Il ladro

 

 

Ruggero si alza quando il sole non è ancora spuntato e a oriente solo una striscia più chiara indica che l’alba è vicina. Si lava sommariamente, perché intende bagnarsi al fiume, e si veste per andare a cavallo.

Esce nel cortile del palazzo e raggiunge le scuderie. Felix, il garzone, gli ha già preparato lo stallone nero: il duca lo ha avvisato che sarebbe uscito il mattino molto presto, come spesso fa quando dorme nella sua residenza di campagna. Ruggero lo saluta e monta sull’animale, gli accarezza la testa e poi lo sprona.

Vede il sole comparire all’orizzonte mentre cavalca lungo il fiume. Raggiunge la confluenza, dove il gioco delle correnti crea gorghi pericolosi e l’acqua sembra ribollire, prosegue, spingendosi fuori dalla tenuta, tra i boschi e le aree incolte, e infine prende le strade sterrate tra i campi, ora al trotto o al galoppo, ora al passo. Supera alcuni villaggi, prima di descrivere un ampio cerchio, che lo riconduce verso la sua tenuta.

Sulla strada del ritorno si ferma dove il fiume forma un’ansa, contornando una parete rocciosa ai margini del bosco. Scende e lascia il cavallo in libertà. Si spoglia completamente: gli piace stare nudo nella natura e qui è nella sua proprietà e abbastanza lontano dal castello, per cui può farlo liberamente. L’aria è fresca: siamo all’inizio di ottobre e il sole è ancora basso, ma il cielo è sereno e la giornata promette bene.

Si guarda intorno. Le foglie degli alberi hanno ormai cambiato colore e dappertutto è una sinfonia di giallo, arancio, rosso e marrone. Anche a terra ci sono ormai diverse foglie secche.

Ruggero sale sullo spuntone roccioso a strapiombo sul fiume e si tuffa. L’acqua è fredda, ma nuotando energicamente il duca si riscalda. Risale la corrente, fino alla confluenza. È pericoloso spingersi in quest’area: più d’un nuotatore è affogato. Un tempo Ruggero evitava il punto in cui i due fiumi si incrociano, ma negli ultimi mesi, da quando l’amico Siegmund è stato nuovamente suo ospite, più volte ha raggiunto questo tratto, risalendo poi lungo l’affluente. Fa molta attenzione, rimanendo vicino alla riva: rischiare gli sembrerebbe stupido.

Supera la confluenza e risale un tratto dell’affluente, poi ridiscende il fiume. Questa volta deve lottare con la corrente che lo spinge verso il centro, dove si formano i gorghi, ma è un buon nuotatore e non fa fatica a rimanere vicino alla riva. Supera il punto pericoloso e procede fino all’ansa. Esce e si stende sulla riva, al sole.

È soddisfatto: per lui che ama la natura e l’attività fisica, la tenuta di Nebenfluß è l’ambiente ideale. Qui si trova a suo agio e non si annoia mai, come invece a volte gli accade quando è a Vienna.

Mentre il sole lo riscalda, i pensieri vagano. Pensa all’amico Michael, che conta di rivedere tra due giorni, al suo ritorno in città, e poi al giovane Karl, il sarto con cui da qualche mese scopa spesso e che ritroverà a Vienna.

I pensieri hanno un effetto prevedibile: il cazzo gli si tende. D’altronde Ruggero è sempre stato un uomo di robusti appetiti. A Nebenfluß scopa molto di rado: preferisce evitare di avere relazioni con i suoi dipendenti e non vuole che tra i contadini e signorotti dei dintorni si dica che scopa con altri maschi.

Ruggero si alza. Guarda il cavallo che pascola vicino. Gli sale in groppa. Gli piace cavalcare nudo, ma lo fa di rado: non può certo percorrere strade e attraversare villaggi in costume adamitico.

Fa un breve giro, che non sazia il suo desiderio, ma lo attizza.

Quando torna all’ansa del fiume, vede una figura maschile che scruta l’acqua. L’uomo gli dà le spalle, ma sente lo scalpitio del cavallo e si volta: è Janos Toth, il guardacaccia ungherese, che sorveglia questa parte della tenuta. Ruggero ha avuto modo in diverse occasioni di scambiare qualche parola con lui e gli è piaciuto il suo modo di porsi, rispettoso senza essere servile.

Janos si toglie il cappello.

- Buongiorno, signor duca. Ho visto i vestiti e ho pensato che fosse lei, ma non la vedevo nel fiume. So che è un ottimo nuotatore e poteva essersi allontanato, ma ero un po’ preoccupato: la confluenza è traditrice e ha già inghiottito nuotatori esperti. Non ho pensato che fosse a cavallo.

Janos sorride. Ruggero lo guarda. Janos è un bell’uomo, dal corpo forte. Ha qualche anno in meno di lui: dev’essere sulla trentina. Ha capelli e barba scuri, spalle larghe.

Il desiderio è una morsa che gli stringe i coglioni e gli tende ancora di più il cazzo. Janos vede che ce l’ha duro, ma non dice niente. Che cosa potrebbe dire?

Ruggero sa che tocca a lui parlare.

- Ho fatto una nuotata e poi ho deciso di fare ancora un giro a cavallo. Mi piace cavalcare nudo, ma credo che tu lo sappia, visto che sorvegli quest’area: è l’unica in cui cavalco così. Non ci sono campi coltivati e i servitori non si spingono fino qui.

- Sì, signor duca. L’ho vista qualche volta.

Janos sorride. Ruggero scende da cavallo. Ora è a tre passi da Janos, il cazzo duro che gli batte sul ventre. Sorride anche lui.

- Questa mattina l’aria è frizzante e stuzzica.

- È vero, signor duca. Ed è anche vero quello che dicono di lei.

Ruggero aggrotta la fronte.

- Che cosa dicono?

- Che è un gran toro, signor duca.

Ruggero ride. Sa di essere alquanto dotato. Ha un cazzo non particolarmente lungo, ma molto voluminoso.

- Un toro che adesso avrebbe bisogno di una vacca… o di un torello disponibile.

Ruggero ha risposto d’impulso. Sta contravvenendo alla regola che si è data. Una parte di lui spera che Janos ignori la provocazione e se ne vada con la scusa di doversi occupare della sorveglianza, un’altra parte desidera possedere questo corpo forte.

- Credo che molti torelli sarebbero spaventati dalla sua dotazione, signor duca. Ma ad altri farebbe venire l’acquolina in bocca.

- E tu, di quale dei due gruppi fai parte?

- Di tutti e due.

Janos ha lasciato cadere il “signor duca”.

Ruggero esita un momento. Ormai è andato troppo avanti. Potrebbe dire a Janos di riprendere il suo lavoro, ma sarebbe assurdo.

- È più forte la paura o l’appetito?

Janos sorride.

- L’appetito.

- Allora spogliati, Janos. Sono qui davanti a te, nudo, il cazzo duro, e tu sei ancora vestito. Ma aspetta, non qui. Tra gli alberi, lì, dove nessuno possa vederci.

Janos annuisce. Raggiunge gli alberi e si spoglia rapidamente. Ha un gran bel corpo, muscoloso, un velo di peluria scura che copre il petto e il ventre, un bel cazzo che non è più a riposo. È un uomo, vigoroso, come piacciono a Ruggero.

- Sei bello, Janos.

Janos abbassa il capo. Ora è leggermente in imbarazzo. Ha paura? Si è pentito di aver detto di sì?

Senza dire nulla, Janos si inginocchia. Ora la sua testa è davanti al cazzo di Ruggero. La sua lingua scorre, salendo dai coglioni fino alla cappella e poi ridiscende. Poi le sue labbra avvolgono il gustoso boccone di carne.

Ruggero sente il piacere crescere. Accarezza i capelli ricci di Janos, poi si china e le sue mani scorrono sulla schiena del guardacaccia. È bello sentire il calore di questo corpo.

La bocca di Janos continua a lavorare. La tensione cresce.

- Janos, mettiti a quattro zampe.

Janos alza un attimo lo sguardo sul viso di Ruggero, poi annuisce ed esegue.

Ruggero guarda il culo che gli si offre: un bel culo, muscoloso, coperto da un leggero velo nero. Appoggia le mani sulle natiche e le divarica. Sorride guardando l’apertura. Raccoglie un po’ di saliva e la sparge tutt’intorno. Poi si inumidisce un dito e lo spinge dentro. Si accorge con stupore che la carne cede a fatica. Janos non deve essere abituato a prenderselo in culo. In questo caso gli farà male, parecchio: Ruggero è troppo dotato. Ma si è offerto lui.

Ruggero si stende su Janos e con la mano gli afferra il cazzo. Lo stringe e lo accarezza. Lo sente acquistare consistenza e volume. Gli stuzzica un po’ i coglioni. Poi preme la cappella contro l’apertura, morde una spalla a Janos e in quel momento spinge. Non avanza fino in fondo: solo la cappella entra. Lascia a Janos il tempo di abituarsi. Avverte che il guardacaccia è teso e lo accarezza, con molta dolcezza. Quando sente che la tensione è calata, avanza, lentamente, fino ad arrivare in fondo, fino a quando il suo ventre aderisce al culo di Janos. Gli accarezza ancora la testa e poi inizia a muovere il culo, arretrando e avanzando, spingendo a fondo il cazzo e poi ritraendolo. Le sue mani stringono il culo di Janos, lo accarezzano, si impigliano tra i suoi capelli, scorrono sul suo petto, gli stringono i coglioni, giocherellano con il suo cazzo. Janos geme. Ruggero sente che questo maschio gli si sta abbandonando completamente.

Ruggero procede a lungo, mentre le sue mani percorrono il corpo del guardacaccia, accarezzando, stringendo, pizzicando. Quando sente che ormai il piacere non può più essere contenuto, afferra il cazzo di Janos e muove la mano stuzzicandolo. Le spinte diventano più forti e infine vengono entrambi.

Ruggero si ritrae e si stende. È stato splendido, una delle migliori scopate della sua vita.

Janos si alza. Sul viso per un attimo appare una smorfia: il culo deve fargli male.

- Grazie, signor duca. Ora io vado.

Ruggero lo guarda, stupito che il guardacaccia voglia già andarsene.

- Rimani qui un momento. Stenditi accanto a me. 

Janos obbedisce.

Ruggero gli prende la mano e giocherella un po’ con le dita.

- Spero di non averti fatto troppo male.

- Solo un po’. Credo che oggi camminerò piano, signor duca, non farò una buona guardia. Mi scusi.

Roggero ride e scuote la testa. Sente la stanchezza. Chiude gli occhi e scivola nel sonno. La sua mano continua a stringere quella di Janos e sulle sue labbra c’è un sorriso.

Si sveglia dopo un breve sonno. Janos non si è mosso e le loro mani sono ancora allacciate. Vedendolo destarsi, Janos dice:

- Ora è meglio che vada, signor duca. Devo fare il mio lavoro.

Ruggero annuisce.

- Prenditela con comodo, Janos.

Ride e aggiunge:

- E non correre!

Janos scuote la testa, sorridendo:

- Non ce la farei proprio, signor duca.

Ruggero rimane ancora un momento disteso. Poi si alza e si riveste. È appagato. Scopare con Janos gli è piaciuto molto. E gli è piaciuto come il guardacaccia si è mosso. Certo che ha un bel culo. E non l’ha dato via spesso.

In giornata Ruggero si rende conto di essere di buon umore. Il pensiero va spesso a Janos. Avrebbe dovuto dargli un appuntamento per domani, ma tutto sommato è stato meglio non farlo: se Janos vuole, farà in modo di ritrovarsi al fiume. Mentre lo pensa, si chiede se Janos faccia il turno di notte o di giorno. Se oggi aveva il turno diurno, magari domani avrà quello notturno. Potrebbe andare alla casa dove dormono Janos e l’altro guardacaccia, che si dividono i turni per la sorveglianza di quest’area, e chiedere, ma non gli sembra proprio il caso di mostrarsi troppo interessato.

 

L’indomani il cielo è coperto e promette pioggia. Ruggero fa la sua solita cavalcata, ma mentre torna verso l’ansa del fiume, incomincia a piovere. Merda! Ruggero raggiunge il punto dove si è fermato il giorno prima. Non è il caso di bagnarsi nel fiume in una giornata come questa: la pioggia non è violenta, ma cade fitta. Janos non verrà. Merda!

La voce lo sorprende:

- Non pensavo che venisse oggi, sotto la pioggia, signor duca.

Ruggero si volta e ride.

- Oggi non mi metto di certo a nuotare. Ed è anche piuttosto fresco, troppo per spogliarsi.

- Certo, signor duca.

Janos non si fa avanti, ma Ruggero sente la tensione crescere. Vuole possedere quest’uomo che gli sta davanti, con un leggero sorriso sulle labbra, in cui non c’è traccia di provocazione o di malizia. Il cazzo gli si irrigidisce. Ruggero lo guarda e dice:

- Adesso io e te ci infiliamo sotto quegli alberi e mi limito a calarti i pantaloni.

Janos ride e annuisce.

- Come vuole, signor duca.

Ruggero si dirige alla grande farnia, l’albero più alto dell’area boscosa ai cui margini si trovano. La chioma offre un buon riparo dalla pioggia e il terreno sottostante è ancora asciutto.

Il duca si mette vicino al tronco, si volta e sorride a Janos, che si è fermato a un passo. Ha voglia di baciarlo. Tende le braccia, attira il guardacaccia a sé e poi lo bacia. La sua lingua si infila tra le labbra di Janos, che sembra esitare e poi apre la bocca. È bello baciare quest’uomo e Ruggero si sente sommergere da un’ondata di tenerezza che lo spaventa. Reagisce ritraendosi, voltando Janos bruscamente e spingendolo contro l’albero. Poi gli slaccia la fibbia della cintura e gli abbassa i pantaloni e le mutande. Inumidisce l’apertura con la saliva e, dopo aver tirato fuori il cazzo, lo spinge dentro. Janos sussulta. Deve avergli fatto male. Ruggero si ritrae e attende un attimo. Il guardacaccia rimane in silenzio, il viso abbassato. Poi Ruggero spinge nuovamente il cazzo, con cautela, facendolo entrare. Si ferma e dopo un buon momento lo spinge più in dentro. La sua mano passa davanti e afferra il cazzo di Janos, che non è rigido. Lo accarezza e lo stringe fino a che non lo sente crescere di volume e consistenza. Solo allora inizia a muovere il culo avanti e indietro, spingendo il cazzo a fondo e poi ritraendolo, mentre la mano destra giocherella con il cazzo di Janos e la sinistra accarezza la pelle, scorrendo sul torace e sul ventre.

Infine Ruggero viene, con alcune spinte violente che strappano un gemito al guardacaccia, poi la sua mano guida Janos al piacere.

Rimangono un momento fermi, Janos appoggiato al tronco, Ruggero dietro di lui, il cazzo ancora dentro il culo che ha appena posseduto. Poi Ruggero si ritrae si riveste.

Janos si tira su le mutande e i pantaloni, senza voltarsi, e si rassetta. Ruggero lo fa girare su se stesso: vuole baciarlo. Ma quando Janos è voltato verso di lui, gli sembra di vedere le tracce umide di lacrime sul suo viso.

- Che succede, Janos?

- Mi scusi, signor duca. La posizione… è stato un po’ doloroso… non sono abituato.

 Ruggero gli passa la mano sotto il mento e gli solleva il viso.

- Ieri… è stata la prima volta, Janos?

- Sì, signor duca, mi scusi.

- E oggi ti ho preso come un animale. Sei tu che devi scusarmi.

- No, che dice?

- Magari non lo volevi nemmeno.

Janos è disorientato, ora.

- No, non è vero! Lo volevo, signor duca. Lo desideravo, da tempo. Ma non avrei mai osato. È stato bellissimo, ieri. E anche oggi, ma quando è entrato…

Janos sorride e dice:

- …lei è un toro, signor duca. E non sono abituato. Mi scusi.

Ruggero scuote la testa. Accarezza la guancia di Janos, poi lo bacia, un bacio leggero.

- Sei di turno oggi?

- Nella notte.

- Allora domani non ci vediamo. Peccato, perché a metà mattinata parto per Vienna.

- Posso venire dopo il turno, se lei vuole, signor duca.

- Non vai a dormire?

- Mi stenderò domani mattina, dopo... Ma solo se lo vuole lei, signor duca.

- Tu lo vuoi?

- Io sì, ma...

Ruggero non lo lascia finire. Lo bacia sulla bocca e dice:

- Ci vediamo domani qui. E prometto che sarò più attento.

 

Ruggero risale a cavallo e torna al palazzo. È turbato. Janos gli piace, moltissimo. Troppo. Lo conosce poco: è al suo servizio da quattro anni e gli è capitato più volte di incontrarlo nei suoi giri, ma si è sempre limitato a scambiare due chiacchiere con lui. Adesso però vorrebbe saper qualche cosa di più di questo bel maschio che gli ha donato la sua verginità senza farsi pregare. Certo, una relazione con lui creerebbe una serie di complicazioni, ma gli piace troppo per rinunciarci.

La giornata è grigia e la pioggia cade insistente. Ruggero pensa che domani sarà tutto bagnato. Ma a metà pomeriggio si alza il vento e tra le nuvole appaiono squarci di azzurro. In meno di un'ora il cielo è sgombro.

Dopo cena Ruggero esce a piedi e cammina un po’. Il vento ha fatto cadere molte foglie, che frusciano sotto i suoi piedi. Il cielo è perfettamente sereno, una distesa nera trapuntata di infinite stelle.

Ruggero vorrebbe cercare Janos, che adesso è di guardia, ma non saprebbe dove trovarlo. Pensa che gli piacerebbe scopare con lui nel buio, senza vederlo, sentire il calore del suo corpo, il suo odore, toccare la sua pelle morbida, la sua barba pungente, sentire il suo cazzo irrigidirsi. Il desiderio si riaccende, violento. Ma trovare Janos ora è impossibile. Cammina un po’, poi torna a palazzo, ma la tensione non cala. Non gli capitava da tempo di provare un desiderio così forte per un corpo.

La notte, nella sua camera, tarda molto ad addormentarsi e il pensiero va a Janos, che ritorna in un sogno: il guardacaccia si nasconde tra gli alberi e lui lo cerca; a un certo punto lo vede, ma il giovane gli sfugge. Infine riesce a raggiungerlo e a bloccarlo. Si sveglia che è sul punto di venire.

 

L’indomani mattina Ruggero esce presto come al solito. Fa un giro a cavallo, poi si bagna e cavalca ancora un po’, nudo. Torna all’ansa del fiume. È in anticipo rispetto al solito, ma è impaziente.

Janos arriva poco dopo, anche lui in anticipo.

È bello ritrovarlo, stringerlo, scopare con lui, portarlo al piacere, abbracciarlo, accarezzarlo. Dopo l’amore, Ruggero scivola nel sonno. Dorme oltre un’ora.

Quando si risveglia, Janos non c’è più. Probabilmente è andato a dormire, dopo una notte di veglia. Ruggero gli avrebbe volentieri parlato, ma forse è meglio così. Non saprebbe che cosa dire: ha le idee confuse. Forse il soggiorno a Vienna gli permetterà di chiarirsele.

Ritorna dove ha lasciato gli abiti. Quando si mette la giacca, si accorge che il portafogli che aveva con sé non c’è più. Janos gli ha rubato il portafogli! Non può essere stato nessun altro, ma gli sembra incredibile. Ha pensato che lui non lo denuncerà, per paura che racconti quello che è successo?

Non c’era molto: quando esce a cavallo nella tenuta porta poco denaro con sé. Ma la delusione è violenta e la rabbia lo è altrettanto. Si riveste furente e risale a cavallo. Ripensando all’accaduto, si dice che magari il primo giorno Janos era accanto ai suoi abiti per controllare che lui non fosse nelle vicinanze, perché voleva prendergli quello che aveva in tasca. Vorrebbe licenziare Janos immediatamente, ma preferisce riflettere un momento sul da farsi. Comunque quello stronzo la pagherà!

 

A palazzo fa una colazione alquanto tardiva e poi si dirige a Vienna: questa volta però prende il baio, la cavalcatura che usa negli spostamenti tra la sua proprietà di campagna e la capitale. Potrebbe farsi accompagnare alla stazione, mezz’ora in carrozza, e prendere il treno, ma gli piace muoversi a cavallo. Ogni tanto pensa di comprarsi un’automobile, ma in ogni caso non intende rinunciare a cavalcare: il rapporto che si crea con l’animale gli procura una profonda soddisfazione. Durante lo spostamento riflette su quanto è successo in mattinata. Le scopate con Janos sono state molto belle, gli è piaciuto il suo modo di porsi, ma il furto del portafogli lo manda in bestia. Vedrà più tardi il da farsi. Adesso non vuole rovinarsi la giornata.

Per l’ora di pranzo è nel suo palazzo della capitale, un grande edificio con un piccolo parco.

Ha due impegni in città nel pomeriggio e la sera è invitato al ballo dei conti Eysenbach.

Dalla tenuta a Vienna ci vogliono meno di due ore e talvolta, nel periodo tra la primavera e l’autunno, Ruggero si sposta in giornata da un posto all’altro: la capitale ha molto da offrire, ma a Nebenfluß sta meglio. Oggi però non ritornerà nella tenuta, perché al ballo farà tardi e ha parecchi impegni nei prossimi giorni. D’altronde con l’avvicinarsi dell’inverno, le sue visite a Nebenfluß si diradano. La presenza di Janos lo avrebbe spinto a cercare di tornare comunque, ma adesso è invece un motivo per rimanere in città.

 

Nel primo pomeriggio Ruggero si veste con l’abito da sera. Controlla allo specchio che tutto sia a posto, poi si fa portare in carrozza allo studio di Gustav Keller, il più importante pittore dell’Impero, se non d’Europa: oggi è una delle ultime sedute di posa per il ritratto che l’artista gli sta facendo.

Mentre la carrozza procede per le strade della città, Ruggero pensa al pittore. Gustav gli piace molto. Non lo attrae come maschio, ma come persona. È un uomo sensibile, che l’enorme successo non ha inorgoglito.

Il pittore vive in collina, in una villa progettata da Otto Wagner, l’architetto che ha inaugurato una nuova stagione edilizia a Vienna. La costruzione ha due studi e il principale è una grande sala, molto luminosa, dove un domestico lo accompagna: Gustav è già pronto, perché sa che Ruggero arriva puntuale.

Ruggero saluta, scambia due parole di cortesia e si mette nella posizione che hanno concordato: in piedi, lo sguardo fisso sul pittore, il viso serio, le mani poggiate sul bastone da passeggio. È un buon modello: non si muove, non cambia espressione. Mentre rimane immobile, la sua mente va alla mattinata, anche se si era ripromesso di non pensarci. La faccenda del furto lo ha irritato. Non è la ruberia in sé, per quanto sia inaccettabile. A dargli fastidio è il fatto che Janos gli è piaciuto moltissimo, sotto tutti gli aspetti. In qualche modo, senza nemmeno dirselo, si era immaginato che ci sarebbero state molte altre scopate, che avrebbe avuto un motivo in più per andare a Nebenfluß. Janos lo ha deluso, profondamente.

- Duca, ha cambiato espressione.

Ruggero si riscuote.

- Mi scusi. La mente va dove vuole e a quanto pare ha scelto la direzione sbagliata.

Ruggero scuote la testa e riprende l’espressione che aveva all’inizio. Pensa agli impegni della giornata e poi a Michael. L’amico ama molto viaggiare ed è spesso lontano. Adesso è tornato da poco da un lungo giro in Scozia. Ruggero è impaziente di vederlo e di farsi raccontare il viaggio.

Alla fine della seduta si ferma a chiacchierare con il pittore: ne apprezza la ricchezza umana e la cortesia. Sono entrambi riservati, ma Ruggero si trova bene con Gustav Keller e ha l’impressione che anche il pittore si trovi bene con lui. Il cameriere porta una cioccolata calda, che entrambi gustano: hanno in comune l’amore per i dolci.

- La vedrò questa sera al ballo dei conti Eysenbach?

Gustav non è nobile, ma, come alcuni altri grandi artisti, viene invitato in tutte le occasioni importanti: ospitare il maggior pittore dell’Impero dà lustro.

- No, come ballerino sono un disastro. Di solito diserto i balli. Mi sono già scusato con la contessa.

- Anch’io non ballo volentieri, ma non posso sottrarmi. E poi avrò modo di incontrare alcuni amici. Comunque ho l’impressione che lei sia come me, poco amante della vita mondana.

- Ha ragione. Amo stare con gli altri, ma non nelle grandi occasioni. Preferisco una compagnia di amici dove si è più liberi di essere se stessi.

- Non posso certo darle torto.

Parlano ancora un momento, poi Ruggero si congeda. Non dovrà più posare, perché il ritratto è quasi concluso. Anche se non ama rimanere a lungo immobile, gli spiace che queste sedute siano finite. Ha l’impressione che quest’uomo molto schivo abbia una grande ricchezza interiore e gli piacerebbe che il loro rapporto non si esaurisse con la fine delle sedute di posa.

 

Al ritorno Ruggero ripassa a palazzo e nuovamente si cambia.

Raggiunge la palestra, dove si dedica alla lotta e assiste agli incontri di pugilato. I locali dove si praticano questa attività sono quasi tutti frequentati soltanto da un pubblico popolare. Quello scelto da Ruggero è un’eccezione, perché è rivolto a una clientela più selezionata, costituita soprattutto da borghesi: negozianti, artigiani, impiegati. Vi si allenano anche quei pochi nobili che praticano questi sport nelle palestre: tra gli aristocratici dell’Impero Austro-Ungarico, boxe e lotta non contano molti appassionati e coloro che vi si dedicano di solito preferiscono avere un maestro personale, per non mischiarsi con il popolo. Tra i nobili che frequentano il locale Ruggero ha fatto amicizia con il barone Siegmund Meyer zu Grünewald, a cui non dispiace l’ambiente delle palestre, anche di quelle frequentate da operai.

Ruggero ha preso lezioni di lotta da un maestro, ma preferisce misurarsi con altri, come un lottatore qualunque, e non affrontare solo il suo allenatore. Qualche volta Siegmund lo ha portato in locali molto popolari, dove il combattimento è più rude. Qui ha assistito a incontri, ma a differenza dell’amico non vi ha mai preso parte, anche se è stato tentato di farlo.

La lotta gli trasmette sempre emozioni molto forti, più del pugilato, a cui ama assistere, senza partecipare: gli piace misurarsi con altri maschi vigorosi, stringerne i corpi, vincerli e anche esserne vinto.

Nella palestra pochi riconoscono in questo lottatore molto in gamba il duca d’Aquaforte e nessuno di loro lo chiama con il suo titolo, neanche Siegmund: Ruggero non si presenta come un nobile, ma come un appassionato di lotta e di boxe. Anche lui non si rivolge a Siegmund usando il titolo: quando si trovano in palestra, si salutano e chiacchierano insieme, come due borghesi qualsiasi. A differenza di Ruggero, Siegmund pratica anche il pugilato e in alcune occasioni è uscito con un occhio nero o una ferita al labbro.

L’amico non è presente e Ruggero si esercita nella lotta, poi assiste ad alcuni incontri tra i frequentatori della palestra.

Quando Siegmund arriva, per Ruggero è quasi ora di andarsene. Scambiano due parole e stabiliscono di ritrovarsi in palestra due giorni dopo, per un allenamento e poi un doppio massaggio: in palestra prestano la loro opera alcuni massaggiatori e i due amici amano questo momento di rilassamento e piacere. Prima di uscire, Ruggero fissa l’appuntamento.

 

Ruggero torna a casa. È quasi ora di prepararsi per il ballo. Non tiene molto alle occasioni mondane, ma sa che dagli Eysenbach incontrerà alcuni amici e soprattutto Michael, che è appena tornato dal suo ultimo viaggio.

Si cambia. Mentre si rimette l’abito da sera, si dice che oggi la sua principale attività è stata cambiarsi il vestito.

Il gran ballo chiuderà una giornata intensa, che sarebbe stata molto soddisfacente se il furto non gli avesse lasciato l’amaro in bocca.

Ruggero non ama i balli. Nonostante sia alquanto massiccio, sa ballare bene, ma danzare con una donna tra le braccia non gli trasmette grandi emozioni e preferisce trascorrere la serata chiacchierando con qualche amico. D’altronde Ruggero sa benissimo di non essere un bell’uomo, tutt’altro, e nessuna donna sarebbe molto contenta di essere invitata da lui. Disertare il ballo sarebbe però una scortesia. Ruggero è conscio del fatto che far parte dell’alta società comporta alcuni obblighi e non si sottrae.

Il ballo dagli Eysenbach è uno dei grandi eventi mondani di Vienna. Gli invitati sono molti. Si tratta in maggioranza di nobili, ma sono presenti anche alcuni grandi artisti e altri personaggi illustri.

Ruggero saluta le persone che conosce: per alcune basta un cenno da lontano, ad altre si avvicina per dire due parole, in modo più formale o più personale. Passa da un gruppo all’altro, indugiando in uno dove alcuni suoi amici parlano di teatro.

Balla un’unica volta, con la figlia dei padroni di casa: gli sembra doveroso farlo. La contessina è una giovane intelligente e spiritosa, che gli dice:

- È un onore essere invitata da lei, duca. Non la vedo mai ballare.

- È vero, ma sono un orso ed evito di torturare le povere dame. Costringo al supplizio solo lei, perché mi sembrerebbe scortese non ballare con la giovane padrona di casa.

- Lei balla benissimo, duca. Ed è un piacere danzare con un cavaliere esperto.

Ruggero non insiste: non vuole dare l’impressione di cercare complimenti. È davvero un cavaliere eccellente, perché ha imparato da giovane e ha un buon orecchio musicale, ma non è certamente un bell’uomo: è un Ercole, ma è sgraziato e tanto irsuto da essersi guadagnato il soprannome di gorilla già ai tempi della scuola. Anche il viso non è certo attraente. Difficile immaginare che una giovane donna veda in lui un bel cavaliere.

Al termine del ballo ritorna a mescolarsi tra coloro che preferiscono chiacchierare, ma tiene d’occhio la sala, per vedere se arriva Michael.

Incomincia a pensare che l’amico abbia rinunciato a venire, quando qualcuno gli passa un braccio attorno alle spalle. Si volta, un po’ stupito.

- Michael! Sono contento di vederti.

- Anch’io. Contavo di incontrarti. Altrimenti non credo che sarei venuto.

- Stai bene?

- Benissimo. E tu?

- Anch’io.

Michael e Ruggero hanno molti punti in comune: sono entrambi nobili e molto ricchi; amano gli uomini e hanno forti appetiti; non cercano un compagno, ma colgono le occasioni che si presentano, occasioni che non mancano a nessuno dei due. Non sono certo belli, ma sono vigorosi e ben dotati e anche la loro ricchezza è un fattore di attrazione per molti maschi.

- Soddisfatto del tuo viaggio?

- Molto.

- Devi raccontarmi tutto.

- Volentieri, ma non qui.

- No, certo. Vieni a pranzo da me domani.

- Ottima idea. Hai una cuoca sopraffina, tu. Ma adesso usciamo sulla terrazza. Qui si soffoca. Possiamo parlarci con calma.

Escono sulla grande terrazza da cui una gradinata centrale conduce nel parco del palazzo. C’è diversa gente vicino alle tre grandi porte che danno accesso alla sala, ma i due amici raggiungono un angolo della balaustra, dove sono abbastanza isolati da poter parlare liberamente.

- Tu non ti sei mosso da qui, vero? A Nebenfluß tutto il tempo, quando non avevi impegni.

- In realtà avanti e indietro tra la tenuta e Vienna.

- A cavalcare, nuotare, camminare a Nebenfluß. A lottare, annoiarti ai ricevimenti e scopare a Vienna.

Ruggero ride: la sintesi di Michael è abbastanza corretta. Ci sono state anche le scopate a Nebenfluß, con Janos, ma dopo quanto è accaduto in mattinata, di quelle Ruggero non ha voglia di parlare. Lo farà in altro momento, con calma.

- Sì, direi che è tutto. O quasi. Ho anche posato.

- Posato?

- Keller mi sta facendo un ritratto. Ormai ho finito con le sedute. Deve solo completare lo sfondo.

- Era un po’ che pensavo di farmi fare un ritratto. Cercherò Keller, ma non ora, al ritorno.

- Al ritorno? Sei già di nuovo di partenza?

- Te l’avevo detto che…

- …che vuoi tornare a Venezia. Sì, ma sei rientrato dalla Scozia pochi giorni fa.

- Vienna mi annoia. Se non ci fossi tu, non ci tornerei neanche. Ma dimmi, Keller è qui questa sera?

- No, non frequenta molto la società e soprattutto evita le serate di ballo.

- Fa bene. Ci sono venuto solo perché sapevo che tu ci saresti stato. Quanto a Keller, lo cercherò più avanti, tanto tra un po’ ritorno.

- Va bene. Dimmi di te. Che hai fatto? Hai camminato per le brughiere scozzesi, hai visitato abbazie in rovina, vecchie chiese e castelli, hai preso freddo in isole battute dal vento e certamente hai fatto incontri… molto caldi.

- Qualche buon incontro c’è stato, non lo nego, ma poca roba. Rispetto all’Italia o all’Egitto, non c’è confronto. Gli scozzesi non sono molto disponibili, alcuni perché sono alquanto bigotti, altri perché hanno paura: sai com’è, si finisce facilmente in galera, da quelle parti. Se pensi che quei coglioni hanno messo in prigione Oscar Wilde! Ma ho trovato qualche libero pensatore e devo dire che sotto i kilt si nascondono cose molto interessanti.

- Non ne dubito. Domani parliamo con calma, ma adesso mi anticipi qualche cosa.

Ruggero sa che a Michael piace parlare delle sue avventure e le ascolta volentieri. Sono entrambi molto franchi e si raccontano tutto senza remore.

- Gli incontri migliori li ho fatti nei castelli e in città. Nelle Cairngorm Mountains ero ospite di lord Glenshiel. Un giorno è arrivato un nipote del lord, sir Edward, che si è fermato a pranzo. Alto, ben piantato, un vero Ercole, Ruggero, come te.

- Come me? Non granché, allora.

- Non dire stronzate. Io lo guardavo, me lo bevevo proprio con gli occhi. Lui se n’è accorto, ma sembrava ignorarmi. Mi sono detto che non c’era niente da fare, pazienza. Dopo pranzo mi chiede se ho avuto modo di ammirare la veduta dalla torre settentrionale. Gli dico di no e lui mi accompagna.

- La veduta dalla torre. Mi sta venendo qualche idea su quello che ti ha fatto vedere.

- Idea sbagliata, mi sa. Non ho visto niente di quello che pensi…

- Va bene, prosegui.

- Quando siamo in cima alla torre, io mi appoggio al parapetto per guardare, mentre lui mi indica le cime montuose, il lago, l’isola, due castelli non lontano. Mentre continua a parlare, si mette dietro di me. Senza smettere di descrivermi il panorama, mi slaccia la cintura e abbassa i pantaloni. Sento il suo cazzo premermi contro il buco. Me lo mette in culo mentre mi racconta del castello dei Raeburn e della sua distruzione.

- Un’interessante lezione di storia e di vita.

- Molto interessante. E molto soddisfacente. Lui è molto dotato, anche se certo non come te. Ed è bravo. Si è fermato una settimana, anche se il mattino aveva detto che sarebbe ripartito nel pomeriggio. Certo che alla fine della settimana il culo mi faceva un male che non ti dico…

Ruggero annuisce. A differenza di Michael, nel sesso Ruggero è esclusivamente attivo, anche se a volte si chiede che cosa si prova a farsi possedere. Michael è molto più versatile.

Michael sorride, poi dice, con una voce che il desiderio rende roca:

- Ruggero, a raccontarti mi è venuta una certa voglia…

E mentre parla, Michael gli stringe il cazzo attraverso il tessuto dei pantaloni.

Ruggero ride, mentre lancia una rapida occhiata intorno. Nel punto in cui sono, nessuno può vedere dove si è posata la mano di Michael. L’idea dell’amico non gli spiace. Anche se ha scopato in mattinata, il racconto del bel lord scozzese ha attizzato il suo desiderio.

- Anche a me. Andiamo a casa mia?

- Voglio farlo qui.

- Qui? Michael, tu sei pazzo!

- Mi piacerebbe scopare con te tra gli alberi.

- Nel bosco possiamo farlo, a Nebenfluß o a Schwarzewasser o al massimo da te, nel parco del tuo palazzo. Ma certamente non nel parco degli Eysenbach, in una sera di festa, per di più!

- Ma io voglio farlo adesso.

- Sei il solito bambino viziato.

- Lo so. Non puoi dirmi di no.

- Qui, non se ne parla neanche. Se vuoi andiamo da te o vieni da me.

Michael sospira. Sa che Ruggero ha ragione. E in fondo, anche se gli piace rischiare, l’ha proposto contando sul rifiuto dell’amico: sa che Ruggero è prudente. Di loro senza dubbio si parla, ma poiché sono piuttosto discreti, sono solo voci e non c’è nessuno scandalo.

- E va bene.

- Vieni da me. Puoi fermarti per la notte e domani mattina facciamo un bis.

Si congedano dai padroni di casa. Michael rimanda al suo palazzo la carrozza che lo ha portato e sale su quella di Ruggero.

Nel buio della carrozza, le sue mani irrequiete stuzzicano il cazzo di Ruggero, che si tende in fretta. Al duca piace l’impazienza di Michael, a letto ne apprezza l’assoluta mancanza di pudore e, anche se non si amano, la loro amicizia rende i loro rapporti molto più ricchi e soddisfacenti delle scopate occasionali.

Nel palazzo d’Aquaforte Michael ha una camera per sé, di fianco a quella di Ruggero e comunicante attraverso una porta. Di fatto non ci dorme quasi mai e si limita a stendersi il mattino sul letto, dopo aver trascorso la notte con l’amico. La servitù conosce i gusti del padrone, ma questi bada a salvare le apparenze.

Passano direttamente nella camera di Ruggero.

Ruggero spoglia l’amico. A Michael piace sentire le mani forti di Ruggero scorrere sul suo corpo e togliergli gli indumenti, uno dopo l’altro, alternando carezze ruvide e strette vigorose. E gli piace vedere Ruggero mentre questi si denuda, guardare il corpo forte che emerge dagli abiti: le spalle larghe, il petto muscoloso e coperto da una peluria scura, il ventre e il magnifico cazzo, ancora a riposo.

Ruggero sorride.

- Adesso devo pisciare.

Michael annuisce. Gli piace bere il piscio di Ruggero e l’amico lo sa. Si inginocchia davanti a lui e prende in bocca il cazzo. Riceve il getto e beve ogni goccia. Quando l’amico ha concluso, prende a passare la lingua sul cazzo, lo mordicchia leggermente, mentre Ruggero ride, poi lo succhia. Lo sente acquistare volume e consistenza e presto l’arma formidabile del duca è pronta per l’uso. Michael si stacca e la contempla.

- Cazzo! Non ho mai visto un cazzo così e ti garantisco che di cazzi ne ho visti un buon numero.

- Non ne dubito. Spero che in viaggio tu abbia usato i preservativi.

- Sì, lo sai che sono prudente. Non ho voglia di beccarmi la sifilide.

Ruggero accarezza la testa di Michael. Non è sicuro che l’amico sia sempre stato prudente come dice, perché sa che è impulsivo, ma di solito deve essere stato attento. Nei rapporti occasionali o con prostituti entrambi prendono le precauzioni necessarie per non correre rischi. Ma con sir Edward di certo Michael non ha usato un preservativo.

Ruggero si china. Fa scorrere le sue mani sulla schiena dell’amico, gli stringe con forza il culo, poi si stacca, gli sorride e lo solleva, senza sforzo. Lo porta fino al letto, su cui lo posa, con il culo sul bordo.

Si china su di lui, lo bacia ancora, poi gli solleva le gambe, mettendosele sulle spalle. Si bagna abbondantemente la mano con la saliva e incomincia a passarla sul buco di Michael, che geme nuovamente.

- È meglio che bagni un po’, non vorrei farti male…

Ruggero ghigna e aggiunge:

- Anche se so che hai tenuto in esercizio questo bel buchetto.

Michael sorride, ma tutto il suo corpo è in tensione, perché la mano che gli accarezza il solco, che stuzzica il buco, con quel dito che gli si infila dentro… quella mano è un tizzone ardente a contatto con paglia e rami secchi e l’incendio si scatena. Michael geme più forte, incapace di contenersi.

Ruggero sputa di nuovo sulla mano, bagna ancora un po’ e poi Michael sente che il grosso cazzo di Ruggero sta premendo contro il suo culo, sta entrando. Michael si tende, in uno spasimo di dolore e piacere, mugola, mentre Ruggero grugnisce.

Ruggero gli passa le mani sul torace e sul ventre, mentre lentamente spinge il suo arnese a fondo, sempre più a fondo. A Michael pare che questa avanzata non debba finire mai e davvero vorrebbe che non finisse mai. A tratti la sensazione è tanto forte che Michael chiude gli occhi, stravolto dal piacere, che è anche dolore. E poi li riapre e guarda Ruggero, che gli sorride e lo accarezza, mentre gli mormora parole, in cui si mescolano apprezzamenti ed oscenità.

Ruggero è arrivato al fondo e ora si ritrae, per avanzare nuovamente, mentre le sue mani percorrono il corpo di Michael, che geme, sospira, mugola e poi si trova, quasi senza rendersene conto, a gridare ad ogni nuova spinta che lo squassa.

Ruggero procede, sorridendo, accarezzandolo, facendolo impazzire di piacere. Michael lo guarda, guarda i rivoli di sudore che si perdono tra i peli sul torace e sul ventre, le goccioline sulla fronte, gli occhi, il sorriso. Gli poggia le mani sui fianchi, poi le passa sul petto, sulla pelle umida di sudore, tirando i peli, accarezzando.

E Ruggero continua nel suo movimento inesorabile, mentre Michael urla senza ritegno. Le loro parole si mescolano, come il loro sudore, come le loro mani, che ora si incontrano e si stringono.

Ruggero cavalca a lungo. Infine Michael sente la scarica che gli riempie il culo e la mano di Ruggero che, ruvida e insieme delicata, gli accarezza il cazzo. Michael grida e il piacere che riempie il suo culo si confonde con quello che sale dai coglioni ed esplode sul suo ventre.

Ora Ruggero esce da lui, fa scivolare il corpo di Michael in modo che sia tutto sul letto e gli si stende accanto. Lo accarezza dolcemente, passandogli la mano sul viso, sul collo, sul torace. Lo bacia con delicatezza, sulla bocca, sugli occhi, sulla fronte, mentre la mano scende a sfiorargli il cazzo e a giocherellare con i coglioni.

Poi Ruggero si addormenta, come gli capita quasi sempre dopo una bella scopata. Michael rimane un momento a guardarlo. Vuole bene a Ruggero, profondamente. Ha trovato in lui un amico, l’unico vero amico che abbia mai avuto nella sua vita. Che questo amico sia anche un magnifico stallone, è un’ottima cosa, perché li avvicina ancora di più, ma non è l’essenziale. Sarebbero amici anche se non scopassero insieme. Per Michael Ruggero è un fratello e a volte vorrebbe davvero chiamarlo così, ma, per quanto sia sfacciato, prova vergogna a rivelare un sentimento così intimo. Più volte è stato sul punto di farlo, ma il pudore lo ha frenato.

Michael tende la mano e accarezza, leggermente, il corpo di Ruggero. Questi non si sveglia, ma emette un suono, una specie di sospiro profondo.

Michael sorride. Ritira la mano, chiude gli occhi e si addormenta.

 

La mattina, dopo un piacevole bis, Michael e Ruggero fanno colazione insieme.

Il conte parla del viaggio che progetta:

- Voglio tornare a Costantinopoli. Prendo l’Orient Express, sai che da alcuni anni arriva direttamente in città, non occorre più scendere a Varna e prendere il traghetto. Una gran comodità.

- Costantinopoli vale la pena di essere rivista, senz’altro. E di lì? Giri per l’Impero Ottomano? Ci sono un sacco di occasioni.

- No, torno in Grecia, via nave. Inverno in Grecia, nella terra degli dei.

- Anche se non sono gli dei che cercherai, mi sa.

- Gli dei no, ma qualcuno che mi porti in paradiso.

Ruggero ride.

- Giusto. È un bellissimo programma.

- Perché non vieni anche tu?

- Adesso no, ma prima o poi dobbiamo fare un altro viaggio insieme.

- Lo prendo come una promessa.

- Va bene. E poi? Ti degnerai di tornare da noi?

- Prenderò il traghetto per l’Italia. Che cosa c’è di meglio di febbraio a Roma, marzo a Firenze e aprile a Venezia? Più o meno, non è che siano date definitive. E poi Padova, Vicenza, Verona e ritorno attraverso il Brennero.

- Mi sa che starai via come minimo sei mesi. A Venezia sarai mio ospite.

- Pensi di venire anche tu a Venezia? Sarebbe bellissimo.

- No, non credo, di solito ci vado un po’ più avanti. Dico che sarai mio ospite, perché ti stabilirai da me.

La famiglia d’Aquaforte è di origine italiana e Ruggero possiede un palazzo nei pressi di Santa Maria dei Miracoli.

- Ma no, se tu non ci sei, vado all’hotel Danieli. So che l’hanno ristrutturato e ammodernato da poco. Ha tutte le comodità.

- Non se ne parla neanche. Scordati il Danieli o ti tolgo il saluto. E comunque anche casa mia ha tutte le comodità. Benché io continui ad andare a cavallo, non amo vivere come i miei nonni. Pure il cuoco che ho a Venezia è eccellente, forse non come Petra, ma di certo superiore alla media.

- Ruggero, non so quanto mi fermo, ma vivere alle tue spalle…

Ruggero lo interrompe, ridendo:

- Hai paura di mandarmi in rovina?

Ruggero è ricchissimo e Michael, che non è meno abbiente, lo sa benissimo.

- No, ma…

- Non ci sono ma. Ospitalità finché rimani a Venezia o completa rottura dei rapporti. Non hai alternative.

Michael scuote la testa. Guarda Ruggero e dice:

- Ruggero, per me sei un fratello, un fratello maggiore.

Ruggero non si aspettava questa dichiarazione d’affetto, che gli fa molto piacere.

- Posso dire lo stesso, fratellino.

Le parole di Ruggero toccano in profondità Michael, che sorride, per nascondere la sua commozione.

- Grazie, fratello. Grazie.

Trascorrono ancora alcune ore insieme, poi Michael se ne va.

 

Il giorno previsto Ruggero torna in palestra. Dopo essersi cambiato, passa nella sala. Siegmund è già arrivato.

- Allora, pronto per l’incontro di lotta, Siegmund? E poi per il doppio massaggio?

- Certo che lo sono, Rüdiger!

Spesso Siegmund chiama Ruggero con l’equivalente tedesco del suo nome, come fanno in molti: questo nome italiano, voluto dal padre nella tradizione di famiglia, suona ostico a chi parla tedesco.

Si allenano entrambi, poi, venti minuti prima dell’ora prevista per il massaggio, si affrontano. Siegmund è un buon pugile, ma come lottatore non ha l’esperienza di Ruggero. Lottano accanitamente, poi, come succede quasi sempre, Ruggero riesce a bloccare l’amico. La stretta dei corpi ha acceso il desiderio di entrambi, preparandoli al massaggio.

Passano nello spogliatoio e si lavano, poi raggiungono la saletta dove li aspettano i massaggiatori, entrambi a torso nudo. Sono del tutto diversi uno dall’altro: il più giovane, Bohumir, viene dalla Boemia ed è un colosso, con grandi mani forti; l’altro, Drgan, molto più avanti negli anni, è un musulmano della Bosnia. Sono entrambi abili e, a differenza di altri, praticano nella massima discrezione massaggi che vengono definiti “completi”.

Proni su due lettini vicini, Ruggero e Siegmund si abbandonano al piacere di queste mani esperte che percorrono i loro corpi, ora vigorose, ora delicate, accarezzando, strizzando, premendo.

Quando i massaggiatori hanno terminato la prima fase, i due amici si voltano, stendendosi sulla schiena, e il massaggio riprende. Le mani percorrono i due corpi: le gambe, le braccia, il torace, il ventre, i genitali. Presto a entrambi si irrigidisce il cazzo.

Ruggero gira la testa e sorride a Siegmund, che ricambia il sorriso. Sono attratti l’uno dall’altro, ma nessuno dei due accetterebbe l’idea di offrirsi, per cui non hanno mai avuto un rapporto. A entrambi però piace vedere l’altro ed essere visto dall’altro con il cazzo duro e poi nel momento in cui viene.

Il massaggio prosegue e si concentra sui genitali, che sono stati già alquanto stimolati. Siegmund viene un attimo prima di Ruggero.

I due massaggiatori puliscono il seme, poi lasciano che gli amici riposino un momento distesi.

 

Ruggero ritorna a casa tardi, soddisfatto della giornata. Il suo buonumore dura pochissimo: c’è una lettera del suo intendente.

C’è stato un furto nella camera di Vostra Signoria. Sono scomparsi i quattro candelieri e la cornice d’argento.

La signora Erden ha visto uscire dalla residenza il guardacaccia Toth, che non aveva motivi per recarvisi. Lo abbiamo interrogato. Ha negato di essere mai entrato. Allora ho mandato due servitori a perquisire la sua abitazione. Nella sua stanza hanno trovato uno dei candelieri. Nessuna traccia degli altri. Abbiamo chiamato i gendarmi, ma Toth è fuggito.

 

Ruggero appallottola il foglio. Si sente soffocare dalla rabbia. Merda! Merda! Merda! Che cosa cazzo crede, Janos? Che per avergli dato il culo, può saccheggiare le sue cose? Che squallore! E dire che gli era sembrato… si è lasciato ingannare come un coglione.

Ruggero sa leggere dentro di sé. La delusione quando ha scoperto di essere stato derubato del portafogli e la rabbia che prova ora non dipendono solo dal doppio furto. Se il ladro fosse un altro, non ci penserebbe nemmeno due minuti. Ma Janos ha smosso qualche cosa dentro di lui e persino ora, dopo questo secondo furto, ha difficoltà ad accettare l’idea che sia solo un ladro.

 

Ruggero non avrebbe voglia di tornare a Nebenfluß, ma non può evitarlo. La faccenda di Janos è troppo grave.

Parte in mattinata, a cavallo, intenzionato a rientrare in serata. Ha sempre evitato di avere rapporti con i suoi dipendenti e per una volta che l’ha fatto… merda! Merda! Merda!

A Nebenfluß parla con l’intendente, che ha poco da aggiungere a quanto ha scritto.

Poi incontra il responsabile della stazione di polizia della vicina città, Helmut Sanders. Sanders ci tiene a far bella figura con il duca, mostrandosi solerte.

- Faremo il possibile per catturare il ladro e recuperare la refurtiva.

A Ruggero poco importa di recuperare la refurtiva e non desidera neppure che Janos venga arrestato, per quanto provi rabbia nei suoi confronti. Non teme che il guardacaccia possa rivelare ciò che c’è stato tra loro: si metterebbe nei guai, aggravando la propria situazione. Ma l’idea che finisca in prigione non gli dà nessun piacere.

- Non si preoccupi: non è certo un gran danno. Janos Toth è un ladruncolo, come ce ne sono tanti, non un pericoloso criminale. Per quel che mi riguarda, è inutile che perda tempo a corrergli dietro. Ha perso il lavoro per quattro pezzi d’argento. Non ha fatto un buon affare.

Sanders è contento delle parole del duca: cercherà ovviamente il ladro, ma non deve preoccuparsi troppo se non riuscirà a scovarlo. Il duca non andrà a lamentarsi, come ha fatto invece il barone Geister, con cui è meglio non avere a che fare: ha procurato un sacco di grane agli agenti che non erano riusciti a trovare il ladro del braccialetto della figlia. Che non è neanche detto che le fosse stato davvero rubato, magari l’aveva perso. Il duca d’Aquaforte invece ha fama di avere un buon carattere.

Dopo i due colloqui, Ruggero rientra a Vienna, di pessimo umore.

 

La sera successiva Ruggero è a teatro, con Michael. Amano entrambi il teatro. Michael è anche un appassionato dell’opera, mentre Ruggero va volentieri ai concerti, ma non apprezza la lirica.

Danno Antonio e Cleopatra. Michael osserva stupito l’attore che interpreta Antonio, un gran bell’uomo alto e forte, barba e capelli neri. Non l’ha mai visto, ma, viaggiando molto, va più spesso a teatro a Parigi, Londra o Milano che a Vienna.

Nell’intervallo chiede a Ruggero:

- E quello splendido maschio che interpreta Antonio, chi è?

- Sant’Iddio, Michael! Tu viaggi troppo. Come fai a non conoscere Eldemar Männer? Uno dei migliori attori di Vienna. È stato alcuni anni a Berlino, ma adesso sono almeno quattro anni che è tornato. Mezza Vienna impazzisce per lui.

- Un ottimo attore e di sicuro uno dei più begli esemplari di maschio che io abbia mai visto.

- Sì, davvero.

- Tu lo conosci?

- Mi capita di incontrarlo a qualche ricevimento. Ho scambiato qualche parola con lui. Mi ha fatto un’ottima impressione.

- Anche a me.

Ruggero ride.

- Non in quel senso.

- Non in quel senso? Non mi dire che non ti piacerebbe.

- Certo che mi piacerebbe. A chi non piacerebbe? Forse a quelli a cui piacciono i ragazzini.

- E non ci hai provato?

- Michael! Non vado da uno con cui ho scambiato quattro parole per chiedergli se vuole scopare con me! Non so se scopa con gli uomini e se fosse così che cosa gli piace fare. Non credo che sia rimasto affascinato la prima volta che mi ha visto.

- Se non è rimasto affascinato è perché non capisce niente.

Ruggero ride. Sa bene di non essere bello, ma le parole dell’amico gli fanno comunque piacere.

 

Due settimane dopo Ruggero esce di casa in tarda mattinata per andare dal sarto. Non prende la carrozza, anche se deve andare lontano, perché si muove volentieri a piedi: gli piace camminare per le strade della città. Il cielo è sereno e la temperatura sarebbe ancora piacevole, se non soffiasse la tramontana. Non sono le condizioni ideali per una passeggiata, ma a Ruggero piacciono le giornate ventose. Cammina volentieri sentendo in faccia l’aria che gli scompiglia i capelli, guardando il cielo terso o i mulinelli di foglie che si sollevano e ricadono al suolo.

Ha appena percorso un isolato, quando si sente chiamare:

- Signor duca!

Si volta e rimane stupefatto vedendo l’uomo che lo ha interpellato.

- Janos?!

Come osa questo impudente presentarsi davanti a lui, dopo il doppio furto?! Ruggero freme e vorrebbe insultarlo, ma guardandolo in faccia, la rabbia svanisce.

- Mi scusi, signor duca, se mi permetto… Vorrei parlarle, solo un momento.

Le parole riaccendono la rabbia, ma è un fuoco di paglia: l’impulso di negarsi, di scacciare questo ladro sfacciato, di minacciarlo, svanisce subito. Qualche cosa nell’atteggiamento di Janos lo dissuade. Nella voce trapela appena una sfumatura dell’irritazione che ha provato vedendolo davanti a sé.

- Che cosa vuoi?

- Io non ho rubato niente, signor duca. Nel suo palazzo non sono entrato, glielo giuro.

- Non hai rubato niente, eh?! Non sei entrato nella mia camera, non mi hai preso il portafogli dai vestiti, mentre dormivo?

Janos scuote la testa, sbalordito. Appare disorientato.

- Dai vestiti? Quando? Io… non mi permetterei mai…

È chiaramente confuso, non si aspettava l’accusa, non sembra neppure aver capito. O dice la verità o è un bravo attore.

- L’ultima volta che abbiamo scopato. Mi hai preso il portafogli.

- Signor duca, non farei mai una cosa del genere. Non ho mai rubato, non… non… potrei. A lei… poi…

Janos è sconvolto, quasi balbetta.

Ruggero è perplesso. Ha l’impressione che Janos non menta. In questo caso, se qualcuno gli ha preso il portafogli mentre lui dormiva, magari dopo averlo visto scopare con Janos, potrebbe essere la stessa persona che ha rubato in camera sua nel castello, facendo ricadere la colpa sul guardacaccia.

E mentre lo pensa, si rende conto che gli è bastato trovarsi Janos di fronte due minuti per pensare che sia innocente e cercare un altro colpevole. Ha davvero perso la testa. L’irritazione ritorna e appare nel tono con cui dice:

- L’ultimo giorno che abbiamo scopato, quando mi sono svegliato il mio portafogli era sparito.

- Io… io non avrei mai potuto fare una cosa del genere… signor duca!

C’è disperazione nella voce di Janos e il “signor duca” è stato quasi gridato, tanto che una coppia si è voltata a guardare.

Ruggero è perplesso. È sempre più convinto che Janos sia innocente.

- Senti, Janos, non so che dire. Io…

A Ruggero sembra che ci siano lacrime negli occhi di Janos. L’uomo china la testa.

- Mi scusi, signor duca, se mi sono permesso di disturbarla. Me ne vado.

Janos già si è voltato per andarsene.

- Aspetta!

La voce di Ruggero è dura. Ha dato un ordine. Janos si ferma, ma non si volta. Ruggero gli mette una mano su una spalla e lo forza a girarsi. Su una guancia c’è davvero una lacrima.

Ruggero ha la sensazione di aver ricevuto un pugno nello stomaco. Nelle sue parole non c’è più traccia della durezza di prima.

- Janos, sono confuso, ma voglio capire. Togliamoci di qui. Voglio parlare con te con calma. Andiamo.

Ruggero si avvia. Janos lo segue, un passo indietro. Ruggero entra in un caffè.

Si siedono.

- Quel giorno, al fiume, te ne sei andato mentre dormivo.

- Sì, ho sentito arrivare un cavallo e ho pensato che poteva esserci qualcuno. Se la vedevano dormire da solo, non era un problema. Ma se la vedevano con me, tutti e due nudi… Mi sono rivestito in fretta.

- Hai visto chi era a cavallo?

- Felix, il garzone dello stalliere. Portava a fare un giro la cavalla nera.

- Lui ti ha visto?

- Sì, non potevo andarmene senza che si accorgesse di me. L’ho salutato e lui mi ha chiesto se l’avevo vista, perché lo stallone nero era lì vicino.

- E tu?

- Io ho risposto che avevo visto i suoi vestiti in riva al fiume e l’avevo trovata che dormiva tra gli alberi. Gli ho detto di fare piano, per non svegliarla, e me ne sono andato.

Il cameriere arriva per chiedere che cosa vogliono. Ruggero ordina un bicchiere di vino, poi guarda Janos per chiedergli che cosa vuole. Il guardacaccia scuote la testa.

- Non prendo niente.

Ruggero lo guarda con attenzione. Janos gli sembra un po’ smagrito.

- Che hai fatto in queste settimane?

- Lavoretti, qui e là.

- Hai bisogno di soldi?

Janos sembra rabbrividire. Scuote la testa.

- No, no…

Ruggero è sicuro che Janos abbia saltato molti pasti. Anche l’abito è mal ridotto. Che vita ha condotto?

- Adesso andiamo a pranzo, poi vediamo il da farsi.

- Signor duca, io non voglio…

Ruggero lo interrompe:

- Janos, voglio chiarire che cosa è successo. Aspettami seduto qui.

Ruggero rientra in casa e prende le chiavi dell’appartamento che gli serve da pied-à-terre: ha già deciso che cosa farà. Manda uno dei servitori ad avvisare il sarto che non può passare da lui.

Porta Janos in un piccolo ristorante. Deve quasi forzarlo per fargli ordinare qualcosa, ma il pasto viene poi consumato con una voracità che non lascia dubbi sull’appetito. L’idea che Janos abbia patito la fame gli stringe lo stomaco, tanto che fa fatica a mangiare e lascia nel piatto buona parte del cibo.

Quando hanno finito, Ruggero dice:

- Adesso vieni con me.

Lo porta nell’appartamento che usa come pied-à-terre: un salottino, una camera da letto e il bagno.

- Rimarrai qui fino al mio ritorno da Nebenfluß.

Mentre lo dice Ruggero tira fuori il portafogli e ne prende alcune banconote.

- Queste ti serviranno per vivere questi giorni, mentre io cerco di capire che cosa è successo.

Janos scuote la testa.

- No, signor duca, io non voglio approfittare della sua generosità. Mi basta che lei mi creda. Solo per questo ho avuto l’impudenza di aspettarla vicino a casa. Me ne posso andare e non sentirà più parlare di me.

- Tu rimani qui. Preferisco evitare che tu vada in giro, magari con il rischio di essere arrestato. È questione di poco. Hai qualche cosa… biancheria di ricambio?

- Poca roba, signor duca, non ho potuto prendere niente, ma io…

- Basta!

Ruggero tira fuori altro denaro.

- Comprati qualche cosa…

- Signor…

- Basta, Janos! Tu sostieni di essere innocente e io ti credo. Se sei senza lavoro perché sei stato accusato ingiustamente, bisogna che io rimedi. E non voglio che tu viva per strada, saltando i pasti, con il rischio di essere arrestato.

Janos china la testa. Gli legge in viso l’umiliazione. Non può aver rubato, ora Ruggero ne è sicuro.

Gli sembra che Janos sia bellissimo. Il desiderio lo assale, violento, ma Ruggero non vuole cedervi. Non ora. Prima vuole chiarire.

- Janos, posso contare sulla tua ubbidienza?

Janos alza la testa, in uno scatto d’orgoglio.

- Certo, signor duca.

- Allora dormirai qui, mangerai regolarmente, ti comprerai tutto quello che ti serve. Chiaro?

Janos esita un attimo, poi annuisce.

L’impulso di abbracciarlo è fortissimo, ma Ruggero lo frena.

- Spero in due giorni di risolvere la faccenda.

 

Ruggero torna a casa. Riflette un momento. Si chiede se mandare un messaggio per dire che conta di tornare a Nebenfluß il giorno seguente: di solito non avvisa, ma lo fa quando è assente da tempo. Decide che è meglio arrivare di sorpresa. Parte in mattinata, molto presto. Il vento si è calmato, ma il cielo è ancora sereno: la lunga cavalcata è piacevole.

A Nebenfluß il suo arrivo inatteso provoca una certa agitazione, ma Ruggero si comporta come se fosse venuto a trascorrere una giornata nella tenuta per puro piacere.

Dice che la cavalcata gli ha messo appetito e chiede di fare uno spuntino. La cuoca lo prepara, senza bisogno di istruzioni: conosce i gusti del padrone. Ruggero si è messo nel salottino dove di solito fa colazione e Kristin Erden, la cameriera, gli porta il vassoio.

Ruggero scambia due parole con lei, chiedendole del marito e dei figli. Mangia, poi quando la cameriera viene per ritirare il vassoio, dice, con un tono neutro, come se ciò che dice fosse del tutto insignificante:

- Ah, una cosa, Kristin.

- Sì, signor duca?

Ruggero guarda fisso la donna e chiede:

- Perché hai mentito dicendo che avevi visto Janos uscire dal palazzo, il giorno del furto?

La cameriera è presa del tutto di sorpresa. Non si aspettava che il padrone tornasse sulla faccenda: la volta scorsa non ha neppure parlato con lei.

- No, io non…

La voce di Ruggero è dura, quasi minacciosa.

- Voglio la verità, Kristin, adesso. So che hai mentito.

Kristin trema.

- La sera prima Felix mi aveva detto che aveva visto Janos uscire dal castello e mi aveva chiesto che cosa era venuto a fare. Io non ne sapevo niente. Il giorno dopo è saltata fuori la faccenda del furto, ma Felix non voleva dire di aver visto Janos, perché aveva litigato con lui e pensava che non l’avrebbero creduto. Mi ha chiesto di dirlo io.

Felix, il garzone della scuderia. Quello che era al fiume e che ha visto Janos andarsene. Tutto torna.

- E tu hai raccontato di averlo visto.

- Credevo che fosse vero. Avevo visto Janos qualche sera prima, quando lei era qui. Stava in piedi sull’erba, sul retro, e guardava verso le finestre della sua camera. Quando si è saputo del furto e Felix mi ha detto che aveva visto Janos uscire dal palazzo, mi sono detta che quella sera stava preparando il furto.

Ruggero aggrotta la fronte. Lo sorprende che Janos guardasse le sue finestre. Ma non c’entra.

- Va bene, Kristin. Adesso tu ti siedi lì e non ti muovi.

La donna si siede sull’orlo della sedia. È spaventata.

- Signor duca, io credevo che fosse vero. La prego, io…

Ruggero coglie la sua angoscia. Non ha nessuna intenzione di provocarle sofferenza, per cui le dice:

- Non ti preoccupare, Kristin, mi interessa solo scoprire la verità. Sei stata ingenua, ma credo che tu sia in buona fede. Non hai assolutamente nulla da temere. Non ci saranno conseguenze per te.

 

Ora deve parlare con Felix. Non intende mandarlo a chiamare. Potrebbe sospettare e prepararsi. Meglio scendere nelle scuderie e prenderlo di sorpresa, come ha fatto con Kristin.

Ruggero raggiunge le scuderie. Quando lo vede entrare, Felix chiede:

- Le devo preparare un cavallo, signor duca?

Ruggero scuote la testa, mentre si avvicina. Quando è di fronte a Felix, lo afferra per il bavero della giacca, quasi sollevandolo da terra.

- Ladro! Mi hai rubato il portafogli al fiume e poi hai preso i candelieri d’argento.

- No, signor, duca, no…

- E poi hai convinto Kristin a mentire, raccontandole una storia. Lo so, ha confessato. Ti mando in galera, figlio di puttana.

Il giovane crolla.

- No, no… io… non mi denunci, signor duca.

- Perché l’hai fatto?

- Mio padre aveva dei debiti di gioco. Io non volevo… rischiava di finire in prigione.

Ruggero non sa se è vero e non gli importa. Felix insiste:

- Non volevo, ma se non pagava… signor duca… mi perdoni… io… ho rubato, è vero… non mi faccia arrestare…

Se Felix non avesse accusato Janos, Ruggero lo perdonerebbe davvero. Ma ha messo di mezzo un innocente, che ha rischiato di finire in prigione e ha perso il posto, trovandosi a soffrire la fame.

- Non ti manderò in galera, anche se te lo meriteresti, ma ti cercherai lavoro da un’altra parte.

Ruggero si dice che dovrebbe davvero farlo finire in prigione, ma la gioia nell’avere la conferma dell’innocenza di Janos è troppo forte. E comunque non ama infierire.

Poi Ruggero si reca alla stazione di polizia. Parla con il responsabile e spiega che Janos Toth è del tutto innocente. Il ladro è un altro. Non vuole che venga perseguito, ma ogni accusa contro Toth deve cadere.

 

Nel pomeriggio Ruggero ritorna a Vienna: è impaziente di ritrovare Janos, di dirgli che è stato scagionato, che può ritornare al lavoro. E mentre lo pensa si rende conto che non ha senso. Non ha senso che Janos ritorni a fare il guardacaccia, che stia a Nebenfluß, che possano vedersi solo quando lui va nella tenuta. Ruggero non vuole più separarsi da lui, non vuole andare a trovarlo a Nebenfluß: vuole che sia sempre al suo fianco.

Un servitore che diventa il compagno del duca. Ruggero se ne fotte di quello che può pensare la gente, alla grande. Ma Janos rischia di trovarsi in una situazione spiacevole, soprattutto a Nebenfluß: come lo guarderebbero gli altri servitori, vedendolo al fianco del padrone? Janos sarebbe a disagio. Non è il tipo che sarebbe orgoglioso di aver ottenuto il favore del duca e di poter guardare dall’alto in basso gli altri servitori.

A Vienna tutto è più semplice: nessuno sa che Janos era il suo guardacaccia e può farsi vedere con lui e ospitarlo a palazzo senza problemi. Non sarà certo invitato alle serate mondane, ma questo non interessa a Ruggero e neanche a Janos, ne è sicuro. Tra i dipendenti di Nebenfluß, l’unico che potrebbe recarsi a Vienna, nel palazzo d’Aquaforte, è l’intendente, ma solo se il duca lo chiama: basterà non convocarlo e, se mai dovesse essere necessario farlo, evitare che incontri Janos.

Ruggero sa che dovrà rinunciare a soggiornare a Nebenfluß. Gli spiace, ma non è un prezzo troppo alto per avere Janos al suo fianco. Potranno recarsi nell’altra tenuta che Ruggero possiede nell’Impero, Rotwald. E soprattutto potranno andare insieme in giro per il mondo. Viaggeranno un po’ per l’Europa e poi in primavera andranno a Venezia. Michael sarà contento di vederlo arrivare con Janos, di saperlo felice.

E mentre si immagina in viaggio con l’uomo che ama, si rende conto che sta costruendo castelli in aria, senza tener conto di Janos. Se non volesse? Ormai Ruggero sa di essersi innamorato del guardacaccia, ma Janos? Qualche cosa gli dice che anche lui è innamorato, ma non è detto che sia così, si conoscono appena. Janos potrebbe non volere. Potrebbe aver lasciato l’appartamento. E Ruggero non saprebbe dove ritrovarlo.

Ora è preoccupato. Arrivato in città, lascia il cavallo a palazzo e raggiunge subito il suo pied-à-terre. Mentre sale le scale ha sempre più paura di non trovare Janos: se avesse deciso in andarsene...

Janos è nell’appartamento, seduto su una poltrona, che disegna su un foglio. Quando Ruggero entra, si alza in piedi.

- Il ladro è Felix. Ha fatto in modo che la colpa ricadesse su di te. Ho chiarito tutto. Non ci sono più accuse contro di te, Janos. Sei un uomo libero.

La gioia che si dipinge sul volto di Janos gli allarga il cuore.

- Janos… Perdonami se ho dubitato di te. Ma il portafogli scomparso, poi il candeliere ritrovato nella tua camera... Quel figlio di puttana di Felix ha organizzato tutto bene.

- Non ha importanza, signor duca. Sono felice che tutto si sia chiarito.

Ruggero si avvicina. Prende tra le mani la testa di Janos e lo bacia.

- Ti desidero, Janos. Lo vuoi?

Janos annuisce.

- Lo vuoi davvero, Janos? Non è... solo perché sono il duca?

Janos china la testa, arrossendo leggermente.

- L’ho sempre desiderata, signor duca. Qualche volta... l’ho spiata mentre cavalcava nudo o mentre nuotava. Mi perdoni.

Ruggero ride.

- Non so se ti perdono. Dovrai darti da fare per farti perdonare. Andiamo di là, che vediamo se ti perdono.

Mentre si avviano, lo sguardo di Ruggero cade sul disegno che Janos stava tracciando. Prende il foglio e lo guarda: è la sua faccia, tratteggiata con cura. Guardare l’immagine lo commuove, ma lo nasconde e dice:

- Potevi almeno farmi un po’ più bello.

Poi ride e bacia Janos.

 

Nella camera da letto Ruggero spoglia Janos, lentamente. Lo guarda a lungo, felice, poi lo bacia e lascia che sia Janos a spogliarlo. Ma quando è infine nudo di fronte a Janos, il desiderio è troppo forte e lo rende irruente. Janos ricambia i baci, gli abbracci, le carezze, prima ancora un po’ intimidito, poi, vincendo la soggezione nei confronti di quello che considera il suo padrone, con uguale passione. E dopo che hanno raggiunto il piacere, si amano ancora ed è la tenerezza a prevalere. Ruggero sa di non essere mai stato tanto felice. Prende Janos tra le braccia e si addormenta così, tenendolo stretto, quasi avesse paura di non trovarlo più al suo risveglio.

Quando si desta, si accorge che Janos dorme ancora, la testa sul suo petto. Gli accarezza i capelli, con un tocco lieve, ma non vuole disturbare il suo sonno: è così bello guardarlo dormire.

Janos è davvero un ladro: gli ha rubato il cuore, senza che lui se ne accorgesse. Come sia stato possibile, non lo sa. Non gli era mai successo di innamorarsi.

Mentre Janos dorme, Ruggero pensa al da farsi. Dirà all’intendente di Nebenfluß di aver ritrovato Janos, ma che per il momento non tornerà nella tenuta. Si farà portare le sue cose: potrebbe esserci qualche oggetto a cui tiene, fotografie o altro. I vestiti non servono: gli farà fare un guardaroba da borghese e Janos diventerà il figlio di amici di famiglia ungheresi. Per il momento Janos vivrà nel pied-à-terre, poi, appena i primi abiti saranno pronti, verrà a palazzo, come ospite. La servitù conosce i gusti del padrone, per quanto Ruggero faccia sempre in modo di salvare le apparenze, e non si stupirà, anche se fingerà di credere che l’ospite sia davvero il figlio di amici di famiglia dei genitori del duca. Potranno stare insieme, gli farà conoscere gli amici, lo porterà a teatro e ai concerti, andranno alla tenuta di Rotwald, viaggeranno. 

Si rende conto di aver già deciso il futuro di Janos, senza consultarlo, ma sa che per tutti e due stare insieme è quello che conta. E se Janos ha altre idee, ne parleranno: non vuole imporsi. Ma Janos non può pensare di tornare a fare il guardacaccia.

 

Infine Janos apre gli occhi. Gli sorride ed è bello vederlo sorridere.

- Janos, Kristin mi ha detto che una sera ti ha visto davanti al castello, che guardavi le mie finestre.

Janos abbassa lo sguardo. Ruggero ha l’impressione che sia arrossito.

- Mi perdoni, signor duca…

Ruggero sorride sentendosi chiamare “signor duca”. Dovrà chiarire alcune cose con Janos, ma lo farà dopo. Adesso è curioso di sapere perché Janos guardava le finestre della sua camera.

- Allora?

- Avevo finito il mio turno. Avevamo… era il giorno in cui ci siamo incontrati. Ho pensato a lei…

Ora il viso di Janos è davvero rosso per l’imbarazzo.

- Continua.

- Pensavo che lei era lì, a dormire.

Ruggero ha capito. Si sente felice, come gli sembra di non essere mai stato.

- Non dormivo, Janos. Pensavo a te.

Ruggero gli solleva il viso.

- Credo di essermi innamorato di te, Janos.

Poi lo bacia sulla bocca, per impedirgli di rispondere.

 

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