L‘orticaria
Orlando Lucio Betancur del Socorro. Nando copia il nome
scritto sul modulo, con una certa insofferenza. È tanto lungo che deve
utilizzare un carattere particolarmente minuto. Una volta finito, guarda in
faccia il suo cliente.
– Tutto qui? Sicuro che poi non saltano fuori altri nomi e
cognomi?
Il tono tra il sarcastico e l’ironico non viene colto.
– È quello sul documento, no? Ma in effetti al mio paese
avevo altri due nomi.
Nando strabuzza gli occhi.
– Sul serio?
– Sì, là ero registrato come Orlando Lucio Alejandro Pedro,
ma qui in Italia pare che i campi predisposti nei programmi non siano
sufficienti a contenere tutti questi caratteri, quindi me l’hanno tagliato.
– Spero abbiano tagliato solo quello – mormora Nando, tra sé
e sé.
La battuta è maliziosa, ma Nando pensa che tanto il cliente
non può sentirla, o, mal che vada, neppure la capisce.
– Il resto è tutto integro. C’è bisogno di una verifica? –
risponde invece, facendo cenno di slacciare il cinturone borchiato alla Elvis
Presley.
– Ok, ok, scherzavo.
Non solo l’ha sentita, ma l’ha pure capita. Nando si ritrova
spiazzato.
– Da quanto tempo sei in Italia?
– Da quarant’anni.
Nando guarda sul modulo la data di nascita e fa due conti.
Betancur è in Italia da quando aveva un anno. Si dice che è meglio rientrare
nei ranghi e dargli pure del lei.
Continua a riportare sul computer i dati del modulo, fino
alla sezione titolo di studio, che è rimasta in bianco. Non sarebbe
obbligatorio, ma serve per le statistiche.
– Mi scusi, ha dimenticato d’indicare il titolo di studio.
– Lo spazio è troppo poco anche per quello.
Nando lo guarda bene in faccia.
– È sufficiente restare sul generico. Diploma? Laurea?
– Tre lauree, un dottorato e due master.
– Ho capito.
Nando ci fa stare tutto, riportando il carattere a 8. Adesso
sarebbe anche propenso a dargli del voi.
Stampa il contratto e gli porge la penna.
– Una firma qui sotto e abbiamo finito.
– Grazie.
– Grazie a lei per averci preferito come suo gestore
telefonico.
Orlando fa due passi verso la porta, poi torna indietro.
– Ha dimenticato di restituirmi i documenti.
Nando si dà una manata sulla fronte, si avvicina alla
fotocopiatrice e solleva il coperchio.
– Mi scusi tanto, dottore. Ecco a lei. Arrivederci.
Orlando fissa per un attimo il badge che Nando tiene appeso
al taschino.
– Arrivederci, Fernando.
Betancur rispecchia molto da vicino il suo tipo d’uomo:
spalle larghe, bel culo. Con quei jeans attillati non ha potuto fare a meno
di notarlo. L’ha visto bene, perché teneva la giacca appesa a un dito, dietro
la spalla. Appena uscito Betancur, esce dal negozio anche lui, appoggiandosi
alla vetrina. Con lo sguardo lo segue mentre si allontana. Appena arrivato
all’angolo qualcuno lo chiama. Betancur si volta e sorride, prima di essere
travolto dall’abbraccio di una bella donna. Nando rientra in negozio. Ne ha
visti passare tanti di bei tipi davanti al suo bancone. I tipi che lo
attraggono sono sempre inavvicinabili, però. D’altra parte non è colpa loro.
È lui che non cerca nei posti giusti. Anzi, non cerca e basta. Vuole una vita
semplice, senza complicazioni. Vuole essere ignorato, passare inosservato,
crogiolarsi, se e quando vuole, in una confortante autocommiserazione. Vuole
essere l’ultimo dei mohicani, il guardiano del faro, il cavaliere solitario.
Può ottenerlo facilmente. Per riuscire attraente per qualcuno dovrebbe
nutrirsi di calamite tutto il giorno.
Se c’è una cosa che Nando odia è innamorarsi di qualcuno che
non lo degna nemmeno di un'occhiata, oppure innamorarsi di un etero. Come
abbia fatto a innamorarsi di Anacleto, resterà per sempre un mistero. Abitano
nello stesso palazzo da due anni. Quando s’incontrano si fermano a
chiacchierare del più e del meno, scherzando e ridendo. Anacleto è sempre
allegro. Ma ultimamente ha qualcosa che non va. Vuole lasciare la sua
ragazza. Glielo ripete da due mesi. E da due mesi è triste. E la sua
tristezza l’ha conquistato. Forse soffre della sindrome della crocerossina.
Amare le persona sbagliate è nella sua natura. Nando si è convinto di farlo
appositamente, per non dover affrontare un vero rapporto con qualcuno. Come
sarebbe amare ed essere riamati? Un tonfo in fondo al cuore gli dice che non
è esattamente quello che vuole. La morsa che lo stringe non è desiderio, no,
è paura. Una fottuta paura di trovarsi davanti alla persona giusta, quella
che lo potrebbe comprendere, anche solo con uno sguardo. Il solo pensiero lo
terrorizza. Perché? Vallo a capire. Anelare l’amore vero e fare di tutto e di
più per evitarlo. Roba da andarsi a curare da uno psichiatra. Uno davvero
bravo, però.
La sala d’attesa è al completo. Non c’è neppure una sedia
libera. Nando si rassegna a restare in piedi, appoggiato al muro. Dalla sala
visite 42 esce l’infermiera a raccogliere le impegnative degli ultimi
arrivati. Nando le porge la sua.
– C’è da aspettare qualche minuto in più. Oggi mancano due
medici. Per fortuna ci hanno mandato un rinforzo dal reparto.
– Non c’è problema. Mi sono tenuto il pomeriggio libero.
– Bene. Se vuole può sedersi sulla panca del corridoio
davanti alla sala 46.
Nando guarda più avanti. La panca in effetti è vuota.
– Grazie.
Va a sedersi e guarda l’orologio. Il suo appuntamento era
per le 15,00. Sono le 15,00 adesso.
Nel corridoio c’è un bel via vai. Oltre ai pazienti che
entrano ed escono dalle sale visita, ci sono dottori e infermieri che
camminano velocemente, da destra a sinistra e da sinistra a destra. Sembrano
tutti molto indaffarati.
Finalmente sente il suo nome provenire dall’altoparlante,
sala 46. Proprio davanti a lui. In effetti un paziente ne è appena uscito.
Nando bussa leggermente, poi entra.
Il medico lo invita a sedersi, senza neanche sollevare la
testa.
– Mi scusi solo un attimo. Devo finire una registrazione.
Nando è rimasto senza parole. Il medico è Orlando
Vattelapesca Betancur e qualcos’altro.
– Bene. Mi dica – lo invita il dottore, guardandolo
finalmente in faccia, senza dare segno di riconoscerlo.
– Ho delle macchie rosse sulla schiena.
– Si spogli.
Nando pensa che dopotutto, a uno di loro due è toccato
spogliarsi davanti all’altro. Però avrebbe preferito che fosse Orlando.
– Direi che si tratta di una banale orticaria. Le prude?
– Non sempre.
– Da quanto va avanti?
– Una settimana.
– Per essere sicuri farei un esame del sangue. A volte anche
le allergie alimentari provocano gli stessi effetti.
– Capisco.
– Hai motivi per essere stressato?
– Può darsi, un poco – risponde Nando, sorpreso che il
medico gli dia del tu.
Orlando chiama l’infermiera.
– Deve farmi un prelievo.
– Subito, dottore.
Intanto il medico inizia a scrivere qualcosa sul suo
terminale. Quando ha finito, lancia una stampa.
Nando odia farsi prelevare il sangue. Per fortuna
l’infermiera è molto brava: trova subito la vena. La stampa e il prelievo
terminano contemporaneamente. L’infermiera chiude la fiala, prende la stampa,
infila tutto in una busta di plastica e se ne va.
– Ha tempo per ripassare tra un’ora?
Ma come? È tornato a dargli del lei?
– Sì, ho il pomeriggio libero.
– Allora venga alle 17,00. Avrò finito con l’ultima visita e
potremo valutare con calma, senza che nessuno ci disturbi.
– D’accordo, arrivederci dottor Betancur.
– Arrivederci, signor Pastorello.
Nando si perde tra gli ascensori dell’ospedale. Faceva prima
a scendere per le scale. Mentre sta per uscire vede il bar. Un caffè può
prenderselo anche qui. Ci sono cinque persone in coda alla cassa, ma la fila
si muove rapidamente. Anche al bancone sono veloci. All’improvviso si domanda
che fretta abbia. Deve aspettare le cinque e non sa cosa fare. Si rilassa.
Dopo il caffè, esce dall’ospedale e accende una sigaretta.
Di fronte c’è un’edicola. Ecco cosa può fare: leggersi una rivista su una
panchina del parco di fianco al parcheggio. Calcola il tempo che ci vuole per
raggiungerlo. Cinque minuti, più i cinque per salire in ascensore,
aggiungiamone cinque di sicurezza. Gli basterà ritornare un quarto d’ora
prima dell’appuntamento. Si siede all’ombra. Per essere una giornata di
giugno fa già troppo caldo.
Apre la rivista e subito gli cade sotto gli occhi un
servizio fotografico sulla Land Rover Defender D1. Che esagerazione! Subito
dopo c’è un camper superlusso: eleMMent Palazzo. Con stizza, richiude la
rivista. Questa roba dovrebbero mostrarla solo su riviste da gente ricca. Lui
si è dovuto mettere in collo 36 rate per una Punto. Mica è un dirigente
d’azienda, lui. E nemmeno uno di quei professoroni che prendono 250 euro di
onorario a visita. Certo che se avesse studiato... Magari poteva diventare un
medico come Betancur Vattelapesca. Che tipo, quello. Prima passa dal lei al
tu e poi ritorna al lei, come se niente fosse. Nando si ricorda
all’improvviso che lui ha fatto lo stesso. Allora non è stato un caso. Forse
il dottore se n’è ricordato. Ha solo fatto finta di non riconoscerlo, mentre
invece...
Alle cinque spaccate è davanti alla sala 46. Non sa se
bussare o aspettare che sia Betancur ad aprire la porta. Dopo un minuto,
l’infermiera si affaccia, cercandolo con lo sguardo.
– Sì, è arrivato. Allora io vado. A domani, Orlando.
Quindi, uscendo, gli sorride.
– Può entrare. Il dottore la sta aspettando.
Il corridoio è deserto. In giro non c’è più nessuno. Nando
ha una strana sensazione. Entra, richiudendo la porta.
– Allora, signor Pastorello, dall’esito degli esami non
risultano allergie, quindi possiamo escluderle. È molto probabile che la sua
orticaria sia originata da stress. Ci sono altre possibili cause, ma sono più
rare. Per esempio in alcuni casi è dovuta al contatto con l’acqua o con
elementi di vario genere. Si è disteso nudo su tavole di legno verniciate da
poco?
– No – risponde Nando.
– Magari si è messo a prendere il sole su una panchina. Può
essere?
– No.
– Ha cambiato casa di recente?
– No.
– Ha ristrutturato il bagno?
– No. Nella mia vita, negli ultimi sei o sette anni non è
cambiato niente.
– Sicuro?
– Ho cambiato l’auto, ma è passato un anno e poi non guido a
torso nudo.
– Allora è stress. Anche una vita sempre uguale, monotona,
di cui a volte ci si può annoiare, potrebbe causare uno stress. Lei è
sposato?
– No.
– Vive da solo?
– Sì.
– Anch’io. A volte è stressante.
– Quindi per guarire da questa orticaria che cosa mi
consiglia? Devo cambiare vita?
– Questa è una decisione che può prendere solo lei. Io
intanto le prescrivo una pomata e un gel per la doccia. È sicuro che non
abbiano fatto lavori idraulici nel suo condominio, ultimamente?
– Sì.
– D’accordo. Proviamo con questi.
– Proviamo?
– Per quanto la ricerca sia molto avanzata, la dermatologia rimane
una scienza poco precisa. Questo è dovuto al fatto che ciascuno di noi ha una
pelle diversa, che reagisce in modo diverso.
Nando guarda il dorso della mano di Betancur, mentre scrive
velocemente la ricetta. Ha un colore più scuro del suo, ma la grana è uguale.
– Non è solo un problema di colore – commenta il medico, che
ha seguito il suo sguardo e forse anche i suoi pensieri.
– Capisco.
– La prossima settimana può tornare per un controllo?
– Sì, va bene.
– La vedrà un mio collega. Io sono qui in sostituzione.
– Peccato.
Orlando solleva lo sguardo, fissandolo profondamente negli
occhi per un nanosecondo. L’effetto è più o meno quello di un fulmine in un
cielo terso. Nando aspetta il rombo del tuono, che però non arriva.
– Le consiglio di acquistare pomata e gel nella farmacia
subito fuori l’ospedale. So che alcuni pazienti hanno fatto fatica a
procurarsele, altrove.
– La ringrazio, dottore.
Nando si alza. Nel frattempo Orlando ha spento il computer,
infilato un’agenda in una borsa e si è alzato. Mentre lo raggiunge alla
porta, Nando nota gli zoccoli sanitari di plastica viola.
Percorrono il corridoio insieme. Poi Orlando si ferma.
– Se mi aspetta un attimo prendiamo l’ascensore insieme.
Nando annuisce, quasi con rassegnazione, mentre Orlando
entra in una saletta vuota. Poco dopo ne esce senza camice. Porta i jeans,
una t-shirt nera e la cintura borchiata che ha già notato l’altra volta.
– Andiamo. L’accompagno alla farmacia. Devo ritirare anch’io
un medicinale.
Si avviano in silenzio. Nando non trova niente di vagamente
intelligente da dire. Betancur non pare interessato a fare conversazione con
lui. Sono due perfetti estranei che per caso camminano insieme nella stessa
direzione. A Nando non dispiacerebbe conoscere meglio il medico, ma ha la
netta sensazione che a Betancur non interessi minimamente conoscerlo. In
fondo il loro è un incontro casuale, due volte casuale.
– Eccoci arrivati. La saluto.
– Grazie, dottore. Arrivederla.
Nando si mette in coda, mentre Bentacur fa un gesto a una
delle farmaciste, che gli sorride in maniera esagerata, prende qualcosa sotto
il banco e glielo porge. Betancur scompare in un attimo oltre la porta
automatica.
Per Nando è giunto il momento di chiedere aiuto. Non lo fa
volentieri, anzi, odia non essere autosufficiente, ma questa volta si deve
proprio arrendere. Anche riuscisse a fare il contorsionista, difficilmente
potrebbe arrivare a spalmarsi la pomata dov’è necessario. Quelle macchie
vigliacche gli sono spuntate proprio nella zona della schiena per lui più
inaccessibile. Prende l’ascensore, ma invece di premere il tasto del terzo
piano, dove abita, va al quinto. Fa un respiro profondo e poi bussa alla
porta di Anacleto.
– Non c’è problema – gli risponde, dopo aver ascoltato la
richiesta di Nando.
– A buon rendere.
– Se non ci aiutiamo tra noi...
Anacleto ha la mano leggera. Nando prova brividi che vanno
oltre la zona trattata. Anacleto s’informa su quanto durerà la cura. Nando
gli assicura che si tratta solo di una settimana, mattina e sera, e si scusa
per il disturbo.
– Non mi disturbi affatto. Almeno faccio qualcosa di utile
per l’umanità.
– Non mi sento di rappresentare degnamente l’umanità, ma
insomma, per me è un grande aiuto. Non so come ringraziarti. Però non mi
sembri il solito. Che hai?
– Non farci caso. Sono abbastanza depresso.
– Perché? Che ti è successo?
– Adriana mi ha lasciato.
– Ma non dicevi che era peggio di una zecca e che volevi
lasciarla?
– E invece mi ha lasciato lei.
– Dovresti essere contento. Ti ha risparmiato una fatica.
– E no. Dovevo essere io a lasciarla.
– Ma il risultato non cambia.
– Certo che cambia. Così faccio la figura dello sfigato.
– Ma dai!
– Ho bisogno di riprendermi. È stato un duro colpo.
Nando non riesce a capirlo. Ha ottenuto quello che voleva e,
invece di esserne contento, è depresso.
– Ah, prima che me ne dimentichi. Il mio amico Lorenzo Poggi
finalmente espone ai Navigli. So che ti piacevano i suoi lavori. Sabato c’è
l’inaugurazione della mostra. Aspetta che ti do un invito. È per due persone,
così ci puoi andare in compagnia.
– Tu ci sarai?
– Certo. Ci vediamo là. Ah, già. E per la pomata?
– Ci mettiamo d’accordo sabato sera.
Nando è felicissimo della routine che due volte al giorno lo
porta a farsi spalmare la pomata da Anacleto. Lui non si lamenta, anzi dice
di esserne contento. Una sera l’ha pure invitato a cena, ma lui aveva già
mangiato.
È sabato sera. Solo quando bussa alla sua porta, senza
ricevere risposta, si ricorda della mostra. Non gli resta che andarci.
Nell’intenso passeggio dei Navigli, incrocio di varia
umanità dedita alla movida milanese, c’è un tizio fermo davanti alla vetrina
dell’Arca Esposizioni, il salone dove si tiene la mostra. Nando lo riconosce
subito: è Orlando Betancur. Gli sembra che Milano sia all’improvviso
diventata troppo piccola per non incontrarlo continuamente. Con l’invito in mano, lo va a salutare.
– Se le interessa, può entrare con me. Ho un invito per due.
Betancur sorride. Poi tira fuori di tasca un identico
cartoncino.
– Pare che abbiamo un interesse in comune.
Nando annuisce. Entrano insieme, ma si perdono subito,
Betancur afferrato per un braccio da una donna di rosso svestita, che
dimostra essere molto in confidenza con lui; Nando reclamato da Anacleto che
gli vuole presentare subito l’artista che tanto stima.
Nando trascorre una serata molto interessante. Prima di
andarsene, Anacleto gli chiede come si può fare per la pomata.
– Lascia perdere, non ti preoccupare. Se la salto una volta
non succede niente. Buona serata.
Betancur obietta: – Invece è importante la costanza.
Nando si volta a guardarlo. Era proprio dietro di lui.
– Dottore, non posso costringere il mio vicino a tornare a
casa per farmi da infermiere, le pare? Questi sono i piccoli inconvenienti
del vivere da soli.
– Sì, lo capisco. Ma ci sono anche innumerevoli vantaggi.
– Innumerevoli, addirittura.
– Usciamo. Qui si soffoca.
Nando acconsente. Non che in strada si stia molto meglio. La
temperatura si è mantenuta alta per tutto il giorno. E poi la zona è
infestata di zanzare, che i gestori dei locali tentano di debellare con i
soliti metodi empirici, che fanno atmosfera, ma producono pochi risultati
apprezzabili.
Betancur si schiaffeggia con una certa decisione.
– Sono sicuro che siano attirate dal mio dopobarba.
– Provi a sostituirlo con l’Autan.
– Temo che apprezzerebbero anche quello – commenta Betancur.
D’improvviso Nando si rende conto che il suo bel dermatologo lo attira come i fari
dell’auto attirano una falena. Però se ne resta a distanza di sicurezza. Ci
manca solo che si prenda una cotta per lui. La sua vita è già abbastanza
incasinata.
Alla prima traversa, Betancur svolta.
– Ho la macchina proprio qui a due passi. Posso offrirle un
passaggio fino a casa? Dove abita?
– A un paio di chilometri a sud.
– È proprio sulla mia strada.
Nando accetta il passaggio. Non va mai ai Navigli con
l’auto, perché trovare parcheggio è una follia.
Quando sono quasi arrivati a casa sua, Betancur gli fa una
proposta indecente.
– Potrei farle io da infermiere, questa sera.
Nando ha la pomata in tasca. Ce l’aveva quando è andato da Anacleto,
prima di ricordarsi della mostra. Non sa che fare. Farlo salire in casa,
rischiando che da cosa nasca cosa, o estrarre il tubetto, così da farsi
impiastricciare in macchina. Sì, da cosa nasce cosa solo nei telefilm
americani. Nella sua vita non succede mai. Inutile perdere tempo, farlo
perdere a lui, e illudersi sull’impossibile leggerezza delle favole.
Tira fuori il tubetto e glielo mette sotto il naso.
– Ah, gira armato.
– Può mettermela senza neanche scendere dalla macchina.
Nando avvisa che il palazzo più avanti è quello dove abita.
Betancur si ferma a una decina di metri dal cancello. Certo che il dottore è
uno fortunato con i posteggi. A lui non capita mai di trovare un posto così
vicino a casa sua.
– Forse è meglio che io venga su da lei. Questa pomata unge
molto. Poi avrò bisogno di lavarmi le mani.
– Ma certo, non ci avevo pensato. Però mi dispiace che si
disturbi tanto.
– Non faccia storie. Ne approfitterò per controllare i
risultati della cura.
Nando pensa divertito a che cosa potrebbe accadere se
entrassero in camera da letto, dove ha rivestito le ante dell’armadio con la
sua gigantografia preferita: un magnifico nudo di Rafa Martin in bianco e
nero, geniale esempio di porn-art applicata all’arredamento.
Betancur fa irruzione nel soggiorno con il passo sicuro di
chi è avvezzo a entrare in casa d’altri senza fare tanti complimenti, come un
elettricista, un idraulico o un imbianchino, interessato solo a trovare il
posto più comodo dove appoggiare gli attrezzi. Betancur prende una sedia e la
sposta in mezzo alla stanza, controllando da dove arrivi la luce.
– Si spogli e si sieda.
Nando non si fa pregare. Toglie la polo, gettandola sul
divano e si siede con la schiena un po’ chinata in avanti, per facilitargli
la vista delle sue magnifiche macchie.
Un brontolio fa seguito alle sue azioni.
– Che c’è?
– Si sono estese.
– Ma se stamattina erano quasi scomparse!
– E cosa diavolo è successo da stamattina a ora?
Ho incontrato te, vorrebbe dirgli Nando. Ma è costretto a
reprimersi.
– Niente.
– Oggi ha lavorato?
– Certo. Siamo aperti anche il sabato.
– Senta, si guardi allo specchio e mi dica se vede una
differenza dall’ultima volta che si è visto.
Nando indugia. Per guardarsi allo specchio deve entrare in
camera da letto.
– Non importa, dottore. Mi metta la pomata. Ho il controllo
lunedì, c’è ancora tempo. Può darsi che mi abbia dato fastidio il caldo.
– Voglio essere sicuro che ci sia stato davvero un
peggioramento. In tal caso cambierei la cura. Avanti, non faccia il bambino.
Ah, questa non me la dovevi dire, dottore.
Nando si alza, raddrizza la schiena e un po’ anche
l’orgoglio ferito, e si dirige con passo sicuro verso la camera. Betancur lo
segue.
Vieni, vieni, dottore, guarda che spettacolo!
Betancur resta del tutto indifferente di fronte
all’arredamento artistico di Nando. È interessato, pare, esclusivamente alla
sua schiena.
– Allora, come le sembra?
– Le macchie sono più scure. E accidenti, ce ne sono di più.
– Come temevo. Facciamo un tentativo. Modifichiamo il trattamento
con il gel. Potrebbe funzionare e non avrebbe bisogno di nessuno che l’aiuti
ad applicare il medicinale.
– Va bene, dottore.
– E alla visita di controllo voglio esserci anch’io.
Sembra ormai una questione di principio tra il Betancur e
l’orticaria di Nando.
– Come vuole, dottore.
– Ha una fascia da doccia?
– Ma certo.
– La bagni e metta il gel sulla fascia. Poi strofini bene in
ogni direzione. Lasci che asciughi e la tenga in loco per tutta la notte. Al
mattino potrà lavarla via, e poi mettere la pomata.
– Mi sta complicando la vita, lo sa? Se tengo il gel sulla
pelle, non devo mettere la pomata, giusto?
– Esatto, deve metterla solo al mattino.
– Ho capito.
– Bene, adesso la lascio. Buonanotte, Fernando.
Giunto alla porta, prima di varcarla, si volta.
– Bell’arredamento.
– Grazie.
Nando ripassa nella mente quest’ultima scena, per una decina
di volte. Betancur era ironico? Sinceramente colpito? L’intonazione com’era?
A parte sentire un vago brivido al ricordo della sua voce bassa e graffiante,
non riesce proprio a decidersi. Ma in fondo che gliene importa?
Dell’apprezzamento o meno di Betancur non gli frega niente. Gli importa che
gli curi l’orticaria.
Nando non ha mai ritenuto che dormire sia uno spreco di
tempo. La domenica vi si dedica con impegno, svegliandosi solo a mezzogiorno.
Ma Anacleto, a quanto pare, è ancora più impegnato di lui, perché quando gli
va a bussare alla porta, all’una, ci mette un bel po’ ad aprire, e anche se
si trova in posizione eretta, la faccia è quella di uno che abbia la testa
ancora appoggiata al cuscino.
– Scusa, ti ho svegliato?
– Perché, ti sembro sveglio?
– No.
– Appunto.
– Torno più tardi.
– Inutile. Ho bisogno di altre sei ore. Mettiamo sta pomata
e poi torno a letto.
– Scusami.
– No, guarda, se cominci così, ti mando a cagare.
– Come vuoi. Datti una mossa. Prima lo fai e prima torni a
dormire.
– Sdraiati.
– Seduto non va più bene?
– Se vieni a letto è meglio.
Nando comincia a farsi strane idee. È un invito
sorprendente, da parte di Anacleto. Nando si schiarisce la gola.
– Lo sai chi sono, vero? Non è che mi stai scambiando con
qualcuno?
Intanto Anacleto, strascicando i piedi scalzi sul pavimento
si dirige nella sua camera e si butta a peso morto sul letto.
Nando gli consegna il tubetto della pomata e si corica
accanto a lui, dopo essersi tolto la maglietta.
– Sì, un attimo, devo solo trovare la forza.
– Anacleto, lascia stare. Torno più tardi.
– No, ormai sono sveglio.
Anacleto si gira su un fianco e gli spreme un po’ di pomata
sulla schiena. Quindi comincia a spalmarla con ampi gesti circolari. Una
sensazione fantastica. Nando gli zomperebbe volentieri addosso, per fargli
ben altri massaggi. Perdonalo, perché non sa quello che fa. Nando soggiace al
fascino della conturbante situazione. Anacleto meno. Dopo poco s’addormenta,
ipnotizzato dal suo stesso movimento.
Nando sospira, si alza sottraendosi delicatamente
all’inconsapevole abbraccio di Anacleto, raccoglie il suo tubetto e se ne va.
Dimentica. Dimentica tutto. Non è successo niente. Soprattutto,
è evidente che Anacleto non era in sé. Abbandona ogni speranza, o tu che
vaghi di pomata in gel. Una forza superiore ti sta mettendo alla prova. Ti
provoca, ma tu non devi reagire. Resisti alle tentazioni. Ma perché ogni
volta che mi piace qualcuno, è etero o è impegnato?
Il resto della domenica è un ampio spazio utile per le
meditazioni esistenziali. Nando di solito non vi si sottrae. E alla fine,
verso l’ora di cena, decide che ha sprecato l’intera giornata a sognare un
Anacleto diverso da quello che è. Tanto diverso da somigliare sempre di più
al suo primo amore mai dimenticato, Mattia. Nei suoi vaneggiamenti tutti
finiscono per somigliare a Mattia, da sempre e per sempre. Forse è per questo
che vive di contraddizioni, di false illusioni su di sé e sugli altri. Quello
che vorrebbe e che non troverà mai è un clone di Mattia. Sa che non gli
basterebbe neppure una semplice somiglianza fisica. Dovrebbe anche avere lo
stesso carattere, gli stessi gusti, la stessa voce, lo stesso tutto.
Impossibile. Nando lo sa. Saluta con un gesto d’addio il pensiero di Anacleto
e finalmente ritorna in sé. Meglio andare a dormire presto. Domani ho la
visita di controllo alle otto. Devo essere fresco e riposato.
– Che te ne pare?
– Nessun miglioramento – decreta il dottor Betancur, senza
pietà.
Nando si deprime.
– Cambiamo cura? – propone il collega.
– Insisterei con il gel, due volte al giorno.
– E se fosse una somatizzazione?
– Bisognerebbe che lo vedesse la Degirolamo.
– Chi è la Degirolamo? – domanda Nando, intromettendosi in
una conversazione che sembra escluderlo, anche se sta avvenendo al di sopra
della sua schiena.
– Non si preoccupi. Le farà solo alcune domande.
– Niente psichiatri, psicologi o psicoqualunquecosa –
afferma Nando.
– Potrebbe aiutarla.
– Mi piace aiutarmi da me.
– Ho capito – conclude il dermatologo – continui con il gel.
– Niente più pomata?
– No, basta solo il gel, due volte al giorno, lasciandolo
agire in loco non meno di sei ore.
– Si può rivestire – dice la voce un po’ roca di Betancur.
– Aspetti un attimo. Voglio fare una foto, così al prossimo
controllo abbiamo un termine di paragone. Per lei va bene?
– Va bene.
Nando si lascia fotografare. Se non fosse deturpata da
quelle macchie rosse, la sua sarebbe una signora schiena, molto fotogenica.
Ma quei due che cosa ne possono capire? Per loro è soltanto un casuale
supporto per l’intrigante sfogo di orticaria.
– Fatto.
– Posso andare?
– Per oggi è tutto. Prossimo controllo, vediamo...
Il collega di Betancur sfoglia in fretta la sua agenda.
– Tra due settimane. Lunedì alla stessa ora.
– D’accordo.
Nando saluta e esce dalla sala 46 richiudendosi la porta
alle spalle, con un sospiro trattenuto.
Per tutta la settimana trascorsa ha perso di vista i suoi
amici. Ma loro non si sentono trascurati. Lo accolgono al bar del Corsaro
come se non si fosse mai assentato. Begli amici. Non si sono nemmeno accorti
che è sparito per qualche giorno. Nessuno gli chiede niente.
Potevo anche essere finito sotto un tram. Forse tra un anno
o due qualcuno avrebbe detto:
– Ehi, vi ricordate di quel tizio, come si chiamava? Quello
che non reggeva l’alcol, che beveva solo succhi di frutta? Ma sì, quello che
veniva a piedi perché era sfigato coi parcheggi. Ah, sì, Nando. Che fine ha
fatto?
– È finito sotto un tram. L’ho letto sul giornale. Pare che
avesse una malattia inguaribile, contagiosissima, che gli aveva deturpato
tutto il corpo. Probabile che si sia ammazzato. Ha fatto bene.
Il barista gli chiede se vuole il solito. È l’unico che
abbia la delicatezza di ricordare qualcosa di lui, il suo cocktail preferito,
Acapulco senza tequila. La prima volta ha storto il naso, ma poi gli ha
detto: – Contento tu!
L’argomento della serata è il calciomercato: uno dei più
interessanti per qualcuno che odia il calcio e tutto ciò che gli gira
intorno. Nando saluta presto e torna a casa.
Poco dopo si presenta Anacleto.
– E la pomata?
– Stamattina ho fatto il controllo. Mi hanno cambiato la
cura. Con la pomata ho chiuso.
– Non hai più bisogno di me, allora?
– No. Ho finito di romperti le scatole. Sei contento?
– Guarda, mica tanto. Mi ci stavo abituando. Soprattutto
alla nostra chiacchierata serale.
– Quella possiamo farla lo stesso. Ti va un succo di frutta?
– Qualcosa di meno salutare ce l’hai?
– No.
– Nemmeno una coca?
– Spiacente.
– Allora vada per la frutta. In fondo non ha mai ammazzato
nessuno.
Anacleto si siede sul divano accanto a lui.
– Mi fai vedere almeno come vanno le macchie che ho curato
con tanta dedizione?
Nando lo guarda un attimo di sottecchi. Ma possibile che Anacleto
ci stia provando con lui? Possibile che all’improvviso abbia cambiato
parrocchia? No, non può essere. Nando si toglie la maglietta e si gira di
schiena.
– Beh, non vedo grossi miglioramenti. Anzi, se posso osare,
secondo me la situazione è nettamente peggiorata.
– Potresti fare il dermatologo. È la stessa cosa che ha
detto Betancur – commenta Nando rivestendosi.
– Ma non sarà il caldo? Perché non provi a restare a torso
nudo, almeno quando sei in casa?
– Ci proverò.
– Non farti scrupoli, puoi anche cominciare subito.
Nando lo guarda bene in faccia, stavolta.
– Anacleto, scusa, ma non è che per caso hai cambiato
tendenza?
– Ma che ti viene in mente? Pensi solo a quello, pure tu!
Allora non sei tanto diverso da me. Solo che pensiamo a due cose differenti.
Così dicendo, Anacleto fa il gesto di seguire con le mani
una sagoma tutta curve, davanti a sé.
– Ah, volevo ben dire.
– Ma tu, a proposito, non hai un amico particolare, un
compagno, un partner, un come accidenti lo vuoi chiamare? Non me ne hai mai parlato.
– No, al momento sono single.
– Eh, anch’io. Ti piace giocare a ramino?
– Preferisco la play-station.
– E al cinema ci vai?
– Vado a vedere solo film di fantascienza.
– Io non li sopporto. Che cosa leggi?
– Fumetti, e tu?
– Preferisco la letteratura russa dell’Ottocento.
– Bene, cose in comune zero.
– Ti sbagli, c’è la pittura.
– Giusto.
– Che mostra possiamo andare a vedere sabato?
– Domenica. Io il sabato lavoro.
– È vero. E la domenica dormi fino a mezzogiorno. Come me.
– Beh, tu certe volte di più.
– Parli di ieri? È stato un caso. Sono tornato a casa alle
sette. Notte brava con quella saggia donna di Olivia.
– Olivia?
– Quella con quel vestito rosso che si sono scordati di
cucire.
– Ah, sì, quella che conosce pure Betancur.
– Sì, ma lui non era interessato. Olivia c’è rimasta anche
un po’ male. Ho dovuto consolarla, capisci?
– Certo, non ti tiri mai indietro davanti alla possibilità
di fare una buona azione. L’ho provato sulla mia pelle. Ne sono testimone.
Anacleto ride.
Modigliani a Palazzo Reale è una bella occasione per uscire
di domenica, giornata che di solito Nando consacra totalmente alla pigrizia,
non diversamente da Anacleto, da quando è ritornato single.
Piazza del Duomo è come sempre affollata di stranieri, di
piccioni e di palloncini colorati. Una spruzzata di nuvole bianche fa giocare
il sole a nascondino.
Davanti al ritratto di Margherita Modigliani, Anacleto gli
assesta una gomitata.
– Guarda! Questa non somiglia a Olivia?
Nando non fa in tempo a rispondere, che una voce alle loro
spalle commenta:
– Olivia ha gli occhi verdi, lei li aveva marroni.
– Bella donna, Olivia. Piena di fuoco – commenta Anacleto.
– Dipende dai gusti – replica Orlando.
– Dottor Betancur! Ci incontriamo dappertutto.
– Così pare. È davvero una strana coincidenza.
– Forse è un messaggio dal cosmo che dovreste decidervi a
decifrare – commenta Anacleto, passando a un altro quadro.
Nando sorride per l'imbarazzante battuta dell'amico. A
Betancur sboccia un sorriso molto più aperto.
– Non ha torto, il suo amico. Certe coincidenze non sono
coincidenze, sono un segno del destino.
Ah, no, eh? Non mi diventare new-age, che mi vengono i
conati di vomito.
– Lasciamo stare il destino, le dispiace?
– Forse potremmo darci del tu, Fernando.
– Allora chiamami Nando, come fanno tutti.
– Io sono Orlando.
Non lo sapessi.
Il pomeriggio vola in un attimo, per Nando. Una volta
tornati all'aperto, Orlando e Anacleto s'imbarcano in una discussione sulle
differenze tra la medicina
convenzionale e quella allopatica, poi passano all'omeopatia e
all'erboristeria. Non sono d'accordo su niente, ma Nando tifa istintivamente
per Anacleto, forse perché non è un medico.
– E tu perché ce l'hai con la psichiatria? – gli chiede
Orlando.
– Niente di personale, ma mi piace tenermi i miei pensieri
per me.
– Niente di personale? Ah, questa è bella!
Orlando ride.
– Signori, io vi saluto. Ho un appuntamento cui non posso
mancare. Buona serata.
Così, all'improvviso, Anacleto li lascia soli.
Bastardo. L'ha fatto apposta. E adesso che ci faccio con
questo?
– Beh, si è fatto tardi...
– Che ne diresti se ce ne andassimo a mangiare qualcosa? –
lo interrompe Orlando.
– Beh, io di solito evito di mangiare fuori. Sai, sono
vegetariano. E poi ho mangiato tanto a pranzo. Stasera mi bevo solo un succo
di frutta. Magari un'altra volta.
– Ecco come fai a mantenerti in forma. Quindi non è solo la
palestra.
– Non ho tempo per la palestra, però cammino molto.
– Capisco.
– Beh, io vado a prendere la metro. Ci si vede.
– Non vuoi un passaggio?
– No, ti ringrazio. Mi faccio due passi.
Insomma, quando ci si mette, Orlando diventa appiccicoso
come un vecchio barattolo di miele.
Nando non è contento. Perché è tornato a casa, tra quelle
quattro mura solitarie, invece di accettare l'invito di Orlando? Insomma, il
dottore gli piace. Oppure no? Ecco, urge fare chiarezza. Posto che non hanno
nulla in comune, tranne l'amore per l'arte, come sarebbe una relazione con
lui? Nando sente che non è l'uomo giusto, però gli piace. Per qualche notte
gli potrebbe anche andare bene. Tanto con Anacleto non ha nessuna speranza.
L'effetto del gel è pari a zero. Dopo due settimane la
schiena di Nando non ha fatto che peggiorare. Il dottore per fortuna gli
anticipa il controllo di due giorni, perché un altro paziente ha rinunciato
alla visita. Al controllo il dottore confronta la foto scattata l'ultima
volta con la deludente realtà della sua pelle chiazzata.
– Strano. Davvero strano.
– Magari serve ancora un po' di tempo.
– Cambiamo la cura. E il prossimo controllo tra una
settimana.
– Il dottor Betancur non c'è?
– Non l'ho avvertito di aver spostato la sua visita, ma non
si preoccupi. Anche lui le avrebbe cambiato la cura, visti i pessimi
risultati.
Due giorni dopo, usando il nuovo gel, Nando si sente già
meglio. Per curiosità, fa una ricerca su internet per confrontare i due gel
che ha usato. Con suo grande stupore, scopre che il primo non cura affatto
l'orticaria.
Che diavolo succede? Nando non si capacita. Va a prendere la
scatola del primo gel e s'immerge nell'accurata lettura del bugiardino. Poi
ripensa alla prima visita di controllo, quella cui ha partecipato anche
Betancur. Per quanto ricordi, il nome del gel non è mai stato pronunciato da
nessuno di loro. È ormai sera. Troppo tardi per chiamare il dermatologo e
chiedergli spiegazioni. Che Betancur gli abbia prescritto un rinfrescante
anziché un medicinale adatto alla cura, però, è un fatto innegabile.
Bussano alla porta.
– Orlando. Pensavo proprio a te.
– Davvero? Mi fa piacere.
– Se sapessi quello che stavo pensando, cambieresti idea.
– Ho saputo che hai anticipato il controllo. Come va
l'orticaria?
– Molto meglio, ma non certo grazie a te. Volevi curarmi con
un rinfrescante per la pelle arrossata dei neonati?
– Devo spiegarti.
– Che hai preso la laurea con i punti dell'Esselunga? Me ne
sono già accorto.
– La pomata era quella giusta.
– Però hai pensato bene di farmela interrompere.
– L'ho fatto perché volevo vederti più spesso.
Nando ammutolisce per un lungo momento.
– Ma sei pazzo? Fatti curare dalla tua dottoressa
Digirolamo.
– Degirolamo.
– Comunque si chiami. Chiedile un consulto e poi fatti
internare.
– Mi dispiace. Sono pentito. Volevo solo vederti più spesso.
Ti chiedo scusa.
Lo sguardo e l'espressione di Orlando mostrano vero
dispiacere. Nando si lascia commuovere.
– E va bene. Eviterò di denunciarti.
– Io una cura migliore per l'orticaria ce l'avrei.
– È un altro scherzo?
– No. Ma la medicina ufficiale non approva.
– E sarebbe?
– Meglio farlo che dirlo. Fidati di me.
Nando si fida. Perché lo fa? Come gli viene in mente?
Eppure, quando Orlando gli dice che ha bisogno di bendarlo, lui non si
oppone. Non dovrebbe fidarsi, dopo il tiro mancino che gli ha giocato, eppure
quella voce calma, pacata, profonda, lo ipnotizza. Restano lontane, alla
periferia dei pensieri e delle emozioni, tutte le sue ansie, le sue paure, le
sue preoccupazioni. Si vive una volta sola, continua a dirgli una vocina
impertinente, che aggiunge, non richiesta, cos'hai da perdere? Qualche ora appena
in mezzo a un'infinita vita di merda. Ben venga qualunque sorpresa, qualunque
deviazione da un sentiero monotono e banale. Ben venga l'intrusione di
Orlando nella sua vita.
Nando è come una marionetta nelle mani del suo dottore, che
lo conduce in camera da letto, spostandolo e dirigendolo per le spalle.
– Lasciati andare, – gli mormora dolcemente – fidati di me.
Nando si fida, mentre Orlando lo spoglia con calma,
raccontandogli quello che sta facendo, e intanto lo accarezza.
Nando non fa caso alle parole. È concentrato sul tono, sulle
sensazioni che prova sulla pelle. Gli sfugge il significato dei termini. Non
gl'importa niente. Le parole sono banali, insignificanti. Conta molto,
invece, quella specie di ritmo sommesso, sillabe come accordi di basso e colpi
di batteria, una musica diversa, che viaggia a 432 Hz, prendendolo al plesso
solare. Più in basso, intanto, arriva ben altro. Le mani di Orlando lo stanno
suonando come uno strumento che pian piano trova l'accordatura giusta.
Orlando lo fa sedere sul letto, poi gli spinge le spalle
indietro, fino a farlo sdraiare. Per qualche momento non sente più niente.
Quell'abbandono improvviso lo fa subito sentire come un orfano. Un triste,
piccolo bambino abbandonato nel buio della vita. Gli viene quasi da piangere.
Si sente sull'orlo di un precipizio. Sta quasi per caderci dentro. Giusto in
tempo lo riprendono le mani di Orlando, salvatrici, buone, generose, attente.
Sulle ginocchia sente lo sfiorare delle ginocchia di Orlando. Poi le dita che
salgono al suo volto. Non saprebbe di avere una fronte, se quelle dita non la
toccassero. Sono le dita di Orlando a creare il suo naso, le sue guance, le
labbra. Soprattutto le labbra. E tra le labbra le dita e poi, oltre le dita,
qualcos'altro. Qualcosa che riconosce dall'odore, dalla forma, dalla
consistenza. Nando l'accoglie con gioia. Ma quella gioia lui sa anche come
trasmetterla e al primo gemito di Orlando si sfila la benda. Vuole guardarlo
in faccia, ma non è facile. Il suo sguardo si spinge sul paesaggio dei pettorali,
come dune coperte di vegetazione, e poi attraverso la vallata che le separa,
sul collo che conduce al mento. Solo quando Orlando abbassa la testa per
guardarlo, lo vede in viso, vede la sua espressione, come trasfigurata, che
velocemente passa dalla beatitudine a una specie di sofferenza impaziente.
Nello stesso tempo diventa impaziente anche il ritmo con cui spinge e ritira
il suo fallo, fino a venire nella sua bocca.
– Bevi, Nando. Bevilo tutto. È questa la mia cura.
Nando non sa se parte della cura è anche il bacio che subito
dopo Orlando gl'impone, con un'impazienza da padrone assoluto, possessivo,
implacabile. Più che un bacio gli sembra un marchio a fuoco. Poi le labbra
scendono al mento, al collo, ai capezzoli, e poi più giù, tracciando un sentiero
di baci e morsi, mentre il cuore gli rimbalza nel petto come volesse uscirne.
Infine la bocca di Orlando trova quello che cercava,
probabilmente sin dall'inizio, e Nando esplode quasi immediatamente, in un
paradiso di piacere assoluto, elettrizzando ogni singola cellula del suo
corpo.
Per l'ennesima volta, Nando si spoglia nella sala visita 46.
– Che gliene pare, dottore?
– Il risultato è quasi miracoloso. Bene, come vede, è
sufficiente trovare il medicinale che risponde meglio alle esigenze della sua
epidermide. Ancora qualche giorno e sarà del tutto sparita.
Nando non gli dice che in realtà ha interrotto quella cura
dopo due giorni. Dovrebbe parlargli di quell'altra, quella davvero miracolosa
del dottor Betancur.
– La ringrazio.
– Facciamo un ultimo controllo il...
– No, dottore, non ce n'è bisogno. Mi vedrà Betancur, se non
le dispiace.
– Come preferisce.
Succhiare, leccare, mordere delicatamente, mentre qualcun
altro fa lo stesso con te... Quando il sacro nettare gli esplode nella bocca,
lo ingoia fino all'ultima goccia. Nando non aveva mai sentito parlare di
quella cura. Sa solo che funziona. Ancora pochi istanti e anche lui si svuota
tra spasmi di piacere e prolungati brividi. Orlando fa una capriola per far
atterrare le sue labbra sulla bocca di Nando. Un bacio profondo, infinito,
che gli provoca la pelle d'oca. Orlando bacia bene come nessun altro.
– Sei guarito, Nando. Hai visto che la mia cura ha avuto
effetto?
– Sì, è quasi un miracolo.
– Beh, adesso non hai più bisogno di me.
– Stai scherzando? Hai già un altro paziente bisognoso di
cure?
– Ho diversi appuntamenti, in effetti.
Nando si siede sul letto. Non sa se disperarsi o incazzarsi.
La sua espressione è indecisa tra una cosa e l'altra.
Orlando scoppia a ridere.
– Mi ci vedi davvero a elargire questa manna a tutti i miei
pazienti? Dai, non fare quella faccia. Vorrei che tu ti vedessi.
– Credo di avere un improvviso peggioramento. Mi prude la
schiena. Guarda.
– Ah, sì, in effetti credo proprio che sia il caso di
prolungare la cura. Sei recidivo. Forse ci vorrà più del previsto.
Nando sorride. Ci vorrà qualche anno. Magari anche di più.
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