Naufragio
  
 - Ci caleremo qui.  Il tenente William Fullen guardò il mare
  agitato dal vento sferzante e i grossi nuvoloni neri che incombevano su di
  loro, chiari segni della tempesta che stava per scatenarsi. La costa non era
  molto lontana, ma raggiungerla in barca con il mare in quelle condizioni
  sarebbe stato alquanto difficile, forse impossibile. Non disse niente: il capitano
  aveva preso una decisione e un tenente non poteva certo opporsi. Il capitano Douglas Clive nutriva un odio feroce per i pirati e un
  altrettanto forte desiderio di ottenere fama e promozioni impiccandone
  qualcuno. Non detestava solo i pirati: la sua avversione toccava anche i
  francesi, gli ebrei e i sodomiti. Quando aveva scoperto che il piccolo
  battello di Ezra Dampier si era arenato sulla costa dell’isola di Hispaniola e che i pirati erano accampati da qualche
  parte nelle vicinanze, aveva immediatamente deciso di inviare i suoi uomini
  per sterminarli e catturare il capo. Con lui aveva un vecchio conto da
  saldare.  Dampier aveva combattuto nella guerra dei Sette anni: si era
  arruolato con il nome di Robert e aveva rapidamente fatto carriera grazie al
  suo coraggio e alla sua abilità, trovandosi presto al comando di una nave.
  Clive aveva avuto la peggio in uno scontro con lui e non gliel’aveva mai
  perdonato. Ma la stizza per essere stato battuto si era trasformata in vero e
  proprio odio quando si era saputo ciò che era successo dopo: Dampier era
  stato sorpreso mentre aveva un rapporto con uno dei suoi marinai. Era
  riuscito a far scappare l’uomo, ma era stato arrestato, ancora nudo. Si era
  così scoperto che era circonciso e che si trattava di un ebreo, il cui vero
  nome era Ezra, non Robert.  Condannato a morte, era stato fustigato con tale ferocia da far
  pensare che non sarebbe sopravvissuto fino al mattino successivo, quando avrebbero
  dovuto impiccarlo. Nella notte però Dampier era scomparso e con lui ben
  undici dei suoi marinai, che evidentemente erano riusciti a liberarlo e si
  erano allontanati. Dampier era allora diventato pirata, ma si limitava a
  piccole azioni, in cui dimostrava il coraggio che lo aveva sempre
  caratterizzato, ma anche la sua generosità.  Per Clive scoprire di essere stato battuto da un ebreo sodomita era stato un colpo terribile e da allora vedere Dampier contorcersi negli spasimi di un’interminabile agonia era la sua massima aspirazione. Per questo aveva deciso un intervento che era illegittimo: una nave inglese non avrebbe potuto inviare uomini a terra in un dominio spagnolo, poiché Spagna e Inghilterra non erano in guerra. L’area però era isolata e il capitano contava che i suoi uomini riuscissero a compiere l’impresa e tornare senza che nessuno se ne accorgesse. Non appena la prima scialuppa fu calata in acqua e il piccolo
  equipaggio si mise ai remi, incominciò a piovere, come se i nuvoloni avessero
  atteso quel segnale per scaricarsi. Era un diluvio d’acqua che precipitava
  dal cielo, mentre le onde diventavano sempre più alte, minacciando di
  rovesciare l’imbarcazione. Le manovre per calare la seconda scialuppa vennero
  interrotte: le condizioni erano ormai chiaramente proibitive. Arrivare a terra appariva un’impresa disperata, ma tornare sulla
  nave era ormai impossibile: la Queen of
  the West si stava rapidamente allontanando, spinta dal vento che diventava
  sempre più impetuoso. Le onde rendevano difficilissimo mantenere il controllo
  della direzione, nonostante lo sforzo dei rematori. William Fullen era un tenente competente e
  sapeva valutare la situazione: era sicuro che sarebbero morti tutti affogati
  per l’idiozia del capitano. Guardò i suoi uomini, angosciati, e sentì la
  rabbia invaderlo, ma nascose ciò che provava, per non scoraggiare i marinai. Cercarono di procedere, ma mezz’ora dopo essersi staccati dalla nave
  sembravano essere ancora più distanti di prima dalla riva, mentre
  l’imbarcazione si riempiva di acqua. Due uomini la svuotavano, mentre gli
  altri sei remavano. Il timoniere cercava di mantenere la direzione, ma non ci
  riusciva. Il tenente imprecava tra i denti. Uno dei marinai, Tom Flinn, lo guardò e William
  lesse la disperazione nei suoi occhi. Allora urlò, sforzandosi di farsi
  sentire nella furia degli elementi: - Ce la possiamo fare.  A un certo punto, forse aiutati dal gioco delle correnti, i loro
  sforzi sembrarono ottenere un risultato: la riva parve avvicinarsi. Gli
  uomini però erano sempre più stanchi, perché remare in quelle condizioni
  richiedeva un sforzo enorme. Ci furono alcune onde ancora più violente, che si impadronirono
  della barca, sballottandola in tutte le direzioni, e quando infine riuscirono
  nuovamente a vedere la costa, videro che si erano allontanati. Tom lasciò il remo e si coprì il volto con le mani. William prese il
  suo posto, sperando che il suo esempio trascinasse gli altri. - La tempesta si sta placando. Arriveremo a riva. In effetti il vento era divenuto meno impetuoso, ma le onde
  rimanevano molto alte e la sera stava rapidamente calando. Tra poco non
  avrebbero più potuto vedere e le loro ultime possibilità di raggiungere la
  costa sarebbero svanite. Passare la notte in balia del mare agitato, senza
  vedere nulla, significava la morte. William gridò: - Ora, ora. Ce la facciamo. Tutti ripresero a remare con foga, in uno sforzo che, lo sapevano
  benissimo, sarebbe stato l’ultimo: ormai erano esausti. La barca però si
  avvicinava alla riva e al vedere diminuire la distanza che li separava dalla
  salvezza, trovarono tutti in qualche modo l’energia per remare ancora. Avvicinandosi, videro che sulla riva vi erano alcuni uomini, una
  quindicina, che li osservavano. William si disse che dovevano essere i pirati
  e che in questo caso sarebbero passati dalla padella alla brace, ma dovevano
  in ogni modo cercare di arrivare a terra. La riva ormai era molto vicina. Ce la potevano fare, ce l’avevano
  fatta, ormai. E mentre lo pensavano, un cavallone sollevò la barca, che si
  inclinò fino a rovesciarsi. Si ritrovarono tutti in acqua. L’onda che aveva capovolto la scialuppa li aveva proiettati verso la
  riva e gli uomini che li avevano guardati avvicinarsi entrarono in acqua e li
  recuperano, uno dopo l’altro. Li portarono a terra, ormai incapaci di
  reggersi in piedi. Rimanevano solo Tom Flinn e William Fullen, che erano stati scagliati più lontano. Il giovane
  non era più in grado di nuotare. William lo sostenne, fino a che vide
  avvicinarsi un uomo, che si dirigeva verso di lui con bracciate vigorose. Gli
  spinse tra le braccia Tom, che il nuotatore afferrò. Il tenente si sentì
  trascinare via dall’acqua. Non aveva più forza. Sarebbe morto, ma almeno i
  suoi uomini erano a terra. I pirati non li avrebbero uccisi, visto che li
  avevano salvati. Finì sott’acqua. Bevve. Riemerse, finì nuovamente sotto,
  bevve ancora. Era la fine. Riuscì ancora a tirare la testa fuori dall’acqua e in quel momento si
  sentì afferrare da due braccia potenti. Si abbandonò alla stretta e in pochi
  minuti si trovò a riva. Non riusciva a stare in piedi. Vomitò l’acqua che
  aveva bevuto e si sarebbe accasciato a terra se non lo avessero sostenuto.
  L’uomo che lo aveva salvato era quello che aveva portato a riva Tom, un
  colosso nero di capelli, che ora lo sorreggeva tra le sue braccia, forti e
  scure di peli. Li accompagnarono fino ad alcune capanne, nascoste tra la
  vegetazione. Il colosso diede gli ordini: evidentemente era il capo di questo
  gruppo. Il tenente sapeva chi erano gli uomini che li avevano salvati, lo
  sapevano tutti i marinai: erano i pirati di Ezra Dampier, quelli che loro
  avrebbero dovuto ammazzare, possibilmente catturando vivo il capo, per
  poterlo impiccare. Quegli uomini non potevano ignorare che loro erano marinai
  della Royal Navy, che
  dava la caccia ai pirati, ma li avevano ugualmente salvati. La pioggia continuava a cadere, per cui i pirati accesero fuochi
  sotto le tettoie che avevano costruito davanti alle loro capanne. Aiutarono i
  marinai a svestirsi di ciò che avevano ancora addosso: si erano tutti
  liberati delle scarpe e delle giacche quando erano finiti in acqua, per
  riuscire a nuotare; qualcuno non aveva più nemmeno i pantaloni. Anche i
  pirati che erano entrati in acqua per salvarli si svestirono. Intorno ai
  fuochi accesi c’erano ora molti uomini nudi e qualcuno con qualche indumento
  addosso. Non faceva freddo, ma dopo essere rimasti bagnati per diverse ore,
  potersi asciugare al fuoco era bellissimo.  William guardava l’uomo che lo aveva salvato. Era certamente Ezra Dampier.
  Si era spogliato completamente e si asciugava al fuoco. Aveva un corpo
  massiccio, che dava un’impressione di grande forza. Capelli e barba erano
  neri, come la peluria che ricopriva il corpo. Lo sguardo di William scese
  sotto, dove la peluria diventava ancora più abbondante e formava un fitto
  intrico, da cui si protendeva verso il basso un uccello impressionante per
  dimensioni. Era circonciso, com’era in uso tra gli ebrei. Non riuscì a
  smettere di fissarlo, fino a che non si rese conto che il pirata si era
  accorto della sua attenzione. Allora si sforzò di distogliere lo sguardo e lo
  diresse verso gli altri uomini. I pirati erano una ventina. C’erano anche
  quattro neri, che non dovevano essere schiavi, perché sedevano tra gli altri.
  A un certo punto l’attenzione di William fu attirata da due dei pirati, in
  piedi vicino al fuoco: un bianco con i capelli rossi e una cicatrice sulla
  faccia e un nero molto robusto. Li vide scambiarsi alcune carezze e poi
  baciarsi. Subito dopo si accovacciarono: il nero si mise a gambe larghe e
  quando il bianco si sedette davanti a lui, appoggiandosi con la schiena sul
  suo corpo, lo strinse tra le braccia. Nessuno degli altri pirati sembrò far
  caso ai due.  C’era un’atmosfera molto cordiale: i pirati scherzavano tra di loro
  e ridevano, coinvolgendo anche i marinai. Nel rivolgersi al loro capo i
  pirati non mostravano nessuna deferenza: qualcuno lo prendeva tranquillamente
  per il culo, soprattutto per il cazzo “da cavallo” e per il pelame alquanto
  rigoglioso che, ora che era nudo, era ben visibile. Uno gli diede pure della
  scimmia. Dampier rideva e rispondeva per le rime. William pensò che quegli
  uomini gli volevano bene e che lui provava per loro lo stesso affetto. Ma notò
  anche che se dava un ordine, veniva eseguito subito.  William guardò le capanne. Non sapeva da quanto tempo i pirati
  fossero lì, ma si erano organizzati bene, come se intendessero rimanere a
  lungo. Nonostante lo sfinimento, si sentiva bene. Gli sarebbe piaciuto vivere
  in un posto del genere. Qualcuno aveva preparato da mangiare e ricevettero un brodo caldo e
  un po’ di carne.  Poi il capo diede gli ordini necessari e i marinai furono
  distribuiti tra le capanne: crollavano tutti dalla stanchezza e furono ben
  contenti di potersi stendere e dormire. William fu alloggiato in quella di
  Dampier, che non appariva più grande delle altre. Gli abiti vennero lasciati
  sotto le tettoie perché si asciugassero. Ora che non erano più bagnati, i
  marinai non avevano bisogno di indumenti o coperte: la temperatura permetteva
  di dormire nudi. Dampier accese una lampada. William vide a terra una grande stuoia. - Dormiamo qui.  William guardò la stuoia, poi il corpo dell’uomo davanti a lui. La
  stanchezza stava prendendo il sopravvento su ogni altra sensazione. - Un’ultima pisciata. Il pirata uscì dalla capanna. William vide che sulla schiena, dove
  la peluria era rada, c’erano le cicatrici lasciate dalle frustate. Ce n’erano
  anche sul culo, ma lì erano meno visibili per il pelame più fitto. Si alzò e
  seguì il pirata: aveva anche lui bisogno di pisciare. Mentre svuotava la vescica, guardò il getto che usciva dal cazzo del
  pirata e si sentì la gola secca. Ma ormai desiderava solo riposare. Rientrarono. Dampier si occupò di sistemare tutto per la notte.
  William si stese. Guardò ancora il corpo forte dell’uomo che, in piedi nello
  spazio ristretto, sembrava incombere su di lui, e sprofondò in un sonno
  profondo, senza sogni.  Si svegliò quando era ormai giorno. Non capì immediatamente dov’era,
  poi il ricordo della giornata precedente riemerse.  Dampier era accanto a lui e lo fissava. William si rese conto di
  avere l’uccello in tiro. Il pirata ridacchiò, poi disse: - Vado a pisciare. Tu dovrai aspettare un momento, mi sa. Il pirata uscì e ritornò poco dopo. William attese che l’erezione si
  attenuasse e uscì a svuotare la vescica. Poi ritornò nella capanna. Dampier aveva
  una corda in mano. Si mise dietro di lui e gliela passò intorno a un polso. William si stupì, ma non reagì: Dampier lo aveva salvato ieri e non
  intendeva lottare contro di lui. In ogni caso il pirata avrebbe avuto la
  meglio: era molto più forte.  - Che cosa fai? - Ti sto legando. Sei un ufficiale inglese e sicuramente tu e i tuoi
  uomini siete venuti qui per ammazzarci o prenderci prigionieri, per poi
  impiccarci. - Ci avete salvato la vita, non potremmo cercare di catturarvi. - Vi abbiamo salvato la vita perché non sapevamo che eravate dei
  fottuti marinai inglesi, ma adesso che lo sappiamo, vi impicchiamo tutti. L’idea che i suoi uomini venissero impiccati sgomentò William: erano
  scampati all’oceano per essere impiccati dai pirati?. - No, risparmia i miei uomini. Impicca me, se vuoi, ma risparmiali. Dampier gli aveva legato le mani dietro la schiena. Passò davanti,
  lo guardò, come se meditasse, poi disse: - Vediamo… potrei anche farlo. Risparmiare loro e impiccare solo te.
  Ma solo se tu collabori. - In che senso? Dampier tornò dietro di lui. William sentì una mano scorrergli lungo
  la schiena, un dito percorrere il solco e indugiare sull’apertura. - Se accetti di prendertelo in culo, prometto di liberare tutti i
  tuoi uomini. William rimase senza parole. Poi riuscì a dire: - Non puoi chiedermi una cosa del genere! Dampier rise. - Te l’ho chiesta. Il tuo culo per la vita dei tuoi uomini. William chinò la testa. Come militare era preparato all’idea di
  affrontare la morte e solo il giorno prima era stato sul punto di morire. Lo
  aveva salvato l’uomo che ora era dietro di lui. Lo aveva fatto rischiando la
  propria vita. Ora quello stesso uomo intendeva ucciderlo. Offrirglisi gli sembrava vergognoso, ma doveva salvare i suoi
  uomini. Che almeno loro sfuggissero alla morte. Esitava ancora. Non era l’offrirsi a spaventarlo: Dampier lo
  attirava. Ma si sentiva umiliato. Chinò il capo. - Va bene. Prendimi. Ma libera i miei uomini. - Saranno liberati. Ti do la mia parola. E ho una parola sola. Dampier sciolse la corda, liberandogli le mani, poi lo voltò e lo attirò
  a sé. William si trovò tra le braccia forti del pirata, vere catene che lo bloccavano,
  mentre i loro corpi aderirono. Non si aspettava un abbraccio e rimase
  stupito. Sentì contro il proprio ventre l’uccello gagliardo di Dampier che
  stava rapidamente crescendo e la sensazione di quella carne calda gli strappò
  un gemito. Il pirata gli accarezzò i capelli con una mano, mentre l’altra
  scendeva lungo la schiena di William. Arrivò fino alla vita, per un secondo
  si arrestò, poi calò, accarezzando il culo del tenente. William gemette di nuovo. Non aveva mai amato, aveva posseduto
  qualche puttana perché era andato due o tre volte in un bordello insieme ad
  altri ufficiali: non aveva voluto tirarsi indietro. Ma quelle scopate rapide
  non avevano lasciato traccia. Non aveva ricevuto carezze, né ne aveva mai
  date e ignorava le sensazioni che possono trasmettere.  Dampier si staccò, poi lo stese supino sulla stuoia, gli divaricò le
  gambe e si accovacciò tra le sue ginocchia. Le sue mani si posarono sul viso
  di William e lentamente lo percorsero. L’uomo che lo avrebbe impiccato ora lo
  accarezzava, a tratti con dolcezza, a tratti in modo più brusco. Una piccola
  sberla e una risata trasmisero una vibrazione a tutto il corpo di William.. La capanna era avvolta nella penombra e William era contento che la
  reazione del suo corpo non fosse così visibile: provava vergogna a godere
  delle carezze del suo assassino. Ora le mani di Dampier scivolavano sicure
  sul torace di William e stringevano i capezzoli, stuzzicandoli alquanto, e il
  dolore che provocavano era assai meno forte del piacere. Poi Dampier si chinò
  su di lui e William sentì una carezza umida su un capezzolo, poi un morso
  leggero. Le mani che gli accarezzavano il ventre incontrarono l’uccello, ormai
  teso. Le mani di Dampier scivolarono dietro di lui, gli afferrarono il
  culo, strinsero. Poi il pirata si chinò e la sua bocca accarezzò l’uccello del
  tenente, ne baciò la cappella e la lingua la percorse. William gemette di
  nuovo.  Non era possibile, non era possibile. Aveva accettato di
  sacrificarsi, di farsi possedere, per salvare i suoi uomini, ma questo
  fottuto pirata lo stava facendo impazzire di desiderio e di piacere. Il suo
  assassino gli regalava la migliore scopata della sua vita.  Le sue mani si tesero verso la testa di Dampier, gli accarezzarono i
  capelli. Si vergognò di quel gesto spontaneo, ma la sensazione che gli
  trasmettevano le sue dita era bella. Dampier riprese ad accarezzarlo, le grandi mani forti percorrevano
  il suo corpo, stuzzicavano di nuovo i capezzoli, gli davano buffetti sulla
  guancia. E poi le sentì di nuovo sul culo, dita che stringevano forte, una
  mano che tornava davanti, accarezzava il ventre, si appoggiava sull’uccello.  E l’altra mano scendeva più sotto, accarezzava i coglioni, li
  strapazzava un po’. Era bello anche quello, tutto era bello, William si disse
  che nessuno gli aveva mai dato tanto piacere quanto il suo assassino. Le due mani lasciarono la presa, poi Dampier si sollevò e si spostò,
  mettendosi di lato. Le mani ritornarono, si posarono sui fianchi e con un
  movimento energico e preciso, William si trovò voltato a pancia in giù. Ora,
  sarebbe successo ora. Il suo assassino si prendeva il prezzo della vita dei
  suoi uomini, ma William si rendeva conto sgomento che desiderava pagare
  questo prezzo, che se Dampier si fosse fermato, gli avrebbe gridato di
  continuare. Lo voleva. Quel maschio accendeva nel suo corpo un incendio che trasformava
  in puro piacere ogni suo gesto, anche due pacche sul culo, anche i morsi. Il pirata
  si stese su di lui. Era bello stare così, sentire il peso dell’uomo sul
  proprio corpo. Ed era bello anche sentire quell’uccello caldo che si appoggiava
  sul solco tra le natiche, per quanto ora William provasse paura. Dampier lo avvolse completamente con le sue braccia. William era
  prigioniero e stava bene così. In lui lottavano la paura e il desiderio di
  provare la consistenza di quel formidabile pezzo di carne, che si muoveva
  lentamente, come il suo padrone, trasmettendo con il suo movimento una piacevolissima
  sensazione di calore. Poi l’uomo si sollevò nuovamente. William sentì un po’
  di saliva colare tra le sue natiche. Due dita sparsero bene la saliva, una si
  fece avanti, forzando l’apertura. William si tese leggermente. L’ingresso di
  quel corpo estraneo lo sgomentava. Il dito si ritrasse, di nuovo altra saliva
  lubrificò bene l’apertura, poi il dito ritornò e un altro gli tenne
  compagnia. Non era così spiacevole, no, non lo era per niente. Dampier si stese nuovamente su di lui, gli passò la lingua sul
  collo, facendo rabbrividire William - un brivido di puro piacere - poi gli
  morse con forza una spalla. E mentre i denti stringevano la carne, William
  avvertì che un palo di carne lo stava penetrando. Procedeva lentamente, con
  delicatezza. Si fermava, per dare a William il tempo di adattarsi. La lingua
  del pirata lo accarezzava dietro l’orecchio - e il palo avanzava dolcemente.
  Dampier gli mordeva la nuca - e spingeva più a fondo. William avvertiva un certo dolore, ma era una sensazione di fondo,
  che non aveva importanza, nessuna importanza. Quelle braccia che lo
  stringevano, quelle mani che lo accarezzavano, gli tiravano i capelli, gli
  solleticavano l’uccello, tutto era troppo bello. E anche la sensazione di
  quella carne calda dentro di lui era bella, sì, era bellissima. Fu sul punto
  di gridare un “Sì!” Il pirata se ne rese conto, perché rise, una risata roca, e gli
  accarezzò la testa. Poi diede una spinta più decisa e William gemette. Aveva
  provato dolore, ora, ma l’uomo si era fermato e man mano che il suo culo si
  abituava a quella presenza vigorosa, William ritrovava un senso di benessere.
  Ma accanto cresceva anche una tensione, nel suo culo, nei coglioni, nel cazzo.
  Sapeva che sarebbe venuto. L’uomo si ritrasse, poi avanzò nuovamente, con
  decisione, e si fermò. Ripeté l’operazione una seconda volta. William gemette.
  Era splendido! Allora Dampier prese a muoversi in modo continuo, con un ritmo
  regolare. Arretrava, fino a che l’uccello quasi usciva dal culo di William e
  poi avanzava nuovamente, fino a che il suo ventre aderiva al corpo del
  tenente. William sentiva che l’onda del piacere cresceva nuovamente, lo
  sovrastava, lo avvolgeva completamente. L’uomo procedeva, instancabile, e a William
  sembrava di venire dentro, in un modo che non avrebbe creduto possibile. Il
  suo uccello era teso e caldo, ma il piacere si irradiava dal culo, da
  quell’altro uccello che entrava e usciva, muovendosi dentro di lui.  Le mani dell’uomo accarezzavano il corpo di William, aggiungendo
  piacere a piacere - e dolore a dolore, perché a tratti esse stringevano e
  pizzicavano. Ma il dolore e il piacere erano stretti insieme e William
  avrebbe voluto di più dell’uno e dell’altro, anche se gli sembrava che non
  avrebbe retto a sensazioni più forti. Le spinte lo squassavano e a William a
  tratti pareva di essere sul punto di svenire, ma era bellissimo.  Infine Dampier accelerò il ritmo delle sue spinte, imprimendo una
  forza ancora maggiore. A William sembrò che il suo corpo si aprisse, ma la
  destra dell’uomo si strinse intorno al cazzo del tenente e il piacere
  esplose. Gli sembrò che dai coglioni e dal ventre eruttasse un vulcano di
  fuoco e che fosse lava quella che gli attraversava il cazzo e sgorgava. Chiuse
  gli occhi e ancora il piacere vibrava in ogni fibra del suo corpo, nel cazzo,
  nella testa, nel ventre, nel cuore. William urlò, un urlo di puro godimento, mentre l’uomo emetteva un
  suono sordo, una specie di grugnito. William sentì il fiotto riempirgli le
  viscere. Per un momento William perse coscienza del luogo in cui si trovava,
  di ciò che era successo: rimaneva soltanto la sensazione di un piacere che
  non aveva mai provato. Dampier uscì da lui, con delicatezza, e lo abbracciò stretto. - Tutto bene, tenente? William chiuse gli occhi. Non era in grado di rispondere. Gli sembrava
  di essere sott’acqua, come il giorno prima, ma invece dell’angoscia e del
  dolore, c’era solo un senso di benessere e di pace infinita. Solo molto lentamente riemerse. Aveva goduto mentre un pirata lo
  inculava. Tra poco lo avrebbero impiccato, ma quest’uomo gli aveva regalato
  un piacere di cui non sospettava neppure l’esistenza. Dampier si alzò, si lavò l’uccello con un po’ d’acqua e guardò
  William, che ora provava vergogna. Guardò il corpo forte del pirata, il cazzo
  che gli era entrato in culo.  Si rese conto che il desiderio cresceva nuovamente. Smarrito,
  chiese: - Dove sono i miei abiti? - Non ti servono più. Ti impicchiamo nudo. È più divertente. Vediamo
  se ti diventa duro, se ti caghi addosso. William chinò il capo. Le parole del pirata erano state una doccia
  fredda che spense l’eccitazione. Tacque. Dampier parve riflettere un momento,
  poi disse: - Però, però… William lo guardò. - I miei uomini non saranno contenti, ma potrei anche non farti
  impiccare, se collabori di nuovo, in altro modo. - Che cosa intendi? - Tra ieri sera e questa mattina hai passato metà del tempo a
  guardarmi il cazzo. Adesso potresti succhiarmelo. William arretrò. In un’altra situazione avrebbe provato, perché la
  curiosità era forte e si rendeva conto di desiderarlo, ma non intendeva
  umiliarsi in questo modo. - No. Potete impiccarmi. - Morire impiccati è una brutta morte, molto brutta. Se non fai un
  bel salto, e tu non lo farai, perché ti isseremo lentamente, non ti spezzi
  l’osso del collo. E allora senti il fiato che ti manca e hai il fuoco nei
  polmoni… puoi scalciare a lungo, prima di crepare. William guardò l’uomo che lo aveva salvato il giorno prima e ora lo
  condannava a una morte vergognosa. Non era un vile. Alzò le spalle. - Fa’ quel che vuoi. Dampier sorrise e scosse la testa. Uscì, nudo com’era. Rientrò poco
  dopo, con gli abiti di William, e glieli gettò ai piedi. - Rivestiti, tenente. William iniziò a rivestirsi. Non aveva la giacca e le scarpe, di cui
  si era liberato in acqua, ma era grato al pirata di poter conservare un minimo
  di dignità di fronte alla morte. Quando ebbe finito, Dampier gli disse: - Siediti sulla stuoia. William obbedì e Dampier gli diede delle bende e due pezzi di cuoio. - Fasciati i piedi. Non abbiamo scarpe da darvi, ma è bene
  proteggere i piedi: vi aspetta una lunga camminata. William lo guardò. Aveva intuito, ma non riusciva a crederci. - Che cosa intendi? Mi volete impiccare da un’altra parte? Dampier rise. - Nessuno ti impiccherà. Non farei mai una cosa del genere. Non sono
  mica un ufficiale della Royal Navy,
  io.  - Ma allora? - Tu ne avevi voglia quanto me, ma non avresti mai accettato. Ti ho
  messo alla prova, offrendoti una buona scusa per fare quello che desideravi.
  Peccato che tu non abbia accettato di collaborare la seconda volta, ne
  avevamo voglia tutti e due. Dampier intanto si stava mettendo i pantaloni. William rimaneva in
  silenzio, frastornato. - Ma in fondo preferisco così. Avrei perso la stima che avevo di te,
  se avessi accettato di succhiarmi il cazzo per salvarti la pelle. William scosse la testa, incredulo. - Allora, era tutta una messa in scena. - Più o meno, sì. Te l’ho detto, non sono un ufficiale della Royal Navy, io. Non vado in
  giro ad ammazzare. - Ti ammazzerò io, Dampier. Prima o poi ci ritroveremo di fronte e
  ti ammazzerò. - Mi ammazzerai perché abbiamo goduto insieme? Perché hai capito che
  ti piacciono gli uomini? Ti sembra sensato? William chinò la testa. Sapeva che Dampier aveva ragione. Provò
  vergogna. - Ora di andare. Non avete tempo da perdere, voi, se volete arrivare
  al villaggio spagnolo prima di notte. Bendati i piedi, muoviti. William incominciò a sistemarsi le bende, ma non sapeva come fare.
  Dampier intervenne: - No, testa di cazzo, non così. Non serve a niente. Si inginocchiò e gli bendò i piedi, fissando sotto le piante i due
  pezzi di cuoio.  - Ecco, così. William si alzò. - Grazie. Grazie di avermi salvato ieri. Grazie… di tutto. Dampier sorrise, gli prese la testa tra le mani, lo baciò sulla
  bocca e poi uscì dalla capanna. I marinai erano tutti pronti. Dampier spiegò loro come raggiungere il più vicino villaggio, da cui
  sarebbero poi potuti arrivare a una cittadina. Diede due sciabole a William. - Non ci sono grossi pericoli, ma è sempre meglio che almeno due di
  voi abbiano un’arma. Non possiamo darvene di più: ne abbiamo poche anche noi. Porse a William anche un sacchetto con alcune monete: - E un po’ di denaro vi farà comodo. - Grazie. Dampier sorrise e strizzò un occhio. Si avviarono. I suoi uomini erano euforici. Il giorno prima erano
  certi di morire in mare e invece erano stati salvati, proprio da coloro che
  avrebbero dovuto uccidere.  Chiacchieravano tranquilli. A Charles scappò detto: - Capisco perché molti si uniscono ai pirati. William avrebbe dovuto rimproverarlo, ma fece finta di non aver
  sentito. Non aveva nessuna intenzione di diventare pirata, ma invidiava la
  libertà di quegli uomini che li avevano salvati. Si fermarono a metà giornata per mangiare le gallette e la carne
  secca che avevano ricevuto dai pirati. William guardò i suoi uomini e disse: - È meglio che non raccontiamo di essere stati salvati dai pirati,
  né al capitano, né ad altri. Ci chiederebbero perché non li abbiamo
  catturati. Gli uomini annuirono. Sapevano benissimo che quel figlio di puttana
  del capitano li avrebbe accusati di viltà per non essersi impadroniti delle
  armi durante la notte, uccidendo i pirati nel sonno. - Diremo che la tempesta ha rovesciato la barca e che camminando
  abbiamo raggiunto un villaggio, dove ci hanno aiutati. D’accordo? Tutti approvarono. Il capitano sarebbe stato capace di farli
  fustigare, se avesse saputo la verità. O magari di impiccarne uno o due, per
  dare un esempio.  Non sapevano quando sarebbero riusciti a ricongiungersi con i
  compagni: dovevano trovare modo di passare nei domini inglesi, alla Giamaica
  o in qualche altra isola sotto il dominio della Corona, e lì vedere come
  ritrovare la nave. Magari sarebbero passate settimane o mesi, ma era bene che
  tutti sapessero che cosa dire. In serata arrivarono a un villaggio. Dormirono ammassati da un
  contadino che li ospitò per qualche moneta. Dal villaggio raggiunsero in tre giorni di marcia Santo Domingo e con
  grande sorpresa scoprirono che la Queen
  of the West era ancorata nel porto, dove aveva dovuto rifugiarsi,
  alquanto malridotta dalla tempesta. Si presentarono al capitano, che fu
  ugualmente stupito di vederseli comparire davanti: pensava che fossero morti
  affogati. - Avete trovato Dampier? - Signor capitano, nel naufragio abbiamo perso tutto: non avevamo
  armi e le uniche due sciabole che abbiamo con noi ce le siamo procurate in un
  villaggio: i contadini le avevano trovate tra i resti di un naufragio e ce le
  hanno cedute. Non eravamo in condizioni di combattere, non sapevamo dove si
  trovassero i pirati e non avevamo neanche provviste. Se non avessimo trovato
  il villaggio dove ci hanno accolto e ospitato, forse vagheremmo ancora nella
  foresta. Il capitano non era soddisfatto, ma sapeva che rimanere dove erano
  sbarcati (o, per essere più precisi: naufragati) per scovare e uccidere i
  pirati, senza avere né armi, né provviste, non sarebbe stato possibile.
  Fossero stati in territorio inglese, avrebbero forse potuto requisire il cibo
  in qualche villaggio, ma in una colonia spagnola non avevano nessun potere
  sulla popolazione civile e dovevano muoversi con molta cautela. Perciò non commentò l’accaduto e disse invece:  - Sto cercando di convincere il governatore ad autorizzare una spedizione
  contro quel lurido ebreo sodomita. La nave rimarrà qui a lungo: non è in
  grado di viaggiare e deve essere riparata, ma noi possiamo impiegare più
  utilmente il tempo dando la caccia a quel figlio di puttana.  William non replicò: non avrebbe saputo che cosa dire. Il capitano
  li lasciò liberi e si riunirono ai compagni. Erano tutti contenti di ritrovarsi,
  ma coloro che erano stati nel villaggio dei pirati avvertivano il contrasto
  tra l’atmosfera opprimente che regnava a bordo e la libertà dell’accampamento.
   William in particolare avvertiva un disagio crescente. Il pensiero
  andava spesso a Dampier e al loro rapporto. Non aveva mai goduto tanto, ma se
  mai si fosse scoperto che aveva scopato con un uomo, sarebbe stato impiccato.
  Che senso aveva? Si era arruolato in marina, seguendo la tradizione di
  famiglia, ma ora gli sembrava di aver scelto di chiudersi in un carcere. Tra
  un Douglas Clive e un Ezra Dampier c’era un abisso e certo non a vantaggio
  del capitano inglese. Due giorni dopo Clive ottenne dal governatore l’autorizzazione ad
  effettuare una spedizione militare per catturare Dampier e i suoi uomini. Il
  governatore pose una serie di limiti molto stringenti, perché, anche se
  Spagna e Inghilterra non erano in guerra, un’azione militare inglese in
  territorio spagnolo era comunque del tutto inusuale. La notizia non fu certo
  accolta con gioia da William, che comunque non poteva far cambiare idea al
  capitano, né tanto meno opporsi.  Si misero in marcia il giorno dopo. In tre giorni raggiunsero l’area
  in cui vivevano i pirati. I marinai che erano naufragati sulla costa
  riconobbero la zona, anche se molti non avrebbero saputo ritrovare il
  villaggio degli uomini di Dampier. Quei pochi che, avendo osservato meglio la
  strada percorsa una settimana prima, avevano un’idea della direzione da
  prendere, non dissero nulla: sapevano tutti che il capitano li avrebbe puniti
  duramente, se avesse scoperto che avevano mentito e che erano stati ospitati
  dai pirati.  Si accamparono per la notte, ma William non riusciva a prendere
  sonno: si sentiva a disagio al pensiero che il giorno dopo rischiavano di
  trovare Dampier e i suoi uomini. I pirati li avevano salvati e ora loro
  avrebbero dovuto ucciderli. L’idea gli faceva orrore. Sperava che gli uomini di
  Dampier si accorgessero del loro arrivo e che si nascondessero: sapeva che
  avevano poche armi, per cui non erano in grado di difendersi. E se invece ci
  fosse stato un combattimento? William si disse che avrebbe fatto in modo di
  farsi ammazzare. Di certo non avrebbe cercato di catturare o uccidere
  Dampier. Poco prima di mezzanotte, la notte divenne molto luminosa: una luna piena
  era comparsa sopra le cime degli alberi e ora illuminava l’accampamento.
  Tutti sembravano dormire, ma William era sveglio, in preda a un’angoscia
  crescente. Sentì un rumore e si accorse che Charles e John, i due marinai
  rimasti di guardia, erano tornati all’accampamento e stavano raccogliendo le
  loro cose. Perché non erano al loro posto? Il cambio sarebbe avvenuto solo
  tra alcune ore. Ma i due non sembravano intenzionati a mettersi a dormire.
  Presero invece ciò che avevano e lasciarono il campo in perfetto silenzio. William aspettò un momento, poi si alzò e li seguì. Lasciò che si
  allontanassero un po’, perché voleva poter parlare con loro senza rischiare
  di svegliare qualcuno nell’accampamento. Quando fu abbastanza distante, li
  chiamò. I due si fermarono e si voltarono. William li raggiunse e chiese: - Perché non siete ai vostri posti? Dove andate? Charles e John si guardarono. Potevano appena vedersi nell’oscurità,
  perché la luce lunare non illuminava i loro volti. Non risposero.  - Vi ho chiesto dove andate. John chinò la testa. Charles parlò. - Signor tenente, ci hanno salvato la pelle, rischiando la loro. Ci
  hanno dato da mangiare, da vestire e indicato la strada per raggiungere un
  villaggio. Non possiamo lasciare che li ammazzino, dopo che hanno dato a noi
  due delle loro spade. William pensava le stesse cose, ma non lo disse. Chiese invece: - Volete avvisarli? - Sì. William tacque un momento, poi fece un cenno di assenso. - Non potete raggiungerli e tornare nella notte. Al cambio della
  guardia il capitano scoprirà la vostra assenza. - Non torneremo, signor tenente. Loro vivono liberamente. Non ti frustano
  per una mezza parola, non ti impiccano se ti scoprono a scopare con un altro
  uomo. Anche su questo William non poteva dar loro torto. Ma l’idea che due
  suoi uomini si dedicassero alla pirateria lo disturbava. - Volete diventare pirati? - No, loro hanno deciso di rinunciare alla pirateria, da tempo.
  Erano in viaggio verso il territorio francese, per raggiungere le piantagioni
  del sud di Haiti, dove vive Testapelata, quando la
  nave si è incagliata. Lo hanno avvisato e aspettano che qualcuno venga a
  mostrare loro la strada per raggiungerlo via terra. Ci uniremo a loro. Il
  lavoro là non manca e non abbiamo paura di faticare.  William aveva sentito parlare spesso di Testapelata,
  l’eroico corsaro che dopo alcuni anni da pirata si era stabilito a Haiti,
  acquistando una piantagione e liberando tutti gli schiavi. Le piantagioni
  erano diventate tre, una specie di repubblica di ex-pirati, esuli,
  perseguitati per motivi politici o religiosi, schiavi neri fuggiti dai loro
  padroni, liberi pensatori e altri uomini e donne che i motivi più diversi
  avevano spinto in quelle terre. Nel racconto di alcuni era la nuova Babilonia
  (o piuttosto la nuova Sodoma), per altri il Paradiso terrestre. - Va bene. Ditegli di allontanarsi. Conoscono la zona e sapranno
  come tenersi nascosti per un po’. Noi tanto dobbiamo tornare indietro entro
  tre giorni: il governatore ci ha dato un tempo limitato.   Charles disse: - Grazie, signor tenente. Poi, dopo una breve pausa, aggiunse: - Perché non viene anche lei?  William chiuse gli occhi. La tentazione era forte, ma disertare
  sarebbe stata una macchia sull’onore della sua famiglia e la vergogna sarebbe
  ricaduta anche sui suoi fratelli, che servivano uno in Asia e l’altro in
  Virginia. - No, non posso, anche se… non mi spiacerebbe. Ma sarebbe un’onta
  per i miei fratelli. - Peccato. Addio. - Addio, buona fortuna. Sperava con tutto il cuore che riuscissero ad avvisare gli uomini di
  Dampier e a vivere a Haiti in pace. Tornando all’accampamento, pensò ancora che gli sarebbe piaciuto
  unirsi a loro, ma si ripeté che sarebbe stata una follia.  Si stese al suo posto. Sapendo che Charles e John avrebbero cercato
  di avvisare i pirati, si sentiva più tranquillo, ma gli ci volle almeno
  un’ora prima di riuscire ad addormentarsi. Il pensiero andava a Dampier, a
  quel corpo forte che lo aveva fatto godere e il cui ricordo accendeva il
  desiderio. Dampier era un uomo generoso, gli aveva salvato la vita,
  rischiando di annegare nel mare in tempesta. Non l’avrebbe mai più rivisto,
  ma l’importante era che si salvasse. Quando arrivò il momento del cambio della guardia, i marinai che
  dovevano sostituire Charles e John continuarono a dormire, perché a chiamarli
  avrebbero dovuto essere i due fuggitivi. Perciò solo poco prima dell’alba si
  scoprì che due uomini mancavano. Nessuno sapeva spiegarsi la sparizione. Il
  capitano era furente, ma non sospettò la verità: pensò invece che i due
  marinai fossero fuggiti per paura di affrontare i pirati. Insultò gli uomini
  che avrebbero dovuto dare il cambio e li avrebbe volentieri fatti fustigare, ma
  la situazione lo sconsigliava: avevano già perso due uomini, non era il caso
  di metterne altri due in condizione di non poter camminare e combattere. Si rimisero in marcia e in giornata arrivarono nell’area dove
  dovevano trovarsi gli uomini di Dampier, ma non incontrarono nessuno.
  Esplorarono la zona, ma non era facile muoversi, perché era disabitata e
  sembrava priva di sentieri. Il mattino seguente però individuarono una
  traccia e la seguirono. William si rese conto che stavano andando verso il
  villaggio dei pirati. Sperò che Charles e John fossero riusciti ad avvisarli:
  anche per loro non doveva essere stato facile ritrovare le capanne, per
  quanto Charles avesse un ottimo senso dell’orientamento. Si disse che in ogni
  caso i pirati dovevano avere delle sentinelle, per cui probabilmente avevano
  intercettato i due disertori. William lo sperava, con tutto se stesso. L’idea
  che Dampier potesse rimanere ucciso o, peggio, catturato vivo e poi
  impiccato, lo angosciava. Raggiunsero il gruppo di capanne, ma non c’era nessuno: il villaggio
  sembrava essere stato abbandonato. Il capitano disse: - Quei figli di puttana stavano certamente qui. William e i suoi uomini avrebbero potuto confermare, ma nessuno
  parlò. Un altro ufficiale osservò: - Potrebbe essere, ma non è detto. Magari è un accampamento di
  negri: ce ne sono diversi che scappano dalle piantagioni che ci sono nella
  parte francese e vengono a stabilirsi qui, per sfuggire ai loro padroni. - Altri figli di puttana. Il capitano mandò in esplorazione quattro gruppi di tre uomini:
  avrebbero dovuto cercare tracce dei pirati e poi tornare a riferire.  William e i due marinai ai suoi ordini ebbero l’incarico di salire
  su un’altura, per controllare l’area dall’alto. Si inerpicarono lungo la
  parete, raggiungendo in alto un fitto bosco. Non era però facile trovare un
  punto da cui poter vedere il territorio circostante, perché la vegetazione
  era troppo folta. Mentre si muovevano in cima alla collina, otto uomini balzarono
  su di loro. Li guidava Dampier, che gridò: - Crepa, bastardo.  Il pirata mosse rapidamente la mano che stringeva un pugnale, come
  se avesse voluto sbudellare William. Tutto fu troppo rapido perché il tenente
  potesse opporsi, ma prima che la lama gli squarciasse il ventre, Dampier girò
  il pugnale e lo colpì con l’impugnatura. L’urto fu violento, per quanto il
  pirata avesse cercato di ridurre la forza con cui aveva vibrato il colpo, e
  William si piegò in due. - Hai quello che ti sei meritato, bastardo! Dampier vibrò un altro colpo e intanto gli sussurrò, pianissimo: - Fingiti moribondo. William si accasciò. Solo le braccia di Dampier lo sostenevano,
  mentre questi simulava di vibrare un terzo colpo. Intanto i due uomini che accompagnavano il tenente erano stati
  disarmati. Uno dei pirati chiese: - Che ne facciamo di questi due, comandante? - Lasciateli andare. Che vadano a raccontare che fine fanno quelli
  che ci danno la caccia. Dampier finse di colpire di nuovo e William emise un genito, poi il
  pirata si rivolse direttamente ai due. - Toglietevi dai coglioni e ricordatevi che se vi rivediamo da
  queste parti, i coglioni ve li tagliamo. Chiaro? I due soldati balbettarono qualche cosa e, dopo aver lanciato
  un’occhiata al loro ufficiale che sembrava agonizzare tra le braccia del suo
  assassino, si girarono per andarsene. Mentre si voltavano, Dampier vibrò
  ancora un colpo. I due scattarono a correre. Quando furono scomparsi, Dampier disse: - Tirati su, adesso. William si sollevò, massaggiandosi il ventre.  Dampier rise e disse: - Era solo un pugno. E neanche tanto forte. William non disse nulla. Guardò Dampier, in attesa di una
  spiegazione, che non gli venne data. - Muoviamoci. Dampier si mosse e William lo seguì, insieme agli altri pirati. Scesero
  lungo il versante opposto a quello da cui il tenente era salito. Camminarono
  due ore, in silenzio. William rifletteva, cercando di capire. Dampier aveva
  finto di ucciderlo. Ora il comandante lo credeva morto in servizio. Charles e
  John gli avevano detto che non voleva disertare per non infangare l’onore
  della famiglia? Probabile. Dampier aveva organizzato quella messa in scena
  perché potesse lasciare la marina senza conseguenze per i suoi fratelli?
  Probabile, quasi certo. Perché si era preoccupato di lui, invece di lasciarlo
  al suo destino? William non era in grado di rispondere con sicurezza, ma gli
  sarebbe piaciuto che la risposta fosse quella che aveva in testa. E ora?
  Avrebbero raggiunto Testapelata? Quasi sicuramente.
  Sarebbero vissuti in una delle piantagioni. Lo voleva? A questa domanda William
  non sapeva dare una risposta: quello che avrebbe voluto, con tutto se stesso,
  era rimanere con Dampier, con quest’uomo massiccio che camminava davanti a
  lui. Guardò il dorso del pirata, la larga chiazza umida sulla camicia: faceva
  caldo e camminavano in fretta, per cui stavano tutti sudando. Avrebbero…
  avrebbero scopato ancora? William sapeva di desiderarlo. Raggiunsero un’area ai piedi di una montagna e lì ritrovarono gli
  altri. Charles e John erano tra loro. Charles sorrise e disse: - Lieto di vederla, tenente. Dampier intervenne: - Il tenente è morto: l’ho ammazzato io. Ma adesso ho da parlargli. Dampier fece un cenno a William e si diresse verso un’apertura
  naturale nella roccia. Guardandosi intorno mentre seguiva il pirata, William
  si rese conto che c’erano diverse grotte, in cui evidentemente avevano
  trovato rifugio i pirati. All’interno erano disposte le poche masserizie che William aveva
  visto nella capanna di Dampier.  Non appena furono abbastanza lontano dall’entrata per non essere
  visibili dall’esterno, Dampier si voltò, sorrise e lo baciò. Poi si staccò e si
  sfilò la camicia, dicendo:  - Bene, direi che possiamo riprendere il discorso interrotto.
  Com’era? Se non vuoi essere impiccato, devi succhiarmi il cazzo. William guardò il torace possente del pirata, la peluria scura tra
  cui scorrevano rivoli di sudore. Ne sentì l’odore, forte. Scosse la testa, sorridendo. - Puoi impiccarmi. - Va bene. Lo faccio. Prima però paghi lo spettacolo che ho messo in
  scena per portarti via. - Hai ragione. Come devo pagarti? - Succhiandomi il cazzo, ovviamente. - E va bene, visto che insisti, Dampier. - Chiamami Ezra. - È un bel nome, Ezra. William allungò un braccio e, con delicatezza, due dita seguirono la
  traccia di un rivolo di sudore, fino alla cintura, poi appoggiò il palmo
  della mano sul petto di Ezra. Dopo un attimo di esitazione, prese coraggio e
  le due mani incominciarono ad accarezzare quel corpo che si offriva, docile. William
  avrebbe continuato all’infinito, senza nemmeno rendersi conto
  dell’eccitazione crescente che provava, ma Ezra gli poggiò le mani sulle
  spalle ed esercitò una pressione. William si lasciò spingere in ginocchio.    Davanti a sé poteva vedere il gonfiore dei pantaloni. Desiderava, ma
  non osava, accostare le sue mani, calare quella stoffa che nascondeva e
  sottolineava, vedere nuovamente ciò che aveva sentito dentro di sé, sentirne
  la durezza e la forza. Esitò un buon momento, poi le sue mani si sollevarono fino a posarsi
  sui fianchi di Ezra, presero coraggio e si mossero insieme verso la
  sporgenza. Le dita la sfiorarono appena, ma poi ritornarono, più sicure, e la
  destra osò infine accarezzare il magnifico cazzo rigido e teso che il tessuto
  copriva. La sinistra scese un po’ più in basso e strinse i coglioni. William aveva di nuovo la gola secca ed era eccitato. Gli sembrava
  di essere sul punto di venire, ma le sue mani esitavano ancora. Infine si
  posarono sulla cintura, aprirono la fibbia e abbassarono i pantaloni.  Ora davanti ai suoi occhi c’era, in tutto il suo splendore, il
  grande cazzo che aveva sentito dentro di sé, pieno di sangue, con la cappella
  rosea. William chiuse gli occhi, perché per un attimo gli sembrò di non
  poter reggere la vista, poi li riaprì, le sue mani affondarono nel vello
  denso che ricopriva il ventre dell’uomo, presero coraggio e le dita
  sfiorarono il cazzo, percorrendolo dalla base alla punta. Ezra gli
  accarezzava i capelli, con delicatezza. E infine il desiderio fu più forte di tutto e William avvicinò la
  bocca alla cappella. Ne sentì l’odore, intenso, di sudore e piscio. Inghiottì
  il boccone di carne, mentre le sue mani ritornavano sul corpo di Ezra, si
  perdevano da qualche parte tra le cosce vigorose e il culo, mentre William
  cercava i movimenti giusti, accarezzava con le labbra, provava ad inghiottire,
  muoveva la lingua ad assaporare. Morse anche, leggermente. Andarono avanti a lungo, poi Ezra disse: - Sto per venire, William.      William esitò, poi decise di non lasciare la sua preda. Poco dopo il
  getto proruppe. Ne sentì il calore, il gusto nuovo. Inghiottì. Bevve fino in
  fondo. Sarebbe ancora rimasto così, ma Ezra lo guidò ad alzarsi, lo girò, lo
  strinse tra le braccia, così che il suo sesso, ancora gonfio, ma meno
  turgido, riposasse tra le natiche di William e poi prese ad accarezzarlo.  William sentiva quelle mani che scivolavano sul suo corpo, lo
  stringevano, lo accarezzavano, lo pizzicavano e quando esse toccarono il suo cazzo,
  le sensazioni furono tanto forti da stordirlo. La destra afferrò la sua preda
  e il piacere che cresceva in William infine esplose. Si stesero sulla stuoia, abbracciati. - Non ti lascio più andare via. - Sono prigioniero? - No sei libero: puoi scegliere se venire spontaneamente con me o
  farti portare via a forza da me. William rise. - Bella scelta. Mi piace. Gli piaceva davvero. Sapeva che avrebbe scelto comunque di stare con
  Ezra, ma era bello non dover decidere, affidarsi del tutto all’uomo che lo
  stringeva tra le braccia. Ci fu un momento di silenzio, poi, mentre lo accarezzava, Ezra
  disse: - Sei libero, lo sai. Puoi andartene. Ma io vorrei che tu venissi
  con me, William. Da Testapelata. Verrai? William non ebbe bisogno di riflettere. Non aveva dubbi. - Sì. Poi sorrise e aggiunse: - Ma solo perché ho voglia di gustare ancora il tuo cazzo. Ezra rise, una risata roboante. Poi disse: - Comunque puoi contarci che te lo faccio gustare ancora, stronzo! E lo baciò.        2022  |