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   Il ladro 
 Ruggero
  si alza quando il sole non è ancora spuntato e a oriente solo una striscia
  più chiara indica che l’alba è vicina. Si lava sommariamente, perché intende bagnarsi
  al fiume, e si veste per andare a cavallo.  Esce nel
  cortile del palazzo e raggiunge le scuderie. Felix, il garzone, gli ha già
  preparato lo stallone nero: il duca lo ha avvisato che sarebbe uscito il
  mattino molto presto, come spesso fa quando dorme nella sua residenza di
  campagna. Ruggero lo saluta e monta sull’animale, gli accarezza la testa e
  poi lo sprona.  Vede il
  sole comparire all’orizzonte mentre cavalca lungo il fiume. Raggiunge la
  confluenza, dove il gioco delle correnti crea gorghi pericolosi e l’acqua
  sembra ribollire, prosegue, spingendosi fuori dalla tenuta, tra i boschi e le
  aree incolte, e infine prende le strade sterrate tra i campi, ora al trotto o
  al galoppo, ora al passo. Supera alcuni villaggi, prima di descrivere un
  ampio cerchio, che lo riconduce verso la sua tenuta.  Sulla
  strada del ritorno si ferma dove il fiume forma un’ansa, contornando una
  parete rocciosa ai margini del bosco. Scende e lascia il cavallo in libertà.
  Si spoglia completamente: gli piace stare nudo nella natura e qui è nella sua
  proprietà e abbastanza lontano dal castello, per cui può farlo liberamente.
  L’aria è fresca: siamo all’inizio di ottobre e il sole è ancora basso, ma il
  cielo è sereno e la giornata promette bene. Si
  guarda intorno. Le foglie degli alberi hanno ormai cambiato colore e
  dappertutto è una sinfonia di giallo, arancio, rosso e marrone. Anche a terra
  ci sono ormai diverse foglie secche. Ruggero
  sale sullo spuntone roccioso a strapiombo sul fiume e si tuffa. L’acqua è fredda,
  ma nuotando energicamente il duca si riscalda. Risale la corrente, fino alla
  confluenza. È pericoloso spingersi in quest’area: più d’un nuotatore è
  affogato. Un tempo Ruggero evitava il punto in cui i due fiumi si incrociano,
  ma negli ultimi mesi, da quando l’amico Siegmund è stato nuovamente suo
  ospite, più volte ha raggiunto questo tratto, risalendo poi lungo
  l’affluente. Fa molta attenzione, rimanendo vicino alla riva: rischiare gli
  sembrerebbe stupido.  Supera
  la confluenza e risale un tratto dell’affluente, poi ridiscende il fiume.
  Questa volta deve lottare con la corrente che lo spinge verso il centro, dove
  si formano i gorghi, ma è un buon nuotatore e non fa fatica a rimanere vicino
  alla riva. Supera il punto pericoloso e procede fino all’ansa. Esce e si
  stende sulla riva, al sole.  È
  soddisfatto: per lui che ama la natura e l’attività fisica, la tenuta di Nebenfluß è l’ambiente ideale. Qui si trova a suo agio e
  non si annoia mai, come invece a volte gli accade quando è a Vienna.  Mentre
  il sole lo riscalda, i pensieri vagano. Pensa all’amico Michael, che conta di
  rivedere tra due giorni, al suo ritorno in città, e poi al giovane Karl, il
  sarto con cui da qualche mese scopa spesso e che ritroverà a Vienna. I
  pensieri hanno un effetto prevedibile: il cazzo gli si tende. D’altronde
  Ruggero è sempre stato un uomo di robusti appetiti. A Nebenfluß
  scopa molto di rado: preferisce evitare di avere relazioni con i suoi
  dipendenti e non vuole che tra i contadini e signorotti dei dintorni si dica
  che scopa con altri maschi. Ruggero
  si alza. Guarda il cavallo che pascola vicino. Gli sale in groppa. Gli piace
  cavalcare nudo, ma lo fa di rado: non può certo percorrere strade e
  attraversare villaggi in costume adamitico. Fa un
  breve giro, che non sazia il suo desiderio, ma lo attizza. Quando
  torna all’ansa del fiume, vede una figura maschile che scruta l’acqua. L’uomo
  gli dà le spalle, ma sente lo scalpitio del cavallo e si volta: è Janos Toth, il guardacaccia ungherese, che sorveglia questa
  parte della tenuta. Ruggero ha avuto modo in diverse occasioni di scambiare
  qualche parola con lui e gli è piaciuto il suo modo di porsi, rispettoso
  senza essere servile.  Janos si
  toglie il cappello. -
  Buongiorno, signor duca. Ho visto i vestiti e ho pensato che fosse lei, ma
  non la vedevo nel fiume. So che è un ottimo nuotatore e poteva essersi
  allontanato, ma ero un po’ preoccupato: la confluenza è traditrice e ha già
  inghiottito nuotatori esperti. Non ho pensato che fosse a cavallo. Janos
  sorride. Ruggero lo guarda. Janos è un bell’uomo, dal corpo forte. Ha qualche
  anno in meno di lui: dev’essere sulla trentina. Ha capelli e barba scuri,
  spalle larghe. Il
  desiderio è una morsa che gli stringe i coglioni e gli tende ancora di più il
  cazzo. Janos vede che ce l’ha duro, ma non dice niente. Che cosa potrebbe
  dire?  Ruggero
  sa che tocca a lui parlare.  - Ho
  fatto una nuotata e poi ho deciso di fare ancora un giro a cavallo. Mi piace
  cavalcare nudo, ma credo che tu lo sappia, visto che sorvegli quest’area: è
  l’unica in cui cavalco così. Non ci sono campi coltivati e i servitori non si
  spingono fino qui. - Sì,
  signor duca. L’ho vista qualche volta. Janos
  sorride. Ruggero scende da cavallo. Ora è a tre passi da Janos, il cazzo duro
  che gli batte sul ventre. Sorride anche lui. - Questa
  mattina l’aria è frizzante e stuzzica. - È
  vero, signor duca. Ed è anche vero quello che dicono di lei. Ruggero
  aggrotta la fronte. - Che
  cosa dicono? - Che è
  un gran toro, signor duca. Ruggero
  ride. Sa di essere alquanto dotato. Ha un cazzo non particolarmente lungo, ma
  molto voluminoso. - Un
  toro che adesso avrebbe bisogno di una vacca… o di un torello disponibile. Ruggero
  ha risposto d’impulso. Sta contravvenendo alla regola che si è data. Una
  parte di lui spera che Janos ignori la provocazione e se ne vada con la scusa
  di doversi occupare della sorveglianza, un’altra parte desidera possedere
  questo corpo forte. - Credo
  che molti torelli sarebbero spaventati dalla sua dotazione, signor duca. Ma
  ad altri farebbe venire l’acquolina in bocca. - E tu,
  di quale dei due gruppi fai parte? - Di
  tutti e due. Janos ha
  lasciato cadere il “signor duca”. Ruggero
  esita un momento. Ormai è andato troppo avanti. Potrebbe dire a Janos di
  riprendere il suo lavoro, ma sarebbe assurdo. - È più
  forte la paura o l’appetito? Janos
  sorride. -
  L’appetito. - Allora
  spogliati, Janos. Sono qui davanti a te, nudo, il cazzo duro, e tu sei ancora
  vestito. Ma aspetta, non qui. Tra gli alberi, lì, dove nessuno possa vederci. Janos
  annuisce. Raggiunge gli alberi e si spoglia rapidamente. Ha un gran bel
  corpo, muscoloso, un velo di peluria scura che copre il petto e il ventre, un
  bel cazzo che non è più a riposo. È un uomo, vigoroso, come piacciono a
  Ruggero. - Sei
  bello, Janos. Janos
  abbassa il capo. Ora è leggermente in imbarazzo. Ha paura? Si è pentito di
  aver detto di sì? Senza
  dire nulla, Janos si inginocchia. Ora la sua testa è davanti al cazzo di
  Ruggero. La sua lingua scorre, salendo dai coglioni fino alla cappella e poi
  ridiscende. Poi le sue labbra avvolgono il gustoso boccone di carne. Ruggero
  sente il piacere crescere. Accarezza i capelli ricci di Janos, poi si china e
  le sue mani scorrono sulla schiena del guardacaccia. È bello sentire il
  calore di questo corpo. La bocca
  di Janos continua a lavorare. La tensione cresce. - Janos,
  mettiti a quattro zampe.  Janos
  alza un attimo lo sguardo sul viso di Ruggero, poi annuisce ed esegue. Ruggero
  guarda il culo che gli si offre: un bel culo, muscoloso, coperto da un
  leggero velo nero. Appoggia le mani sulle natiche e le divarica. Sorride guardando
  l’apertura. Raccoglie un po’ di saliva e la sparge tutt’intorno. Poi si
  inumidisce un dito e lo spinge dentro. Si accorge con stupore che la carne
  cede a fatica. Janos non deve essere abituato a prenderselo in culo. In
  questo caso gli farà male, parecchio: Ruggero è troppo dotato. Ma si è
  offerto lui. Ruggero
  si stende su Janos e con la mano gli afferra il cazzo. Lo stringe e lo
  accarezza. Lo sente acquistare consistenza e volume. Gli stuzzica un po’ i
  coglioni. Poi preme la cappella contro l’apertura, morde una spalla a Janos e
  in quel momento spinge. Non avanza fino in fondo: solo la cappella entra.
  Lascia a Janos il tempo di abituarsi. Avverte che il guardacaccia è teso e lo
  accarezza, con molta dolcezza. Quando sente che la tensione è calata, avanza,
  lentamente, fino ad arrivare in fondo, fino a quando il suo ventre aderisce
  al culo di Janos. Gli accarezza ancora la testa e poi inizia a muovere il
  culo, arretrando e avanzando, spingendo a fondo il cazzo e poi ritraendolo.
  Le sue mani stringono il culo di Janos, lo accarezzano, si impigliano tra i
  suoi capelli, scorrono sul suo petto, gli stringono i coglioni, giocherellano
  con il suo cazzo. Janos geme. Ruggero sente che questo maschio gli si sta
  abbandonando completamente. Ruggero
  procede a lungo, mentre le sue mani percorrono il corpo del guardacaccia,
  accarezzando, stringendo, pizzicando. Quando sente che ormai il piacere non
  può più essere contenuto, afferra il cazzo di Janos e muove la mano
  stuzzicandolo. Le spinte diventano più forti e infine vengono entrambi. Ruggero
  si ritrae e si stende. È stato splendido, una delle migliori scopate della
  sua vita. Janos si
  alza. Sul viso per un attimo appare una smorfia: il culo deve fargli male. -
  Grazie, signor duca. Ora io vado. Ruggero
  lo guarda, stupito che il guardacaccia voglia già andarsene. - Rimani
  qui un momento. Stenditi accanto a me. 
   Janos
  obbedisce. Ruggero
  gli prende la mano e giocherella un po’ con le dita. - Spero
  di non averti fatto troppo male. - Solo
  un po’. Credo che oggi camminerò piano, signor duca, non farò una buona
  guardia. Mi scusi. Roggero
  ride e scuote la testa. Sente la stanchezza. Chiude gli occhi e scivola nel
  sonno. La sua mano continua a stringere quella di Janos e sulle sue labbra
  c’è un sorriso. Si sveglia
  dopo un breve sonno. Janos non si è mosso e le loro mani sono ancora
  allacciate. Vedendolo destarsi, Janos dice: - Ora è
  meglio che vada, signor duca. Devo fare il mio lavoro. Ruggero
  annuisce. -
  Prenditela con comodo, Janos.  Ride e
  aggiunge: - E non
  correre! Janos
  scuote la testa, sorridendo: - Non ce
  la farei proprio, signor duca. Ruggero
  rimane ancora un momento disteso. Poi si alza e si riveste. È appagato.
  Scopare con Janos gli è piaciuto molto. E gli è piaciuto come il guardacaccia
  si è mosso. Certo che ha un bel culo. E non l’ha dato via spesso. In
  giornata Ruggero si rende conto di essere di buon umore. Il pensiero va
  spesso a Janos. Avrebbe dovuto dargli un appuntamento per domani, ma tutto
  sommato è stato meglio non farlo: se Janos vuole, farà in modo di ritrovarsi
  al fiume. Mentre lo pensa, si chiede se Janos faccia il turno di notte o di
  giorno. Se oggi aveva il turno diurno, magari domani avrà quello notturno.
  Potrebbe andare alla casa dove dormono Janos e l’altro guardacaccia, che si dividono
  i turni per la sorveglianza di quest’area, e chiedere, ma non gli sembra
  proprio il caso di mostrarsi troppo interessato. L’indomani
  il cielo è coperto e promette pioggia. Ruggero fa la sua solita cavalcata, ma
  mentre torna verso l’ansa del fiume, incomincia a piovere. Merda! Ruggero
  raggiunge il punto dove si è fermato il giorno prima. Non è il caso di
  bagnarsi nel fiume in una giornata come questa: la pioggia non è violenta, ma
  cade fitta. Janos non verrà. Merda! La voce
  lo sorprende: - Non
  pensavo che venisse oggi, sotto la pioggia, signor duca. Ruggero
  si volta e ride. - Oggi
  non mi metto di certo a nuotare. Ed è anche piuttosto fresco, troppo per
  spogliarsi.  - Certo,
  signor duca.  Janos
  non si fa avanti, ma Ruggero sente la tensione crescere. Vuole possedere
  quest’uomo che gli sta davanti, con un leggero sorriso sulle labbra, in cui
  non c’è traccia di provocazione o di malizia. Il cazzo gli si irrigidisce.
  Ruggero lo guarda e dice: - Adesso
  io e te ci infiliamo sotto quegli alberi e mi limito a calarti i pantaloni. Janos
  ride e annuisce. - Come
  vuole, signor duca. Ruggero
  si dirige alla grande farnia, l’albero più alto dell’area boscosa ai cui
  margini si trovano. La chioma offre un buon riparo dalla pioggia e il terreno
  sottostante è ancora asciutto.  Il duca
  si mette vicino al tronco, si volta e sorride a Janos, che si è fermato a un
  passo. Ha voglia di baciarlo. Tende le braccia, attira il guardacaccia a sé e
  poi lo bacia. La sua lingua si infila tra le labbra di Janos, che sembra
  esitare e poi apre la bocca. È bello baciare quest’uomo e Ruggero si sente
  sommergere da un’ondata di tenerezza che lo spaventa. Reagisce ritraendosi,
  voltando Janos bruscamente e spingendolo contro l’albero. Poi gli slaccia la
  fibbia della cintura e gli abbassa i pantaloni e le mutande. Inumidisce
  l’apertura con la saliva e, dopo aver tirato fuori il cazzo, lo spinge
  dentro. Janos sussulta. Deve avergli fatto male. Ruggero si ritrae e attende
  un attimo. Il guardacaccia rimane in silenzio, il viso abbassato. Poi Ruggero
  spinge nuovamente il cazzo, con cautela, facendolo entrare. Si ferma e dopo
  un buon momento lo spinge più in dentro. La sua mano passa davanti e afferra
  il cazzo di Janos, che non è rigido. Lo accarezza e lo stringe fino a che non
  lo sente crescere di volume e consistenza. Solo allora inizia a muovere il
  culo avanti e indietro, spingendo il cazzo a fondo e poi ritraendolo, mentre
  la mano destra giocherella con il cazzo di Janos e la sinistra accarezza la
  pelle, scorrendo sul torace e sul ventre. Infine
  Ruggero viene, con alcune spinte violente che strappano un gemito al
  guardacaccia, poi la sua mano guida Janos al piacere. Rimangono
  un momento fermi, Janos appoggiato al tronco, Ruggero dietro di lui, il cazzo
  ancora dentro il culo che ha appena posseduto. Poi Ruggero si ritrae si
  riveste. Janos si
  tira su le mutande e i pantaloni, senza voltarsi, e si rassetta. Ruggero lo
  fa girare su se stesso: vuole baciarlo. Ma quando Janos è voltato verso di
  lui, gli sembra di vedere le tracce umide di lacrime sul suo viso. - Che
  succede, Janos? - Mi
  scusi, signor duca. La posizione… è stato un po’ doloroso… non sono abituato.  Ruggero gli passa la mano sotto il mento e
  gli solleva il viso. - Ieri…
  è stata la prima volta, Janos? - Sì,
  signor duca, mi scusi. - E oggi
  ti ho preso come un animale. Sei tu che devi scusarmi. - No,
  che dice? - Magari
  non lo volevi nemmeno. Janos è
  disorientato, ora. - No,
  non è vero! Lo volevo, signor duca. Lo desideravo, da tempo. Ma non avrei mai
  osato. È stato bellissimo, ieri. E anche oggi, ma quando è entrato… Janos
  sorride e dice: - …lei è
  un toro, signor duca. E non sono abituato. Mi scusi. Ruggero
  scuote la testa. Accarezza la guancia di Janos, poi lo bacia, un bacio
  leggero. - Sei di
  turno oggi? - Nella
  notte. - Allora
  domani non ci vediamo. Peccato, perché a metà mattinata parto per Vienna. - Posso
  venire dopo il turno, se lei vuole, signor duca. - Non
  vai a dormire? - Mi
  stenderò domani mattina, dopo... Ma solo se lo vuole lei, signor duca. - Tu lo
  vuoi? - Io sì,
  ma... Ruggero
  non lo lascia finire. Lo bacia sulla bocca e dice: - Ci
  vediamo domani qui. E prometto che sarò più attento. Ruggero
  risale a cavallo e torna al palazzo. È turbato. Janos gli piace, moltissimo.
  Troppo. Lo conosce poco: è al suo servizio da quattro anni e gli è capitato
  più volte di incontrarlo nei suoi giri, ma si è sempre limitato a scambiare
  due chiacchiere con lui. Adesso però vorrebbe saper qualche cosa di più di
  questo bel maschio che gli ha donato la sua verginità senza farsi pregare.
  Certo, una relazione con lui creerebbe una serie di complicazioni, ma gli
  piace troppo per rinunciarci. La
  giornata è grigia e la pioggia cade insistente. Ruggero pensa che domani sarà
  tutto bagnato. Ma a metà pomeriggio si alza il vento e tra le nuvole appaiono
  squarci di azzurro. In meno di un'ora il cielo è sgombro. Dopo
  cena Ruggero esce a piedi e cammina un po’. Il vento ha fatto cadere molte
  foglie, che frusciano sotto i suoi piedi. Il cielo è perfettamente sereno,
  una distesa nera trapuntata di infinite stelle. Ruggero
  vorrebbe cercare Janos, che adesso è di guardia, ma non saprebbe dove
  trovarlo. Pensa che gli piacerebbe scopare con lui nel buio, senza vederlo,
  sentire il calore del suo corpo, il suo odore, toccare la sua pelle morbida,
  la sua barba pungente, sentire il suo cazzo irrigidirsi. Il desiderio si
  riaccende, violento. Ma trovare Janos ora è impossibile. Cammina un po’, poi
  torna a palazzo, ma la tensione non cala. Non gli capitava da tempo di
  provare un desiderio così forte per un corpo. La notte,
  nella sua camera, tarda molto ad addormentarsi e il pensiero va a Janos, che
  ritorna in un sogno: il guardacaccia si nasconde tra gli alberi e lui lo
  cerca; a un certo punto lo vede, ma il giovane gli sfugge. Infine riesce a
  raggiungerlo e a bloccarlo. Si sveglia che è sul punto di venire. L’indomani
  mattina Ruggero esce presto come al solito. Fa un giro a cavallo, poi si
  bagna e cavalca ancora un po’, nudo. Torna all’ansa del fiume. È in anticipo
  rispetto al solito, ma è impaziente. Janos
  arriva poco dopo, anche lui in anticipo. È bello
  ritrovarlo, stringerlo, scopare con lui, portarlo al piacere, abbracciarlo,
  accarezzarlo. Dopo l’amore, Ruggero scivola nel sonno. Dorme oltre un’ora. Quando
  si risveglia, Janos non c’è più. Probabilmente è andato a dormire, dopo una
  notte di veglia. Ruggero gli avrebbe volentieri parlato, ma forse è meglio
  così. Non saprebbe che cosa dire: ha le idee confuse. Forse il soggiorno a
  Vienna gli permetterà di chiarirsele.  Ritorna
  dove ha lasciato gli abiti. Quando si mette la giacca, si accorge che il
  portafogli che aveva con sé non c’è più. Janos gli ha rubato il portafogli!
  Non può essere stato nessun altro, ma gli sembra incredibile. Ha pensato che
  lui non lo denuncerà, per paura che racconti quello che è successo? Non
  c’era molto: quando esce a cavallo nella tenuta porta poco denaro con sé. Ma
  la delusione è violenta e la rabbia lo è altrettanto. Si riveste furente e
  risale a cavallo. Ripensando all’accaduto, si dice che magari il primo giorno
  Janos era accanto ai suoi abiti per controllare che lui non fosse nelle
  vicinanze, perché voleva prendergli quello che aveva in tasca. Vorrebbe
  licenziare Janos immediatamente, ma preferisce riflettere un momento sul da
  farsi. Comunque quello stronzo la pagherà! A
  palazzo fa una colazione alquanto tardiva e poi si dirige a Vienna: questa
  volta però prende il baio, la cavalcatura che usa negli spostamenti tra la
  sua proprietà di campagna e la capitale. Potrebbe farsi accompagnare alla
  stazione, mezz’ora in carrozza, e prendere il treno, ma gli piace muoversi a
  cavallo. Ogni tanto pensa di comprarsi un’automobile, ma in ogni caso non
  intende rinunciare a cavalcare: il rapporto che si crea con l’animale gli
  procura una profonda soddisfazione. Durante lo spostamento riflette su quanto
  è successo in mattinata. Le scopate con Janos sono state molto belle, gli è
  piaciuto il suo modo di porsi, ma il furto del portafogli lo manda in bestia.
  Vedrà più tardi il da farsi. Adesso non vuole rovinarsi la giornata. Per
  l’ora di pranzo è nel suo palazzo della capitale, un grande edificio con un
  piccolo parco.  Ha due
  impegni in città nel pomeriggio e la sera è invitato al ballo dei conti Eysenbach. Dalla
  tenuta a Vienna ci vogliono meno di due ore e talvolta, nel periodo tra la
  primavera e l’autunno, Ruggero si sposta in giornata da un posto all’altro:
  la capitale ha molto da offrire, ma a Nebenfluß sta
  meglio. Oggi però non ritornerà nella tenuta, perché al ballo farà tardi e ha
  parecchi impegni nei prossimi giorni. D’altronde con l’avvicinarsi dell’inverno,
  le sue visite a Nebenfluß si diradano. La presenza
  di Janos lo avrebbe spinto a cercare di tornare comunque, ma adesso è invece
  un motivo per rimanere in città. Nel
  primo pomeriggio Ruggero si veste con l’abito da sera. Controlla allo
  specchio che tutto sia a posto, poi si fa portare in carrozza allo studio di
  Gustav Keller, il più importante pittore dell’Impero, se non d’Europa: oggi è
  una delle ultime sedute di posa per il ritratto che l’artista gli sta
  facendo.  Mentre
  la carrozza procede per le strade della città, Ruggero pensa al pittore.
  Gustav gli piace molto. Non lo attrae come maschio, ma come persona. È un
  uomo sensibile, che l’enorme successo non ha inorgoglito. Il
  pittore vive in collina, in una villa progettata da Otto Wagner, l’architetto
  che ha inaugurato una nuova stagione edilizia a Vienna. La costruzione ha due
  studi e il principale è una grande sala, molto luminosa, dove un domestico lo
  accompagna: Gustav è già pronto, perché sa che Ruggero arriva puntuale. Ruggero
  saluta, scambia due parole di cortesia e si mette nella posizione che hanno
  concordato: in piedi, lo sguardo fisso sul pittore, il viso serio, le mani
  poggiate sul bastone da passeggio. È un buon modello: non si muove, non
  cambia espressione. Mentre rimane immobile, la sua mente va alla mattinata,
  anche se si era ripromesso di non pensarci. La faccenda del furto lo ha
  irritato. Non è la ruberia in sé, per quanto sia inaccettabile. A dargli
  fastidio è il fatto che Janos gli è piaciuto moltissimo, sotto tutti gli
  aspetti. In qualche modo, senza nemmeno dirselo, si era immaginato che ci
  sarebbero state molte altre scopate, che avrebbe avuto un motivo in più per
  andare a Nebenfluß. Janos lo ha deluso,
  profondamente. - Duca,
  ha cambiato espressione. Ruggero
  si riscuote. - Mi scusi.
  La mente va dove vuole e a quanto pare ha scelto la direzione sbagliata. Ruggero
  scuote la testa e riprende l’espressione che aveva all’inizio. Pensa agli
  impegni della giornata e poi a Michael. L’amico ama molto viaggiare ed è
  spesso lontano. Adesso è tornato da poco da un lungo giro in Scozia. Ruggero
  è impaziente di vederlo e di farsi raccontare il viaggio. Alla
  fine della seduta si ferma a chiacchierare con il pittore: ne apprezza la
  ricchezza umana e la cortesia. Sono entrambi riservati, ma Ruggero si trova
  bene con Gustav Keller e ha l’impressione che anche il pittore si trovi bene
  con lui. Il cameriere porta una cioccolata calda, che entrambi gustano: hanno
  in comune l’amore per i dolci. - La
  vedrò questa sera al ballo dei conti Eysenbach? Gustav
  non è nobile, ma, come alcuni altri grandi artisti, viene invitato in tutte
  le occasioni importanti: ospitare il maggior pittore dell’Impero dà lustro. - No,
  come ballerino sono un disastro. Di solito diserto i balli. Mi sono già
  scusato con la contessa. -
  Anch’io non ballo volentieri, ma non posso sottrarmi. E poi avrò modo di
  incontrare alcuni amici. Comunque ho l’impressione che lei sia come me, poco
  amante della vita mondana. - Ha ragione.
  Amo stare con gli altri, ma non nelle grandi occasioni. Preferisco una
  compagnia di amici dove si è più liberi di essere se stessi. - Non
  posso certo darle torto. Parlano
  ancora un momento, poi Ruggero si congeda. Non dovrà più posare, perché il ritratto
  è quasi concluso. Anche se non ama rimanere a lungo immobile, gli spiace che
  queste sedute siano finite. Ha l’impressione che quest’uomo molto schivo
  abbia una grande ricchezza interiore e gli piacerebbe che il loro rapporto
  non si esaurisse con la fine delle sedute di posa. Al
  ritorno Ruggero ripassa a palazzo e nuovamente si cambia.  Raggiunge
  la palestra, dove si dedica alla lotta e assiste agli incontri di pugilato. I
  locali dove si praticano questa attività sono quasi tutti frequentati soltanto
  da un pubblico popolare. Quello scelto da Ruggero è un’eccezione, perché è
  rivolto a una clientela più selezionata, costituita soprattutto da borghesi:
  negozianti, artigiani, impiegati. Vi si allenano anche quei pochi nobili che
  praticano questi sport nelle palestre: tra gli aristocratici dell’Impero
  Austro-Ungarico, boxe e lotta non contano molti appassionati e coloro che vi
  si dedicano di solito preferiscono avere un maestro personale, per non
  mischiarsi con il popolo. Tra i nobili che frequentano il locale Ruggero ha
  fatto amicizia con il barone Siegmund Meyer zu Grünewald, a cui non
  dispiace l’ambiente delle palestre, anche di quelle frequentate da operai.  Ruggero
  ha preso lezioni di lotta da un maestro, ma preferisce misurarsi con altri,
  come un lottatore qualunque, e non affrontare solo il suo allenatore. Qualche
  volta Siegmund lo ha portato in locali molto popolari, dove il combattimento
  è più rude. Qui ha assistito a incontri, ma a differenza dell’amico non vi ha
  mai preso parte, anche se è stato tentato di farlo. La lotta
  gli trasmette sempre emozioni molto forti, più del pugilato, a cui ama
  assistere, senza partecipare: gli piace misurarsi con altri maschi vigorosi,
  stringerne i corpi, vincerli e anche esserne vinto.  Nella
  palestra pochi riconoscono in questo lottatore molto in gamba il duca d’Aquaforte e nessuno di loro lo chiama con il suo titolo,
  neanche Siegmund: Ruggero non si presenta come un nobile, ma come un
  appassionato di lotta e di boxe. Anche lui non si rivolge a Siegmund usando
  il titolo: quando si trovano in palestra, si salutano e chiacchierano
  insieme, come due borghesi qualsiasi. A differenza di Ruggero, Siegmund
  pratica anche il pugilato e in alcune occasioni è uscito con un occhio nero o
  una ferita al labbro. L’amico
  non è presente e Ruggero si esercita nella lotta, poi assiste ad alcuni
  incontri tra i frequentatori della palestra.  Quando
  Siegmund arriva, per Ruggero è quasi ora di andarsene. Scambiano due parole e
  stabiliscono di ritrovarsi in palestra due giorni dopo, per un allenamento e
  poi un doppio massaggio: in palestra prestano la loro opera alcuni
  massaggiatori e i due amici amano questo momento di rilassamento e piacere.
  Prima di uscire, Ruggero fissa l’appuntamento. Ruggero
  torna a casa. È quasi ora di prepararsi per il ballo. Non tiene molto alle
  occasioni mondane, ma sa che dagli Eysenbach
  incontrerà alcuni amici e soprattutto Michael, che è appena tornato dal suo
  ultimo viaggio. Si
  cambia. Mentre si rimette l’abito da sera, si dice che oggi la sua principale
  attività è stata cambiarsi il vestito.  Il gran
  ballo chiuderà una giornata intensa, che sarebbe stata molto soddisfacente se
  il furto non gli avesse lasciato l’amaro in bocca. Ruggero
  non ama i balli. Nonostante sia alquanto massiccio, sa ballare bene, ma
  danzare con una donna tra le braccia non gli trasmette grandi emozioni e
  preferisce trascorrere la serata chiacchierando con qualche amico. D’altronde
  Ruggero sa benissimo di non essere un bell’uomo, tutt’altro, e nessuna donna
  sarebbe molto contenta di essere invitata da lui. Disertare il ballo sarebbe
  però una scortesia. Ruggero è conscio del fatto che far parte dell’alta
  società comporta alcuni obblighi e non si sottrae.  Il ballo
  dagli Eysenbach è uno dei grandi eventi mondani di
  Vienna. Gli invitati sono molti. Si tratta in maggioranza di nobili, ma sono
  presenti anche alcuni grandi artisti e altri personaggi illustri.  Ruggero
  saluta le persone che conosce: per alcune basta un cenno da lontano, ad altre
  si avvicina per dire due parole, in modo più formale o più personale. Passa
  da un gruppo all’altro, indugiando in uno dove alcuni suoi amici parlano di
  teatro.  Balla
  un’unica volta, con la figlia dei padroni di casa: gli sembra doveroso farlo.
  La contessina è una giovane intelligente e spiritosa, che gli dice: - È un
  onore essere invitata da lei, duca. Non la vedo mai ballare. - È
  vero, ma sono un orso ed evito di torturare le povere dame. Costringo al
  supplizio solo lei, perché mi sembrerebbe scortese non ballare con la giovane
  padrona di casa.  - Lei
  balla benissimo, duca. Ed è un piacere danzare con un cavaliere esperto. Ruggero
  non insiste: non vuole dare l’impressione di cercare complimenti. È davvero
  un cavaliere eccellente, perché ha imparato da giovane e ha un buon orecchio
  musicale, ma non è certamente un bell’uomo: è un Ercole, ma è sgraziato e
  tanto irsuto da essersi guadagnato il soprannome di gorilla già ai tempi
  della scuola. Anche il viso non è certo attraente. Difficile immaginare che
  una giovane donna veda in lui un bel cavaliere. Al
  termine del ballo ritorna a mescolarsi tra coloro che preferiscono
  chiacchierare, ma tiene d’occhio la sala, per vedere se arriva Michael. Incomincia
  a pensare che l’amico abbia rinunciato a venire, quando qualcuno gli passa un
  braccio attorno alle spalle. Si volta, un po’ stupito. -
  Michael! Sono contento di vederti. -
  Anch’io. Contavo di incontrarti. Altrimenti non credo che sarei venuto.  - Stai
  bene? -
  Benissimo. E tu? -
  Anch’io. Michael
  e Ruggero hanno molti punti in comune: sono entrambi nobili e molto ricchi; amano
  gli uomini e hanno forti appetiti; non cercano un compagno, ma colgono le
  occasioni che si presentano, occasioni che non mancano a nessuno dei due. Non
  sono certo belli, ma sono vigorosi e ben dotati e anche la loro ricchezza è
  un fattore di attrazione per molti maschi.  -
  Soddisfatto del tuo viaggio? - Molto. - Devi
  raccontarmi tutto. -
  Volentieri, ma non qui. - No,
  certo. Vieni a pranzo da me domani. - Ottima
  idea. Hai una cuoca sopraffina, tu. Ma adesso usciamo sulla terrazza. Qui si
  soffoca. Possiamo parlarci con calma. Escono
  sulla grande terrazza da cui una gradinata centrale conduce nel parco del
  palazzo. C’è diversa gente vicino alle tre grandi porte che danno accesso
  alla sala, ma i due amici raggiungono un angolo della balaustra, dove sono abbastanza
  isolati da poter parlare liberamente. - Tu non
  ti sei mosso da qui, vero? A Nebenfluß tutto il
  tempo, quando non avevi impegni.  - In
  realtà avanti e indietro tra la tenuta e Vienna. - A
  cavalcare, nuotare, camminare a Nebenfluß. A
  lottare, annoiarti ai ricevimenti e scopare a Vienna. Ruggero
  ride: la sintesi di Michael è abbastanza corretta. Ci sono state anche le
  scopate a Nebenfluß, con Janos, ma dopo quanto è
  accaduto in mattinata, di quelle Ruggero non ha voglia di parlare. Lo farà in
  altro momento, con calma.  - Sì,
  direi che è tutto. O quasi. Ho anche posato. -
  Posato? - Keller
  mi sta facendo un ritratto. Ormai ho finito con le sedute. Deve solo
  completare lo sfondo. - Era un
  po’ che pensavo di farmi fare un ritratto. Cercherò Keller, ma non ora, al
  ritorno.  - Al
  ritorno? Sei già di nuovo di partenza? - Te
  l’avevo detto che… - …che
  vuoi tornare a Venezia. Sì, ma sei rientrato dalla Scozia pochi giorni fa. - Vienna
  mi annoia. Se non ci fossi tu, non ci tornerei neanche. Ma dimmi, Keller è
  qui questa sera? - No,
  non frequenta molto la società e soprattutto evita le serate di ballo. - Fa
  bene. Ci sono venuto solo perché sapevo che tu ci saresti stato. Quanto a
  Keller, lo cercherò più avanti, tanto tra un po’ ritorno. - Va
  bene. Dimmi di te. Che hai fatto? Hai camminato per le brughiere scozzesi,
  hai visitato abbazie in rovina, vecchie chiese e castelli, hai preso freddo
  in isole battute dal vento e certamente hai fatto incontri… molto caldi. -
  Qualche buon incontro c’è stato, non lo nego, ma poca roba. Rispetto
  all’Italia o all’Egitto, non c’è confronto. Gli scozzesi non sono molto
  disponibili, alcuni perché sono alquanto bigotti, altri perché hanno paura:
  sai com’è, si finisce facilmente in galera, da quelle parti. Se pensi che
  quei coglioni hanno messo in prigione Oscar Wilde! Ma ho trovato qualche
  libero pensatore e devo dire che sotto i kilt si nascondono cose molto
  interessanti. - Non ne
  dubito. Domani parliamo con calma, ma adesso mi anticipi qualche cosa. Ruggero sa
  che a Michael piace parlare delle sue avventure e le ascolta volentieri. Sono
  entrambi molto franchi e si raccontano tutto senza remore. - Gli
  incontri migliori li ho fatti nei castelli e in città. Nelle Cairngorm Mountains ero ospite di lord Glenshiel. Un giorno è arrivato un nipote del lord, sir
  Edward, che si è fermato a pranzo. Alto, ben piantato, un vero Ercole,
  Ruggero, come te.  - Come
  me? Non granché, allora. - Non
  dire stronzate. Io lo guardavo, me lo bevevo proprio con gli occhi. Lui se
  n’è accorto, ma sembrava ignorarmi. Mi sono detto che non c’era niente da
  fare, pazienza. Dopo pranzo mi chiede se ho avuto modo di ammirare la veduta
  dalla torre settentrionale. Gli dico di no e lui mi accompagna. - La
  veduta dalla torre. Mi sta venendo qualche idea su quello che ti ha fatto
  vedere.  - Idea
  sbagliata, mi sa. Non ho visto niente di quello che pensi… - Va
  bene, prosegui. - Quando
  siamo in cima alla torre, io mi appoggio al parapetto per guardare, mentre
  lui mi indica le cime montuose, il lago, l’isola, due castelli non lontano.
  Mentre continua a parlare, si mette dietro di me. Senza smettere di
  descrivermi il panorama, mi slaccia la cintura e abbassa i pantaloni. Sento
  il suo cazzo premermi contro il buco. Me lo mette in culo mentre mi racconta
  del castello dei Raeburn e della sua distruzione. -
  Un’interessante lezione di storia e di vita. - Molto
  interessante. E molto soddisfacente. Lui è molto dotato, anche se certo non
  come te. Ed è bravo. Si è fermato una settimana, anche se il mattino aveva
  detto che sarebbe ripartito nel pomeriggio. Certo che alla fine della
  settimana il culo mi faceva un male che non ti dico… Ruggero
  annuisce. A differenza di Michael, nel sesso Ruggero è esclusivamente attivo,
  anche se a volte si chiede che cosa si prova a farsi possedere. Michael è
  molto più versatile.  Michael
  sorride, poi dice, con una voce che il desiderio rende roca: -
  Ruggero, a raccontarti mi è venuta una certa voglia… E mentre
  parla, Michael gli stringe il cazzo attraverso il tessuto dei pantaloni. Ruggero
  ride, mentre lancia una rapida occhiata intorno. Nel punto in cui sono,
  nessuno può vedere dove si è posata la mano di Michael. L’idea dell’amico non
  gli spiace. Anche se ha scopato in mattinata, il racconto del bel lord
  scozzese ha attizzato il suo desiderio. - Anche
  a me. Andiamo a casa mia? - Voglio
  farlo qui. - Qui?
  Michael, tu sei pazzo! - Mi
  piacerebbe scopare con te tra gli alberi. - Nel
  bosco possiamo farlo, a Nebenfluß o a Schwarzewasser o al massimo da te, nel parco del tuo
  palazzo. Ma certamente non nel parco degli Eysenbach,
  in una sera di festa, per di più! - Ma io
  voglio farlo adesso. - Sei il
  solito bambino viziato. - Lo so.
  Non puoi dirmi di no. - Qui,
  non se ne parla neanche. Se vuoi andiamo da te o vieni da me. Michael
  sospira. Sa che Ruggero ha ragione. E in fondo, anche se gli piace rischiare,
  l’ha proposto contando sul rifiuto dell’amico: sa che Ruggero è prudente. Di
  loro senza dubbio si parla, ma poiché sono piuttosto discreti, sono solo voci
  e non c’è nessuno scandalo. - E va
  bene.  - Vieni
  da me. Puoi fermarti per la notte e domani mattina facciamo un bis. Si
  congedano dai padroni di casa. Michael rimanda al suo palazzo la carrozza che
  lo ha portato e sale su quella di Ruggero. Nel buio
  della carrozza, le sue mani irrequiete stuzzicano il cazzo di Ruggero, che si
  tende in fretta. Al duca piace l’impazienza di Michael, a letto ne apprezza
  l’assoluta mancanza di pudore e, anche se non si amano, la loro amicizia
  rende i loro rapporti molto più ricchi e soddisfacenti delle scopate
  occasionali.  Nel
  palazzo d’Aquaforte Michael ha una camera per sé,
  di fianco a quella di Ruggero e comunicante attraverso una porta. Di fatto
  non ci dorme quasi mai e si limita a stendersi il mattino sul letto, dopo
  aver trascorso la notte con l’amico. La servitù conosce i gusti del padrone,
  ma questi bada a salvare le apparenze. Passano
  direttamente nella camera di Ruggero.  Ruggero
  spoglia l’amico. A Michael piace sentire le mani forti di Ruggero scorrere
  sul suo corpo e togliergli gli indumenti, uno dopo l’altro, alternando
  carezze ruvide e strette vigorose. E gli piace vedere Ruggero mentre questi
  si denuda, guardare il corpo forte che emerge dagli abiti: le spalle larghe,
  il petto muscoloso e coperto da una peluria scura, il ventre e il magnifico
  cazzo, ancora a riposo. Ruggero
  sorride. - Adesso
  devo pisciare. Michael
  annuisce. Gli piace bere il piscio di Ruggero e l’amico lo sa. Si inginocchia
  davanti a lui e prende in bocca il cazzo. Riceve il getto e beve ogni goccia.
  Quando l’amico ha concluso, prende a passare la lingua sul cazzo, lo
  mordicchia leggermente, mentre Ruggero ride, poi lo succhia. Lo sente
  acquistare volume e consistenza e presto l’arma formidabile del duca è pronta
  per l’uso. Michael si stacca e la contempla. - Cazzo!
  Non ho mai visto un cazzo così e ti garantisco che di cazzi ne ho visti un
  buon numero. - Non ne
  dubito. Spero che in viaggio tu abbia usato i preservativi. - Sì, lo
  sai che sono prudente. Non ho voglia di beccarmi la sifilide. Ruggero
  accarezza la testa di Michael. Non è sicuro che l’amico sia sempre stato
  prudente come dice, perché sa che è impulsivo, ma di solito deve essere stato
  attento. Nei rapporti occasionali o con prostituti entrambi prendono le
  precauzioni necessarie per non correre rischi. Ma con sir Edward di certo
  Michael non ha usato un preservativo. Ruggero
  si china. Fa scorrere le sue mani sulla schiena dell’amico, gli stringe con
  forza il culo, poi si stacca, gli sorride e lo solleva, senza sforzo. Lo
  porta fino al letto, su cui lo posa, con il culo sul bordo. Si china
  su di lui, lo bacia ancora, poi gli solleva le gambe, mettendosele sulle
  spalle. Si bagna abbondantemente la mano con la saliva e incomincia a
  passarla sul buco di Michael, che geme nuovamente. - È
  meglio che bagni un po’, non vorrei farti male… Ruggero
  ghigna e aggiunge: - Anche
  se so che hai tenuto in esercizio questo bel buchetto. Michael
  sorride, ma tutto il suo corpo è in tensione, perché la mano che gli
  accarezza il solco, che stuzzica il buco, con quel dito che gli si infila
  dentro… quella mano è un tizzone ardente a contatto con paglia e rami secchi
  e l’incendio si scatena. Michael geme più forte, incapace di contenersi. Ruggero
  sputa di nuovo sulla mano, bagna ancora un po’ e poi Michael sente che il
  grosso cazzo di Ruggero sta premendo contro il suo culo, sta entrando.
  Michael si tende, in uno spasimo di dolore e piacere, mugola, mentre Ruggero
  grugnisce. Ruggero
  gli passa le mani sul torace e sul ventre, mentre lentamente spinge il suo
  arnese a fondo, sempre più a fondo. A Michael pare che questa avanzata non
  debba finire mai e davvero vorrebbe che non finisse mai. A tratti la
  sensazione è tanto forte che Michael chiude gli occhi, stravolto dal piacere,
  che è anche dolore. E poi li riapre e guarda Ruggero, che gli sorride e lo
  accarezza, mentre gli mormora parole, in cui si mescolano apprezzamenti ed
  oscenità.  Ruggero
  è arrivato al fondo e ora si ritrae, per avanzare nuovamente, mentre le sue
  mani percorrono il corpo di Michael, che geme, sospira, mugola e poi si
  trova, quasi senza rendersene conto, a gridare ad ogni nuova spinta che lo
  squassa.  Ruggero
  procede, sorridendo, accarezzandolo, facendolo impazzire di piacere. Michael
  lo guarda, guarda i rivoli di sudore che si perdono tra i peli sul torace e
  sul ventre, le goccioline sulla fronte, gli occhi, il sorriso. Gli poggia le
  mani sui fianchi, poi le passa sul petto, sulla pelle umida di sudore,
  tirando i peli, accarezzando. E
  Ruggero continua nel suo movimento inesorabile, mentre Michael urla senza
  ritegno. Le loro parole si mescolano, come il loro sudore, come le loro mani,
  che ora si incontrano e si stringono. Ruggero
  cavalca a lungo. Infine Michael sente la scarica che gli riempie il culo e la
  mano di Ruggero che, ruvida e insieme delicata, gli accarezza il cazzo.
  Michael grida e il piacere che riempie il suo culo si confonde con quello che
  sale dai coglioni ed esplode sul suo ventre. Ora
  Ruggero esce da lui, fa scivolare il corpo di Michael in modo che sia tutto
  sul letto e gli si stende accanto. Lo accarezza dolcemente, passandogli la
  mano sul viso, sul collo, sul torace. Lo bacia con delicatezza, sulla bocca,
  sugli occhi, sulla fronte, mentre la mano scende a sfiorargli il cazzo e a
  giocherellare con i coglioni. Poi
  Ruggero si addormenta, come gli capita quasi sempre dopo una bella scopata.
  Michael rimane un momento a guardarlo. Vuole bene a Ruggero, profondamente.
  Ha trovato in lui un amico, l’unico vero amico che abbia mai avuto nella sua
  vita. Che questo amico sia anche un magnifico stallone, è un’ottima cosa,
  perché li avvicina ancora di più, ma non è l’essenziale. Sarebbero amici
  anche se non scopassero insieme. Per Michael Ruggero è un fratello e a volte
  vorrebbe davvero chiamarlo così, ma, per quanto sia sfacciato, prova vergogna
  a rivelare un sentimento così intimo. Più volte è stato sul punto di farlo,
  ma il pudore lo ha frenato. Michael
  tende la mano e accarezza, leggermente, il corpo di Ruggero. Questi non si
  sveglia, ma emette un suono, una specie di sospiro profondo.  Michael sorride.
  Ritira la mano, chiude gli occhi e si addormenta. La
  mattina, dopo un piacevole bis, Michael e Ruggero fanno colazione insieme. Il conte
  parla del viaggio che progetta: - Voglio
  tornare a Costantinopoli. Prendo l’Orient Express,
  sai che da alcuni anni arriva direttamente in città, non occorre più scendere
  a Varna e prendere il traghetto. Una gran comodità. -
  Costantinopoli vale la pena di essere rivista, senz’altro. E di lì? Giri per
  l’Impero Ottomano? Ci sono un sacco di occasioni. - No,
  torno in Grecia, via nave. Inverno in Grecia, nella terra degli dei. - Anche
  se non sono gli dei che cercherai, mi sa.  - Gli
  dei no, ma qualcuno che mi porti in paradiso. Ruggero
  ride. -
  Giusto. È un bellissimo programma.  - Perché
  non vieni anche tu? - Adesso
  no, ma prima o poi dobbiamo fare un altro viaggio insieme.  - Lo
  prendo come una promessa. - Va
  bene. E poi? Ti degnerai di tornare da noi? -
  Prenderò il traghetto per l’Italia. Che cosa c’è di meglio di febbraio a
  Roma, marzo a Firenze e aprile a Venezia? Più o meno, non è che siano date
  definitive. E poi Padova, Vicenza, Verona e ritorno attraverso il Brennero. - Mi sa
  che starai via come minimo sei mesi. A Venezia sarai mio ospite. - Pensi
  di venire anche tu a Venezia? Sarebbe bellissimo. - No,
  non credo, di solito ci vado un po’ più avanti. Dico che sarai mio ospite,
  perché ti stabilirai da me. La
  famiglia d’Aquaforte è di origine italiana e
  Ruggero possiede un palazzo nei pressi di Santa Maria dei Miracoli. - Ma no,
  se tu non ci sei, vado all’hotel Danieli. So che l’hanno ristrutturato e
  ammodernato da poco. Ha tutte le comodità. - Non se
  ne parla neanche. Scordati il Danieli o ti tolgo il saluto. E comunque anche
  casa mia ha tutte le comodità. Benché io continui ad andare a cavallo, non
  amo vivere come i miei nonni. Pure il cuoco che ho a Venezia è eccellente,
  forse non come Petra, ma di certo superiore alla media. -
  Ruggero, non so quanto mi fermo, ma vivere alle tue spalle… Ruggero
  lo interrompe, ridendo: - Hai
  paura di mandarmi in rovina? Ruggero
  è ricchissimo e Michael, che non è meno abbiente, lo sa benissimo. - No,
  ma… - Non ci
  sono ma. Ospitalità finché rimani a Venezia o completa rottura dei rapporti.
  Non hai alternative. Michael
  scuote la testa. Guarda Ruggero e dice: - Ruggero,
  per me sei un fratello, un fratello maggiore. Ruggero
  non si aspettava questa dichiarazione d’affetto, che gli fa molto piacere. - Posso
  dire lo stesso, fratellino. Le
  parole di Ruggero toccano in profondità Michael, che sorride, per nascondere
  la sua commozione.  -
  Grazie, fratello. Grazie. Trascorrono
  ancora alcune ore insieme, poi Michael se ne va. Il
  giorno previsto Ruggero torna in palestra. Dopo essersi cambiato, passa nella
  sala. Siegmund è già arrivato. -
  Allora, pronto per l’incontro di lotta, Siegmund? E poi per il doppio
  massaggio? - Certo
  che lo sono, Rüdiger! Spesso
  Siegmund chiama Ruggero con l’equivalente tedesco del suo nome, come fanno in
  molti: questo nome italiano, voluto dal padre nella tradizione di famiglia,
  suona ostico a chi parla tedesco. Si
  allenano entrambi, poi, venti minuti prima dell’ora prevista per il
  massaggio, si affrontano. Siegmund è un buon pugile, ma come lottatore non ha
  l’esperienza di Ruggero. Lottano accanitamente, poi, come succede quasi
  sempre, Ruggero riesce a bloccare l’amico. La stretta dei corpi ha acceso il
  desiderio di entrambi, preparandoli al massaggio. Passano
  nello spogliatoio e si lavano, poi raggiungono la saletta dove li aspettano i
  massaggiatori, entrambi a torso nudo. Sono del tutto diversi uno dall’altro:
  il più giovane, Bohumir, viene dalla Boemia ed è un
  colosso, con grandi mani forti; l’altro, Drgan,
  molto più avanti negli anni, è un musulmano della Bosnia. Sono entrambi abili
  e, a differenza di altri, praticano nella massima discrezione massaggi che
  vengono definiti “completi”. Proni su
  due lettini vicini, Ruggero e Siegmund si abbandonano al piacere di queste
  mani esperte che percorrono i loro corpi, ora vigorose, ora delicate,
  accarezzando, strizzando, premendo. Quando i
  massaggiatori hanno terminato la prima fase, i due amici si voltano,
  stendendosi sulla schiena, e il massaggio riprende. Le mani percorrono i due
  corpi: le gambe, le braccia, il torace, il ventre, i genitali. Presto a
  entrambi si irrigidisce il cazzo. Ruggero
  gira la testa e sorride a Siegmund, che ricambia il sorriso. Sono attratti
  l’uno dall’altro, ma nessuno dei due accetterebbe l’idea di offrirsi, per cui
  non hanno mai avuto un rapporto. A entrambi però piace vedere l’altro ed
  essere visto dall’altro con il cazzo duro e poi nel momento in cui viene. Il
  massaggio prosegue e si concentra sui genitali, che sono stati già alquanto
  stimolati. Siegmund viene un attimo prima di Ruggero. I due
  massaggiatori puliscono il seme, poi lasciano che gli amici riposino un
  momento distesi. Ruggero
  ritorna a casa tardi, soddisfatto della giornata. Il suo buonumore dura
  pochissimo: c’è una lettera del suo intendente. C’è stato un furto nella camera di Vostra Signoria.
  Sono scomparsi i quattro candelieri e la cornice d’argento.  La signora Erden ha visto
  uscire dalla residenza il guardacaccia Toth, che
  non aveva motivi per recarvisi. Lo abbiamo interrogato. Ha negato di essere
  mai entrato. Allora ho mandato due servitori a perquisire la sua abitazione.
  Nella sua stanza hanno trovato uno dei candelieri. Nessuna traccia degli
  altri. Abbiamo chiamato i gendarmi, ma Toth è
  fuggito. Ruggero
  appallottola il foglio. Si sente soffocare dalla rabbia. Merda! Merda! Merda!
  Che cosa cazzo crede, Janos? Che per avergli dato il culo, può saccheggiare
  le sue cose? Che squallore! E dire che gli era sembrato… si è lasciato
  ingannare come un coglione.  Ruggero
  sa leggere dentro di sé. La delusione quando ha scoperto di essere stato
  derubato del portafogli e la rabbia che prova ora non dipendono solo dal doppio
  furto. Se il ladro fosse un altro, non ci penserebbe nemmeno due minuti. Ma
  Janos ha smosso qualche cosa dentro di lui e persino ora, dopo questo secondo
  furto, ha difficoltà ad accettare l’idea che sia solo un ladro. Ruggero
  non avrebbe voglia di tornare a Nebenfluß, ma non
  può evitarlo. La faccenda di Janos è troppo grave.  Parte in
  mattinata, a cavallo, intenzionato a rientrare in serata. Ha sempre evitato
  di avere rapporti con i suoi dipendenti e per una volta che l’ha fatto…
  merda! Merda! Merda! A Nebenfluß parla con l’intendente, che ha poco da
  aggiungere a quanto ha scritto.  Poi
  incontra il responsabile della stazione di polizia della vicina città, Helmut
  Sanders. Sanders ci tiene
  a far bella figura con il duca, mostrandosi solerte. - Faremo
  il possibile per catturare il ladro e recuperare la refurtiva. A
  Ruggero poco importa di recuperare la refurtiva e non desidera neppure che
  Janos venga arrestato, per quanto provi rabbia nei suoi confronti. Non teme
  che il guardacaccia possa rivelare ciò che c’è stato tra loro: si metterebbe
  nei guai, aggravando la propria situazione. Ma l’idea che finisca in prigione
  non gli dà nessun piacere. - Non si
  preoccupi: non è certo un gran danno. Janos Toth è
  un ladruncolo, come ce ne sono tanti, non un pericoloso criminale. Per quel
  che mi riguarda, è inutile che perda tempo a corrergli dietro. Ha perso il
  lavoro per quattro pezzi d’argento. Non ha fatto un buon affare. Sanders è contento delle
  parole del duca: cercherà ovviamente il ladro, ma non deve preoccuparsi
  troppo se non riuscirà a scovarlo. Il duca non andrà a lamentarsi, come ha
  fatto invece il barone Geister, con cui è meglio
  non avere a che fare: ha procurato un sacco di grane agli agenti che non
  erano riusciti a trovare il ladro del braccialetto della figlia. Che non è
  neanche detto che le fosse stato davvero rubato, magari l’aveva perso. Il
  duca d’Aquaforte invece ha fama di avere un buon
  carattere. Dopo i
  due colloqui, Ruggero rientra a Vienna, di pessimo umore. La sera
  successiva Ruggero è a teatro, con Michael. Amano entrambi il teatro. Michael
  è anche un appassionato dell’opera, mentre Ruggero va volentieri ai concerti,
  ma non apprezza la lirica.  Danno Antonio e Cleopatra. Michael osserva
  stupito l’attore che interpreta Antonio, un gran bell’uomo alto e forte,
  barba e capelli neri. Non l’ha mai visto, ma, viaggiando molto, va più spesso
  a teatro a Parigi, Londra o Milano che a Vienna.  Nell’intervallo
  chiede a Ruggero: - E
  quello splendido maschio che interpreta Antonio, chi è? -
  Sant’Iddio, Michael! Tu viaggi troppo. Come fai a non conoscere Eldemar Männer? Uno dei
  migliori attori di Vienna. È stato alcuni anni a Berlino, ma adesso sono
  almeno quattro anni che è tornato. Mezza Vienna impazzisce per lui. - Un
  ottimo attore e di sicuro uno dei più begli esemplari di maschio che io abbia
  mai visto. - Sì,
  davvero. - Tu lo
  conosci? - Mi
  capita di incontrarlo a qualche ricevimento. Ho scambiato qualche parola con
  lui. Mi ha fatto un’ottima impressione. - Anche
  a me. Ruggero
  ride.  - Non in
  quel senso. - Non in
  quel senso? Non mi dire che non ti piacerebbe. - Certo
  che mi piacerebbe. A chi non piacerebbe? Forse a quelli a cui piacciono i
  ragazzini. - E non
  ci hai provato? -
  Michael! Non vado da uno con cui ho scambiato quattro parole per chiedergli se
  vuole scopare con me! Non so se scopa con gli uomini e se fosse così che cosa
  gli piace fare. Non credo che sia rimasto affascinato la prima volta che mi
  ha visto.  - Se non
  è rimasto affascinato è perché non capisce niente. Ruggero
  ride. Sa bene di non essere bello, ma le parole dell’amico gli fanno comunque
  piacere. Due
  settimane dopo Ruggero esce di casa in tarda mattinata per andare dal sarto.
  Non prende la carrozza, anche se deve andare lontano, perché si muove
  volentieri a piedi: gli piace camminare per le strade della città. Il cielo è
  sereno e la temperatura sarebbe ancora piacevole, se non soffiasse la
  tramontana. Non sono le condizioni ideali per una passeggiata, ma a Ruggero
  piacciono le giornate ventose. Cammina volentieri sentendo in faccia l’aria
  che gli scompiglia i capelli, guardando il cielo terso o i mulinelli di
  foglie che si sollevano e ricadono al suolo. Ha
  appena percorso un isolato, quando si sente chiamare: - Signor
  duca! Si volta
  e rimane stupefatto vedendo l’uomo che lo ha interpellato. -
  Janos?! Come osa
  questo impudente presentarsi davanti a lui, dopo il doppio furto?! Ruggero
  freme e vorrebbe insultarlo, ma guardandolo in faccia, la rabbia svanisce. - Mi
  scusi, signor duca, se mi permetto… Vorrei parlarle, solo un momento. Le parole
  riaccendono la rabbia, ma è un fuoco di paglia: l’impulso di negarsi, di
  scacciare questo ladro sfacciato, di minacciarlo, svanisce subito. Qualche
  cosa nell’atteggiamento di Janos lo dissuade. Nella voce trapela appena una
  sfumatura dell’irritazione che ha provato vedendolo davanti a sé. - Che
  cosa vuoi? - Io non
  ho rubato niente, signor duca. Nel suo palazzo non sono entrato, glielo
  giuro. - Non
  hai rubato niente, eh?! Non sei entrato nella mia camera, non mi hai preso il
  portafogli dai vestiti, mentre dormivo? Janos
  scuote la testa, sbalordito. Appare disorientato. - Dai
  vestiti? Quando? Io… non mi permetterei mai… È
  chiaramente confuso, non si aspettava l’accusa, non sembra neppure aver
  capito. O dice la verità o è un bravo attore. -
  L’ultima volta che abbiamo scopato. Mi hai preso il portafogli. - Signor
  duca, non farei mai una cosa del genere. Non ho mai rubato, non… non… potrei.
  A lei… poi… Janos è
  sconvolto, quasi balbetta. Ruggero
  è perplesso. Ha l’impressione che Janos non menta. In questo caso, se
  qualcuno gli ha preso il portafogli mentre lui dormiva, magari dopo averlo
  visto scopare con Janos, potrebbe essere la stessa persona che ha rubato in
  camera sua nel castello, facendo ricadere la colpa sul guardacaccia.  E mentre
  lo pensa, si rende conto che gli è bastato trovarsi Janos di fronte due
  minuti per pensare che sia innocente e cercare un altro colpevole. Ha davvero
  perso la testa. L’irritazione ritorna e appare nel tono con cui dice: -
  L’ultimo giorno che abbiamo scopato, quando mi sono svegliato il mio
  portafogli era sparito.  - Io… io
  non avrei mai potuto fare una cosa del genere… signor duca! C’è
  disperazione nella voce di Janos e il “signor duca” è stato quasi gridato,
  tanto che una coppia si è voltata a guardare. Ruggero
  è perplesso. È sempre più convinto che Janos sia innocente. - Senti,
  Janos, non so che dire. Io… A
  Ruggero sembra che ci siano lacrime negli occhi di Janos. L’uomo china la
  testa. - Mi
  scusi, signor duca, se mi sono permesso di disturbarla. Me ne vado. Janos già
  si è voltato per andarsene. -
  Aspetta! La voce
  di Ruggero è dura. Ha dato un ordine. Janos si ferma, ma non si volta.
  Ruggero gli mette una mano su una spalla e lo forza a girarsi. Su una guancia
  c’è davvero una lacrima. Ruggero
  ha la sensazione di aver ricevuto un pugno nello stomaco. Nelle sue parole
  non c’è più traccia della durezza di prima. - Janos,
  sono confuso, ma voglio capire. Togliamoci di qui. Voglio parlare con te con
  calma. Andiamo. Ruggero
  si avvia. Janos lo segue, un passo indietro. Ruggero entra in un caffè. Si
  siedono. - Quel
  giorno, al fiume, te ne sei andato mentre dormivo. - Sì, ho
  sentito arrivare un cavallo e ho pensato che poteva esserci qualcuno. Se la
  vedevano dormire da solo, non era un problema. Ma se la vedevano con me,
  tutti e due nudi… Mi sono rivestito in fretta. - Hai
  visto chi era a cavallo? - Felix,
  il garzone dello stalliere. Portava a fare un giro la cavalla nera. - Lui ti
  ha visto? - Sì,
  non potevo andarmene senza che si accorgesse di me. L’ho salutato e lui mi ha
  chiesto se l’avevo vista, perché lo stallone nero era lì vicino. - E tu? - Io ho
  risposto che avevo visto i suoi vestiti in riva al fiume e l’avevo trovata
  che dormiva tra gli alberi. Gli ho detto di fare piano, per non svegliarla, e
  me ne sono andato. Il cameriere
  arriva per chiedere che cosa vogliono. Ruggero ordina un bicchiere di vino,
  poi guarda Janos per chiedergli che cosa vuole. Il guardacaccia scuote la
  testa. - Non
  prendo niente. Ruggero
  lo guarda con attenzione. Janos gli sembra un po’ smagrito. - Che
  hai fatto in queste settimane? -
  Lavoretti, qui e là. - Hai
  bisogno di soldi? Janos
  sembra rabbrividire. Scuote la testa. - No,
  no… Ruggero
  è sicuro che Janos abbia saltato molti pasti. Anche l’abito è mal ridotto.
  Che vita ha condotto? - Adesso
  andiamo a pranzo, poi vediamo il da farsi. - Signor
  duca, io non voglio… Ruggero
  lo interrompe: - Janos,
  voglio chiarire che cosa è successo. Aspettami seduto qui. Ruggero
  rientra in casa e prende le chiavi dell’appartamento che gli serve da
  pied-à-terre: ha già deciso che cosa farà. Manda uno dei servitori ad
  avvisare il sarto che non può passare da lui. Porta
  Janos in un piccolo ristorante. Deve quasi forzarlo per fargli ordinare
  qualcosa, ma il pasto viene poi consumato con una voracità che non lascia dubbi
  sull’appetito. L’idea che Janos abbia patito la fame gli stringe lo stomaco,
  tanto che fa fatica a mangiare e lascia nel piatto buona parte del cibo. Quando
  hanno finito, Ruggero dice: - Adesso
  vieni con me. Lo porta
  nell’appartamento che usa come pied-à-terre: un salottino, una camera da
  letto e il bagno. -
  Rimarrai qui fino al mio ritorno da Nebenfluß. Mentre
  lo dice Ruggero tira fuori il portafogli e ne prende alcune banconote. - Queste
  ti serviranno per vivere questi giorni, mentre io cerco di capire che cosa è
  successo. Janos
  scuote la testa. - No,
  signor duca, io non voglio approfittare della sua generosità. Mi basta che
  lei mi creda. Solo per questo ho avuto l’impudenza di aspettarla vicino a
  casa. Me ne posso andare e non sentirà più parlare di me. - Tu
  rimani qui. Preferisco evitare che tu vada in giro, magari con il rischio di
  essere arrestato. È questione di poco. Hai qualche cosa… biancheria di
  ricambio? - Poca
  roba, signor duca, non ho potuto prendere niente, ma io… - Basta!
   Ruggero
  tira fuori altro denaro.  -
  Comprati qualche cosa… -
  Signor… - Basta,
  Janos! Tu sostieni di essere innocente e io ti credo. Se sei senza lavoro
  perché sei stato accusato ingiustamente, bisogna che io rimedi. E non voglio
  che tu viva per strada, saltando i pasti, con il rischio di essere arrestato.
   Janos
  china la testa. Gli legge in viso l’umiliazione. Non può aver rubato, ora
  Ruggero ne è sicuro. Gli
  sembra che Janos sia bellissimo. Il desiderio lo assale, violento, ma Ruggero
  non vuole cedervi. Non ora. Prima vuole chiarire. - Janos,
  posso contare sulla tua ubbidienza? Janos
  alza la testa, in uno scatto d’orgoglio. - Certo,
  signor duca. - Allora
  dormirai qui, mangerai regolarmente, ti comprerai tutto quello che ti serve.
  Chiaro? Janos esita
  un attimo, poi annuisce.  L’impulso
  di abbracciarlo è fortissimo, ma Ruggero lo frena. - Spero
  in due giorni di risolvere la faccenda. Ruggero
  torna a casa. Riflette un momento. Si chiede se mandare un messaggio per dire
  che conta di tornare a Nebenfluß il giorno
  seguente: di solito non avvisa, ma lo fa quando è assente da tempo. Decide
  che è meglio arrivare di sorpresa. Parte in mattinata, molto presto. Il vento
  si è calmato, ma il cielo è ancora sereno: la lunga cavalcata è piacevole. A Nebenfluß il suo arrivo inatteso provoca una certa
  agitazione, ma Ruggero si comporta come se fosse venuto a trascorrere una
  giornata nella tenuta per puro piacere. Dice che
  la cavalcata gli ha messo appetito e chiede di fare uno spuntino. La cuoca lo
  prepara, senza bisogno di istruzioni: conosce i gusti del padrone. Ruggero si
  è messo nel salottino dove di solito fa colazione e Kristin Erden, la cameriera, gli porta il vassoio. Ruggero
  scambia due parole con lei, chiedendole del marito e dei figli. Mangia, poi
  quando la cameriera viene per ritirare il vassoio, dice, con un tono neutro,
  come se ciò che dice fosse del tutto insignificante: - Ah,
  una cosa, Kristin. - Sì,
  signor duca? Ruggero
  guarda fisso la donna e chiede: - Perché
  hai mentito dicendo che avevi visto Janos uscire dal palazzo, il giorno del
  furto? La
  cameriera è presa del tutto di sorpresa. Non si aspettava che il padrone
  tornasse sulla faccenda: la volta scorsa non ha neppure parlato con lei. - No, io
  non… La voce
  di Ruggero è dura, quasi minacciosa. - Voglio
  la verità, Kristin, adesso. So che hai mentito. Kristin
  trema. - La
  sera prima Felix mi aveva detto che aveva visto Janos uscire dal castello e
  mi aveva chiesto che cosa era venuto a fare. Io non ne sapevo niente. Il
  giorno dopo è saltata fuori la faccenda del furto, ma Felix non voleva dire
  di aver visto Janos, perché aveva litigato con lui e pensava che non
  l’avrebbero creduto. Mi ha chiesto di dirlo io. Felix,
  il garzone della scuderia. Quello che era al fiume e che ha visto Janos
  andarsene. Tutto torna. - E tu
  hai raccontato di averlo visto. -
  Credevo che fosse vero. Avevo visto Janos qualche sera prima, quando lei era
  qui. Stava in piedi sull’erba, sul retro, e guardava verso le finestre della
  sua camera. Quando si è saputo del furto e Felix mi ha detto che aveva visto
  Janos uscire dal palazzo, mi sono detta che quella sera stava preparando il
  furto. Ruggero
  aggrotta la fronte. Lo sorprende che Janos guardasse le sue finestre. Ma non
  c’entra. - Va
  bene, Kristin. Adesso tu ti siedi lì e non ti muovi. La donna
  si siede sull’orlo della sedia. È spaventata. - Signor
  duca, io credevo che fosse vero. La prego, io… Ruggero
  coglie la sua angoscia. Non ha nessuna intenzione di provocarle sofferenza,
  per cui le dice: - Non ti
  preoccupare, Kristin, mi interessa solo scoprire la verità. Sei stata
  ingenua, ma credo che tu sia in buona fede. Non hai assolutamente nulla da
  temere. Non ci saranno conseguenze per te. Ora deve
  parlare con Felix. Non intende mandarlo a chiamare. Potrebbe sospettare e prepararsi.
  Meglio scendere nelle scuderie e prenderlo di sorpresa, come ha fatto con
  Kristin. Ruggero
  raggiunge le scuderie. Quando lo vede entrare, Felix chiede: - Le
  devo preparare un cavallo, signor duca? Ruggero
  scuote la testa, mentre si avvicina. Quando è di fronte a Felix, lo afferra
  per il bavero della giacca, quasi sollevandolo da terra. - Ladro!
  Mi hai rubato il portafogli al fiume e poi hai preso i candelieri d’argento. - No,
  signor, duca, no… - E poi
  hai convinto Kristin a mentire, raccontandole una storia. Lo so, ha
  confessato. Ti mando in galera, figlio di puttana. Il
  giovane crolla. - No,
  no… io… non mi denunci, signor duca. - Perché
  l’hai fatto? - Mio
  padre aveva dei debiti di gioco. Io non volevo… rischiava di finire in
  prigione. Ruggero
  non sa se è vero e non gli importa. Felix insiste: - Non
  volevo, ma se non pagava… signor duca… mi perdoni… io… ho rubato, è vero… non
  mi faccia arrestare… Se Felix
  non avesse accusato Janos, Ruggero lo perdonerebbe davvero. Ma ha messo di
  mezzo un innocente, che ha rischiato di finire in prigione e ha perso il
  posto, trovandosi a soffrire la fame.  - Non ti
  manderò in galera, anche se te lo meriteresti, ma ti cercherai lavoro da
  un’altra parte. Ruggero
  si dice che dovrebbe davvero farlo finire in prigione, ma la gioia nell’avere
  la conferma dell’innocenza di Janos è troppo forte. E comunque non ama
  infierire. Poi
  Ruggero si reca alla stazione di polizia. Parla con il responsabile e spiega
  che Janos Toth è del tutto innocente. Il ladro è un
  altro. Non vuole che venga perseguito, ma ogni accusa contro Toth deve cadere. Nel
  pomeriggio Ruggero ritorna a Vienna: è impaziente di ritrovare Janos, di
  dirgli che è stato scagionato, che può ritornare al lavoro. E mentre lo pensa
  si rende conto che non ha senso. Non ha senso che Janos ritorni a fare il
  guardacaccia, che stia a Nebenfluß, che possano
  vedersi solo quando lui va nella tenuta. Ruggero non vuole più separarsi da
  lui, non vuole andare a trovarlo a Nebenfluß: vuole
  che sia sempre al suo fianco. Un
  servitore che diventa il compagno del duca. Ruggero se ne fotte di quello che
  può pensare la gente, alla grande. Ma Janos rischia di trovarsi in una
  situazione spiacevole, soprattutto a Nebenfluß:
  come lo guarderebbero gli altri servitori, vedendolo al fianco del padrone?
  Janos sarebbe a disagio. Non è il tipo che sarebbe orgoglioso di aver
  ottenuto il favore del duca e di poter guardare dall’alto in basso gli altri
  servitori. A Vienna
  tutto è più semplice: nessuno sa che Janos era il suo guardacaccia e può
  farsi vedere con lui e ospitarlo a palazzo senza problemi. Non sarà certo
  invitato alle serate mondane, ma questo non interessa a Ruggero e neanche a
  Janos, ne è sicuro. Tra i dipendenti di Nebenfluß,
  l’unico che potrebbe recarsi a Vienna, nel palazzo d’Aquaforte,
  è l’intendente, ma solo se il duca lo chiama: basterà non convocarlo e, se
  mai dovesse essere necessario farlo, evitare che incontri Janos.  Ruggero sa che dovrà rinunciare a soggiornare a Nebenfluß. Gli spiace, ma non è un prezzo troppo alto per avere Janos al suo fianco. Potranno recarsi nell’altra tenuta che Ruggero possiede nell’Impero, Rotwald. E soprattutto potranno andare insieme in giro per il mondo. Viaggeranno un po’ per l’Europa e poi in primavera andranno a Venezia. Michael sarà contento di vederlo arrivare con Janos, di saperlo felice. E mentre
  si immagina in viaggio con l’uomo che ama, si rende conto che sta costruendo
  castelli in aria, senza tener conto di Janos. Se non volesse? Ormai Ruggero
  sa di essersi innamorato del guardacaccia, ma Janos? Qualche cosa gli dice
  che anche lui è innamorato, ma non è detto che sia così, si conoscono appena.
  Janos potrebbe non volere. Potrebbe aver lasciato l’appartamento. E Ruggero
  non saprebbe dove ritrovarlo. Ora è
  preoccupato. Arrivato in città, lascia il cavallo a palazzo e raggiunge
  subito il suo pied-à-terre. Mentre sale le scale ha sempre più paura di non
  trovare Janos: se avesse deciso in andarsene... Janos è
  nell’appartamento, seduto su una poltrona, che disegna su un foglio. Quando
  Ruggero entra, si alza in piedi. - Il
  ladro è Felix. Ha fatto in modo che la colpa ricadesse su di te. Ho chiarito
  tutto. Non ci sono più accuse contro di te, Janos. Sei un uomo libero. La gioia
  che si dipinge sul volto di Janos gli allarga il cuore. - Janos…
  Perdonami se ho dubitato di te. Ma il portafogli scomparso, poi il candeliere
  ritrovato nella tua camera... Quel figlio di puttana di Felix ha organizzato
  tutto bene. - Non ha
  importanza, signor duca. Sono felice che tutto si sia chiarito. Ruggero
  si avvicina. Prende tra le mani la testa di Janos e lo bacia. - Ti
  desidero, Janos. Lo vuoi? Janos
  annuisce. - Lo
  vuoi davvero, Janos? Non è... solo perché sono il duca? Janos
  china la testa, arrossendo leggermente. - L’ho
  sempre desiderata, signor duca. Qualche volta... l’ho spiata mentre cavalcava
  nudo o mentre nuotava. Mi perdoni. Ruggero
  ride.  - Non so
  se ti perdono. Dovrai darti da fare per farti perdonare. Andiamo di là, che
  vediamo se ti perdono. Mentre
  si avviano, lo sguardo di Ruggero cade sul disegno che Janos stava
  tracciando. Prende il foglio e lo guarda: è la sua faccia, tratteggiata con
  cura. Guardare l’immagine lo commuove, ma lo nasconde e dice: - Potevi
  almeno farmi un po’ più bello.  Poi ride
  e bacia Janos. Nella
  camera da letto Ruggero spoglia Janos, lentamente. Lo guarda a lungo, felice,
  poi lo bacia e lascia che sia Janos a spogliarlo. Ma quando è infine nudo di
  fronte a Janos, il desiderio è troppo forte e lo rende irruente. Janos
  ricambia i baci, gli abbracci, le carezze, prima ancora un po’ intimidito,
  poi, vincendo la soggezione nei confronti di quello che considera il suo
  padrone, con uguale passione. E dopo che hanno raggiunto il piacere, si amano
  ancora ed è la tenerezza a prevalere. Ruggero sa di non essere mai stato
  tanto felice. Prende Janos tra le braccia e si addormenta così, tenendolo
  stretto, quasi avesse paura di non trovarlo più al suo risveglio. Quando
  si desta, si accorge che Janos dorme ancora, la testa sul suo petto. Gli
  accarezza i capelli, con un tocco lieve, ma non vuole disturbare il suo
  sonno: è così bello guardarlo dormire. Janos è
  davvero un ladro: gli ha rubato il cuore, senza che lui se ne accorgesse.
  Come sia stato possibile, non lo sa. Non gli era mai successo di innamorarsi. Mentre
  Janos dorme, Ruggero pensa al da farsi. Dirà all’intendente di Nebenfluß di aver ritrovato Janos, ma che per il momento
  non tornerà nella tenuta. Si farà portare le sue cose: potrebbe esserci
  qualche oggetto a cui tiene, fotografie o altro. I vestiti non servono: gli
  farà fare un guardaroba da borghese e Janos diventerà il figlio di amici di
  famiglia ungheresi. Per il momento Janos vivrà nel pied-à-terre, poi, appena
  i primi abiti saranno pronti, verrà a palazzo, come ospite. La servitù
  conosce i gusti del padrone, per quanto Ruggero faccia sempre in modo di
  salvare le apparenze, e non si stupirà, anche se fingerà di credere che
  l’ospite sia davvero il figlio di amici di famiglia dei genitori del duca.
  Potranno stare insieme, gli farà conoscere gli amici, lo porterà a teatro e
  ai concerti, andranno alla tenuta di Rotwald,
  viaggeranno.   Si rende
  conto di aver già deciso il futuro di Janos, senza consultarlo, ma sa che per
  tutti e due stare insieme è quello che conta. E se Janos ha altre idee, ne
  parleranno: non vuole imporsi. Ma Janos non può pensare di tornare a fare il
  guardacaccia. Infine
  Janos apre gli occhi. Gli sorride ed è bello vederlo sorridere. - Janos,
  Kristin mi ha detto che una sera ti ha visto davanti al castello, che
  guardavi le mie finestre. Janos
  abbassa lo sguardo. Ruggero ha l’impressione che sia arrossito.  - Mi
  perdoni, signor duca… Ruggero
  sorride sentendosi chiamare “signor duca”. Dovrà chiarire alcune cose con
  Janos, ma lo farà dopo. Adesso è curioso di sapere perché Janos guardava le
  finestre della sua camera. - Allora? - Avevo
  finito il mio turno. Avevamo… era il giorno in cui ci siamo incontrati. Ho
  pensato a lei… Ora il
  viso di Janos è davvero rosso per l’imbarazzo. -
  Continua. -
  Pensavo che lei era lì, a dormire. Ruggero ha
  capito. Si sente felice, come gli sembra di non essere mai stato. - Non dormivo, Janos. Pensavo a te. Ruggero
  gli solleva il viso. - Credo
  di essermi innamorato di te, Janos. Poi lo
  bacia sulla bocca, per impedirgli di rispondere. 2022  |