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   Il giardino 
 Amir abbraccia prima Khaled, poi Hassan. Dopo essersi staccati dal
  padre, i due giovani si dirigono verso la postazione di controllo dei
  documenti. Amir li guarda scomparire oltre la barriera. Si chiede quando li
  rivedrà. Rimane in piedi, immobile, un momento, poi si volta e raggiunge
  l’uscita dell’aeroporto. Recupera l’auto e si dirige verso il Cairo. Lungo la strada, nel solito traffico caotico, ripensa al periodo
  trascorso. La vacanza dei figli è andata bene. Portarli a fare un giro
  turistico nel Sud è stata una buona idea: i due ragazzi avevano già visitato
  Luxor, ma non erano mai stati ad Assuan e ad Abu Simbel. Sono stati contenti
  di viaggiare e di poter scattare qualche selfie davanti ai templi, da mandare
  agli amici. Al rientro a scuola avranno molte cose da raccontare ai compagni.
  Al Cairo invece si annoiano: dopo sei anni in Francia, hanno perso i contatti
  con buona parte dei loro amici d’infanzia e la città non li affascina. Ormai
  sono più francesi che egiziani. Amir pensa che con ogni probabilità non
  torneranno mai a vivere in Egitto e forse è meglio così: che futuro avrebbero
  al Cairo? Per Amir è diverso. Ha studiato anche lui in Francia, ma con la sua
  terra e la sua città ha un legame fortissimo. Non potrebbe vivere stabilmente
  altrove. A Parigi si trova bene, come a Londra o a New York, ma dopo un po’
  sente la nostalgia di casa. E in ogni caso non potrebbe scrivere lontano dal
  Cairo: la città è la linfa che scorre nei suoi romanzi e nei suoi racconti. Tornato a casa, Amir si fa una rapida doccia e passa nel suo studio,
  la grande stanza con le pareti interamente occupate dalla biblioteca. Si
  siede alla scrivania, accende il computer e controlla la posta. Poi apre il
  file con il suo ultimo romanzo. L’ha concluso poco prima dell’arrivo dei suoi
  figli e adesso è giunto il momento di riprenderlo per rivederlo, adattarlo
  all’edizione egiziana e tradurlo per l’edizione francese. Da diversi anni si è abituato ad autocensurare i propri romanzi e
  racconti, per evitare che i suoi libri siano messi al bando. Ma quando
  scrive, non pensa alla censura: si lascia guidare dall’ispirazione e procede liberamente,
  rivedendo e curando i testi fino a che è soddisfatto del risultato. Terminata
  questa prima fase, apre il testo in un nuovo file e lo rilegge, eliminando
  ciò che potrebbe creare problemi con la censura, portando al sequestro del
  libro: in qualche caso non c’è stato nulla o quasi da eliminare, in altri ha
  soppresso interi capitoli o racconti. Poi invia il testo epurato al suo
  editore egiziano e incomincia a tradurre l’opera completa, senza nessun
  taglio, in francese. Per il momento le sue opere escono in versione completa
  solo all’estero, sia in arabo, pubblicate da una piccola casa editrice
  francese, sia nelle diverse lingue in cui vengono tradotte. In Egitto la sua
  popolarità gli risparmia noie che preferisce evitare: non è un combattente,
  anche se alcune volte si è impegnato in qualche azione a difesa dei diritti
  umani.  Amir legge il primo capitolo, poi s’interrompe: è ora di pranzo. Hawa, la donna che viene ogni mattina per tre ore e si
  occupa della pulizia della casa, gli ha preparato il koshari. Dopo pranzo Hawa se ne va: Amir preferisce
  non avere gente per casa. L’unico domestico che dorme nella casa è Islam, il
  giardiniere e factotum. L’ultima volta che Fatima, la moglie di Amir, è
  tornata in Egitto, si è stupita che il marito non avesse una domestica fissa,
  ma per tenere pulita la parte della villa dove Amir vive, qualche ora al
  giorno è più che sufficiente.   Amir esce nel giardino che si estende dietro la casa. È uno spazio molto
  ampio, circondato da un alto muro. Un tempo tutto il sobborgo era formato da
  grandi ville con vasti giardini, ma la città è cresciuta e l’area è oggi un
  quartiere del Cairo. Gli spazi verdi sono scomparsi, venduti dai proprietari
  che si sono trasferiti altrove, in case nuove. Molte delle vecchie ville sono
  state abbattute e al loro posto sono sorte case a due piani, assai più
  piccole, attaccate le une alle altre e affacciate su vicoli. Il quartiere
  signorile di un tempo, in cui il nonno di Amir si era fatto costruire una
  villa, si è trasformato in una zona popolare. Il padre di Amir fu uno dei pochi a non vendere quando l’area
  incominciò a trasformarsi e l’unico a mantenere il giardino integro,
  rifiutando le offerte di coloro che lo sollecitavano perché vendesse almeno
  una parte della proprietà. Il giardino, che ha ormai un secolo, ha grandi
  alberi, aiuole fiorite e un orto. A curarlo pensa Islam, ma ormai il vecchio
  è alquanto malfermo sulle gambe e non riesce a eseguire tutti i lavori
  necessari. Amir sa che dovrebbe assumere un aiutante per Islam, ma per il
  giardiniere sarebbe un’offesa e Amir non vuole dargli questo dispiacere. E
  comunque il giardino è bello, anche se non è ben curato. Amir rientra a casa. Legge un’oretta e poi si dirige all’hammam del
  quartiere, dove si reca volentieri: ci andava da bambino, con il padre e con
  il nonno, e poi ha continuato a frequentarlo anche quando la clientela è
  cambiata e il locale un tempo elegante è diventato popolare. È un tipo di
  ambiente che piace ad Amir, perché è uno spaccato del vero Cairo, della
  realtà di questa città brulicante e viva. Gli piace ascoltare le chiacchiere
  degli uomini che lo frequentano.  Nei giorni in cui sono rimasti al Cairo, ha portato due volte anche
  Khaled e Hassan. Ai ragazzi è piaciuto molto il bagno turco e hanno
  apprezzato molto i massaggi. All’hammam si parla del suicidio del capitano Leftah, che ha scosso
  il quartiere. Amir non ne sapeva niente. Conosceva il militare in pensione,
  che viveva miseramente in una vecchia villa ormai cadente: i loro giardini
  confinano, ma quello del capitano è solo la metà di quello di Amir, perché una
  parte fu venduta. Amir ascolta le chiacchiere. Lo fa sempre, perché apprezza l’arte
  della conversazione tipica del suo paese, che in qualche modo ne riflette lo
  spirito. E le chiacchiere della gente del quartiere sono spesso lo spunto per
  le storie che narra. - Si è impiccato nella sua camera, l’ha trovato il domestico questa
  mattina. - Ma perché? Nessuno sa niente di preciso.  - È uscito ieri sera. È tornato tardi, Ridwan
  l’ha visto. Dice che sembrava sconvolto. - Dev’essersi impiccato poco dopo il rientro a casa. Quando Mansur l’ha trovato, era già freddo. - Mansur non si è accorto di niente? - No, lo sai che dorme in una capanna nel giardino. - Già, è vero. - Mansur che cosa dice? - La polizia l’ha portato via e non è ancora rientrato. - Era sconvolto. Ha calato il padrone, ma ha capito che non c’era
  niente da fare. È uscito per strada, ha chiesto a Saleh
  di chiamare la polizia. - Saleh è andato a vedere. L’uomo che ha parlato abbassa la voce e prosegue: - Leftah era nudo. Si è impiccato nudo. Il tizio ridacchia. Un altro chiede: - Ce l’aveva duro? Ad Amir dà un po’ fastidio che si parli così di un morto. Vorrebbe
  capire che cosa ha spinto il vicino a uccidersi, ma nessuno lo sa. Il
  discorso si sposta:  - Adesso la villa sarà messa in vendita. - Costruiranno altre case. Amir si alza: ormai è l’ora del massaggio. Raggiunge la saletta dove
  Qais, il massaggiatore, lo attende. Mentre Amir si spoglia,
  Qais gli chiede: - Ho sentito del capitano. Intende comprare il giardino della villa
  di Leftah? Amir è sorpreso dalla domanda, che non si aspettava. - Comprarlo? - Confina con il suo, può allargarlo. Sarebbe un peccato che venisse
  distrutto: è ben curato, Mansur è bravissimo. - Ci penserò. Il giardino è già abbastanza grande, ma gli spiacerebbe se oltre il
  muro costruissero una casa, magari a molti piani: ce ne sono diverse nella
  parte orientale del quartiere. Oltre tutto il giardino di Leftah è
  esattamente in corrispondenza dell’abitazione di Amir, per cui se creassero
  un condominio a più piani, gli potrebbero guardare in casa. Amir si stende e Qais incomincia a
  massaggiarlo. Non dice più nulla: quando è al lavoro, rimane sempre silenzioso. Il pomeriggio seguente suonano alla porta. Amir non aspetta visite.
  Va ad aprire e si trova davanti Rachid, il figlio di Islam. - Buongiorno, Rachid, sei venuto a trovare tuo padre? Non è davvero una domanda: Amir è sicuro che sia così. Ma la risposta
  di Rachid lo spiazza: - No, signor Zamal. Avrei bisogno di
  parlare con lei. Amir rimane perplesso: che cosa può volere da lui Rachid? - Vieni, accomodati. Amir dà del tu a Rachid: quando erano bambini, giocavano spesso
  insieme. Quando Amir è tornato dal primo anno di università in Francia,
  Rachid ha incominciato a dargli del lei, nonostante le proteste di Amir.
  Quando però Amir si è rivolto a lui nello stesso modo, Rachid si è quasi
  offeso. Amir ha dovuto rassegnarsi a farsi dare del lei e a dargli del tu. Si
  è abituato, anche se la situazione non gli piace. Ai domestici tutti danno
  del tu, ma Rachid non è un domestico. Passano nel salotto. - Vuoi un po’ di succo di mango? Amir non ha altro da offrire. Di rado riceve ospiti e quando lo fa,
  chiede a Hawa di fermarsi e preparare l’occorrente
  oppure fa venire da un locale vicino bevande e pasticcini. - La ringrazio, ma non voglio disturbare. - Nessun disturbo. Amir si alza e va a prendere la caraffa del succo in frigo. Prende
  anche due bicchieri e porta il tutto. Rachid sa benissimo che lui non ha
  domestici fissi, a parte Islam, che ormai si occupa solo del giardino. Dopo che hanno bevuto, Rachid dice: - Signor Zamal, mi scuso se mi presento
  così, inatteso, ma è per mio padre. - Dimmi. - Non ce la fa più a curare il giardino. È vecchio, ha i reumatismi,
  l’artrosi.  Amir fa per dire qualche cosa, ma Rachid lo blocca con un gesto e
  prosegue:  - Lei non pretende niente, si accontenta. Ma lui soffre di non poter
  curare il giardino come vorrebbe.  - Me ne sono accorto. Gli ho proposto di cercare un aiutante, ma non
  ha voluto. Gli ho anche chiesto più volte se non voleva ritirarsi.   Rachid annuisce. - Lo so, ma lui non ha mai voluto ritirarsi perché non vuole
  abbandonare il giardino. Ha paura che nessuno se ne prenda cura.  - Non deve preoccuparsi per questo, cercherò un altro giardiniere. - Sì, è per questo che sono qui. Dopo un attimo di pausa, Rachid prosegue: - Credo che lei sappia che il capitano Leftah si è ucciso. Amir non capisce che cosa c’entra, ma conferma. - Sì, certo. Me l’hanno detto ieri all’hammam. Non si parlava
  d’altro. - Il capitano aveva un giardiniere esperto, Mansur,
  un nubiano. Mi chiedevo… mi scusi se mi permetto, ma mio padre non accetterà
  mai di venire via se non trova qualcuno che lo sostituisca. A lei potrebbe
  andare bene questo Mansur? È un nubiano, lo so, ma
  pare che sia bravo…  Il termine “nubiano” viene ancora usato per indicare un uomo di
  colore. Amir non ha niente in contrario ad avere un domestico nero: non si
  pone certo questi problemi.  - L’importante è che ci sappia fare, ma tutti dicono è in gamba. Per
  me va bene. - Mio padre lo conosce e sa che lavora bene. Se lei assume Mansur, mio padre accetterà di ritirarsi. Amir riflette un momento. Poi fa un cenno d’assenso. - Se tuo padre è d’accordo, per me va bene. Islam è contento di sapere che il padrone è intenzionato ad assumere
  Mansur. Gli spiace lasciare il giardino, ma ormai
  non è più in grado di curarlo.  Islam sa dove trovare Mansur, a cui i due
  nipoti del capitano non hanno nemmeno permesso di rientrare in casa, se non
  per prendere pochi effetti personali.  Verso sera Mansur si presenta. Amir ha avuto occasione di incrociarlo alcune volte per strada. È un
  uomo alto, muscoloso, dalla pelle molto scura. Trasmette un’impressione di
  grande forza. - Mansur, Rachid mi ha detto che cerchi
  lavoro. - Sì, signor Zamal. Come sa, il mio
  padrone è morto. - Era molto tempo che lavoravi per lui? - Da dieci anni. - Come giardiniere, no? - Sì, facevo da giardiniere, massaggiatore e mi occupavo di vari
  piccoli lavoretti, quando c’era qualche cosa da aggiustare. Negli ultimi anni
  facevo anche il cuoco. Che il giardiniere sia un factotum, è abbastanza frequente e in
  qualche caso questo significa anche essere un massaggiatore. Che Mansur facesse un po’ di tutto non stupisce Amir: il
  capitano si era ridotto in miseria e aveva licenziato tutti gli altri
  domestici. - Mi dicono che sei molto bravo e io ho bisogno di un buon
  giardiniere. Il mio, Islam, va in pensione: ormai non riesce più a star
  dietro a tutti i lavori da fare. Il giardino è grande. Mansur sorride: - Lei ha il più bel giardino del quartiere. - Lo conosci? - Qualche volta ho dato una mano a Islam. Amir è un po’ stupito, ma non dice nulla. In fondo non è strano che
  Islam abbia chiesto aiuto a Mansur, facendolo
  entrare quando lui era via. Amir fa la sua proposta: orario, salario, alloggiamento.  Indica un orario molto flessibile, perché non ritiene accettabile
  che alcuni padroni considerino i domestici sempre al loro servizio. Mansur deve poter uscire liberamente e non rimanere a
  disposizione tutto il tempo. Valuterà lui se dedicare più o meno tempo al
  giardino, in base alle necessità. Il nero si dichiara soddisfatto dell’orario e anche della cifra
  offerta, che sembra giudicare molto generosa. Amir la ritiene il giusto
  compenso per il lavoro che viene svolto. Sa benissimo che molti pagano poco i
  domestici, ma gli sembra vergognoso. Ha i mezzi per assumere un giardiniere e
  per pagarlo per il suo lavoro. Mansur appare stupito anche quando il
  nuovo padrone gli fa vedere la sua camera: da Leftah dormiva in un capanno
  nel giardino. Qui avrà una camera e perfino un bagno personale, visto che
  nella villa, dopo la ristrutturazione voluta dal padre di Amir, c’è un bagno
  per la servitù e Mansur sarà l’unico domestico
  fisso. Gli anni passati in Francia da giovane e i numerosi viaggi
  all’estero hanno portato Amir a considerare i rapporti con i domestici in
  modo diverso rispetto a quello di tanti suoi connazionali. Mansur incomincia a lavorare subito. Nel
  pomeriggio Amir esce in giardino e chiacchiera un po’ con lui, perché vuole
  conoscerlo meglio. A spingerlo non è solo la curiosità che nutre nei
  confronti della gente: Mansur è al suo servizio e
  Amir vorrebbe stabilire un rapporto cordiale. Vuole che il giardiniere sappia
  di potersi rivolgere al padrone quando lo desidera.  Mansur è riservato e Amir evita di
  forzarlo, ma rispondendo alle sue domande il nubiano gli racconta di essere
  arrivato al Cairo da bambino, con la madre, e di essere entrato subito a
  servizio di un commerciante di granaglie e poi di altri proprietari. Il suo
  terzo padrone lo ha fatto addestrare come giardiniere e massaggiatore. Mansur appare un po’ diffidente, sembra quasi chiedersi
  che cosa voglia il suo nuovo padrone. Amir non insiste. Il giardiniere non pone domande, ma Amir fa modo di dirgli che è uno
  scrittore, che è separato e che sua moglie vive in Francia con i due figli,
  che studiano all’estero per decisione comune dei genitori. Mansur è stato assunto da una settimana,
  quando i nipoti del capitano Leftah mandano un mediatore a parlare con Amir:
  hanno sentito dire che lo scrittore sarebbe interessato ad acquistare il
  giardino della villa dello zio. Amir non ha mai manifestato questa
  intenzione, ma non si stupisce: più d’uno, come il massaggiatore dell’hammam,
  gli ha chiesto se pensava di farlo. Quando una voce incomincia a circolare,
  viene ripetuta infinite volte, che sia fondata o meno: è così che funziona il
  quartiere, dove le chiacchiere di vicinato sono più efficienti dei social. E
  alla fine la diceria priva di fondamento può anche trasformarsi in realtà. Ora i nuovi proprietari vogliono sondare il terreno. Da quel che
  Amir ha sentito all’hammam, pare che siano spiantati e che desiderino vendere
  il giardino il più presto possibile, per avere i soldi necessari per
  abbattere la villa ed edificare una palazzina: sono convinti di poter
  guadagnare di più facendo costruire il nuovo edificio in proprio e vendendo
  poi gli appartamenti, invece di cedere il tutto a un’impresa, ma non hanno il
  capitale. Amir non aveva pensato di acquistare, ma gli piace l’idea di
  ampliare il giardino ed evitare che costruiscano una casa a più piani proprio
  di fianco alla sua.  Ne parla con Mansur: non vuole caricare il
  giardiniere di un lavoro eccessivo. Il nero è entusiasta: ama molto il
  giardino che ha curato per dieci anni e temeva che venisse distrutto. Amir lancia un’offerta e dopo una breve trattativa l’affare viene
  concluso: i due hanno davvero fretta di mettere le mani su un po’ di soldi.
  Il giardino passa allo scrittore, ad eccezione della parte adiacente alla
  casa del capitano Leftah. Amir fa abbattere una parte del muro che separa i
  due giardini, creando un passaggio. Non lo demolisce completamente per non
  danneggiare le piante che si trovano lungo il muro. Ora Mansur ha molto da fare: il giardino è
  molto grande e la parte che curava Islam ha bisogno di un grosso lavoro. Ma
  il nero sembra lavorare volentieri.   La prima volta che Mansur comunica di aver
  bisogno di acquistare alcuni prodotti per il giardino, Amir lo accompagna con
  l’auto in un grosso centro specializzato in articoli da giardinaggio, dove il
  nero non ha mai avuto occasione di andare.  Al centro Mansur osserva curioso la gran
  massa di prodotti disponibili. Amir gli chiede se c’è qualche cosa che può
  servirgli, oltre a ciò che aveva già in programma di acquistare. Al
  giardiniere non spiacerebbe usare alcuni prodotti di cui non conosceva
  l’esistenza. Amir richiama la sua attenzione anche su strumenti di lavoro,
  che a Islam non interessavano. Mansur propone l’acquisto
  di una pompa più lunga e di alcune strutture per le piante rampicanti.   La visita è l’occasione per chiacchierare un po’ e li avvicina. L’estate sta arrivando e il calore diventa soffocante.  Amir vorrebbe andare al bagno turco, ma non ha voglia di uscire. Si
  chiede se fare due passi in giardino, quando entra Mansur,
  che ha lavorato in giardino tutto il mattino e parte del pomeriggio. È a
  torso nudo e il sudore scorre sul suo torace. Amir scuote la testa. - Fa troppo caldo per lavorare fuori, Mansur.
  Riposati un po’. - Sì. Contavo di riprendere domani mattina. Ha bisogno che faccia
  qualche cosa in casa? Amir sta per dirgli che non ha niente da chiedergli, ma gli viene
  un’idea. - Mi hai detto che presso il capitano Leftah facevi anche il
  massaggiatore, no? - Sì. - Ti va di farmi un massaggio? - Certamente. Mi faccio la doccia, ma… non ho l’olio. Non ho potuto
  portare via nulla dalla villa, tranne quello che avevo addosso e due cose personali.
   - Allora facciamo un altro giorno. - Se vuole, posso andare a prenderlo ora. Ad Amir spiace far uscire Mansur, ma ha
  voglia di un massaggio e il nero può trovare l’olio adatto in una bottega non
  molto distante. - Va bene. Quando sei pronto mi chiami. - Vado a prendere l’olio, mi faccio una doccia e sono da lei. Amir gli dà i soldi e va a lavarsi. Si asciuga e si riveste. Mansur arriva con una boccetta di olio per
  massaggi. - Dove vuole che la massaggi? Sul letto o a terra, su una stuoia?  Amir non ha mai fatto massaggi in casa. Abitualmente all’hammam è
  steso su un tavolaccio. - Come lo facevi al tuo padrone? - In tutti e due i modi.   Amir non vorrebbe sporcare le lenzuola, per cui dice: - Proviamo a terra. Amir va a prendere una stuoia e la sistema in una delle camere.  - Vuole mettere sopra un telo? - Buona idea. Amir prende un telo, che Mansur sistema,
  poi si spoglia completamente, come normalmente fa all’hammam. Alcuni
  preferiscono tenersi gli slip, che il massaggiatore abbassa un po’, ma ad
  Amir piace starsene nudo. Mansur si toglie la gellaba e i pantaloni,
  rimanendo in slip. Amir è un po’ stupito, ma in fondo anche all’hammam il
  massaggiatore talvolta tiene solo un asciugamano intorno ai fianchi. Amir
  si stende sulla pancia. Mansur s’inginocchia di
  fianco a lui, si unge le
  mani d’olio e incomincia a passargliele sulla schiena, dal collo al culo. Le sue
  dita percorrono il corpo, con movimenti ora lenti ora più veloci, a tratti premendo,
  a tratti sfiorando appena, talvolta dando piccoli colpi. Amir si dice che il suo
  giardiniere ci sa fare. Questo massaggio è proprio piacevole. Le mani
  scendono lungo le gambe, le avvolgono in una carezza, le frizionano decise,
  tracciano cerchi più o meno ampi. Le mani risalgono
  fino a raggiungere il culo e si muovono energicamente. Di solito
  all’hammam il massaggiatore lavora sulle cosce, ma ben poco sulle natiche. Mansur invece accarezza, stringe, dà colpi leggeri. Le
  sue mani scorrono dalla vita alle gambe, aperte, e i pollici percorrono il
  solco. La manovra sorprende Amir: all’hammam il massaggiatore non tocca
  certamente quell’area. Ma deve riconoscere che è piacevole. Ora le dita indugiano sul perineo, con un movimento circolare: è la
  prima volta che Amir viene massaggiato in quest’area sensibile tra i coglioni
  e il buco del culo. La reazione del suo corpo è immediata. Amir trattiene un
  gemito di piacere. La
  sensazione è davvero splendida. Le dita scorrono di nuovo sul solco, più
  volte, poi i pollici stuzzicano l’apertura. Amir è stupito, ma ha il cazzo
  duro come una pietra. Gli è già capitato di avere un’erezione durante un
  massaggio, ma questa volta la tensione è davvero fortissima. Poi le mani di Mansur riprendono a passare lungo la schiena, le gambe e
  le braccia, ritornano al culo e stringono con forza, danno piccoli colpi,
  scivolano ancora lungo il solco. Infine Mansur
  si ferma. - Può voltarsi. Amir si volta. Il cazzo è una
  pietra.  Mansur sorride e dice: - Lei è un maschio vigoroso. Amir ride: - Diciamo che il tuo massaggio avrebbe destato anche un morto. Mansur sorride, si versa di nuovo un
  po’ d’olio sulle mani e riprende a passarle sul corpo di Amir. Accarezza le
  braccia, le gambe, il torace villoso, il ventre. Le mani sfiorano spesso il
  cazzo e i coglioni. Amir si rende conto di essere sul punto di venire. Il movimento delle mani si
  ferma, poi riprende, ma questa volta senza più avvicinarsi al cazzo. Mansur passa dietro la testa di Amir e gli accarezza il
  collo e le guance, poi si china in avanti su di lui, fa scivolare le mani
  fino al ventre, ma nuovamente non tocca il cazzo, teso allo spasimo. Poi Mansur si alza, passa davanti, sposta le gambe del
  padrone, aprendole, e si inginocchia. Le sue mani riprendono a scorrere sul
  torace e sul ventre di Amir, fino al sesso. Mansur
  si ferma, con le mani poggiate sul ventre, a fianco del cazzo teso, e i due
  pollici che lo sfiorano. Chiede: - Vuole un massaggio completo? Amir è sicuro di aver compreso il senso della domanda. Il desiderio
  è troppo forte per rifiutare l’offerta. Annuisce e dice: - Volentieri. Mansur avvolge i genitali di Amir, poi
  una mano accarezza con un movimento rotatorio il cazzo, mentre l’altra s’infila
  dietro i coglioni e scorre sul solco, fino a stuzzicare il buco del culo. Amir
  sente l’ondata del piacere travolgerlo e non riesce a trattenere un gemito.  Il nero lo pulisce, poi lo
  accarezza ancora, passa dietro di lui, s’inginocchia, gli solleva il capo e
  lo poggia sulle sue gambe, mentre le sue dita scivolano sul viso dello
  scrittore. Rimangono così a lungo. Poi Amir riesce a dire: - Non mi avevano mai fatto un massaggio così.  - Le è piaciuto? Negare sarebbe assurdo. - Molto. Sei bravissimo. Amir sta bene con la testa appoggiata sulle gambe di Mansur, che continua ad accarezzargli il viso. Amir dice ancora: - Grazie. Infine Mansur gli posa la testa sulla
  stuoia e si alza. - Ha bisogno d’altro? Amir lo guarda. Il rigonfio degli slip non lascia dubbi: Mansur è eccitato. Amir esita un momento, ma non sa che
  cosa dire. - No, va bene così. Grazie. Mansur saluta, raccoglie i suoi indumenti
  e si allontana. Amir rimane un momento disteso, poi si alza. È molto confuso. Il
  massaggio è stato bellissimo, ma ha introdotto un elemento di disturbo nel
  rapporto tra lui e Mansur. Amir sa bene che all’hammam viene praticato anche questo tipo di
  massaggio, ma non l’ha mai richiesto. Non ci vede niente di male: si richiede
  una prestazione che il massaggiatore non è tenuto a fare, per cui può
  rifiutarsi, e se invece il massaggio viene effettuato, lo si paga. La situazione però è diversa. Mansur è un domestico
  e non è detto che si senta libero di rifiutare. In realtà è stato lui a
  massaggiarlo in modo da stimolarlo e poi a chiedergli se voleva che lo
  facesse venire. Ma magari si riteneva obbligato a farlo. Amir riflette un momento, poi decide che la cosa migliore è parlarne
  con Mansur. Non intende farlo subito, non c’è
  fretta. Quando scende la sera, la temperatura cala e nel giardino si sta
  bene. Amir passeggia tra gli alberi e, come spesso succede, incrocia Mansur: anche il nero la sera ama godersi il fresco tra
  gli alberi. - Sono contento di vederti, Mansur. Ho
  bisogno di parlarti un momento. - Mi dica, padrone. - Il massaggio di oggi mi è piaciuto molto, ma… non rientra nei tuoi
  compiti. Non sei tenuto a fare massaggi di quel tipo. Mansur non dice nulla. Pare aspettare una
  spiegazione. Amir prosegue, cercando di chiarire: - Ti ho assunto come giardiniere e mi va molto bene se mi fai anche
  i massaggi, perché sei molto bravo, ma non sei obbligato, non rientra nel tuo
  lavoro. Non voglio che tu li faccia solo perché ritieni di doverli fare. Il nero lo sta fissando nella penombra. Dopo un momento dice: - Ho sempre fatto massaggi come quello di oggi. Li faccio volentieri. - Io… non voglio forzarti, è questo che intendo dire.  Mansur sorride: - Sì, me l’ha detto. L’ho capito. Li faccio volentieri, mi piace
  farli. Amir si rende conto di aver ripetuto più volte l’idea. - Va bene. Allora ne approfitterò, perché sei davvero bravo e poi… Amir esita un attimo, prima di continuare: - Alleggerire la tensione fa bene. - Certamente. Amir si chiede se Mansur alleggerisce la
  tensione con una donna o con un altro uomo o se invece non ha rapporti
  neanche occasionali e si masturba o magari viene solo sognando. Ripensa al
  rigonfio negli slip. Perché si sta ponendo queste domande? Amir ritorna in casa. Al momento di mettersi a letto, si spoglia
  completamente e si stende nudo sul lenzuolo: è troppo caldo per indossare
  qualche cosa, anche se dalla finestra aperta sul giardino entra un po’ di
  frescura. Amir ripensa alle sue prime esperienze sessuali con un militare:
  quando era ragazzo, non era raro che i giovani della sua età avessero
  rapporti con maschi adulti. Qualcuno riteneva questi rapporti immorali, ma
  molti non davano nessuna importanza a queste relazioni, che avvenivano nella
  fase di passaggio tra l’adolescenza e l’età adulta. Amir era stato sedotto da Omar, un ufficiale, figlio di amici dei
  suoi genitori. Omar lo aveva guidato a scoprire un mondo di piaceri, ma
  quando Amir aveva raggiunto i diciassette anni, si era staccato da lui,
  dicendogli che ormai era tempo che si cercasse una ragazza. Amir era
  piuttosto sicuro che l’ufficiale non fosse più interessato a lui perché era
  cresciuto. In Francia, dove aveva completato il liceo e frequentato
  l’università, c’erano stati alcuni rapporti occasionali, ma Amir non è mai
  stato bello e donne e uomini erano di rado attratti da lui. Dopo il
  matrimonio Amir non aveva più avuto rapporti con uomini, ma adesso la
  presenza di Mansur risveglia questi ricordi di un
  passato lontano, che ha trasfigurato in alcuni dei suoi racconti e romanzi.
  Ora vive in castità. Quando va all’estero per la presentazione dei suoi
  libri, è talvolta oggetto di attenzione da parte di uomini e donne
  affascinati dal suo successo, non dalla sua persona: sa di non essere
  attraente. È basso di statura, molto villoso, con un viso che alcuni
  giudicano simpatico, ma certo non armonioso, la testa completamente rasata
  perché la calvizie procede e una certa tendenza a mettere su pancia.  Amir si è abituato alla solitudine sentimentale. Ha diversi amici al
  Cairo e all’estero e un rapporto profondo con i due figli.  Il mattino dopo, steso sul letto, Amir ripensa a quanto è accaduto e
  si dice che non si farà più massaggiare da Mansur.
  Torna all’hammam due giorni dopo, deciso a riprendere le solite abitudini.
  Scambia qualche chiacchiera con gli altri, ma soprattutto ascolta il flusso
  della conversazione, che gli sembra essere la linfa della vita di questa
  città. Dal massaggio all’hammam non ricava certo lo stesso piacere che gli
  hanno trasmesso le mani di Mansur, ma si dice che non
  ha importanza. Le vecchie abitudini durano solo una settimana. Un giorno, mentre
  pensa di recarsi all’hammam, Amir incrocia Mansur
  che rientra dal giardino e, cedendo al desiderio, gli chiede: - Mi faresti un massaggio, Mansur? Il nero sorride e risponde: - Molto volentieri, padrone.  Il massaggio si svolge come il precedente ed è davvero un’esperienza
  bellissima. Amir si dice che è stato stupido a rinunciarci. Alla fine del massaggio Mansur è
  nuovamente eccitato. Dopo il tramonto del sole Amir passeggia spesso in giardino, con la
  gellaba sopra il corpo nudo: grazie alla vegetazione, le temperature sono
  piacevoli.   Amir si siede su una delle poltrone di vimini che ha fatto
  installare. Una sera vede passare Mansur. - Non mi dire che intendi metterti a lavorare. Il nero sorride. - No. Prendo un po’ di fresco, come fa lei. - Allora siediti qui. Amir gli indica un’altra poltrona, vicino alla sua. Poi aggiunge: - Se ne hai voglia. Mansur esita un attimo, poi si siede. Chiacchierano un momento del giardino. Il discorso si sposta poi
  alla parte che Amir ha acquisito di recente e Mansur
  parla dei lavori che gli richiedeva il suo padrone. Allora Amir chiede: - Come ti trovavi con il capitano Leftah? - Bene. Era un buon padrone. - Sai perché si è ucciso? Amir l’ha chiesto senza riflettere. Aggiunge subito: - Mi rendo conto di essere indiscreto. Se non vuoi rispondere,
  nessun problema. Te l’ho chiesto perché mi interessa la vita della gente. - Se ne serve per le sue storie? - Non direttamente. Non riporto mai le vicende che gli altri mi raccontano,
  ma in qualche modo le utilizzo, è vero. Mi aiutano a capire la gente. Magari
  mi servo di un episodio particolare, ma inserito in un’altra storia. Mansur rimane un momento in silenzio, poi
  dice: - Il capitano era rovinato, la villa stava andando a pezzi, spesso
  non aveva neanche di che comprare cibo, per fortuna c’era l’orto che avevo
  creato di fianco alla villa, nella parte che non hanno venduto. Ma il
  problema non era solo quello. Mansur sembra esitare, poi aggiunge: - Frequentava un locale in cui incontrava altri uomini. Quella sera
  arrivò la polizia. Il capitano convinse un poliziotto a lasciarlo scappare,
  promettendogli del denaro, che ovviamente non aveva. Temeva di finire in
  prigione, temeva che tutto il quartiere ne avrebbe parlato, se si fosse
  risaputo. - Ti ha raccontato lui queste cose? - Sì. Era disperato. Non sapevo come aiutarlo. Rimanemmo a lungo a
  parlare, poi mi disse di andare a dormire, che il mattino dopo avrebbe pensato
  a che cosa fare. Ma… aveva già deciso.  - Una situazione molto dolorosa. Io lo conoscevo poco, anche se era
  il mio vicino. Una volta veniva all’hammam, ma poi non l’ho più visto. - Si era isolato sempre di più. Non poteva permettersi nemmeno di
  andare in un caffè. Non gli facevano più credito. - Non ha mai pensato di vendere la villa? O il giardino? - No. Provai a dirglielo, ma non voleva. Ogni due o tre giorni Amir chiede un massaggio. Spesso la sera si
  siedono entrambi in giardino e chiacchierano. Amir è curioso di conoscere
  meglio Mansur, che non sembra parlare volentieri di
  sé, ma si dimostra interessato a conoscere meglio il padrone. Una sera gli
  chiede: - Di che cosa parla nei suoi libri? - Racconto storie della gente del Cairo, uomini, donne, ragazzi e
  ragazze, anziani, artigiani, operai, studenti. A volte al centro di un
  romanzo c’è una famiglia, a volte una sola persona.  - Mi piacerebbe leggere qualche cosa di suo. - Ti passo volentieri qualche libro, quello che vuoi. Mansur scuote la testa. - No, da ragazzino mi piaceva leggere, ma non ho più avuto occasione
  di farlo e se prendo un libro, faccio fatica e dopo un po’ mi stufo. - Vuoi che ti legga un racconto? La proposta gli è venuta spontaneamente. Mansur esita un momento, poi dice: - Non le pesa? - No, lo faccio volentieri. Doppiamente volentieri, ti dirò, Mansur. Mi fa piacere soddisfare la tua curiosità e nello
  stesso tempo ho voglia di sentire la tua opinione. Mansur ride. - Ho letto così poco nella mia vita e tanto tempo fa, che opinione
  posso dare? - Hai un’esperienza di vita diversa dalla mia. E puoi dirmi ciò che
  nel racconto magari non funziona, perché non corrisponde alla realtà. - Allora la ringrazio. Decidono di farlo l’indomani nel pomeriggio, quando il caldo rende
  più difficile lavorare. Amir si chiede che racconto scegliere. Non deve essere molto lungo: Mansur potrebbe annoiarsi e la lettura non deve
  trasformarsi in una tortura. Meglio qualche scena di vita del Cairo. Amir
  passa in rassegna i suoi racconti, ma li scarta uno dopo l’altro: anche testi
  che hanno incontrato un grande successo, come “Il cortile”, gli sembrano
  inadeguati. Preferisce non leggere quei testi in cui i protagonisti sono domestici,
  perché non vorrebbe in qualche modo urtare la sensibilità di Mansur. Esclude i testi che fanno riferimento alla
  sessualità, perché è un argomento delicato, tanto più che i massaggi hanno
  creato tra di loro una situazione un po’ ambigua. Non vanno bene alcuni testi
  in cui gioca con punti di vista o piani di realtà diversi, perché potrebbero
  rivelarsi troppo complessi per una lettura ad alta voce, soprattutto se rivolta
  a una persona poco istruita. Alla fine opta per la storia di un ragazzo che la miseria spinge a
  rubare. Si siedono nello studio, Amir alla scrivania, il libro in mano, Mansur su una poltrona. La finestra e la porta sono
  aperte, per far circolare l’aria, ma le tende sono tirate, per lasciare fuori
  il calore opprimente della giornata. Nella stanza regna una gradevole
  penombra. Amir è abituato a leggere ad alta voce brani dei suoi libri: gli
  capita spesso di farlo durante le presentazioni. Mentre procede, si rende
  conto che Mansur segue con grande attenzione e
  questo gli fa piacere: aveva il timore di annoiarlo. Quando ha terminato, il nero dice: - È bellissimo. Davvero bellissimo. E si vede che lei è dalla parte
  del ragazzo. Amir non l’avrebbe messo in questi termini. Il giovane protagonista
  ha tutta la sua simpatia, ma questa non è espressa. Però non è difficile
  coglierla. - Sono molto contento che ti sia piaciuto. Parlano un momento del racconto, di com’è nato, di alcuni commenti
  che Amir ha ricevuto.  Amir non vuole che Mansur si senta
  costretto ad ascoltare altri suoi racconti, ma nello stesso tempo non aprire
  alla possibilità di un’altra lettura gli sembrerebbe scortese, perciò quando Mansur sta per uscire, dice: - Se ti viene voglia che te ne legga un altro, me lo fai sapere. Mansur risponde subito: - Sì, mi farebbe proprio piacere, ma non voglio sottrarle troppo
  tempo. - Lo faccio molto volentieri. Dopo qualche schermaglia si mettono d’accordo per la settimana
  seguente. Dopo la lettura del secondo racconto, Mansur
  osserva: - Mi piacciono molto i suoi racconti. Devo riprendere a leggere. - Io te li leggo sempre volentieri. Ma se hai piacere, posso darti
  una copia di questo libro. - Sarebbe un’ottima cosa: leggere un testo che già conosco sarà più
  facile. Leggevo senza problemi, da ragazzino. Credo di poter riprendere. Amir dà il testo a Mansur. Si chiede se
  scrivergli una dedica, ma il nero non ha chiesto niente. Più tardi Amir riflette sul fatto che ha dato a Mansur
  una copia dell’edizione araba stampata in Francia, senza tagli. Uno dei
  racconti, “Il miele”, è alquanto scabroso, tanto che Amir l’ha eliminato
  completamente dall’edizione egiziana: è la storia di un giovane che lavora al
  mercato per un venditore di dolci e viene violentato da un ricco cliente che
  si è fatto portare la merce a casa.  Ma di certo Mansur si limiterà a leggere i
  due racconti che già conosce e, anche nel caso che prosegua con la lettura, è
  difficile che si scandalizzi: al massimo non apprezzerà il racconto. Una sera Mansur gli dice: - Se ha voglia e tempo, mi piacerebbe che mi leggesse “Il miele”. Mi
  è piaciuto molto, ma ho fatto fatica a leggerlo. - Certamente. Amir è contento che Mansur abbia
  apprezzato il racconto. Poiché lo conosce e gli è piaciuto, non sarà un
  problema leggere anche la scena dello stupro. Si ritrovano nello studio di Amir il pomeriggio seguente, alla
  solita ora. Quando termina la lettura, è ormai sera. Mansur
  dice: - È bellissimo. Triste, ma vero. C’è un momento di silenzio, poi Mansur
  dice: - Anche a me capitò da ragazzino. Ero un domestico, perciò dovevo
  essere a disposizione del padrone. Sapevo di dover obbedire, ma cercai di
  resistere. Mi mollò due sberle e mi prese a forza.  Amir è stupito dalla confidenza, che non si aspettava: Mansur è molto riservato. - Dev’essere stata un’esperienza molto dolorosa. - Lo fu, ma mi abituai. In fondo credo che mi avesse assunto anche
  per quello, per avere il culo di un ragazzino da fottere. Amir annuisce. E a sua volta racconta: - A me capitò da ragazzino, un ufficiale, che era un amico di
  famiglia. Ma sono passati quasi trent’anni. Non mi violentò: mi sedusse. E…
  fu un po’ doloroso, ma mi abituai e… quando lui si stufò di me, perché ormai
  stavo crescendo, mi dispiacque. - Anche il mio primo padrone si stufò di me. Gli altri non mi
  chiesero mai nulla oltre ai massaggi. Anche il capitano Leftah, per quanto
  gli piacesse farsi possedere, non mi propose mai nulla: non ci si offre a un
  negro. - Che cazzata! Tu sei un gran bel maschio. - Lei è vissuto all’estero, ha un’altra mentalità, lo vedo in tutto.
  Già il fatto che siamo seduti qui, vicini, a parlare liberamente, come se
  fossimo due amici… - Non siamo due amici, ma siamo due uomini e parlo volentieri con
  te. Il fatto che tu lavori alle mie dipendenze non cambia molto. - Non è quello. Lei mi vede come un essere umano, non come un negro. Amir annuisce. - Non riuscirei a vederti in altro modo. - No, l’ho capito. Lei ha un piede qui, saldamente piantato nel
  quartiere, nella città, e uno altrove, in un mondo in cui esistono anche
  altri modi di pensare. Amir tace un momento, poi risponde: - Sì, è vero. Esistono altri modi di pensare, più aperti, ma c’è
  anche molto razzismo. Quando giro per promuovere i miei libri, sono l’autore
  famoso e sono un privilegiato: nessuno mi tratta male. Ma quando non mi
  conoscono, in strada o al supermercato, sperimento il razzismo anche sulla
  mia pelle. - Non mi stupisce. Ma vivendo in due mondi diversi sviluppa
  facilmente una mentalità più aperta. - Sì, questo però significa che non appartengo davvero a nessuno dei
  due mondi. Qui sto bene, questa è la mia realtà, non potrei vivere a lungo
  altrove, ma mi rendo conto che anche se ho le radici qui, non condivido il
  modo di pensare di molta della gente intorno a me. Mi piace ascoltare ciò che
  dicono, ma sento la distanza che ci separa. E quando sono in Francia o in
  altri paesi… so che non è casa mia. - Capisco. C’è un momento di silenzio.  - Mansur, ho sempre trovato fastidioso
  dare del tu ai domestici e sentirmi rispondere con il lei. Hai voglia di
  darmi del tu? Mansur lo guarda, poi, lentamente,
  annuisce. - È bello stare qui con te, Amir. E bello parlare con te. - Posso dire lo stesso, Mansur.  C’è un momento di pausa, poi Mansur dice:  - Vuoi che ti faccia un massaggio, Amir? Amir lo guarda, senza dire nulla. La proposta di Mansur
  esprime il desiderio che provano entrambi. Ed entrambi sanno che non sarà
  solo un massaggio. Annuisce. - Sì, Mansur. Mi piacerebbe che tu… lo
  facessi. Non dice altro. Si alza e va a prendere la stuoia e il telo per
  coprirla. Prende anche alcuni preservativi e li mette vicino alla stuoia: non
  intende fingere. Mansur ritorna con l’olio. Si guardano ancora, poi Amir si toglie tutti gli indumenti e rimane
  nudo di fronte a Mansur. Anche il nero si spoglia. Al momento di togliersi gli slip, esita,
  ma Amir dice:  - Forse è meglio che ti spogli completamente anche tu. Mansur sorride e annuisce. Si abbassa i
  pantaloni. Si guardano, sorridendo. Hanno entrambi il cazzo mezzo duro. Amir si stende prono. Mansur incomincia il massaggio: la
  schiena, il culo, le gambe, le braccia, ancora il culo. Il desiderio cresce e
  allora Amir allarga le gambe e dice: - Fallo, Mansur. Amir sente la
  mano di Mansur che scorre tra le cosce, un dito che
  preme contro l’apertura segreta. Amir chiude gli occhi. Il desiderio lo
  stordisce, è più forte di tutto, anche della paura. Nessuno l’ha più
  posseduto da quando era ragazzo. Il dito scivola dentro, a
  fatica. Ad Amir sfugge un gemito, leggero. Mansur
  toglie il dito, si sputa sulla mano e sparge un po’ di saliva intorno al
  buco. Spinge nuovamente il dito dentro. Amir sussulta e chiude gli occhi. Ancora due volte Mansur inumidisce il dito e prepara l’apertura, poi si mette
  un preservativo.  Amir sente la pressione della
  cappella di Mansur contro il suo culo. Il nero
  arretra leggermente, con la mano dirige il cazzo verso l’apertura, preme ed
  entra, piano, facendosi strada dentro il corpo di Amir. Lo scrittore geme: è
  una sensazione dolorosa, eppure piacevole. Amir non saprebbe dire quanto è dolore
  e quanto è piacere, l’uno e l’altro sono intensi. Geme ancora, più forte. È
  confuso.  Mansur spinge, muovendosi prima con
  molta cautela e poi più deciso. Il dolore aumenta, ma anche il piacere cresce.
  È bello sentire il cazzo di Mansur che gli scava il
  culo, è bello. Amir geme di nuovo, un gemito che è quasi un urlo. Mansur procede a lungo. Le spinte diventano più forti, il
  dolore cresce. Amir boccheggia. Infine sente la scarica. Chiude
  gli occhi. Mansur gli passa le braccia intorno
  alla vita e si gira insieme a lui: ora è steso sotto Amir. La sua mano
  afferra il cazzo dello scrittore, senza delicatezza. Amir sussulta. Chiude gli occhi,
  lascia che la mano lavori, mentre il cazzo gli si tende. In culo sente ancora
  la massa calda, meno rigida e meno grande, ora, ed è una sensazione
  piacevole. Il piacere cresce e infine
  esplode. Amir grida mentre il seme schizza in alto e gli ricade sul ventre e
  sul petto. Chiude gli occhi e si abbandona tra
  le braccia di Mansur, che ora lo stringono. Dopo un momento riesce a dire: - Grazie Mansur. È stato molto bello. - Anche per me, Amir. 
 2022  |