profumo che impregna gli abiti del nobile. Anche il suo corpo ha una fragranza, in cui si mescolano il profumo e l’odore di maschio pulito. Waahid vorrebbe premere il viso contro il petto di Mu’ezz, che ora è quasi nudo, e assaporare l’aroma che ne emana. È bello il corpo di Mu’ezz, forte e virile, ma armonioso.

Mu’ezz lo prende tra le braccia e lo bacia di nuovo sulle labbra, poi la sua lingua torna a spingersi nella bocca di Waahid.

Mu’ezz si stacca e sorride. Ora indossa solo più i pantaloni. Tutt’intorno sono sparsi i suoi abiti e gli ornamenti. Waahid esita. Prova vergogna.

Mu’ezz lo bacia di nuovo, lo guida a stendersi sui cuscini e si stende su di lui. Waahid geme. Gli piace avvertire il peso di questo corpo sul suo, sentirne il profumo, il calore. Gli piace il tocco leggero delle mani che percorrono il suo corpo. Le dita di Mu’ezz fanno scivolare i pantaloni di Waahid e i propri. Ora i loro due corpi sono nudi e Waahid può sentire contro il ventre la pressione dell’uccello del nobile, turgido.

Mu’ezz gli bacia la bocca, gli occhi, poi le sue labbra scorrono sul collo e arrivano ai capezzoli, li mordicchiano, li accarezzano. Waahid ha l’impressione che il mondo vacilli, mentre le mani del nobile accompagnano le labbra in una carezza che dal ventre risale al collo e poi scende nuovamente.

Poi Mu’ezz volta Waahid e nuovamente si stende su di lui. Il nobile infila le dita in una ciotola e le spinge tra le natiche di Waahid, spargendo un unguento. Un dito entra nell’apertura, scivolando senza fatica. Poi Mu’ezz bacia Waahid sulla nuca e preme la cappella contro l’apertura. Penetra lentamente. Waahid prova di nuovo dolore, meno forte di quando è stato penetrato da Raoul, ma intenso. Chiude gli occhi e si tende, ma Mu’ezz lo accarezza e lo bacia, mentre indugia sulla soglia.

- Non ti preoccupare, Waahid. Non sarà doloroso. So come cavalcare un giovane puledro non avvezzo al morso.

Mu’ezz accarezza il ragazzo, prima di avanzare ancora.

Waahid chiude gli occhi. Mu’ezz spinge fino in fondo, poi si ferma. Il piacere che sale dal suo cazzo è intensissimo. Sta possedendo Waahid, che nessuno uomo ha mai posseduto. Il ragazzo è suo.

Mu’ezz prende a spingere, con movimenti lenti, per lasciare a Waahid il tempo di abituarsi.  Si muove a lungo, avanti e indietro, fino a che il desiderio diventa troppo forte per essere ancora tenuto a freno e allora le spinte diventano vigorose, in un crescendo che fa gemere Waahid, fino a che il seme si sparge nelle viscere del ragazzo e Mu’ezz si abbandona su di lui.

Waahid sente con sollievo che l’uccello di Mu’ezz perde volume e consistenza. Ora questa presenza estranea non è spiacevole ed è bello rimanere tra le braccia di quest’uomo vigoroso, sentirne il profumo, riceverne i baci e le carezze.

Mu’ezz rimane a lungo così, poi si stacca.

Si mette a sedere e guarda Waahid. Waahid può vederne l’uccello, ancora gonfio di sangue. Prova vergogna. Mu’ezz ride, poi dice:

- Alzati, pigrone.

Waahid si alza.

- Rivestimi, Waahid.

Mu’ezz si alza. Waahid prende i pantaloni e li mette in modo che Mu’ezz possa infilare i piedi, poi li alza e mentre lo fa guarda il vigoroso uccello che lo ha posseduto. Si ferma un attimo, le mani che stringono le brache all’altezza delle cosce, fissando l’asta. Poi si scuote, tira su i pantaloni e riveste Mu’ezz, che ogni tanto interrompe la vestizione per baciarlo.

Infine Waahid prende la collana d’oro che Mu’ezz portava al collo. Il nobile lo ferma.

- Quella è per te.

Waahid rimane frastornato: è un dono di una munificenza incredibile.

- Mio signore… io non posso accettare…

L’imbarazzo di Waahid è sincero e Mu’ezz ride nel vederlo disorientato. Gli piace che Waahid non sia avido.

- Prendila, Waahid.

Waahid scuote la testa. Posa la collana in grembo a Mu’ezz, come se scottasse. China il capo, preso di colpo da una vergogna che lo opprime. Gli sembra di essersi prostituito.

Mu’ezz gli mette due dita sotto il mento e lo solleva. Bacia Waahid sulla bocca. Ride. Poi gli mette la collana al collo.

- Ora puoi andare, Waahid. Domani il mio servitore verrà a prenderti alla stessa ora di oggi. Non farlo aspettare: sarò impaziente. Conterò le ore che mi separano dal nostro prossimo incontro. Voglio cavalcare ancora questo puledro.

Mu’ezz ride e bacia Waahid, che prende congedo. Mette la collana nella cassetta degli attrezzi: non può girare per le vie della città con un simile ornamento, non sarebbe prudente e non sarebbe confacente al suo rango.

Waahid torna a casa, accompagnato dal servitore di Mu’ezz.

Raoul è nel cortile. Sta cambiando la corda del pozzo, ma Waahid ha la sensazione che lo stesse aspettando. Waahid lo guarda. Come ha potuto cedere a un uomo come lui, uno schiavo, un infedele? Come ha potuto lasciare che lo prendesse, quest’uomo che puzza di sudore ed è vestito di stracci? Waahid volta la testa dall’altra parte, senza nascondere il suo disgusto.

Raoul non dice nulla. Conclude rapidamente il suo lavoro e rientra in casa.

Una serva si avvicina a Waahid e gli dice:

- Vostro padre ha detto di andare subito da lui.

Waahid annuisce e si dirige nella stanza dove il padre dipinge. Lo trova intento a dare il colore su una miniatura di un trattato di astronomia.

Munthir alza il viso. Gli basta guardare Waahid in viso per capire che è avvenuto ciò che si aspettava. Questa è una buona cosa. Bisogna però capire se il nobile Mu’ezz è stato soddisfatto.

- Tutto è andato bene, figlio?

Waahid china la testa. Si sente in imbarazzo. Non ha voglia di parlare con suo padre di ciò che è avvenuto.

- Sì, padre.

- Quando tornerai da lui?

- Domani, padre.

Questo è un buon segno: significa che Mu’ezz vuole rivedere Waahid presto.

- Ti ha fatto un dono?

Waahid annuisce. Prende dalla cassetta degli strumenti la collana d’oro e la porge al padre.

Munthir rimane stupefatto.

- Davvero un dono senza pari. Il nobile Muezz ibn Abd Allah al-Misri è un gran signore, che Iddio lo conservi e lo protegga e gli dia grande gloria, come merita.

Munthir ha preso la collana e la soppesa. Poi ammira il fine lavoro.

Un dubbio lo assale:

- Non gliel’hai chiesta tu, Waahid?

- No, padre.

- Hai detto che non la volevi, che era un dono troppo generoso?

- Sì, padre. Ma ha insistito.

- Bene, figlio. Hai fatto molto bene a schermirti e poi a prenderla.

Munthir è molto soddisfatto. Tutto è andato per il meglio.

 

Il giorno seguente Munthir dà ancora alcune raccomandazioni a Waahid. Conclude, ribadendo:

- Ricordatelo bene, figlio. Oggi non devi accettare nessun regalo. Altrimenti il signor Mu’ezz penserà che tu sia avido.

- Sì, padre.

Il servo di Mu’ezz arriva alla solita ora e accompagna Waahid a casa del suo padrone: Waahid conosce la strada e potrebbe andarci da solo o con uno dei servitori del padre, ma il fatto che il nobile Muezz ibn Abd Allah al-Misri lo mandi a prendere è un onore non da poco.

Quando arriva, Waahid fa vedere a Mu’ezz ciò che ha fatto nella mattinata, perfezionando il disegno preparato e incominciando a distribuire la base di colore.

Mu’ezz ammira il lavoro di Waahid.

- Mettiti all’opera, Waahid. Ma non farmi aspettare troppo. Sono impaziente…

Il sorriso di Mu’ezz non lascia dubbi sul senso da attribuire alla frase.

Waahid lavora con cura: sa benissimo che, anche se in questo momento ciò che interessa di più a Mu’ezz non è il ritratto, l’esecuzione della miniatura deve essere perfetta, perché è ciò che rimarrà e che sarà visto in futuro.

Al termine della seduta Mu’ezz sorride.

- Spogliati, Waahid, stando in piedi davanti a me. Voglio ammirarti.

Waahid è in imbarazzo. Si sente goffo, incapace di eseguire l’ordine con l’eleganza che sarebbe necessaria. Ma Mu’ezz sorride e mormora due versi:

- Ha l’eleganza del giunco

e il viso della luna piena.

Waahid è nudo davanti a lui e Mu’ezz, rimanendo seduto, lo avvicina a sé, appoggia la testa sul ventre del ragazzo e gli accarezza il culo. Le mani stringono, sfiorano, pizzicano, scivolano sulla pelle, cercano l’apertura. Poi Mu’ezz immerge due dita nell’unguento e lo spalma.

Come il giorno prima, Mu’ezz si fa spogliare da Waahid, ma poi rimane semisdraiato, appoggiato sui cuscini. Fa sedere Waahid sul proprio ventre e sorride. Waahid sente tra le natiche l’uccello che sta acquistando vigore e consistenza. Mu’ezz fa scorrere le mani sul corpo del ragazzo, gli strizza i capezzoli, gli mette le dita in bocca e Waahid morde leggermente.

- Sollevati un po’, Waahid.

Waahid obbedisce.

- Ora abbassati, piano.

Waahid abbassa il culo e sente la mazza di Mu’ezz premere contro l’apertura. Waahid si ferma, ma il nobile gli mette le mani sul culo e tira verso il basso, forzandolo a impalarsi sul suo cazzo teso.

Waahid ha una smorfia di dolore. Mu’ezz sorride.

- Voglio vederti in faccia mentre ti prendo, Waahid.

E le mani di Mu’ezz accarezzano il petto del ragazzo.

Mu’ezz muove leggermente il culo, dando piccole spinte, mentre le sue mani stringono le natiche di Waahid e guidano il ragazzo ad alzarsi e abbassarsi.

Il dolore cresce, anche se non è scevro da piacere. Ogni tanto il viso di Waahid si contrae in una smorfia di sofferenza. È bello sentire le mani forti di Mu’ezz sul culo, è bello respirare la fragranza dei profumi del nobile, è bello anche sentire questo palo nel culo, per quanto faccia male.

Waahid legge sul viso di Mu’ezz una tensione crescente e infine sente dentro di sé il seme.

Poi Mu’ezz lo attira a sé e lo bacia, a lungo.

Quando infine è sazio, Mu’ezz si fa rivestire da Waahid. E prima di congedarlo, gli porge un anello con un rubino.

- Prendi questo anello, Waahid.

Waahid risponde:

- No, mio signore. Mi avete donato una splendida collana ieri. Non posso accettare altro.

Mu’ezz sorride:

- Hai paura che mi rovini per te, Waahid? Potrei regalarti un gioiello al giorno per un anno intero, Waahid.

Waahid scuote la testa, arrossendo leggermente.

- No, mio signore, ma, davvero, non voglio accettare nulla.

Mu’ezz allunga una mano verso il vassoio ripieno di dolci che è appoggiato sul tappeto.

- Allora accetterai questo dolce.

E Mu’ezz gli mette in bocca un dattero ripieno di pasta di mandorle, che Waahid morde. Poi Mu’ezz gli porge l’altro pezzo del dattero e infine le sue dita, che Waahid lecca.

Mu’ezz ride.

- Domani non ti manderò a casa senza un dono, Waahid.

 

Una settimana è passata. Il ritratto è quasi concluso. Waahid vi lavora tutte le mattine, completando gli elementi tratteggiati durante le sedute pomeridiane.

Nella miniatura il nobile Muezz ibn Abd Allah al-Misri appare in tutto il suo splendore, nel lusso della sua camera, dove ogni oggetto testimonia l’opulenza e la raffinatezza del signore. Ogni dettaglio è disegnato con cura. Waahid ha anche raffigurato la ciotola dove si trova l’unguento con cui Mu’ezz prepara il suo ingresso. Waahid ha pensato di cancellarla, ma poi l’ha lasciata. Nessuno ne conosce l’uso, se non lui e Mu’ezz.

Ogni giorno Munthir raccomanda al figlio di obbedire in tutto e per tutto al nobile, che possiede Waahid, facendo con lui ciò che desidera. E ogni giorno Waahid riceve un dono, a volte un gioiello, a volte un dolce o un indumento, e torna a casa confuso e smarrito.

Anche oggi il nobile si fa spogliare dal ragazzo. È in piedi e Waahid si inginocchia per abbassargli i pantaloni. Guarda ammaliato l’uccello di Mu’ezz, che già si sta tendendo. Pensa che presto lo sentirà aprirsi la strada dentro di sé. Ma il nobile gli chiede:

- Ti piace, Waahid?

Waahid alza lo sguardo, fissa negli occhi Mu’ezz, poi riabbassa il capo, senza riuscire a dire nulla.

- Prova a gustarlo, Waahid.

Waahid esita. Non l’ha mai fatto. Prova vergogna, un senso di repulsione, ma nello stesso tempo desidera farlo. Avvicina il capo al sesso di Mu’ezz. Ne sente il profumo.

- Prendilo in bocca Waahid.

Waahid obbedisce. Mu’ezz gli accarezza i capelli e intanto gli dice:

- Leccalo, succhialo, datti da fare.

Waahid vorrebbe ritrarsi, questa presenza sempre più ingombrante nella sua bocca gli dà la nausea, ma sa che non deve scontentare Mu’ezz. Passa più volte la lingua intorno alla cappella, poi la succhia, mentre le sue mani stringono il culo del nobile.

- Sì, Waahid, continua.

Il ragazzo obbedisce, anche se non vorrebbe. Sente che Mu’ezz gli stringe i capelli, tanto forte da fargli male. E infine, per la prima volta, Waahid sente in bocca il seme di un uomo.

Mu’ezz si stacca. Waahid tiene il capo abbassato. Mu’ezz glielo solleva e si accorge che il ragazzo sta piangendo.

Mu’ezz lo accarezza.

- Non devi essere turbato, Waahid. Ti abituerai e proverai piacere.

Waahid annuisce. Mu’ezz gli porge nuovamente l’anello che gli ha offerto il secondo giorno:

- Tieni questo anello, Waahid. Ma voglio che tu te lo metta. Lo voglio vedere al tuo dito, domani. Altrimenti mi arrabbierò.

Waahid torna a casa ancora più confuso. Vorrebbe non aver mai incontrato Mu’ezz, anche se nella repulsione che prova per lui c’è anche desiderio.

A casa Waahid riferisce:

- Il signor Muezz ibn Abd Allah mi ha detto che vuole che io metta questo anello.

Munthir annuisce. Waahid non ha mai cercato di tenere per sé ciò che gli regala Mu’ezz. Se non gli vedesse l’anello al dito, il nobile potrebbe offendersi.

- Va bene, ma abbine cura.

Mentre Waahid rientra nella sua stanza, l’anello al dito, incrocia Raoul. Waahid si mette la mano aperta sul petto, in modo che l’anello sia ben visibile. Ma quando entra in camera sua, si siede sui cuscini e di colpo incomincia a piangere. Non sa perché lo fa.

 

Il giorno dopo Waahid si prepara a raggiungere Mu’ezz per la seduta, probabilmente l’ultima. Si è lavato, si è vestito ed è pronto. Deve solo mettersi al dito il gioiello che ha ricevuto in dono. Apre la scatola dove ha riposto l’anello e non lo vede. Waahid è preso dal panico. Incomincia a cercare disperatamente, ma il gioiello non c’è da nessuna parte e Waahid è sicuro di averlo messo nella scatola.

L’anello è scomparso.

Waahid esce rapidamente dalla stanza e raggiunge il padre.

- Padre, padre!

- Che succede, figlio?

- Qualcuno ha preso l’anello che il nobile Muezz ibn Abd Allah mi ha regalato.

- Cosa? Sei sicuro di quello che dici?

- Sì, padre, l’avevo messo nella scatola ieri sera e ora non c’è più.

- Qualcuno dei servi… maledetti! Chi ti ha visto con l’anello?

- Nessuno, no, lo schiavo franco. Sì, lui mi ha visto con l’anello, ieri.

- Se è così…

Munthir non completa la frase, ma la minaccia è ben chiara. Waahid si chiede se davvero sia stato Raoul a prendere l’anello.

Munthir manda a chiamare Raoul e due servitori.

- Cane, hai preso l’anello che è stato donato a mio figlio.

- No, signore. Non…

Il ceffone di Munthir impedisce a Raoul di completare la frase.

- Tu glielo hai visto ieri.

- Sì, signore, ma non l’ho preso io.

Un nuovo colpo, violento, fa scendere il sangue dal labbro di Raoul.

- Spogliatelo e perquisitelo.

Raoul si lascia spogliare senza opporre resistenza. I suoi abiti vengono controllati accuratamente, per essere sicuri che non abbia cucito l’anello da qualche parte. Uno dei servitori lo costringe ad aprire la bocca per vedere se non l’ha nascosto sotto la lingua. Infine lo forzano a piegarsi in avanti e uno dei due gli infila un dito in culo, per verificare che non l’abbia nascosto lì.

Poi due servitori frugano tra le sue cose, ma non trovano nulla.

- Nulla, mio signore. O l’ha ingoiato o l’ha dato a qualche complice.

- Legatelo in cortile.

Raoul si dibatte, ma i due schiavi lo trascinano. Con l’aiuto di un altro servitore lo legano al palo.

- Bada, schiavo, se non confessi dove hai nascosto l’anello, morirai.

- Non l’ho preso io.

Munthir sputa a terra e si rivolge a uno dei servitori.

- Frustalo, Shafi, finché non confessi o non muoia.

Waahid guarda la frusta che si abbatte sulla schiena di Raoul.

Raoul sussulta, mentre una striscia rossa gli appare sul dorso. Grida:

- Non l’ho preso io.

Ma Munthir fa un cenno con il capo e nuovamente il servitore abbatte la frusta sulla schiena dello schiavo.

Altri colpi si susseguono e Waahid si rende conto sgomento che vedere Raoul frustato lo eccita: l’uccello sta riempiendosi di sangue. Waahid deglutisce. Vorrebbe andarsene, ma guarda, ammaliato, la frusta che si abbatte, lasciando segni rossi sulla schiena dell’uomo.

Si sente uno scroscio: Raoul ha perso il controllo della vescica e sta pisciando. Una nuova frustata lo fa sussultare e al guizzo del corpo, anche il getto di piscio si sposta. Waahid chiude gli occhi. Il desiderio è violentissimo.

Waahid deglutisce ancora, mentre la frusta si abbatte un’altra volta sulla schiena di Raoul. Waahid si rivolge a suo padre:

- Padre, non possiamo sapere se è stato lui. Mi ha visto con l’anello, ma potrebbe averlo rubato qualcun altro. Fa’ controllare tutte le stanze.

Munthir annuisce. Il servitore di Mu’ezz arriva in quel momento.

- Tu va’, Waahid. Mi occuperò io della faccenda. Se il nobile ti rimprovera perché non hai l’anello, spiegagli che cosa è successo e digli che lo troveremo.

 

Il nobile Mu’ezz accoglie Waahid sorridendo. Lo bacia e poi si siede perché Waahid possa completare il ritratto. Il ragazzo è contento che Mu’ezz non si sia accorto che lui non ha l’anello, ma mentre tira fuori l’occorrente dalla cassetta, Mu’ezz gli dice:

- Come mai non hai al dito l’anello che ti ho dato, Waahid? Ti avevo chiesto di mettertelo.

- Perdonatemi, nobile Muezz ibn Abd Allah. Quando l’ho cercato per metterlo, ho scoperto che era stato rubato. Mio padre ha fatto fustigare uno schiavo franco che sospettiamo di aver preso il gioiello.

Mu’ezz si è rabbuiato.

- Se quell’uomo ha preso il gioiello, portatelo al cadì, che gli faccia tagliare la mano destra. Meriterebbe di essere crocifisso.

- Non possiamo essere sicuri della sua colpa. In ogni caso mio padre sta indagando e sicuramente lo ritroverà.

Mu’ezz annuisce, ma è ancora irritato.

- Se permettete, eccellenza, proseguirò con il ritratto.

- Sì, Waahid, fammi vedere che cosa hai fatto.

Come al solito, Waahid ha lavorato a casa su alcuni dettagli. In mattinata ha completato il sontuoso abito di Mu’ezz e ormai manca davvero poco perché la miniatura sia ultimata.

La bellezza del ritratto fuga l’irritazione di Mu’ezz, che bacia ancora Waahid. Il giovane si mette a lavorare.

Dopo aver dato ancora alcuni tocchi di colore, Waahid osserva il lavoro. Ormai la miniatura può dirsi conclusa. A casa lavorerà ancora su alcuni dettagli e poi porterà l’opera completata al nobile.

Mu’ezz si fa spogliare. Poi fa stendere Waahid sul dorso, gli solleva le gambe e se le appoggia sulle spalle. E mentre guarda Waahid, lo penetra. Mu’ezz si muove con lentezza e la mente di Waahid torna indietro, alla scena a cui ha assistito prima di uscire di casa. Ripensa alla fustigazione di Raoul, rivede la sua schiena in cui le frustate lasciano segni rossi e infine la pelle che si spacca e il sangue che cola. Waahid non sa perché, ma il pensiero lo eccita.

Il desiderio cresce, violento; l’uccello si tende. Waahid rivede il momento in cui Raoul ha perso il controllo della vescica, il guizzo del suo corpo sotto la nuova frustata. Waahid geme, mentre l’ondata del piacere lo travolge: per la prima volta è venuto mentre Mu’ezz lo possedeva.

Mu’ezz sorride e con alcune spinte poderose viene anche lui. È orgoglioso di aver portato il ragazzo a godere, per la prima volta. Gli sembra di aver concluso un’opera importante, come quella che ha ultimato Waahid. Il ragazzo ha ritratto il nobile, il nobile ha istruito il ragazzo nei piaceri della carne.

Mu’ezz pagherà lautamente il ritratto e farà ancora un dono munifico al ragazzo, ma è sicuro che per Waahid il compenso maggiore sia ciò che gli ha insegnato.

 

A casa Munthir accoglie Waahid dicendogli:

- È stata Yehosheva. Quella stupida ebrea lo ha nascosto nella farina.

- Lo schiavo franco era innocente?

Munthir alza le spalle.

- Sì. Ma le frustate non lo hanno ucciso. Sono un buon ammonimento. Ci penserà su due volte prima di rubare qualche cosa.

Poi Munthir aggiunge:

- Il nobile ha visto che non avevi l’anello?

- Sì, l’ha notato subito. Era irritato.

- Domani andrai da lui con l’anello.

Waahid si inchina. Torna nella sua camera e si cambia. Poi si alza ed esce nel cortile. Si dirige nella camera dove dormono gli schiavi.

Raoul è disteso bocconi sul suo giaciglio, nudo. Waahid guarda la schiena con i segni delle frustate. Guarda il culo, percorso da striature rosse tra la peluria bionda. Nuovamente Waahid sente il desiderio crescere. Esce rapidamente.

 

Il mattino seguente Mu’ezz riceve una comunicazione dal mercante Aban: costui ha della merce che ritiene possa interessare al nobile Muezz ibn Abd Allah al-Misri e se il signore vorrà vederla, sarà lieto di portargliela, a meno che il signore non preferisca recarsi al mercato degli schiavi. Mu’ezz è curioso di vedere la merce. Aban conosce bene i suoi gusti e gli ha sempre procurato prodotti di pregio. 

Mu’ezz ordina al mercante di presentarsi in mattinata. Aban arriva senza perdere tempo: Mu’ezz è il suo migliore cliente e per il tipo di merce che Aban gli offre, paga più di quanto sarebbe disposto a sborsare chiunque altro.

Aban ha davvero mercanzia di pregio: uno splendido ragazzo persiano, più giovane di Waahid e di una bellezza unica. Il viso è incantevole, davvero un volto di luna piena, con grandi occhi da gazzella e labbra di corallo.

- Di certo neppure il guardiano del paradiso è più bello di questo giovane, illustre Muezz ibn Abd Allah al-Misri.

Mu’ezz annuisce.

- Spogliati, ragazzo.

Il giovane ha un tremito. Guarda il suo padrone, che intima:

- Muoviti, sciocco. Non fare aspettare il grande Muezz ibn Abd Allah al-Misri.

Il ragazzo obbedisce, a capo chino. Anche il corpo del giovane è perfetto: le proporzioni sono armoniose e la carnagione chiara è priva di difetti. Mu’ezz sente il desiderio premere dentro di lui.

- Voltati.

Il giovane si gira. Mu’ezz si dice che il giovane ha il più bel culo che abbia mai visto.

- Quanto vuoi per questo giovane, Aban?

Aban chiede molto. Mu’ezz scuote la testa: sa bene che il mercante è troppo esoso, ma poco gli importa. Questo corpo di avorio ha acceso un fuoco e c’è un solo modo per spegnerlo.

 

La seduta pomeridiana si svolge molto in fretta. Mu’ezz ammira il ritratto, loda Waahid, dice che provvederà a saldare con suo padre. A Waahid regala un secondo anello, con uno splendido smeraldo. Poi lo bacia sulla bocca e lo congeda, dicendogli che ha fretta.

Waahid torna a casa in preda a sensazioni confuse. È la prima volta che Mu’ezz lo rimanda a casa senza che i loro corpi si siano incontrati. Non gli ha neppure detto di tornare, come se con il completamento del ritratto anche il loro rapporto si fosse concluso. È così?

Prima di entrare in casa nasconde l’anello, non sa neppure perché lo fa. Poi si presenta a suo padre.

- Come mai già qui, figliolo? Hai contrariato il nobile Muezz ibn Abd Allah?

- No, padre. Mi ha detto che aveva fretta e che provvederà a pagare il ritratto. Era molto soddisfatto dell’opera, ma mi ha congedato subito.

Munthir non è contento della faccenda. Che cosa è successo? Vorrebbe andare dal nobile Mu’ezz e chiedergli se il ragazzo lo ha scontentato, ma non può certo presentarsi senza essere stato convocato.

Il giorno dopo un servitore porta una borsa di denaro da parte di Mu’ezz. È una somma molto consistente, più di quanto Munthir sperasse di ottenere: il nobile è molto generoso. Ma Mu’ezz non ha chiesto di Waahid.

Munthir chiama Waahid e si fa consegnare l’anello con il rubino. Lo mette insieme agli altri gioielli. Mentre guarda lo scrigno che contiene i regali di Muezz, Munthir pensa che i doni sono stati molto generosi: in particolare la collana e l’anello hanno un grandissimo valore. E il ritratto che Waahid ha fatto sarà visto e apprezzato da tutta la corte. Questo è importante per il futuro del ragazzo.

Ma Munthir è un po’ deluso. Sperava che Waahid riuscisse a legare a sé Mu’ezz. Invece il nobile sembra aver perso interesse. Munthir ne sospetta il motivo: questa mattina al mercato ha sentito dire che ieri Mu’ezz ha comprato un giovane schiavo persiano. Mu’ezz è sempre stato un incostante.

 

Waahid guarda l’anello con lo smeraldo che il nobile Mu’ezz gli ha regalato. Vorrebbe gettarlo via. Gli sembra di odiare Mu’ezz, ma ci sono dei momenti in cui pensa a lui con rimpianto. E il suo corpo lo tormenta.

Waahid guarda in cortile. Raoul sta tirando l’acqua dal pozzo. Waahid prende la cartellina nascosta nel doppio fondo della cassa. Ne estrae quattro disegni. Guarda gli ultimi due. In uno si vede Raoul che viene fustigato: il corpo nudo sembra guizzare, mentre il getto di piscio scende. Nell’altro Waahid si è rappresentato mentre Mu’ezz lo prende. Il disegno è solo uno schizzo. Waahid lo prende e lo strappa rabbiosamente. Si affaccia alla finestra e chiama:

- Raoul! Appena hai finito con l’acqua, vieni qui.

Raoul arriva poco dopo. Waahid ha riposto i disegni. Guarda lo schiavo franco.

Waahid sente una rabbia enorme dentro di sé. Intima:

- Spogliati, Raoul.

Raoul lo guarda, poi si spoglia, senza dire nulla. Waahid lo guarda. Raoul ha un corpo forte. Waahid si avvicina a lui. Ora ne sente l’odore. Non è il profumo raffinato del nobile Mu’ezz, è un odore di sudore e di fatica.

- Spogliami.

Raoul respira a fondo e poi incomincia a togliere gli abiti di Waahid. Procede con movimenti bruschi: le sue mani non hanno la delicatezza di quelle di Mu’ezz, sono mani di schiavo. Waahid avvicina la sua bocca a quella di Raoul e lo bacia, ma l’alito di Roaul non ha l’aroma di quello di Mu’ezz.

Waahid vorrebbe dire a Raoul di andarsene, ma lo schiavo gli posa le mani sul culo e stringe forte, poi lo bacia con impeto, lo afferra e con lui si lascia cadere sul giaciglio.

Waahid lascia che Raoul lo volti. Sente contro l’apertura il grosso cazzo dello schiavo, poi le dita di Raoul che spargono un po’ di saliva, poi di nuovo la cappella che affonda nella carne. Raoul dà inizio alla cavalcata, spingendo avanti e indietro con forza, mentre le sue mani tormentano l’uccello e le palle di Waahid, strappandogli piccoli gemiti.

E, come la prima volta, quando Raoul sente che il piacere non può più essere contenuto, afferra l’uccello di Waahid e muove velocemente la mano, finché il ragazzo viene e Raoul viene subito dopo di lui.

Waahid chiude gli occhi. Lascia che si allontani l’onda del piacere che lo ha travolto. Poi dice:

- Vattene.

Raoul lo bacia leggermente sulla nuca, poi esce da lui, si riveste e se ne va. Waahid non volta la testa.

 

Waahid esce da casa con una scusa. Passa per il mercato degli orafi. In una bottega mostra l’anello con lo smeraldo e chiede quanto vale.

Il mercante guarda dubbioso il ragazzo.

- Questo anello è tuo?

- Sì, mi è stato donato.

L’orafo non è del tutto convinto, anche se Waahid non ha l’aspetto di un ladro e i suoi abiti sono eleganti: l’anello è di gran pregio, troppo perché lo possegga questo giovane. Però acquistarlo potrebbe essere un ottimo affare. Il ragazzo non ne conosce certo il valore e probabilmente accetterebbe di venderlo a un prezzo molto vantaggioso per l’acquirente.

L’orafo esamina con cura l’anello e la pietra, poi dà la sua valutazione. Si dichiara disponibile ad acquistarlo. Waahid sa bene che dovrebbe contrattare: il mercante approfitta della sua inesperienza. Ma a Waahid non interessa: la cifra che offre l’orafo è sufficiente per fare quanto ha in mente. L’affare viene concluso. Il mercante pagherà il giorno dopo.

 

Waahid si presenta puntuale all’appuntamento. Il mercante controlla ancora l’anello, per essere sicuro che non sia stato sostituito, poi paga Waahid. Il ragazzo va al mercato degli schiavi. Si rivolge a Radi, un mercante che spesso ha schiavi franchi. Parla con lui, poi gli dà quasi tutta la somma che ha ricevuto per l’anello.

 

Il giorno seguente Radi giunge all’abitazione di Munthir e chiede di parlare con il padrone di casa.

- Munthir ibn Fa’ez, oggi è il tuo giorno fortunato.

- E perché mai, Radi ibn Shafi?

- Sono giunti in città dei mercanti in cerca di schiavi franchi. I monaci cristiani di qualche fottuto monastero hanno raccolto una grossa cifra per riscattare i franchi che sono nostri schiavi. I mercanti mi hanno contattato e posso offrirti per il tuo schiavo franco una cifra assai superiore al suo valore.

Munthir storce la bocca.

- Non intendo venderlo. Lavora bene e ormai lo conosco. Dovrei comprare un altro schiavo, che poi magari si rivelerà pigro o ladro o incapace.

- Ti procurerò un ottimo schiavo. Ne ho uno sottomano che vale molto, gran lavoratore e obbediente . E non è un infedele. Te lo darò e in più avrai quattro monete d’oro.

Munthir è stupito, l’offerta gli sembra troppo generosa per non sospettare qualche inganno. Ma l’affare appare davvero ottimo.

Munthir e Radi discutono ancora un momento. Poi Munthir fa chiamare Raoul, lo consegna a Radi e intasca il prezzo pattuito. Nel pomeriggio Radi gli porterà il nuovo schiavo. Se sarà soddisfatto di lui, Munthir lo terrà, altrimenti lo rimanderà indietro e il mercante gli darà altro denaro.

 

Dalla finestra Waahid guarda Raoul uscire con il mercante.

Radi dà a Raoul il documento con cui viene dichiarato un uomo libero. Gli versa la cifra pattuita con Waahid, che permetterà a Raoul di raggiungere i territori franchi. Raoul non capisce, ma Radi gli racconta la stessa storia che ha escogitato per acquistarlo. Non gli dice che i soldi provengono da Waahid e non dai monaci.

 

Waahid si è steso sul letto, anche se dovrebbe lavorare. Ha detto di avere mal di testa. Chiude gli occhi, ma le lacrime scorrono lo stesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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