| Esplorazioni 
 Siegmund
  è tornato in palestra. Intende dedicarsi alla boxe: non ha impegni mondani in
  serata e non si preoccupa se ne uscirà con qualche livido. Dare e prendere pugni
  non gli spiace e non ha paura del dolore fisico, anzi: si rende conto che a
  volte gli piace quando l’avversario lo colpisce duramente. È una sensazione
  strana, che non ha mai analizzato e che nell’ultimo periodo è diventata più
  forte. Fa parte dei cambiamenti che stanno avvenendo in lui. È un periodo in
  cui è molto irrequieto. È insoddisfatto, ma non saprebbe spiegarne i motivi:
  è nobile e ricco e ha tutto quanto gli serve per vivere comodamente; è un
  bell’uomo, forte e virile; ha una vita sociale soddisfacente, con alcuni veri
  amici, come Ruggero; scopa quando ne ha voglia, senza far fatica a trovare
  qualcuno con cui farlo. Non ha un compagno, ma non ne sente l’esigenza: non
  si è mai innamorato davvero e sta bene da solo, senza un legame fisso. E allora
  perché questa insoddisfazione? Dopo
  essersi allenato un po’ con il maestro e con due altri frequentatori della
  palestra, assiste a un incontro di Petr Hudak, un fabbro slovacco molto vigoroso, che pratica la
  boxe e talvolta anche la lotta. Vederlo combattere è sempre uno spettacolo,
  perché è davvero un ottimo pugile, che partecipa spesso a tornei e picchia
  duro. Qualche volta si sono affrontati. Nella lotta a volte ha la meglio uno,
  a volte l’altro, ma nel pugilato è sempre Petr a vincere. Al
  termine Petr si avvicina a lui. -
  Allora, Siegmund, ce li hai i coglioni di accettare una sfida?  Petr è
  molto diretto e, pur sapendo benissimo che Siegmund appartiene a un’altra
  classe sociale, si rivolge a lui come farebbe con un operaio o un altro
  artigiano. Il barone ha l’impressione che con lui sia ancora più diretto e
  usi più spesso espressioni scurrili, forse per rimarcare che non gli
  riconosce nessuna superiorità. A Siegmund va bene così. Gli piace mescolarsi
  alla gente del popolo e non gli dà fastidio la brutalità del linguaggio. Ride e
  risponde: - I
  coglioni di prendermi un po’ di pugni? Li ho, lo sai.  Sul viso
  di Petr appare un ghigno. - Ne
  prenderai, te l’assicuro. Siegmund
  lo sa benissimo, ma l’idea non lo spaventa, tutt’altro: ha voglia di sentire
  i pugni e di misurare la sua capacità di resistenza. Gli piace questo
  avversario che non lo tratta con deferenza e che è contento di colpirlo. L’incontro
  non dura molto a lungo, nonostante Siegmund si impegni al massimo. Dopo
  alcune schermaglie, in cui Siegmund incassa un po’ di pugni, Petr riesce a
  colpire Siegmund al mento. Il pugno lo stordisce e Petr ne approfitta per
  colpirlo al ventre. Siegmund cade in ginocchio, boccheggiante. Gli ci vuole
  un buon momento per riuscire a riprendere fiato. Petr ride. - È sempre
  un piacere menarti. Siegmund
  scuote la testa, sorride e risponde solo: -
  Stronzo! Non è in
  condizione di dire altro. Dopo
  essersi riposato, quando il dolore si attenua, Siegmund si dedica un momento
  alla lotta.  Intanto
  arriva Gunther Donner, il falegname con cui Siegmund scopa da alcuni mesi. Si
  incontrano in palestra e ogni volta stabiliscono quando ritrovarsi nel
  pied-à-terre del barone.  Gunther
  lo saluta appena, con un cenno del capo, e poi si allena per conto proprio.
  Evitano di mostrarsi molto legati in palestra, perché nessuno possa
  sospettare, ma di solito scambiano due parole. Oggi invece il falegname non
  si avvicina. Siegmund è stupito, ma non vuole imporsi. Gunther parla un buon
  momento con Petr, che durante la conversazione lancia due volte una rapida
  occhiata a Siegmund, poi il fabbro se ne va. Normalmente
  Gunther e Siegmund si affrontano nell’ultimo incontro della loro giornata in
  palestra: la lotta è per tutti e due una preparazione alla scopata che
  seguirà, perché accende il loro desiderio. Ma Gunther continua a tenersi alla
  larga. Siegmund non capisce, ma non intende certo chiedere spiegazioni: il
  falegname è libero di fare ciò che vuole. Al momento di uscire, gli si
  avvicina per salutarlo. - Io
  vado, Gunther. Se
  l’amico vuole scopare, dirà qualche cosa. Altrimenti, non c’è problema. Gunther
  si guarda attorno e dice, sottovoce: - Ci
  vediamo da te nel tuo appartamento? Siegmund
  sorride. - Certo. - Tra
  un’ora sono lì. Adesso però è meglio se te ne vai. Siegmund
  non capisce l’atteggiamento di Gunther, ma si dice che gli chiederà poi una
  spiegazione Si reca
  nel piccolo appartamento che usa per le sue avventura in città: come Ruggero
  e altri nobili e ricchi borghesi, preferisce avere un luogo dove portare i
  suoi amanti occasionali. Introdurli nella sua residenza significherebbe far
  conoscere i suoi gusti ai domestici. Questo potrebbe portare alla
  circolazione di voci, poco piacevoli, per non dire pericolose, in un paese in
  cui l’omosessualità è punita dalla legge: quando la servitù è composta da
  diverse persone, è impossibile essere sicuri che nessuno parli troppo.
  Inoltre Siegmund, come tanti altri ricchi omosessuali, preferisce evitare di
  far conoscere la sua posizione sociale agli uomini con cui scopa, per evitare
  maldicenze o ricatti.  L’appartamento
  è situato in una casa di recente costruzione, nella Landstraßer Hauptstraße,
  e comprende solo un salottino e una camera da letto, ma offre tutte le
  comodità. La moglie del portinaio si occupa di tenerlo pulito e il riscaldamento
  centralizzato garantisce che la temperatura sia sempre gradevole. La camera è
  grande e Siegmund l’ha lasciata spoglia, con soltanto un grande letto, due
  sedie e i tappeti che coprono per intero il pavimento. Un grande specchio sul
  soffitto e altri sulle pareti moltiplicano le immagini in un gioco infinito
  di rimandi: a Siegmund piace vedersi mentre scopa. Raggiunge
  l’appartamento, si spoglia e si infila la vestaglia di raso: a Gunther piace
  che lui lo riceva così, nudo sotto l’indumento. A volte l’amico si
  inginocchia, infila il capo sotto la vestaglia e gli succhia il cazzo, la
  testa coperta dal tessuto. Gunther
  arriva puntuale. Appena Siegmund ha richiuso la porta gli slaccia la cintura
  e gli passa le mani sotto la vestaglia, sfilandogliela. - Sono
  contento di rivederti, Siegmund. Scusa se in palestra mi sono tenuto lontano,
  ma era necessario. - Come
  mai?  - Mi
  hanno fatto delle battute, qualcuno deve aver sospettato. Non voglio che
  sparlino di me. Tu puoi fregartene, non c’è nessuno che ti conosce. Io devo
  fare attenzione. Siegmund
  capisce le motivazioni, per cui non obietta. - Va
  bene. Eviteremo di parlarci in palestra, se non per combinare i nostri
  incontri. Gunther
  gli sta accarezzando il torace. Gli piace passare le mani nella peluria che
  copre il petto e il ventre dell’amico. Poi le mani scendono al cazzo, questa
  bell’arma, in grado di dargli piacere. Non è una questione di dimensioni,
  anche se Siegmund è ben dotato: il barone sa come servirsi di quello che ha e
  mira non solo a godere, ma anche a trasmettere piacere. Siegmund
  incomincia a spogliarlo, lentamente. Poi solleva Gunther e lo porta tra le
  braccia nella camera da letto, come fosse lo sposo che porta la sposa in
  casa. Gunther
  ride.  Siegmund
  lo depone sul letto e si stende su di lui. Incomincia a baciarlo,
  accarezzarlo, stringerlo. Le sua mani percorrono il corpo, stuzzicando, poi
  Siegmund volta Gunther, mettendolo prono, inumidisce l’apertura e lentamente
  spinge il cazzo dentro. Gunther
  geme di piacere, forte. E quando infine è dentro di lui, Siegmund dà inizio
  alla cavalcata. La scopata è lunga e piacevole per entrambi, come sempre: si
  frequentano da tempo e ognuno dei due conosce i gusti dell’altro.  Quando
  hanno finito si riposano un momento, scambiando due parole, poi fanno un bis.
  Gunther se ne va con il culo indolenzito, come gli capita spesso, ma
  pienamente appagato.  Qualche
  giorno dopo Siegmund ritorna in palestra.  Gunther
  non c’è. È invece presente Petr. Siegmund ha l’impressione che il fabbro lo
  guardi con astio e non riesce a capirne il motivo. Petr se ne va quando
  arriva Gunther, dopo aver scambiato due parole con lui.  Come la
  volta precedente, il falegname ignora Siegmund e solo al momento di andarsene
  gli si avvicina e gli dice: - Ci
  vediamo tra un’ora da te? - Per me
  va bene. Diverse
  volte sono usciti insieme e hanno preso una carrozza per raggiungere
  l’appartamento di Siegmund nella Landstraßer Hauptstraße, ma dopo quanto
  Gunther gli ha detto la volta scorsa, è chiaro che è meglio evitarlo. Non è
  un problema. Siegmund
  ha l’impressione che Gunther sia a disagio, come se avesse qualche
  preoccupazione. Si dice che gli chiederà spiegazioni quando si vedranno. Siegmund
  raggiunge l’appartamento. Come al solito si spoglia e si mette la vestaglia.
  Poco dopo bussano alla porta. Siegmund va ad aprire. È sicuro che sia
  Gunther, ma sul pianerottolo c’è Petr, che lo guarda, ghignando. - Petr? Approfittando
  della sorpresa di Siegmund, il fabbro entra nell’appartamento e si sposta nella
  stanza, ignorando il padrone di casa e osservando invece l’arredamento, come
  se fosse in visita a un museo. Poi dice: - So che
  aspettavi qualcun altro, ma per questa volta ti dovrai accontentare. - Che
  cosa significa? Petr si
  volta e lo fissa. - Significa
  che tu devi lasciare stare Gunther. -
  Gunther fa quello che gli pare. E io pure. Petr
  ghigna di nuovo. - Sapevo
  che non avresti abbassato la cresta, ma te la faccio abbassare io. Adesso
  facciamo un bell’incontro. Petr ha
  raggiunto la porta della camera da letto. Siegmund lo ha seguito,
  sconcertato. -
  Perfetto, qui c’è un sacco di spazio.  E con
  queste parole il fabbro incomincia a spogliarsi. - Che
  cazzo fai, Petr? - Mi
  preparo. Tu togliti la vestaglia, così rimaniamo tutti e due nudi. - Non ho
  nessuna intenzione… - Che tu
  abbia intenzione o no, non me ne fotte un cazzo, Siegmund. Se vuoi
  affrontarmi, bene, altrimenti mi limito a menarti. Siegmund
  sa che dovrebbe chiamare il portinaio e dirgli di rivolgersi alla polizia,
  anche se questo potrebbe metterlo in una situazione spiacevole. Accettare di
  misurarsi con Petr significa solo prendere botte: questo pugile è troppo
  forte. C’è però
  qualche cosa in lui che lo spinge ad accettare la sfida. Come quando
  quest’estate è stato ospite di Ruggero e ha nuotato nel fiume vicino alla
  confluenza, anche se l’amico lo aveva avvisato che era molto pericoloso:
  sapeva che non avrebbe dovuto farlo, ma lo ha fatto lo stesso.  Non si
  prende il tempo di pensare. Si sfila la vestaglia e la lascia cadere a terra.
  Petr sta finendo di spogliarsi. Siegmund lo guarda. Questo maschio tarchiato
  è una forza della natura, più un animale che un uomo, ma un animale
  formidabile. Petr si cala le mutande. È alquanto ben dotato, forse più di
  Siegmund stesso: non al livello di Ruggero, ma comunque la sua attrezzatura è
  inquietante. Lo sguardo indugia un attimo sul grande cazzo. Petr se ne
  accorge e ride. - A
  Gunther piace molto. Piacerà anche a te. Siegmund
  alza il viso e guarda l’avversario, confuso. Che cosa intende fare Petr? Il
  fabbro non gli lascia il tempo di formulare una domanda.  - A noi. Petr
  attacca, vibrando pugni. Non hanno guantoni o una fasciatura a proteggere le
  mani. Siegmund cerca di concentrarsi, ma qualche cosa lo disturba, gli
  impedisce di reagire al meglio. Regge alcuni minuti, prendendo diversi pugni
  e assestandone qualcuno, finché Petr non riesce a colpirlo prima in faccia,
  poi al basso ventre, due volte, con tutta la sua forza. I tre pugni gli
  tolgono ogni volontà di resistenza. C’è solo il dolore che lo inghiotte. Crolla
  in ginocchio, le mani sul ventre. Petr lo alza come fosse un sacco e lo
  sbatte sul letto. Siegmund, troppo concentrato sulla propria sofferenza, non
  capisce le intenzioni del fabbro, fino a che le sue parole gli chiariscono le
  idee. - Oggi
  non ti tocca fottere, ma essere fottuto. Siegmund
  cerca di sollevarsi, ma prima che sia riuscito a muoversi, Petr lo schiaccia
  sul letto con il suo peso. Siegmund sente tra le natiche la pressione del
  cazzo del fabbro. Nessuno lo ha mai preso. Cerca di divincolarsi, ma i pugni
  lo hanno intontito e qualche cosa in lui cede a questo maschio che lo ha
  battuto.  Siegmund
  solleva un po’ la testa e davanti a sé, nel riflesso dello specchio, vede il
  ghigno trionfante di Petr, il cui corpo preme sul suo. Il
  fabbro lo incula con una spinta decisa, forzando l’apertura, e il dolore è
  tanto violento da accecarlo. Siegmund chiude gli occhi. Non vuole vedere.
  Petr incomincia a muovere il culo avanti e indietro, affondando il cazzo e
  poi ritraendolo, in un movimento continuo, che dilata le viscere di Siegmund
  e accresce il suo dolore. Siegmund non cerca più di resistere: ormai sarebbe
  inutile. Desidera soltanto che il tormento finisca, ma Petr ha una buona
  resistenza e va avanti a lungo. Infine viene. Siegmund sente il seme che si
  rovescia nelle sue viscere.  Petr si
  stacca. Siegmund rimane immobile. Mentre si riveste, Petr gli dice: - Bene,
  stronzo. Adesso hai gustato il cazzo di un vero maschio. Se ne vuoi ancora,
  hai solo da chiedermelo. Ma lascia stare Gunther. Petr se ne
  va. Siegmund si infila sotto le coperte e rimane immobile. Il dolore è ancora
  forte, al ventre e al culo, e si attenua solo lentamente. I suoi pensieri
  vagano. Petr lo ha inculato. Lo ha battuto e lo ha inculato. Per la prima
  volta nella sua vita se l’è preso in culo.  E
  Gunther? Perché non è venuto? Forse Petr glielo ha impedito con la forza,
  magari lo ha menato. O forse erano d’accordo. Siegmund
  sprofonda in un sonno inquieto. Si
  sveglia due volte nella notte, ma riprende a dormire. Il
  mattino lo desta la luce che viene dalla finestra. Il dolore al ventre è
  quasi scomparso, quello al culo si è attenuato. Siegmund si alza. Camminare
  gli fa male, ma è un dolore tollerabile. Siegmund
  si dirige all’armadio a muro, con le ante coperte da specchi, lo apre e tira
  fuori una cassetta, chiusa con un lucchetto. Prende la chiave dalla tasca dei
  suoi pantaloni: non la lascia nell’appartamento perché non vuole che la
  moglie del portinaio possa aprire la scatola e vederne il contenuto. Siegmund
  ne estrae un cazzo di legno, perfettamente sagomato: lo usa qualche volta nei
  suoi giochi con Gunther o con altri. Non l’ha mai usato su di sé. Lo unge con
  una crema che tiene nella cassetta. Poi si mette davanti allo specchio, si
  china in avanti e preme il cazzo contro il buco del culo. Il dolore si
  riaccende, violento. Man mano che il cazzo di legno affonda nella carne, la
  sofferenza cresce, ma Siegmund non ci bada. Con la sinistra continua a
  spingere e con la destra si afferra il cazzo, che già si tende, e incomincia
  a masturbarsi. Non si chiede che cosa sta facendo. Il dolore e il piacere si
  mescolano, finché Siegmund viene e il suo sborro si sparge, abbondante, sullo
  specchio. Siegmund lo guarda, poi chiude gli occhi. Si toglie il cazzo di
  legno dal culo e lo lascia cadere a terra. Camminando a fatica, torna a letto
  e si stende. Rimane a guardarsi nello specchio del soffitto, nudo, il cazzo
  che lentamente perde consistenza e volume. Guarda, come se fosse un altro, la
  sua immagine nello specchio. Quest’uomo è stato inculato e poi si è fatto una
  sega mentre si infilava un cazzo di legno in culo. Siegmund
  si alza a mezzogiorno, spinto dalla fame. Il culo gli fa male, parecchio: il
  giocattolo ha rinnovato il dolore causato dallo stupro. Perché l’ha fatto?
  Siegmund non saprebbe dire. Pulisce
  lo specchio su cui ha versato il suo seme, raccoglie il cazzo di legno, lo
  pulisce e lo mette nella cassetta, si lava e si riveste. Ha
  bisogno di parlare con qualcuno e l’unica persona con cui può farlo è
  Ruggero. Alcuni dei suoi amici conoscono i suoi gusti, perché Siegmund non
  ama nascondersi, ma a nessuno di loro si sentirebbe di raccontare ciò che è
  successo e soprattutto ciò che ha fatto dopo essersi alzato. Sa che Ruggero
  intende partire a fine mese per un viaggio, ma dev’essere ancora a Vienna.  Ruggero
  è a casa ed è stupito di vedere l’amico. Ma gli basta guardarlo in faccia per
  capire che c’è qualche problema. -
  Siegmund, che è successo? - Una
  storia lunga, Rüdiger. Hai un po’ di tempo da dedicarmi? - Tutto
  il tempo che vuoi, amico. -
  Grazie. Non è facile, ma cercherò di spiegare. Ruggero
  lo fa accomodare nel salotto accanto alla sua camera da letto, uno spazio
  intimo e raccolto. Siegmund
  incomincia a narrare. Racconta di Gunther, di cui ha già avuto occasione di
  parlare all’amico, degli ultimi incontri e dell’arrivo di Petr. - Il
  fabbro? Ma come cazzo… - Non lo
  so. O ha seguito Gunther e alla porta di casa lo ha fermato, prendendo il suo
  posto, o erano d’accordo. Me lo farò spiegare. Ma l’importante è ciò che è
  successo dopo. - Dimmi. Siegmund
  racconta: l’incontro, la sconfitta, lo stupro. Ruggero ascolta, attento,
  partecipe. Narrargli questa parte è facile. - Merda!
  Siegmund, mi spiace… - Non è
  finita. Fosse finita lì, non darei alla faccenda troppa importanza. Mi ha
  fatto un male cane, mi ha umiliato, ma pazienza.  -
  Cos’altro è successo? Rivelare
  ciò che ha fatto dopo è più difficile: il cazzo di legno, la sega allo
  specchio, il rinnovare il dolore, mescolandolo al piacere. Ma è venuto
  proprio per questo. Con una certa fatica riprende a narrare, senza tacere
  nulla. - E questo
  è tutto, Rüdiger. Sono pazzo? - No,
  Siegmund, di sicuro. E il fatto che tu mi ponga questa domanda sarebbe una
  conferma, se fosse necessario. Sei perfettamente sano di mente, ma lo stupro
  ti ha sconvolto. - E
  perché mi sono infilato un cazzo di legno in culo? Me lo sai spiegare? Ruggero
  sorride e scuote la testa. - No,
  non te lo so spiegare. Ma in quel momento volevi farlo. - Mi
  sono fatto una sega spingendomi quel fottuto cazzo in culo… sono venuto…
  merda! -
  Siegmund, non so che dirti. Era quello che volevi. Forse in qualche modo
  volevi ripetere l’esperienza, ma controllarla. Non lo so. O forse lo stupro
  ha destato in te desideri di cui non ti rendi conto. Siegmund
  annuisce e guarda il fuoco che arde nel caminetto.  - Sì,
  entrambe le spiegazioni potrebbero essere vere. Può essere.  Siegmund
  fissa l’amico negli occhi, poi dice: - Ho le
  idee molto confuse, ma voglio cercare di chiarirle. E credo che cercherò di
  farlo, anche se non mi rivolgerò a Petr per questo. Ruggero
  ride. - No,
  non mi sembrerebbe consigliabile. Poi,
  vedendo che Siegmund rimane silenzioso, aggiunge: - Che
  cosa pensi di fare per esplorare questa parte di te? - Non lo
  so. Non intendo andare in giro a offrire il culo. - Se
  vuoi mantenere il pieno controllo della situazione, puoi andare al bordello.
  La Casa Verde, ovviamente. La Casa
  Verde è uno dei due principali bordelli maschili di Vienna. Un ambiente
  esclusivo, dove si può trovare di tutto e dove la discrezione è garantita. La
  polizia non ci mette mai piede, perché tra i clienti ci sono diversi
  personaggi altolocati. - Non ci
  sono mai andato. A
  Siegmund è capitato di frequentare qualche volta bordelli quando è in
  viaggio, ma mai a Vienna: non ha difficoltà a trovare qualcuno con cui
  scopare, perché molti maschi sono attratti da lui. - So che
  anche lì fanno massaggi. Non ci sono mai andato, ma un amico mi ha
  raccontato. Siegmund
  aggrotta la fronte.  -
  Massaggi? Come quelli che facciamo in palestra? - Non
  solo, ti massaggiano anche… diciamo… in profondità.  Ruggero
  ride e spiega: - Buco
  del culo compreso. E anche dentro. E se vuoi, vanno oltre. -
  Massaggiandoti con il cazzo? -
  Esatto. Ma solo se lo vuoi. Siegmund
  riflette. Non sa che cosa vuole, non occorre che decida ora. In ogni caso prima
  vuole lasciar passare qualche giorno. E parlare con Gunther per capire che
  cosa è successo. - Grazie
  per l’informazione. Non sono sicuro di volerci andare, ma ci penserò. - Il
  vantaggio è che lì decidi tu che cosa vuoi fare, dove ti vuoi fermare.  Parlano
  ancora un momento, poi Siegmund dice: - Grazie
  Rüdiger. Parlare con te mi ha fatto bene. - Ne
  sono felice. Siegmund
  è contento di essersi confidato con Ruggero. Sa che su di lui può contare,
  anche se la loro amicizia non è profonda. Potrebbe andare davvero alla Casa
  Verde. Oppure… di colpo pensa a Ruggero. Chissà se… Scaccia il pensiero,
  senza formularlo chiaramente. Due
  giorni dopo Siegmund torna in palestra, all’ora in cui di solito trova
  Gunther. Infatti il falegname è presente. Siegmund gli si avvicina, senza
  badare a Petr, che da lontano lo guarda rabbioso: non gli importa di lui.
  Gunther è disorientato: non si aspettava che il barone gli parlasse. -
  Gunther, voglio sapere una cosa.  Gunther
  si guarda intorno, controllando dove si trova Petr, che di sicuro li ha
  visti. Nota che infatti il fabbro li sta fissando. Chiede: - Che
  cosa? - Quando
  mi hai dato appuntamento, tre giorni fa, sapevi che sarebbe venuto Petr? Gunther
  lancia di nuovo un’occhiata verso il fabbro, che ora si sta avvicinando e
  pare controllare a stento la sua rabbia. Abbassa la testa e risponde: - Mi ha
  detto lui di fissare l’appuntamento. Mi aveva spiato, la volta prima, e ha
  scoperto che ti vedevo lo stesso. Gunther
  tace. Petr si è avvicinato e sibila: - Ti ho
  detto di lasciare in pace Gunther. - Non
  rompermi i coglioni, Petr. Voglio sapere la verità. Hai detto tu a Gunther di
  fissare un appuntamento con me, l’altro giorno? Per venire tu al posto suo? Petr
  scuote la testa. Si guarda intorno e risponde, piano: - Sì,
  volevo menarti e fotterti, come ho fatto. Il culo ti fa ancora male? Siegmund
  ha avuto la conferma che cercava. Ignora il commento finale di Petr e si
  rivolge a Gunther: - Sei
  uno stronzo, Gunther.  Petr
  interviene: - Senti,
  levati dai coglioni o ti spacco la faccia, adesso. Siegmund
  ghigna. - Non ti
  conviene. Qui tu hai tutto da perdere. È vero.
  Nessuno sa chi sia esattamente Siegmund, ma tutti conoscono Petr e uno
  scandalo verrebbe risaputo anche in tutti i locali che il fabbro frequenta.  Siegmund
  si rivolge di nuovo a Gunther: - Perché
  cazzo, se ti eri messo con Petr, hai voluto scopare ancora con me? Petr se la
  cava così male a letto? Petr
  afferra la camicia di Siegmund con una mano. Fa fatica a contenersi. - Il mio
  cazzo l’hai provato, bastardo. Il gesto
  di Petr non ha sorpreso Siegmund. A disorientarlo invece, perché del tutto
  inattesa, è la reazione del suo corpo: il sangue affluisce al cazzo, che
  cresce, pur senza irrigidirsi. Risponde, sempre a bassa voce: - Sì, è
  grosso e duro, ma temo che tu non sia molto bravo, a letto. Capisco che
  Gunther ogni tanto cerchi qualche cosa di meglio. Petr ha
  un movimento convulso della mano e le sue dita lacerano la camicia. Il cazzo
  di Siegmund si tende: ora è rigido. Il barone è confuso e non riesce a capire
  quello che gli sta succedendo. Intanto
  però il gestore della palestra si è avvicinato. - C’è
  qualche problema? Siegmund
  sorride e risponde: - No,
  solo una piccola discussione. Niente di grave. Petr
  lascia andare la camicia. Freme e vorrebbe spaccare la faccia a Siegmund, ma
  sa di non poterlo fare nella palestra.  Il
  gestore ha notato che la camicia di questo ricco signore è lacerata. La
  faccenda gli dà fastidio: tiene a entrambi i clienti, per motivi diversi.
  L’uomo che ritiene essere un borghese, se non un nobile, paga bene, è un buon
  lottatore e pugile e dà un tono alla palestra. Petr è un ottimo pugile e la
  sua presenza dà ugualmente lustro al locale, anche se in modo diverso. - Se
  avete una controversia, potete risolverla sfidandovi, ma vi prego di evitare
  scenate nel locale. Non c’è
  stata nessuna scenata, ma il gestore teme che si verifichi, perché Petr Hudak è chiaramente
  furioso. Si allontana, ma tiene d’occhio i due clienti. Petr si
  rivolge a Siegmund: - Sì,
  potremmo fare un incontro. Siegmund
  alza le spalle. Ha ancora il cazzo duro e la faccenda lo infastidisce. - No,
  non mi interessa. Non qui. Non sa
  perché ha aggiunto “Non qui”, che dà alla sua frase un senso completamente
  diverso. Petr
  sorride, un sorriso feroce. - Magari
  da te, nel tuo appartamento da puttana francese. Così poi te lo metto di
  nuovo in culo. Siegmund
  è furibondo con se stesso per aver risposto, ma il cazzo è ancora più rigido.
  Non replica e Petr insiste: - In
  fondo è quello che vuoi, no? -
  Piantala, stronzo. Siegmund
  si volta e si allontana, irritato non tanto con Petr, ma con se stesso. Ha
  chiarito con Gunther e questo è positivo, ma la sua risposta a Petr non ha
  senso. Che cosa lo ha spinto a parlare così? Vuole davvero affrontarlo di
  nuovo, farsi menare e inculare? È questo? Può essere, davvero, ma lasciare
  che Petr lo sospetti è idiota.  Vedendolo
  dirigersi verso l’uscita, il gestore lo raggiunge. È preoccupato che questo
  cliente possa decidere di non tornare più. - Spero
  che non le abbiano dato fastidio. - No,
  una piccola discussione. Niente di grave. Siegmund
  se ne va. Tornerà, ma in altri orari. Per un po’ preferisce non vedere né
  Gunther, né soprattutto Petr. Ha reagito nel modo sbagliato e prima di
  trovarsi di nuovo di fronte al fabbro, vuole aver fatto chiarezza dentro di
  sé. Non sarà facile. Alla Casa Verde potrebbe esplorare le reazioni del suo
  corpo, ma non capire perché gli è venuto duro mentre Petr lo minacciava. Qualche
  giorno dopo Siegmund si reca al gran ballo dai Frestel.
  Non ama molto ballare, ma queste occasioni mondane gli offrono l’opportunità
  di vedere persone che non frequenta abitualmente. Questa sera spera di
  trovarvi Ruggero. Potrebbe andare da lui direttamente, come ha già fatto la
  volta scorsa, ma non è sicuro dell’idea che gli è venuta e preferisce un
  incontro casuale, che gli lascia la possibilità di battere in ritirata. Sta
  salendo lo scalone del palazzo, quando vede scendere proprio Ruggero, che gli
  dice: - Arrivi
  tardi, amico mio. - Sei tu
  che te ne vai presto. Ruggero
  sorride. - È
  vero. Sono venuto per ottemperare ai miei obblighi sociali, ma sono
  impaziente di tornare a casa, dove sono atteso. Il
  sorriso di Ruggero mette Siegmund sulla strada. -
  Atteso? Da chi? -
  Dall’uomo che amo, Siegmund. Siegmund
  non si aspettava la risposta: pensava piuttosto a un’avventura. Annuisce,
  disorientato. Ruggero riprende: - Mi
  sembri deluso. Pensavo che saresti stato contento di sapermi felice. - Lo
  sono, Rüdiger, lo sono davvero. Se c’è uno che se lo merita, sei tu. Ma ero
  venuto contando di parlarti di una mia mezza idea… direi che è superata. -
  Escludo che tu volessi farmi una dichiarazione d’amore. - No,
  questo no. - E
  allora, perché l’idea è superata? Siegmund
  è in imbarazzo. - Non
  voglio far aspettare l’uomo che ami, Rüdiger.  - Può
  attendere dieci minuti in più o anche mezz’ora. Non intendo trascurare gli
  amici, anche se sono innamorato. Senti, non posso rientrare, sarebbe assurdo.
  Scendiamo e ci parliamo un momento in strada. Qui siamo solo d’ingombro. Siegmund
  non è sicuro di voler parlare a Ruggero della sua idea, tanto più ora che
  l’amico si è rivelato innamorato. È Ruggero a dirgli, quando sono in strada: - Che
  cosa c’è, Siegmund? Riguarda la faccenda di cui mi hai parlato, vero? - Come
  hai fatto a capirlo? - Ti vedo
  preoccupato, incerto. E mi è venuto da pensare che il problema sia quello di
  cui abbiamo già discusso. -
  Logico. Non vengo da te per qualsiasi problema, non sei il mio padre
  confessore… - Per
  fortuna! Non credo che tu ne abbia uno, ma se lo avessi, il poveretto avrebbe
  le mani nei capelli ogni volta che ti vede. Siegmund
  ride. - Credo
  che tu abbia ragione.  Sono in
  strada e si sono allontanati un po’ dalle carrozze in attesa. Ruggero ha
  fatto un segno al suo cocchiere perché non si avvicini. -
  Allora, dimmi. Di che cosa si tratta. È così difficile da dire? - No,
  pensavo… quello che ti ho raccontato, il desiderio di esplorare e capire…
  Potrei andare alla Casa Verde… -
  Potresti, ma direi che non hai voglia di farlo, allora… -
  …allora… avevo pensato che avrei preferito rivolgermi a un amico. Non a uno
  qualsiasi. - Hai
  pensato a me? Non è
  una vera domanda. Ruggero ha capito benissimo. - Sì, ma
  se sei innamorato, non è il momento. Ruggero
  ride. - Amo
  Janos, che ti presenterò, ma quello che mi stai chiedendo è tutt’altro. Se tu
  mi dicessi che ti sei innamorato di me, dovrei dirti di no. Ma non è il mio
  amore che cerchi e di certo non intendo negarmi. - Non ti
  pesa? - Se
  vuoi, se è davvero quello che vuoi, per me va bene. Sai benissimo che mi
  piacciono i maschi e tu sei certamente un maschio desiderabile, a differenza
  di me. Aiutarti mi fa piacere. E sarà piacevole. -
  Rüdiger, ti ringrazio. - Ti
  vedo ancora dubbioso. - È
  vero. Siamo amici, Rüdiger, anche se non ci conosciamo a fondo. L’unico mio
  timore è che questo possa rovinare la nostra amicizia. - Credo
  che possa invece rafforzarla.  - Non
  credi che mi disprezzerai? - No,
  Siegmund. Stimo gli uomini che non hanno paura di fare i conti con i propri
  desideri. -
  Grazie. Non ti trattengo oltre. Quando possiamo vederci? - Domani
  pomeriggio? - Per me
  va bene. Vieni da me, nel mio appartamento da puttana francese, come dice
  Petr? Siegmund
  preferisce che il loro incontro si svolga nello stesso luogo in cui è stato
  stuprato e poi si è infilato il cazzo di legno in culo: vuole tenere fuori
  dalla sua quotidianità quello che è successo e quello che succederà. Per il
  momento desidera che questa parte della sua vita rimanga a sé. - Quello
  nella Landstraßer Hauptstraße?  - Sì.  - Va
  benissimo. Fissano
  l’orario. La luce del
  giorno entra dalla grande finestra, ma Siegmund ha acceso due lampade: vuole
  vedersi bene, riflesso negli specchi, mentre Ruggero lo prende. Gli è sempre
  piaciuto vedersi quando scopava qualche altro maschio, ora si vedrà mentre
  viene inculato. Con Petr ha chiuso gli occhi, ma ora vuole affrontare la
  realtà ad occhi ben aperti. Ruggero
  arriva puntuale: su di lui si può sempre contare. Si
  salutano, poi Ruggero chiede: - Sei
  sempre della stessa idea? - Sì,
  Rüdiger. Assolutamente. Tu non hai avuto ripensamenti? -
  Ripensamenti? All’idea di scopare con un bel maschio? E quando mai? Siegmund
  ride, nascondendo il suo nervosismo. -
  Andiamo di là. Ruggero
  non è mai stato nell’appartamento. Si stupisce di vedere gli specchi che
  coprono le pareti e il soffitto. Siegmund se ne accorge. - Petr
  dice che è un appartamento da puttana francese. -
  L’appartamento no, anche se non ho visto il bagno e non so che cosa ci tieni.
  La camera in effetti è da bordello. La trovo molto stuzzicante. Dopo un
  attimo di pausa, aggiunge: -
  Pronto? Siegmund
  annuisce. Si spoglia, con movimenti rapidi. Anche Ruggero si toglie gli
  indumenti. Siegmund lo osserva. Non è un bell’uomo, no, di certo. Ma è un
  maschio come ce ne sono pochi. Rimangono
  un attimo nudi a guardarsi, poi Ruggero chiede: - Come
  vuoi metterti? Siegmund
  riflette un attimo. Ha posseduto diversi uomini e sa quali posizioni rendono
  più facile la penetrazione. Poiché a metterglielo in culo sarà Ruggero, è
  meglio che si metta in modo da favorire al massimo la dilatazione: l’amico è il
  maschio più dotato che abbia mai visto. Sale sul
  letto e si stende prono, tenendo però le gambe allargate e piegate, in modo
  da sollevare il culo. - Va
  bene così? - Deve
  andare bene a te. Comunque hai proprio un bel culo. Siegmund
  non dice nulla. Guarda nello specchio Ruggero, in piedi dietro di lui. - Posso
  massaggiarti un po’, se ti va. - Sei
  bravo a massaggiare? Ruggero
  scuote la testa, sorridendo. - Ma ti
  pare? Sicuramente no, ma farò del mio meglio. Credo che sia un buon modo per prepararti
  a quello che verrà dopo, se non cambi idea. - Va
  bene. Le mani
  di Ruggero si posano sulle gambe di Siegmund e risalgono fino al culo.
  Indugiano a lungo sulle natiche, premendo, accarezzando, stringendo. Non è
  certo uno dei massaggi che Siegmund riceve in palestra, ma è gradevole ed è
  stimolante. Le dita di Ruggero scorrono sul solco, più volte, premono,
  stuzzicano l’apertura, risalgono sulle natiche, riprendono il loro percorso
  per poi tornare a premere contro l’apertura. Il gioco
  è piacevole, Siegmund deve ammetterlo.  Ruggero
  si stacca un attimo, prende qualche cosa dalla giacca. Ritorna a
  giocherellare con l’apertura, ma le sue dita sono unte e ora prima l’indice,
  poi il medio, si infilano dentro, distribuendo la crema. L’ingresso non è
  stato doloroso e la pressione esercitata è piacevole. Mentre
  la destra lavora sull’apertura, la sinistra si infila sotto il ventre di
  Siegmund e stuzzica il cazzo, accarezzandolo e stringendolo, poi scende ad
  avvolgere i coglioni e risale. Il cazzo si riempie di sangue e si
  irrigidisce. Dopo un buon momento di questo lavorio, Ruggero chiede: - Vuoi
  che vada oltre? Siegmund
  esita un attimo, ma negare i propri desideri gli sembrerebbe assurdo. È
  abituato ad essere franco con se stesso. Guarda la propria immagine nello
  specchio e quella di Ruggero che lo sovrasta. Non può vedere le due mani che
  gli stanno dando piacere e riesce appena a intravedere a tratti il cazzo
  dell’amico, ormai teso e svettante.  - Sì.
  Fatti vedere. Ruggero
  annuisce. Non mostra stupore. Sale sul letto, dietro Siegmund, che ora può
  vederlo nello specchio incombere sopra di lui, il grosso cazzo pronto. Ruggero
  si stende su di lui, lo accarezza, mentre la cappella preme contro l’apertura
  e infine, per la seconda volta nella sua vita, Siegmund sente un cazzo
  entrargli in culo. Questa volta l’ingresso è stato preparato e non è doloroso
  o, più esattamente, dà più piacere che sofferenza: la sensazione di
  quest’arma possente che lo penetra è intensissima. Ruggero
  è un gran toro da monta, come Siegmund sa, anche se l’amico non se ne vanta
  mai. Mentre il suo cazzo scava nel culo di Siegmund, le sue mani si muovono,
  a tratti forti, quasi brutali, a tratti delicate, in strette e carezze. Siegmund
  sente la tensione salire, mentre il piacere avvolge completamente il dolore,
  cancellandolo, e infine viene con un gemito. Ruggero imprime alle sue spinte
  un ritmo più rapido e viene anche lui. Si ritrae, ma rimane sul letto. Siegmund
  si stende sulla schiena. Sotto il culo sente il lenzuolo bagnato dal suo
  sborro.    Ruggero
  lo guarda, una domanda inespressa, a cui Siegmund non risponde. Non ora. -
  Stenditi anche tu. Ruggero
  esegue. Siegmund lo guarda. Fissa il grosso cazzo, ancora turgido. Voleva
  provare. Ha provato. È stato bello. L’orgasmo è stato violento, come di rado
  gli è capitato. Ora che il piacere svanisce, il culo gli fa parecchio male,
  ma non ha importanza. Ha
  scoperto qualche cosa di nuovo. L’idea che gli piaccia essere inculato non lo
  disturba. Nei rapporti è sempre stato attivo, perché era quello che gli piaceva,
  ma non ha mai pensato che chi gli si offriva valesse di meno. Non ritiene che
  essere posseduto sia meno virile: come dice Ruggero, un uomo deve avere il
  coraggio di vivere ciò che desidera. Adesso
  sa di desiderare anche questo. Va bene così. Ci sono altri aspetti che non ha
  esplorato. Non ha chiesto a Ruggero di menarlo e non intende farlo. Si
  sentirebbe a disagio e metterebbe a disagio l’amico. -
  Grazie, Rüdiger. - Tutto
  bene? - Tutto
  bene. Un’unica cosa mi importa: vorrei che nulla cambiasse nella nostra
  amicizia. -
  Qualche cosa è cambiato, Siegmund. Non sarà più come prima, almeno per me. Ti
  sento molto più vicino, ora. - Non mi
  ritieni… Siegmund
  non completa la frase. Ruggero ignora la domanda inespressa: la risposta è
  superflua. - Grazie
  per esserti affidato a me, per aver avuto fiducia in me. Siegmund
  scuote la testa. Rimangono
  un momento in silenzio. Ruggero scivola nel sonno, come spesso gli succede
  dopo l’orgasmo. Siegmund rimane in un dormiveglia. Quando
  l’amico si sveglia, chiacchierano un momento. Poi Ruggero si riveste e al
  momento di andarsene dice: -
  Siegmund, partirò la settimana prossima per Parigi. Se in questi giorni hai
  bisogno di me, per qualsiasi cosa, fammelo sapere. Se posso aiutarti, ne sono
  ben contento. - Grazie
  ancora. Ho bisogno di un po’ di tempo per pensarci e capire. Siegmund
  torna in palestra, ma evita gli orari in cui più facilmente può trovare
  Gunther e Petr. Del falegname non gli importa nulla: ormai lo disprezza.
  Detesta il fabbro, ma è sufficientemente lucido per vedere che gli trasmette
  emozioni ambivalenti, per cui preferisce evitare di incontrarlo. Va più
  volte ad assistere a incontri di pugilato o di lotta in altri locali. Si
  rende conto che vedere due uomini affrontarsi spesso lo eccita. Anche prima
  gli piaceva, ma ora il piacere che prova ha anche altre componenti. In due
  occasioni è presente anche Petr. Siegmund si tiene alla larga e il fabbro non
  si avvicina. Una sera Siegmund entra in uno dei locali molto popolari dove va
  ad assistere agli incontri di boxe. Nel terzo incontro a combattere è Petr,
  che viene sconfitto.  Siegmund
  assiste ancora all’incontro successivo. Al termine una voce alle sue spalle
  dice: -
  Soddisfatto, Siegmund? Siegmund
  si volta e guarda Petr che lo fissa, ghignando.  - Perché
  dovrei essere soddisfatto? - Perché
  hai potuto vedere qualcuno che mi menava. Siegmund
  alza le spalle. Detesta Petr, ma non prova nei suoi confronti odio. Al
  massimo antipatia, questo sì, ma per quanto lo disturbi ammetterlo, c’è anche
  una forte attrazione fisica.  - Petr,
  non me ne fotte un cazzo se qualcuno ti mena. Ti è chiaro così? Vengo a
  vedere degli incontri perché mi piace. Quello a cui hai partecipato è stato
  bello e di questo sono soddisfatto. Petr non
  demorde. - Ti
  sarebbe piaciuto essere al posto di quello e menarmi, vero? - Se
  fossi stato al posto di quello, me le sarei prese. Petr, so benissimo che
  come pugile sei molto più forte di me. Nella lotta siamo alla pari, ma nella
  boxe con te non ho speranze. -
  Peccato, perché a me piacerebbe menarti. E poi mettertelo in culo. - Petr,
  ancora? Non me ne fotte un cazzo di Gunther, non l’ho più rivisto e anche se
  venisse da me strisciando lo manderei a cagare e non perché adesso è di tua
  proprietà, ma per quello che ha fatto. È chiaro così? -
  Neanche a me fotte più un cazzo di quella troia. - Non
  state più insieme? - No.
  Scopa con tutti. È una troia, te l’ho detto. - E
  allora perché ce l’hai ancora con me? Petr
  scuote la testa.  - Non ce
  l’ho davvero con te. Ma ho voglia di spaccare la faccia a tutti. Siegmund
  sorride.  -
  Diciamo che allora preferisco rimandare il nostro incontro a un altro
  momento, quando sarai di umore migliore. Spero che non ti dispiaccia. Nuovamente
  Petr fa un cenno di diniego, ma ghigna. I giorni
  passano. Siegmund è irrequieto. Non sa con chi confrontarsi, perché Ruggero è
  a Parigi. Nella palestra dove si reca abitualmente lotta ogni tanto con Hans Kerbel, un gigante dai capelli rossi, con una lunga
  barba, anch’essa color fiamma. È un borghese, un medico, molto ricco di
  famiglia. Con lui Siegmund si trova bene, ne apprezza la correttezza e la
  cordialità. Sono entrambi buoni lottatori, ma Hans è più forte e riesce
  spesso a battere Siegmund. Durante
  un incontro Hans manda Siegmund in ginocchio e poi preme su di lui, per
  impedirgli di rialzarsi, mentre gli blocca un braccio dietro la schiena.
  Siegmund sente contro il culo la pressione del cazzo di Hans, che si è
  irrigidito. Si sente improvvisamente debole e ogni volontà di resistere
  scompare. - Ti
  arrendi? - Mi
  arrendo. Hans si
  alza e Siegmund lo imita. Lo sguardo di Siegmund scende fino alla grossa
  protuberanza all’altezza del cavallo. Hans se ne accorge. Dice, leggermente
  in imbarazzo: -
  Scusami, la lotta a volte mi fa questo effetto. Siegmund
  annuisce. Poi dice, senza riflettere: - Mi
  piacerebbe fare con te un incontro in privato. Hans lo
  guarda. Deve aver intuito. Sorride e dice: - Perché
  no? - Vieni
  da me… quando sei libero? - La
  sera. O giovedì pomeriggio. - Domani
  sera ti va bene? -
  Benissimo. Stabiliscono
  l’ora. Siegmund dà l’indirizzo dell’appartamento nella Landstraßer
  Hauptstraße. Hans
  arriva puntuale. Coglie subito che Siegmund non abita nell’appartamento, ma
  non dice nulla. - Vieni
  di là. Nella
  camera da letto c’è solo una lampada accesa. Hans guarda gli specchi e
  sorride. Siegmund spiega: - Mi
  piace guardarmi mentre lotto. O mentre scopo. Hans
  annuisce. Non dice nulla, aspettando che Siegmund gli dica che cosa vuole. -
  Spogliamoci e facciamo un incontro di lotta. Non fai pugilato, vero? - No, non
  mi piace dare pugni. E neanche prenderne. Hans
  ride, un riso leggero. Siegmund
  si spoglia, completamente. Hans lo imita. Tutti e due hanno il cazzo non più
  a riposo. Si affrontano, si avvinghiano, lottano. Siegmund resiste il più a
  lungo possibile: vuole far sudare a Hans la vittoria che non mancherà. Infine
  Hans ha la meglio. Siegmund è bloccato sul pavimento. -
  Prendimi, Hans. Hans
  annuisce. Inumidisce bene la cappella. Poi sparge un po’ di saliva
  sull’apertura e la forza. È alquanto dotato e l’ingresso è doloroso, ma è
  stato preparato e Hans si muove con cautela. Dolore e piacere si mescolano.
  Hans cavalca a lungo. Quando infine è sul punto di venire, afferra il cazzo
  di Siegmund e lo guida al piacere, mentre viene. Si
  abbandona su di lui, gli accarezza il capo e mormora: -
  Grazie. È stato
  bello, molto bello, e Siegmund ha goduto. Ma gli è mancato il dolore. Siegmund
  va sempre più spesso ad assistere a incontri di pugilato e di lotta, in tutti
  i tipi di locali: ormai conosce i posti dove vengono organizzati tornei o
  singoli incontri. Una sera
  nota che un uomo, che deve avere più o meno la sua età, lo guarda. Non lo
  conosce, ma ha l’impressione di averlo già visto altre volte. Dev’essere un
  borghese, a giudicare dall’abbigliamento, che è simile al suo: un abito
  dimesso, per non farsi notare troppo nel locale, ma non un travestimento da
  operaio. Un bell’uomo, alto, piuttosto massiccio, con capelli, barba e baffi
  biondi. Si
  chiede perché l’uomo lo guardi ogni tanto, ma non gli sembra il caso di
  avvicinarsi e porgli la domanda: lo sguardo non è troppo insistente. Al
  termine della serata, quando è appena è uscito, Siegmund viene raggiunto
  dall’uomo. - Mi
  scusi, signor barone, posso parlarle un momento? Sono Tobias Nebelwald, un
  giornalista della Neue Freie Presse. Siegmund
  è perplesso. Non lo stupisce essere stato riconosciuto: non è certamente una
  celebrità, ma è un nobile, che partecipa alla vita sociale della città, pur
  non occupando una posizione preminente, né per titolo, né per ricchezza. Non
  capisce invece perché questo giornalista chieda di parlargli. L’unico modo di
  scoprirlo è chiederglielo. - Perché
  vuole parlarmi? - Sto
  scrivendo una serie di articoli sul mondo del pugilato a Vienna: i locali, i
  pugili, gli spettatori. Ho intervistato diversi uomini che assistono a questi
  spettacoli: operai, artigiani, borghesi. Mi piacerebbe sentire anche la voce
  di un nobile. Siegmund
  è perplesso. Non ha voglia di comparire in un giornale come spettatore di
  incontri di pugilato in locali popolari. Non c’è nulla di male, non commette
  reati e comunque non ha un ruolo significativo, né nella vita politica, né in
  quella mondana: in questa è solo una comparsa, nell’altra non c’è proprio. Ma
  l’idea non gli piace. Troncherebbe subito la conversazione, ma l’uomo che ha
  di fronte gli piace e gli sembra simpatico. - Mi
  spiace. Non voglio apparire scortese, ma preferisco non figurare. Tra i
  nobili la boxe non è molto popolare. Nebelwald
  sorride. Ha un bel sorriso. - Non
  metterò il suo nome. Il barone M., se le va. Potrebbe essere chiunque. È vero.
  Solo chi sa che pratica la boxe, potrebbe sospettare che si tratti di  lui.  - E va
  bene. Il
  giornalista lo invita a prendere da bere in un locale. Chiacchierano una
  mezz’ora, molto liberamente, poi Nebelwald ringrazia e si salutano.  In
  palestra Siegmund riprende il solito orario. Gunther ha smesso di venire,
  Petr c’è spesso. Siegmund si scopre a guardarlo, quando pensa che il fabbro
  non lo veda. Sente di dover fare i conti con lui, ma non sa bene che cosa
  questo significhi. Perché ha
  l’esigenza di affrontarlo? Non è certo l’uomo con cui vorrebbe avere una
  relazione. Petr lo
  attrae, nonostante la violenza. O forse lo attrae proprio per la violenza? La
  domanda apre uno squarcio. Non aveva mai pensato che potesse essere così, ma
  ora che ha avuto l’idea, si chiede come ha potuto non pensarci prima. È ovvio
  che è così: è attratto dalla brutalità di Petr, dalla minaccia che
  costituisce.   Siegmund
  si chiede se non avvicinarglisi. In palestra si scambiano un cenno di saluto,
  poi si ignorano. Come reagirebbe il fabbro, se lui gli parlasse? È il caso di
  farlo? Petr è davvero in grado di fornirgli le risposte ad alcune delle
  domande che si pone? Siegmund non sa come muoversi.  L’incertezza
  dura qualche giorno, fino a che Siegmund non assiste a un bell’incontro, in
  cui il fabbro riesce a mandare a terra un avversario molto forte. Petr lascia
  il ring per andare a lavarsi. Siegmund è sul suo percorso. Potrebbe spostarsi
  e non ci sarebbe nessun incontro. Siegmund
  rimane dove si trova. Quando Petr gli passa di fianco, gli dice: - Sei
  stato bravo. Un bell’incontro. Petr lo
  guarda, perplesso. - Che
  cazzo vuoi? - Sapere
  quando vieni a trovarmi nel mio appartamento da puttana francese. Petr
  ghigna. -
  Aspettavo il tuo invito. Anche questa sera. - Questa
  sera va bene. Concordano
  un’ora, poi Petr si allontana. Siegmund passa nello spogliatoio e si riveste.
  Esce dalla palestra e cammina. Si chiede che senso ha avuto dare un
  appuntamento a Petr. Una follia, probabilmente, ma in fondo si rende conto
  che ha bisogno di capire.  Siegmund
  si prepara come al solito: si spoglia, si lava e mette la vestaglia sul corpo
  nudo. È teso, ma la tensione è anche eccitazione. Nel
  salotto una lampada è accesa, ma nella camera da letto Siegmund ha lasciato
  solo una candela accesa, sul comodino di fianco al letto. Petr
  arriva puntuale. Entra e passa direttamente nella camera da letto, senza dire
  una parola. Non sembra stupirsi di trovare la stanza buia. Si spoglia
  rapidamente. Siegmund nota che il fabbro ha il cazzo mezzo duro. La stanza
  è immersa nel buio, ma gli specchi riflettono la luce dell’unica candela
  accesa: una piccola luce che si ripete mille volte. I loro due corpi sono due
  sagome scure. Siegmund
  si concentra: sa che Petr lo vincerà ed è quello che desiderano entrambi, ma
  vuole che sia davvero un incontro. Cerca di mettere in difficoltà
  l’avversario, ma il fabbro gli è di troppo superiore. Dopo qualche colpo meno
  forte, un pugno allo stomaco gli toglie il fiato e un secondo al mento lo
  manda a terra. I due
  colpi sono stati meno violenti della volta precedente. Il dolore è forte, ma
  tollerabile.  Seduto
  sul pavimento, Siegmund chiede: - Hai
  vinto. Come mi metto? - In
  ginocchio, così mi succhi il cazzo. Siegmund
  lo guarda, sorpreso. Non si aspettava la richiesta. Non vorrebbe farlo, ma ha
  proposto la sfida e deve accettare le conseguenze della sconfitta. Annuisce e
  si inginocchia. Guarda il grosso cazzo del fabbro. Lo prende in bocca. Non ha
  mai succhiato un cazzo, ma diversi gli hanno fatto il servizio. Lavora
  un po’ con la bocca. Non è bravo, ma fa del suo meglio. Dopo un
  momento Petr dice: - Adesso
  basta. A quattro zampe. Siegmund
  ubbidisce. Petr gli
  sputa sul buco del culo e sparge un po’ di saliva, poi avvicina la cappella e
  spinge dentro, con decisione, ma senza violenza. L’apertura è stata
  lubrificata e questa volta il dolore provocato dall’ingresso è tollerabile. Petr
  fotte con energia. Siegmund guarda nello specchio di fronte a sé il riflesso
  dei loro due corpi, l’uomo a quattro zampe e quello che lo monta come un toro
  monta una vacca. Le spinte vigorose di Petr provocano fitte, ma Siegmund si
  rende conto che il cazzo gli si irrigidisce. Non si stupisce. Quando
  infine Petr viene, esce e si riveste rapidamente. Quando è pronto per uscire
  gli dice: - Sempre
  disponibile a menarti e a fotterti, Siegmund. Ride e
  se ne va. Siegmund si alza, prende la scatola, la apre e ne estrae il cazzo
  di legno. Non lo unge: l’apertura è già lubrificata e dilatata. Se lo infila
  in culo, piano. Poi, nudo davanti allo specchio, in piedi, si afferra il
  cazzo e muove la mano fino a che viene. Posa lo strumento e si stende sul
  letto. È questo
  che vuole ? Prendere pugni, succhiare il cazzo di Petr, farselo mettere
  in culo da lui, farsi una sega allo specchio?  Siegmund
  ha una grande confusione in testa. Non sa che cosa vuole o forse non riesce
  ad accettare di volerlo. Avrebbe bisogno di parlare con qualcuno, ma Ruggero
  è lontano e con Petr non può certo confrontarsi. Si chiede se provare a
  confidarsi con Hans, ma si conoscono troppo poco. Ritrova
  Petr in palestra tre giorni dopo. Questi gli si avvicina e gli dice: - Sempre
  pronto, quando vuoi. Siegmund
  lo guarda. - Vieni
  questa sera. Non
  aveva pensato di chiederglielo, ma lo desidera. Tutto si
  svolge come la volta precedente: le botte, l’umiliazione, l’ingresso
  piuttosto brutale, la cavalcata selvaggia: per Petr Siegmund è solo un corpo
  da menare e da chiavare. Ma mentre Petr lo fotte, Siegmund sente la sua
  eccitazione crescere e quando infine il fabbro viene dentro di lui, il
  piacere esplode e il suo sborro schizza fuori.  Mentre
  si riveste, Petr dice: - Mi
  piace il tuo culo. E mi piace menarti. E a te piacciono entrambe le cose. Sei
  proprio una troia, anche tu. Petr
  ride e se ne va. Siegmund rimane disteso. Sotto il ventre sente il lenzuolo
  bagnato. Ha goduto mentre Petr lo inculava. Rimane
  disteso un buon momento, poi si alza, si lava e si riveste. Guarda la stanza,
  il letto disfatto, gli specchi che riflettono infinite volte l’immagine di un
  uomo smarrito. Scuote la testa ed esce. Cammina
  per le strade di Vienna. È notte fonda, ma non ha voglia di tornare a casa.
  Si pone domande, a cui non sa dare risposte. Che senso ha il rapporto con
  Petr, nato da uno stupro? Non ha nessuna stima del fabbro, che a sua volta lo
  disprezza. Eppure è attratto da quest’uomo brutale ed è venuto proprio mentre
  Petr lo fotteva.  Siegmund
  cerca di leggere dentro di sé. Lo stupro ha rotto un equilibrio, ma Siegmund
  sa che non è stato lo stupro a cambiarlo: ha soltanto fatto emergere cose che
  già esistevano. Prendere pugni in fondo gli è sempre piaciuto, come darne: il
  confronto rude e violento con altri maschi lo attrae, così come lo attrae il
  dolore. Se da tempo girava in locali molto popolari e prendeva parte a
  incontri brutali, non era un caso. Lo attira anche l’umiliazione? Forse.
  Siegmund non saprebbe rispondere.  Intende
  continuare così, a farsi menare e fottere da Petr, godendo quando il fabbro
  lo incula? Questo rapporto non ha nessun senso, anche se in questo momento
  risponde a una sua esigenza. Due
  giorni dopo, Siegmund riceve tre numeri della Neue Freie Presse con una lettera di
  accompagnamento: Tobias Nebelwald gli manda gli articoli che ha scritto e gli
  dice che nel terzo numero c’è anche la sua intervista. Siegmund
  va subito a cercare l’articolo. Nebelwald è stato di parola: di lui viene
  detto solo il titolo, con l’iniziale del cognome, senza nessun altro elemento
  che possa permettere di identificarlo. Il contenuto rispetta quello che si
  sono detti. Bene. Ora
  Siegmund è curioso. Prende il primo numero e cerca l’articolo di Nebelwald. È
  una descrizione dei diversi locali in cui si tengono incontri di boxe a
  Vienna, non quelli di alto livello, ma quelli frequentati dal popolo. Molti
  sono noti a Siegmund, che ha avuto modo di frequentarli. Di alcuni non
  conosceva l’esistenza. Il giornalista descrive l’ambiente con una grande
  attenzione a tutti gli elementi. Parla dei locali allestiti in modo che il
  pubblico possa seguire gli incontri, ma anche di quelli, più popolari, in cui
  non c’è un vero ring, ma solo uno spazio delimitato da corde, con intorno gli
  spettatori, in piedi contro i muri. Descrive l’organizzazione degli incontri,
  da quelli singoli ai tornei. Si sofferma sui rumori e Siegmund ritrova con
  piacere percezioni che in qualche modo la sua mente aveva registrato, senza
  badarci: il brusio della folla in attesa, che diviene poi un vociare, quando
  ormai si avvicina il momento dell’incontro e la gente è impaziente; le urla
  di incoraggiamento, di gioia, di delusione, di trionfo; la concitazione dei
  momenti immediatamente successivi alla conclusione degli incontri. Nebelwald
  descrive con attenzione gli odori di queste sale, l’aria spesso satura del
  fumo di sigari e sigarette, le luci che illuminano alcune aree, lasciandone in
  ombra altre.   A
  colpire Siegmund non è solo la precisione delle descrizioni, ma anche la
  mancanza di giudizi negativi: Nebelwald non descrive un ambiente popolare per
  condannarlo, come gli sarebbe stato facile fare con gli elementi a sua
  disposizione; presenta una realtà dove luci e ombre si mescolano. Siegmund
  passa al secondo numero, dedicato ai pugili. Ci sono i ritratti di alcuni di
  loro, con brani di interviste. E poi c’è una rassegna di altri personaggi, di
  cui non si dice il nome, con alle spalle storie diverse, spesso più brutali.
  Siegmund si chiede se Petr non sia uno di quelli: una descrizione gli si
  attaglia benissimo. Anche
  questo articolo non esprime giudizi, facili condanne: non mira a destare l’indignazione
  dei lettori di fronte a uomini presentati come bestiali; descrive la realtà
  nella sua complessità. Siegmund
  si dice che questo Nebelwald è proprio in gamba. Ripensa al tempo passato con
  lui nel caffè. Si è trovato a suo agio con lui. Prende il
  terzo giornale e si mette a leggere l’articolo di cui ha già scorso la parte
  che lo riguardava. Ormai ha capito l’approccio del giornalista ed è convinto
  di sapere che cosa troverà. La prima
  parte dell’articolo corrisponde alle sue aspettative: una descrizione precisa
  del mondo variegato degli spettatori e, attraverso le loro parole, le
  motivazioni per cui il pugilato li attrae.  La
  seconda parte si rivela invece una sorpresa. Nebelwald va oltre, molto oltre.
  Facendo riferimento agli studi di un medico viennese che Siegmund ha sentito
  nominare, analizza altri elementi di interesse che emergono nei discorsi
  degli spettatori, senza essere enunciati chiaramente, in particolare il
  fascino per la violenza e il desiderio sessuale. L’analisi non è approfondita,
  ma i temi accennati toccano Siegmund molto da vicino.  Rilegge
  due volte l’ultima parte dell’articolo, poi posa il giornale. Rimane a lungo
  pensieroso e infine scrive una breve lettera, in cui ringrazia Nebelwald per
  avergli inviato le copie del giornale e lo invita a cena al ristorante per la
  sera successiva. Fa portare da un domestico la lettera alla sede della Neue Freie Presse. La
  risposta del giornalista arriva poche ore dopo: ringrazia e accetta l’invito.
   Siegmund
  ha scelto un buon ristorante, ma non un locale esclusivo. Ha chiesto un
  tavolo isolato, che permetta loro di parlare tranquillamente. La
  giornata è fredda e nebbiosa. Tobias Nebelwald arriva puntuale, ma Siegmund è
  già al tavolo: è giunto in anticipo. Guarda il giornalista, che si è tolto il
  cappello, scoprendo la massa di capelli biondi. Dopo i saluti, quando questi
  si siede, gli dice: - Il suo
  cognome è sbagliato. La sua testa non ha niente di un bosco nella nebbia.
  Dovevano chiamarla Giornata di sole, Sonnetag o
  qualche cosa del genere. Nebelwald
  sorride e poi risponde: - Sopra
  la nebbia c’è il sole. E spesso alla luce del sole non vediamo le nebbie che
  abbiamo dentro di noi. Siegmund
  è sorpreso dalla frase, che lo porta subito agli argomenti che vorrebbe
  affrontare. Rimane un attimo incerto: da una parte è tentato di cogliere la
  palla al balzo e approfittarne per proseguire il discorso che il giornalista
  ha avviato; dall’altra non è sicuro di voler arrivare immediatamente al cuore
  di ciò che gli preme, senza aver scambiato due parole con quest’uomo di cui
  non sa quasi nulla. Non
  risponde subito e Nebelwald riprende: - Mi
  scusi, ma in questo periodo mi interesso molto delle teorie di Sigmund Freud…
  avete lo stesso nome, quasi. Mi affascinano e le tiro in ballo anche quando
  non dovrei. Spero di non averla messa a disagio. Sarebbe un pessimo inizio.
  Non vorrei farle perdere l’appetito. Siegmund
  scuote la testa. - No,
  certamente. Le confesserò che ho trovato i suoi articoli molto interessanti,
  ma quello che mi ha colpito di più è proprio l’ultimo, dove parla dei motivi
  per cui alcuni uomini amano gli incontri di pugilato.  - È una
  parte che avrei voluto sviluppare di più, ma non potevo farlo. Avrei
  rischiato di destare scandalo. E poi non ne so abbastanza. -
  Scandalo? - Già
  parlare di fascino della violenza… ma poi, il discorso sull’omosessualità.
  Non è un tema che si possa approfondire sulle pagine di un giornale. A meno
  che non sia una rivista medica o giuridica. Ma la Neue Freie Presse non lo è. Ormai la
  conversazione è avviata e a Siegmund parrebbe assurdo deviarla. -
  Omosessualità e violenza. È un binomio che mi ha colpito. Non me l’aspettavo. Nebelwald
  sorride e dice: - Non
  vale per tutti gli spettatori, certamente. Probabilmente riguarda solo una
  minoranza del pubblico, ma di sicuro esiste. Non è strano. L’omosessualità è
  sempre stata diffusa e la violenza nei rapporti sessuali è un fenomeno
  comune. - Parla
  di… stupro? Siegmund
  ha fatto fatica a pronunciare la parola, quasi timoroso che il giornalista
  possa leggergli in testa. - Anche,
  ma non solo. Ci sono uomini che ricercano il piacere in rapporti brutali. Ci
  sono bordelli maschili in cui uomini pagano per farsi frustare, picchiare,
  legare… e altro che non è il caso che le racconti. Oltretutto siamo a tavola. L’arrivo
  del cameriere permette a Siegmund di nascondere il turbamento che prova. Dopo
  che hanno ordinato, Siegmund dice: - Lei è
  molto ben informato. - Potrei
  risponderle che sono un giornalista, ma non è solo quello. So benissimo di
  avere anch’io un’area oscura, avvolta nella nebbia. E tutto ciò mi interessa.
  Ma il mio direttore non mi pagherebbe mai per un servizio sui bordelli
  maschili di Vienna e su alcuni prostituti che offrono servizi particolari. La
  franchezza del giornalista disorienta Siegmund. - No,
  non credo. Anche se certamente sarebbe un’inchiesta molto interessante. La
  leggerei volentieri. Scoprirei molte cose nuove. - A me
  piacerebbe farla, anche per scoprire cose nuove sul mondo. Ma soprattutto per
  scoprire cose nuove su di me. Credo che riuscirò a fare qualche cosa, perché
  il direttore mi ha proposto una serie di articoli sulla prostituzione a
  Vienna. Quella femminile, ovviamente. Conto di approfittarne e allargare un
  po’ il discorso, ma non potrò fare molto. Ora
  Siegmund è a disagio e il giornalista se ne accorge. - Mi
  scusi, mi sono lasciato trascinare dall’entusiasmo. Colpa anche sua: mi ha
  dato corda. Mai fare questo errore con un entusiasta. Prometto che mi
  comporterò meglio. Non vorrei mai che la cena le andasse di traverso. Siegmund
  scuote la testa. Riflette un attimo, poi dice: - Le
  cose che dice sono molto interessanti, ma è vero che mi turbano. Credo che
  abbia già capito che mi toccano da vicino. Nebelwald
  annuisce, senza sorridere. - Sono
  abituato a essere franco e le dirò che l’avevo pensato. Già il fatto che un
  nobile vada ad assistere agli incontri di pugilato in certi locali è alquanto
  insolito. Mi è sembrato che il discorso l’interessasse e credo di avere
  ecceduto. Possiamo riparlarne più tardi. Non voglio proprio metterla a
  disagio. - Va
  bene, accantoniamo l’argomento, ma è solo un rinvio. L’arrivo
  del cibo interrompe la conversazione, che riprende nel corso della cena su
  altri temi. Siegmund pone diverse domande, a cui il giornalista risponde.
  Scoprono di avere alcuni gusti in comune e di assomigliarsi per certi
  aspetti, mentre per altri sono alquanto diversi. Siegmund
  si trova molto bene con Nebelwald e parla volentieri con lui. È un ottimo
  conversatore: dice cose interessanti e sa ascoltare. Alla
  fine della cena non hanno più ripreso l’argomento iniziale. A Siegmund
  spiace, ma la conversazione è andata in altre direzioni. Al
  momento di alzarsi, Nebelwald dice: - Non so
  lei, ma io amo fare due passi, soprattutto dopo una buona cena. Se ha voglia
  possiamo farli assieme: abbiamo tutti e due abiti caldi. E al buio, avvolti
  dalla nebbia, magari è più facile parlare di certi argomenti. Perché ho
  l’impressione che lei abbia piacere di riprendere il discorso che abbiamo
  interrotto. O mi sbaglio? - Non si
  sbaglia, è vero. E credo che abbia ragione anche sul buio e sulla nebbia:
  rendono più facile parlare, non ci si vede bene in faccia, si ha quasi la
  sensazione di essere nascosti. Il
  passaggio dal calore e dalla luce del locale al freddo e al buio della strada
  è brusco. La nebbia che riempie le strade avvolge anche i lampioni e la luce
  è scarsa. - Tempo
  da lupi e da assassini. Di lupi a Vienna non ne ho mai visti, di assassini ce
  ne sono, ma noi siamo tutti e due lottatori e pugili e credo che siamo in
  grado di cavarcela. Ha qualche preferenza per la destinazione? - No,
  nessuna. - Allora
  propongo di dirigerci verso il Belvedere. -
  D’accordo.  Si avviano. Siegmund è rimasto sorpreso
  dalle parole di Nebelwald e chiede: - Come
  sa che sono un lottatore un pugile? - L’ho vista
  una volta alla palestra dove va. Era la terza volta che ci venivo, per il mio
  articolo, ma non l’avevo vista prima. Mi ha colpito vedere un nobile, sapevo
  chi era, nel mio lavoro siamo sempre informati sui titolati. Ho chiesto
  notizie, sa com’è, sono un ficcanaso per professione. E mi hanno detto che è
  un discreto lottatore e pugile.  - E
  anche lei pratica le due attività. - Sì,
  anche per quello mi ha colpito che lo facesse pure lei. Siegmund
  avrebbe una domanda, ma sa di non poterla porre. In qualche modo Nebelwald ha
  capito, perché dice: - E lei
  si sta chiedendo in che misura le cose che ho scritto e detto su alcuni di
  coloro che amano queste attività valgano anche per me. Ma è troppo educato
  per chiedere. -
  Diciamo che in questo caso chiedere sarebbe davvero indecente. - Posso
  chiamarla Siegmund? Mi è più facile. Poi, quando ci saremo parlati, possiamo
  decidere di ritornare ad essere il barone Siegmund Meyer
  zu Grünewald e il giornalista
  Tobias Nebelwald, che
  una sera hanno parlato delle loro nebbie, prima di separarsi e lasciare che
  il sole del giorno dopo le disperdesse . La
  domanda, non preparata in nessun modo, è una sorpresa, ma la prosecuzione del
  discorso lascia a Siegmund il tempo di riflettere. - Va
  bene, Tobias, volentieri. In questa notte fredda e nebbiosa, siamo due amici
  in grado di confidarsi liberamente. Poi vedremo se vogliamo dimenticare
  tutto. -
  Perfetto. Sento di potermi fidare di te, Siegmund. - Credo
  di poter dire lo stesso. - Va
  bene, Siegmund. Non so se hai amici con cui puoi parlare liberamente di
  tutto. - Uno, a
  cui tengo molto, ma non è a Vienna in questo periodo. - Io non
  ne ho. Con il dottor Freud ho fatto due chiacchierate. Apprezzo molto i suoi
  studi, ma non lo potrei certo considerare un amico e non potrei raccontargli
  tutto. C’è un
  attimo di pausa, poi Tobias riprende. - Amo la
  lotta e amo il pugilato. Più la lotta del pugilato. So benissimo che nel mio
  amore per la lotta c’è il piacere che mi dà stringere un altro corpo vigoroso
  e non nascondo di avere avuto più volte erezioni, di cui non mi sono mai
  preoccupato, perché ho visto che capita anche ad alcuni altri lottatori. Hanno
  raggiunto il parco. Tobias prosegue: - Il
  pugilato come spettacolo non mi affascina, ma mi piace fare a pugni con un
  maschio. Mi piace picchiarlo, è vero, e mi piace anche essere picchiato. È
  uno scontro in cui desidero risultare vittorioso tanto quanto essere
  sconfitto. Non so come sia per te. Tobias
  lascia a Siegmund il tempo per decidere se rispondere o meno. Questi esita un
  attimo, poi dice: - Prosegui,
  Tobias. Io non ho le idee chiare come te. E per dare una risposta onesta alla
  tua domanda dovrei raccontarti molte cose. Adesso parla tu. - Va
  bene. Ormai hai capito benissimo che mi piacciono i maschi. Mi piace scopare
  con gli uomini che affronto nella lotta o nel pugilato. Mi piace anche
  mettere in palio il mio corpo come premio per chi mi vince, se l’altro fa lo
  stesso.  -
  Mettere in palio significa accettare che ti prenda? - Non
  solo.  -
  Accettare che l’altro faccia ciò che vuole di te? - Sì, entro
  certi limiti, almeno. Non ho intenzione di farmi ammazzare, castrare, ferire.
  Insomma, qualche frustata va bene, anche se lascia il segno, ma cose di cui
  dopo qualche giorno non rimane traccia. Siegmund
  si limita ad annuire. È disorientato. Non ha mai pensato di farsi frustare.
  Che cosa si prova? - Questo
  è quanto mi piace. All’inizio mi sentivo a disagio. Non era il fatto di
  desiderare altri maschi: mio padre è sempre stato un uomo aperto di idee, uno
  zio a cui voleva molto bene era omosessuale e pare che fosse stato tra gli
  amanti di Ludwig II di Baviera. In famiglia si sapeva. Sono cresciuto in un
  ambiente tollerante e non mi è stato difficile accettare di essere quello che
  ero. Il rapporto con la violenza invece mi ha disorientato. Ci ho messo un po’
  a capire che mi attirava e a chiarirmi le idee, a capire che cosa volevo
  davvero, che cosa mi piaceva.  E ci ho
  messo ancora di più ad accettarlo. Credo però di aver fatto i conti con me
  stesso, di aver capito che anche il mio lato oscuro fa parte di me e che
  posso giocarci. Tobias
  ha concluso, ma Siegmund tace. Allora il giornalista aggiunge: - Adesso
  avrai capito perché ho proposto quella serie di articoli al mio direttore.
  Per l’ultimo ho chiesto un incontro con il dottor Freud, che avevo già contattato
  un’altra volta, per un caso di cronaca nera, un delitto rimasto irrisolto.
  Gli ho posto domande che riguardavano l’articolo tanto quanto me stesso,
  anche se a lui non l’ho detto. Credo che comunque lui l’abbia sospettato. Si sono
  fermati ai margini del parco, avvolto nell’oscurità più completa.  Siegmund
  guarda la grande massa buia degli alberi davanti a loro. -
  Tobias, mi sembra che tu non abbia nebbie. La luce del sole illumina
  perfettamente quello che hai dentro. Il mio caso è un po’ diverso. Siegmund
  si ferma, in bilico tra il desiderio di raccontare e una certa ritrosia a
  farlo. Quest’uomo è uno sconosciuto e questo rende aprirsi più facile e
  insieme più difficile. Riprende: - Che mi
  piacciono i maschi, l’hai capito benissimo. Mi è sempre piaciuta la lotta,
  anche per i motivi che dici tu, e mi piace il pugilato. Non mi ero mai posto
  molte domande, anche se negli ultimi mesi avvertivo un’irrequietezza
  crescente, che mi ha spinto a fare un buon numero di cazzate. Siegmund
  respira a fondo, poi incomincia a raccontare. Non nasconde nulla: Gunther,
  Petr, lo stupro, la masturbazione con il cazzo in legno, il rapporto con
  Ruggero, l’erezione quando Petr lo minacciava, gli altri incontri con Petr,
  l’orgasmo dell’ultima volta. L’unica cosa che tace è il nome di Ruggero:
  Tobias capirebbe subito di chi si tratta. - E
  questo è tutto. Non ho le idee chiare, ma te ne sarai accorto.  - Direi
  che ora te le stai chiarendo. - Sì, è
  vero.  Tobias
  ha ragione: Siegmund si rende conto che questo dialogo lo aiuta a vedere
  meglio.  - Ti è
  difficile accettare di essere quello che sei? - Per
  certi aspetti no. Per altri… pensare che mi faccio fottere, perché di questo
  si tratta, da un uomo che disprezzo e che mi disprezza. Che senso ha? - Te
  l’ho detto, ci sono uomini che pagano per farsi frustare, umiliare in tutti i
  modi. Non so se sia un desiderio di sottomissione a un maschio più forte o
  che cos’altro. - Non
  credo che avrò più rapporti con Petr. No, questo gioco assurdo è finito. - Forse
  ha svolto la sua funzione. Ti ha aiutato a capire. - Sì.
  Cercherò altro. Tacciono
  entrambi. Siegmund pensa che gli piacerebbe esplorare con Tobias. Un uomo che
  forse saprebbe dargli quello di cui ha bisogno. Gli verrebbe voglia di
  invitarlo ora  nel suo appartamento “da
  puttana francese”, ma non è sicuro di volerlo e non sa come la prenderebbe.
  Lo conosce appena. No, sono tutte cazzate. Ne ha voglia, davvero, ma… non se
  la sente. Dice
  ancora: -
  Parlarne con te mi ha fatto bene. Ora… cercherò di capire meglio e di fare i
  conti con quello che tu chiami il lato oscuro. Credo che tu abbia ragione: ci
  si può giocare. Devo imparare a farlo. Camminano
  muti per un tratto. Poi è Tobias a parlare, dopo un lungo momento di
  silenzio, mentre si dirigono verso il Ring: - È ora
  che Siegmund e Tobias si separino. A Tobias farebbe piacere ritrovare
  Siegmund, per parlare ancora e anche per andare oltre le parole. Siegmund si
  prende il tempo per pensare. Se decide che gli va, farà lui il primo passo:
  sa che Tobias ne sarebbe contento. Se invece questo non accadrà, il signor
  Nebelwald e il barone Meyer zu Grünewald probabilmente non si
  incontreranno mai più. O se capiterà loro di incrociarsi, si scambieranno un
  breve cenno di saluto, appena percettibile, perché sono due uomini onesti,
  che non negano ciò che sono e sono stati, ma nulla di più. Siegmund
  annuisce. È sicuro che cercherà di nuovo Tobias, ma gli va bene non doverlo
  dire ora, lasciarsi il tempo di riflettere un po’. Ironizza: - E così
  mi tocca di nuovo fare il primo passo. - Io ne
  ho fatti due, avvicinandoti dopo l’incontro di pugilato e poi mandandoti i
  giornali.  - Avevi
  già in mente… Siegmund
  non completa la domanda. - Quando
  ti ho visto, ho pensato subito che mi sarebbe piaciuto conoscerti meglio, ero
  sicuro che avessimo molte cose in comune. Quando ti ho mandato gli articoli,
  ho sperato che tu ti facessi vivo, fornendomi una possibilità di contattarti.
  Ero al giornale quando ho letto del tuo invito a cena. Ho lanciato un urlo di
  gioia. Si sono voltati tutti a guardarmi. Siegmund
  è turbato, più di quanto voglia riconoscere. Reagisce chiedendo: -
  Pensavi di… Esita
  nella scelta del termine e Tobias ne approfitta per intervenire: -
  Pensavo che forse saremmo diventati amici, mi dicevo che magari avremmo scopato,
  ma soprattutto desideravo quello che abbiamo fatto questa sera: parlare
  liberamente con un uomo adulto, che condivide i miei gusti. Non so se andremo
  oltre. Io te l’ho detto: mi piacerebbe molto ritrovarci, ma devi volerlo tu,
  davvero. Può essere solo per parlare ancora, in piena libertà. Può essere per
  fare qualche cosa insieme, magari andare ad assistere a un incontro di
  pugilato. Non suggerisco altro, perché hai capito benissimo che desidero
  anche altro. Ma devi deciderlo tu e non ora. Quando sarai sicuro di quello
  che vuoi. Siegmund
  annuisce. - Va
  bene. Al
  momento di lasciarsi, Tobias dice: - C’è
  una cosa che mi piacerebbe, se non ti pesa. - Che
  cosa? - Che
  Siegmund e Tobias si abbracciassero, in segno di amicizia. Se non si
  ritroveranno più, che si lascino così. - Molto
  volentieri. Si
  abbracciano. Tobias ha braccia forti e una stretta vigorosa. * Siegmund
  manda il messaggio due giorni dopo: si è imposto di non contattare Tobias il
  giorno successivo al loro incontro. Ha voluto darsi il tempo di riflettere,
  anche se sapeva benissimo di aver già preso una decisione. Con il
  tagliacarte Tobias apre la busta. Aspettava un messaggio di Siegmund e conta
  che sia una richiesta di incontro. Nel foglio c’è un indirizzo della
  Landstraßer Hauptstraße e due righe. Questo è l’appartamento di cui ti ho parlato. Quando
  potresti venirci? Tobias
  sorride, felice. Era convinto che Siegmund si sarebbe fatto vivo, ma non
  poteva esserne sicuro. Fissa
  l’appuntamento e il giorno dopo si reca puntuale nell’appartamento. Siegmund
  lo riceve vestito normalmente: aprirgli la porta in vestaglia come faceva con
  Gunther gli sembrerebbe del tutto incongruo. Decideranno insieme quello che
  vogliono fare, come muoversi. Quello che è successo prima in queste due
  stanze è ormai un passato superato. Tobias
  sorride. Ha un bel sorriso luminoso. - Sono
  contento che tu mi abbia cercato, Siegmund. - Avevo
  già deciso di farlo prima che ci separassimo, l’altra sera, ma ho preferito
  far passare un giorno, lasciarmi uno spazio per ripensamenti, pur sapendo che
  non ci sarebbero stati. - Credo
  che tu abbia fatto bene. Tobias
  si guarda intorno e aggiunge: - Non
  sembra proprio un appartamento da puttana francese. -
  Togliti il giaccone e vieni di là, Tobias. Vedendo
  la camera da letto con tutti i suoi specchi, Tobias ride. - In
  effetti… Mi piace moltissimo. - Anche
  a me. Non sarà elegante, lo so, ma mi piace. Tobias
  annuisce, poi chiede: - Da che
  parte incominciamo, Siegmund? - Un
  incontro di pugilato, in cui il vincitore fa dell’altro ciò che vuole. Entro
  i limiti di cui hai parlato l’altra sera. - Va
  bene. Incominciamo a spogliarci e poi definiamo meglio? - Va
  bene. Tobias
  si sfila la giacca, guardando fisso Siegmund, che lo imita. Tobias
  ha un bel corpo, armonioso e forte, una leggera peluria bionda intorno ai
  capezzoli e in mezzo al petto, che diviene più fitta sul ventre. Un bel cazzo
  vigoroso. Quando
  sono entrambi nudi e i loro abiti sono accatastati su due sedie in un angolo,
  Tobias dice: -
  Stabiliamo le regole, del combattimento e di ciò che verrà dopo. - Quali
  altre regole servono? - In
  primo luogo dove ci si può colpire. Le botte alla testa a lungo andare
  possono provocare danni al cervello e di solito preferisco evitarle. Ma se lo
  desideri, possiamo non porre limiti di questo genere, - No, va
  bene.  - Allora
  colpi al busto, dal collo al pube, se ti va bene. Hai svuotato la vescica? - Sì. - Che
  cosa mettiamo in palio? - Quello
  che il vincitore vuole. - Va
  bene. Con la possibilità di fermare l’altro, dicendolo chiaramente. Almeno
  all’inizio è meglio così. - Che
  cosa intendi? - Nelle
  mie o nelle tue fantasie ci può essere qualche cosa che per l’altro è troppo.
  Ed è bene che ci sia un modo per fermarsi, uscendo dal gioco. - A
  questo non avevo mai pensato. - C’è
  chi non lo fa. Io preferisco farlo. Non mi è mai successo né di fermare, né
  di essere fermato, ma se ti accorgi che io sto superando un limite che non te
  la senti di superare, è meglio che tu mi fermi. - Credo
  che tu abbia molte cose da insegnarmi. - Può essere
  e sarà un piacere farlo. Un piacere che spesso comporterà dolore, ma a
  entrambi va bene così. Siegmund
  sorride. Si sente a suo agio con questo maschio nudo che lo menerà e, se avrà
  la meglio, lo fotterà. È quello che desidera, anche se lotterà per vincere. - Allora
  possiamo incominciare. Si
  studiano e poi incominciano a provocarsi con finte. Siegmund ha l’impressione
  che Tobias sia un po’ più forte e abile di lui, ma tra loro non c’è
  sicuramente una grande differenza. Dopo le schermaglie iniziali, arrivano i
  primi pugni. Tobias colpisce con forza e i suoi colpi fanno male, anche se
  non come quelli di Petr. Anche Siegmund mette a segno qualche colpo e gli fa
  piacere vedere la smorfia di dolore sul viso dell’amico. Ma due pugni al
  ventre gli tolgono il fiato e lo fanno crollare in ginocchio. - Ti
  arrendi? Siegmund
  guarda il viso di Tobias sopra di lui, il grosso cazzo che non è più
  perfettamente a riposo, ora. Annuisce. - A
  quattro zampe, davanti allo specchio. La voce
  è dura: un ordine, che non si discute. Siegmund
  respira a fondo e si mette come richiesto. Può vedere riflesso nello specchio
  Tobias, in piedi dietro di lui, che si sputa sulle dita e le avvicina al
  culo. Sente la pressione sull’apertura, che viene inumidita, mentre il cazzo
  di Tobias si erge, minaccioso. Dopo
  aver sparso con cura la saliva, Tobias si stende su Siegmund ed entra con una
  spinta decisa, facendo sussultare Siegmund. Tobias è
  un bravo stallone. Fotte a lungo e le sue mani pizzicano, stuzzicano,
  avvolgono i coglioni, stringono il cazzo e quando il suo sborro riempie le
  viscere di Siegmund, anche questi viene. Tobias
  avvolge Siegmund tra le braccia e si lascia andare sul pavimento. Ora
  Siegmund è sopra di lui, il cazzo di Tobias ancora in culo.  - Com’è
  andata? - Molto
  bene. È stato tutto bello. C’è stato dolore e… Siegmund
  esita un attimo, poi dice: - E
  volevo che ci fosse. Quando mi hai colpito e quando sei entrato. - Sì, ho
  preparato l’ingresso, ma sono deliberatamente entrato deciso. Anche per me è
  stato molto bello, perché sto bene con te, però adesso… -
  Adesso? - Che ne
  diresti se ci mettessimo a letto? Il pavimento non è così caldo. - Va
  bene. Riposano
  nel letto, Siegmund si abbandona al sonno e quando si risveglia guarda Tobias
  steso accanto. È bello svegliarsi accanto a lui. Mentre
  si rivestono, Siegmund dice: - Vorrei
  rivederti presto. -
  Anch’io. E non solo per esplorare insieme i nostri limiti. Siegmund
  lo guarda. Lentamente annuisce, poi si avvicina.  - No,
  non solo per quello. Certamente non solo per quello. Lo bacia sulla bocca. 2022 |