Naufragio

 

 

- Ci caleremo qui.

Il tenente William Fullen guardò il mare agitato dal vento sferzante e i grossi nuvoloni neri che incombevano su di loro, chiari segni della tempesta che stava per scatenarsi. La costa non era molto lontana, ma raggiungerla in barca con il mare in quelle condizioni sarebbe stato alquanto difficile, forse impossibile. Non disse niente: il capitano aveva preso una decisione e un tenente non poteva certo opporsi.

Il capitano Douglas Clive nutriva un odio feroce per i pirati e un altrettanto forte desiderio di ottenere fama e promozioni impiccandone qualcuno. Non detestava solo i pirati: la sua avversione toccava anche i francesi, gli ebrei e i sodomiti. Quando aveva scoperto che il piccolo battello di Ezra Dampier si era arenato sulla costa dell’isola di Hispaniola e che i pirati erano accampati da qualche parte nelle vicinanze, aveva immediatamente deciso di inviare i suoi uomini per sterminarli e catturare il capo. Con lui aveva un vecchio conto da saldare.

Dampier aveva combattuto nella guerra dei Sette anni: si era arruolato con il nome di Robert e aveva rapidamente fatto carriera grazie al suo coraggio e alla sua abilità, trovandosi presto al comando di una nave. Clive aveva avuto la peggio in uno scontro con lui e non gliel’aveva mai perdonato. Ma la stizza per essere stato battuto si era trasformata in vero e proprio odio quando si era saputo ciò che era successo dopo: Dampier era stato sorpreso mentre aveva un rapporto con uno dei suoi marinai. Era riuscito a far scappare l’uomo, ma era stato arrestato, ancora nudo. Si era così scoperto che era circonciso e che si trattava di un ebreo, il cui vero nome era Ezra, non Robert.

Condannato a morte, era stato fustigato con tale ferocia da far pensare che non sarebbe sopravvissuto fino al mattino successivo, quando avrebbero dovuto impiccarlo. Nella notte però Dampier era scomparso e con lui ben undici dei suoi marinai, che evidentemente erano riusciti a liberarlo e si erano allontanati. Dampier era allora diventato pirata, ma si limitava a piccole azioni, in cui dimostrava il coraggio che lo aveva sempre caratterizzato, ma anche la sua generosità.

Per Clive scoprire di essere stato battuto da un ebreo sodomita era stato un colpo terribile e da allora vedere Dampier contorcersi negli spasimi di un’interminabile agonia era la sua massima aspirazione. Per questo aveva deciso un intervento che era illegittimo: una nave inglese non avrebbe potuto inviare uomini a terra in un dominio spagnolo, poiché Spagna e Inghilterra non erano in guerra. L’area però era isolata e il capitano contava che i suoi uomini riuscissero a compiere l’impresa e tornare senza che nessuno se ne accorgesse.

 

Non appena la prima scialuppa fu calata in acqua e il piccolo equipaggio si mise ai remi, incominciò a piovere, come se i nuvoloni avessero atteso quel segnale per scaricarsi. Era un diluvio d’acqua che precipitava dal cielo, mentre le onde diventavano sempre più alte, minacciando di rovesciare l’imbarcazione. Le manovre per calare la seconda scialuppa vennero interrotte: le condizioni erano ormai chiaramente proibitive.

Arrivare a terra appariva un’impresa disperata, ma tornare sulla nave era ormai impossibile: la Queen of the West si stava rapidamente allontanando, spinta dal vento che diventava sempre più impetuoso. Le onde rendevano difficilissimo mantenere il controllo della direzione, nonostante lo sforzo dei rematori.

William Fullen era un tenente competente e sapeva valutare la situazione: era sicuro che sarebbero morti tutti affogati per l’idiozia del capitano. Guardò i suoi uomini, angosciati, e sentì la rabbia invaderlo, ma nascose ciò che provava, per non scoraggiare i marinai.

Cercarono di procedere, ma mezz’ora dopo essersi staccati dalla nave sembravano essere ancora più distanti di prima dalla riva, mentre l’imbarcazione si riempiva di acqua. Due uomini la svuotavano, mentre gli altri sei remavano. Il timoniere cercava di mantenere la direzione, ma non ci riusciva. Il tenente imprecava tra i denti.

Uno dei marinai, Tom Flinn, lo guardò e William lesse la disperazione nei suoi occhi. Allora urlò, sforzandosi di farsi sentire nella furia degli elementi:

- Ce la possiamo fare.

A un certo punto, forse aiutati dal gioco delle correnti, i loro sforzi sembrarono ottenere un risultato: la riva parve avvicinarsi. Gli uomini però erano sempre più stanchi, perché remare in quelle condizioni richiedeva un sforzo enorme.

Ci furono alcune onde ancora più violente, che si impadronirono della barca, sballottandola in tutte le direzioni, e quando infine riuscirono nuovamente a vedere la costa, videro che si erano allontanati.

Tom lasciò il remo e si coprì il volto con le mani. William prese il suo posto, sperando che il suo esempio trascinasse gli altri.

- La tempesta si sta placando. Arriveremo a riva.

In effetti il vento era divenuto meno impetuoso, ma le onde rimanevano molto alte e la sera stava rapidamente calando. Tra poco non avrebbero più potuto vedere e le loro ultime possibilità di raggiungere la costa sarebbero svanite. Passare la notte in balia del mare agitato, senza vedere nulla, significava la morte.

William gridò:

- Ora, ora. Ce la facciamo.

Tutti ripresero a remare con foga, in uno sforzo che, lo sapevano benissimo, sarebbe stato l’ultimo: ormai erano esausti. La barca però si avvicinava alla riva e al vedere diminuire la distanza che li separava dalla salvezza, trovarono tutti in qualche modo l’energia per remare ancora.

Avvicinandosi, videro che sulla riva vi erano alcuni uomini, una quindicina, che li osservavano. William si disse che dovevano essere i pirati e che in questo caso sarebbero passati dalla padella alla brace, ma dovevano in ogni modo cercare di arrivare a terra.

La riva ormai era molto vicina. Ce la potevano fare, ce l’avevano fatta, ormai. E mentre lo pensavano, un cavallone sollevò la barca, che si inclinò fino a rovesciarsi. Si ritrovarono tutti in acqua.

L’onda che aveva capovolto la scialuppa li aveva proiettati verso la riva e gli uomini che li avevano guardati avvicinarsi entrarono in acqua e li recuperano, uno dopo l’altro. Li portarono a terra, ormai incapaci di reggersi in piedi.

Rimanevano solo Tom Flinn e William Fullen, che erano stati scagliati più lontano. Il giovane non era più in grado di nuotare. William lo sostenne, fino a che vide avvicinarsi un uomo, che si dirigeva verso di lui con bracciate vigorose. Gli spinse tra le braccia Tom, che il nuotatore afferrò. Il tenente si sentì trascinare via dall’acqua. Non aveva più forza. Sarebbe morto, ma almeno i suoi uomini erano a terra. I pirati non li avrebbero uccisi, visto che li avevano salvati. Finì sott’acqua. Bevve. Riemerse, finì nuovamente sotto, bevve ancora. Era la fine.

Riuscì ancora a tirare la testa fuori dall’acqua e in quel momento si sentì afferrare da due braccia potenti. Si abbandonò alla stretta e in pochi minuti si trovò a riva. Non riusciva a stare in piedi. Vomitò l’acqua che aveva bevuto e si sarebbe accasciato a terra se non lo avessero sostenuto. L’uomo che lo aveva salvato era quello che aveva portato a riva Tom, un colosso nero di capelli, che ora lo sorreggeva tra le sue braccia, forti e scure di peli.

Li accompagnarono fino ad alcune capanne, nascoste tra la vegetazione. Il colosso diede gli ordini: evidentemente era il capo di questo gruppo.

Il tenente sapeva chi erano gli uomini che li avevano salvati, lo sapevano tutti i marinai: erano i pirati di Ezra Dampier, quelli che loro avrebbero dovuto ammazzare, possibilmente catturando vivo il capo, per poterlo impiccare. Quegli uomini non potevano ignorare che loro erano marinai della Royal Navy, che dava la caccia ai pirati, ma li avevano ugualmente salvati.

La pioggia continuava a cadere, per cui i pirati accesero fuochi sotto le tettoie che avevano costruito davanti alle loro capanne. Aiutarono i marinai a svestirsi di ciò che avevano ancora addosso: si erano tutti liberati delle scarpe e delle giacche quando erano finiti in acqua, per riuscire a nuotare; qualcuno non aveva più nemmeno i pantaloni. Anche i pirati che erano entrati in acqua per salvarli si svestirono. Intorno ai fuochi accesi c’erano ora molti uomini nudi e qualcuno con qualche indumento addosso. Non faceva freddo, ma dopo essere rimasti bagnati per diverse ore, potersi asciugare al fuoco era bellissimo.

William guardava l’uomo che lo aveva salvato. Era certamente Ezra Dampier. Si era spogliato completamente e si asciugava al fuoco. Aveva un corpo massiccio, che dava un’impressione di grande forza. Capelli e barba erano neri, come la peluria che ricopriva il corpo. Lo sguardo di William scese sotto, dove la peluria diventava ancora più abbondante e formava un fitto intrico, da cui si protendeva verso il basso un uccello impressionante per dimensioni. Era circonciso, com’era in uso tra gli ebrei. Non riuscì a smettere di fissarlo, fino a che non si rese conto che il pirata si era accorto della sua attenzione. Allora si sforzò di distogliere lo sguardo e lo diresse verso gli altri uomini. I pirati erano una ventina. C’erano anche quattro neri, che non dovevano essere schiavi, perché sedevano tra gli altri. A un certo punto l’attenzione di William fu attirata da due dei pirati, in piedi vicino al fuoco: un bianco con i capelli rossi e una cicatrice sulla faccia e un nero molto robusto. Li vide scambiarsi alcune carezze e poi baciarsi. Subito dopo si accovacciarono: il nero si mise a gambe larghe e quando il bianco si sedette davanti a lui, appoggiandosi con la schiena sul suo corpo, lo strinse tra le braccia. Nessuno degli altri pirati sembrò far caso ai due.

C’era un’atmosfera molto cordiale: i pirati scherzavano tra di loro e ridevano, coinvolgendo anche i marinai. Nel rivolgersi al loro capo i pirati non mostravano nessuna deferenza: qualcuno lo prendeva tranquillamente per il culo, soprattutto per il cazzo “da cavallo” e per il pelame alquanto rigoglioso che, ora che era nudo, era ben visibile. Uno gli diede pure della scimmia. Dampier rideva e rispondeva per le rime. William pensò che quegli uomini gli volevano bene e che lui provava per loro lo stesso affetto. Ma notò anche che se dava un ordine, veniva eseguito subito.

William guardò le capanne. Non sapeva da quanto tempo i pirati fossero lì, ma si erano organizzati bene, come se intendessero rimanere a lungo. Nonostante lo sfinimento, si sentiva bene. Gli sarebbe piaciuto vivere in un posto del genere.

 

Qualcuno aveva preparato da mangiare e ricevettero un brodo caldo e un po’ di carne.

Poi il capo diede gli ordini necessari e i marinai furono distribuiti tra le capanne: crollavano tutti dalla stanchezza e furono ben contenti di potersi stendere e dormire. William fu alloggiato in quella di Dampier, che non appariva più grande delle altre. Gli abiti vennero lasciati sotto le tettoie perché si asciugassero. Ora che non erano più bagnati, i marinai non avevano bisogno di indumenti o coperte: la temperatura permetteva di dormire nudi.

Dampier accese una lampada. William vide a terra una grande stuoia.

- Dormiamo qui.

William guardò la stuoia, poi il corpo dell’uomo davanti a lui. La stanchezza stava prendendo il sopravvento su ogni altra sensazione.

- Un’ultima pisciata.

Il pirata uscì dalla capanna. William vide che sulla schiena, dove la peluria era rada, c’erano le cicatrici lasciate dalle frustate. Ce n’erano anche sul culo, ma lì erano meno visibili per il pelame più fitto. Si alzò e seguì il pirata: aveva anche lui bisogno di pisciare.

Mentre svuotava la vescica, guardò il getto che usciva dal cazzo del pirata e si sentì la gola secca. Ma ormai desiderava solo riposare.

Rientrarono. Dampier si occupò di sistemare tutto per la notte. William si stese. Guardò ancora il corpo forte dell’uomo che, in piedi nello spazio ristretto, sembrava incombere su di lui, e sprofondò in un sonno profondo, senza sogni.

 

Si svegliò quando era ormai giorno. Non capì immediatamente dov’era, poi il ricordo della giornata precedente riemerse.

Dampier era accanto a lui e lo fissava. William si rese conto di avere l’uccello in tiro.

Il pirata ridacchiò, poi disse:

- Vado a pisciare. Tu dovrai aspettare un momento, mi sa.

Il pirata uscì e ritornò poco dopo. William attese che l’erezione si attenuasse e uscì a svuotare la vescica. Poi ritornò nella capanna. Dampier aveva una corda in mano. Si mise dietro di lui e gliela passò intorno a un polso.

William si stupì, ma non reagì: Dampier lo aveva salvato ieri e non intendeva lottare contro di lui. In ogni caso il pirata avrebbe avuto la meglio: era molto più forte.

- Che cosa fai?

- Ti sto legando. Sei un ufficiale inglese e sicuramente tu e i tuoi uomini siete venuti qui per ammazzarci o prenderci prigionieri, per poi impiccarci.

- Ci avete salvato la vita, non potremmo cercare di catturarvi.

- Vi abbiamo salvato la vita perché non sapevamo che eravate dei fottuti marinai inglesi, ma adesso che lo sappiamo, vi impicchiamo tutti.

L’idea che i suoi uomini venissero impiccati sgomentò William: erano scampati all’oceano per essere impiccati dai pirati?.

- No, risparmia i miei uomini. Impicca me, se vuoi, ma risparmiali.

Dampier gli aveva legato le mani dietro la schiena. Passò davanti, lo guardò, come se meditasse, poi disse:

- Vediamo… potrei anche farlo. Risparmiare loro e impiccare solo te. Ma solo se tu collabori.

- In che senso?

Dampier tornò dietro di lui. William sentì una mano scorrergli lungo la schiena, un dito percorrere il solco e indugiare sull’apertura.

- Se accetti di prendertelo in culo, prometto di liberare tutti i tuoi uomini.

William rimase senza parole. Poi riuscì a dire:

- Non puoi chiedermi una cosa del genere!

Dampier rise.

- Te l’ho chiesta. Il tuo culo per la vita dei tuoi uomini.

William chinò la testa. Come militare era preparato all’idea di affrontare la morte e solo il giorno prima era stato sul punto di morire. Lo aveva salvato l’uomo che ora era dietro di lui. Lo aveva fatto rischiando la propria vita. Ora quello stesso uomo intendeva ucciderlo.

Offrirglisi gli sembrava vergognoso, ma doveva salvare i suoi uomini. Che almeno loro sfuggissero alla morte.

Esitava ancora. Non era l’offrirsi a spaventarlo: Dampier lo attirava. Ma si sentiva umiliato.

Chinò il capo.

- Va bene. Prendimi. Ma libera i miei uomini.

- Saranno liberati. Ti do la mia parola. E ho una parola sola.

Dampier sciolse la corda, liberandogli le mani, poi lo voltò e lo attirò a sé. William si trovò tra le braccia forti del pirata, vere catene che lo bloccavano, mentre i loro corpi aderirono. Non si aspettava un abbraccio e rimase stupito. Sentì contro il proprio ventre l’uccello gagliardo di Dampier che stava rapidamente crescendo e la sensazione di quella carne calda gli strappò un gemito. Il pirata gli accarezzò i capelli con una mano, mentre l’altra scendeva lungo la schiena di William. Arrivò fino alla vita, per un secondo si arrestò, poi calò, accarezzando il culo del tenente.

William gemette di nuovo. Non aveva mai amato, aveva posseduto qualche puttana perché era andato due o tre volte in un bordello insieme ad altri ufficiali: non aveva voluto tirarsi indietro. Ma quelle scopate rapide non avevano lasciato traccia. Non aveva ricevuto carezze, né ne aveva mai date e ignorava le sensazioni che possono trasmettere.

Dampier si staccò, poi lo stese supino sulla stuoia, gli divaricò le gambe e si accovacciò tra le sue ginocchia. Le sue mani si posarono sul viso di William e lentamente lo percorsero. L’uomo che lo avrebbe impiccato ora lo accarezzava, a tratti con dolcezza, a tratti in modo più brusco. Una piccola sberla e una risata trasmisero una vibrazione a tutto il corpo di William..

La capanna era avvolta nella penombra e William era contento che la reazione del suo corpo non fosse così visibile: provava vergogna a godere delle carezze del suo assassino. Ora le mani di Dampier scivolavano sicure sul torace di William e stringevano i capezzoli, stuzzicandoli alquanto, e il dolore che provocavano era assai meno forte del piacere. Poi Dampier si chinò su di lui e William sentì una carezza umida su un capezzolo, poi un morso leggero. Le mani che gli accarezzavano il ventre incontrarono l’uccello, ormai teso.

Le mani di Dampier scivolarono dietro di lui, gli afferrarono il culo, strinsero. Poi il pirata si chinò e la sua bocca accarezzò l’uccello del tenente, ne baciò la cappella e la lingua la percorse. William gemette di nuovo.

Non era possibile, non era possibile. Aveva accettato di sacrificarsi, di farsi possedere, per salvare i suoi uomini, ma questo fottuto pirata lo stava facendo impazzire di desiderio e di piacere. Il suo assassino gli regalava la migliore scopata della sua vita.

Le sue mani si tesero verso la testa di Dampier, gli accarezzarono i capelli. Si vergognò di quel gesto spontaneo, ma la sensazione che gli trasmettevano le sue dita era bella.

Dampier riprese ad accarezzarlo, le grandi mani forti percorrevano il suo corpo, stuzzicavano di nuovo i capezzoli, gli davano buffetti sulla guancia. E poi le sentì di nuovo sul culo, dita che stringevano forte, una mano che tornava davanti, accarezzava il ventre, si appoggiava sull’uccello.

E l’altra mano scendeva più sotto, accarezzava i coglioni, li strapazzava un po’. Era bello anche quello, tutto era bello, William si disse che nessuno gli aveva mai dato tanto piacere quanto il suo assassino.

Le due mani lasciarono la presa, poi Dampier si sollevò e si spostò, mettendosi di lato. Le mani ritornarono, si posarono sui fianchi e con un movimento energico e preciso, William si trovò voltato a pancia in giù. Ora, sarebbe successo ora. Il suo assassino si prendeva il prezzo della vita dei suoi uomini, ma William si rendeva conto sgomento che desiderava pagare questo prezzo, che se Dampier si fosse fermato, gli avrebbe gridato di continuare. Lo voleva. Quel maschio accendeva nel suo corpo un incendio che trasformava in puro piacere ogni suo gesto, anche due pacche sul culo, anche i morsi. Il pirata si stese su di lui. Era bello stare così, sentire il peso dell’uomo sul proprio corpo. Ed era bello anche sentire quell’uccello caldo che si appoggiava sul solco tra le natiche, per quanto ora William provasse paura.

Dampier lo avvolse completamente con le sue braccia. William era prigioniero e stava bene così. In lui lottavano la paura e il desiderio di provare la consistenza di quel formidabile pezzo di carne, che si muoveva lentamente, come il suo padrone, trasmettendo con il suo movimento una piacevolissima sensazione di calore. Poi l’uomo si sollevò nuovamente. William sentì un po’ di saliva colare tra le sue natiche. Due dita sparsero bene la saliva, una si fece avanti, forzando l’apertura. William si tese leggermente. L’ingresso di quel corpo estraneo lo sgomentava. Il dito si ritrasse, di nuovo altra saliva lubrificò bene l’apertura, poi il dito ritornò e un altro gli tenne compagnia. Non era così spiacevole, no, non lo era per niente.

Dampier si stese nuovamente su di lui, gli passò la lingua sul collo, facendo rabbrividire William - un brivido di puro piacere - poi gli morse con forza una spalla. E mentre i denti stringevano la carne, William avvertì che un palo di carne lo stava penetrando. Procedeva lentamente, con delicatezza. Si fermava, per dare a William il tempo di adattarsi. La lingua del pirata lo accarezzava dietro l’orecchio - e il palo avanzava dolcemente. Dampier gli mordeva la nuca - e spingeva più a fondo.

William avvertiva un certo dolore, ma era una sensazione di fondo, che non aveva importanza, nessuna importanza. Quelle braccia che lo stringevano, quelle mani che lo accarezzavano, gli tiravano i capelli, gli solleticavano l’uccello, tutto era troppo bello. E anche la sensazione di quella carne calda dentro di lui era bella, sì, era bellissima. Fu sul punto di gridare un “Sì!”

Il pirata se ne rese conto, perché rise, una risata roca, e gli accarezzò la testa. Poi diede una spinta più decisa e William gemette. Aveva provato dolore, ora, ma l’uomo si era fermato e man mano che il suo culo si abituava a quella presenza vigorosa, William ritrovava un senso di benessere. Ma accanto cresceva anche una tensione, nel suo culo, nei coglioni, nel cazzo. Sapeva che sarebbe venuto. L’uomo si ritrasse, poi avanzò nuovamente, con decisione, e si fermò. Ripeté l’operazione una seconda volta. William gemette. Era splendido!

Allora Dampier prese a muoversi in modo continuo, con un ritmo regolare. Arretrava, fino a che l’uccello quasi usciva dal culo di William e poi avanzava nuovamente, fino a che il suo ventre aderiva al corpo del tenente. William sentiva che l’onda del piacere cresceva nuovamente, lo sovrastava, lo avvolgeva completamente. L’uomo procedeva, instancabile, e a William sembrava di venire dentro, in un modo che non avrebbe creduto possibile. Il suo uccello era teso e caldo, ma il piacere si irradiava dal culo, da quell’altro uccello che entrava e usciva, muovendosi dentro di lui.

Le mani dell’uomo accarezzavano il corpo di William, aggiungendo piacere a piacere - e dolore a dolore, perché a tratti esse stringevano e pizzicavano. Ma il dolore e il piacere erano stretti insieme e William avrebbe voluto di più dell’uno e dell’altro, anche se gli sembrava che non avrebbe retto a sensazioni più forti. Le spinte lo squassavano e a William a tratti pareva di essere sul punto di svenire, ma era bellissimo.

Infine Dampier accelerò il ritmo delle sue spinte, imprimendo una forza ancora maggiore. A William sembrò che il suo corpo si aprisse, ma la destra dell’uomo si strinse intorno al cazzo del tenente e il piacere esplose. Gli sembrò che dai coglioni e dal ventre eruttasse un vulcano di fuoco e che fosse lava quella che gli attraversava il cazzo e sgorgava. Chiuse gli occhi e ancora il piacere vibrava in ogni fibra del suo corpo, nel cazzo, nella testa, nel ventre, nel cuore.

William urlò, un urlo di puro godimento, mentre l’uomo emetteva un suono sordo, una specie di grugnito. William sentì il fiotto riempirgli le viscere.

Per un momento William perse coscienza del luogo in cui si trovava, di ciò che era successo: rimaneva soltanto la sensazione di un piacere che non aveva mai provato.

Dampier uscì da lui, con delicatezza, e lo abbracciò stretto.

- Tutto bene, tenente?

William chiuse gli occhi. Non era in grado di rispondere. Gli sembrava di essere sott’acqua, come il giorno prima, ma invece dell’angoscia e del dolore, c’era solo un senso di benessere e di pace infinita.

Solo molto lentamente riemerse. Aveva goduto mentre un pirata lo inculava. Tra poco lo avrebbero impiccato, ma quest’uomo gli aveva regalato un piacere di cui non sospettava neppure l’esistenza.

Dampier si alzò, si lavò l’uccello con un po’ d’acqua e guardò William, che ora provava vergogna. Guardò il corpo forte del pirata, il cazzo che gli era entrato in culo.

Si rese conto che il desiderio cresceva nuovamente. Smarrito, chiese:

- Dove sono i miei abiti?

- Non ti servono più. Ti impicchiamo nudo. È più divertente. Vediamo se ti diventa duro, se ti caghi addosso.

William chinò il capo. Le parole del pirata erano state una doccia fredda che spense l’eccitazione. Tacque. Dampier parve riflettere un momento, poi disse:

- Però, però…

William lo guardò.

- I miei uomini non saranno contenti, ma potrei anche non farti impiccare, se collabori di nuovo, in altro modo.

- Che cosa intendi?

- Tra ieri sera e questa mattina hai passato metà del tempo a guardarmi il cazzo. Adesso potresti succhiarmelo.

William arretrò. In un’altra situazione avrebbe provato, perché la curiosità era forte e si rendeva conto di desiderarlo, ma non intendeva umiliarsi in questo modo.

- No. Potete impiccarmi.

- Morire impiccati è una brutta morte, molto brutta. Se non fai un bel salto, e tu non lo farai, perché ti isseremo lentamente, non ti spezzi l’osso del collo. E allora senti il fiato che ti manca e hai il fuoco nei polmoni… puoi scalciare a lungo, prima di crepare.

William guardò l’uomo che lo aveva salvato il giorno prima e ora lo condannava a una morte vergognosa. Non era un vile. Alzò le spalle.

- Fa’ quel che vuoi.

Dampier sorrise e scosse la testa. Uscì, nudo com’era. Rientrò poco dopo, con gli abiti di William, e glieli gettò ai piedi.

- Rivestiti, tenente.

William iniziò a rivestirsi. Non aveva la giacca e le scarpe, di cui si era liberato in acqua, ma era grato al pirata di poter conservare un minimo di dignità di fronte alla morte.

Quando ebbe finito, Dampier gli disse:

- Siediti sulla stuoia.

William obbedì e Dampier gli diede delle bende e due pezzi di cuoio.

- Fasciati i piedi. Non abbiamo scarpe da darvi, ma è bene proteggere i piedi: vi aspetta una lunga camminata.

William lo guardò. Aveva intuito, ma non riusciva a crederci.

- Che cosa intendi? Mi volete impiccare da un’altra parte?

Dampier rise.

- Nessuno ti impiccherà. Non farei mai una cosa del genere. Non sono mica un ufficiale della Royal Navy, io.

- Ma allora?

- Tu ne avevi voglia quanto me, ma non avresti mai accettato. Ti ho messo alla prova, offrendoti una buona scusa per fare quello che desideravi. Peccato che tu non abbia accettato di collaborare la seconda volta, ne avevamo voglia tutti e due.

Dampier intanto si stava mettendo i pantaloni. William rimaneva in silenzio, frastornato.

- Ma in fondo preferisco così. Avrei perso la stima che avevo di te, se avessi accettato di succhiarmi il cazzo per salvarti la pelle.

William scosse la testa, incredulo.

- Allora, era tutta una messa in scena.

- Più o meno, sì. Te l’ho detto, non sono un ufficiale della Royal Navy, io. Non vado in giro ad ammazzare.

- Ti ammazzerò io, Dampier. Prima o poi ci ritroveremo di fronte e ti ammazzerò.

- Mi ammazzerai perché abbiamo goduto insieme? Perché hai capito che ti piacciono gli uomini? Ti sembra sensato?

William chinò la testa. Sapeva che Dampier aveva ragione. Provò vergogna.

- Ora di andare. Non avete tempo da perdere, voi, se volete arrivare al villaggio spagnolo prima di notte. Bendati i piedi, muoviti.

William incominciò a sistemarsi le bende, ma non sapeva come fare. Dampier intervenne:

- No, testa di cazzo, non così. Non serve a niente.

Si inginocchiò e gli bendò i piedi, fissando sotto le piante i due pezzi di cuoio.

- Ecco, così.

William si alzò.

- Grazie. Grazie di avermi salvato ieri. Grazie… di tutto.

Dampier sorrise, gli prese la testa tra le mani, lo baciò sulla bocca e poi uscì dalla capanna. I marinai erano tutti pronti.

Dampier spiegò loro come raggiungere il più vicino villaggio, da cui sarebbero poi potuti arrivare a una cittadina.

Diede due sciabole a William.

- Non ci sono grossi pericoli, ma è sempre meglio che almeno due di voi abbiano un’arma. Non possiamo darvene di più: ne abbiamo poche anche noi.

Porse a William anche un sacchetto con alcune monete:

- E un po’ di denaro vi farà comodo.

- Grazie.

Dampier sorrise e strizzò un occhio.

Si avviarono. I suoi uomini erano euforici. Il giorno prima erano certi di morire in mare e invece erano stati salvati, proprio da coloro che avrebbero dovuto uccidere.

Chiacchieravano tranquilli. A Charles scappò detto:

- Capisco perché molti si uniscono ai pirati.

William avrebbe dovuto rimproverarlo, ma fece finta di non aver sentito. Non aveva nessuna intenzione di diventare pirata, ma invidiava la libertà di quegli uomini che li avevano salvati.

Si fermarono a metà giornata per mangiare le gallette e la carne secca che avevano ricevuto dai pirati. William guardò i suoi uomini e disse:

- È meglio che non raccontiamo di essere stati salvati dai pirati, né al capitano, né ad altri. Ci chiederebbero perché non li abbiamo catturati.

Gli uomini annuirono. Sapevano benissimo che quel figlio di puttana del capitano li avrebbe accusati di viltà per non essersi impadroniti delle armi durante la notte, uccidendo i pirati nel sonno.

- Diremo che la tempesta ha rovesciato la barca e che camminando abbiamo raggiunto un villaggio, dove ci hanno aiutati. D’accordo?

Tutti approvarono. Il capitano sarebbe stato capace di farli fustigare, se avesse saputo la verità. O magari di impiccarne uno o due, per dare un esempio.

Non sapevano quando sarebbero riusciti a ricongiungersi con i compagni: dovevano trovare modo di passare nei domini inglesi, alla Giamaica o in qualche altra isola sotto il dominio della Corona, e lì vedere come ritrovare la nave. Magari sarebbero passate settimane o mesi, ma era bene che tutti sapessero che cosa dire.

In serata arrivarono a un villaggio. Dormirono ammassati da un contadino che li ospitò per qualche moneta.

 

Dal villaggio raggiunsero in tre giorni di marcia Santo Domingo e con grande sorpresa scoprirono che la Queen of the West era ancorata nel porto, dove aveva dovuto rifugiarsi, alquanto malridotta dalla tempesta. Si presentarono al capitano, che fu ugualmente stupito di vederseli comparire davanti: pensava che fossero morti affogati.

- Avete trovato Dampier?

- Signor capitano, nel naufragio abbiamo perso tutto: non avevamo armi e le uniche due sciabole che abbiamo con noi ce le siamo procurate in un villaggio: i contadini le avevano trovate tra i resti di un naufragio e ce le hanno cedute. Non eravamo in condizioni di combattere, non sapevamo dove si trovassero i pirati e non avevamo neanche provviste. Se non avessimo trovato il villaggio dove ci hanno accolto e ospitato, forse vagheremmo ancora nella foresta.

Il capitano non era soddisfatto, ma sapeva che rimanere dove erano sbarcati (o, per essere più precisi: naufragati) per scovare e uccidere i pirati, senza avere né armi, né provviste, non sarebbe stato possibile. Fossero stati in territorio inglese, avrebbero forse potuto requisire il cibo in qualche villaggio, ma in una colonia spagnola non avevano nessun potere sulla popolazione civile e dovevano muoversi con molta cautela.

Perciò non commentò l’accaduto e disse invece:

- Sto cercando di convincere il governatore ad autorizzare una spedizione contro quel lurido ebreo sodomita. La nave rimarrà qui a lungo: non è in grado di viaggiare e deve essere riparata, ma noi possiamo impiegare più utilmente il tempo dando la caccia a quel figlio di puttana.

William non replicò: non avrebbe saputo che cosa dire. Il capitano li lasciò liberi e si riunirono ai compagni. Erano tutti contenti di ritrovarsi, ma coloro che erano stati nel villaggio dei pirati avvertivano il contrasto tra l’atmosfera opprimente che regnava a bordo e la libertà dell’accampamento.

William in particolare avvertiva un disagio crescente. Il pensiero andava spesso a Dampier e al loro rapporto. Non aveva mai goduto tanto, ma se mai si fosse scoperto che aveva scopato con un uomo, sarebbe stato impiccato. Che senso aveva? Si era arruolato in marina, seguendo la tradizione di famiglia, ma ora gli sembrava di aver scelto di chiudersi in un carcere. Tra un Douglas Clive e un Ezra Dampier c’era un abisso e certo non a vantaggio del capitano inglese.

 

Due giorni dopo Clive ottenne dal governatore l’autorizzazione ad effettuare una spedizione militare per catturare Dampier e i suoi uomini. Il governatore pose una serie di limiti molto stringenti, perché, anche se Spagna e Inghilterra non erano in guerra, un’azione militare inglese in territorio spagnolo era comunque del tutto inusuale. La notizia non fu certo accolta con gioia da William, che comunque non poteva far cambiare idea al capitano, né tanto meno opporsi.

Si misero in marcia il giorno dopo. In tre giorni raggiunsero l’area in cui vivevano i pirati. I marinai che erano naufragati sulla costa riconobbero la zona, anche se molti non avrebbero saputo ritrovare il villaggio degli uomini di Dampier. Quei pochi che, avendo osservato meglio la strada percorsa una settimana prima, avevano un’idea della direzione da prendere, non dissero nulla: sapevano tutti che il capitano li avrebbe puniti duramente, se avesse scoperto che avevano mentito e che erano stati ospitati dai pirati.

Si accamparono per la notte, ma William non riusciva a prendere sonno: si sentiva a disagio al pensiero che il giorno dopo rischiavano di trovare Dampier e i suoi uomini. I pirati li avevano salvati e ora loro avrebbero dovuto ucciderli. L’idea gli faceva orrore. Sperava che gli uomini di Dampier si accorgessero del loro arrivo e che si nascondessero: sapeva che avevano poche armi, per cui non erano in grado di difendersi. E se invece ci fosse stato un combattimento? William si disse che avrebbe fatto in modo di farsi ammazzare. Di certo non avrebbe cercato di catturare o uccidere Dampier.

Poco prima di mezzanotte, la notte divenne molto luminosa: una luna piena era comparsa sopra le cime degli alberi e ora illuminava l’accampamento. Tutti sembravano dormire, ma William era sveglio, in preda a un’angoscia crescente. Sentì un rumore e si accorse che Charles e John, i due marinai rimasti di guardia, erano tornati all’accampamento e stavano raccogliendo le loro cose. Perché non erano al loro posto? Il cambio sarebbe avvenuto solo tra alcune ore. Ma i due non sembravano intenzionati a mettersi a dormire. Presero invece ciò che avevano e lasciarono il campo in perfetto silenzio.

William aspettò un momento, poi si alzò e li seguì. Lasciò che si allontanassero un po’, perché voleva poter parlare con loro senza rischiare di svegliare qualcuno nell’accampamento. Quando fu abbastanza distante, li chiamò. I due si fermarono e si voltarono. William li raggiunse e chiese:

- Perché non siete ai vostri posti? Dove andate?

Charles e John si guardarono. Potevano appena vedersi nell’oscurità, perché la luce lunare non illuminava i loro volti. Non risposero.

- Vi ho chiesto dove andate.

John chinò la testa. Charles parlò.

- Signor tenente, ci hanno salvato la pelle, rischiando la loro. Ci hanno dato da mangiare, da vestire e indicato la strada per raggiungere un villaggio. Non possiamo lasciare che li ammazzino, dopo che hanno dato a noi due delle loro spade.

William pensava le stesse cose, ma non lo disse. Chiese invece:

- Volete avvisarli?

- Sì.

William tacque un momento, poi fece un cenno di assenso.

- Non potete raggiungerli e tornare nella notte. Al cambio della guardia il capitano scoprirà la vostra assenza.

- Non torneremo, signor tenente. Loro vivono liberamente. Non ti frustano per una mezza parola, non ti impiccano se ti scoprono a scopare con un altro uomo.

Anche su questo William non poteva dar loro torto. Ma l’idea che due suoi uomini si dedicassero alla pirateria lo disturbava.

- Volete diventare pirati?

- No, loro hanno deciso di rinunciare alla pirateria, da tempo. Erano in viaggio verso il territorio francese, per raggiungere le piantagioni del sud di Haiti, dove vive Testapelata, quando la nave si è incagliata. Lo hanno avvisato e aspettano che qualcuno venga a mostrare loro la strada per raggiungerlo via terra. Ci uniremo a loro. Il lavoro là non manca e non abbiamo paura di faticare.

William aveva sentito parlare spesso di Testapelata, l’eroico corsaro che dopo alcuni anni da pirata si era stabilito a Haiti, acquistando una piantagione e liberando tutti gli schiavi. Le piantagioni erano diventate tre, una specie di repubblica di ex-pirati, esuli, perseguitati per motivi politici o religiosi, schiavi neri fuggiti dai loro padroni, liberi pensatori e altri uomini e donne che i motivi più diversi avevano spinto in quelle terre. Nel racconto di alcuni era la nuova Babilonia (o piuttosto la nuova Sodoma), per altri il Paradiso terrestre.

- Va bene. Ditegli di allontanarsi. Conoscono la zona e sapranno come tenersi nascosti per un po’. Noi tanto dobbiamo tornare indietro entro tre giorni: il governatore ci ha dato un tempo limitato. 

Charles disse:

- Grazie, signor tenente.

Poi, dopo una breve pausa, aggiunse:

- Perché non viene anche lei?

William chiuse gli occhi. La tentazione era forte, ma disertare sarebbe stata una macchia sull’onore della sua famiglia e la vergogna sarebbe ricaduta anche sui suoi fratelli, che servivano uno in Asia e l’altro in Virginia.

- No, non posso, anche se… non mi spiacerebbe. Ma sarebbe un’onta per i miei fratelli.

- Peccato. Addio.

- Addio, buona fortuna.

Sperava con tutto il cuore che riuscissero ad avvisare gli uomini di Dampier e a vivere a Haiti in pace.

Tornando all’accampamento, pensò ancora che gli sarebbe piaciuto unirsi a loro, ma si ripeté che sarebbe stata una follia.

Si stese al suo posto. Sapendo che Charles e John avrebbero cercato di avvisare i pirati, si sentiva più tranquillo, ma gli ci volle almeno un’ora prima di riuscire ad addormentarsi. Il pensiero andava a Dampier, a quel corpo forte che lo aveva fatto godere e il cui ricordo accendeva il desiderio. Dampier era un uomo generoso, gli aveva salvato la vita, rischiando di annegare nel mare in tempesta. Non l’avrebbe mai più rivisto, ma l’importante era che si salvasse.

 

Quando arrivò il momento del cambio della guardia, i marinai che dovevano sostituire Charles e John continuarono a dormire, perché a chiamarli avrebbero dovuto essere i due fuggitivi. Perciò solo poco prima dell’alba si scoprì che due uomini mancavano. Nessuno sapeva spiegarsi la sparizione. Il capitano era furente, ma non sospettò la verità: pensò invece che i due marinai fossero fuggiti per paura di affrontare i pirati. Insultò gli uomini che avrebbero dovuto dare il cambio e li avrebbe volentieri fatti fustigare, ma la situazione lo sconsigliava: avevano già perso due uomini, non era il caso di metterne altri due in condizione di non poter camminare e combattere.

Si rimisero in marcia e in giornata arrivarono nell’area dove dovevano trovarsi gli uomini di Dampier, ma non incontrarono nessuno. Esplorarono la zona, ma non era facile muoversi, perché era disabitata e sembrava priva di sentieri. Il mattino seguente però individuarono una traccia e la seguirono. William si rese conto che stavano andando verso il villaggio dei pirati. Sperò che Charles e John fossero riusciti ad avvisarli: anche per loro non doveva essere stato facile ritrovare le capanne, per quanto Charles avesse un ottimo senso dell’orientamento. Si disse che in ogni caso i pirati dovevano avere delle sentinelle, per cui probabilmente avevano intercettato i due disertori. William lo sperava, con tutto se stesso. L’idea che Dampier potesse rimanere ucciso o, peggio, catturato vivo e poi impiccato, lo angosciava.

Raggiunsero il gruppo di capanne, ma non c’era nessuno: il villaggio sembrava essere stato abbandonato. Il capitano disse:

- Quei figli di puttana stavano certamente qui.

William e i suoi uomini avrebbero potuto confermare, ma nessuno parlò.

Un altro ufficiale osservò:

- Potrebbe essere, ma non è detto. Magari è un accampamento di negri: ce ne sono diversi che scappano dalle piantagioni che ci sono nella parte francese e vengono a stabilirsi qui, per sfuggire ai loro padroni.

- Altri figli di puttana.

Il capitano mandò in esplorazione quattro gruppi di tre uomini: avrebbero dovuto cercare tracce dei pirati e poi tornare a riferire.

William e i due marinai ai suoi ordini ebbero l’incarico di salire su un’altura, per controllare l’area dall’alto. Si inerpicarono lungo la parete, raggiungendo in alto un fitto bosco. Non era però facile trovare un punto da cui poter vedere il territorio circostante, perché la vegetazione era troppo folta. Mentre si muovevano in cima alla collina, otto uomini balzarono su di loro. Li guidava Dampier, che gridò:

- Crepa, bastardo.

Il pirata mosse rapidamente la mano che stringeva un pugnale, come se avesse voluto sbudellare William. Tutto fu troppo rapido perché il tenente potesse opporsi, ma prima che la lama gli squarciasse il ventre, Dampier girò il pugnale e lo colpì con l’impugnatura. L’urto fu violento, per quanto il pirata avesse cercato di ridurre la forza con cui aveva vibrato il colpo, e William si piegò in due.

- Hai quello che ti sei meritato, bastardo!

Dampier vibrò un altro colpo e intanto gli sussurrò, pianissimo:

- Fingiti moribondo.

William si accasciò. Solo le braccia di Dampier lo sostenevano, mentre questi simulava di vibrare un terzo colpo.

Intanto i due uomini che accompagnavano il tenente erano stati disarmati. Uno dei pirati chiese:

- Che ne facciamo di questi due, comandante?

- Lasciateli andare. Che vadano a raccontare che fine fanno quelli che ci danno la caccia.

Dampier finse di colpire di nuovo e William emise un genito, poi il pirata si rivolse direttamente ai due.

- Toglietevi dai coglioni e ricordatevi che se vi rivediamo da queste parti, i coglioni ve li tagliamo. Chiaro?

I due soldati balbettarono qualche cosa e, dopo aver lanciato un’occhiata al loro ufficiale che sembrava agonizzare tra le braccia del suo assassino, si girarono per andarsene. Mentre si voltavano, Dampier vibrò ancora un colpo. I due scattarono a correre.

Quando furono scomparsi, Dampier disse:

- Tirati su, adesso.

William si sollevò, massaggiandosi il ventre.

Dampier rise e disse:

- Era solo un pugno. E neanche tanto forte.

William non disse nulla. Guardò Dampier, in attesa di una spiegazione, che non gli venne data.

- Muoviamoci.

Dampier si mosse e William lo seguì, insieme agli altri pirati. Scesero lungo il versante opposto a quello da cui il tenente era salito. Camminarono due ore, in silenzio. William rifletteva, cercando di capire. Dampier aveva finto di ucciderlo. Ora il comandante lo credeva morto in servizio. Charles e John gli avevano detto che non voleva disertare per non infangare l’onore della famiglia? Probabile. Dampier aveva organizzato quella messa in scena perché potesse lasciare la marina senza conseguenze per i suoi fratelli? Probabile, quasi certo. Perché si era preoccupato di lui, invece di lasciarlo al suo destino? William non era in grado di rispondere con sicurezza, ma gli sarebbe piaciuto che la risposta fosse quella che aveva in testa. E ora? Avrebbero raggiunto Testapelata? Quasi sicuramente. Sarebbero vissuti in una delle piantagioni. Lo voleva? A questa domanda William non sapeva dare una risposta: quello che avrebbe voluto, con tutto se stesso, era rimanere con Dampier, con quest’uomo massiccio che camminava davanti a lui. Guardò il dorso del pirata, la larga chiazza umida sulla camicia: faceva caldo e camminavano in fretta, per cui stavano tutti sudando. Avrebbero… avrebbero scopato ancora? William sapeva di desiderarlo.

Raggiunsero un’area ai piedi di una montagna e lì ritrovarono gli altri. Charles e John erano tra loro.

Charles sorrise e disse:

- Lieto di vederla, tenente.

Dampier intervenne:

- Il tenente è morto: l’ho ammazzato io. Ma adesso ho da parlargli.

Dampier fece un cenno a William e si diresse verso un’apertura naturale nella roccia. Guardandosi intorno mentre seguiva il pirata, William si rese conto che c’erano diverse grotte, in cui evidentemente avevano trovato rifugio i pirati.

All’interno erano disposte le poche masserizie che William aveva visto nella capanna di Dampier.

Non appena furono abbastanza lontano dall’entrata per non essere visibili dall’esterno, Dampier si voltò, sorrise e lo baciò. Poi si staccò e si sfilò la camicia, dicendo:

- Bene, direi che possiamo riprendere il discorso interrotto. Com’era? Se non vuoi essere impiccato, devi succhiarmi il cazzo.

William guardò il torace possente del pirata, la peluria scura tra cui scorrevano rivoli di sudore. Ne sentì l’odore, forte.

Scosse la testa, sorridendo.

- Puoi impiccarmi.

- Va bene. Lo faccio. Prima però paghi lo spettacolo che ho messo in scena per portarti via.

- Hai ragione. Come devo pagarti?

- Succhiandomi il cazzo, ovviamente.

- E va bene, visto che insisti, Dampier.

- Chiamami Ezra.

- È un bel nome, Ezra.

William allungò un braccio e, con delicatezza, due dita seguirono la traccia di un rivolo di sudore, fino alla cintura, poi appoggiò il palmo della mano sul petto di Ezra. Dopo un attimo di esitazione, prese coraggio e le due mani incominciarono ad accarezzare quel corpo che si offriva, docile. William avrebbe continuato all’infinito, senza nemmeno rendersi conto dell’eccitazione crescente che provava, ma Ezra gli poggiò le mani sulle spalle ed esercitò una pressione. William si lasciò spingere in ginocchio.   

Davanti a sé poteva vedere il gonfiore dei pantaloni. Desiderava, ma non osava, accostare le sue mani, calare quella stoffa che nascondeva e sottolineava, vedere nuovamente ciò che aveva sentito dentro di sé, sentirne la durezza e la forza.

Esitò un buon momento, poi le sue mani si sollevarono fino a posarsi sui fianchi di Ezra, presero coraggio e si mossero insieme verso la sporgenza. Le dita la sfiorarono appena, ma poi ritornarono, più sicure, e la destra osò infine accarezzare il magnifico cazzo rigido e teso che il tessuto copriva. La sinistra scese un po’ più in basso e strinse i coglioni.

William aveva di nuovo la gola secca ed era eccitato. Gli sembrava di essere sul punto di venire, ma le sue mani esitavano ancora. Infine si posarono sulla cintura, aprirono la fibbia e abbassarono i pantaloni.

Ora davanti ai suoi occhi c’era, in tutto il suo splendore, il grande cazzo che aveva sentito dentro di sé, pieno di sangue, con la cappella rosea.

William chiuse gli occhi, perché per un attimo gli sembrò di non poter reggere la vista, poi li riaprì, le sue mani affondarono nel vello denso che ricopriva il ventre dell’uomo, presero coraggio e le dita sfiorarono il cazzo, percorrendolo dalla base alla punta. Ezra gli accarezzava i capelli, con delicatezza.

E infine il desiderio fu più forte di tutto e William avvicinò la bocca alla cappella. Ne sentì l’odore, intenso, di sudore e piscio. Inghiottì il boccone di carne, mentre le sue mani ritornavano sul corpo di Ezra, si perdevano da qualche parte tra le cosce vigorose e il culo, mentre William cercava i movimenti giusti, accarezzava con le labbra, provava ad inghiottire, muoveva la lingua ad assaporare. Morse anche, leggermente.

Andarono avanti a lungo, poi Ezra disse:

- Sto per venire, William.    

William esitò, poi decise di non lasciare la sua preda. Poco dopo il getto proruppe. Ne sentì il calore, il gusto nuovo. Inghiottì. Bevve fino in fondo. Sarebbe ancora rimasto così, ma Ezra lo guidò ad alzarsi, lo girò, lo strinse tra le braccia, così che il suo sesso, ancora gonfio, ma meno turgido, riposasse tra le natiche di William e poi prese ad accarezzarlo.

William sentiva quelle mani che scivolavano sul suo corpo, lo stringevano, lo accarezzavano, lo pizzicavano e quando esse toccarono il suo cazzo, le sensazioni furono tanto forti da stordirlo. La destra afferrò la sua preda e il piacere che cresceva in William infine esplose.

Si stesero sulla stuoia, abbracciati.

- Non ti lascio più andare via.

- Sono prigioniero?

- No sei libero: puoi scegliere se venire spontaneamente con me o farti portare via a forza da me.

William rise.

- Bella scelta. Mi piace.

Gli piaceva davvero. Sapeva che avrebbe scelto comunque di stare con Ezra, ma era bello non dover decidere, affidarsi del tutto all’uomo che lo stringeva tra le braccia.

Ci fu un momento di silenzio, poi, mentre lo accarezzava, Ezra disse:

- Sei libero, lo sai. Puoi andartene. Ma io vorrei che tu venissi con me, William. Da Testapelata. Verrai?

William non ebbe bisogno di riflettere. Non aveva dubbi.

- Sì.

Poi sorrise e aggiunse:

- Ma solo perché ho voglia di gustare ancora il tuo cazzo.

Ezra rise, una risata roboante. Poi disse:

- Comunque puoi contarci che te lo faccio gustare ancora, stronzo!

E lo baciò.

     

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