Il ladro
Ruggero
si alza quando il sole non è ancora spuntato e a oriente solo una striscia
più chiara indica che l’alba è vicina. Si lava sommariamente, perché intende bagnarsi
al fiume, e si veste per andare a cavallo. Esce nel
cortile del palazzo e raggiunge le scuderie. Felix, il garzone, gli ha già
preparato lo stallone nero: il duca lo ha avvisato che sarebbe uscito il
mattino molto presto, come spesso fa quando dorme nella sua residenza di
campagna. Ruggero lo saluta e monta sull’animale, gli accarezza la testa e
poi lo sprona. Vede il
sole comparire all’orizzonte mentre cavalca lungo il fiume. Raggiunge la
confluenza, dove il gioco delle correnti crea gorghi pericolosi e l’acqua
sembra ribollire, prosegue, spingendosi fuori dalla tenuta, tra i boschi e le
aree incolte, e infine prende le strade sterrate tra i campi, ora al trotto o
al galoppo, ora al passo. Supera alcuni villaggi, prima di descrivere un
ampio cerchio, che lo riconduce verso la sua tenuta. Sulla
strada del ritorno si ferma dove il fiume forma un’ansa, contornando una
parete rocciosa ai margini del bosco. Scende e lascia il cavallo in libertà.
Si spoglia completamente: gli piace stare nudo nella natura e qui è nella sua
proprietà e abbastanza lontano dal castello, per cui può farlo liberamente.
L’aria è fresca: siamo all’inizio di ottobre e il sole è ancora basso, ma il
cielo è sereno e la giornata promette bene. Si
guarda intorno. Le foglie degli alberi hanno ormai cambiato colore e
dappertutto è una sinfonia di giallo, arancio, rosso e marrone. Anche a terra
ci sono ormai diverse foglie secche. Ruggero
sale sullo spuntone roccioso a strapiombo sul fiume e si tuffa. L’acqua è fredda,
ma nuotando energicamente il duca si riscalda. Risale la corrente, fino alla
confluenza. È pericoloso spingersi in quest’area: più d’un nuotatore è
affogato. Un tempo Ruggero evitava il punto in cui i due fiumi si incrociano,
ma negli ultimi mesi, da quando l’amico Siegmund è stato nuovamente suo
ospite, più volte ha raggiunto questo tratto, risalendo poi lungo
l’affluente. Fa molta attenzione, rimanendo vicino alla riva: rischiare gli
sembrerebbe stupido. Supera
la confluenza e risale un tratto dell’affluente, poi ridiscende il fiume.
Questa volta deve lottare con la corrente che lo spinge verso il centro, dove
si formano i gorghi, ma è un buon nuotatore e non fa fatica a rimanere vicino
alla riva. Supera il punto pericoloso e procede fino all’ansa. Esce e si
stende sulla riva, al sole. È
soddisfatto: per lui che ama la natura e l’attività fisica, la tenuta di Nebenfluß è l’ambiente ideale. Qui si trova a suo agio e
non si annoia mai, come invece a volte gli accade quando è a Vienna. Mentre
il sole lo riscalda, i pensieri vagano. Pensa all’amico Michael, che conta di
rivedere tra due giorni, al suo ritorno in città, e poi al giovane Karl, il
sarto con cui da qualche mese scopa spesso e che ritroverà a Vienna. I
pensieri hanno un effetto prevedibile: il cazzo gli si tende. D’altronde
Ruggero è sempre stato un uomo di robusti appetiti. A Nebenfluß
scopa molto di rado: preferisce evitare di avere relazioni con i suoi
dipendenti e non vuole che tra i contadini e signorotti dei dintorni si dica
che scopa con altri maschi. Ruggero
si alza. Guarda il cavallo che pascola vicino. Gli sale in groppa. Gli piace
cavalcare nudo, ma lo fa di rado: non può certo percorrere strade e
attraversare villaggi in costume adamitico. Fa un
breve giro, che non sazia il suo desiderio, ma lo attizza. Quando
torna all’ansa del fiume, vede una figura maschile che scruta l’acqua. L’uomo
gli dà le spalle, ma sente lo scalpitio del cavallo e si volta: è Janos Toth, il guardacaccia ungherese, che sorveglia questa
parte della tenuta. Ruggero ha avuto modo in diverse occasioni di scambiare
qualche parola con lui e gli è piaciuto il suo modo di porsi, rispettoso
senza essere servile. Janos si
toglie il cappello. -
Buongiorno, signor duca. Ho visto i vestiti e ho pensato che fosse lei, ma
non la vedevo nel fiume. So che è un ottimo nuotatore e poteva essersi
allontanato, ma ero un po’ preoccupato: la confluenza è traditrice e ha già
inghiottito nuotatori esperti. Non ho pensato che fosse a cavallo. Janos
sorride. Ruggero lo guarda. Janos è un bell’uomo, dal corpo forte. Ha qualche
anno in meno di lui: dev’essere sulla trentina. Ha capelli e barba scuri,
spalle larghe. Il
desiderio è una morsa che gli stringe i coglioni e gli tende ancora di più il
cazzo. Janos vede che ce l’ha duro, ma non dice niente. Che cosa potrebbe
dire? Ruggero
sa che tocca a lui parlare. - Ho
fatto una nuotata e poi ho deciso di fare ancora un giro a cavallo. Mi piace
cavalcare nudo, ma credo che tu lo sappia, visto che sorvegli quest’area: è
l’unica in cui cavalco così. Non ci sono campi coltivati e i servitori non si
spingono fino qui. - Sì,
signor duca. L’ho vista qualche volta. Janos
sorride. Ruggero scende da cavallo. Ora è a tre passi da Janos, il cazzo duro
che gli batte sul ventre. Sorride anche lui. - Questa
mattina l’aria è frizzante e stuzzica. - È
vero, signor duca. Ed è anche vero quello che dicono di lei. Ruggero
aggrotta la fronte. - Che
cosa dicono? - Che è
un gran toro, signor duca. Ruggero
ride. Sa di essere alquanto dotato. Ha un cazzo non particolarmente lungo, ma
molto voluminoso. - Un
toro che adesso avrebbe bisogno di una vacca… o di un torello disponibile. Ruggero
ha risposto d’impulso. Sta contravvenendo alla regola che si è data. Una
parte di lui spera che Janos ignori la provocazione e se ne vada con la scusa
di doversi occupare della sorveglianza, un’altra parte desidera possedere
questo corpo forte. - Credo
che molti torelli sarebbero spaventati dalla sua dotazione, signor duca. Ma
ad altri farebbe venire l’acquolina in bocca. - E tu,
di quale dei due gruppi fai parte? - Di
tutti e due. Janos ha
lasciato cadere il “signor duca”. Ruggero
esita un momento. Ormai è andato troppo avanti. Potrebbe dire a Janos di
riprendere il suo lavoro, ma sarebbe assurdo. - È più
forte la paura o l’appetito? Janos
sorride. -
L’appetito. - Allora
spogliati, Janos. Sono qui davanti a te, nudo, il cazzo duro, e tu sei ancora
vestito. Ma aspetta, non qui. Tra gli alberi, lì, dove nessuno possa vederci. Janos
annuisce. Raggiunge gli alberi e si spoglia rapidamente. Ha un gran bel
corpo, muscoloso, un velo di peluria scura che copre il petto e il ventre, un
bel cazzo che non è più a riposo. È un uomo, vigoroso, come piacciono a
Ruggero. - Sei
bello, Janos. Janos
abbassa il capo. Ora è leggermente in imbarazzo. Ha paura? Si è pentito di
aver detto di sì? Senza
dire nulla, Janos si inginocchia. Ora la sua testa è davanti al cazzo di
Ruggero. La sua lingua scorre, salendo dai coglioni fino alla cappella e poi
ridiscende. Poi le sue labbra avvolgono il gustoso boccone di carne. Ruggero
sente il piacere crescere. Accarezza i capelli ricci di Janos, poi si china e
le sue mani scorrono sulla schiena del guardacaccia. È bello sentire il
calore di questo corpo. La bocca
di Janos continua a lavorare. La tensione cresce. - Janos,
mettiti a quattro zampe. Janos
alza un attimo lo sguardo sul viso di Ruggero, poi annuisce ed esegue. Ruggero
guarda il culo che gli si offre: un bel culo, muscoloso, coperto da un
leggero velo nero. Appoggia le mani sulle natiche e le divarica. Sorride guardando
l’apertura. Raccoglie un po’ di saliva e la sparge tutt’intorno. Poi si
inumidisce un dito e lo spinge dentro. Si accorge con stupore che la carne
cede a fatica. Janos non deve essere abituato a prenderselo in culo. In
questo caso gli farà male, parecchio: Ruggero è troppo dotato. Ma si è
offerto lui. Ruggero
si stende su Janos e con la mano gli afferra il cazzo. Lo stringe e lo
accarezza. Lo sente acquistare consistenza e volume. Gli stuzzica un po’ i
coglioni. Poi preme la cappella contro l’apertura, morde una spalla a Janos e
in quel momento spinge. Non avanza fino in fondo: solo la cappella entra.
Lascia a Janos il tempo di abituarsi. Avverte che il guardacaccia è teso e lo
accarezza, con molta dolcezza. Quando sente che la tensione è calata, avanza,
lentamente, fino ad arrivare in fondo, fino a quando il suo ventre aderisce
al culo di Janos. Gli accarezza ancora la testa e poi inizia a muovere il
culo, arretrando e avanzando, spingendo a fondo il cazzo e poi ritraendolo.
Le sue mani stringono il culo di Janos, lo accarezzano, si impigliano tra i
suoi capelli, scorrono sul suo petto, gli stringono i coglioni, giocherellano
con il suo cazzo. Janos geme. Ruggero sente che questo maschio gli si sta
abbandonando completamente. Ruggero
procede a lungo, mentre le sue mani percorrono il corpo del guardacaccia,
accarezzando, stringendo, pizzicando. Quando sente che ormai il piacere non
può più essere contenuto, afferra il cazzo di Janos e muove la mano
stuzzicandolo. Le spinte diventano più forti e infine vengono entrambi. Ruggero
si ritrae e si stende. È stato splendido, una delle migliori scopate della
sua vita. Janos si
alza. Sul viso per un attimo appare una smorfia: il culo deve fargli male. -
Grazie, signor duca. Ora io vado. Ruggero
lo guarda, stupito che il guardacaccia voglia già andarsene. - Rimani
qui un momento. Stenditi accanto a me.
Janos
obbedisce. Ruggero
gli prende la mano e giocherella un po’ con le dita. - Spero
di non averti fatto troppo male. - Solo
un po’. Credo che oggi camminerò piano, signor duca, non farò una buona
guardia. Mi scusi. Roggero
ride e scuote la testa. Sente la stanchezza. Chiude gli occhi e scivola nel
sonno. La sua mano continua a stringere quella di Janos e sulle sue labbra
c’è un sorriso. Si sveglia
dopo un breve sonno. Janos non si è mosso e le loro mani sono ancora
allacciate. Vedendolo destarsi, Janos dice: - Ora è
meglio che vada, signor duca. Devo fare il mio lavoro. Ruggero
annuisce. -
Prenditela con comodo, Janos. Ride e
aggiunge: - E non
correre! Janos
scuote la testa, sorridendo: - Non ce
la farei proprio, signor duca. Ruggero
rimane ancora un momento disteso. Poi si alza e si riveste. È appagato.
Scopare con Janos gli è piaciuto molto. E gli è piaciuto come il guardacaccia
si è mosso. Certo che ha un bel culo. E non l’ha dato via spesso. In
giornata Ruggero si rende conto di essere di buon umore. Il pensiero va
spesso a Janos. Avrebbe dovuto dargli un appuntamento per domani, ma tutto
sommato è stato meglio non farlo: se Janos vuole, farà in modo di ritrovarsi
al fiume. Mentre lo pensa, si chiede se Janos faccia il turno di notte o di
giorno. Se oggi aveva il turno diurno, magari domani avrà quello notturno.
Potrebbe andare alla casa dove dormono Janos e l’altro guardacaccia, che si dividono
i turni per la sorveglianza di quest’area, e chiedere, ma non gli sembra
proprio il caso di mostrarsi troppo interessato. L’indomani
il cielo è coperto e promette pioggia. Ruggero fa la sua solita cavalcata, ma
mentre torna verso l’ansa del fiume, incomincia a piovere. Merda! Ruggero
raggiunge il punto dove si è fermato il giorno prima. Non è il caso di
bagnarsi nel fiume in una giornata come questa: la pioggia non è violenta, ma
cade fitta. Janos non verrà. Merda! La voce
lo sorprende: - Non
pensavo che venisse oggi, sotto la pioggia, signor duca. Ruggero
si volta e ride. - Oggi
non mi metto di certo a nuotare. Ed è anche piuttosto fresco, troppo per
spogliarsi. - Certo,
signor duca. Janos
non si fa avanti, ma Ruggero sente la tensione crescere. Vuole possedere
quest’uomo che gli sta davanti, con un leggero sorriso sulle labbra, in cui
non c’è traccia di provocazione o di malizia. Il cazzo gli si irrigidisce.
Ruggero lo guarda e dice: - Adesso
io e te ci infiliamo sotto quegli alberi e mi limito a calarti i pantaloni. Janos
ride e annuisce. - Come
vuole, signor duca. Ruggero
si dirige alla grande farnia, l’albero più alto dell’area boscosa ai cui
margini si trovano. La chioma offre un buon riparo dalla pioggia e il terreno
sottostante è ancora asciutto. Il duca
si mette vicino al tronco, si volta e sorride a Janos, che si è fermato a un
passo. Ha voglia di baciarlo. Tende le braccia, attira il guardacaccia a sé e
poi lo bacia. La sua lingua si infila tra le labbra di Janos, che sembra
esitare e poi apre la bocca. È bello baciare quest’uomo e Ruggero si sente
sommergere da un’ondata di tenerezza che lo spaventa. Reagisce ritraendosi,
voltando Janos bruscamente e spingendolo contro l’albero. Poi gli slaccia la
fibbia della cintura e gli abbassa i pantaloni e le mutande. Inumidisce
l’apertura con la saliva e, dopo aver tirato fuori il cazzo, lo spinge
dentro. Janos sussulta. Deve avergli fatto male. Ruggero si ritrae e attende
un attimo. Il guardacaccia rimane in silenzio, il viso abbassato. Poi Ruggero
spinge nuovamente il cazzo, con cautela, facendolo entrare. Si ferma e dopo
un buon momento lo spinge più in dentro. La sua mano passa davanti e afferra
il cazzo di Janos, che non è rigido. Lo accarezza e lo stringe fino a che non
lo sente crescere di volume e consistenza. Solo allora inizia a muovere il
culo avanti e indietro, spingendo il cazzo a fondo e poi ritraendolo, mentre
la mano destra giocherella con il cazzo di Janos e la sinistra accarezza la
pelle, scorrendo sul torace e sul ventre. Infine
Ruggero viene, con alcune spinte violente che strappano un gemito al
guardacaccia, poi la sua mano guida Janos al piacere. Rimangono
un momento fermi, Janos appoggiato al tronco, Ruggero dietro di lui, il cazzo
ancora dentro il culo che ha appena posseduto. Poi Ruggero si ritrae si
riveste. Janos si
tira su le mutande e i pantaloni, senza voltarsi, e si rassetta. Ruggero lo
fa girare su se stesso: vuole baciarlo. Ma quando Janos è voltato verso di
lui, gli sembra di vedere le tracce umide di lacrime sul suo viso. - Che
succede, Janos? - Mi
scusi, signor duca. La posizione… è stato un po’ doloroso… non sono abituato. Ruggero gli passa la mano sotto il mento e
gli solleva il viso. - Ieri…
è stata la prima volta, Janos? - Sì,
signor duca, mi scusi. - E oggi
ti ho preso come un animale. Sei tu che devi scusarmi. - No,
che dice? - Magari
non lo volevi nemmeno. Janos è
disorientato, ora. - No,
non è vero! Lo volevo, signor duca. Lo desideravo, da tempo. Ma non avrei mai
osato. È stato bellissimo, ieri. E anche oggi, ma quando è entrato… Janos
sorride e dice: - …lei è
un toro, signor duca. E non sono abituato. Mi scusi. Ruggero
scuote la testa. Accarezza la guancia di Janos, poi lo bacia, un bacio
leggero. - Sei di
turno oggi? - Nella
notte. - Allora
domani non ci vediamo. Peccato, perché a metà mattinata parto per Vienna. - Posso
venire dopo il turno, se lei vuole, signor duca. - Non
vai a dormire? - Mi
stenderò domani mattina, dopo... Ma solo se lo vuole lei, signor duca. - Tu lo
vuoi? - Io sì,
ma... Ruggero
non lo lascia finire. Lo bacia sulla bocca e dice: - Ci
vediamo domani qui. E prometto che sarò più attento. Ruggero
risale a cavallo e torna al palazzo. È turbato. Janos gli piace, moltissimo.
Troppo. Lo conosce poco: è al suo servizio da quattro anni e gli è capitato
più volte di incontrarlo nei suoi giri, ma si è sempre limitato a scambiare
due chiacchiere con lui. Adesso però vorrebbe saper qualche cosa di più di
questo bel maschio che gli ha donato la sua verginità senza farsi pregare.
Certo, una relazione con lui creerebbe una serie di complicazioni, ma gli
piace troppo per rinunciarci. La
giornata è grigia e la pioggia cade insistente. Ruggero pensa che domani sarà
tutto bagnato. Ma a metà pomeriggio si alza il vento e tra le nuvole appaiono
squarci di azzurro. In meno di un'ora il cielo è sgombro. Dopo
cena Ruggero esce a piedi e cammina un po’. Il vento ha fatto cadere molte
foglie, che frusciano sotto i suoi piedi. Il cielo è perfettamente sereno,
una distesa nera trapuntata di infinite stelle. Ruggero
vorrebbe cercare Janos, che adesso è di guardia, ma non saprebbe dove
trovarlo. Pensa che gli piacerebbe scopare con lui nel buio, senza vederlo,
sentire il calore del suo corpo, il suo odore, toccare la sua pelle morbida,
la sua barba pungente, sentire il suo cazzo irrigidirsi. Il desiderio si
riaccende, violento. Ma trovare Janos ora è impossibile. Cammina un po’, poi
torna a palazzo, ma la tensione non cala. Non gli capitava da tempo di
provare un desiderio così forte per un corpo. La notte,
nella sua camera, tarda molto ad addormentarsi e il pensiero va a Janos, che
ritorna in un sogno: il guardacaccia si nasconde tra gli alberi e lui lo
cerca; a un certo punto lo vede, ma il giovane gli sfugge. Infine riesce a
raggiungerlo e a bloccarlo. Si sveglia che è sul punto di venire. L’indomani
mattina Ruggero esce presto come al solito. Fa un giro a cavallo, poi si
bagna e cavalca ancora un po’, nudo. Torna all’ansa del fiume. È in anticipo
rispetto al solito, ma è impaziente. Janos
arriva poco dopo, anche lui in anticipo. È bello
ritrovarlo, stringerlo, scopare con lui, portarlo al piacere, abbracciarlo,
accarezzarlo. Dopo l’amore, Ruggero scivola nel sonno. Dorme oltre un’ora. Quando
si risveglia, Janos non c’è più. Probabilmente è andato a dormire, dopo una
notte di veglia. Ruggero gli avrebbe volentieri parlato, ma forse è meglio
così. Non saprebbe che cosa dire: ha le idee confuse. Forse il soggiorno a
Vienna gli permetterà di chiarirsele. Ritorna
dove ha lasciato gli abiti. Quando si mette la giacca, si accorge che il
portafogli che aveva con sé non c’è più. Janos gli ha rubato il portafogli!
Non può essere stato nessun altro, ma gli sembra incredibile. Ha pensato che
lui non lo denuncerà, per paura che racconti quello che è successo? Non
c’era molto: quando esce a cavallo nella tenuta porta poco denaro con sé. Ma
la delusione è violenta e la rabbia lo è altrettanto. Si riveste furente e
risale a cavallo. Ripensando all’accaduto, si dice che magari il primo giorno
Janos era accanto ai suoi abiti per controllare che lui non fosse nelle
vicinanze, perché voleva prendergli quello che aveva in tasca. Vorrebbe
licenziare Janos immediatamente, ma preferisce riflettere un momento sul da
farsi. Comunque quello stronzo la pagherà! A
palazzo fa una colazione alquanto tardiva e poi si dirige a Vienna: questa
volta però prende il baio, la cavalcatura che usa negli spostamenti tra la
sua proprietà di campagna e la capitale. Potrebbe farsi accompagnare alla
stazione, mezz’ora in carrozza, e prendere il treno, ma gli piace muoversi a
cavallo. Ogni tanto pensa di comprarsi un’automobile, ma in ogni caso non
intende rinunciare a cavalcare: il rapporto che si crea con l’animale gli
procura una profonda soddisfazione. Durante lo spostamento riflette su quanto
è successo in mattinata. Le scopate con Janos sono state molto belle, gli è
piaciuto il suo modo di porsi, ma il furto del portafogli lo manda in bestia.
Vedrà più tardi il da farsi. Adesso non vuole rovinarsi la giornata. Per
l’ora di pranzo è nel suo palazzo della capitale, un grande edificio con un
piccolo parco. Ha due
impegni in città nel pomeriggio e la sera è invitato al ballo dei conti Eysenbach. Dalla
tenuta a Vienna ci vogliono meno di due ore e talvolta, nel periodo tra la
primavera e l’autunno, Ruggero si sposta in giornata da un posto all’altro:
la capitale ha molto da offrire, ma a Nebenfluß sta
meglio. Oggi però non ritornerà nella tenuta, perché al ballo farà tardi e ha
parecchi impegni nei prossimi giorni. D’altronde con l’avvicinarsi dell’inverno,
le sue visite a Nebenfluß si diradano. La presenza
di Janos lo avrebbe spinto a cercare di tornare comunque, ma adesso è invece
un motivo per rimanere in città. Nel
primo pomeriggio Ruggero si veste con l’abito da sera. Controlla allo
specchio che tutto sia a posto, poi si fa portare in carrozza allo studio di
Gustav Keller, il più importante pittore dell’Impero, se non d’Europa: oggi è
una delle ultime sedute di posa per il ritratto che l’artista gli sta
facendo. Mentre
la carrozza procede per le strade della città, Ruggero pensa al pittore.
Gustav gli piace molto. Non lo attrae come maschio, ma come persona. È un
uomo sensibile, che l’enorme successo non ha inorgoglito. Il
pittore vive in collina, in una villa progettata da Otto Wagner, l’architetto
che ha inaugurato una nuova stagione edilizia a Vienna. La costruzione ha due
studi e il principale è una grande sala, molto luminosa, dove un domestico lo
accompagna: Gustav è già pronto, perché sa che Ruggero arriva puntuale. Ruggero
saluta, scambia due parole di cortesia e si mette nella posizione che hanno
concordato: in piedi, lo sguardo fisso sul pittore, il viso serio, le mani
poggiate sul bastone da passeggio. È un buon modello: non si muove, non
cambia espressione. Mentre rimane immobile, la sua mente va alla mattinata,
anche se si era ripromesso di non pensarci. La faccenda del furto lo ha
irritato. Non è la ruberia in sé, per quanto sia inaccettabile. A dargli
fastidio è il fatto che Janos gli è piaciuto moltissimo, sotto tutti gli
aspetti. In qualche modo, senza nemmeno dirselo, si era immaginato che ci
sarebbero state molte altre scopate, che avrebbe avuto un motivo in più per
andare a Nebenfluß. Janos lo ha deluso,
profondamente. - Duca,
ha cambiato espressione. Ruggero
si riscuote. - Mi scusi.
La mente va dove vuole e a quanto pare ha scelto la direzione sbagliata. Ruggero
scuote la testa e riprende l’espressione che aveva all’inizio. Pensa agli
impegni della giornata e poi a Michael. L’amico ama molto viaggiare ed è
spesso lontano. Adesso è tornato da poco da un lungo giro in Scozia. Ruggero
è impaziente di vederlo e di farsi raccontare il viaggio. Alla
fine della seduta si ferma a chiacchierare con il pittore: ne apprezza la
ricchezza umana e la cortesia. Sono entrambi riservati, ma Ruggero si trova
bene con Gustav Keller e ha l’impressione che anche il pittore si trovi bene
con lui. Il cameriere porta una cioccolata calda, che entrambi gustano: hanno
in comune l’amore per i dolci. - La
vedrò questa sera al ballo dei conti Eysenbach? Gustav
non è nobile, ma, come alcuni altri grandi artisti, viene invitato in tutte
le occasioni importanti: ospitare il maggior pittore dell’Impero dà lustro. - No,
come ballerino sono un disastro. Di solito diserto i balli. Mi sono già
scusato con la contessa. -
Anch’io non ballo volentieri, ma non posso sottrarmi. E poi avrò modo di
incontrare alcuni amici. Comunque ho l’impressione che lei sia come me, poco
amante della vita mondana. - Ha ragione.
Amo stare con gli altri, ma non nelle grandi occasioni. Preferisco una
compagnia di amici dove si è più liberi di essere se stessi. - Non
posso certo darle torto. Parlano
ancora un momento, poi Ruggero si congeda. Non dovrà più posare, perché il ritratto
è quasi concluso. Anche se non ama rimanere a lungo immobile, gli spiace che
queste sedute siano finite. Ha l’impressione che quest’uomo molto schivo
abbia una grande ricchezza interiore e gli piacerebbe che il loro rapporto
non si esaurisse con la fine delle sedute di posa. Al
ritorno Ruggero ripassa a palazzo e nuovamente si cambia. Raggiunge
la palestra, dove si dedica alla lotta e assiste agli incontri di pugilato. I
locali dove si praticano questa attività sono quasi tutti frequentati soltanto
da un pubblico popolare. Quello scelto da Ruggero è un’eccezione, perché è
rivolto a una clientela più selezionata, costituita soprattutto da borghesi:
negozianti, artigiani, impiegati. Vi si allenano anche quei pochi nobili che
praticano questi sport nelle palestre: tra gli aristocratici dell’Impero
Austro-Ungarico, boxe e lotta non contano molti appassionati e coloro che vi
si dedicano di solito preferiscono avere un maestro personale, per non
mischiarsi con il popolo. Tra i nobili che frequentano il locale Ruggero ha
fatto amicizia con il barone Siegmund Meyer zu Grünewald, a cui non
dispiace l’ambiente delle palestre, anche di quelle frequentate da operai. Ruggero
ha preso lezioni di lotta da un maestro, ma preferisce misurarsi con altri,
come un lottatore qualunque, e non affrontare solo il suo allenatore. Qualche
volta Siegmund lo ha portato in locali molto popolari, dove il combattimento
è più rude. Qui ha assistito a incontri, ma a differenza dell’amico non vi ha
mai preso parte, anche se è stato tentato di farlo. La lotta
gli trasmette sempre emozioni molto forti, più del pugilato, a cui ama
assistere, senza partecipare: gli piace misurarsi con altri maschi vigorosi,
stringerne i corpi, vincerli e anche esserne vinto. Nella
palestra pochi riconoscono in questo lottatore molto in gamba il duca d’Aquaforte e nessuno di loro lo chiama con il suo titolo,
neanche Siegmund: Ruggero non si presenta come un nobile, ma come un
appassionato di lotta e di boxe. Anche lui non si rivolge a Siegmund usando
il titolo: quando si trovano in palestra, si salutano e chiacchierano
insieme, come due borghesi qualsiasi. A differenza di Ruggero, Siegmund
pratica anche il pugilato e in alcune occasioni è uscito con un occhio nero o
una ferita al labbro. L’amico
non è presente e Ruggero si esercita nella lotta, poi assiste ad alcuni
incontri tra i frequentatori della palestra. Quando
Siegmund arriva, per Ruggero è quasi ora di andarsene. Scambiano due parole e
stabiliscono di ritrovarsi in palestra due giorni dopo, per un allenamento e
poi un doppio massaggio: in palestra prestano la loro opera alcuni
massaggiatori e i due amici amano questo momento di rilassamento e piacere.
Prima di uscire, Ruggero fissa l’appuntamento. Ruggero
torna a casa. È quasi ora di prepararsi per il ballo. Non tiene molto alle
occasioni mondane, ma sa che dagli Eysenbach
incontrerà alcuni amici e soprattutto Michael, che è appena tornato dal suo
ultimo viaggio. Si
cambia. Mentre si rimette l’abito da sera, si dice che oggi la sua principale
attività è stata cambiarsi il vestito. Il gran
ballo chiuderà una giornata intensa, che sarebbe stata molto soddisfacente se
il furto non gli avesse lasciato l’amaro in bocca. Ruggero
non ama i balli. Nonostante sia alquanto massiccio, sa ballare bene, ma
danzare con una donna tra le braccia non gli trasmette grandi emozioni e
preferisce trascorrere la serata chiacchierando con qualche amico. D’altronde
Ruggero sa benissimo di non essere un bell’uomo, tutt’altro, e nessuna donna
sarebbe molto contenta di essere invitata da lui. Disertare il ballo sarebbe
però una scortesia. Ruggero è conscio del fatto che far parte dell’alta
società comporta alcuni obblighi e non si sottrae. Il ballo
dagli Eysenbach è uno dei grandi eventi mondani di
Vienna. Gli invitati sono molti. Si tratta in maggioranza di nobili, ma sono
presenti anche alcuni grandi artisti e altri personaggi illustri. Ruggero
saluta le persone che conosce: per alcune basta un cenno da lontano, ad altre
si avvicina per dire due parole, in modo più formale o più personale. Passa
da un gruppo all’altro, indugiando in uno dove alcuni suoi amici parlano di
teatro. Balla
un’unica volta, con la figlia dei padroni di casa: gli sembra doveroso farlo.
La contessina è una giovane intelligente e spiritosa, che gli dice: - È un
onore essere invitata da lei, duca. Non la vedo mai ballare. - È
vero, ma sono un orso ed evito di torturare le povere dame. Costringo al
supplizio solo lei, perché mi sembrerebbe scortese non ballare con la giovane
padrona di casa. - Lei
balla benissimo, duca. Ed è un piacere danzare con un cavaliere esperto. Ruggero
non insiste: non vuole dare l’impressione di cercare complimenti. È davvero
un cavaliere eccellente, perché ha imparato da giovane e ha un buon orecchio
musicale, ma non è certamente un bell’uomo: è un Ercole, ma è sgraziato e
tanto irsuto da essersi guadagnato il soprannome di gorilla già ai tempi
della scuola. Anche il viso non è certo attraente. Difficile immaginare che
una giovane donna veda in lui un bel cavaliere. Al
termine del ballo ritorna a mescolarsi tra coloro che preferiscono
chiacchierare, ma tiene d’occhio la sala, per vedere se arriva Michael. Incomincia
a pensare che l’amico abbia rinunciato a venire, quando qualcuno gli passa un
braccio attorno alle spalle. Si volta, un po’ stupito. -
Michael! Sono contento di vederti. -
Anch’io. Contavo di incontrarti. Altrimenti non credo che sarei venuto. - Stai
bene? -
Benissimo. E tu? -
Anch’io. Michael
e Ruggero hanno molti punti in comune: sono entrambi nobili e molto ricchi; amano
gli uomini e hanno forti appetiti; non cercano un compagno, ma colgono le
occasioni che si presentano, occasioni che non mancano a nessuno dei due. Non
sono certo belli, ma sono vigorosi e ben dotati e anche la loro ricchezza è
un fattore di attrazione per molti maschi. -
Soddisfatto del tuo viaggio? - Molto. - Devi
raccontarmi tutto. -
Volentieri, ma non qui. - No,
certo. Vieni a pranzo da me domani. - Ottima
idea. Hai una cuoca sopraffina, tu. Ma adesso usciamo sulla terrazza. Qui si
soffoca. Possiamo parlarci con calma. Escono
sulla grande terrazza da cui una gradinata centrale conduce nel parco del
palazzo. C’è diversa gente vicino alle tre grandi porte che danno accesso
alla sala, ma i due amici raggiungono un angolo della balaustra, dove sono abbastanza
isolati da poter parlare liberamente. - Tu non
ti sei mosso da qui, vero? A Nebenfluß tutto il
tempo, quando non avevi impegni. - In
realtà avanti e indietro tra la tenuta e Vienna. - A
cavalcare, nuotare, camminare a Nebenfluß. A
lottare, annoiarti ai ricevimenti e scopare a Vienna. Ruggero
ride: la sintesi di Michael è abbastanza corretta. Ci sono state anche le
scopate a Nebenfluß, con Janos, ma dopo quanto è
accaduto in mattinata, di quelle Ruggero non ha voglia di parlare. Lo farà in
altro momento, con calma. - Sì,
direi che è tutto. O quasi. Ho anche posato. -
Posato? - Keller
mi sta facendo un ritratto. Ormai ho finito con le sedute. Deve solo
completare lo sfondo. - Era un
po’ che pensavo di farmi fare un ritratto. Cercherò Keller, ma non ora, al
ritorno. - Al
ritorno? Sei già di nuovo di partenza? - Te
l’avevo detto che… - …che
vuoi tornare a Venezia. Sì, ma sei rientrato dalla Scozia pochi giorni fa. - Vienna
mi annoia. Se non ci fossi tu, non ci tornerei neanche. Ma dimmi, Keller è
qui questa sera? - No,
non frequenta molto la società e soprattutto evita le serate di ballo. - Fa
bene. Ci sono venuto solo perché sapevo che tu ci saresti stato. Quanto a
Keller, lo cercherò più avanti, tanto tra un po’ ritorno. - Va
bene. Dimmi di te. Che hai fatto? Hai camminato per le brughiere scozzesi,
hai visitato abbazie in rovina, vecchie chiese e castelli, hai preso freddo
in isole battute dal vento e certamente hai fatto incontri… molto caldi. -
Qualche buon incontro c’è stato, non lo nego, ma poca roba. Rispetto
all’Italia o all’Egitto, non c’è confronto. Gli scozzesi non sono molto
disponibili, alcuni perché sono alquanto bigotti, altri perché hanno paura:
sai com’è, si finisce facilmente in galera, da quelle parti. Se pensi che
quei coglioni hanno messo in prigione Oscar Wilde! Ma ho trovato qualche
libero pensatore e devo dire che sotto i kilt si nascondono cose molto
interessanti. - Non ne
dubito. Domani parliamo con calma, ma adesso mi anticipi qualche cosa. Ruggero sa
che a Michael piace parlare delle sue avventure e le ascolta volentieri. Sono
entrambi molto franchi e si raccontano tutto senza remore. - Gli
incontri migliori li ho fatti nei castelli e in città. Nelle Cairngorm Mountains ero ospite di lord Glenshiel. Un giorno è arrivato un nipote del lord, sir
Edward, che si è fermato a pranzo. Alto, ben piantato, un vero Ercole,
Ruggero, come te. - Come
me? Non granché, allora. - Non
dire stronzate. Io lo guardavo, me lo bevevo proprio con gli occhi. Lui se
n’è accorto, ma sembrava ignorarmi. Mi sono detto che non c’era niente da
fare, pazienza. Dopo pranzo mi chiede se ho avuto modo di ammirare la veduta
dalla torre settentrionale. Gli dico di no e lui mi accompagna. - La
veduta dalla torre. Mi sta venendo qualche idea su quello che ti ha fatto
vedere. - Idea
sbagliata, mi sa. Non ho visto niente di quello che pensi… - Va
bene, prosegui. - Quando
siamo in cima alla torre, io mi appoggio al parapetto per guardare, mentre
lui mi indica le cime montuose, il lago, l’isola, due castelli non lontano.
Mentre continua a parlare, si mette dietro di me. Senza smettere di
descrivermi il panorama, mi slaccia la cintura e abbassa i pantaloni. Sento
il suo cazzo premermi contro il buco. Me lo mette in culo mentre mi racconta
del castello dei Raeburn e della sua distruzione. -
Un’interessante lezione di storia e di vita. - Molto
interessante. E molto soddisfacente. Lui è molto dotato, anche se certo non
come te. Ed è bravo. Si è fermato una settimana, anche se il mattino aveva
detto che sarebbe ripartito nel pomeriggio. Certo che alla fine della
settimana il culo mi faceva un male che non ti dico… Ruggero
annuisce. A differenza di Michael, nel sesso Ruggero è esclusivamente attivo,
anche se a volte si chiede che cosa si prova a farsi possedere. Michael è
molto più versatile. Michael
sorride, poi dice, con una voce che il desiderio rende roca: -
Ruggero, a raccontarti mi è venuta una certa voglia… E mentre
parla, Michael gli stringe il cazzo attraverso il tessuto dei pantaloni. Ruggero
ride, mentre lancia una rapida occhiata intorno. Nel punto in cui sono,
nessuno può vedere dove si è posata la mano di Michael. L’idea dell’amico non
gli spiace. Anche se ha scopato in mattinata, il racconto del bel lord
scozzese ha attizzato il suo desiderio. - Anche
a me. Andiamo a casa mia? - Voglio
farlo qui. - Qui?
Michael, tu sei pazzo! - Mi
piacerebbe scopare con te tra gli alberi. - Nel
bosco possiamo farlo, a Nebenfluß o a Schwarzewasser o al massimo da te, nel parco del tuo
palazzo. Ma certamente non nel parco degli Eysenbach,
in una sera di festa, per di più! - Ma io
voglio farlo adesso. - Sei il
solito bambino viziato. - Lo so.
Non puoi dirmi di no. - Qui,
non se ne parla neanche. Se vuoi andiamo da te o vieni da me. Michael
sospira. Sa che Ruggero ha ragione. E in fondo, anche se gli piace rischiare,
l’ha proposto contando sul rifiuto dell’amico: sa che Ruggero è prudente. Di
loro senza dubbio si parla, ma poiché sono piuttosto discreti, sono solo voci
e non c’è nessuno scandalo. - E va
bene. - Vieni
da me. Puoi fermarti per la notte e domani mattina facciamo un bis. Si
congedano dai padroni di casa. Michael rimanda al suo palazzo la carrozza che
lo ha portato e sale su quella di Ruggero. Nel buio
della carrozza, le sue mani irrequiete stuzzicano il cazzo di Ruggero, che si
tende in fretta. Al duca piace l’impazienza di Michael, a letto ne apprezza
l’assoluta mancanza di pudore e, anche se non si amano, la loro amicizia
rende i loro rapporti molto più ricchi e soddisfacenti delle scopate
occasionali. Nel
palazzo d’Aquaforte Michael ha una camera per sé,
di fianco a quella di Ruggero e comunicante attraverso una porta. Di fatto
non ci dorme quasi mai e si limita a stendersi il mattino sul letto, dopo
aver trascorso la notte con l’amico. La servitù conosce i gusti del padrone,
ma questi bada a salvare le apparenze. Passano
direttamente nella camera di Ruggero. Ruggero
spoglia l’amico. A Michael piace sentire le mani forti di Ruggero scorrere
sul suo corpo e togliergli gli indumenti, uno dopo l’altro, alternando
carezze ruvide e strette vigorose. E gli piace vedere Ruggero mentre questi
si denuda, guardare il corpo forte che emerge dagli abiti: le spalle larghe,
il petto muscoloso e coperto da una peluria scura, il ventre e il magnifico
cazzo, ancora a riposo. Ruggero
sorride. - Adesso
devo pisciare. Michael
annuisce. Gli piace bere il piscio di Ruggero e l’amico lo sa. Si inginocchia
davanti a lui e prende in bocca il cazzo. Riceve il getto e beve ogni goccia.
Quando l’amico ha concluso, prende a passare la lingua sul cazzo, lo
mordicchia leggermente, mentre Ruggero ride, poi lo succhia. Lo sente
acquistare volume e consistenza e presto l’arma formidabile del duca è pronta
per l’uso. Michael si stacca e la contempla. - Cazzo!
Non ho mai visto un cazzo così e ti garantisco che di cazzi ne ho visti un
buon numero. - Non ne
dubito. Spero che in viaggio tu abbia usato i preservativi. - Sì, lo
sai che sono prudente. Non ho voglia di beccarmi la sifilide. Ruggero
accarezza la testa di Michael. Non è sicuro che l’amico sia sempre stato
prudente come dice, perché sa che è impulsivo, ma di solito deve essere stato
attento. Nei rapporti occasionali o con prostituti entrambi prendono le
precauzioni necessarie per non correre rischi. Ma con sir Edward di certo
Michael non ha usato un preservativo. Ruggero
si china. Fa scorrere le sue mani sulla schiena dell’amico, gli stringe con
forza il culo, poi si stacca, gli sorride e lo solleva, senza sforzo. Lo
porta fino al letto, su cui lo posa, con il culo sul bordo. Si china
su di lui, lo bacia ancora, poi gli solleva le gambe, mettendosele sulle
spalle. Si bagna abbondantemente la mano con la saliva e incomincia a
passarla sul buco di Michael, che geme nuovamente. - È
meglio che bagni un po’, non vorrei farti male… Ruggero
ghigna e aggiunge: - Anche
se so che hai tenuto in esercizio questo bel buchetto. Michael
sorride, ma tutto il suo corpo è in tensione, perché la mano che gli
accarezza il solco, che stuzzica il buco, con quel dito che gli si infila
dentro… quella mano è un tizzone ardente a contatto con paglia e rami secchi
e l’incendio si scatena. Michael geme più forte, incapace di contenersi. Ruggero
sputa di nuovo sulla mano, bagna ancora un po’ e poi Michael sente che il
grosso cazzo di Ruggero sta premendo contro il suo culo, sta entrando.
Michael si tende, in uno spasimo di dolore e piacere, mugola, mentre Ruggero
grugnisce. Ruggero
gli passa le mani sul torace e sul ventre, mentre lentamente spinge il suo
arnese a fondo, sempre più a fondo. A Michael pare che questa avanzata non
debba finire mai e davvero vorrebbe che non finisse mai. A tratti la
sensazione è tanto forte che Michael chiude gli occhi, stravolto dal piacere,
che è anche dolore. E poi li riapre e guarda Ruggero, che gli sorride e lo
accarezza, mentre gli mormora parole, in cui si mescolano apprezzamenti ed
oscenità. Ruggero
è arrivato al fondo e ora si ritrae, per avanzare nuovamente, mentre le sue
mani percorrono il corpo di Michael, che geme, sospira, mugola e poi si
trova, quasi senza rendersene conto, a gridare ad ogni nuova spinta che lo
squassa. Ruggero
procede, sorridendo, accarezzandolo, facendolo impazzire di piacere. Michael
lo guarda, guarda i rivoli di sudore che si perdono tra i peli sul torace e
sul ventre, le goccioline sulla fronte, gli occhi, il sorriso. Gli poggia le
mani sui fianchi, poi le passa sul petto, sulla pelle umida di sudore,
tirando i peli, accarezzando. E
Ruggero continua nel suo movimento inesorabile, mentre Michael urla senza
ritegno. Le loro parole si mescolano, come il loro sudore, come le loro mani,
che ora si incontrano e si stringono. Ruggero
cavalca a lungo. Infine Michael sente la scarica che gli riempie il culo e la
mano di Ruggero che, ruvida e insieme delicata, gli accarezza il cazzo.
Michael grida e il piacere che riempie il suo culo si confonde con quello che
sale dai coglioni ed esplode sul suo ventre. Ora
Ruggero esce da lui, fa scivolare il corpo di Michael in modo che sia tutto
sul letto e gli si stende accanto. Lo accarezza dolcemente, passandogli la
mano sul viso, sul collo, sul torace. Lo bacia con delicatezza, sulla bocca,
sugli occhi, sulla fronte, mentre la mano scende a sfiorargli il cazzo e a
giocherellare con i coglioni. Poi
Ruggero si addormenta, come gli capita quasi sempre dopo una bella scopata.
Michael rimane un momento a guardarlo. Vuole bene a Ruggero, profondamente.
Ha trovato in lui un amico, l’unico vero amico che abbia mai avuto nella sua
vita. Che questo amico sia anche un magnifico stallone, è un’ottima cosa,
perché li avvicina ancora di più, ma non è l’essenziale. Sarebbero amici
anche se non scopassero insieme. Per Michael Ruggero è un fratello e a volte
vorrebbe davvero chiamarlo così, ma, per quanto sia sfacciato, prova vergogna
a rivelare un sentimento così intimo. Più volte è stato sul punto di farlo,
ma il pudore lo ha frenato. Michael
tende la mano e accarezza, leggermente, il corpo di Ruggero. Questi non si
sveglia, ma emette un suono, una specie di sospiro profondo. Michael sorride.
Ritira la mano, chiude gli occhi e si addormenta. La
mattina, dopo un piacevole bis, Michael e Ruggero fanno colazione insieme. Il conte
parla del viaggio che progetta: - Voglio
tornare a Costantinopoli. Prendo l’Orient Express,
sai che da alcuni anni arriva direttamente in città, non occorre più scendere
a Varna e prendere il traghetto. Una gran comodità. -
Costantinopoli vale la pena di essere rivista, senz’altro. E di lì? Giri per
l’Impero Ottomano? Ci sono un sacco di occasioni. - No,
torno in Grecia, via nave. Inverno in Grecia, nella terra degli dei. - Anche
se non sono gli dei che cercherai, mi sa. - Gli
dei no, ma qualcuno che mi porti in paradiso. Ruggero
ride. -
Giusto. È un bellissimo programma. - Perché
non vieni anche tu? - Adesso
no, ma prima o poi dobbiamo fare un altro viaggio insieme. - Lo
prendo come una promessa. - Va
bene. E poi? Ti degnerai di tornare da noi? -
Prenderò il traghetto per l’Italia. Che cosa c’è di meglio di febbraio a
Roma, marzo a Firenze e aprile a Venezia? Più o meno, non è che siano date
definitive. E poi Padova, Vicenza, Verona e ritorno attraverso il Brennero. - Mi sa
che starai via come minimo sei mesi. A Venezia sarai mio ospite. - Pensi
di venire anche tu a Venezia? Sarebbe bellissimo. - No,
non credo, di solito ci vado un po’ più avanti. Dico che sarai mio ospite,
perché ti stabilirai da me. La
famiglia d’Aquaforte è di origine italiana e
Ruggero possiede un palazzo nei pressi di Santa Maria dei Miracoli. - Ma no,
se tu non ci sei, vado all’hotel Danieli. So che l’hanno ristrutturato e
ammodernato da poco. Ha tutte le comodità. - Non se
ne parla neanche. Scordati il Danieli o ti tolgo il saluto. E comunque anche
casa mia ha tutte le comodità. Benché io continui ad andare a cavallo, non
amo vivere come i miei nonni. Pure il cuoco che ho a Venezia è eccellente,
forse non come Petra, ma di certo superiore alla media. -
Ruggero, non so quanto mi fermo, ma vivere alle tue spalle… Ruggero
lo interrompe, ridendo: - Hai
paura di mandarmi in rovina? Ruggero
è ricchissimo e Michael, che non è meno abbiente, lo sa benissimo. - No,
ma… - Non ci
sono ma. Ospitalità finché rimani a Venezia o completa rottura dei rapporti.
Non hai alternative. Michael
scuote la testa. Guarda Ruggero e dice: - Ruggero,
per me sei un fratello, un fratello maggiore. Ruggero
non si aspettava questa dichiarazione d’affetto, che gli fa molto piacere. - Posso
dire lo stesso, fratellino. Le
parole di Ruggero toccano in profondità Michael, che sorride, per nascondere
la sua commozione. -
Grazie, fratello. Grazie. Trascorrono
ancora alcune ore insieme, poi Michael se ne va. Il
giorno previsto Ruggero torna in palestra. Dopo essersi cambiato, passa nella
sala. Siegmund è già arrivato. -
Allora, pronto per l’incontro di lotta, Siegmund? E poi per il doppio
massaggio? - Certo
che lo sono, Rüdiger! Spesso
Siegmund chiama Ruggero con l’equivalente tedesco del suo nome, come fanno in
molti: questo nome italiano, voluto dal padre nella tradizione di famiglia,
suona ostico a chi parla tedesco. Si
allenano entrambi, poi, venti minuti prima dell’ora prevista per il
massaggio, si affrontano. Siegmund è un buon pugile, ma come lottatore non ha
l’esperienza di Ruggero. Lottano accanitamente, poi, come succede quasi
sempre, Ruggero riesce a bloccare l’amico. La stretta dei corpi ha acceso il
desiderio di entrambi, preparandoli al massaggio. Passano
nello spogliatoio e si lavano, poi raggiungono la saletta dove li aspettano i
massaggiatori, entrambi a torso nudo. Sono del tutto diversi uno dall’altro:
il più giovane, Bohumir, viene dalla Boemia ed è un
colosso, con grandi mani forti; l’altro, Drgan,
molto più avanti negli anni, è un musulmano della Bosnia. Sono entrambi abili
e, a differenza di altri, praticano nella massima discrezione massaggi che
vengono definiti “completi”. Proni su
due lettini vicini, Ruggero e Siegmund si abbandonano al piacere di queste
mani esperte che percorrono i loro corpi, ora vigorose, ora delicate,
accarezzando, strizzando, premendo. Quando i
massaggiatori hanno terminato la prima fase, i due amici si voltano,
stendendosi sulla schiena, e il massaggio riprende. Le mani percorrono i due
corpi: le gambe, le braccia, il torace, il ventre, i genitali. Presto a
entrambi si irrigidisce il cazzo. Ruggero
gira la testa e sorride a Siegmund, che ricambia il sorriso. Sono attratti
l’uno dall’altro, ma nessuno dei due accetterebbe l’idea di offrirsi, per cui
non hanno mai avuto un rapporto. A entrambi però piace vedere l’altro ed
essere visto dall’altro con il cazzo duro e poi nel momento in cui viene. Il
massaggio prosegue e si concentra sui genitali, che sono stati già alquanto
stimolati. Siegmund viene un attimo prima di Ruggero. I due
massaggiatori puliscono il seme, poi lasciano che gli amici riposino un
momento distesi. Ruggero
ritorna a casa tardi, soddisfatto della giornata. Il suo buonumore dura
pochissimo: c’è una lettera del suo intendente. C’è stato un furto nella camera di Vostra Signoria.
Sono scomparsi i quattro candelieri e la cornice d’argento. La signora Erden ha visto
uscire dalla residenza il guardacaccia Toth, che
non aveva motivi per recarvisi. Lo abbiamo interrogato. Ha negato di essere
mai entrato. Allora ho mandato due servitori a perquisire la sua abitazione.
Nella sua stanza hanno trovato uno dei candelieri. Nessuna traccia degli
altri. Abbiamo chiamato i gendarmi, ma Toth è
fuggito. Ruggero
appallottola il foglio. Si sente soffocare dalla rabbia. Merda! Merda! Merda!
Che cosa cazzo crede, Janos? Che per avergli dato il culo, può saccheggiare
le sue cose? Che squallore! E dire che gli era sembrato… si è lasciato
ingannare come un coglione. Ruggero
sa leggere dentro di sé. La delusione quando ha scoperto di essere stato
derubato del portafogli e la rabbia che prova ora non dipendono solo dal doppio
furto. Se il ladro fosse un altro, non ci penserebbe nemmeno due minuti. Ma
Janos ha smosso qualche cosa dentro di lui e persino ora, dopo questo secondo
furto, ha difficoltà ad accettare l’idea che sia solo un ladro. Ruggero
non avrebbe voglia di tornare a Nebenfluß, ma non
può evitarlo. La faccenda di Janos è troppo grave. Parte in
mattinata, a cavallo, intenzionato a rientrare in serata. Ha sempre evitato
di avere rapporti con i suoi dipendenti e per una volta che l’ha fatto…
merda! Merda! Merda! A Nebenfluß parla con l’intendente, che ha poco da
aggiungere a quanto ha scritto. Poi
incontra il responsabile della stazione di polizia della vicina città, Helmut
Sanders. Sanders ci tiene
a far bella figura con il duca, mostrandosi solerte. - Faremo
il possibile per catturare il ladro e recuperare la refurtiva. A
Ruggero poco importa di recuperare la refurtiva e non desidera neppure che
Janos venga arrestato, per quanto provi rabbia nei suoi confronti. Non teme
che il guardacaccia possa rivelare ciò che c’è stato tra loro: si metterebbe
nei guai, aggravando la propria situazione. Ma l’idea che finisca in prigione
non gli dà nessun piacere. - Non si
preoccupi: non è certo un gran danno. Janos Toth è
un ladruncolo, come ce ne sono tanti, non un pericoloso criminale. Per quel
che mi riguarda, è inutile che perda tempo a corrergli dietro. Ha perso il
lavoro per quattro pezzi d’argento. Non ha fatto un buon affare. Sanders è contento delle
parole del duca: cercherà ovviamente il ladro, ma non deve preoccuparsi
troppo se non riuscirà a scovarlo. Il duca non andrà a lamentarsi, come ha
fatto invece il barone Geister, con cui è meglio
non avere a che fare: ha procurato un sacco di grane agli agenti che non
erano riusciti a trovare il ladro del braccialetto della figlia. Che non è
neanche detto che le fosse stato davvero rubato, magari l’aveva perso. Il
duca d’Aquaforte invece ha fama di avere un buon
carattere. Dopo i
due colloqui, Ruggero rientra a Vienna, di pessimo umore. La sera
successiva Ruggero è a teatro, con Michael. Amano entrambi il teatro. Michael
è anche un appassionato dell’opera, mentre Ruggero va volentieri ai concerti,
ma non apprezza la lirica. Danno Antonio e Cleopatra. Michael osserva
stupito l’attore che interpreta Antonio, un gran bell’uomo alto e forte,
barba e capelli neri. Non l’ha mai visto, ma, viaggiando molto, va più spesso
a teatro a Parigi, Londra o Milano che a Vienna. Nell’intervallo
chiede a Ruggero: - E
quello splendido maschio che interpreta Antonio, chi è? -
Sant’Iddio, Michael! Tu viaggi troppo. Come fai a non conoscere Eldemar Männer? Uno dei
migliori attori di Vienna. È stato alcuni anni a Berlino, ma adesso sono
almeno quattro anni che è tornato. Mezza Vienna impazzisce per lui. - Un
ottimo attore e di sicuro uno dei più begli esemplari di maschio che io abbia
mai visto. - Sì,
davvero. - Tu lo
conosci? - Mi
capita di incontrarlo a qualche ricevimento. Ho scambiato qualche parola con
lui. Mi ha fatto un’ottima impressione. - Anche
a me. Ruggero
ride. - Non in
quel senso. - Non in
quel senso? Non mi dire che non ti piacerebbe. - Certo
che mi piacerebbe. A chi non piacerebbe? Forse a quelli a cui piacciono i
ragazzini. - E non
ci hai provato? -
Michael! Non vado da uno con cui ho scambiato quattro parole per chiedergli se
vuole scopare con me! Non so se scopa con gli uomini e se fosse così che cosa
gli piace fare. Non credo che sia rimasto affascinato la prima volta che mi
ha visto. - Se non
è rimasto affascinato è perché non capisce niente. Ruggero
ride. Sa bene di non essere bello, ma le parole dell’amico gli fanno comunque
piacere. Due
settimane dopo Ruggero esce di casa in tarda mattinata per andare dal sarto.
Non prende la carrozza, anche se deve andare lontano, perché si muove
volentieri a piedi: gli piace camminare per le strade della città. Il cielo è
sereno e la temperatura sarebbe ancora piacevole, se non soffiasse la
tramontana. Non sono le condizioni ideali per una passeggiata, ma a Ruggero
piacciono le giornate ventose. Cammina volentieri sentendo in faccia l’aria
che gli scompiglia i capelli, guardando il cielo terso o i mulinelli di
foglie che si sollevano e ricadono al suolo. Ha
appena percorso un isolato, quando si sente chiamare: - Signor
duca! Si volta
e rimane stupefatto vedendo l’uomo che lo ha interpellato. -
Janos?! Come osa
questo impudente presentarsi davanti a lui, dopo il doppio furto?! Ruggero
freme e vorrebbe insultarlo, ma guardandolo in faccia, la rabbia svanisce. - Mi
scusi, signor duca, se mi permetto… Vorrei parlarle, solo un momento. Le parole
riaccendono la rabbia, ma è un fuoco di paglia: l’impulso di negarsi, di
scacciare questo ladro sfacciato, di minacciarlo, svanisce subito. Qualche
cosa nell’atteggiamento di Janos lo dissuade. Nella voce trapela appena una
sfumatura dell’irritazione che ha provato vedendolo davanti a sé. - Che
cosa vuoi? - Io non
ho rubato niente, signor duca. Nel suo palazzo non sono entrato, glielo
giuro. - Non
hai rubato niente, eh?! Non sei entrato nella mia camera, non mi hai preso il
portafogli dai vestiti, mentre dormivo? Janos
scuote la testa, sbalordito. Appare disorientato. - Dai
vestiti? Quando? Io… non mi permetterei mai… È
chiaramente confuso, non si aspettava l’accusa, non sembra neppure aver
capito. O dice la verità o è un bravo attore. -
L’ultima volta che abbiamo scopato. Mi hai preso il portafogli. - Signor
duca, non farei mai una cosa del genere. Non ho mai rubato, non… non… potrei.
A lei… poi… Janos è
sconvolto, quasi balbetta. Ruggero
è perplesso. Ha l’impressione che Janos non menta. In questo caso, se
qualcuno gli ha preso il portafogli mentre lui dormiva, magari dopo averlo
visto scopare con Janos, potrebbe essere la stessa persona che ha rubato in
camera sua nel castello, facendo ricadere la colpa sul guardacaccia. E mentre
lo pensa, si rende conto che gli è bastato trovarsi Janos di fronte due
minuti per pensare che sia innocente e cercare un altro colpevole. Ha davvero
perso la testa. L’irritazione ritorna e appare nel tono con cui dice: -
L’ultimo giorno che abbiamo scopato, quando mi sono svegliato il mio
portafogli era sparito. - Io… io
non avrei mai potuto fare una cosa del genere… signor duca! C’è
disperazione nella voce di Janos e il “signor duca” è stato quasi gridato,
tanto che una coppia si è voltata a guardare. Ruggero
è perplesso. È sempre più convinto che Janos sia innocente. - Senti,
Janos, non so che dire. Io… A
Ruggero sembra che ci siano lacrime negli occhi di Janos. L’uomo china la
testa. - Mi
scusi, signor duca, se mi sono permesso di disturbarla. Me ne vado. Janos già
si è voltato per andarsene. -
Aspetta! La voce
di Ruggero è dura. Ha dato un ordine. Janos si ferma, ma non si volta.
Ruggero gli mette una mano su una spalla e lo forza a girarsi. Su una guancia
c’è davvero una lacrima. Ruggero
ha la sensazione di aver ricevuto un pugno nello stomaco. Nelle sue parole
non c’è più traccia della durezza di prima. - Janos,
sono confuso, ma voglio capire. Togliamoci di qui. Voglio parlare con te con
calma. Andiamo. Ruggero
si avvia. Janos lo segue, un passo indietro. Ruggero entra in un caffè. Si
siedono. - Quel
giorno, al fiume, te ne sei andato mentre dormivo. - Sì, ho
sentito arrivare un cavallo e ho pensato che poteva esserci qualcuno. Se la
vedevano dormire da solo, non era un problema. Ma se la vedevano con me,
tutti e due nudi… Mi sono rivestito in fretta. - Hai
visto chi era a cavallo? - Felix,
il garzone dello stalliere. Portava a fare un giro la cavalla nera. - Lui ti
ha visto? - Sì,
non potevo andarmene senza che si accorgesse di me. L’ho salutato e lui mi ha
chiesto se l’avevo vista, perché lo stallone nero era lì vicino. - E tu? - Io ho
risposto che avevo visto i suoi vestiti in riva al fiume e l’avevo trovata
che dormiva tra gli alberi. Gli ho detto di fare piano, per non svegliarla, e
me ne sono andato. Il cameriere
arriva per chiedere che cosa vogliono. Ruggero ordina un bicchiere di vino,
poi guarda Janos per chiedergli che cosa vuole. Il guardacaccia scuote la
testa. - Non
prendo niente. Ruggero
lo guarda con attenzione. Janos gli sembra un po’ smagrito. - Che
hai fatto in queste settimane? -
Lavoretti, qui e là. - Hai
bisogno di soldi? Janos
sembra rabbrividire. Scuote la testa. - No,
no… Ruggero
è sicuro che Janos abbia saltato molti pasti. Anche l’abito è mal ridotto.
Che vita ha condotto? - Adesso
andiamo a pranzo, poi vediamo il da farsi. - Signor
duca, io non voglio… Ruggero
lo interrompe: - Janos,
voglio chiarire che cosa è successo. Aspettami seduto qui. Ruggero
rientra in casa e prende le chiavi dell’appartamento che gli serve da
pied-à-terre: ha già deciso che cosa farà. Manda uno dei servitori ad
avvisare il sarto che non può passare da lui. Porta
Janos in un piccolo ristorante. Deve quasi forzarlo per fargli ordinare
qualcosa, ma il pasto viene poi consumato con una voracità che non lascia dubbi
sull’appetito. L’idea che Janos abbia patito la fame gli stringe lo stomaco,
tanto che fa fatica a mangiare e lascia nel piatto buona parte del cibo. Quando
hanno finito, Ruggero dice: - Adesso
vieni con me. Lo porta
nell’appartamento che usa come pied-à-terre: un salottino, una camera da
letto e il bagno. -
Rimarrai qui fino al mio ritorno da Nebenfluß. Mentre
lo dice Ruggero tira fuori il portafogli e ne prende alcune banconote. - Queste
ti serviranno per vivere questi giorni, mentre io cerco di capire che cosa è
successo. Janos
scuote la testa. - No,
signor duca, io non voglio approfittare della sua generosità. Mi basta che
lei mi creda. Solo per questo ho avuto l’impudenza di aspettarla vicino a
casa. Me ne posso andare e non sentirà più parlare di me. - Tu
rimani qui. Preferisco evitare che tu vada in giro, magari con il rischio di
essere arrestato. È questione di poco. Hai qualche cosa… biancheria di
ricambio? - Poca
roba, signor duca, non ho potuto prendere niente, ma io… - Basta!
Ruggero
tira fuori altro denaro. -
Comprati qualche cosa… -
Signor… - Basta,
Janos! Tu sostieni di essere innocente e io ti credo. Se sei senza lavoro
perché sei stato accusato ingiustamente, bisogna che io rimedi. E non voglio
che tu viva per strada, saltando i pasti, con il rischio di essere arrestato.
Janos
china la testa. Gli legge in viso l’umiliazione. Non può aver rubato, ora
Ruggero ne è sicuro. Gli
sembra che Janos sia bellissimo. Il desiderio lo assale, violento, ma Ruggero
non vuole cedervi. Non ora. Prima vuole chiarire. - Janos,
posso contare sulla tua ubbidienza? Janos
alza la testa, in uno scatto d’orgoglio. - Certo,
signor duca. - Allora
dormirai qui, mangerai regolarmente, ti comprerai tutto quello che ti serve.
Chiaro? Janos esita
un attimo, poi annuisce. L’impulso
di abbracciarlo è fortissimo, ma Ruggero lo frena. - Spero
in due giorni di risolvere la faccenda. Ruggero
torna a casa. Riflette un momento. Si chiede se mandare un messaggio per dire
che conta di tornare a Nebenfluß il giorno
seguente: di solito non avvisa, ma lo fa quando è assente da tempo. Decide
che è meglio arrivare di sorpresa. Parte in mattinata, molto presto. Il vento
si è calmato, ma il cielo è ancora sereno: la lunga cavalcata è piacevole. A Nebenfluß il suo arrivo inatteso provoca una certa
agitazione, ma Ruggero si comporta come se fosse venuto a trascorrere una
giornata nella tenuta per puro piacere. Dice che
la cavalcata gli ha messo appetito e chiede di fare uno spuntino. La cuoca lo
prepara, senza bisogno di istruzioni: conosce i gusti del padrone. Ruggero si
è messo nel salottino dove di solito fa colazione e Kristin Erden, la cameriera, gli porta il vassoio. Ruggero
scambia due parole con lei, chiedendole del marito e dei figli. Mangia, poi
quando la cameriera viene per ritirare il vassoio, dice, con un tono neutro,
come se ciò che dice fosse del tutto insignificante: - Ah,
una cosa, Kristin. - Sì,
signor duca? Ruggero
guarda fisso la donna e chiede: - Perché
hai mentito dicendo che avevi visto Janos uscire dal palazzo, il giorno del
furto? La
cameriera è presa del tutto di sorpresa. Non si aspettava che il padrone
tornasse sulla faccenda: la volta scorsa non ha neppure parlato con lei. - No, io
non… La voce
di Ruggero è dura, quasi minacciosa. - Voglio
la verità, Kristin, adesso. So che hai mentito. Kristin
trema. - La
sera prima Felix mi aveva detto che aveva visto Janos uscire dal castello e
mi aveva chiesto che cosa era venuto a fare. Io non ne sapevo niente. Il
giorno dopo è saltata fuori la faccenda del furto, ma Felix non voleva dire
di aver visto Janos, perché aveva litigato con lui e pensava che non
l’avrebbero creduto. Mi ha chiesto di dirlo io. Felix,
il garzone della scuderia. Quello che era al fiume e che ha visto Janos
andarsene. Tutto torna. - E tu
hai raccontato di averlo visto. -
Credevo che fosse vero. Avevo visto Janos qualche sera prima, quando lei era
qui. Stava in piedi sull’erba, sul retro, e guardava verso le finestre della
sua camera. Quando si è saputo del furto e Felix mi ha detto che aveva visto
Janos uscire dal palazzo, mi sono detta che quella sera stava preparando il
furto. Ruggero
aggrotta la fronte. Lo sorprende che Janos guardasse le sue finestre. Ma non
c’entra. - Va
bene, Kristin. Adesso tu ti siedi lì e non ti muovi. La donna
si siede sull’orlo della sedia. È spaventata. - Signor
duca, io credevo che fosse vero. La prego, io… Ruggero
coglie la sua angoscia. Non ha nessuna intenzione di provocarle sofferenza,
per cui le dice: - Non ti
preoccupare, Kristin, mi interessa solo scoprire la verità. Sei stata
ingenua, ma credo che tu sia in buona fede. Non hai assolutamente nulla da
temere. Non ci saranno conseguenze per te. Ora deve
parlare con Felix. Non intende mandarlo a chiamare. Potrebbe sospettare e prepararsi.
Meglio scendere nelle scuderie e prenderlo di sorpresa, come ha fatto con
Kristin. Ruggero
raggiunge le scuderie. Quando lo vede entrare, Felix chiede: - Le
devo preparare un cavallo, signor duca? Ruggero
scuote la testa, mentre si avvicina. Quando è di fronte a Felix, lo afferra
per il bavero della giacca, quasi sollevandolo da terra. - Ladro!
Mi hai rubato il portafogli al fiume e poi hai preso i candelieri d’argento. - No,
signor, duca, no… - E poi
hai convinto Kristin a mentire, raccontandole una storia. Lo so, ha
confessato. Ti mando in galera, figlio di puttana. Il
giovane crolla. - No,
no… io… non mi denunci, signor duca. - Perché
l’hai fatto? - Mio
padre aveva dei debiti di gioco. Io non volevo… rischiava di finire in
prigione. Ruggero
non sa se è vero e non gli importa. Felix insiste: - Non
volevo, ma se non pagava… signor duca… mi perdoni… io… ho rubato, è vero… non
mi faccia arrestare… Se Felix
non avesse accusato Janos, Ruggero lo perdonerebbe davvero. Ma ha messo di
mezzo un innocente, che ha rischiato di finire in prigione e ha perso il
posto, trovandosi a soffrire la fame. - Non ti
manderò in galera, anche se te lo meriteresti, ma ti cercherai lavoro da
un’altra parte. Ruggero
si dice che dovrebbe davvero farlo finire in prigione, ma la gioia nell’avere
la conferma dell’innocenza di Janos è troppo forte. E comunque non ama
infierire. Poi
Ruggero si reca alla stazione di polizia. Parla con il responsabile e spiega
che Janos Toth è del tutto innocente. Il ladro è un
altro. Non vuole che venga perseguito, ma ogni accusa contro Toth deve cadere. Nel
pomeriggio Ruggero ritorna a Vienna: è impaziente di ritrovare Janos, di
dirgli che è stato scagionato, che può ritornare al lavoro. E mentre lo pensa
si rende conto che non ha senso. Non ha senso che Janos ritorni a fare il
guardacaccia, che stia a Nebenfluß, che possano
vedersi solo quando lui va nella tenuta. Ruggero non vuole più separarsi da
lui, non vuole andare a trovarlo a Nebenfluß: vuole
che sia sempre al suo fianco. Un
servitore che diventa il compagno del duca. Ruggero se ne fotte di quello che
può pensare la gente, alla grande. Ma Janos rischia di trovarsi in una
situazione spiacevole, soprattutto a Nebenfluß:
come lo guarderebbero gli altri servitori, vedendolo al fianco del padrone?
Janos sarebbe a disagio. Non è il tipo che sarebbe orgoglioso di aver
ottenuto il favore del duca e di poter guardare dall’alto in basso gli altri
servitori. A Vienna
tutto è più semplice: nessuno sa che Janos era il suo guardacaccia e può
farsi vedere con lui e ospitarlo a palazzo senza problemi. Non sarà certo
invitato alle serate mondane, ma questo non interessa a Ruggero e neanche a
Janos, ne è sicuro. Tra i dipendenti di Nebenfluß,
l’unico che potrebbe recarsi a Vienna, nel palazzo d’Aquaforte,
è l’intendente, ma solo se il duca lo chiama: basterà non convocarlo e, se
mai dovesse essere necessario farlo, evitare che incontri Janos. Ruggero sa che dovrà rinunciare a soggiornare a Nebenfluß. Gli spiace, ma non è un prezzo troppo alto per avere Janos al suo fianco. Potranno recarsi nell’altra tenuta che Ruggero possiede nell’Impero, Rotwald. E soprattutto potranno andare insieme in giro per il mondo. Viaggeranno un po’ per l’Europa e poi in primavera andranno a Venezia. Michael sarà contento di vederlo arrivare con Janos, di saperlo felice. E mentre
si immagina in viaggio con l’uomo che ama, si rende conto che sta costruendo
castelli in aria, senza tener conto di Janos. Se non volesse? Ormai Ruggero
sa di essersi innamorato del guardacaccia, ma Janos? Qualche cosa gli dice
che anche lui è innamorato, ma non è detto che sia così, si conoscono appena.
Janos potrebbe non volere. Potrebbe aver lasciato l’appartamento. E Ruggero
non saprebbe dove ritrovarlo. Ora è
preoccupato. Arrivato in città, lascia il cavallo a palazzo e raggiunge
subito il suo pied-à-terre. Mentre sale le scale ha sempre più paura di non
trovare Janos: se avesse deciso in andarsene... Janos è
nell’appartamento, seduto su una poltrona, che disegna su un foglio. Quando
Ruggero entra, si alza in piedi. - Il
ladro è Felix. Ha fatto in modo che la colpa ricadesse su di te. Ho chiarito
tutto. Non ci sono più accuse contro di te, Janos. Sei un uomo libero. La gioia
che si dipinge sul volto di Janos gli allarga il cuore. - Janos…
Perdonami se ho dubitato di te. Ma il portafogli scomparso, poi il candeliere
ritrovato nella tua camera... Quel figlio di puttana di Felix ha organizzato
tutto bene. - Non ha
importanza, signor duca. Sono felice che tutto si sia chiarito. Ruggero
si avvicina. Prende tra le mani la testa di Janos e lo bacia. - Ti
desidero, Janos. Lo vuoi? Janos
annuisce. - Lo
vuoi davvero, Janos? Non è... solo perché sono il duca? Janos
china la testa, arrossendo leggermente. - L’ho
sempre desiderata, signor duca. Qualche volta... l’ho spiata mentre cavalcava
nudo o mentre nuotava. Mi perdoni. Ruggero
ride. - Non so
se ti perdono. Dovrai darti da fare per farti perdonare. Andiamo di là, che
vediamo se ti perdono. Mentre
si avviano, lo sguardo di Ruggero cade sul disegno che Janos stava
tracciando. Prende il foglio e lo guarda: è la sua faccia, tratteggiata con
cura. Guardare l’immagine lo commuove, ma lo nasconde e dice: - Potevi
almeno farmi un po’ più bello. Poi ride
e bacia Janos. Nella
camera da letto Ruggero spoglia Janos, lentamente. Lo guarda a lungo, felice,
poi lo bacia e lascia che sia Janos a spogliarlo. Ma quando è infine nudo di
fronte a Janos, il desiderio è troppo forte e lo rende irruente. Janos
ricambia i baci, gli abbracci, le carezze, prima ancora un po’ intimidito,
poi, vincendo la soggezione nei confronti di quello che considera il suo
padrone, con uguale passione. E dopo che hanno raggiunto il piacere, si amano
ancora ed è la tenerezza a prevalere. Ruggero sa di non essere mai stato
tanto felice. Prende Janos tra le braccia e si addormenta così, tenendolo
stretto, quasi avesse paura di non trovarlo più al suo risveglio. Quando
si desta, si accorge che Janos dorme ancora, la testa sul suo petto. Gli
accarezza i capelli, con un tocco lieve, ma non vuole disturbare il suo
sonno: è così bello guardarlo dormire. Janos è
davvero un ladro: gli ha rubato il cuore, senza che lui se ne accorgesse.
Come sia stato possibile, non lo sa. Non gli era mai successo di innamorarsi. Mentre
Janos dorme, Ruggero pensa al da farsi. Dirà all’intendente di Nebenfluß di aver ritrovato Janos, ma che per il momento
non tornerà nella tenuta. Si farà portare le sue cose: potrebbe esserci
qualche oggetto a cui tiene, fotografie o altro. I vestiti non servono: gli
farà fare un guardaroba da borghese e Janos diventerà il figlio di amici di
famiglia ungheresi. Per il momento Janos vivrà nel pied-à-terre, poi, appena
i primi abiti saranno pronti, verrà a palazzo, come ospite. La servitù
conosce i gusti del padrone, per quanto Ruggero faccia sempre in modo di
salvare le apparenze, e non si stupirà, anche se fingerà di credere che
l’ospite sia davvero il figlio di amici di famiglia dei genitori del duca.
Potranno stare insieme, gli farà conoscere gli amici, lo porterà a teatro e
ai concerti, andranno alla tenuta di Rotwald,
viaggeranno. Si rende
conto di aver già deciso il futuro di Janos, senza consultarlo, ma sa che per
tutti e due stare insieme è quello che conta. E se Janos ha altre idee, ne
parleranno: non vuole imporsi. Ma Janos non può pensare di tornare a fare il
guardacaccia. Infine
Janos apre gli occhi. Gli sorride ed è bello vederlo sorridere. - Janos,
Kristin mi ha detto che una sera ti ha visto davanti al castello, che
guardavi le mie finestre. Janos
abbassa lo sguardo. Ruggero ha l’impressione che sia arrossito. - Mi
perdoni, signor duca… Ruggero
sorride sentendosi chiamare “signor duca”. Dovrà chiarire alcune cose con
Janos, ma lo farà dopo. Adesso è curioso di sapere perché Janos guardava le
finestre della sua camera. - Allora? - Avevo
finito il mio turno. Avevamo… era il giorno in cui ci siamo incontrati. Ho
pensato a lei… Ora il
viso di Janos è davvero rosso per l’imbarazzo. -
Continua. -
Pensavo che lei era lì, a dormire. Ruggero ha
capito. Si sente felice, come gli sembra di non essere mai stato. - Non dormivo, Janos. Pensavo a te. Ruggero
gli solleva il viso. - Credo
di essermi innamorato di te, Janos. Poi lo
bacia sulla bocca, per impedirgli di rispondere. 2022 |