Un cactus in culo Ci vogliono dodici ore di
pista per arrivare a Fort Rouge e Maximilien se le sente tutte nelle ossa.
Dodici ore di scossoni e salti su quella fottuta jeep metterebbero a dura prova
chiunque, anche un ufficiale giovane e robusto come Maximilien. Maximilien è contento di
poter finalmente scendere, anche se sa benissimo che quello che l’aspetta non
sarà certo più piacevole del viaggio attraverso il deserto: solo più
pericoloso. In fondo attraversando il deserto che cosa può capitare? Nulla di
particolare. Magari si viene assaliti da una delle bande di briganti tuareg, che si limitano a infilzarti con le lance
e lasciare il tuo cadavere a seccare tra le dune. Oppure si può essere morsi
da uno scorpione velenoso, di quelli per cui si tira
le cuoia dopo venti ore di agonia. Magari si trova un serpente, ma quelli ti
fanno fuori in pochi minuti. Anche il veleno dei ragni, in fondo, agisce in
fretta. Mal che vada una pioggia improvvisa trasforma lo
wadi che stai attraversando in un fiume che ti trascina via. O una tempesta
di sabbia ti fa perdere la strada e muori di sete. Se proprio sei sfortunato,
incontri i guerrieri Ashar, che ti castrano prima di tagliarti la gola.
Insomma: i soliti piccoli inconvenienti della vita. Tra coloro che
attraversano il deserto, non sono poi molti quelli che ci lasciano le penne. A Fort Rouge invece degli
ultimi tre comandanti ne sono morti tre, in un anno, il che fa una bella
percentuale: 100%. Dieci decimi, se preferite le frazioni. Maximilien è il
quarto comandante. Se sarà anche il quarto a lasciarci le penne, non lo sa:
dategli tempo, in fondo è appena sceso dalla jeep, bestemmiando sonoramente. Devono aver visto arrivare
la jeep (come non vederla? Su quella fottuta pista
sollevava nuvole di sabbia che sembrava l’arrivo di Armageddon), perché dal forte esce un sergente. È Nicolas Sauvage,
su questo Maximilien non ha dubbi, in quanto ha studiato i nomi di tutti i
graduati presenti al Fort Rouge, cioè ha imparato il nome di Nicolas Sauvage,
perché altri non ce ne sono. Un comandante del forte (finché non crepa), un
sergente e ventisei soldati. Un camion per i viveri una volta la settimana,
un pozzo per l’acqua e un paesaggio molto vario tutt’intorno: deserto
sabbioso a nord, deserto sabbioso a est, deserto sabbioso a sud, deserto
roccioso (nessuno è perfetto) a ovest. Maximilien ci scommetterebbe che c’è
sabbia anche nel forte, nel cibo che mangiano, nell’acqua che bevono, nei
pagliericci su cui dormono, nella merda che cagano, ma ha l’impressione che
nessuno scommetterebbe contro di lui. Molto altro da sapere su
Fort Rouge non c’è. Magari uno potrebbe chiedersi perché non lo chiudono,
visto che non serve a nulla. L’ipotesi probabilmente più fondata è che non saprebbero
dove mandare la guarnigione, costituita da soldati indisciplinati o ribelli,
figli di puttana incorreggibili: d’altronde, se uno nasce figlio di puttana,
come fa a correggersi? Al massimo può falsificare il certificato di nascita,
come peraltro molti dei soldati del forte devono aver fatto in passato, per
acquisire un’identità meno ricercata – dalla polizia, si intende. Il problema
è che il lupo perde il pelo ma non il vizio e anche le nuove fedine penali
sono da prendere non con i guanti ma con lo scafandro, se uno non vuole
sporcarsi. I rifiuti vengono mandati di stanza qui,
dopo aver trascorso qualche mese – o anno - nelle carceri militari. Una
proposta per risolvere il problema Maximilien l’avrebbe: pagare gli Ashar o i
Tuareg perché attacchino il forte ed eliminino tutti i francesi presenti.
Maximilien spera solo che l’idea, che gli sembra ottima, non venga in mente a
qualcuno mentre lui è lì. Se riuscirà ad andarsene, facciano pure. Ma molte
probabilità di andarsene, Maximilien sa di non averle, sia perché anche lui
rientra nella categoria dei figli di puttana, sia perché ha buone speranze di
passare presto all’altra categoria: comandanti di Fort Rouge defunti
precocemente. Nicolas Sauvage fa quello
che secondo lui dev’essere un saluto militare. In una caserma in Francia un
saluto eseguito così gli costerebbe qualche giorno di cella, ma Nicolas
Sauvage è da otto anni a Fort Rouge (il che, oltre ad aver provocato la
dimenticanza di alcuni elementi di base del saluto, è di per sé punizione sufficiente
per due ere geologiche di saluti militari inadeguati): che cosa abbia fatto
per meritarselo, Maximilien non lo sa. Ma dev’essere qualche cosa di grave. - Benvenuto, signor comandante. Maximilien grugnisce un “grazie” poco convinto, anche perché Sauvage ha già
lasciato la posizione di saluto, senza che Maximilien glielo dicesse, e sta
proseguendo: - Venga con me, signor comandante. Dentro il forte la
guarnigione è schierata in attesa del nuovo comandante. Anche in questo caso
tutto lascia a desiderare, dal saluto militare alle divise, ma Maximilien
preferisce evitare commenti. In fondo è soddisfatto: da quello che gli
avevano detto, si aspettava di trovare qualcuno a torso nudo e gli altri del
tutto nudi. Cosa sono le macchie, gli strappi, i bottoni mancanti, la fila
che assomiglia più al percorso di un ubriaco che a una retta, il soldato che
sbadiglia e quello che si gratta le palle mentre lui
passa? - State sull’attenti,
figli di puttana, mi avete sentito? Il richiamo del sergente
non cambia molto le cose, ma non ha importanza. Dopo aver passato in
rassegna i soldati, Maximilien fa con il sergente un giro del forte: un
edificio basso di forma allungata, circondato dalle
mura esterne. Al piano terra magazzino, cucina e sala usata per la mensa, un
ufficio, tre celle e altre due stanze, oltre ai gabinetti. Al centro, di
fianco alla sala mensa, una scala porta al piano superiore, dove si trovano a sinistra la camerata in cui dormono i soldati, i
cessi e le docce comuni, a destra il cesso e la doccia del comandante e la
sua camera. Anche lì c’è un magazzino. Il giro è presto finito. - Adesso andiamo nel mio
ufficio e mi racconta un po’ di cose. - Sì, signor
comandante. L’ufficio è un locale
spoglio, con due sedie e una scrivania. Maximilien chiede un po’
di informazioni e intanto studia Nicolas Sauvage. È un uomo sui
quaranta-quarantacinque, di corporatura massiccia, un ventre sporgente, una
larga barba nera. Quando Nicolas ha risposto
a tutte le sue domande, Maximilien gli chiede notizie sulla morte dei tre
comandanti che lo hanno preceduto. - Il capitano Alfred Duval
è morto in un incidente d’auto, quando la jeep si è ribaltata. Il capitano
Georges Gramond è morto suicida: si è tirato un colpo in questo ufficio. Il
tenente Gaspard Dumesnil è stato morso da un serpente velenoso che si era
infilato nel suo letto. Tutto questo corrisponde
alle informazioni che Maximilien già aveva. - Ce ne sono molti di
serpenti, qui? - Nel forte ogni tanto se
ne trova qualcuno. Non spesso, ma è meglio fare attenzione. - Sergente, lei ha avuto
modo di vedere tutti e tre i cadaveri? - Sì, certo. - È sicuro che siano morti
come mi ha detto? - Dumesnil senza dubbio:
ho seguito la sua agonia e ho ammazzato quel fottuto serpente. Gramond aveva un
foro alla testa. Duval era sotto la jeep. Quei due io non li ho visti morire. - Non pensa che qualcuno
possa averli ammazzati? Nicolas Sauvage allarga le
braccia. - Per Duval mi sembra
difficile, era qui da anni, poi simulare un incidente di quel tipo non mi
sembra facile. Gramond era depresso, certo, ma potrebbero avergli tirato un
colpo e inscenato un suicidio: non ha lasciato neanche due righe. Dumesnil…
un serpente nel letto si può mettere… - Qualcuno poteva avere
motivi per ucciderli? Nicolas Sauvage ripete il
gesto di prima. - Un comandante qui è come
un cactus in culo: un fastidio che di sicuro molti si toglierebbero
il più in fretta possibile. Ma se non rompe troppo i coglioni, perché farlo
secco? - In che senso un
comandante qui è come… quello che ha detto lei? - Un cactus in culo, signor comandante. Ma… i comandanti lo sono sempre un po’,
no? Nicolas Sauvage sorride e
Maximilien gli spaccherebbe volentieri i denti (anche se Nicolas è più grosso
di lui e Maximilien rischierebbe di ritrovarsi con la dentiera). Poi il
sergente riprende: - Qui non puoi reggere
qualcuno che è sempre lì a dirti di fare questo, di non fare quello. Non è
una normale caserma, questa. Non puoi metterti a fare esercitazioni: da marzo
a novembre l’unica cosa che puoi fare di giorno è cercare di sopravvivere
dormendo. La notte non puoi metterti a girare per il deserto, dove ti
perderesti anche di giorno. A parte le sentinelle e quelli di corvée in
cucina, gli altri non hanno un cazzo da fare. Se nessuno ti rompe i coglioni,
puoi giocare a carte o ai dadi, scopare, fare la lotta, parlare di puttane.
Ma se hai qualcuno che vuole che tu stia in divisa quando fuori ci sono
cinquanta gradi, che tu ti metta sull’attenti ogni volta che passa, che non
faccia quello, che non faccia quell’altro. Cazzo! Logico che cerchi di
togliertelo dai coglioni, no? - Perciò secondo lei i
capitani precedenti sono stati uccisi da qualcuno per… “toglierseli dai
coglioni”? Nicolas si stringe nelle
spalle: - Non ho detto che siano
stati uccisi. Lo escludo per Gramond e Duval. Potrebbe essere avvenuto nel
caso di Dumesnil, che quanto a rompere i coglioni, ci sapeva fare. Catturare
un serpente e infilarlo nel letto del comandante non è
così difficile. E non ci sono rischi di essere scoperti, se nessuno ti vede
mentre lo fai. O se chi ti vede è un amico. - Ha un’idea di chi
potrebbe essere stato? - Uno qualunque dei
ventisei soldati presenti al forte. - Più il sergente. Nicolas ride. - Sì, più il sergente.
Magari tutti e ventisette insieme, pronti a
organizzare omicidi a catena per starsene in santa pace senza cactus in culo. Maximilien riflette. Il
discorso di Nicolas è poco ortodosso, ma è sensato. La pretesa di una ferrea
disciplina in un posto del genere non ha molto senso e come massimo si può
ottenere che la fila del mattino, al momento dell’alzabandiera, sia un po’
più diritta di quella che lo ha accolto al suo arrivo. E poi, che facciano
quello che vogliono. E a questo punto in testa
a Maximilien ritornano le parole del sergente. - E allora i soldati quando
non hanno un incarico passano il loro tempo a giocare a carte o ai dadi, a
chiacchierare, a fare la lotta… - …e a scopare,
signor comandante. Maximilien vorrebbe
chiedere se ci sono puttane nella zona. Non gli sembra probabile, ma a volte
vicino ai forti ci sono villaggi in cui alcune donne si prostituiscono.
Preferisce evitare una domanda diretta. - Ci sono villaggi qui
intorno? Nicolas Sauvage sembra
disorientato. - No, certamente. Un villaggio
in mezzo al deserto… per vivere di che cosa? I Tuareg li vediamo una volta al
mese, più o meno, quando passa una carovana, gli Ashar per fortuna non si
sono ancora fatti vivi... Quindi scopare… Maximilien
sa di aver capito bene. Non che la faccenda lo scandalizzi: uno dei diversi
motivi per cui è stato mandato in questo buco di culo di posto, è esattamente
un uso improprio (almeno secondo gli alti comandi) del suo buco del culo. In
realtà per Maximilien, trattandosi del culo proprio, l’uso non era improprio,
ma gli alti comandi sono poco sensibili alle questioni linguistiche. E
comunque quello non è l’unico motivo per cui Maximilien è stato inviato qui. Va bene, può valere la
pena di saperne qualche cosa di più e intanto di sondare il terreno con questo
sergente. - Quindi i soldati scopano
tra di loro. - Certo, signor comandante. Scopare con i serpenti e gli scorpioni è pericoloso, anche se uno non rischia la sifilide, e le
gazzelle… quelle non è mica facile prenderle. Logica ineccepibile. - E anche questo ai
comandanti precedenti non andava bene. È un’affermazione, più che
una domanda. - Duval se ne fotteva alla
grande. Quando ne aveva voglia, si dava da fare anche lui. Gramond era troppo
depresso perché gli importasse molto di qualche cosa: non reggeva l’idea di
essere stato mandato in un posto del genere. Dumesnil, sì, quello aveva
proprio la vocazione per fare il cactus in culo. Voleva mandare tutti alla
corte marziale. Non gli andavano i tornei di lotta. - E perché mai? - Perché chi perde se lo prende
in culo o in bocca. Maximilien non dice
niente. Nicolas spiega: - È un buon sistema,
comandante. Ci sono soldati che non hanno mai scopato con altri maschi, che
non vogliono apparire finocchi. Se ti avvicini con un sorriso, ti mandano a
cagare. Ma se in un torneo gli spacchi la faccia, allora devono aprire il
culo, per mantenere fede all’impegno. Fornisce una buona scusa a chi ne ha
bisogno, soprattutto i nuovi arrivati. Se uno non vuole partecipare, non
partecipa. - Quanti sono quelli che
non partecipano? - Nessuno, signor comandante. Dopo un mese o due che sono qui, tutti
partecipano. Magari dicendo che vogliono spaccare la faccia e il culo a tutto
il mondo, ma poi si rassegnano a… ricevere invece di dare. Nicolas ride. Maximilien annuisce. Forse
questo posto non è poi così male, anche se per il comandante partecipare ai
tornei sarebbe… Maximilien ripensa a quello che ha detto il sergente: - Mi ha detto che il
capitano Duval partecipava? - Ai tornei no, però ogni
tanto si dava da fare anche lui, non spesso. Aveva una relazione fissa, ma
quando aveva voglia di cambiare un po’… - Una relazione fissa con
un soldato? Nicolas esita un attimo,
per la prima volta. Poi ride: - Con un sergente. - Nicolas Sauvage, per
caso? - Come ha fatto a
indovinare? Nicolas Sauvage incomincia
a stargli simpatico, anche se magari è un assassino o sta comunque coprendo
degli assassini. Maximilien riflette un
momento, poi dice: - Ve bene, credo che
qualche aggiustamento sarà necessario, ma non conto di apportare grandi cambiamenti
alla vita del forte. - Lei è saggio,
comandante. - Però voglio capire chi
ha messo il serpente nel letto del comandante Dumesnil. - Si muova con cautela,
comandante: di serpenti nel deserto ce ne sono parecchi. Maximilien annuisce. La sera la bandiera viene
calata. Maximilien si limita a far disporre i soldati in
riga un po’ meglio. Poi si mangia. La notte le porte
rimangono tutte aperte per far circolare un po’ d’aria e dalla camerata dei
soldati vengono grandi sospiri, gemiti, grugniti, qualche esclamazione.
Nonostante la stanchezza del viaggio, Maximilien avrebbe voglia di
partecipare anche lui, ma non è il caso di mostrarsi impaziente. È piuttosto
tardi quando infine Maximilien si addormenta. Il giorno dopo
all’alzabandiera Maximilien verifica che la fila sia decente, ma poi lascia
libertà ai soldati. Esamina le carte presenti
nell’ufficio. I tre comandanti precedenti hanno lasciato relazioni
periodiche, come era loro compito. Anche Maximilien dovrà farne. A che
servano, Maximilien non lo sa, visto che non vengono inviate ai comandi, ma
rimangono nell’archivio del forte (costituito da cinque raccoglitori).
Probabilmente nessuno al mondo lo sa. Ma è suo compito scriverle. Maximilien
prende i due raccoglitori con le relazioni. Le prime relazioni di
Duval, risalenti a otto anni prima, sono dettagliate e precise, le successive
sono sempre più generiche: evidentemente aveva imparato a fottersene alla
grande anche di questo. Al contrario quelle di Gramond erano molto scarne
inizialmente, poi diventavano via via più
complesse, ma non erano più relazioni: erano meditazioni personali sulla vita
e sulla morte, sempre più cupe. Anche lui se ne fotteva alla grande delle
relazioni ed era evidente che meditava il suicidio. Maximilien apre il
raccoglitore con le relazioni di Dumesnil. Ce ne sono tre in tutto.
Maximilien incomincia a leggere. Nella prima viene descritta molto
criticamente la situazione del forte: mancanza di disciplina, comportamenti
poco corretti dei soldati, scarsa attenzione al decoro e altre cose del
genere. Una seconda relazione, molto breve, riguarda il sergente Nicolas
Sauvage, messo in cella di punizione per non aver controllato il
comportamento di alcuni soldati ed essersi rifiutato di rivelare i nomi dei
militari coinvolti nell’infrazione di cui alla relazione 5. Di cui alla
relazione 5? Maximilien è perplesso. La relazione in
effetti ha il numero 6. La prima che ha letto ha il numero 1. Allora
c’erano altre quattro relazioni in mezzo. Che fine hanno fatto? L’ultima
relazione ha il numero 17. Cazzo! Su almeno 17 relazioni (Dumesnil potrebbe
averne ancora scritta una prima di morire), ne mancano quattordici. Nella 17
Dumesnil si esprime senza peli sulla lingua, tanto ormai doveva aver capito
che quelle relazioni non le avrebbe mai lette nessuno, per cui poteva anche
usarle per pulirsi il culo: osserva come i pochi progressi avvenuti siano più
apparenti che reali e come il malcontento sia molto forte tra quella masnada
di fottuti finocchi che costituiscono la guarnigione. Poi la relazione è
dedicata al sergente, su cui Dumesnil esprime una valutazione leggermente
critica: lo definisce un lurido figlio di puttana e un fottuto bastardo, che
tende a coprire i soldati, e propone che venga degradato a soldato semplice,
ritenendolo inadeguato a ricoprire una qualsiasi carica. Il sergente è di
nuovo in cella di punizione, ma nemmeno la fustigazione gli ha fatto cambiare
atteggiamento. Fustigazione! Nel 1955. Cazzo! Dumesnil era fuori di testa.
Una nota in fondo suggerisce il deferimento alla corte marziale. Dumesnil
aggiunge che se avesse il potere o anche se solo potesse contare su almeno
una parte dei soldati, lo farebbe fucilare subito: una merda di meno. La
relazione porta la data del 24 aprile, due giorni prima della morte di
Dumesnil. Maximilien è perplesso.
Qualcuno ha fatto sparire la maggioranza delle relazioni. Chi? Sono rimaste
due relazioni fortemente critiche nei confronti del sergente. Perché chi ha
tolto le relazioni non ha eliminato anche quelle? Qualcuno che ce l’ha con
Sauvage? Qualcuno che vuole far ricadere su di lui i sospetti per la morte di
Dumesnil? O invece Sauvage stesso, per confondere le acque nel caso di
un’indagine? Maximilien fa chiamare
Sauvage: - Sergente, mancano almeno
quattordici relazioni del comandante Dumesnil. Ha un’idea di chi può averle
prese? - No, signor
comandante. Non che Maximilien si
aspettasse una risposta diversa. - Nessuna idea? - No, nessuna, signor comandante. - Sono rimaste due
relazioni fortemente critiche nei suoi confronti. - Non mi stupisce, signor comandante. - Non la stupisce che
siano state scritte o che siano rimaste? Nicolas Sauvage sorride.
Ha un sorriso simpatico. - Nessuna delle due cose.
A Dumesnil non stavo molto simpatico, se ha letto le relazioni l’avrà capito.
E quanto al fatto che le abbiano lasciate, sa com’è, sono pur sempre il
sergente. Non sarò proprio un cactus in culo, ma poco ci manca. - Il comandante Dumesnil
l’ha fatta fustigare. - Sì, signor
comandante. I ragazzi si sono divertiti molto allo spettacolo, io un po’
meno. A Dumesnil non stavo simpatico, gliel’ho detto, riteneva che fossi un
figlio di puttana, un finocchio di merda e altre cose così. Come dargli
torto? Nicolas Sauvage ride. Maximilien non commenta.
Chiede: - Perché ha accettato di farsi
fustigare? Non è una punizione prevista dai regolamenti dell’esercito
francese da molto tempo. Nicolas ride. - Nemmeno molte delle cose
che facciamo qui sono previste dai regolamenti. - Non mi ha risposto, sergente. Nicolas ritorna serio: - Opponendomi avrei
rischiato di provocare un ammutinamento. Il comandante... non so che cosa
sarebbe successo. Non volevo che ci andassero di mezzo i ragazzi. Maximilien rimane
pensieroso, poi conclude: - Va bene, vada pure. - Scusi, signor comandante, ne approfitto per chiederle una cosa. - Mi dica. - Domani i ragazzi
vorrebbero fare un torneo di lotta. Va bene se lo fanno? - Vuole un’approvazione
ufficiale? - No, signor
comandante. Mi basta sapere che lei non farà casino. Maximilien sorride. - Va bene, sergente. Non
farò casino. - Grazie, signor comandante. Sauvage fa per uscire, ma
Maximilien lo richiama. - Lei parteciperà,
sergente? - Se mi sfidano, certo, signor comandante. Vuole partecipare anche lei? Può essere
un buon modo per familiarizzare con i soldati. Maximilien pensa che
Sauvage ha la faccia come il culo. - No, sergente. - Forse ha ragione, signor comandante. Un eccesso di familiarità
rende poi più difficile mantenere la disciplina. Maximilien è curioso di
assistere al torneo. Non è sicuro che sia opportuno farlo, ma che senso
avrebbe rinchiudersi nell’ufficio e far finta di non sapere? Il mattino dopo il torneo
incomincia presto, subito dopo l’alzabandiera: siamo a marzo e tra poche ore
le temperature diventeranno troppo alte per un’attività fisica intensa. I soldati si dispongono a
cerchio (un cerchio approssimativo, come lo è la retta che dovrebbero formare
per l’alzabandiera: si vede che le loro conoscenze geometriche sono
limitate). Poi alcuni incominciano a muoversi: ognuno si mette davanti a uno
dei compagni e lo provoca. Se questi accetta la sfida, i due si dispongono ai
margini; se non accetta, lo sfidante cerca qualcun altro, dopo aver deriso
chi ha rifiutato. Maximilien nota che pochi respingono la sfida e anche quei
pochi ne accettano un’altra o vanno a provocare qualcuno dei soldati non
ancora impegnati. In breve ognuno ha uno sfidante e i militari riformano un
cerchio (anche questo non proprio regolare, ma se uno non è dotato per la
geometria, c’è poco da fare), da cui si stacca la prima coppia di duellanti.
Nicolas Sauvage non è stato sfidato da nessuno, quindi non parteciperà:
peccato, Maximilien lo avrebbe visto volentieri scopare. Ma i soldati sono
ventisei, se il sergente avesse partecipato, qualcun altro sarebbe rimasto
fuori. La lotta è senza
esclusione di colpi: calci, pugni, schiaffi, prese di ogni tipo. Al termine
dello scontro più d’uno ha il sangue che gli cola dal naso o dalla bocca. Chi
finisce a terra e viene bloccato, riconosce la
propria sconfitta. Ci vogliono due ore perché
la sfide si concludano. Quando tutti hanno finito,
alcuni dei vincitori parlottano tra di loro, poi in tre si avvicinano al
sergente. - Allora, sergente dei
miei coglioni, ce li hai i coglioni di affrontarci? - Puoi dirlo,
Robert, ti spacco quella faccia di culo e poi il culo. Il modo di rivolgersi al
proprio sergente non è proprio quello prescritto dal regolamento, ma la
risposta è in linea con la domanda. I soldati si dispongono di
nuovo in cerchio e i tre affrontano Nicolas, tutti insieme.
Sono tre uomini forti, uno più alto, due più bassi e
tarchiati. Ognuno di loro ha vinto l’incontro precedente e Maximilien
si dice che per Sauvage si mette male: lui sarà anche un toro, ma questi tre
sono tosti. Nicolas evita di misura un
calcio ai coglioni, ma afferra il piede che cercava di colpirlo e fa cadere
l’avversario, che batte la testa e rimane intontito, poi carica un secondo e
gli sferra due pugni in pancia, mandandolo a terra. Intanto però il terzo
soldato lo colpisce in faccia e il sangue cala dal naso di Sauvage, che
bestemmia. Uno dei soldati caduti a terra, si rialza e salta addosso a
Nicolas, facendolo cadere mentre gli dà del bastardo. Maximilien si dice che
il sergente è fottuto: adesso che è a terra, gli altri tre avranno facilmente
ragione di lui. Ma il sergente alza la
gamba e con il piede colpisce in faccia il soldato che si è lanciato su di
lui. Il soldato emette un gemito e stramazza, mentre il sangue gli scorre
copioso dal naso: sembra incosciente. Un pugno ben assestato manda a terra
l’altro assalitore, che emette un grido da bestia macellata, e Nicolas si
getta su di lui, bloccandolo, mentre con una mano schiaccia a terra la faccia
del soldato che prima aveva colpito in pancia. I due ancora coscienti si
arrendono, maledicendolo e insultandolo: l’incontro è stato rapidissimo. Il
terzo soldato è fuori concorso. Il sergente lo
sveglia sbottonandosi i pantaloni e pisciandogli in faccia. Maximilien è
dietro, per cui non vede il cazzo di Nicolas, ma sa che avrà modo di
guardarlo dopo, quando sarà impegnato in altre funzioni, più interessanti. Maximilien si dice che il
sergente è un gran lottatore: ha avuto ragione in fretta di tre uomini che
non erano certo avversari di second’ordine. L’assembramento si
scioglie e tutti rientrano. In maggioranza si dirigono verso la camerata, ma
qualcuno sceglie le cucine o i magazzini: non che cerchino una maggiore
intimità, ma c’è chi preferisce il letto, chi il tavolo da cucina, chi le
casse dei depositi. Dopo di che la festa
incomincia. Nicolas si avvicina a Maximilien. - Se vuole assistere, stia al mio fianco: eviterà battute. Se invece
preferisce non vedere, può stare solo in camera sua o nell’ufficio. In
effetti in tutto il
forte si ripete la stessa scena o forse sarebbe più esatto dire tante
varianti della stessa scena. Maximilien non scopa da
quando è arrivato al forte e lo spettacolo che si offre ai suoi occhi ha un
effetto ampiamente prevedibile. Maximilien non cerca di nasconderlo: sarebbe
ridicolo. I soldati lavorano in coppia: di solito il vincitore incula direttamente
il perdente, ma a volte prima se lo fa succhiare un po’ o sceglie di fottere
l’altro in bocca fino a che viene. Poca fantasia nella cucina e nella
presentazione dei piatti, ma la sostanza è buona e la quantità abbondante. Maximilien vuole vedere
Nicolas Sauvage al lavoro. Il sergente gli piace, c’è poco da dire, e ha
voglia di vederlo scopare. Quando i soldati hanno
finito, si avvicinano tutti al sergente. I tre che lo hanno sfidato sono
nudi, dato che hanno appena finito di fottere. Il sergente si spoglia in
fretta, gettando camicia e pantaloni su un letto. Maximilien lo guarda, senza
nascondersi: assurdo far finta di non voler vedere. Quando Nicolas si cala le
mutande (non pulitissime, nota Maximilien, ma la pulizia personale non è il
massimo nel forte), poco ci manca che al comandante non sfugga un fischio di apprezzamento: Nicolas ha un cazzo da
cavallo e due coglioni da toro. Maximilien si dice che i tre soldati avranno
male al culo per un mese. - Robert, tu me lo succhi.
Gaspard e Félix, voi due vi mettete di lato a lui,
con il culo in aria. I soldati sputano per
terra, ma obbediscono. Robert incomincia a lavorare con la lingua e il cazzo
di Nicolas prende a crescere rapidamente, raggiungendo dimensioni ancora più
inquietanti. Intanto Nicolas si china prima su Gaspard, poi su Félix e sputa
sul culo a tutti e due. Si mette a lavorare intorno ai loro buchi, con le
dita: la destra per Gaspard, la sinistra per Félix. Con un dito stuzzica
l’apertura, poi spinge un po’ dentro, toglie, rimette. Il sergente ci sa fare
e i due soldati bestemmiano e lo insultano, ma è evidente che quel lavorio
non gli dispiace per niente. Robert intanto si dà da fare, ma non riesce più
a tenere in bocca tutto il cazzo del sergente. - Adesso leccami il culo,
Robert. Maximilien è un po’
perplesso. Gli altri soldati hanno scopato molto semplicemente, senza tante
variazioni. Nicolas Sauvage sembra pretendere di più, ma forse è perché ne ha
affrontati tre. Comunque i soldati obbediscono alle sue richieste, lanciando
qualche insulto, ma senza esitare. - Gaspard, spostati qui. Robert lavora con la
lingua, facendola scorrere lungo il solco e indugiando sul buco. Intanto
Nicolas sputa di nuovo sul buco del culo di Gaspard e lavora con le dita,
questa volta infilandone dentro due. Gaspard gli dà del pezzo di merda.
Nicolas non ci bada. Intanto con la sinistra sculaccia con forza Félix. Poi Nicolas si sputa nella
mano, inumidisce la cappella (peraltro già abbondantemente irrorata di saliva
da Robert) e incomincia a spingere il suo cazzo dentro il culo del soldato.
Gaspard geme e dalla sua faccia è evidente che fa male, non poco, ma la
destra del sergente sta lavorando i coglioni del soldato e Maximilien si
chiede quanto dolore e quanto piacere c’è in questa lenta avanzata della formidabile
arma. Nicolas Sauvage scopa
Gaspard per venti minuti buoni, mentre Gaspard geme sempre più forte. Infine
la mano del sergente completa il lavoro e Gaspard gode, mentre il sergente
grugnisce e viene dentro di lui. Nicolas si ritrae e
Gaspard, zoppicando e bestemmiando, si va a stendere sulla propria branda. Nicolas si stende sulla
branda di fronte e dice a Robert di sedersi su di lui. Robert esegue. Il
cazzo del sergente scompare sotto il culo del soldato, che tra poco se lo
gusterà. In effetti dopo qualche minuto Nicolas è
pronto per il bis: mette le mani sul culo di Robert e lo guida a sollevarsi.
Il cazzo del sergente è di nuovo sull’attenti e
quando Robert ridiscende, si infilza. Robert si solleva di nuovo un po’, per
riprendere fiato, poi si abbassa e piano, piano, si impala completamente. È Robert a condurre la
cavalcata. Anche per lui dolore e piacere si mescolano. Il sergente gli
afferra il cazzo e lo tormenta un po’ e quando, dopo una lunga galoppata,
Nicolas viene, anche Robert emette un gemito e il seme schizza sul ventre di
Nicolas. Nicolas afferra per i capelli Robert e gli fa pulire con la lingua. Maximilien si chiede come
farà il sergente a venire una terza volta, ma Nicolas non lo delude: dopo una
pausa, il terzo soldato, Félix, è chiamato a lavorare con la bocca e il cazzo
del sergente si tende nuovamente. Nicolas rimane disteso e risponde alle
battute dei soldati, che incitano Félix a mordere, dicendogli che c’è da
mangiare per una settimana. Félix si dà da fare, fino a che Nicolas viene con
un gemito. Tre volte in meno di due
ore. Cazzo! Nei giorni seguenti
Maximilien passa a interrogare gli uomini. Di ognuno si fa dire perché è
stato mandato al forte. Poi chiede che cosa sanno della morte di Dumesnil
(ormai Maximilien è sicuro che Duval è morto davvero in un incidente e
Gramond si è suicidato) e delle relazioni che sono sparite. Le risposte alle prime
domande, per quanto sicuramente incomplete, forniscono un bel quadro della
guarnigione del forte. Niente di diverso da quello che Maximilien si
aspettava, comunque. Per quanto riguarda la morte di Dumesnil, tutti l’hanno
sentito urlare la sera. Nicolas Sauvage è stato il primo ad accorrere e ha
ammazzato il serpente. Dumesnil è morto dopo pochi minuti di agonia. Sulle
relazioni, nessuno sa niente. Maximilien non ha cavato
un ragno dal buco (il che ha i suoi vantaggi: i ragni da queste parti sono
velenosi), ma almeno si è fatto un’idea dei suoi soldati. Una bella
accozzaglia di figli di puttana, ruffiani, ladri e così via: più o meno
quello che si aspettava. Si dice che è in buona compagnia. Il secondo torneo di lotta
si svolge due giorni dopo che Maximilien ha finito con gli interrogatori.
Alla fine del torneo, come la volta scorsa, alcuni uomini parlottano tra di
loro e poi si avvicinano a Sauvage. Sono in sei. Cazzo! Non è proprio una
sfida: praticamente è un massacro. - In sei? Cazzo! - Non ce li hai i
coglioni, di affrontarci in sei? - Voi di coglioni ne avete
due in sei, a quanto pare. Nicolas non si tira
indietro e Maximilien si dice che il sergente è pazzo. Pensa davvero di poter
vincere? In effetti, la lotta si
conclude in fretta ed è un massacro. Sia per Nicolas, che alla fine perde
sangue dal naso e dal labbro ed è piegato in due, a terra, dolorante, sia per
diversi dei soldati, che hanno vinto, ma se le sono
prese anche loro. Poi i vincitori del torneo
si prendono i loro premi. Come la volta precedente, Nicolas entrerà in gioco
solo alla fine, ma con un altro ruolo. Maximilien vuole assistere
alla scena, perché Nicolas Sauvage gli piace un casino, perché è un gran
maschio e veder fottere un gran maschio è uno spettacolo che glielo fa venire
duro. Anche questa volta i soldati scopano prima tra di loro, poi si mettono
tutti intorno a Nicolas Sauvage, che si spoglia. Lo fanno chinare in avanti,
appoggiato su una panca, e si mettono al lavoro. Gli sputano sul buco e poi
Luc lo infilza senza tante cerimonie, facendolo sussultare. Dalla smorfia
della faccia di Nicolas, è evidente che Luc deve avergli fatto un male
bestiale. Rispetto alla volta precedente, è tutto più semplice: ognuno dei
sei incula il sergente, lo fotte finché non viene e poi si ritira, lasciando
il posto al successivo. Guardare Nicolas che
fotteva i soldati era molto più stimolante, ma anche questa scena ha un
notevole effetto su Maximilien. Gli piace vedere i soldati che fottono il
sergente. Gli piace vedere i loro cazzi che escono, gocciolanti, dal culo di
Nicolas, leggergli in faccia il dolore di questi ingressi decisi, vedere il
seme che gli cola dal culo. Più tardi, Maximilien
parla con Nicolas: - Perché ha accettato una
sfida così, uno contro sei? Non poteva vincere. Nicolas scrolla le spalle. - I ragazzi hanno bisogno
di spaccarmi il culo, ogni tanto. Io già gli rompo i coglioni in
continuazione. E poi, comandante, fa male, ma è sempre meglio avere in culo
un cazzo piuttosto che un cactus. Nicolas ride. Anche
Maximilien scoppia a ridere. Scuote la testa. Intanto un’idea è venuta a
Maximilien. Non si consulta con Nicolas Sauvage: esclude che sia lui
l’assassino, ma è convinto che il sergente non approverebbe
la sua manovra. Il mattino, in presenza di
quattro soldati, dice, sorridente: - Ho trovato la seconda
copia delle relazioni del comandante Dumesnil e credo di aver capito chi sono
i suoi assassini. - La seconda copia? - Il comandante faceva due
copie delle sue relazioni: probabilmente pensava che qualcuno avrebbe potuto
far sparire quelle dell’archivio. L’aveva nascosta bene,
la seconda copia, ma l’ho trovata. Maximilien guarda i
soldati allontanarsi. In meno di un’ora tutti lo sapranno e gli assassini si
chiederanno se davvero lui ha capito chi sono. Questo li spingerà a uscire
allo scoperto. Un gioco rischioso, Maximilien lo sa bene, ma altri modi per
arrivare a risolvere il caso il comandante non li vede. Maximilien entra in
camera. Questa sera controllerà il letto e la camera per bene (incontrare un
serpente a tu per tu non è mai piacevole) e metterà una sedia con la brocca
davanti alla porta, in modo che sia impossibile entrare senza fare rumore.
Terrà la pistola sul comodino, in modo da essere pronto. Maximilien è convinto di
aver pensato a tutto. Quello che non ha previsto, è che i due siano già nella
camera. Gli sono addosso prima che lui si sia accorto della loro presenza. Uno gli tappa la bocca e l’altro gli sferra due pugni al
ventre che per un momento accecano Maximilien. Poi quello che lo ha colpito,
Robert, tira fuori da un sacco un serpente, tenuto con un piccolo cappio.
Maximilien si dice che sta per esserci un secondo comandante del forte che
muore morso da un serpente. Cerca di dibattersi, anche se i pugni gli hanno
tolto le forze: non ha nessuna voglia di confermare le statistiche attuali e
preferirebbe che si abbassasse la media dei comandanti del forte che muoiono
di morte violenta. Ma i due soldati sembrano intenzionati a impedire un calo
della media: si vede che in statistica sono conservatori. In quel momento entra
Nicolas Sauvage, con la pistola spianata. - Lascialo,
Luc. E tu rimetti via il serpente, Robert. I soldati si lanciano
un’occhiata e nessuno dei due obbedisce. Robert lascia andare il serpente:
forse spera che, una volta morto il comandante, sia possibile convincere
Sauvage a far finta di niente. Il serpente è a una spanna da Maximilien
quando la detonazione lacera l’aria. La testa del serpente esplode. Nicolas
Sauvage ha una buona mira, per fortuna. - Il prossimo bersaglio è
la tua testa, Robert. Alza le mani. E tu, Luc, lascialo. Questa volta Luc
obbedisce: non ha molta scelta. Intanto arrivano di corsa gli altri soldati,
richiamati dallo sparo. È Nicolas Sauvage a dare
ordini: Maximilien è ancora piegato in due per il dolore. - Voi quattro, prendete
questi due stronzi e metteteli nella cella. Hanno cercato di uccidere il
comandante, come hanno ucciso Dumesnil. Domani li fuciliamo. I quattro soldati a cui si
è rivolto il sergente prendono i due assassini e li trascinano via. Nicolas manda fuori tutti,
poi si rivolge a Maximilien, mentre rimette la pistola nella fondina: - Ma perché voi comandanti
siete tutti coglioni? Vi fanno un esame apposta?
Questo ha il cervello, non lo facciamo ufficiale. Questo è coglione al 99%,
ma sì, ce la può fare. Diamogli una possibilità. Maximilien vorrebbe
obiettare, ma a parte il fatto che non può dare tutti i torti a Nicolas, non
vuole apparire poco gentile con qualcuno che gli ha appena salvato la pelle,
tanto più che quel qualcuno gli piace un casino e, per dirla tutta, ha anche
un cazzo da cavallo. - Volevo costringerli a
venire allo scoperto. - Risultato raggiunto, in
pieno. Come omaggio c’era anche un altro comandante fatto secco. - Non c’era altra via. Nicolas Sauvage annuisce. - Poteva avvisarmi prima, comandante. Ma di un figlio di puttana come me non
si fida. Capisco. Maximilien lo fissa negli occhi: - Sergente, mi fido
pienamente di lei e non l’ho avvisata solo perché sospettavo che non avrebbe
approvato. Quanto a giudicarla un figlio di puttana, penso che lo sia come lo
sono io, nel senso che tutti e due ce ne fottiamo di molte regole, principi e
valori di cui altri si riempiono la bocca. A questo punto Maximilien
ritiene di aver già detto abbastanza e devia il discorso: - Come mai è entrato, poco
fa? - Quando mi hanno detto la
faccenda delle relazioni, la prima cosa che ho pensato è che lei era in
pericolo. No, la prima cosa che ho pensato è che lei è una testa di cazzo, ma
non è rilevante. E ho pensato che l’avrebbero ammazzato questa sera. Perciò
sono venuto per avvisarla di fare attenzione, ma mentre stavo per entrare ho
sentito i rumori e ho capito che stavo arrivando tardi. - Per mia fortuna è
arrivato in tempo. - Sì, mi sarebbe spiaciuto
se l’avessero fatto secco, comandante. - Anche a me. Maximilien ha un dubbio e
lo esprime: - Sergente, gli altri
soldati non li faranno scappare, vero? - No, di sicuro. A parte
il fatto che non potrebbero andare da nessuna parte,
l’idea di fucilarli domani mattina ai soldati piace. È un bel diversivo, per
loro. Meglio della mia fustigazione. - Forse dovrei mandarli ai
comandi. - No, comandante, questo
non andrebbe a nessuno, neanche a loro due. La cosa migliore è fucilarli e
chiudere qui. Maximilien si siede sul
letto. - Ha bisogno d’altro,
comandante? Maximilien guarda Nicolas
Sauvage. - Sì, sergente. Nicolas fa un passo
avanti. - Mi dica. - In primo luogo che tu
chiuda quella porta. Nicolas obbedisce. Non
sembra rilevare il passaggio al tu. - Poi vorrei che tu ti
spogliassi. Nicolas sorride. - Solo se lo fa anche lei,
comandante. - Io lo faccio solo se mi
chiami Max e mi dai del tu. - Va bene, allora, per non
far torto a nessuno, che ne dici se ci spogliamo a vicenda, Max? È anche più
bello. Sì, Max concorda. È bello
sentire le mani forti di Nicolas che gli accarezzano il viso, prima di
scivolare sul petto e sbottonare la camicia. È bello guardare quelle mani che
aprono la fibbia della cintura, sbottonano i pantaloni e glieli tolgono. È
bello sentire la bocca di Nicolas, che gli mordicchia un capezzolo, mentre si
stende su di lui e gli abbassa le mutande. Nicolas solleva il capo e
lo guarda: - Stai barando,
comandante. Non mi hai tolto neanche la camicia. - Adesso recupero, sergente. Sollevati un po’. Max sbottona la camicia di
Nicolas, poi gli accarezza il petto villoso con la mano. Poi slaccia la
cintura e gli cala i pantaloni e le mutande, afferra le natiche pelose e le
stringe con forza. - Sei un bel gorilla! - In Africa i gorilla sono
tanti… Ora sono nudi, uno di
fronte all’altro, e Nicolas fa una cosa che Max non si aspettava: gli prende il
viso tra le mani e lo bacia sulla bocca. La faccenda sta diventando molto più
pericolosa del previsto, ma in fondo Max lo sapeva e gli va bene così. Si baciano di nuovo e
questa volta le lingue non stanno al loro posto. E poi incomincia un gioco di
carezze, baci, abbracci, mani che strizzano i capezzoli o le palle, dita che
stringono cazzi o si infilano in culo, tutto uno stringersi, abbracciarsi,
leccarsi, succhiarsi, mordersi, in cui Max si perde e Nicolas si perde con
lui. Infine Max si ritrova
disteso sul letto e la lingua di Nicolas lavora a lungo il suo buco,
spingendosi fin dentro, poi la parola passa alle dita, che entrano, escono,
carezzano, premono, divaricano. Max mugola di piacere, senza preoccuparsi
tanto che gli altri possano sentire: nonostante la porta chiusa, dalla
camerata giunge un coro di suoni inequivocabili. Evidentemente i soldati
stanno seguendo l’esempio dei loro superiori. E infine Nicolas si stende
su Max e la festa incomincia. Non è facile accogliere quel cazzo, per quanto
Nicolas si muova con lentezza, si ritragga e poi avanzi, piano. Ma nonostante
il dolore, la sensazione è splendida. Max non ha mai sentito un cazzo così
grosso e duro nel suo culo e le spinte che si succedono senza fine accendono
in lui lampi di piacere (e gli fanno vedere le stelle, ma d’altronde è notte,
ormai, per cui non è strano). E quando, dopo un tempo
che a Max pare interminabile, Nicolas viene dentro di lui e la sua mano guida
al piacere Max, il comandante ha l’impressione di svenire, tanto forte è il piacere. Poi Nicolas lo abbraccia
forte, tanto forte da fargli male, e gli dice: - Mi piaci
un casino, comandante. - Anche se sono una testa
di cazzo? - E un cactus in culo… 2013 |