Il mercante di sogni
Nella
sala ci sono una ventina di pittori. Si tratta di studenti d’arte, a parte alcuni
pittori dilettanti che pagano per partecipare a queste sessioni di posa:
evitano così di accollarsi da soli la spesa di un modello, anche se questo
significa non poter scegliere il punto di vista migliore. Josef e
Klaus si spogliano: devono posare per scene di lotta. Assumeranno diverse
posizioni, ma per brevi periodi di tempo, perché non possono mantenere a
lungo certe posture. I disegnatori faranno una serie di schizzi, che potranno
poi elaborare. Qualcuno magari se ne servirà per un quadro o per un disegno,
per altri rimarrà solo un’esercitazione di disegno della figura umana. Josef
è un modello professionista. Klaus invece è un attore che sbarca il lunario
come può. La sua carriera era incominciata bene e sembrava avviato a
diventare famoso, ma l’impresario della compagnia in cui recitava è fuggito
dopo aver sottratto gli incassi dell’ultima tournée e dopo una serie di
peripezie la compagnia si è sciolta. Klaus avrebbe potuto trovare altri
ingaggi, ma si è fratturato una gamba ed è rimasto bloccato per altri due
mesi: di fatto ha perso un’intera stagione e quando è guarito si è ritrovato
a ricominciare da capo. Gottfried
osserva i due modelli. Partecipa spesso alle sedute di nudo, perché sono
un’occasione per trovare nuovi sogni da vendere. I modelli, professionisti o
meno, sono di solito uomini con un bel corpo e di certo non guadagnano molto.
Gottfried ha trovato merce interessante in più d’una occasione e non ha avuto
difficoltà ad acquistare: offre molto di più di quanto si può guadagnare con
una seduta di posa. Gottfried
osserva Klaus mentre disegna la scena. Gli sembra il soggetto più adatto. Al
termine della seduta lo guarda rivestirsi, mentre gli artisti mettono via gli
schizzi che hanno tracciato. Gottfried
si avvicina e Klaus lo guarda: è un uomo sui quaranta, forse cinquanta,
sicuramente benestante, come appare dall’abito e dalla catena d’oro
dell’orologio. Certamente non è un allievo dell’accademia. L’uomo
si presenta con un atteggiamento e un tono di voce molto cortesi, quasi
deferenti: -
Buongiorno. Mi chiamo Gottfried Reichner. Vorrei
parlare con lei un momento, di una mia idea. Se mi permette, la inviterei a
cena, così possiamo discuterne. Istintivamente
Klaus è diffidente nei confronti di quest’uomo: non gli piace il tono
zuccheroso, che gli sembra falso. L’idea di un invito a cena però gli appare
invitante: sarà l’occasione per un pasto più abbondante del solito. Non sa di
che proposta possa trattarsi, ma se gli permettesse di guadagnare un po’ di
denaro, cascherebbe a fagiolo. Al
ristorante Gottfried sonda il terreno, come fa sempre: chiede a Klaus del suo
lavoro come modello e scopre così che il giovane è un attore, che posa per
guadagnare un po’ di denaro quando non è impegnato a teatro. Klaus si
chiede che cosa voglia quest’uomo, ma non vuole apparire impaziente. Mentre arriva
il secondo, dice: - Posso
chiederle che lavoro fa, se non sono indiscreto? -
Certamente. Sono un mercante. - Di che
cosa? Gottfried
ride: - Di
sogni. Vendo sogni. Klaus
sorride, per nascondere il suo disorientamento. - Non
sapevo che si potessero vendere sogni. Reichner muove la mano in un
ampio gesto teatrale, a sottolineare lo stupore che le sue parole esprimono: -
Proprio lei che è un attore mi dice questo? Un attore vende sogni. Uno
scrittore vende sogni. - Lei è
un artista, quindi? Reichner sorride, un ampio
sorriso. - Direi
di sì, nella mia professione lo sono. Klaus
attende una spiegazione, ma se il suo interlocutore non sembra intenzionato a
darla, non è il caso di insistere. Mentre
mangiano il secondo Gottfried propone una seduta di posa a casa sua. Il
giovane appare disponibile. - A casa
mia fa più caldo che in quello stanzone all’Accademia. Mi chiedo come
facciate, voi modelli, a rimanere nudi a lungo in un ambiente così freddo. La
temperatura non è certo ideale per spogliarsi. - Non è
piacevole, è vero. - Se
accetta la mia proposta, da me potrà spogliarsi senza rischiare di beccarsi
un accidenti. - Conta
di farmi posare per uno studio di nudo? - Sì,
uno o più d’uno. Magari in una posa meno statuaria. Invece di una scena di
lotta, potrebbe essere Eros che dorme, per un quadro in cui si vede Psiche
che lo illumina con la lucerna, curiosa di scoprire l’aspetto del suo sposo. Gottfried
sorride. Klaus lo guarda. Il mercante è sicuro che il giovane ormai ha capito
che non si tratta di una seduta di posa. Klaus
annuisce e continua a mangiare, senza dire nulla. Gottfried gli lascia il
tempo di pensare. Tra una forchettata e l’altra, aggiunge: - Pago
bene. - Bene,
quanto? La
domanda è una conferma di quanto Gottfried sospettava: Klaus sta valutando la
sua offerta. -
Dipende dalla sua disponibilità, signor Bauer. O
posso chiamarla Klaus? Klaus
muove nuovamente il capo in un cenno affermativo. Sta riflettendo. Gottfried
riprende, sorridendo: -
Diciamo che per una buona seduta di nudo potrei pagare una trentina di
corone… Klaus. Klaus lo
guarda fisso. La somma offerta non lascia nessuno spazio a dubbi: non è certo
la tariffa per una seduta di posa. È una grossa cifra, che a Klaus farebbe
comodo. L’uomo che ha davanti non lo attrae, ma non gli ripugna neppure.
Qualche esperienza con uomini l’ha
avuta e una volta ha anche accettato le avances del direttore del Carltheater
nella speranza di ottenere una parte: non l’ha fatto volentieri, ma non gli è
pesato molto. La sua famiglia è povera e ha sempre dovuto fare i conti con mezzi
molto limitati. Questo ha significato piegarsi a tanti compromessi. Annuisce
e dice: - È una
buona offerta. Il
sorriso di Gottfried si allarga. - Lei è
un giovane intelligente, Klaus. Per guadagnare un po’ di soldi ci sono modi
migliori che starsene in piedi nudi a farsi disegnare. Klaus
sorride. C’è molta amarezza nel suo sorriso, ma non la lascia trasparire. Si
dice che invece di starsene in piedi nudo, si stenderà nudo. - Quando
pensa di fare questa seduta? - La
prima potremmo farla domani, se lei è libero. Per le altre, vedremo… L’idea
che possano esserci altre “sedute” non spiace a Klaus: se non ci saranno
problemi la prima volta, può essere un modo per guadagnare un po’ di denaro e
non doversi arrabattare con lavoretti. Si
separano al termine della cena, dopo che Gottfried ha lasciato a Klaus
l’indirizzo, fissando un appuntamento. Il
giorno dopo, all’ora prevista, Klaus osserva la casa, un edificio con molti
appartamenti, ben tenuto, ma non signorile. Probabilmente il signor Reichner non abita qui, ma ha soltanto un pied-à-terre.
Il portiere gli indica la scala da prendere nel cortile: l’appartamento è al
secondo piano. Gottfried
in persona apre la porta: non c’è un inserviente, anche se certamente
qualcuno verrà a pulire periodicamente. È un’altra conferma che
l’appartamento non è l’abitazione del mercante di sogni, ma gli serve solo
per gli incontri. -
Benvenuto, Klaus, nel mio piccolo regno. Sono
solo due stanze: un salottino e la camera da letto. L’arredamento è curato e
alcuni dettagli rivelano la ricchezza del proprietario. - Che ne
dici di passare in camera da letto, per la… seduta di posa? Gottfried
ha usato il solito tono mellifluo, ma ha calcato un po’ sull’espressione, con
un sorriso ironico. Ormai non è più necessario fingere che si tratti di
posare per un quadro. - Posso
spogliarti, Klaus? Klaus
annuisce: è qui per questo e non avrebbe senso sottrarsi. Nasconde il disagio
che prova: è la prima volta che davvero si vende. Con il direttore del teatro
tutto aveva contorni più sfumati, qui si tratta di prostituirsi. A
Gottfried piace spogliare un bel maschio. Ha già visto Klaus nudo e non c’è
il gusto della scoperta, ma è bello sbottonare una giacca, calare i
pantaloni, infilare le mani sotto la camicia per poi sollevarla e infine
calare le mutande. - Sei un
bel giovane, Klaus. Gottfried
sorride. Quello che ha davanti è davvero un bel giovane, con un corpo snello,
che ha ancora la grazia della giovinezza, ma è già quello di un uomo fatto.
Merce di questo tipo ha i suoi estimatori e si può piazzare bene. Bisogna
vedere che cosa sa fare, naturalmente. -
Stenditi sul letto. Klaus
obbedisce. Gottfried si spoglia lentamente, lo sguardo fisso sul giovane. - Hai
esperienza, Klaus? Klaus
dice la verità. Non avrebbe senso mentire: - Poca,
pochissima. - Meglio
così. Adesso girati. Klaus
esegue e si mette prono. Gottfried
accarezza la schiena, poi una mano indugia sul culo, due dita scivolano tra
le natiche, lungo il solco e indugiano sull’apertura. - Non è
la prima volta, vero? - No. Klaus
non spiega. Vorrebbe non essere venuto, vorrebbe alzarsi e andarsene, ma non
si muove. Si dice che ormai è tardi e che quello che sta per succedere non ha
davvero importanza. Gottfried
accarezza ancora il corpo del giovane, poi si spoglia. Inumidisce bene
l’apertura ed entra, piano. Avverte che Klaus si tende. Aspetta un attimo,
poi avanza. Il giovane non è abituato a prenderselo in culo: ottimo, ci sono
diversi clienti che preferiscono così. Gottfried
scopa un buon momento, poi sente il piacere crescere. Imprime un ritmo più
rapido alle sue spinte e viene. Si alza.
Si lava l’uccello, poi dice: -
Adesso, se permetti ti faccio qualche fotografia. Klaus è
disorientato. Si solleva sul letto, coprendosi alla bell’e meglio con il
lenzuolo. -
Fotografia?! No, non voglio che girino mie foto nudo. È
spaventato. Le foto possono essere usate per ricattarlo, per sputtanarlo. Gottfried
coglie la sua agitazione. Sorride. - No,
non nudo, no. Diciamo che ti fotografo a torso nudo, solo quello. Klaus
non intende irritare Gottfried, ma vuole essere sicuro che non circoleranno
sue foto senza abiti, scattate in una camera da letto. -
Aspetti che mi infili almeno i pantaloni. - Come
vuoi. Klaus si
infila mutande e pantaloni, controllando che Gottfried non cerchi di scattare:
la fotografia verrebbe mossa, ma Klaus non si sente comunque tranquillo. Poi
si siede su una sedia. - Ecco,
se vuole può fare la foto ora. Gottfried
sorride e annuisce. Sistema
la macchina e scatta. Fa tre foto, da angolature diverse. - Ecco,
perfetto. Ora puoi finire di rivestirti. Anche
Gottfried si riveste e intanto parla della macchina. - Queste
macchine con la pellicola sono una meraviglia. Non hai bisogno di ricorrere
al fotografo, se non per sviluppare. Sei tu il fotografo. Quando
entrambi sono rivestiti, Gottfried porge a Klaus una busta e gli dice: - C’è un
mio amico a cui piaceresti molto. È ricco. Klaus
guarda Gottfried, poi guarda a terra. Ora tutto appare sotto una luce
diversa. Gottfried non ha pagato per gustare il suo culo. Non solo per
questo, almeno. Altri uomini. Può chiamarli con il loro nome: clienti. Un
ultimo gradino da scendere. Ne ha già scesi diversi. Perché no? Quando
rialza lo sguardo, Gottfried dice: - Che ne
dici se gli faccio vedere le fotografie? A quel punto però vorrà conoscerti.
Dovresti… posare anche per lui. Klaus
annuisce. - Va
bene. Per me va bene. Ora ha
solo voglia di uscire. Gottfried d’altronde non sembra intenzionato a
trattenerlo. Klaus
saluta ed esce. Scendendo le scale prende la busta e l’apre. C’è dentro la
cifra concordata. Ha guadagnato una bella sommetta. Presto avrà altro denaro.
Se la faccenda funziona, avrà risolto i suoi problemi economici. Un pensiero
in meno. È una
buona cosa, ma Klaus non è allegro. Attraversando il cortile si accorge che
sta nevicando. Fiocchi di neve scendono lenti e incominciano a posarsi sui
tetti e sugli alberi. Le strade sono ancora sgombre: il continuo passaggio delle
carrozze spazza via i primi fiocchi. Ha una
lunga strada per arrivare a casa. Potrebbe prendere una carrozza, ha i soldi
per pagarsela, ora. Klaus
esita un momento, poi decide di farlo. Sale in vettura. Guarda fuori dal
finestrino la gente che cammina. Ora può viaggiare in carrozza, almeno ogni
tanto. Ma il viaggio gli lascia in bocca un retrogusto amaro. * Gottfried
ha convocato Klaus nell’appartamento dove hanno scopato. - Ho
parlato di te al mio amico e gli ho fatto vedere le foto. Gli sei piaciuto
molto e vorrebbe che tu posassi per lui. Klaus
annuisce. Era logico che le foto servissero per quello. Far vedere la merce
al cliente. - Verrà
qui. È un uomo dell’alta società e preferisce non ricevere nella sua abitazione.
Ti va bene domani alle diciotto? Klaus
contava di aiutare un commerciante che vuole svuotare un vecchio magazzino.
Gli dirà che domani pomeriggio non può. Se non vorrà rimandare, pazienza. La
“seduta di posa” gli permetterà di guadagnare molto di più. Gottfried porge a Klaus una busta. - Il
signor Wassermann non ama maneggiare denaro. Per cui ti do io quanto
previsto. Klaus
prende la busta. - Domani
alle diciotto. Non mancare. Su questo non si scherza. C’è una
certa durezza nel tono di voce, quasi una sfumatura di minaccia. Gottfried
pensa che una volta intascato il denaro, lui possa sparire? Non avrebbe
senso. - Non
mancherò. - Se ti
chiedesse un ulteriore incontro, digli di parlare con me. Klaus
scende le scale. Si dice che avrà modo di salirle e scenderle molte volte.
Magari però altri clienti lo riceveranno nei loro pied-à-terre e nelle loro
case. Klaus prova un senso di disgusto. Mette la mano in tasca e apre la
busta. Ci sono quaranta corone. Considerando che sicuramente Reichner ha trattenuto una parte della cifra, il cliente
deve aver pagato davvero parecchio. Probabilmente perché lui, Klaus, è merce
nuova, non ancora entrata nel giro. Più tardi, quando ormai per tutti sarà
una puttana già conosciuta, le sue quotazioni scenderanno. Torna a
casa a piedi. Non è il caso di prendere una carrozza. Il
giorno dopo si presenta all’appartamento all’ora fissata. Ad aprirgli è un
uomo magro, sui sessanta, con capelli, barba e baffi bianchi. - Sono
Klaus. Lei è il signor Wassermann, suppongo. Il
signor Wassermann, che sicuramente non si chiama così annuisce. - Sono
io. Entra, Klaus. Wassermann
lo fa passare subito in camera da letto. -
Spogliati. Klaus
obbedisce. Wassermann lo osserva. Sembra soddisfatto. -
Stenditi sul letto, a pancia in giù. Klaus esegue. Anche
Wassermann si spoglia, poi sale sul letto, allarga le gambe di Klaus e sputa
sull’apertura. Sparge un po’ di saliva e spinge dentro il cazzo. L’ingresso
non è doloroso, l’uomo si muove piano e non è troppo dotato. Una
volta che ha spinto dentro il cazzo, Wassermann incomincia a muovere il culo
avanti e indietro. In pochi minuti viene. Si abbandona sul corpo di Klaus. Poi si
alza e passa in bagno. Quando rientra dice: - Puoi
lavarti e rivestirti. È stato tutto
molto rapido, senza nessuna effusione, nessuna carezza. A Klaus va bene così. Wassermann
chiede di nuovo di lui. La settimana dopo c’è un secondo cliente, che lo
palpa, dandogli anche pacche sul culo, e poi lo fotte, ma anche in questo
caso è tutto molto rapido. Qualche
giorno dopo Reichner lo convoca e gli dice che c’è
un altro suo amico, che però vuole il servizio con la bocca. - L’hai
mai fatto? Klaus
scuote la testa. L’idea non gli va. - Paga
molto bene, Klaus. E non gli importa se non sei esperto. Credo anzi che
preferisca così. Gli basta che tu ti dia da fare. - Non me
la sento. Reichner ride. - Klaus,
non fare il bambino. Non è niente di speciale. Quando ti abitui, ti piacerà.
Sono sessanta corone. Klaus
non dice niente. L’offerta è molto allettante, ma l’idea gli ripugna. - No,
non saprei neanche come fare. - Te lo
insegno. Vieni di là. Reichner si dirige in camera da
letto. Klaus lo segue. Reichner si abbassa i
pantaloni. -
Inginocchiati, Klaus. L’offerta è troppo buona per dire di no. I clienti non
vanno scontentati, mai. È facile perderli. Se vuoi lavorare, devi fare ciò
che chiedono. Klaus
vorrebbe voltarsi e andarsene, ma questo significherebbe ritornare alla vita
grama di prima, ai lavoretti per riuscire a mangiare, al freddo dell’inverno.
Ha appena saputo di non aver ottenuto una piccola parte per cui si era
proposto: anche in questa stagione rischia di non riuscire a lavorare come
attore. Klaus si
mette in ginocchio. Klaus
guadagna bene: non ha grandi pretese e due o tre rapporti a settimana gli
permettono di mangiare regolarmente e pagare l’affitto senza difficoltà.
Riesce anche a mettere un po’ di soldi da parte. Due mesi
dopo il primo incontro, Reichner gli dice: - C’è un
altro mio amico che vorrebbe conoscerti. Il signor Gartner.
È un nuovo cliente e ci tengo a lui. - Va
bene. Rifiutarsi
non avrebbe senso, un cliente in più non cambia nulla. Il
signor Gartner lo riceve a casa sua, a differenza
degli altri tre, che preferiscono usare l’appartamento messo a disposizione
da Reichner. È lui ad
aprire la porta. È più giovane degli altri clienti: deve avere solo una
decina d’anni in più di Klaus. È piuttosto massiccio e non è certo un
bell’uomo, ma ha un sorriso simpatico. - E così
tu sei Klaus. Io sono Erich. Gli
porge la mano e questo sorprende Klaus: nessuno degli altri lo ha mai fatto,
né si è presentato con il proprio nome. La stretta è vigorosa e il sorriso caloroso. A Klaus
non spiace darsi a questo maschio robusto, che sembra più cordiale degli
altri clienti. Erich lo
fa entrare e gli chiede: - Il mio
amico mi ha detto che sei un attore. È vero? La
domanda sulla sua attività è un altro motivo di sorpresa. - Sì, ho
recitato in diversi teatri. - Magari
una di queste volte facciamo una bella scena teatrale… Klaus
non sa bene che cosa dire. Con gli altri clienti non fa conversazione. Chiede: - Ha
recitato anche lei? - Solo
quand’ero a scuola. C’era una piccola compagnia teatrale. A me toccava sempre
la parte del cattivo. Erich
ride, poi aggiunge: - Ma
dammi del tu. Mi sento più a mio agio. Klaus è
del tutto disorientato. Se Erich fosse il primo cliente, non sarebbe stupito,
perché scambiare due chiacchiere con un uomo con cui si conta di scopare e
darsi del tu è normale, ma non tra gli “amici” di Reichner. - Ma
perché ti facevano sempre fare il cattivo? - Perché
sono brutto. Come cattivo sono più convincente. Se avessi fatto Romeo, Giulietta
sarebbe scappata a gambe levate. Klaus
ride. - Non
sei brutto! Anche
Erich ride: - Devo
pagare per sentirmelo dire. Posso baciarti? Klaus
annuisce. Le
grosse mani di Erich sono delicate mentre si posano sulle sue guance. I loro
visi sono molto vicini e le loro labbra infine si incontrano. Erich si
stacca e dice: - Sei
bello, Klaus. Poi
aggiunge: - Vieni
di là. Nella
camera da letto Erich incomincia a spogliare Klaus, dolcemente, baciandolo.
Quando Klaus è a torso nudo, lo stringe a sé e gli accarezza la schiena. - Non mi
spogli, pigrone? Klaus
annuisce e sfila la giacca a Erich. Quando gli toglie la camicia, appare il
fitto intrico di peli che copre il torace. Klaus passa la mano aperta sul
petto di Erich in una carezza che gli trasmette una sensazione piacevole. Erich lo
bacia ancora, poi gli dice: -
Togliamoci le scarpe. Infine
lo abbraccia ancora, gli slaccia la cintura e gli cala pantaloni e mutande.
Le sue mani gli accarezzano il culo, poi stringono con forza. Klaus
finisce di spogliare Erich, che ha già il cazzo in tiro. È grosso e rigido.
Klaus è un po’ spaventato ed Erich se ne accorge. - Non
temere, ci vado piano. Poi lo
stringe e nuovamente le sue mani percorrono il corpo di Klaus, indugiano
sulla schiena, sul culo, scorrono sul solco. Con un
movimento rapido, Erich afferra Klaus, lo solleva e lo depone sul letto. Si
stende su di lui e lo bacia. Ora i loro corpi aderiscono e a Klaus piace
stare così, schiacciato sotto il peso di quest’uomo forte, gli piacciono le
sue carezze, i suoi baci, la sua allegria, la sua tenerezza. Erich si solleva, prende le gambe di Klaus e se
le mette sulle spalle, poi inumidisce bene l’apertura e lentamente spinge. Si
muove con grande delicatezza, si ritrae e poi avanza di nuovo un po’.
L’ingresso è leggermente doloroso, ma il piacere è più forte. Erich
fotte a lungo, con lentezza, mentre le sue mani accarezzano il corpo di
Klaus, che a tratti geme di piacere. Erich
accelera le spinte e Klaus sente il seme riversarsi abbondante nelle sue
viscere. Allora Erich gli afferra il cazzo e muove rapidamente la mano, fino
a farlo venire. Klaus è
stupito. Non se lo aspettava. Gli altri clienti non si preoccupano del suo
piacere. Quando hanno finito, si rivestono in fretta e se ne vanno. Erich è
del tutto diverso. Probabilmente ce ne sono altri come lui: Klaus sa di avere
un’esperienza molto limitata e non può certo pensare che tutti gli uomini che
comprano sesso siano come i tre “amici” di Reichner
o invece come Erich. Eric
esce da lui, gli posa le gambe sul letto, gli si stende a fianco e chiede: - Tutto
bene, Klaus? Non ti ho fatto male? - No,
appena un po’. Va bene così. È stato bello. - Io ho
sonno, come mi capita sempre dopo una buona scopata. Puoi fermarti a riposare
un momento con me o devi andare? - Posso
fermarmi. -
Perfetto. Erich lo
bacia, poi copre entrambi con il lenzuolo e si stende. Si addormenta
rapidamente. Klaus lo guarda. Il culo
gli fa male, ma è stato davvero bello. Probabilmente non lo rivedrà più.
Chissà chi è. Ha un accento particolare, certamente non viennese. Potrebbe
essere tirolese? Klaus
chiude gli occhi e anche lui scivola nel sonno. Quando
si risvegliano, Erich abbraccia e bacia ancora Klaus, poi, mentre si
rivestono, gli dice: - Mi
piacerebbe vederti ancora, Klaus. Klaus sa
che in questi casi deve dire di rivolgersi a Reichner.
È tentato di mettersi d’accordo direttamente con Erich, ma dovrebbe dare il
proprio indirizzo e preferisce che non ce l’abbia nessuno oltre al magnaccia. - Può
chiedere di me al signor Reichner. - Va
bene. In
effetti Gartner chiede ancora di lui pochi giorni
dopo e poi ancora una terza volta. Quando
gli comunica l’ultima richiesta, Reichner è
soddisfatto: - È un
buon cliente e direi che l’hai saputo conquistare. Non chiede di nessun
altro. La terza
volta che si incontrano succede qualche cosa che Klaus non si aspettava:
mentre Erich lo prende, Klaus viene. È la prima volta che gli capita. Ha
avuto pochi rapporti con uomini, ma fino a ora anche con Gartner
è venuto solo perché lui lo ha masturbato. Ora, la terza volta che scopano
insieme, il piacere è stato intensissimo e ha avuto un orgasmo. Erich è
evidentemente contento di averlo fatto godere. Klaus è sconcertato. Dopo che
si sono riposati, parlano ancora un momento. Erich chiede: - In
questo periodo non lavori, vero? La
domanda sorprende Klaus: non si aspettava l’interesse di Erich. - No,
purtroppo no. Quest’anno è un disastro. Non è facile entrare in una compagnia
o anche solo ottenere una parte e se non si è in una compagnia, è dura. Erich Gartner annuisce, ma appare perplesso, come se si stesse
ponendo una domanda. Chiede: - E come
tiri avanti? Klaus
alza le spalle. È in imbarazzo, ora. - Con
piccoli lavoretti. E così. - Non lo
fai perché ti piace, ma perché hai bisogno di soldi. Klaus è
un po’ stupito. Davvero Erich pensava che lui lo facesse perché gli piace?
L’idea gli sembra assurda. Erich
non dice più nulla sull’argomento. Sembra immerso nei suoi pensieri. Al momento
di lasciarsi si baciano. Klaus se ne va. Quando esce dall’appartamento di Reichner, dopo un incontro con un cliente, ha solo voglia
di andarsene il più fretta possibile e di pensare ad altro. Da Erich gli
piacerebbe rimanere ancora e a lui pensa spesso anche in altri momenti. Klaus
continua a cercare di ottenere una parte. Nonostante il lungo periodo in cui
è rimasto inattivo, diversi si ricordano di lui e ne hanno stima, ma le
compagnie sono formate e difficilmente hanno bisogno di altri attori. Pochi
giorni dopo l’ultimo incontro con Erich, Klaus riceve infine una buona
notizia: una compagnia che mette in scena uno spettacolo con diversi
personaggi ha bisogno di un attore per una parte. Non è un ruolo importante:
si tratta di una scena di pochi minuti, in cui il personaggio, un uomo che
sta per uccidersi buttandosi da un ponte, parla con il protagonista. È un
passo avanti, anche se non dà nessuna sicurezza per il futuro. Le cose forse
incominciano a girare per il verso giusto. Magari
un giorno potrà smettere di vendersi e di questo periodo rimarrà solo un
ricordo che potrà cancellare: in fondo ha soltanto quattro clienti, che lo richiedono
di solito una volta a settimana. Due
giorni dopo Reichner propone un altro “amico”, il
signor Kahlenberg, per il mercoledì. Il
venerdì dovrà tornare da Gartner. Rivedere Erich
gli fa piacere. Del nuovo cliente invece farebbe volentieri a meno, ma
preferisce non dire di no, per non scontentare Reichner:
il giro di clienti dipende da lui. Gottfried dice: - Il signore paga molto bene, ma ha gusti un po’ particolari. Niente
di speciale, ma ci tengo che sia soddisfatto. Fa’ quello che ti dice. Klaus si chiede se si tratterà di nuovo di usare la bocca. L’ha
fatto controvoglia, ma non è stato niente di terribile. Ad Erich il cazzo lo
succhierebbe volentieri, ma lui non glielo ha mai chiesto. Anche Kahlenberg lo riceve
nell’appartamento di Reichner. Gli apre la porta in
vestaglia e Klaus è un po’ stupito: tutti gli altri clienti lo hanno sempre
accolto vestiti. È un uomo sui cinquanta, forse anche di più, di statura
media e corporatura forte, calvo, con una corta barba grigia. Kahlenberg gli sorride, mentre lo guarda, valutandolo.
Sembra soddisfatto. - Entra, Klaus. Appena Klaus è dentro, Kahlenberg
incomincia a spogliarlo, con movimenti rapidi, piuttosto brutali, poi si
toglie la vestaglia e rimane nudo davanti a lui. Klaus è a disagio. L’uomo
che ha davanti non gli piace, ma è lui che deve piacere ai clienti, non
viceversa. - Adesso inginocchiati, che voglio pisciare. Devi bere tutto. Klaus scuote la testa. Non ha mai bevuto il piscio di un uomo e non
ha nessuna intenzione di farlo ora. - No, non lo faccio. Kahlenberg è sorpreso dal
rifiuto: non se lo aspettava. - Ho
pagato anche per questo. E mentre
lo dice gli mette le mani sulle spalle e cerca di forzarlo a mettersi in
ginocchio. - Non
intendo farlo. Kahlenberg ha uno scatto d’ira,
mentre aumenta la pressione: - In
ginocchio, stronzo! Klaus si
divincola, liberandosi, e incomincia a rivestirsi. Kahlenberg lo guarda. È
chiaramente irritato, ma non cerca di fermarlo. - Sei un
buono a nulla. Mi lamenterò di te. Klaus non
lo ascolta. Si riveste in fretta ed esce. Sa che dovrà rendere a Reichner i soldi, ma non gli importa. Mentre
scende le scale, prova un senso di oppressione. Non è l’episodio in sé, che è
insignificante, ad angosciarlo. La richiesta di Kahlenberg
lo ha messo bruscamente di fronte alla realtà. Klaus
incontra Reichner il giorno seguente e gli rende il
denaro. Il magnaccia non manifesta la sua irritazione. Con il solito tono
insinuante gli dice: - Il
signor Kahlenberg non è stato soddisfatto. È un
peccato, perché è un buon cliente. Bisogna assecondare i clienti. Ormai Reichner non parla più di “amici”. Klaus annuisce, sa che
il magnaccia ha ragione, ma prova un senso di oppressione. Vorrebbe
interrompere ogni rapporto con Reichner. Per il
momento la parte che ha ottenuto gli permette di tirare avanti, ma lo
spaventa il futuro. Le esperienze degli ultimi due anni lo hanno segnato. Due
giorni dopo Klaus va da Erich, come concordato. Mentre
Erich lo abbraccia e lo stringe con la tenerezza abituale, Klaus si rende
conto che il pensiero va all’incontro con Kahlenberg.
Il ricordo è disturbante ed Erich si accorge che Klaus è teso. - Che
cosa c’è, Klaus? Mi sembri turbato. - Niente. - Niente
non direi. Non hai voglia di parlarne? Klaus
scuote la testa. Erich lo
prende tra le braccia. Lo bacia, lo abbraccia, lo accarezza e infine lo porta
nella camera da letto. Lo spoglia e si fa spogliare, ma si accorge che Klaus ha
altri pensieri per la testa. Anche quando si stendono a letto, Klaus ricambia
appena i baci e gli abbracci, perché nella sua mente si affacciano Reichner, Kahlenberg e gli
altri clienti. Si chiede che cosa sta facendo. La risposta è che si sta
vendendo, che è diventato una puttana. Anche Erich, che gli vuole bene e si
preoccupa per lui, è solo un cliente. Erich smette
di accarezzarlo. Tenendo Klaus tra le braccia e guardandolo negli occhi, gli
dice: - Oggi
non va proprio, Klaus. Che cosa è successo? Klaus
vorrebbe negare, dire che va tutto bene, ma non ha senso. Non va tutto bene. -
Scusami, Erich. Renderò i soldi a Reichner… - Klaus!
Hai così poca stima di me? Klaus ha
voglia di piangere. -
Scusami, Erich. È meglio che vada. Erich lo
tiene ancora tra le braccia. - Devi
proprio andare via? Mi piacerebbe parlare un po’ con te. Vorrei capire,
vorrei poterti aiutare. Klaus
non sa che cosa dire. Vorrebbe sfogarsi, ma prova vergogna. Gli sembra di
umiliarsi ancora di più davanti a Erich, di non essere degno di lui. - Io…
non voglio più… Sul viso
di Erich appare una breve contrazione. - Non
vuoi più fare l’amore con me? Klaus
scuote la testa, vigorosamente. - No, non
voglio… non voglio più prostituirmi. -
Capisco. Non posso darti torto. Non è certo piacevole. C’è un
momento di pausa. Klaus è contento di averlo detto, ma l’idea di non rivedere
più Erich gli pesa moltissimo. È Erich
a riprendere: - Come
farai a tirare avanti, Klaus? - Adesso
ho una parte. E se non ne otterrò un’altra, mi arrabatterò tra tanti lavoretti,
come ho sempre fatto. - Vorrei
poterti aiutare, Klaus. - Non
voglio soldi da te. Erich
annuisce. Non è stupito. - Klaus,
tu mi piaci molto, davvero. Non mi ero mai rivolto a un magnaccia. Un amico
mi ha parlato di lui. Ero solo e mi sono detto che non c’era niente di male. Sono
stato tanto idiota da pensare che lo facessi perché ti piaceva. Reichner ti ha presentato così: un amico suo a cui piace
scopare con gli uomini e che ne approfitta per guadagnarci un po’ di soldi. Non
voglio certo chiederti di continuare, ma davvero, vorrei poterti aiutare in
qualche modo. Ti voglio bene, Klaus. Klaus
china la testa. - …possiamo
vederci ancora, se vuoi, ma non voglio più che tu mi paghi. Non voglio più
vendermi. - Vorrei
capire che cosa posso fare per te. Klaus fa
un cenno di diniego. - Non
voglio i tuoi soldi. Erich
pensa un momento, poi dice: - Klaus,
potresti fermarti qui, da me. Non avrai il problema di pagarti la casa e il
cibo. Klaus lo
guarda. - E farmi
mantenere da te? - Vorrei
aiutarti, Klaus. Non comprarti. Perdonami se l’ho fatto. - Mi
sembrerebbe di… - Klaus,
possiamo rinunciare a scopare. Per me aiutarti, non saperti in miseria è più
importante che scopare. Klaus
guarda Erich. Ha occhi azzurri, dolci. Sarebbe disposto a ospitarlo,
rinunciando ad avere rapporti con lui. Klaus si sente schiacciare dalla
vergogna. - No,
Erich. Devo farcela da solo. Questo rapporto è nato con il piede sbagliato. Erich
china il capo, sconfitto. - Non ci
vedremo più? C’è
angoscia nella sua voce. - Vorrei
vederti ancora, sì, ma non ora, ora… ho bisogno di lasciarmi tutto alle
spalle. Erich
sorride, un sorriso triste. - Me
compreso. - No.
Tengo a te e sono contento di averti incontrato, ma… non così. Erich
chiede ancora: - Klaus,
non vuoi dirmi almeno dove posso trovarti? Klaus
scuote la testa. Erich annuisce, poi dice: - Io
abito qui. E vorrei vederti ancora. Questa porta è sempre aperta per te. Erich lo
abbraccia e poi si stacca. Klaus si volta, per abbreviare una separazione che
lo strazia. Quando
Klaus è uscito, Erich si appoggia alla porta e chiude gli occhi, ma le
lacrime scendono lo stesso. Quando Reichner lo convoca perché c’è un nuovo cliente, gli
risponde che è troppo impegnato e non ha tempo per gli incontri. Mentre lo
fa, pensa a Erich e prova una fitta. Reichner è
stupito. Lo
chiama una seconda volta, ma Klaus declina con un breve messaggio. La
risposta non si fa attendere. Fa’ attenzione, Klaus. Uscire è facile, rientrare è
molto più difficile. R. Klaus
non vuole rientrare. La
commedia in cui recita Klaus ha un buon successo. Le recensioni sono positive
e, per quanto nelle critiche quasi nessuno citi Klaus, ci sono apprezzamenti
generici anche per gli attori che interpretano i personaggi secondari. Ora però
le recite si stanno concludendo e Klaus si chiede se riuscirà a ottenere
un’altra parte. Nessuno si è fatto avanti e le porte a cui ha bussato non si
sono aperte: anche questa esperienza, per quanto positiva, rischia di essere
solo un episodio isolato, non la prima tappa di una carriera che infine riprende.
Tra poco Klaus sarà di nuovo disoccupato. Non intende tornare a vendersi e
non vuole accettare la proposta di Erich, perché sa di amarlo e non vuole
umiliarsi ancora di più davanti a lui, anche se Erich non gli farebbe pesare
l’ospitalità che gli dà. L’ultima
sera, mentre si dirige al teatro, Klaus sente l’angoscia salire. Nella scena
in cui il protagonista del dramma si confronta con lui, lascia che tutta la
sua disperazione emerga: non ha bisogno di fingere, perché la sua sofferenza
è reale. Alla fine, quando gli attori escono tutti a ringraziare, l’applauso
del pubblico a Klaus è molto caloroso, ma questo non basta a confortarlo di
fronte al vuoto che lo attende. Klaus è
nel camerino, che divide con gli altri attori che hanno parti secondarie,
quando due uomini entrano. Klaus li conosce di vista: uno è Kolb, uno dei più importanti registi viennesi, che Klaus
stima molto; l’altro è un impresario teatrale, Heiland.
Kolb si rivolge a lui e gli chiede: - Signor
Bauer, avremmo bisogno di parlarle. Può fermarsi un
momento? Klaus è
stupito dalla richiesta. -
Certamente. -
Grazie. Allora aspettiamo che sia pronto. Klaus
finisce di sistemarsi. È in preda all’agitazione: che cosa vogliono da lui Kolb e Heiland? C’è qualche spiraglio? Gli
altri attori lasciano il camerino: andranno a mangiare tutti insieme per
l’ultima volta. Klaus li raggiungerà dopo aver parlato con i due visitatori.
Il colloquio si svolge nel camerino. - Signor
Bauer, le faccio una domanda. Lei è libero da impegni
teatrali nei prossimi mesi? Klaus
risponde sinceramente: - Sì,
attualmente non ho impegni. Purtroppo. Kolb sorride. - Buon
per noi. Le spiego la situazione. Stiamo allestendo il Faust di Goethe, che dovrebbe andare in scena a marzo.
Incominciamo le prove tra tre giorni. Klaus
trattiene il fiato. Una speranza si è accesa, ma è troppo bello per essere
vero. Kolb prosegue: - Le
dirò come stanno le cose: l’attore che doveva interpretare Mefistofele ha rinunciato
improvvisamente al ruolo. Da una settimana stiamo cercando un sostituto, ma i
tempi sono stretti e non è facile trovare un attore in gamba disponibile:
stiamo parlando di Mefistofele, non di un domestico che entra in scena per
dire che la cena è servita. Klaus
non riesce a parlare. Non gli sembra possibile. Kolb
prosegue: - Da una
settimana siamo a teatro ogni sera, io e il signor Heiland,
a guardare gli spettacoli in scena e cercare l’attore che ci serve. Abbiamo
rinunciato a cercare un grosso nome, che non è necessario: Faust è
interpretato da Eldemar Männer
e Margherita da Hanna Kröger. Lei capisce che il
pubblico verrà anche se tutti gli altri attori sono sconosciuti. Ma vogliamo
qualcuno che sia davvero bravo. Klaus sa
che in effetti è così: Eldemar Männer
è molto apprezzato dalla critica e adorato dal pubblico viennese e la sua
presenza è più che sufficiente a garantire un grande afflusso di spettatori.
E anche la giovane Hanna Kröger che è bravissima,
riscuote un buon successo di pubblico e di critica. Stanno davvero pensando a
lui per il ruolo di Mefistofele? Sarebbe l’occasione della sua vita, ma per
quanto sia evidente che quella è la proposta, ancora non riesce a crederci. Kolb conclude: - Avrà
già capito dove voglio arrivare. La sua interpretazione del suicida senza
nome questa sera è stata davvero eccellente. Sarebbe disponibile a
interpretare Mefistofele? Significa imparare la parte di corsa, lo so,
sottoporsi a prove estenuanti e io ho pure un pessimo carattere. Kolb sorride mentre lo
dice. Klaus sa che è considerato molto severo e che pretende molto dagli
attori, ma lavorare sotto la sua direzione sarà comunque un’esperienza utilissima:
avrà modo di imparare molto. Per
Klaus è una splendida opportunità: una parte importante, a fianco di due
grandi attori e sotto la direzione di un ottimo regista, la possibilità di
farsi conoscere dal grande pubblico e, se lo spettacolo avrà successo, di
essere scritturato ancora. -
Sarebbe davvero un piacere. Lavorare con lei, con Männer
e con la Kröger… figuriamoci! Interviene
allora Heiland, che espone le condizioni,
senz’altro buone: d’altronde è una parte molto importante. Klaus
torna a casa in uno stato di euforia. Tutto gli appare incredibile.
L’occasione che attendeva è infine arrivata. Incominciano
le prove, che si tengono a ritmo serrato: bisogna riuscire ad andare in scena
per la data prevista. Klaus si impegna al massimo, buttandosi nello studio
della parte e nelle prove. Non è solo l’occasione a lungo attesa: è anche un
buon modo per dimenticare gli ultimi mesi, l’umiliazione di essersi venduto.
Il lavoro frenetico non gli pesa: è ben felice di studiare la parte la sera,
dopo aver provato durante il giorno. Quando si corica, esausto, è soddisfatto
della giornata. Nell’interpretare
Mefistofele, Klaus si ispira anche a Reichner,
dando al suo personaggio un po’ dell’ipocrisia melliflua del magnaccia. Una sera
Eldemar gli dice: -
L’avevo vista recitare ne L’onore
di Sudermann, Bauer. E
poi ne I tessitori di Hauptmann. Avevo avuto modo di apprezzarla già allora, ma
ora devo farle i miei complimenti: è diventato davvero bravo. Il suo
Mefistofele è perfetto. Klaus è
felice dell’elogio del collega, di cui ha grande stima. I giorni
passano in fretta, in un’attività frenetica che permette a Klaus di non
pensare ad altro, di ignorare la sofferenza che accompagna il ricordo di
Erich. Si
arriva infine alla prima. Klaus è molto agitato: sa che questa è la sua
grande occasione. Se fallirà, non avrà mai un’altra possibilità come questa.
Se avrà successo, la sua carriera potrà infine partire su una solida base. Le prove
hanno permesso alla compagnia di raggiungere un buon affiatamento e la sera
della prima tutto scorre senza intoppi. Klaus coglie l’attenzione degli
spettatori e la loro partecipazione. Quando infine cala il sipario, è sicuro
del successo e infatti lo spettacolo è un trionfo. Il pubblico applaude,
entusiasta, richiamando sul palco più volte gli attori. E se per Eldemar Männer e Hanna Kröger gli applausi sono fragorosi e si accompagnano a un
vero tripudio, anche Klaus viene applaudito molto a lungo. Klaus è
impaziente di leggere le critiche. Si compra i giornali e scopre con piacere
che in tutti ci sono parole di lode anche per lui. Il suo Mefistofele viene
presentato come un’interpretazione eccellente del personaggio di Goethe. Klaus è
felice. Nei giorni seguenti, scopre con stupore che alcuni lo riconoscono per
strada, si avvicinano per fargli i complimenti, lo indicano agli amici o ai
figli. A tratti
Klaus si chiede che cosa succederebbe se incontrasse uno dei suoi clienti, ma
sa che la risposta è: niente. Di certo gli “amici” di Reichner
e il magnaccia stesso hanno tutto l’interesse a mantenere segreti i loro incontri. Le
repliche del Faust proseguono a
lungo: il successo di pubblico è enorme, grazie alla bravura degli attori e
del regista. Klaus ha già ricevuto alcune proposte per il futuro e le sta
vagliando: i prossimi passi sono importanti, non deve disperdere il
patrimonio di stima e popolarità che ha ottenuto. A quanto
è successo dopo l’incontro con Reichner non pensa
più, ma Erich ritorna spesso nei suoi pensieri e nei suoi sogni. Vorrebbe
rivederlo, perché sa di amarlo, ma prova vergogna per essersi venduto. Si
dice che ci penserà dopo, quando le recite saranno finite, ma avverte un
malessere crescente. Con il passare dei giorni, capisce che non può tornare
da lui, dopo quanto è successo. Deve toglierselo dalla testa, dimenticarlo.
Che si trovi un uomo migliore, che non si sia venduto. Ma quando se lo dice,
si rende conto che la sofferenza lo dilania. È una
delle ultime recite. Klaus è dietro le quinte, in attesa di rientrare in
scena. Petra, che interpreta la strega, gli dice: - Klaus,
senti, c’è un tizio che viene tutte le sere, si direbbe. L’ho notato già la
settimana scorsa. Segue lo spettacolo, ma soprattutto te. Ti guarda come se
volesse divorarti e alla fine ha gli occhi che gli luccicano. Klaus ha
un leggero tremito. Guarda l’uomo che Petra gli indica, scostando appena i
tendaggi. Come ha immediatamente intuito, è Erich Gartner.
È un pugno nello stomaco, che lo prende di sorpresa e gli toglie il fiato. Gli ci
vuole uno sforzo per rientrare nel ruolo quando è il suo turno. Per fortuna
rimane solo il finale. Si concentra sulla sua parte, escludendo dalla mente
le emozioni che si affollano. Quando
escono per salutare il pubblico, Klaus non guarda dalla parte di Erich. Non
vuole che i loro sguardi si incrocino. Pensa che Erich viene tutte le sere a
vederlo e si sente miserabile per averlo fatto soffrire. Spesso
dopo lo spettacolo gli attori vanno a mangiare insieme, ma Klaus dice: - Questa
sera non posso fermarmi, scusate. Un impegno improvviso. Esce da
teatro, prende una carrozza e si dirige verso la casa di Erich. Si dice che
sta facendo una follia, ma non ha esitazioni, incertezze: è quanto vuole. È Erich
ad aprire la porta. Lo vede e il viso gli si illumina. D’impulso lo abbraccia.
Rimangono avvinghiati, in una stretta che lenisce il dolore di entrambi. Erich
mormora: - Klaus,
Dio mio, Klaus! Sei qui. Temevo di averti perso per sempre. Klaus
stringe più forte. Quando si staccano, dice: - Non…
non me la sentivo di farmi vedere ancora da te. - Questi
mesi sono stati un incubo, Klaus. Pensavo che non ti importasse niente di me,
che volessi solo dimenticare il passato e insieme dimenticare me. - No, mi
sentivo indegno di te. Una puttana. -
Indegno di me, di un puttaniere? Perché questo ero. Non migliore di te,
certo. - Non ti
sei mai venduto. - Ma ho
comprato corpi, senza preoccuparmi se chi si vendeva lo faceva spinto dal bisogno.
Mi sono rivolto a un uomo come Gottfried Reichner,
mi sono lasciato convincere che lo facevi perché ti piaceva, Dio mio! Anch’io
vorrei lasciarmi alle spalle quel periodo. Erich lo
guarda negli occhi e aggiunge: - Io
sono innamorato di te, Klaus. - Anch’io
ti amo. E ti chiedo perdono per averti fatto soffrire. - Se mi
ami, più nulla ha importanza. Si
abbracciano, poi Klaus dice: -
Andiamo di là, Erich. Ho bisogno di stare tra le tue braccia. Ho bisogno di
te. Erich lo
bacia sulla bocca e si avviano. 2022 |