Lap Dance - Ho promesso? Non me lo
ricordo. Mentre parla al telefono,
Isaac alza gli occhi al cielo, poi mi guarda, scuote la testa e mi sorride.
Un sorriso un po’ sconsolato. Sta parlando al telefono con Lewis, un attore. Cerca
ancora di difendersi: - Ma sei sicuro? Avrò
detto che ci avrei fatto un pensierino… Dall’altra parte Lewis
insiste e alla fine Isaac cede: - Va bene, mi arrendo, ma
chiedo a Kyle se può venire anche lui. Lewis parla ancora un buon
momento. - Va bene, a domani sera. Io non dico nulla. Isaac
scuote la testa, scoraggiato, poi ghigna e mi guarda. - Non è che riesci a
liberarti domani sera, Kyle? Scusa se te lo chiedo. Isaac sa benissimo che per
me non è facile liberarmi una serata. Certamente non domani sera, che oltre
tutto è venerdì: ho già preso un giorno di ferie ieri, che era il compleanno
di Isaac, ma l’ho detto con dieci giorni di anticipo. - Mi spiace, Isaac, non ce
la faccio proprio. Qual è il problema? Isaac sbuffa. - Lewis e gli altri della Blue Angel. Sono mesi che vogliono
portarmi in qualche locale, per ringraziarmi di quella faccenda della serata
annullata. Isaac mi aveva accennato
qualche cosa: ne ho un ricordo vago, ma quella volta è riuscito
a sistemare un gran casino, cavando dai guai la compagnia teatrale. Isaac fa
il direttore di sala in un teatro importante. Isaac continua: - Ho sempre detto di no,
non mi piacciono queste cose. Adesso hanno deciso che mi regalano uno
spettacolo di lap dance per il mio compleanno. Per quello ti ho chiesto,
anche se so che non puoi: se ci fossi tu sarebbe
diverso. Scusami. - Figurati. Non riesco a dire altro.
Sono completamente in tilt. Mi accorgo che mi tremano le mani. Faccio finta
di niente, mi volto, come se volessi prendere un libro dallo scaffale. Cerco
le parole da dire. Cazzo! Cazzo! Cazzo! Devo trovare una soluzione, devo
rimanere lucido e trovare una soluzione. Devo trovare una soluzione. Con uno sforzo controllo
la mia voce, per evitare che tremi mentre, sempre dando la schiena a Isaac, chiedo: - E dove pensano di
portarti? - Non ne ho la più pallida
idea. Lewis ha parlato di Soho, ma ci saranno decine di locali. Decine no. Solo uno che
vive del tutto fuori dal giro, come Isaac, può pensarlo. Che facciano lap
dance gay a Londra ci sono solo cinque o sei locali,
diversi dei quali sono club privati, non accessibili se non si è soci. A Soho
ce ne sono due. Cristo! Respiro a fondo e cerco di
dare alla mia voce un tono del tutto indifferente. - A Soho ci sono solo
postacci. Credo che ci sia un bel locale a East London, mi pare che si chiami
The White Swan. Potresti suggerirlo
a Lewis. Se vuoi ti procuro l’indirizzo. The
White Swan fa cagare, ma
l’importante è che Isaac non vada a Soho. - E tu come lo sai? Eh? Isaac ride. Poi aggiunge: - Non me lo dire, preferisco non saperlo. Ma mi guarderò bene dal
suggerirgli alcunché. Spero solo che cambino idea. Lo spero anch’io, lo spero
con tutto me stesso. Sto male, malissimo. Vado in bagno e chiudo la
porta. Mi guardo allo specchio, poi mi siedo sul cesso e rimango con gli
occhi chiusi. Mi prendo la testa tra le mani. Perché? Perché sono in
questo casino? Perché? Vorrei piangere. L’angoscia che mi stringe
lo stomaco si dilata. Cerco disperatamente di trovare una scappatoia. Domani
sera potrei darmi malato. Ma sarebbe un casino. Gustav ha già storto il naso
quando gli ho chiesto ieri: lavoriamo a pieno ritmo in questi mesi. Figurati
se posso darmi malato domani, che è venerdì, serata di grande affollamento.
Senza preavviso, per di più. Torno in salotto. Isaac mi
sente arrivare, si volta e incomincia a dire: - Potresti farmela tu, una
lap dance privata, non… Si interrompe. Si solleva
di scatto e mi chiede: - Che ti è successo, Kyle?
Stai male? Annuisco. - Che cos’hai? - Non so,
forse qualche cosa che ho mangiato. Avevo già un po’ di nausea prima, ma
adesso è peggio. Isaac mi accarezza una
guancia e mi viene voglia di piangere, come un bambino. - Stenditi sul letto.
Andrai mica a lavorare in queste condizioni? - Devo andare. Ma mi
passerà. Devo andare, davvero. Se
non altro per cercare di farmi dare la serata libera
domani, anche se non me la daranno di certo. Cristo! - Va’ a stenderti. Vuoi
che ti faccia una tisana digestiva? - No, grazie. Mi metto un
po’ a letto. Magari mi passa. Mi stendo sul letto.
Chiudo gli occhi. Ho ancora un’ora prima di uscire. Isaac viene e di nuovo mi
accarezza con delicatezza il viso. E il desiderio di piangere viene fuori
ancora più forte. Non può succedere. Non
deve succedere. Isaac non deve andare a Soho, non devono offrirgli una lap
dance. Non al Golden Ring. Al Golden Ring sono io che faccio le lap dance. Perché mi sono cacciato in
questa situazione di merda? Perché l’uomo che amo e con cui vivo da quasi un anno
è convinto che io lavori come buttafuori in un locale notturno e non sa nulla
della mia reale attività? Non esiste una spiegazione
logica. Esiste solo una catena di piccoli fatti insignificanti che hanno
portato a questo punto. Non sono un bugiardo, non sono abituato a mentire,
non ho mai nascosto quello che faccio, anche se non vado a gridarlo in
piazza. Nel giro lo sanno tutti. Ma Isaac non è del giro. Ripenso alla prima volta
che lo vidi, un anno e mezzo fa. * Edward e Steven diedero
una festa per celebrare il loro decimo
anniversario di vita in comune e mi invitarono, insieme a tanti altri. C’era
anche Isaac, che io non avevo mai visto e che non conosceva nessuno, a parte
Edward: non frequenta l’ambiente gay, non gli
interessa. Fu Edward a presentarmi a
lui. Mi ricordo perfettamente il nostro dialogo: - Senti, voglio
presentarti un amico mio, Isaac. Non conosce nessuno qui e mi sa che non si
diverte molto. Hai voglia di tenergli un po’ compagnia? - Gli propongo una lap
dance? Però poi tu mi paghi. - No, gli parli un po’.
Non è il tipo da lap dance. - È uno noioso, allora.
Per questo non si diverte. - Non è noioso, per
niente, ma frequenta altri ambienti. - Non mi dire che è pure
etero. - No, è gay e se cerchi un
compagno, non saprei proporti di meglio. Non cercavo un compagno.
Avevo avuto due storie importanti, in passato, che si erano concluse con un
po’ di sofferenza, ma senza drammi. Avevo ventotto anni e potevo scopare
tutte le volte che volevo: non mi capitava mai che
qualcuno mi dicesse di no. Non sentivo l’esigenza di altro. Ricordo che risi e
risposi: - Neanche Steven è meglio
di questo Isaac? Edward scosse la testa. - Neanche Steven. Non ti
proporrei Steven, me lo tengo ben stretto e non farei il cambio. Ma so
benissimo che Isaac è il compagno ideale: uno come
lui non lo trovi facilmente. - E perché non si è
sistemato, se è la perla che dici? Edward scrollò le spalle.
Io aggiunsi: - Mi sa che dev’essere uno
scorfano, da come ne parli. Edward ghignò e si limitò
a dire: - Nessuno è perfetto. Però
promettimi che gli dai dieci minuti. L’idea non mi andava a
genio. Nicchiai ancora: - Ma perché proprio io? - Perché sei uno dei pochi
qui dentro che quando sente parlare di Othello non
pensa al gioco e quando si parla di Macbeth non si immagina le scarpe. Le risposte di Edward di
certo non mi invogliavano a conversare con questo Isaac. - Ho superato l’età per
farmi interrogare su Shakespeare. - Isaac non ti
interrogherà, ma se qualcuno gli parla mezz’ora… - Mezz’ora? Non ti stai
allargando troppo? Poco fa hai detto dieci minuti. Tra un po’ mi chiederai
un’ora. - Dai, non ti sto mica
chiedendo di scalare l’Everest senza bombola di ossigeno! - Mezz’ora con uno
scorfano e pure saccente. Lo faccio solo perché è la vostra festa, ma non gli
concedo più di un quarto d’ora. Guardai l’orologio per
sottolineare che avrei davvero considerato il compito concluso dopo il tempo
stabilito. Isaac stava fumando in
giardino e in effetti non sembrava divertirsi molto.
Scoprii che non era uno scorfano, ma davvero un bell’uomo, anche se non di
una bellezza appariscente. Fu solo la prima sorpresa di quell’incontro. Edward mi presentò come un
amico suo che faceva il buttafuori in una discoteca. Perché mentì? Non lo so.
Visto che Isaac non frequentava i locali gay, probabilmente pensò che, se
avesse detto la verità, Isaac sarebbe stato diffidente nei miei confronti. Io
e Isaac incominciammo a chiacchierare e continuammo anche dopo che Edward se
ne fu andato. Isaac mi colpì subito,
molto. Era diverso dagli altri, meno egocentrico della maggioranza dei gay
che conoscevo, molto attento a quello che dicevo, del tutto indifferente ai
pettegolezzi e invece disponibile ad affrontare argomenti seri. Capii subito
perché era un pesce fuor d’acqua a una festa in cui si parlava soprattutto di
moda, sesso, cibo e fatti altrui. Scoprimmo diversi gusti in comune e mi
trovai, con un certo stupore, a discutere di immigrazione (non so come ci
arrivammo, non riesco proprio a ricordarlo), per poi passare a scrittori come
Rushdie e Ishiguro, che io conoscevo solo di nome (e Ishiguro per il film che
avevano tratto da un suo libro). Non era esattamente
quello che mi aspettavo a una festa gay, ma mi
piacque. In realtà mi piacque soprattutto Isaac. Decisi che me lo sarei
portato a letto, perché era il mio modo abituale di avvicinarmi a un uomo che
mi incuriosiva o mi interessava. Isaac non sembrava intenzionato a sedurmi,
perciò fui io a sedurlo, senza troppa fatica, devo dire: Isaac è molto
diretto e sincero e, dato che gli piacevo, non si fece pregare. Quando uscimmo insieme,
Edward ammiccò, con un sorriso divertito. Anche tra le lenzuola
Isaac si dimostrò attento a me e alle mie esigenze in un modo che mi colpì,
perché non è così frequente. E si rivelò pure bravo a letto: fu una delle
migliori scopate della mia vita. L’avevo portato a letto
più che altro per curiosità e ancora il mattino, risvegliandomi accanto a
lui, mi dissi che era buffo, così diverso dagli altri, quasi un
extraterrestre. Mi sembrava incredibile che la sera prima avessimo
chiacchierato per un bel po’ (quanto? Non avevo guardato l’orologio. Forse
un’ora) di argomenti seri. E mi sembrava incredibile
ritrovarmelo di fianco il mattino. Avevo voglia di vederlo
ancora e fui ben contento quando mi disse che gli sarebbe piaciuto rivedermi
e fare cose insieme. Lo provocai, chiedendogli quali cose contasse
di fare. Sorrise e rispose: - Andare al cinema, fare
una scampagnata, vedere la mostra dei tesori dell’Afghanistan al British,
scopare. Non necessariamente in quest’ordine. Isaac ha un bellissimo
sorriso, molto dolce. Avrei dovuto stare in guardia,
ma mi sembrava un marziano e uno non pensa che si innamorerà di un marziano.
Incominciammo a fare insieme le cose che lui aveva proposto (e diverse altre)
e in questo ci aiutò il lavorare entrambi la sera, lui in un teatro, io in un
locale gay: avevamo orari abbastanza simili. Mi accorsi in fretta che mi
stavo innamorando e quando capii quanto forte era quello che provavo, era
troppo tardi per tornare indietro. Mi spaventai, non poco, perché mi rendevo
conto che il sentimento che provavo era diverso da tutto ciò che avevo
vissuto in passato. Allora facevo fatica ad ammetterlo, ma ora posso dirlo:
non ho mai amato un uomo come amo Isaac. Non ho mai conosciuto un uomo come
Isaac. Edward aveva ragione. Quando Isaac mi disse che
si era innamorato di me, provai una sensazione di felicità incredibile, del
tutto nuova. Fu ancora lui a propormi di vivere insieme e io, abituato a
vivere da solo, accettai con gioia e con una certa trepidazione. La
convivenza funzionò benissimo e so che oggi non riesco più a immaginarmi di
vivere senza Isaac. * È passato un anno da
quando mi sono trasferito a casa di Isaac. E io non gli ho mai detto la verità
sul mio lavoro. All’inizio, quando mi chiedeva qualche cosa, rispondevo in
modo evasivo. Isaac è uno che capisce in fretta e da tempo non mi fa più
domande. Ogni tanto sento il bisogno di parlargliene, ma mi blocco. Ho paura:
paura che il mio lavoro possa in qualche modo allontanarlo da me, paura di
perderlo. E adesso sono nella merda
fino al collo. È molto probabile che
domani vengano al Golden Ring: è il
migliore dei locali con spettacoli gay. Ci sono diverse forme di
intrattenimento, dai go-go boys alla lap dance. Io e Adrien facciamo la lap
dance. A volte ci esibiamo davanti a un pubblico numeroso, sul palcoscenico
della sala; altre volte invece lavoriamo in una delle diverse salette
private. E mentre penso a questo, mi viene in mente la soluzione del
problema: chiederò a Gustav di mettermi nelle salette domani sera e non nella
sala grande. Gli amici di Isaac di sicuro lo faranno assistere allo
spettacolo, non prenderanno una saletta, che va prenotata per tempo e costa
un casino. Tiro il fiato, sollevato.
Non era così difficile. Dovrò muovermi con molta cautela, per non rischiare
che Isaac mi veda, domani sera. Ma dovrei farcela. E poi gli parlerò del mio
lavoro. Sono stato un coglione a non parlargliene prima. Quando gli chiedo di fare
cambio, il mio capo storce il naso: non gli va che nella serata di maggiore
affluenza Adrien prenda il mio posto sul palco, preferisce che mi esibisca
io, che ho più esperienza e secondo lui sono più bravo. Alla fine però mi
permette di lavorare nelle salette. Adrien è ben contento di avere il gran
pubblico del venerdì sera. Torno a casa, a notte fonda, molto più sereno.
Isaac dorme: fino a domani è in vacanza, perché il
teatro è chiuso. Riapre sabato con un nuovo spettacolo. * Bacio Isaac per salutarlo.
E lo stringo tra le mie braccia. Andrà tutto bene, magari non riusciranno a
trascinarlo in un locale. Oppure ne sceglieranno un altro. E comunque io
rimarrò nelle salette e Isaac non potrà vedermi. Eppure sono teso: ho paura
che ci sia qualche guaio, che Adrien si ammali e non possa fare lo spettacolo
all’ultimo momento, che Isaac mi incroci mentre esco da una sala. Isaac coglie il mio
turbamento. Ha le antenne per queste cose. Ma non sospetta il motivo per cui
sono teso. - Che c’è, Kyle? Butto lì: - Non mi va tanto che ti
portino a vedere una lap dance. E se poi il ballerino sceglie te per il suo
numero? Spesso uno del pubblico
viene preso a caso per l’esibizione. A meno che qualcuno non abbia prenotato
prima (pagando, s’intende). Mi sorride e dice: - Cercherò di oppormi alla
lap dance in tutti i modi e in ogni caso, se mi trascinano a forza, prometto
di non saltare addosso al tizio che si esibisce. Mal che vada ti violento non
appena torni a casa. E intanto mi accarezza e
mi bacia. Il pensiero che domani potrebbe non volermi più abbracciare e
baciare mi fa impazzire. Poi aggiunge: - Mi prendo le sigarette. Isaac ha smesso di fumare
poco dopo che ci siamo conosciuti. Ma quando è nervoso, ogni tanto si accende
una sigaretta. È una serata intensa. Ci
sono quattro prenotazioni per le salette: alle dieci, alle undici, a
mezzanotte, all’una. Adrien farà la prima, poi a mezzanotte salirà sul
palcoscenico. Io farò le altre tre. Una prestazione nelle salette dura di
solito mezz’ora o quaranta minuti. Poi me ne vado e mi faccio una doccia: non
posso presentarmi al cliente successivo tutto sudato. Sono molto teso, ma ormai
sono tre anni che faccio questo lavoro e so che il mio corpo lavorerà in
automatico. Le salette sono in un’area separata, per cui non devo passare per
la sala principale. Non ci metterò piede, questa sera. La prima danza è con un
gruppo di cinque uomini tra i quaranta e i cinquanta. Di solito oltre al
cliente, ci sono alcuni suoi amici che fanno da spettatori: non è frequente che faccia una lap dance per un uomo solo,
anche se succede. Quando qualcuno prenota, gli viene chiarito subito che la
prestazione non comprende nessun tipo di rapporto. Un ballerino non è un
escort. Qualcuno dei ragazzi più giovani ci sta, magari per scucire qualche
sterlina in più. Teste di cazzo, che si fottono da soli e rovinano il lavoro
agli altri. Come diranno di no, la volta successiva? Un cliente che una volta
ha ottenuto di scopare con un ballerino, è convinto di poterlo fare con tutti.
Ma la lap dance è esattamente il contrario della marchetta, è l’esaltazione
del desiderio, non l’appagamento. Magari più tardi gli spettatori si faranno
una sega pensando al ballerino o scoperanno con il compagno o con la moglie,
immaginando di farlo con l’uomo che li ha fatti impazzire di desiderio.
Questa è la lap dance. Mihai, il cameriere, serve
da bere, poi le luci nella sala si abbassano fino a spegnersi e vengono
accesi i faretti rossi. Parte la musica e io entro. Il cliente è seduto al
centro, sotto la luce di uno dei fari. Non è Isaac (non potrebbe esserlo, lo
so, ma temevo che potesse succedere anche questo, che gli amici avessero
prenotato la saletta per lo spettacolo: mi è sembrato di capire che lui gli
abbia fatto proprio un grosso favore). Adesso sono meno teso. Scampato
pericolo. Mi diverto persino, come succede di solito, a vedere questo maschio
infoiato che sbava per me e che se solo potesse mi salterebbe addosso. Ma il
gioco lo conduco io. Al termine della
prestazione mi defilo. I clienti rimangono nella saletta, bevono, talvolta
qualcuno si fa una sega, nella saletta o al cesso, o si cerca un partner per
la notte. Per tutta la serata la saletta resta a disposizione di chi l’ha
pagata: io passo a lavorare con il cliente successivo in una stanza diversa. Tra una prestazione e
l’altra, prima di farmi la doccia, scruto con
attenzione i clienti nella sala grande. Poco prima di mezzanotte lo vedo:
Isaac è in un angolo, con un gruppo di altri uomini. Due di loro li ho visti
a teatro, una domenica pomeriggio, in uno spettacolo a cui Isaac mi ha fatto
entrare. Stanno cercando di spingerlo sotto il palcoscenico, nella speranza
che Adrien scelga lui come partner per la danza. Isaac ride, ma fa
resistenza. Non ce la fanno. Sorrido. Tra poco Adrien incomincerà il suo
spettacolo e io farò il mio nella saletta numero
quattro. Dopo la terza danza, è
quasi l’una, torno a controllare la situazione. Sono infine tranquillo.
Adrien ha appena finito il suo spettacolo con uno dei clienti, scelto a caso,
e adesso nella sala si esibiranno Kevin e Bob, i due go-go boys. Isaac e gli
altri sono ancora in sala, ma si stanno dirigendo verso l’uscita. È andata
bene, ma dovrò parlare a Isaac. L’idea mi spaventa, ma so che devo farlo. Non
ha senso continuare così. Questa situazione è assurda. - Sono arrivati i clienti
per l’ultima dance. Annuisco, mentre spio
Isaac che ha quasi raggiunto la porta. Si ferma e guarda il video che scorre
sul grande monitor. Le gambe non mi reggono. So bene che cosa si vede in quel
video. Ci sono io, che danzo sul palcoscenico o in una delle salette. Ci sono
anche altre immagini, il pubblico che danza, i go-go boys, Adrien, ma io
compaio più volte. Isaac si è fermato e sembra guardare attentamente. Gli
amici gli sono intorno, ma lui non si muove. Faranno battute sul fatto che
prima non voleva neanche venire e adesso si ferma lì davanti al video. Devo raggiungere Isaac e
parlargli, spiegargli. - Kyle, è ora. Mi volto verso Gustav. - Che cazzo hai? Non stai
bene? Scuoto la testa, incapace
di rispondere. Volto di nuovo la testa.
Isaac è ancora davanti al video, dove scorre l’immagine di me che ballo in
una delle salette. Poi raggiunge l’uscita, la testa china. La mia ultima lap dance fa
schifo, lo so benissimo. I clienti sono cinesi e sembrano entusiasti:
probabilmente è la prima volta che vedono uno spettacolo di questo tipo e ci
vuole poco a soddisfarli. Quando ho finito mi faccio
la doccia e mi rivesto. Poi mi siedo nel camerino e chiudo gli occhi. Mi
viene da piangere. Devo andare a casa, devo parlare a Isaac, spiegare. Non sono in grado di
farlo, lo so benissimo. Non posso affrontarlo. Gli mando un messaggio: Non
torno a casa a dormire. Poi spengo il telefonino. Chiedo a Mark, il tecnico
delle luci, se può ospitarmi per una notte. Siamo amici e so che non cercherà
di saltarmi addosso, come magari succederebbe con Adrien. La sola idea mi
farebbe schifo. Mark è perplesso, mi legge
in faccia che ci sono dei problemi. Mi chiede, ma io rispondo in modo vago.
Non me la sento di raccontare. Mark non insiste. Mi rigiro nel letto per
due ore, prima di riuscire ad addormentarmi. Ogni tanto alla debole luce
della sveglia guardo il cellulare. Provo l’impulso
di prenderlo, accenderlo, telefonare a Isaac. Anche se sta dormendo, so che
sarebbe contento di sentirmi. Lo sarebbe davvero? Che cosa pensa, dopo aver
scoperto che gli ho mentito per un anno? Accendo il cellulare verso
mezzogiorno. Isaac mi ha cercato più volte. Il telefono squilla una mezz’ora
dopo. È lui. Non rispondo. Allora mi manda un messaggio: Possiamo
vederci o almeno sentirci? Non rispondo. È assurdo. Sabato sera. Isaac è a
teatro, io al Golden Ring. Finisco la mia esibizione
sul palcoscenico. Non è stato un grande numero questa sera, lo so, ma mi è costato
una fatica immane. Ho il morale sotto i piedi, non so che cosa fare e mi
rendo conto che sto distruggendo tutto perché sono una testa di cazzo. Ho appena finito di farmi
la doccia quando arriva Gustav, che mi dice: - Tra mezz’ora devi farne
una nella seconda saletta. Di solito se mi esibisco
sul palcoscenico, al massimo faccio una lap dance privata alle dieci, mai
dopo lo spettacolo: non lavoro a una catena di montaggio. - Non puoi farla fare ad
Adrien? - Il cliente vuole te e
non Adrien. La faccenda mi rompe. Sono
stanco, la tensione della giornata mi pesa addosso. Ma sono un professionista
e non mi tiro indietro. E forse essere ancora occupato è meglio: non penserò.
È quello che sto facendo, no? Non pensare, non affrontare il problema, non
fare nulla. Lasciare che la cosa più importante della mia vita si dissolva in
cenere, invece di cercare di spegnere l’incendio. - Va bene. Mi rivesto e aspetto che
Mihai serva da bere e la musica incominci. Nella sala c’è solo il
cliente, ma non è seduto sulla sedia. Si è alzato ed è di spalle, al buio,
che fuma. Lo riconosco immediatamente. È il cuore a dirmelo, prima ancora
degli occhi. So di non sbagliarmi, anche se l’oscurità lo avvolge. L’angoscia esplode. Chiudo
gli occhi. Li riapro, mentre Isaac si volta. Ci guardiamo. Isaac spegne la sigaretta
e avanza verso di me. Io sono paralizzato. Vorrei fuggire via. Isaac si avvicina. Ora è
di fronte a me. Nella penombra cerco di
leggere nei suoi occhi, nel suo viso. Isaac chiede: - È finita, Kyle? La sua voce sembra
tranquilla. Percepisco solo una profonda tristezza. Non riesco a trovare le
parole. Nella mia mente c’è un vuoto totale. Scuoto la testa. Isaac sorride, mi posa le
mani sulle guance, con delicatezza, e mi bacia sulla bocca. - Perché non sei tornato a
casa, questa notte? È solo il tuo lavoro il problema? O c’è altro? Con fatica, ricacciando
indietro le lacrime, dico: - No, Isaac. Io ti amo.
Non c’è altro. Ti ho visto mentre guardavi il video e non me la sono sentita
di tornare a casa. Isaac… Scuote la testa. - Solo per questo?! Annuisco, ma non riesco a
parlare. Isaac riprende: - Anch’io ti amo. Kyle,
sei il mio uomo. Vorrei che non ci fossero menzogne tra di noi. Prosegue ancora: - Hai voglia di parlarmi
del tuo lavoro, Kyle? Faccio di nuovo segno di sì
con la testa. Mi sembra che le sue parole mi restituiscano l’ossigeno ai
polmoni. Ma non trovo le parole. Allora lui ripete: - Ti amo,
Kyle. Sa che ho bisogno di
sentirmelo dire e vuole tranquillizzarmi. Non è incazzato perché gli ho
nascosto una parte importante della mia vita, perché gli ho mentito, perché
sono scappato senza spiegazioni. Anche adesso pensa a me, a come mi sento.
Isaac è così. E come si sente lui? - Isaac… non volevo
ferirti. Non volevo mentirti. Non volevo farti stare male. Non riuscivo a
trovare le parole per dirtelo. Ho continuato a rimandare. - Adesso ci riesci? Per me
è importante. Annuisco. Posso farcela.
Ce la devo fare, per lui, per me, per noi due. Perché siamo due, io e lui,
siamo davvero due. - È il mio lavoro, da tre
anni. Prima ho fatto davvero il buttafuori, come ti ha detto Edward. Mi ero
già esibito altre volte, come go-go boy e cose del genere. Gustav mi ha
proposto di provare. Ho accettato. Mi pagano bene e questo mi fa comodo.
Anche se non frequenti locali di questo tipo, credo che tu sappia benissimo
di che si tratta. Non scopo con i clienti, non l’ho mai fatto. Non ho mai
scopato per soldi. Esito un attimo e chiedo: - Ti dà molto fastidio, Isaac? - No, anche se non so
esattamente… Un po’ di fastidio forse c’è, molta curiosità, mi stuzzica pure
un po’ che tu faccia impazzire altri uomini e ti faccia desiderare da loro.
No. Non è un problema, davvero. Per me va bene, ma vorrei che fosse una cosa
di cui possiamo parlare, come parliamo di tutto il resto. - Ora lo
è. Ti amo Isaac. Perdonami. Sono stato un perfetto coglione, prima a
non dirtelo e poi a scappare, quando l’hai scoperto. Isaac mi bacia di nuovo,
un bacio leggero. - Non importa. Scusa se ho
fatto ricorso a questo mezzo, ma non riuscivo a reggere un’altra notte senza
poterti parlare, senza sapere. - Mi spiace, Isaac. Ti ho
fatto stare male. Non volevo. Era l’ultima cosa che avrei voluto, davvero. Isaac mi stringe tra le
braccia,. - Mi è parso di impazzire, Kyle. Ma ora non ha più importanza, nessuna
importanza. Lo stringo ancora più
forte, lo bacio, gli infilo la lingua tra le labbra. Il desiderio mi assale,
violento. Vorrei che lui mi prendesse, qui, in questo locale dove tanti mi
hanno desiderato e mai nessuno ha potuto possedermi. In qualche modo coglie il
mio desiderio, perché mi bacia e poi mi sussurra: - Ora mi fai una bella lap dance superporcacciona? Rido. Non rispondo, ma lo
spingo a sedersi sulla sedia. Incomincio a muovermi al ritmo della musica,
ondeggiando con il corpo. Sollevo un po’ la mia canotta grigia, facendogli
intravedere il ventre, ma la riabbasso. Voglio farlo impazzire di desiderio.
E alla fine lascerò che il cliente mi scopi. Sarà la più bella lap dance che
io abbia mai fatto. Ballo per il mio uomo. 2013 |