Azazel

 

 

Jürgen Steiner sta riordinando le carte relative a un caso appena concluso, quando si presenta un uomo che deve aver più o meno la sua età. È molto alto e piuttosto massiccio, con un barbone rossiccio, come i capelli, ormai radi sul davanti. Non è un bell’uomo, ma trasmette un’impressione di grande forza.

- Buongiorno, signor Steiner. Il mio nome è Kerbel, Hans Kerbel.

Jürgen sa chi sono i Kerbel: una famiglia di ricchi mercanti. Jürgen non ha mai avuto modo di vedere sui giornali la fotografia di questo Hans Kerbel, ma quella di altri Kerbel, forse suoi fratelli, sì.

- Buongiorno, signor Kerbel, si accomodi.

Jürgen ha un’idea dei motivi che possono aver spinto Kerbel a rivolgersi a lui: ha letto che Robert Kerbel è scomparso e nessuno sa dove sia finito. Non sa bene che legame ci possa essere tra questo Kerbel e l’altro: Hans potrebbe essere il padre di Robert? O un fratello maggiore?

La polizia sta indagando, senza nessun risultato. Le parole dell’uomo confermano la sua previsione:

- Credo che lei abbia già intuito perché mi rivolgo a lei. Mio fratello Robert è scomparso da una settimana e la polizia non riesce a trovare una traccia, nulla. Voglio sapere che cosa gli è successo. Mi hanno detto che lei è un investigatore privato in gamba e credo che sia la persona adatta per indagare.

Jürgen annuisce. Sa di godere di una buona fama e non gli spiace avere come cliente questo facoltoso mercante.

- Prima di accettare l’incarico, ho bisogno di porle qualche domanda.

- Mi dica.

- Lei non pensa che suo fratello possa essersi allontanato di sua spontanea volontà? Succede spesso che qualcuno decida di lasciare la casa senza comunicarlo.

- No, escludo che se ne sia andato volontariamente. Non ha preso nessuna delle sue cose, nemmeno denaro, e non aveva nessun motivo per andarsene, così.

Jürgen sa benissimo che spesso non si conoscono i pensieri dei propri fratelli o figli, ma se il giovane non ha preso con sé nulla, è più probabile che non si tratti di un allontanamento volontario. Questo Robert potrebbe essere morto: incidente, suicidio e omicidio sono tutte ipotesi plausibili, ma nei primi due casi bisognerebbe capire perché il corpo non è stato ritrovato. Oppure potrebbe trattarsi di un rapimento.

- C’è qualche elemento che possa far pensare a un rapimento? Ovviamente lei non ha ricevuto richieste di riscatto, altrimenti me l’avrebbe detto, ma nei giorni precedenti ha notato qualche cosa di strano?

Kerbel scuote energicamente la testa.

- No, nulla. Anche i miei fratelli dicono di non aver ricevuto nessuna richiesta.

- Allora, se vuole affidarmi l’incarico, devo chiarire alcuni punti. In primo luogo, avrò bisogno di parlare con la servitù di casa e con gli amici di suo fratello. Dovrò anche esaminare la sua camera, alla ricerca di elementi utili.

Kerbel annuisce e dice:

- Ho già cercato io, ha cercato la polizia, ma comunque faccia pure.

- In secondo luogo, è necessario che lei non mi nasconda niente.

- Collaborerò. Voglio ritrovare mio fratello. O scoprire che cosa è successo.

E mentre dice la seconda frase, Hans Kerbel sembra percorso da un leggero tremito. Deve essere molto affezionato al fratello.

Dopo aver stabilito il compenso, Jürgen incomincia a interrogarlo.

- Lei vive con suo fratello?

- Sì. Mi sono preso cura di lui dopo la morte di nostro padre.

Jürgen ha l’impressione che Hans voglia aggiungere qualche cosa, ma l’uomo non dice altro.

- Mi descriva la situazione familiare.

Hans è a disagio.

- È necessario? Sono sicuro che non ha niente a che vedere con la sparizione di mio fratello.

- Ho bisogno di avere un quadro preciso.

Hans annuisce, rassegnato.

- I miei due fratelli maggiori hanno cinquantaquattro e cinquantadue anni. Mia sorella ne ha quarantotto e io quarantaquattro.

Jürgen si dice che ha indovinato: Hans ha esattamente la sua età. L’uomo prosegue:

- Robert ne ha ventiquattro. Mia madre morì quando io avevo otto anni e mio padre si risposò dodici anni dopo. I miei fratelli non videro di buon occhio il nuovo matrimonio di nostro padre, che aveva sessant’anni. Ci furono contrasti anche piuttosto violenti.

Hans si ferma.

- Prosegua: mi serve sapere tutto, anche se può non sembrarle rilevante.

- Sono storie vecchie, che ormai non hanno nessuna importanza. Tutto è stato definito e non c’entra con la scomparsa di Robert.

- Signor Kerbel, in ogni caso ho bisogno di capire qual è la situazione familiare che Robert ha, volontariamente o meno, lasciato.

- Non credo davvero che c’entri… ma… come vuole. C’erano questioni di interesse, naturalmente, ma non solo. I miei fratelli avevano dei dubbi sulla donna che mio padre sposava e sulla stessa paternità. Robert nacque sette mesi dopo il matrimonio e loro insinuavano che la donna si fosse fatta sposare attribuendo a mio padre una paternità che non aveva. Detto tra noi, era un’idea assurda: Robert ha gli stessi capelli rossi di nostro padre e di tutti noi, l’unica differenza è che ha lineamenti molto più regolari. Comunque questo non c’entra.

Hans Kerbel si ferma, poi riprende:

- La madre morì poco dopo il parto e mio padre si ritrovò solo con il bambino. I miei fratelli erano sposati e vivevano fuori casa, ma gestivano con mio padre e mio cognato l’impresa. Di Robert si occupò una bambinaia, ma me ne presi cura soprattutto io, che studiavo medicina e vivevo con mio padre.

- Lei non lavora nell’impresa che era di suo padre?

- No. Sinceramente, non m’interessava. Sono diventato medico.

Hans sospira e prosegue:

- Robert è un po’ mio figlio. Mio padre morì quando lui aveva dieci anni. Nel testamento lasciò l’impresa ai suoi figli maggiori e una quota anche a mia sorella. A me e Robert lasciò un ingente patrimonio, che compensava la nostra esclusione dalla ditta: a me non interessava una quota di proprietà e Robert avrebbe avuto una vita difficile con i fratelli, se fosse entrato nell’impresa. L’abitazione di famiglia passò a me. Mio padre mi affidò Robert, sapendo che mi sarei preso cura di lui. E così ho fatto.

- Quali sono ora i rapporti tra Robert e i suoi fratelli?

- Non ci sono rapporti. D’altronde io stesso li vedo poco, anche se tra di noi non esistono tensioni. Viviamo in mondi separati, loro hanno fatto altre scelte di vita, si occupano dei loro affari. Vedo più spesso mia sorella, l’unica della famiglia con cui ho qualche cosa in comune.

- Lei esercita come medico?

- Sì.

- E Robert?

- Studia architettura. Dovrebbe finire tra non molto.

Hans sorride e aggiunge:

- Diciamo che dovrebbe aver già finito, ma non si sforza molto, anche se l’architettura l’appassiona. È affascinato dalle opere di Otto Wagner, ad esempio, ma anche questo non c’entra.

- I vostri rapporti?

- Siamo molto legati, anche se conduciamo vite indipendenti, com’è naturale, vista la differenza di età. Crescendo Robert si è fatto i suoi amici e il tempo in cui veniva piangendo a farsi consolare da me per qualsiasi problema è finito da un bel pezzo, com’è logico che sia. C’è stato anche un periodo in cui era piuttosto ribelle, ma è stata solo una fase, che è passata. Si confida spesso con me, ma negli ultimi mesi ho avvertito… mi è sembrato più distante.

Jürgen raccoglie informazioni sugli amici di Robert, che sono soprattutto compagni di studi.

Infine Jürgen chiede notizie sulla scomparsa del giovane.

- Robert è uscito di casa giovedì pomeriggio, dicendo a un domestico che sarebbe rientrato il venerdì. Da allora nessuno l’ha più visto.

- Non ha detto dove andava?

- No.

Kerbel fa una breve pausa, poi aggiunge:

- Se lo dice a me, magari gli chiedo come mai non rientra, ma ormai Robert ha ventiquattro anni, non deve rendermi conto di quello che fa. I domestici di certo non pongono domande. L’unica cosa che sappiamo è quanto ha detto al suo miglior amico, Uwe Lehar: andava a Baden. La polizia ha seguito questa traccia, senza scoprire nulla. A Baden nessuno l’ha visto, ma non significa niente, c’è sempre gente che va e che viene. Possono non averlo notato. Con i nostri capelli rossi di famiglia siamo piuttosto visibili, ma basta mettersi un cappello. Lui porta la barba cortissima, non come me.

Baden è una località a meno di un’ora di treno da Vienna. È un centro termale, abbastanza grande e frequentato. Se nessuno ha visto il giovane, trovarlo appare molto difficile.

- Va bene. Allora, se permette, andiamo a casa sua. Mi mostra la camera di Robert e avvisa i domestici che li interrogherò.

- Va bene.

A casa Kerbel, Jürgen parla a lungo con i domestici, i quali non sembrano sapere nulla e non hanno notato comportamenti insoliti nel giovane negli ultimi mesi. Robert è uscito di casa con un abito da giorno, pur prevedendo di rimanere fuori per la notte. Questo esclude che intendesse recarsi a una serata mondana. Come ha già detto Hans, non ha spiegato i motivi per cui contava di non rientrare. La servitù sembra molto affezionata ai due padroni e soprattutto a Hans: due servitori esprimono la speranza che Jürgen ritrovi presto Robert, perché Hans Kerbel sta soffrendo molto. Jürgen è un po’ stupito di queste manifestazioni di affetto, non usuali.

L’investigatore passa poi a esaminare la camera di Robert, di fatto un appartamento costituito da una camera da letto, uno spogliatoio, un bagno e uno studio. La polizia ha già controllato e anche Hans ha detto di aver cercato se c’era qualche cosa che poteva aiutarlo a trovare Robert.

Jürgen sa che difficilmente scoverà elementi utili per capire che cosa è successo al giovane, ma ispezionare la camera gli permetterà di avere qualche informazione in più su Robert e magari formulare qualche ipotesi sui motivi della sua scomparsa.

Procede in modo sistematico. Nella camera da letto non sembra esserci nulla di interessante, come pure nel bagno. Nello spogliatoio controlla il guardaroba, mettendo le mani in tutte le tasche degli abiti. Trova due biglietti per uno spettacolo teatrale e alcuni fogli. Solo uno potrebbe essere significativo. Contiene un’unica frase:

Domani alle 18, solito indirizzo.

R.

Non c’è una data, nulla che permetta di avere qualche informazione in più, e la firma è solo una lettera.

 

Nello studio Jürgen incomincia a esaminare la libreria, che comprende solo una trentina di volumi, per lo più romanzi. Jürgen li prende uno per uno e li apre. Il terzo volume lo sorprende. Sul dorso il titolo è Effi Briest, ma il testo è in inglese. Per quale motivo Robert Kerbel legge in inglese un romanzo di un autore tedesco? Per fare esercizio con la lingua? Si tratta davvero di Effi Briest? Jürgen conosce il francese e l’ungherese, perché sua madre è originaria di Buda, ma non è in grado di leggere in inglese. Il nome della protagonista non appare nelle pagine che sfoglia.

Riflette un momento, poi mette il libro da parte. Intende rivolgersi al suo amico Tobias Nebelwald, un giornalista che legge correntemente in inglese.

Anche altri libri sono in inglese, benché i titoli siano in tedesco. Jürgen non capisce, ma uno dei volumi è illustrato e le immagini lo mettono sulla strada: sono incisioni erotiche, di accoppiamenti tra uomini.

Robert dev’essere omosessuale. L’informazione potrebbe essere rilevante per la scomparsa.

C’è un altro volume illustrato, dello stesso genere. Un’immagine mostra un uomo robusto, nudo e con il cazzo in tiro, impegnato a fustigare un giovane, anche lui nudo ed eccitato. Quasi come segnalibro per quella pagina è inserito un altro biglietto:

Martedì, alle 20. K.

R.

La scrittura è la stessa dell’altro biglietto e anche la firma, se tale si può considerare la lettera R. E che cosa indica la K? Una persona? O è un messaggio in codice?

Omosessuale e probabilmente interessato a pratiche violente. Che la chiave della sua scomparsa sia questa, è solo un’ipotesi, ma sicuramente è una traccia da non trascurare. Hans conosce i gusti del fratello? Non ha detto niente in proposito.

Jürgen esamina con cura la scrivania. Gli oggetti presenti sono insignificanti.

 

Jürgen decide di raggiungere Tobias. Vuole una conferma che il volume in inglese sia un libro erotico omosessuale. Ormai non ha molti dubbi in proposito, ma preferisce verificare. Si reca alla Neue Freie Presse, il giornale dove lavora Tobias, ma l’amico è già andato a casa. Jürgen sa dove abita: va spesso da lui.

Tobias è in casa, ma non è solo: con lui è il barone Siegmund Meyer zu Grünewald, che Jürgen ha visto alcune volte. Sa che sono amanti da due anni ed è contento per l’amico, perché sa che il loro rapporto è molto profondo.

Dopo i saluti, Jürgen viene subito al dunque:

- Sono venuto per chiederti aiuto.

- Dimmi.

- Ho bisogno di sapere di che cosa tratta questo libro. Credo che sia un romanzo pornografico omosessuale, ma ho bisogno di una conferma.

Tobias prende il libro, mentre dice, ridendo:

- Effi Briest, un romanzo pornografico omosessuale?

- Non è Effi Briest.

- Vediamo, potrebbe essere interessante. Magari scopriamo qualche cosa di nuovo, eh, Siegmund?

Siegmund gli sorride e lo punzecchia:

- Credevo che tu sapessi già tutto…

Tobias dà un’occhiata a una pagina, poi lo sfoglia rapidamente, soffermandosi un momento qua e là. Infine restituisce il libro all’amico, che è un po’ sorpreso.

- Hai già visto tutto?

- Conosco il libro. L’originale tedesco è illustrato. Il suo vero titolo è Il castello del barone Aschenbach. È la storia di un giovane che viene sedotto da un barone. Questi lo convince a seguirlo e nel suo castello lo sottopone a tutta una serie di pratiche… Conosci la parola sadismo, no?

- Sì, certo.

- Allora questo barone è un sadico e il giovane è la sua vittima consenziente, che raggiunge il piacere attraverso il dolore che gli infligge il suo padrone.

Siegmund interviene, sorridendo:

- Un libro scritto con i piedi, se posso dire, ma che a quanto pare gode di un certo successo, se è stato tradotto anche in inglese.

Jürgen è un po’ stupito che il barone riveli di conoscere il libro, ma né lui, né Tobias hanno motivo di nascondersi di fronte all’investigatore. Jürgen e Tobias hanno scopato più volte in passato, prima che il giornalista si mettesse con il barone, e Siegmund lo sa.

Tobias guarda Jürgen, sorride e gli chiede, a bruciapelo:

- Il libro appartiene a Robert Kerbel?

Jürgen è stato preso di sorpresa. Non si aspettava che Tobias potesse sospettarlo. Non nega: è curioso di capire come l’amico abbia potuto indovinare.

- Come cazzo fai a saperlo?

- Ho mandato io Hans Kerbel da te. Voleva un investigatore in gamba e riservato. Ho pensato che tu fossi la persona giusta.

- Non sapevo che conoscessi Hans Kerbel.

Tobias sorride.

- Lo conosco molte bene. È il mio medico. Non aggiungo altro, perché sei un investigatore e sei bravo a scoprire ciò che ti interessa.

Jürgen si chiede se Tobias abbia scopato anche con Hans o con Robert Kerbel.

- Conosci anche Robert Kerbel?

- No, non l’ho mai visto. E non so niente di lui. Non posso aiutarti, come non potevo aiutare Hans.

- Lo chiami Hans, eh?

- Lo considero un amico, oltre che il mio medico, e mi piace moltissimo. E non parlo di attrazione fisica.

Siegmund interviene, sorridendo:

- Non ne parla più che altro perché ci sono io…

Tobias ride e risponde:

- Senti chi parla! Di Hans Kerbel, proprio! Hai la faccia come il culo!

Jürgen ha l’impressione, per non dire la certezza, che anche Siegmund conosca Hans Kerbel, ma adesso non è rilevante. Le schermaglie tra i suoi due amici lo divertono. Sa benissimo che Siegmund e Tobias non sono gelosi l’uno dell’altro: il loro è un rapporto profondo, in cui non c’è spazio per gelosie retrospettive. E forse neanche per gelosie relative al presente.

Jürgen chiacchiera un po’ con i due, poi torna a casa.

 

Il mattino dopo si presenta nuovamente Hans Kerbel. Appare leggermente imbarazzato.

Dopo i saluti, chiede:

- So che lei ha portato via un libro. Ha trovato qualche cosa di interessante?

- Sì, era un libro in inglese e avevo bisogno di sapere di che cosa trattava. Io non conosco l’inglese. Adesso lo so e glielo posso rendere.

Hans Kerbel è chiaramente a disagio mentre Jürgen prende dal cassetto il libro e glielo dà. L’investigatore lo guarda fisso e dice:

- Signor Kerbel, per capire che cosa è successo a suo fratello, ho bisogno di raccogliere il maggior numero di informazioni su di lui. Se non vuole che lo faccia, rinuncio al mio incarico.

- Perché mi dice questo?

- Perché lei non mi ha detto tutto, mi ha nascosto informazioni fondamentali. Io ho bisogno di capire chi è suo fratello.

Jürgen è convinto che Hans sia a conoscenza dei gusti di Robert, anche se non può esserne sicuro.

- Che cosa le avrei nascosto?

- I gusti di suo fratello. Non ne sa niente? Non sospetta niente?

- Non credo che questo…

Jürgen lo interrompe, mostrandogli i due foglietti con gli appuntamenti.

- Uno di questi due fogli era nella tasca di una delle giacche di suo fratello, ma l’altro era inserito in uno dei libri illustrati, in una pagina dove l’immagine dava un’idea del tipo di appuntamento. Conosceva i gusti di suo fratello?

Kerbel chiude gli occhi un attimo e annuisce.

- So che gli piacciono gli uomini, soprattutto quelli forti, come lei. Non sapevo… uno di quei fottuti libri illustrati mi fa pensare che ci sia anche altro.

- Sapeva dell’esistenza di quei libri o l’ha scoperto solo quando le hanno detto che mi ero portato via un volume?

- L’ho scoperto quando Hanna mi ha detto del libro. Avevo controllato la camera di Robert, alla ricerca di indizi e anche per essere sicuro che non ci fossero… elementi compromettenti. Dovevo sporgere denuncia per la scomparsa e prevedevo un’indagine. Ma nell’Impero l’omosessualità è un reato.

- Ha fatto scomparire qualche cosa?

Annuisce.

- Sì, un… un arnese di legno… un… fallo.

- Signor Kerbel, nascondere a un investigatore elementi importanti è un po’ come nascondere al medico i propri sintomi. Credo che lei sia in grado di cogliere il paragone.

Hans sorride.

- Ci sono sintomi che non sono significativi per certe malattie.

- Lo stabilisce il paziente o il medico?

Hans alza le mani, in un gesto di resa, e nuovamente sorride. Ha un bel sorriso, cordiale.

- Signor Steiner, mi arrendo e mi scuso. Ha perfettamente ragione. Mi avevano consigliato lei come investigatore, dicendomi che è una persona molto scrupolosa e riservata, oltre a essere in gamba nel lavoro. Ma… le ho detto, considero Robert un figlio e mi sento responsabile... anche dei suoi gusti.

- Perché dice questo?

- Robert non ha mai avuto figure femminili intorno a sé, a parte la bambinaia. Se io mi fossi sposato, mia moglie avrebbe potuto fargli da madre.

- Ma lei non si è sposato.

- No.

Hans esita un attimo, poi aggiunge:

- Anch’io sono attratto dagli uomini e credo che Robert l’abbia capito. E io sono sempre stato il suo modello.

Jürgen non è stupito dalle parole di Hans Kerbel: dopo il colloquio con Tobias e Siegmund, sospettava che potesse essere così.

- Lei pensa che questo abbia influenzato i gusti di suo fratello?

- Non lo so, sinceramente. Ma di sicuro gli ha reso più facile accettare di essere quello che è. Non ha lottato contro le sue tendenze, come... ho fatto io, almeno in una fase iniziale.

Hans si interrompe. Dopo un momento di silenzio, aggiunge:

- Come vede, non le nascondo niente. Ma le chiedo che tutto ciò che scoprirà rimanga segreto.

- Sono abituato alla massima discrezione: è un requisito indispensabile nel mio lavoro. Oggi contatterò gli amici di suo fratello e cercherò di capire chi gli ha mandato quei biglietti e con chi erano gli appuntamenti. La terrò aggiornato.

- Grazie. E la prego di scusarmi. So di aver sbagliato, ma mi sento responsabile nei confronti di Robert.

Hans Kerbel si congeda. Jürgen lo guarda scendere le scale. Osserva le spalle larghe, i capelli rossi. Prova un’istintiva simpatia per lui.

 

Jürgen contatta gli amici di Robert. Deliberatamente lascia per ultimo Uwe Lehar: prima di parlare con lui vuole avere un quadro generale della situazione.

A tutti chiarisce di essere stato assoldato dal fratello per ritrovare Robert. Gli amici non sono in grado di contribuire alle indagini con informazioni utili. Robert sembra essere un giovane allegro, curioso, senza segreti, ma Jürgen si rende conto che nessuno sembra conoscere il suo orientamento sessuale.

Infine Jürgen cerca Uwe. Spera che il miglior amico di Robert sia in grado di aiutarlo, fornendogli qualche elemento significativo.

- Buongiorno. Sono Jürgen Steiner, investigatore privato. Mi ha assoldato Hans Kerbel perché ritrovi Robert. So che lei è il suo migliore amico.

Jürgen ha l’impressione che Uwe sia un po’ a disagio.

- Sì, siamo molto amici, ma non ho la più pallida idea di dove sia.

- Le pongo qualche domanda per conoscere un po’ meglio Robert.

Parlano un momento degli interessi di Robert, delle sue attività, degli studi. Poi Jürgen chiede:

- Robert le parlava dei suoi gusti e delle sue esperienze sessuali?

Uwe appare sorpreso dalla domanda.

- Sì, qualche cosa mi diceva. Confidenze tra amici.

- Che cosa sa della sua vita sessuale?

Uwe esita. Jürgen aggiunge:

- Io ho scoperto diverse cose e ne vorrei sapere di più, ma non intendo parlarne, se Robert non si è confidato con lei su questo. Sono tenuto alla massima riservatezza.

- Me ne ha parlato, sì. Gli piacciono… gli uomini.

- Questo lo so. Che tipo di uomini?

- Uomini più grandi di lui, con almeno vent’anni in più. Uomini forti.

- Come li incontra?

- Robert è un bel ragazzo, davvero bello. A volta qualcuno gli si avvicina, gli fa capire di essere interessato. E Robert ci sta, se l’uomo lo attrae.

Uwe sembra voler aggiungere altro, ma non lo fa. Jürgen è sicuro che il giovane gli nasconda qualche cosa.

- Conosce qualche nome? Saprebbe indicarmi qualcuno?

- No, no. All’università qualcuno lo ha contattato, ma Robert preferisce evitare rapporti con gente dell’ambiente in cui studia. Lo ritiene poco prudente.

Jürgen intende scoprire ciò che Uwe gli sta tenendo nascosto, ma tornerà sull’argomento dopo.

- So che Robert ha parlato con lei prima di scomparire.

- Sì, mi ha detto che andava a Baden, ma questo lo saprà. L’ho raccontato al fratello, alla polizia, è sui giornali.

- Perché andava a Baden? Gliel’avrà pure detto, no? Siete amici.

Uwe esita. Jürgen ha l’impressione che sia combattuto tra il desiderio di rivelare qualche cosa che sa e una reticenza di cui non conosce l’origine.

- Non lo so, non lo so.

- Senta, credo che lei abbia qualche idea. Robert è scomparso e potrebbe essere in pericolo, forse potrebbe essere stato ucciso, forse siamo ancora in tempo per salvarlo. Se è davvero un suo amico, mi aiuti a trovarlo.

Uwe si passa una mano sulla fronte e poi tra i capelli. Abbassa lo sguardo e dice:

- Andava da un cliente che ha una villa a Baden.

La risposta stupisce Jürgen.

- Da un cliente?

Uwe annuisce. Fissa Jürgen e dice:

- Negli ultimi tempi Robert si prostituisce.

Jürgen guarda Uwe, allibito. Non è possibile, deve aver capito male. La famiglia Kerbel è ricchissima, di certo a Robert non manca nulla: ha ereditato una fortuna e se fosse povero suo fratello Hans non gli negherebbe alcunché. Perché mai dovrebbe prostituirsi?

- Si prostituisce?

- Le sembra impossibile, vero? Ma è così. Non lo fa per soldi, no, certo, non ne ha bisogno. Io… non so che dirle. Gli piace l’idea di essere comprato e usato, come una merce qualsiasi. So che ha avuto tre clienti. Me lo racconta. Credo che lo faccia… non so come dire… per provare qualche cosa di nuovo.

- Sa chi sono questi clienti?

- Non lo so, non lo so. Lui li chiama il Rapido, Azazel e… Cazzomoscio.

- Mi dica tutto quello che sa di loro.

- Poco o niente. Non me li descrive. Il Rapido è uno… che viene in fretta. Robert si diverte a essere trattato…

Uwe si ferma.

- Dica.

- Come un oggetto, per soddisfare un bisogno. Ma dopo tre o quattro volte si è stufato. Cazzomoscio, be’, avrà capito, il nome dice già tutto. Anche di lui Robert si è stufato. Invece Azazel gli piace. È da lui che andava Robert a Baden.

- Mi dica tutto quello che sa di lui.

- Robert non me l’ha mai descritto. È un uomo non più giovane, forte, che ama pratiche… non so come dire.

- Sadismo, se conosce il termine.

Uwe annuisce.

- Sì, per Robert è stata la scoperta di un mondo. Gli piace moltissimo. Ma non mi racconta nulla. Una volta mi ha fatto vedere i segni delle frustate che gli dava Azazel, è l’unica cosa. Non so che cos’altro dirle. So che questo Azazel è forte e non è giovane, ma gliel’ho già detto.

- Dove incontra i clienti?

- In un appartamento, sempre lo stesso, da quello che ho capito, ma non so dove si trovi.

- Come si procura questi clienti?

- Si è fatto ingaggiare da qualcuno, non so chi sia. Robert lo chiama Mefisto.

- Mefisto?

- Sì. eravamo andati a teatro a vedere il Faust di cui hanno parlato tutti. E Robert ha detto che Mefistofele gli ricorda il magnaccia che gli procura i clienti.

- Ha un’idea di come potrei rintracciarlo?

- No, assolutamente.

- Alla polizia ha parlato di questo Azazel?

- Di lui no, tanto non conosco né il nome né tanto meno l’indirizzo e non l’ho mai visto. Non volevo sputtanare Robert. Ho solo riferito che mi aveva detto che sarebbe andato a Baden. È tutto. Vorrei poter aiutare Robert, ho paura che gli sia successo qualche cosa, ma non so niente di più.

- Va bene. Cercherò di scoprire chi è questo cliente.

 

Jürgen torna alla sede della Neue Freie Presse, il giornale dove lavora Tobias.

- Ho di nuovo bisogno del tuo aiuto.

- Dimmi.

- Ho letto la tua inchiesta sulla prostituzione a Vienna. Eccellente, per inciso. Mi sono chiesto se hai sperimentato direttamente, ma non è per saperlo che sono venuto qui, anche se sono curioso per natura e per lavoro.

Tobias ride.

- Il direttore non mi avrebbe mai pagato per le sperimentazioni che mi interessavano, per cui ho sperimentato molto poco, sicuramente meno di quello che mi sarebbe piaciuto. Ma dimmi che cosa ti ha spinto a venire da me. C’entra con il libro?

- Sì, ma prima di raccontarti il motivo della mia visita, ti devo chiedere un assoluto riserbo. So che una simile richiesta per un giornalista è quanto meno insolita, ma di te mi fido.

- Prometto di non raccontare nulla fino a che non mi dirai che è possibile farlo, ma mi ricambierai il favore al momento opportuno con qualche informazione di prima mano.

Si conoscono da anni e hanno fiducia uno nell’altro.

- Tobias, so come lavori e hai di certo raccolto un mare di informazioni di prima mano sulla prostituzione maschile a Vienna, per la tua inchiesta, anche se nell’articolo dedicato al tema hai fatto sempre riferimento a testimonianze di agenti, chiacchiere da bar e altre cose.

- Certamente, se avessi detto di aver parlato con prostituti, magnaccia, clienti o di essere andato in un bordello maschile, avrei avuto una visita della polizia, che avrebbe richiesto nomi e indirizzi.

- Bene. Per questo spero che tu mi possa aiutare. Nell’articolo tu parli dei diversi tipi di offerta, da quella di strada ai bordelli, ma fai anche riferimento a magnaccia che hanno giovani al loro servizio, per i clienti che non vogliono farsi vedere mentre escono da un bordello o abbordano un prostituto per strada, gente che vuole pararsi il culo, evitando che la polizia possa beccarli, e paga per la discrezione. È uno di questi magnaccia che cerco.

- Chiedi troppo, Jürgen. Conosco due nomi, che posso darti, ma non so se ti saranno utili. Che cosa fai? Vai da loro e chiedi le informazioni che ti servono? Nessuno ti risponderà, se non puoi forzarli.

Jürgen sa che Tobias ha ragione. L’amico continua:

- Non vuoi spiegarmi la situazione? Magari posso aiutarti meglio.

Jürgen sa che può fidarsi di Tobias e gli racconta ciò che ha saputo da Uwe.

Tobias ascolta con attenzione, poi dice:

- Temo che Robert Kerbel sia nei guai, sperando che sia ancora vivo. Jürgen, tu sai benissimo che a me piace giocare con il mio lato oscuro e potrei farti vedere anch’io i segni delle frustate, ma sono sempre stato molto attento, evitando di mettermi nelle mani di qualcuno di cui non mi fidavo. Robert è molto giovane e probabilmente non ha usato le stesse cautele.

Jürgen guarda Tobias e dice:

- Magari hai anche conosciuto questo Azazel.

- Non credo, se è uno che si rivolge ai lenoni. Per trovare lui, devi trovare il magnaccia.

- Lo so, ma Uwe non ha saputo fornirmi nessun indizio. Per questo chiedevo a te qualche nome.

Tobias riflette un momento, poi dice:

- Non sai come questo magnaccia ha contattato Robert?

- No, però in effetti a questo non avevo pensato. Devo provare a chiedere all’amico di Robert.

Jürgen sorride e aggiunge:

- Tu avresti potuto fare l’investigatore.

Anche Tobias sorride:

- Direi che i nostri due lavori non sono così diversi.

 

Uwe non si stupisce di veder ritornare l’investigatore.

- Ho bisogno di porle ancora una domanda.

- Mi dica.

- Ha un’idea di come Robert sia entrato in contatto con il magnaccia?

- Mi pare di ricordare… sì, è così. A una seduta di posa all’Accademia. Gli piaceva posare come modello per gli studi di nudo. Era un’occasione… a volte riceveva delle proposte. Questo tizio gli si è avvicinato. Robert pensava che volesse rimorchiarlo, ma poi, una volta a casa sua, gli ha proposto di… posare per altri clienti, “amici suoi”, diceva. Ha usato il termine “posare”, Robert rideva quando me lo raccontava. L’idea lo divertiva moltissimo. È così che è incominciato il tutto.

L’informazione è utile. Probabilmente il magnaccia va ancora alle sedute di posa e Jürgen potrebbe informarsi su quand’è la prossima     e partecipare, ma il tutto rischia di richiedere troppo tempo. Se Robert è ancora vivo, è necessario cercare di liberarlo prima che chi lo ha sequestrato lo uccida. Jürgen ha riflettuto sulle diverse possibilità. Robert si è assentato per una notte. O nei giochi erotici di quella notte Robert è stato ucciso, per incidente o volontariamente, oppure Azazel lo ha sequestrato e lo tiene prigioniero. Difficile che lo lasci libero dopo essersi divertito con lui: più facilmente lo ucciderà, magari una di queste notti.

 

Per partecipare a una seduta di posa di nudo coloro che non sono studenti presso l’Accademia devono registrarsi. Dando qualche biglietto a un custode, Jürgen ottiene di consultare gli elenchi degli esterni e dei modelli. Individua le sedute in cui Robert ha posato, da solo o con altri, e trascrive i nomi degli esterni. Quelli degli studenti non gli interessano: Azazel è un uomo non più giovane.

Il problema ora è riuscire a contattare questi modelli, per individuare il magnaccia. Jürgen sa che Tobias e Siegmund frequentano palazzo Walser e palazzo Aquaforte, dove incontrano anche pittori. Tra questi c’è Schulte, che risulta aver posato insieme a Robert. Jürgen ha visto Schulte alla sua mostra: è giovane ed è un bell’uomo. Potrebbe essere stato contattato anche lui?

Jürgen torna nuovamente dall’amico, che è a casa. Si dice che alla fine dell’indagine, qualunque sia il risultato, dovrà fare un bel regalo a Tobias.

Il giornalista ride alla richiesta di Jürgen:

- Mi sa che mi spetta una percentuale del compenso delle indagini.

- L’ho pensato anch’io. Provvederò.

- Comunque in questo caso ti aiuta Siegmund, che conosce bene il duca d’Aquaforte e ha fatto amicizia anche con il conte Walser. Mi invitano solo perché sono il suo uomo.

A Jürgen fa effetto sentire l’espressione usata da Tobias: “il suo uomo”. Non è l’uomo di nessuno e ormai, a quarantaquattro anni, non lo diventerà. Ma dev’essere bello avere un rapporto così forte.

Siegmund riflette un attimo.

- Potrei scrivere a Ruggero, il duca d’Aquaforte, ma se hai fretta, andiamo direttamente da lui.

- Non ti crea problemi?

- No, per niente. Siamo amici, davvero.

Jürgen è ben contento di non perdere tempo.

Ruggero d’Aquaforte è un po’ stupito nel vedere Siegmund arrivare con un uomo che non conosce. Siegmund spiega brevemente la situazione:

- Il signor Steiner è un investigatore privato. Ha bisogno di parlare con Egon Schulte, per ritrovare un uomo che dev’essere coinvolto nella scomparsa di Robert Kerbel.

Come Siegmund si aspettava, Ruggero si dichiara subito disposto a collaborare.

- L’accompagno da Egon Schulte.

Così, poco dopo essere arrivato a palazzo Aquaforte, Jürgen si trova sulla carrozza del duca, diretto a casa di Gustav Keller, mentre Siegmund torna da Tobias.

- Schulte è attualmente ospite di Gustav Keller, per cui andiamo da lui.

- La ringrazio per la disponibilità, duca. Sto disturbando molte persone, ma cerco di risolvere questo caso in fretta, nella speranza di arrivare in tempo.

- Pensa che Robert Kerbel sia ancora vivo, ma in pericolo?

- Non so se sia ancora vivo o no, ma se è vivo, è sicuramente in pericolo.

A casa di Gustav Ruggero si fa accompagnare direttamente da Egon.

- Buongiorno, Egon. Scusa se piombo qui inatteso, ma si tratta di una faccenda seria. Ma è meglio che ti spieghi Jürgen.

- Mi chiamo Jürgen Steiner, sono un investigatore privato e sto indagando su un caso molto delicato. Mi sono permesso di disturbare il duca per farmi accompagnare da lei. Avrei bisogno di porle alcune domande.

- Ma certamente.

Prima che Jürgen abbia il tempo di parlare, Ruggero dice:

- Io vi lascio. Se Gustav è libero, parlo con lui, altrimenti l’attendo nell’ingresso, signor Steiner.

- Non occorre, posso rientrare da solo.

Ruggero sorride:

- Tanto devo ritornare in centro e non ho problemi ad aspettarla il tempo necessario. Se Gustav non è impegnato, mi farà molto piacere parlare con lui.

Non appena sono soli, Jürgen dice:

- Mi risulta che lei abbia posato come modello all’Accademia, per sedute di nudo.

- Sì, esatto.

- È mai stato avvicinato da qualcuno che le ha fatto delle proposte? Proposte sessuali, intendo.

Egon corruga la fronte. Il ricordo è spiacevole, ma non ha motivi per non raccontare l’episodio.

- Sì. Un certo Gottfried Reichner. Mi invitò a cena e mi propose sedute di posa a casa sua. Non erano chiaramente sedute di posa.

- Fece qualche cenno a che cosa intendeva chiederle? Pratiche particolari?

- No, assolutamente, ma il nostro dialogo durò poco. Quando capii di che cosa si trattava, mi alzai e me ne andai.

- L’ha rivisto?

- Sì, ad altre sedute di posa, ma non si è più avvicinato a me. Una volta l’ho visto parlare con un altro modello con cui avevo posato.

- Si ricorda con chi?

- No, non ne so il nome. Un giovane dai capelli rossi. Forse di chiamava Richard. O Robert.

Jürgen è sicuro che si tratti di Robert Kerbel.

- Sa dove abita questo Reichner?

- No, assolutamente.

 La domanda in realtà è superflua, perché all’Accademia nel registro gli esterni devono segnare anche il loro indirizzo. Purché non abbia dato un indirizzo falso.

 

L’indirizzo è autentico e il giorno stesso Jürgen si presenta da Reichner.

- Buongiorno, signor Reichner. Il mio nome è Jürgen Steiner e sono un investigatore privato.

Jürgen nota che Reichner si è teso, anche se cerca di nasconderlo.

- Buongiorno.

- Sono venuto per porle alcune domande su Robert Kerbel.

- Il figlio del banchiere, quello che è scomparso? Perché vuole chiedere a me?

- Perché so che lei lo conosceva.

- Mai conosciuto nessuno come quel nome.

- Forse non si è presentato così, un nome troppo noto. Ma altrettanto sicuramente lei ha scoperto chi era, se non altro leggendo i giornali che hanno parlato della sua scomparsa.

- Io non c’entro niente.

- Lo stabilirò dopo che avrà risposto ad alcune domande.

Il tono di Reichner ora è chiaramente ostile.

- Perché mai dovrei rispondere alle sue domande?

- Perché credo che per lei sia meglio rispondere alle mie domande che a quelle della polizia. Che comunque le farebbe le stesse domande.

Reichner lo guarda. Jürgen non dice nulla. Il magnaccia sa benissimo di non potersi sottrarre, il che però non significa che sia davvero disposto a collaborare. Di sicuro ci tiene a mantenere il segreto sui suoi clienti: se si sapesse che ne ha rivelato i nomi, il suo giro d’affari si dissolverebbe nel nulla.

- Ho bisogno dei nomi di tutti quelli che sono andati con Robert Kerbel. So che sono tre persone.

- Io non posso darle i nomi… lei non capisce, è gente che…

Jürgen lo interrompe:

- Signor Reichner, mi sembra che sia lei a non capire. È mio interesse svolgere queste indagini mantenendo il massimo riserbo, per proteggere il buon nome di Robert e della sua famiglia: in questo gli interessi del mio cliente e i suoi coincidono perfettamente. Ma la mia priorità è scoprire che cosa è successo. Se lei intende collaborare, bene. Altrimenti comunicherò al signor Kerbel i risultati della mia indagine, che sono comunque significativi, e sono sicuro che si rivolgerà alla polizia. La polizia, lo sa benissimo, non userà i miei stessi riguardi, né nei suoi confronti, né nei confronti dei suoi clienti.

Reichner si rende conto di aver incominciato a sudare. Se davvero questo Steiner si rivolgesse alla polizia, finirebbe in prigione.

- Signor Steiner, se queste persone venissero a sapere che ho dato i loro nomi…

- Preferisce darli alla polizia?

- Non so neppure se sono i loro veri nomi. Lei capisce… non chiedo certo documenti di identità.

- Non si preoccupi di questo. Mi dia i nomi e mi spieghi come li contatta.

- Vengono loro da me o mi mandano un biglietto.

- Ma sicuramente ha modo di contattarli, per confermare o spostare o annullare un appuntamento.

Reichner si asciuga la fronte con un fazzoletto. Se avesse saputo che questo Robert era un Kerbel, non l’avrebbe certo contattato. Non gli rimane che collaborare e sperare che nessuno lo venga a sapere. In ogni caso meglio che i clienti scoprano che lui ha dato i loro nomi, piuttosto che la polizia scopra la sua attività.

- C’è il signor Wenzel, il signor Mohn e il signor Kahlenberg.

- Con quale dei tre ha fissato l’ultimo appuntamento di Robert Kerbel?

- Due settimane fa, con il signor Mohn.

- Due settimane fa? Non dieci giorni fa? Robert è scomparso da dieci giorni.

- L’ultimo appuntamento era il lunedì prima della sua scomparsa e so che c’è andato. Poi il signor Kahlenberg ha chiesto di Robert, il giorno prima che si sapesse della sua scomparsa, ma io non ho potuto contattarlo.

- Come contattava Robert?

- Fermoposta.

- Come contatta i clienti?

- Allo stesso modo, ma qualcuno si presenta direttamente e c’è chi mi ha dato il suo indirizzo.

- Le risulta che qualche suo cliente abbia una villa a Baden?

- Non che io sappia, ma non raccolgo informazioni sui miei clienti.

Jürgen si fa dare le date degli ultimi appuntamenti di Robert, poi conclude:

- Va bene. Per il momento è tutto.

- Signor Steiner, mi ha promesso la massima riservatezza.

Jürgen non ha promesso nulla, anche se di sicuro Hans Kerbel vuole tutelare il fratello ed evitare che si sappia che si prostituiva.

- Gliel’ho detto. È anche interesse del mio cliente che non trapeli nulla.

 

Jürgen torna da Uwe e, servendosi delle date degli appuntamenti, individua l’identità dei tre clienti: Mohn, l’ultimo cliente che Robert ha incontrato, è Cazzomoscio; Wenzel, con cui Robert non ha più avuto appuntamenti in tempi recenti, è il Rapido. Perciò Azazel è Kahlenberg.

Il nome però non risulta corrispondere a nessuna persona reale. Bisogna capire chi si nasconde dietro questa identità fasulla.

 

Jürgen ritorna da Reichner.

- Ho individuato la persona che cerco: è il signor Kahlenberg. Gli altri due non sapranno mai che lei mi ha dato i loro nomi. Kahlenberg ha fissato un appuntamento a Robert in una sua villa a Baden. Lei non lo sapeva?

- No, assolutamente. Non è passato attraverso di me.

Jürgen ci crede: se Kahlenberg intendeva sequestrare e magari uccidere Robert, di certo l’ha contattato direttamente, l’ultima volta che si sono visti. E poi ha chiesto di nuovo di lui per stornare eventuali sospetti di Reichner.

- Allora ho bisogno di sapere come lei ha conosciuto questo Kahlenberg

Gottfried vorrebbe negarsi, ma non è possibile. Risponde, rassegnato:

- Me l’ha presentato un certo Müller.

- Ne conosce l’indirizzo?

Gottfried annuisce, respira a fondo e fornisce l’informazione richiesta. Spera che questa faccenda si concluda senza che la polizia venga a conoscenza della sua attività. Perdere Müller e Kahlenberg gli spiacerebbe, ma se questo fottuto Kerbel non salta fuori e Steiner va alla polizia, rischia la galera. Si chiede se non prepararsi a scomparire, raccogliendo i suoi risparmi e trasferendosi in Italia.

 

Müller non è a casa, ma la domestica informa Jürgen che può trovarlo nel suo ufficio, in una compagnia di assicurazioni. Jürgen lo raggiunge. Si trova di fronte un uomo sui cinquanta, basso e grassoccio, con un viso vagamente porcino.

- Buongiorno, signor Müller. Mi chiamo Jürgen Steiner.

- Buongiorno, signor Steiner.

- Ho bisogno di parlarle un momento, di una faccenda molto delicata.

Müller corruga la fronte. Guarda la porta dell’ufficio, che è chiusa.

- Mi dica.

- Sarò molto chiaro e diretto. Lei ha presentato al signor Reichner, di cui è cliente abituale, un amico, dicendo che si chiamava Kahlenberg. Il nome era ovviamente falso. Ho bisogno di sapere il nome vero. Lei mi chiederà perché mai dovrebbe dirmelo e io le risparmio la domanda: se me lo dirà lei, la cosa finirà qui e nessuno saprà che lei si rivolge a un magnaccia perché le procuri giovani con cui scopare. Se non me lo dirà, verrà la polizia a porle la stessa domanda e temo anche molte altre, perché l’omosessualità è un reato e la prostituzione maschile non è ben vista.

Müller guarda Jürgen senza dire nulla, chiaramente spaventato.

- Il nome e me ne vado. Potrà dimenticarsi di me e non riceverà visite sgradite.

Müller esita ancora.

- È meglio per lei.

Müller annuisce.

- È… Friedrich Scharr.

A Jürgen quasi sfugge un: - Merda!

- Grazie. Dimentichi di avermi visto, come io mi dimenticherò di lei.

Jürgen esce, alquanto scosso. Friedrich Scharr è un banchiere, un uomo ricco e potente, riverito e ricevuto nell’alta società. Un uomo di cui si parla molto per le sue spregiudicate manovre finanziarie, che hanno spesso portato alla rovina molti risparmiatori e lo hanno arricchito.

 

Jürgen passa poi alla sede della Neue Freie Presse. L’amico è stupito di vederlo di nuovo: Jürgen si rivolge spesso a lui per avere informazioni, ma non con la frequenza di questi giorni.

- Jürgen! Non mi dire che hai di nuovo bisogno di qualche cosa per il caso che stai seguendo.

- Esatto.

- La percentuale che mi dovrai pagare cresce.

Jürgen sorride.

- Credo anch’io. Ti contatto perché credo che tu e i tuoi colleghi possiate darmi qualche informazione su Friedrich Scharr.

- Su Friedrich Scharr senza dubbio c’è molto da dire.

- Sentiamo.

- Come premessa, potrei dirti che è un demone infernale.

Jürgen sorride. Robert Kerbel doveva aver visto giusto, se lo chiamava Azazel.

- Addirittura?

- È davvero un uomo molto pericoloso e te lo dico subito, perché se hai a che fare con lui, devi fare attenzione.

- In che senso, pericoloso? So che è un pescecane, ma non conto di fare investimenti con lui e di affidargli i miei miseri risparmi.

Jürgen ride, ma Tobias non sorride neppure.

- Posso dirti che almeno una persona che indagava sui suoi affari ha fatto una brutta fine, come pure due uomini che avevano cercato di ostacolarlo.

Jürgen è allibito.

- Stai parlando di… omicidi?

- Un omicidio di cui non si conosce il colpevole e due incidenti che con ogni probabilità non erano incidenti.

- Non ne sapevo nulla.

- Non se ne parla. È pericoloso. Posso chiederti perché indaghi su di lui?

- Non te lo posso dire. Sono tenuto al silenzio.

- Va bene, non insisto.

Jürgen non nasconde il suo stupore.

- Non me l’aspettavo. Mi hai preso di sorpresa.

Il dialogo procede. Tobias chiama un collega, più informato sul personaggio. Il quadro generale è quello che Jürgen in parte già conosceva: il banchiere è un uomo senza scrupoli, abituato a ottenere ciò che vuole, che si è arricchito in modi spesso al limite del lecito e in alcuni casi sicuramente violando la legge, anche se è sempre riuscito a nascondere le prove. Chi lo ostacola corre seri rischi. Che tra questi rischi ci sia anche quello di finire ammazzati, Jürgen non lo sospettava, ma anche il collega di Tobias gli conferma che è così.

- Sapete dove abita?

- In un palazzo qui a Vienna, non lontano da palazzo Walser.

Jürgen osserva:

- Credo che abbia anche una villa a Baden.

Tobias ha capito e ora appare preoccupato. Il collega non sa che Jürgen indaga sul caso Kerbel e non comprende. Si limita a dire:

- Questo non lo so, ma è facile verificarlo.

 

In effetti Jürgen si procura facilmente l’indirizzo. Decide di aspettare il giorno seguente per recarsi a Baden, perché ormai è sera. È preoccupato per le notizie che ha ricevuto.

Non è l’unico ad avere preoccupazioni. Un’ora dopo il colloquio tra Jürgen e Müller, Reichner ha ricevuto un biglietto:

Ho bisogno di parlarle, senza che nessuno lo sappia. Ci vediamo alle 24 al Prater, vicino al chiosco rosso. Distrugga questo biglietto.

K

Gottfried è nervoso. Il biglietto di Kahlenberg, con questa richiesta, alquanto insolita, di un incontro notturno nel parco, lo inquieta. In qualche modo il cliente deve aver saputo che un investigatore sta indagando su di lui. Merda! Kahlenberg è un ottimo cliente e se le cose stanno come Gottfried pensa, non tornerà certo da lui.

 

Jürgen si dirige a casa. Si chiede se parlare con Hans Kerbel ora o se aspettare. Le notizie che ha avuto su Friedrich Scharr sono inquietanti.

Avvicinandosi al portone della casa dove abita, nota un uomo fermo poco oltre il portone. Jürgen è abituato a essere prudente: nel lavoro che fa corre spesso rischi. Il colloquio con Tobias lo ha reso ancora più guardingo.

Continua a camminare, simulando indifferenza, ma è pronto a scattare. Non si stupisce quando l’uomo estrae la pistola. Si getta a terra. Il proiettile passa sopra la sua testa. Una donna urla. In quel momento due uomini escono dal portone e si fermano interdetti, vedendo di fianco a loro l’uomo con la pistola in mano.

Il sicario si volta e si allontana rapidamente: troppa gente per avvicinarsi al bersaglio e sparare ancora.

 

Jürgen non si aspettava che tentassero di ammazzarlo subito. Evidentemente quel coglione di Müller ha informato Scharr. La vita di Jürgen non vale più molto. Probabilmente neanche quella di Müller.

È il caso di rivolgersi direttamente alla polizia? Il pensiero va a Hans Kerbel. Deve parlare con lui. In ogni caso è meglio che non dorma a casa.

Jürgen si reca a casa di Hans. Deve spiegargli che cosa ha scoperto, ma raccontare a Hans che il fratello si prostituisce non sarà facile, considerando il legame profondo che lo unisce a Robert. Lo vivrà come un fallimento personale. D’altronde è necessario che sia informato di tutto.

Hans lo riceve subito. La tensione che gli legge in viso non gli semplifica il compito di Jürgen. Vorrebbe risparmiargli la sofferenza che sta per procurargli.

- Buongiorno. Volevo informarla di alcuni passi avanti. Ho scoperto chi ha incontrato suo fratello e conto domani mattina di recarmi a Baden per cercarlo.

- Non sa se… è ancora vivo?

- No, dovrei scoprirlo andando a Baden domani.

Hans chiede:

- Mi dica che cosa sa.

Jürgen fissa Hans. Gli spiace ferire quest’uomo, ma è necessario che gli dica la verità.

- Non sono cose piacevoli, ma lei ha diritto di saperlo. Suo fratello si prostituiva.

Hans sgrana gli occhi. Jürgen prosegue:

- Ovviamente non per soldi, ma per le sensazioni che gli trasmetteva. Tra gli uomini a cui lo offriva un magnaccia c’è Friedrich Scharr.

- Il banchiere?

- Sì, quel figlio di puttana. Robert si è recato da lui a Baden. Non so che cosa sia successo poi, ma lo scoprirò andandoci domani mattina.

- Verrò con lei.

- No, andrò da solo. È pericoloso. Poco fa hanno cercato di uccidermi.

- Cosa?

- Un sicario mi aspettava davanti a casa. Mi sono gettato a terra, è arrivata altra gente e l’uomo è scappato.

Hans è frastornato: in pochi minuti è stato travolto da una serie di notizie sconvolgenti.

La prima domanda che pone dimostra però che è perfettamente padrone di sé, nonostante sia molto turbato.

- Dove conta di dormire questa notte? Non a casa sua, spero.

- No, mi rivolgerò a un amico.

- Dorma qui.

Jürgen è tentato di accettare l’invito. Si trova bene con Hans Kerbel e non gli spiace scambiare due chiacchiere con lui. E tutto sommato non doversi mettere alla ricerca di un posto per dormire è una buona cosa. La sua risposta negativa è puramente formale:

- Non vorrei disturbare.

- Nessun disturbo. Le faccio preparare la camera.

Hans si alza e va a dare ordini. Rientra dopo pochi minuti.

- Mi spiace che lei corra dei rischi. Non avrei mai pensato a una cosa del genere. Forse è meglio che ci rivolgiamo alla polizia.

- No, non ancora. Non vorrei peggiorare le cose.

- Peggiorare? Come potrebbero peggiorare?

- Se suo fratello è ancora vivo, chi l’ha rapito potrebbe decidere di eliminarlo.

Hans respira a fondo, come se gli mancasse l’aria. Chiude gli occhi.

- In questi giorni mi chiedo spesso se Robert è ancora vivo. Me lo chiedo ogni giorno. Mi sento responsabile.

- Non vedo quali responsabilità possa avere. Robert ormai è un uomo e fa le sue scelte.

- Lo so, ma queste scelte... non ho saputo prevederle, non ho saputo aiutarlo. Credo che sia abbastanza comune per i genitori sentirsi responsabili del fallimento dei figli e, come le ho detto, Robert è un figlio per me.

- Mi spiace averle dovuto raccontare di Robert, ma era mio dovere.

- Non si preoccupi. Per quanto riguarda Robert, mi interessa solo una cosa: che sia ancora vivo. Tutto il resto non ha davvero importanza di fronte a questo. Può vivere la sua esistenza come vuole, ma che non la rischi, la vita, questo m’importa.

Un domestico entra per dire che la cena è pronta. Si mettono a tavola, ma entrambi non hanno molto appetito.

 

Dopo cena si siedono in salotto. Hans riprende il discorso che hanno fatto prima di cena:

- Signor Steiner, mi spiace moltissimo che lei si trovi a rischiare la vita. Forse sarebbe davvero meglio che ci rivolgessimo alla polizia.

- Non ho nessuna prova contro Scharr. E prima di far intervenire la polizia, voglio appurare se suo fratello è ancora vivo.

Hans chiude gli occhi un momento, poi li riapre.

- Va bene. Vorrei solo che non corresse troppi rischi. Non mi perdonerei mai se le succedesse qualche cosa.

- Signor Kerbel, non è responsabile dei rischi che corro, come non è responsabile dei guai in cui si è messo suo fratello. Sono sicuro che lei ha sempre fatto tutto quanto era in suo potere per aiutare Robert. E quando mi ha affidato l’incarico non poteva sapere che avrei corso un rischio mortale.

- Adesso però lo so…

Jürgen lo interrompe.

- E sono io a dire che è meglio aspettare prima di rivolgersi alla polizia.

Hans non dice nulla. Jürgen cambia discorso:

- Mi rendo conto che lei vive giorni terribili. La scomparsa di suo fratello, le notizie che le ho portato io… ammiro la sua lucidità in questa situazione.

Hans scuote la testa.

- Sono abituato a controllare le mie emozioni. Ma ammetto di stare malissimo. Per quanto lei mi dica che non sono responsabile, per quanto mi renda conto che lei ha ragione, sono angosciato. E mi dico che non ho saputo aiutare Robert.

- Lei tende ad assumersi sempre le sue responsabilità. E anche le responsabilità che non ha. Il contrario di ciò che fa di solito la gente.

Hans alza le spalle.

- Ho avuto un’educazione molto rigida. Di certo nel mio caso l’essere il più giovane della famiglia, lo sono stato fino a vent’anni, non ha voluto dire che ci fosse più indulgenza nei miei confronti. Finché fu viva mia madre, ero ancora considerato un bambino, ma dopo la sua morte, mio padre richiedeva da me la stessa responsabilità che pretendeva dai miei fratelli maggiori. E io mi dovevo adeguare.

- Non deve essere stato facile.

- Non lo fu, in effetti. Avevo otto anni, mio padre era inflessibile e io ne avevo paura. Ho imparato a controllare le mie emozioni, ma è stato faticoso.

- Credo che, nonostante la ricchezza e gli agi in cui è sempre vissuto, lei non abbia avuto una vita facile.

Hans scuote la testa.

- Non mi sentirei di sostenerlo, davanti alla sofferenza che vediamo tutti i giorni nel nostro mondo. Avrei voluto un po’ più d’affetto e di tolleranza, ma chi di noi non manca di qualche cosa? Non credo che lei abbia avuto tutto.

- Tutto no, ma non mi è mai mancato niente di ciò che davvero conta. Ho avuto un’infanzia felice e anche gli anni successivi… onestamente non posso lamentarmi.

Jürgen vorrebbe dire che gli è mancato un amore ricambiato, una vita a due, ma è un sogno a cui ha rinunciato da tempo.

- Sono contento per lei. Non posso lamentarmi neanch’io. O almeno non potevo, fino alla scomparsa di Robert. A volte penso che avrei voluto amare e essere amato, avere un uomo con cui condividere la vita, ma è una pretesa eccessiva.

Jürgen tace di fronte a questa affermazione che è lo specchio dei suoi pensieri. Guarda Hans, quest’uomo forte e saggio, da cui sa di essere attratto.

Hans tace un attimo e aggiunge:

- Spero di non averle dato fastidio.

Jürgen risponde:

- Signor Kerbel, sono omosessuale anch’io.

Non aveva pensato di dirlo, ma gli sembra che non abbia senso tacere.

Hans è sorpreso.

- Grazie per avermelo detto.

C’è di nuovo un momento di silenzio, poi Hans chiede:

- Per lei è stato facile accettare di essere quello che è?

- L’ho scoperto quand’avevo forse quattordici o quindici anni, d’estate, stando con altri ragazzi della mia età. Inizialmente mi ha un po’ disorientato, ma poi, sì, l’ho accettato. Con gli altri si giocava, si lottava e c’era anche spazio per il sesso: masturbazione reciproca e qualche cosa di più, magari come penitenza per aver perso in qualche gioco o nella lotta. Si fingeva di non dare importanza a quello che facevamo. Per molti era solo un modo per soddisfare un bisogno fisico, ma io mi rendevo conto che era quello che volevo.

- E la sua famiglia? Se non sono indiscreto…

- Ai miei genitori non ho mai detto niente. Non credo che sarebbero contenti di saperlo, ma non intendo dirglielo: non vedo perché dovrei.

- Vivono qui a Vienna?

- No, vicino a Salisburgo. E se non finisco sui giornali, non lo verranno mai a sapere. Ma non frequento bordelli, non vado con prostituti e sono sempre prudente: non credo di correre grossi rischi.

Hans annuisce, poi sorride e aggiunge:

- Ne corre di altro tipo.

- Quelli li ho messi in conto, fanno parte del mio lavoro e in generale non mi dispiacciono. Non dico che cerco di mettermi nei guai, ma… un po’ di pepe nel piatto dà più sapore.

- De gustibus  Io preferisco il miele.

Jürgen sorride. Poi chiede:

- E per lei? Ha avuto difficoltà ad accettarsi?

- Sì, parecchia. E non sapevo a chi parlarne. Mio padre mi avrebbe allontanato, scacciato da casa. Ho ricevuto un’educazione molto rigida, in famiglia era un po’… come essere in caserma. Con il secondo matrimonio di mio padre, la situazione è cambiata, ma solo per un breve periodo. Ed è solo dopo la morte di mio padre che ho imparato ad accettare anche questo aspetto di me. Ho capito che non aveva nessun senso cercare di cambiare. Sono quello che sono.

- Adesso lo vive serenamente?

- Sì, anche se… a volte vorrei avere un compagno, come le ho detto. Conosco almeno una coppia, che vive serenamente insieme. Ma non è facile. Molti si ritraggono all’idea di una convivenza, hanno paura.

Jürgen si chiede se la coppia che ha in mente Hans sia quella formata da Siegmund e Tobias. È probabile: costituiscono davvero una bella coppia. Le parole di Hans però lo hanno turbato, più di quanto voglia riconoscere.

Hans prosegue:

-E poi… non mi sono mai davvero innamorato, anche se ho incontrato alcuni uomini che mi attraevano molto.

Jürgen non dice nulla. Riflette. Con Hans Kerbel si trova bene, come non gli capita spesso. In altre circostanze, probabilmente cercherebbe di verificare la disponibilità di Hans, perché non gli spiacerebbe scopare con lui. E mentre lo pensa, Jürgen si dice che in realtà vorrebbe provare a costruire qualche cosa che vada oltre una scopata. Molto oltre. Forse con un uomo come Hans sarebbe possibile. Ma sono pensieri oziosi. Ad avvicinarli sono state circostanze eccezionali e con ogni probabilità domani il loro rapporto si concluderà.

L’orologio a pendolo suona. È mezzanotte. Jürgen non si è reso conto del passare del tempo.

- Già mezzanotte!

- Grazie per questa serata, che mi ha permesso di distrarmi un po’ dalle mie preoccupazioni. Spero di non averla tediata troppo.

Jürgen risponde la verità:

- Per me è stata una serata molto piacevole. Con lei mi sento a mio agio.

Hans sorride.

- Posso dire lo stesso.

Poi aggiunge:

- A che ora pensa di partire domani mattina?

- C’è un treno poco dopo le otto.

- Allora non ci vedremo. Devo uscire molto presto domani.

- E io le ho fatto fare tardi.

- Non lo dica neanche per scherzo. È così bello potersi confrontare liberamente. Non mi capita spesso. Mi succede con due amici.

Questa volta a Jürgen la domanda sfugge:

- Tobias e Siegmund?

- Li conosce?

- Sono anche amici miei, soprattutto Tobias. Mi piace molto.

- Sì, è davvero una bella persona e sono contento che abbia trovato l’uomo giusto.

Jürgen vorrebbe dire a Hans che è anche lui una bella persona, ma preferisce tacere. È turbato, molto più di quanto non voglia ammettere.

Infine si congedano. Jürgen si corica nella camera che Hans gli ha fatto preparare.

 

Gottfried non si reca volentieri all’appuntamento. Evidentemente Kahlenberg ha scelto il posto perché è molto isolato e non si corre il rischio di essere visti: il Chiosco rosso è un punto di ritrovo di giorno, ma la notte non c’è nessuno. Non si sa chi si può incontrare. Mentre Gottfried cammina nel parco, in un’area ormai del tutto deserta e buia, un altro pensiero inquietante si sta facendo strada nella sua mente: se quel figlio di puttana dell’investigatore ha ragione, Kahlenberg è il responsabile della scomparsa di Robert Kerbel, forse del suo omicidio. Concentrato sul rischio di essere scoperto dalla polizia, Gottfried non ha considerato questo aspetto. Kahlenberg potrebbe essere un assassino.

Rabbrividisce. Si chiede se non tornare indietro. Poi si dice che sono stupidaggini. Il buio di quest’area, l’aria fredda, tutto gli trasmette una sensazione di malessere. Parlerà con Kahlenberg e gli spiegherà che non aveva scelta: per tutti e due è meglio che la polizia non venga a conoscenza di nulla.

Raggiunge il chiosco. Non c’è nessuno.

Gottfried si ferma. Lontano sente le campane che suonano la mezzanotte. Poi cala il silenzio.

Dagli alberi giunge una voce.

- Sono qui, Reichner.

Gottfried si dirige verso il punto da cui è giunta la voce. Kahlenberg è appena visibile, una sagoma più scura vicino a un grande albero.

- Lei ha parlato di me a un investigatore privato.

Non è una domanda. Reichner è a disagio.

- Non avevo nessuna possibilità di fare altrimenti. L’investigatore si sarebbe rivolto alla polizia.

- Credevo che ci fosse un preciso accordo. L’assoluta segretezza era la condizione di base del nostro rapporto.

- Certo. Nell’interesse di tutti. Ma non avevo nessuna scelta.

- Non avrebbe dovuto farlo.

Reichner non risponde subito. Kahlenberg non capisce, ma non c’erano alternative.

- Che cosa potevo fare? Gliel’ho detto: si sarebbe rivolto alla polizia!

Kahlenberg ha infilato la destra nel giaccone e ora tiene in mano qualche cosa. Nel buio Gottfried non riesce a vedere bene di che cosa si tratta, ma dev’essere una pistola.

- Che cosa…

- Lei non testimonierà contro di me.

Reichner sta sudando, nonostante la serata sia piuttosto fredda.

- No, certo, le garantisco…

- Aveva garantito che non avrebbe mai dato il mio nome, Reichner.

Reichner ha la sensazione che una mano gelida gli stringa la gola. Articola a fatica:

- Le garantisco…

Kahlenberg lo interrompe:

- Garantisco io.

Kahlenberg spara. Un unico colpo, che raggiunge Reichner al cuore.

- No!

Reichner si porta la mano al petto e crolla a terra.

 

Kahlenberg, alias Friedrich Scharr, si guarda intorno mentre mette via la pistola. Trascina il corpo tra gli alberi, dove il buio è più fitto, e si allontana rapidamente. A quest’ora l’uomo che ha pagato deve aver già eliminato anche quel coglione di Müller, che è stato tanto idiota da dare il suo nome e tanto ingenuo da venire ad avvertirlo. L’investigatore è sfuggito all’agguato, ma sistemerà al più presto anche lui.

Il cadavere di Gottfried Reichner viene trovato in mattinata nel parco, quello di Müller nel suo letto. Due omicidi di cui nessuno comprende le ragioni: due borghesi, uccisi non per rapina, perché nessuno ha rubato niente a casa di Müller e nella giacca di Reichner c’era ancora il portafogli.

 

Jürgen scende dal treno alla stazione di Baden. La villa di Scharr si trova al margine orientale della città. Jürgen la raggiunge a piedi: non vuole prendere una carrozza, perché preferisce che nessuno noti la sua presenza.

L’edificio è isolato in mezzo a un parco, cinto da un alto muro. La posizione, lontano dal centro, in un’area dove ci sono poche case, è ideale per l’uso che con ogni probabilità ne fa Scharr: anche se qualcuno urlasse, difficilmente verrebbe sentito. Dal cancello Jürgen osserva la villa: è una costruzione settecentesca che non deve essere stata raggiunta dal grande incendio del 1812. Ha due piani e non è molto grande. Non è un’abitazione signorile, come il palazzo di Scharr a Vienna, e avrebbe bisogno di essere ridipinta: è chiaro che al banchiere non serve per rappresentanza e neanche per abitarci.

L’edificio sembra deserto: nessuna finestra aperta. Se Scharr la usa per sequestrare e uccidere, non è strano che non ci siano servitori. Può farli venire a pulire quando non ci sono prigionieri.

Jürgen si dice che Robert dev’essere morto. L’idea di dover comunicare a Hans la morte del fratello lo sgomenta: ne soffrirebbe in modo terribile. Jürgen non vuole che Hans soffra. Vorrebbe risparmiargli ogni dolore. Sa che cosa sta provando nei suoi confronti, ma non è il momento di occuparsi dei propri sentimenti.

Dopo essersi guardato intorno e aver verificato che non ci sia nessuno, Jürgen si issa sul muro di cinta e scende dall’altra parte. Si dirige verso la casa e fa il giro tutt’intorno. Una finestra non sembra chiusa bene. In effetti le ante cedono facilmente alla pressione esercitata da Jürgen. Una botta di culo. I vetri non sono chiusi. Jürgen  si solleva fino al davanzale ed entra.

Non fa in tempo a congratularsi con se stesso per la fortuna: un colpo e un dolore alla testa cancellano la realtà.

 

Lo sveglia l’acqua che gli viene gettata addosso. Non vede nulla: ha un cappuccio sulla testa. Si accorge di essere legato: polsi e caviglie sono strette da corde che lo costringono a stare appoggiato a una superficie dura, probabilmente un tavolo. Le braccia tese in avanti, i piedi appoggiati sul pavimento. Gli hanno tolto pantaloni e scarpe: sotto al vita è nudo.

Mentre cerca di capire perché lo hanno mezzo spogliato e sistemato così, sente una voce:

- Sei molto curioso, signor investigatore. Si dice che la curiosità uccise il gatto.

La risata di Scharr dice a Jürgen che è arrivato alla fine. Ha scoperto il responsabile della scomparsa di Robert, ma non avrà modo di raccontarlo. Non vedendolo tornare, Hans Kerbel si rivolgerà alla polizia, ma prima di allora Scharr avrà fatto scomparire ogni traccia. 

- Adesso, prima di ammazzarti, mi gusto il tuo culo.

Jürgen sa che non può sottrarsi allo stupro.

- Pezzo di merda!

Scharr ride. Jürgen sente il cazzo del banchiere premere contro l’apertura e poi entrare deciso. La fitta al culo è violenta e Jürgen fa fatica a trattenere un gemito: di solito non gli spiace essere penetrato, ma ora le corde che gli stringono le caviglie gli impediscono di allargare le gambe e l’ingresso brutale è stato alquanto doloroso. A tratti gli sembra che un coltello gli stia aprendo le viscere. Vorrebbe ammazzare questo bastardo che ora lo fotte.

Scharr spinge e il palo che è entrato in culo a Jürgen avanza ancora.

- Hai un bel culo, stronzo!

Scharr ride, mentre dà una spinta più decisa, che fa entrare il cazzo ancora più a fondo. Jürgen si morde il labbro, per trattenere un gemito: non vuole rivelare la sua sofferenza a questo figlio di puttana.

Scharr si ritrae e poi spinge in avanti. Ad ogni affondo, il dolore cresce e Jürgen si morde il labbro per non urlare. Quando il palo si ritrae, Jürgen ha un attimo di sollievo, ma è proprio solo un attimo.

Scharr procede e a Jürgen sembra di fluttuare in un mondo buio, in cui nessuna sensazione arriva a lui, se non quelle del palo che gli lacera le viscere e del corpo che lo schiaccia.

Ora a Jürgen sembra di soffrire di meno o forse è proprio il dolore ad intontirlo. Continua a ripetersi che ammazzerà questo figlio di puttana, ma sa benissimo che sarà lui a essere ammazzato.

Ora Scharr accelera il ritmo, dandoci dentro più intensamente. Il dolore riprende a crescere. Jürgen chiude gli occhi. Infine l’uomo ringhia e, dopo diverse altre spinte vigorose, si affloscia su di lui.

Jürgen ha sentito il culo riempirglisi di sborro. Ora che il cazzo di Scharr perde volume e consistenza, il dolore si attenua.

- Hai proprio un bel culo, stronzo. Lo gusterei volentieri ancora qualche volta, ma ormai devo eliminare te e quell’altro stronzo. Quello lo strozzerò mentre lo fotto, come ho fatto con gli altri, per te ho pensato a un’altra fine.

Scharr ride, poi dice:

- I vostri cadaveri raggiungeranno gli altri due che già ci sono nel pozzo.

La risata di Scharr è cartavetro sulla pelle. 

Rimane un momento disteso su di lui, poi dice:

- Un ultimo regalo, prima che ti ammazzi.

Jürgen sente il fiotto inondargli le viscere. Gli ci vuole un attimo per capire. Scharr gli sta pisciando in culo!

Scharr si ritira.

Jürgen non trattiene il liquido che gli ha riempito le viscere: lascia che si rovesci fuori, scorrendogli lungo le gambe e formando un’ampia pozza a terra.

Sente la risata di Scharr.

- Ti ho sborrato in culo, ti ho pisciato in culo e ora ti sparo in culo. Mi godrò le tue contorsioni, prima di ammazzare anche quell’altro coglione. Volevo godermelo ancora un po’, ma hai fatto troppo casino e devo farlo sparire.

 

Jürgen sente una spinta violenta, come se Scharr gli fosse caduto addosso. Poi sente dei rumori, un ansimare, uno sparo, un grido, un lamento. È Scharr che geme:

- Bastardo… no… no… non così… Dio bastardo!

Una mano afferra il cappuccio e lo tira via. Di fronte a lui c’è Hans Kerbel.

- Hans!

- Adesso la libero.

Hans traffica con le corde, ma non riesce a sciogliere i nodi. Dice:

- Aspetti, cerco un coltello.

Jürgen sorride. “Aspetti” non ha molto senso, visto che certo non può liberarsi da solo, ma non ha importanza. Il sollievo che prova è enorme: Hans l’ha salvato; Robert è ancora vivo, su questo le parole di Scharr non lasciano dubbi, e Hans potrà riabbracciarlo. Non sa bene quali siano le condizioni del banchiere, che continua a gemere ed ansimare, ma ha smesso di parlare. Hans gli ha sparato? Di certo quel figlio di puttana di Scharr è ferito. Dal punto in cui si trova, Jürgen non può vederlo.

Hans torna con il coltello e recide le corde.

Jürgen si alza. Il culo gli fa male, ma non ha importanza. Guarda Scharr, che agonizza a terra, una ferita al petto.

Hans dice:

- Non intendevo ammazzarlo, ma gli ho bloccato la mano con la pistola, girando la canna verso di lui, e nella lotta è partito un colpo. Ne ha per poco.

Jürgen dice:

- Ha corso un bel rischio ad affrontarlo. Era armato. A proposito, dov’è la pistola?

- Là. L’ho allontanata con un calcio. Comunque lui non si è accorto del mio arrivo ed ero sicuro di riuscire ad avere la meglio: pratico da parecchi anni la lotta.

- Ha fatto un buon lavoro, Kerbel. Lo avrei fatto volentieri io. Molto volentieri.

Hans dice:

- Adesso però cerchiamo Robert! Dev’essere qui.

- Sì. Non so dove, ma da qualche parte nella villa. Ed è vivo.

Jürgen cerca gli indumenti che gli sono stati tolti. Sono stati gettati su una sedia. Prima di rivestirsi, si pulisce con un asciugamano che Scharr ha lasciato lì vicino, probabilmente per asciugare il sangue e il piscio.

Quando si è rivestito, prende la pistola di Scharr, che è all’altra estremità della stanza. Guarda ancora il banchiere, che reclina la testa di lato, vomita sangue e rimane immobile.

Hans dice:

- È finita. Azazel ha raggiunto i suoi colleghi all’inferno.

- Azazel?

- Suo fratello lo chiamava così.

Passano di stanza in stanza nella villa: nessuna traccia di presenza umana, né al piano terreno, né a quello superiore. Scendono allora nei sotterranei. Ci sono due stanzoni e in uno di questi trovano Robert, legato a due anelli piantati in un muro. È nudo.

Quando vede entrare Hans e Jürgen, grida:

- Hans!

- Robert! Sei vivo, grazie a Dio. Siamo arrivati in tempo.

Hans ha tenuto il coltello, con cui recide le corde. Poi abbraccia il fratello, che si abbandona tra le sue braccia, piangendo. Hans gli accarezza il capo.

- È tutto finito, Robert. Sei in salvo. Adesso torniamo a casa e potrai dimenticare tutto questo.

Nella stretta di Hans Robert lentamente si calma. Riesce a dire:

- Mi ha detto che ha già ucciso due uomini. Voleva uccidere anche me.

- Lo sappiamo. Non ucciderà più nessuno. È morto. L’incubo è finito.

Jürgen interviene:

- È meglio che ci organizziamo. Dobbiamo andarcene.

- Ha ragione. Dove sono i tuoi abiti, Robert?

- Credo in camera da letto. Me li ero tolti là.

Gli abiti ci sono, infilati in un armadio.

Robert si riveste. Hans cerca in un cassettone. Trova infine una sciarpa e gliela dà.

- Quando usciamo ti metti questa, per coprirti il più possibile la faccia.

Jürgen dice:

- Adesso dobbiamo capire come muoverci. Per Scharr non c’è più niente da fare. Se chiamiamo la polizia, possiamo spiegare la situazione, ma non sarà piacevole per lei, Robert. E neanche per noi due, devo dire.

Hans annuisce.

- Sarebbe meglio di no. Ma che cosa possiamo fare? Ha qualche idea?

- Questo assassino ha detto di aver buttato due cadaveri nel pozzo. Se davvero è così, possiamo aggiungere un terzo cadavere. Ritorniamo a Vienna e facciamo finta di nulla. Robert dovrà inventarsi qualche storia per giustificare la scomparsa, ma non mi sembra difficile.

Hans annuisce. Osserva:

- Mi sembra una buona soluzione. L’unico limite è che quei due poveretti nel pozzo non avranno un’altra sepoltura. Quanto a questo pezzo di merda, è già più di quel che si merita.

- Vedremo di far trovare i cadaveri più avanti, quando saranno passate due settimane o tre e nessuno sarà in grado di ricostruire i nostri movimenti.

Il pozzo è dietro la casa, in un punto non visibile dal cancello. È coperto da una lastra di ferro e sollevandola Hans e Jürgen sentono un tanfo di decomposizione.

Prendono il cadavere e lo portano al pozzo. Lo fanno scivolare dentro e buttano anche la pistola.

Poi tornano dentro la villa. Puliscono il sangue e fanno scomparire ogni traccia del loro passaggio. Jürgen dice:

- Adesso possiamo prendere il treno e tornare a Vienna.

Hans scuote la testa.

- No. La mia carrozza ci aspetta a Gumpoldskirchen. Scendiamo lì dal treno. Meno gente ci vede, meglio è.

Gumpoldskirchen è un centro industriale molto vicino a Baden.

- Kerbel, tra la statura e il barbone rosso, è impossibile non notarla.

Hans ride.

- Non si preoccupi. So come fare.

Hans torna dove ha lasciato la giacca, nella stanza da cui sono entrati lui e Jürgen. Si avvolge la sciarpa intorno al collo e si mette un cappello. Tra la sciarpa e il cappello, il folto pelame rosso scompare completamente. Anche Robert si avvolge in una sciarpa e si calca un berretto in testa.

Raggiungono la stazione e prendono il treno fino a Gumpoldskirchen, un viaggio di meno di dieci minuti. Scendono e Hans li conduce alla carrozza, che aspetta a pochi isolati di distanza.

Vedendoli arrivare il cocchiere è sceso e ora trema leggermente guardando Robert.

- Josef, come vedi qui c’è Robert, che torna a casa. Non chiedermi nulla. Oggi mi hai portato a Hernals e di lì rientriamo a Vienna con Robert. Questo dirai agli altri, quando ti chiederanno.

Il cocchiere ha le lacrime agli occhi.

- Certo.

Poi aggiunge:

- Dio sia lodato!

Salgono tutti in carrozza. Robert si appoggia su Hans che gli cinge le spalle con un braccio.

Ora che nessun altro può sentirli, Jürgen chiede:

- E adesso, Hans Kerbel, mi spiega come ha fatto ad arrivare alla villa.

- Lei mi ha detto che il rapitore era Scharr. Quando sono andato a ordinare di preparare la camera per lei e la cena per due, ho anche dato ordine di individuare l’indirizzo di Scharr a Baden. Non aveva accettato di portarmi con sé.

- Ma aveva intenzione di venirci ugualmente.

- Esatto. Questa mattina sono partito prestissimo e mi sono fatto portare dalla mia carrozza fino a Gumpoldskirchen, poi ho preso il treno per Baden, arrivando prima di lei.

- Dev’essere partito di notte.

- Sì, esatto. Ho fatto fare una levataccia al povero Josef, ma la gioia di aver ritrovato il padroncino è tale che ora è felice anche di essersi dovuto alzare prestissimo. A Baden mi sono appostato vicino alla villa, tra gli alberi. L’ho vista arrivare e ho atteso. Dopo un po’ mi sono preoccupato e sono venuto a vedere. Mi spiace non averlo fatto prima.

- Va bene così. È arrivato in tempo. Scharr aveva lasciato una finestra semiaperta apposta. Io sono entrato, pensando che non ci fosse nessuno, e lui mi ha catturato. Non ho pagato cara la mia ingenuità solo grazie a lei.

Discutono poi su come muoversi: la scomparsa di Robert è stata denunciata ed è finita su tutti i giornali, per cui occorre fornire une versione credibile.

Jürgen propone:

- Serviamoci di Tobias. Può scrivere un articolo con la versione che concorderemo. In questo modo mi sdebito con lui per l’aiuto che mi ha dato nelle indagini.

- Mi sembra un’ottima idea.

Hans accarezza i capelli di Robert e dice:

- Anche se sei sconvolto, Robert, dovrai fornire a Tobias la versione che stabiliremo.

Jürgen osserva:

- Tobias ne sa abbastanza e ci aiuterà a rendere credibile il tutto.

- Ottimo.

- Vediamo un po’… Robert, sei andato a Baden perché ti aveva dato appuntamento una donna, di cui naturalmente non intendi rivelare il nome. E poi…

Hans si ferma. Non sa bene come continuare. Jürgen dice, riflettendo ad alta voce:

- Dobbiamo trovare un modo per giustificare quest’assenza prolungata, senza dare notizie. Almeno due righe alla famiglia avrebbe dovuto scriverle, se non altro per evitare l’intervento della polizia e l’attenzione dei giornali.

- Sì, il problema è lì.

- Robert, lei potrebbe aver scritto a suo fratello prima di trasferirsi in una villa di campagna, con la donna di cui parliamo. In qualche modo la lettera è andata persa, forse non è stata spedita da un domestico poco scrupoloso, non sappiamo. In ogni caso lei pensava che suo fratello sapesse. Eravate isolati e felici e lei non sospettava che tutti la stessero cercando.

Hans guarda Robert.

- Per sostenere questa tesi, dovrai essere un po’ meno mogio. Anche se puoi sempre dire che il breve idillio è finito, allora mi hai scritto e io sono venuto a prenderti.

Jürgen conclude:

- Non è una grande storia, ma dev’essere qualche cosa su cui la polizia non abbia motivo di indagare. Molti non ci crederanno e faranno ogni tipo di supposizione, ma non ha importanza. Credo che dopo quanto ha passato, sia il meno.

Robert annuisce.

- Non so chi sia lei, ma la ringrazio.

È Hans a rispondere:

- È un investigatore privato, molto in gamba. È stato lui a trovarti. Hanno anche cercato di ammazzarlo per fermarlo.

- Grazie ancora, allora. Mi spiace che abbia corso dei rischi.

Jürgen sorride.

- Fanno parte del mio mestiere.

Definiscono alcuni dettagli della storia da raccontare, poi il viaggio prosegue in silenzio. Jürgen sa che Hans e Robert hanno molte cose da dirsi, ma se proponesse di scendere e prendere il treno, lasciandoli da soli, Hans si opporrebbe.

Jürgen guarda i due fratelli. Gli piacerebbe che Hans lo cingesse così, in un gesto d’affetto.

Quando arrivano, Jürgen li lascia e raggiunge Tobias al giornale. Gli chiede di venir via con lui, promettendogli un servizio in esclusiva.

- Robert Kerbel?

- Esatto. Ritrovato. E tu sarai l’unico giornalista a parlargli.

- Questo è un colpo grosso. Sono felice per Hans. Ma… la polizia?

- La polizia non c’entra, Hans l’avviserà. Diciamo che quella di Robert è stata una sparizione volontaria.

Tobias sorride.

- Insomma, dovrò contare un sacco di balle.

Jürgen ride:

- Esatto, ma in esclusiva. Nessun altro giornalista parlerà con lui.

- Va bene. Però poi mi racconti un po’ di cose.

- È una faccenda delicata, Tobias.

- Lo so. E mi sono chiesto se non ha a che fare con uno degli omicidi di questa notte.

- Omicidi?

- Due borghesi, uno assassinato al Prater e l’altro a casa sua. La polizia non sa che pesci pigliare.

- I loro nomi?

- Gottfried Reichner e Hugo Müller.

- Merda!

- Uno dei due c’entra? Dammi qualche indizio.

- C’entrano tutti e due. Senti, Tobias, io voglio proteggere Robert Kerbel.

- Fidati di me. Darò per buona la versione di Kerbel, se non altro per fare un favore a Hans, a cui voglio un bene dell’anima. Ma magari farò un po’ di investigazione sul serio su questi due omicidi.

Sono arrivati a casa Kerbel.

- Va bene, adesso parliamo con Robert. Domani ti racconto un po’ di cose. Prometto.

 

Tobias parla un buon momento con Robert. Non finge di non sapere che la storia raccontata dal giovane è del tutto fasulla. Fornisce invece qualche dettaglio per rendere il quadro più convincente.

Jürgen nota che Robert è molto più tranquillo ora: di certo ha parlato con Hans e ha trovato nel fratello la comprensione e l’affetto di cui aveva bisogno. Jürgen era sicuro che Hans sarebbe stato all’altezza della situazione.

Poi Hans si reca dalla polizia e comunica che Robert è ritornato a casa e che la sua sparizione è stata volontaria.

Il giorno dopo i giornali escono con la notizia, ma l’unico ad avere un’intervista con il giovane Kerbel è la Neue Freie Presse.

 

Jürgen passa al giornale.

- Tobias, ti posso dire un po’ di cose, vedi tu come usarle, ma io non posso figurare in nessun modo.

- Jürgen, vero che tutto ciò ha a che fare con la scomparsa del banchiere Scharr?

Jürgen sorride.

- Si sa già che è scomparso?

- Ieri aveva un pranzo di lavoro e poi una riunione nel primo pomeriggio, ma non si è presentato. A casa non è tornato.

- Diciamo che un diavolo è sceso all’inferno.

- Cazzo! Non ti chiedo se l’hai fatto fuori tu, perché tanto non mi risponderesti. Dimmi solo: sei sicuro?

- Assolutamente.

- È un’ottima cosa.

- Tra due o tre settimane ti fornisco un’ulteriore notizia, ma ora no, è troppo presto e non posso.

- Aspetterò, però adesso mi dici quello che sai sui due omicidi dell’altra notte.

- Ti dico quello che posso. Reichner era un magnaccia, che vendeva giovani a chi voleva scopare senza correre rischi. Müller era uno dei suoi clienti, come pure Scharr.

- Quindi li ha fatti fuori entrambi Scharr, se ho messo insieme bene i diversi pezzi.

- Non ho dubbi su questo.

- Perché?

- Müller aveva presentato Scharr a Reichner. Reichner non sapeva chi fosse il tizio che Müller gli aveva presentato come Kahlenberg, sai, Scharr non amava mettersi in mostra, di rado si faceva fotografare. Ho costretto il magnaccia a darmi il nome di Müller, minacciandolo di raccontare tutto alla polizia, e allo stesso modo ho convinto Müller, che però dev’essere stato tanto coglione da riferirlo a Scharr. Così quel figlio di puttana deve aver provveduto a eliminare entrambi.

Tobias riflette.

- Non sarà facile trovare un modo per dare queste notizie senza citarti, ma farò un po’ di indagini per conto mio e in ogni caso ne verrà fuori un bell’articolo.

- Ti posso dare ancora qualche informazione. Reichner contattava i giovani alle sedute di posa di nudo all’Accademia, dove si presentava come pittore dilettante. Il suo nome figura sui registri. Ha cercato di contattare anche Egon Schulte, che ha rifiutato. Ma attenzione, Tobias, Egon ha visto che Reichner contattava anche Robert. Non sa che si tratta di Robert Kerbel, ma questo elemento non deve venire fuori.

- Farò un po’ di controlli e vediamo che cosa trovo. Direi che ti sei sdebitato con me.

- Per l’ultima notizia, quella più ghiotta, dovrai aspettare alcune settimane.

- Va bene.

 

Sono passati altri due giorni. Tobias Nebelwald ha pubblicato un articolo in cui rivela che Gottfried Reichner contattava i modelli delle sedute di nudo per ingaggiarli come prostituti da mandare ai suoi clienti e che Müller conosceva Reichner. Tobias ha raccolto abbastanza materiale per poter pubblicare queste notizie senza far riferimento a Jürgen o a Robert Kerbel. Scharr non è citato nell’articolo, in cui si parla di un giro di prostituzione di alto livello.

 

Jürgen posa il numero della Neue Freie Presse dopo aver letto l’articolo di Tobias. Il pensiero va a Hans, come accade in continuazione in questi giorni.

E mentre per l’ennesima volta pensa a lui, Hans arriva. Deve saldare il conto.

Parlano un momento, poi Jürgen chiede:

- Come sta Robert?

- Si sta riprendendo. Ho fissato per lui qualche colloquio con il dottor Freud. Mi sembra tranquillo, ma ha subito un trauma.

- Lei di sicuro lo sta aiutando a superarlo.

Hans sorride.

- Per certi versi mi sembra di essere ritornato a quando Robert si confidava con me e si faceva consolare. Gli passerà, ma adesso ha bisogno di questo.

- Robert è molto fortunato ad avere un fratello come lei.

- Grazie.

- Anch’io devo ringraziarla. Mi ha salvato la vita.

- La sua vita era in pericolo perché stava indagando per conto mio.

- Però ha fatto una follia a entrare nella villa a Baden.

- Forse, ma sono contento di averla fatta. Però… mi spiace per quello che ha subito per colpa mia.

- Non certo per colpa sua. Correre dei rischi fa parte del mio lavoro.

- Sì, ma… questo non era proprio prevedibile.

- No, appunto.

C’è un momento di silenzio, in cui si guardano.

- Posso dirle una cosa, signor Kerbel?

- Mi dica.

- Nonostante gli inconvenienti, conserverò un bel ricordo di questo lavoro. E soprattutto di lei.

Hans Kerbel sorride.

- La ringrazio. Per me è stato un piacere averla conosciuta.

C’è un momento di silenzio, poi Hans dice:

- Un’ultima cosa, signor Steiner. Siegmund Meyer zu Grünewald ha invitato me e Robert a stare una settimana nella sua villa a Neulenbuch: per Robert un’occasione di svagarsi un po’ e di uscire di casa, senza il timore di essere assediato dai giornalisti; per me un po’ di riposo, di cui ho bisogno dopo questo periodo di tensione. Anche Tobias verrà, ma dovrà tornare a Vienna alcune volte per il lavoro. Siegmund vorrebbe che venisse anche lei e, dato che contavo di passare da lei oggi, mi sono assunto l’incarico di trasmetterle l’invito. Mi farebbe un piacere enorme se riuscisse a venire. La serata che abbiamo trascorso insieme è stata una dei momenti della mia vita in cui mi sono sentito… meglio.

Jürgen sorride. È ben contento dell’invito in sé, è ancora più contento all’idea di poter passare alcuni giorni con Hans ed è felice per le sue parole.

- Verrò, senz’altro. Mi fa molto piacere.

 

La proprietà di Siegmund è nella campagna vicino a Neulenbuch. Raggiungono la cittadina in treno e poi la carrozza li porta alla villa, che ha un bel parco, con due laghetti. Tobias li raggiungerà in serata.

Nel pomeriggio Jürgen e Hans fanno una passeggiata nel parco. È una gran bella giornata di sole, gli alberi hanno tutti le foglie nuove, nei prati e nelle aiuole sono spuntati tanti fiori: la primavera è arrivata e il parco è bellissimo.

Hans osserva:

- Ho raccontato a Siegmund e Tobias di Robert: di loro mi fido ciecamente. Ho chiesto loro di parlare con lui. Hanno esperienza e possono fornirgli indicazioni su come muoversi senza correre rischi, se vuole esplorare... ciò che gli interessa.

- Ma Robert non li conosce. Riuscirà ad aprirsi con due sconosciuti?

- Robert è molto più aperto di me. Lui non è mica un orso.

Jürgen sorride. Non gli sembra che Hans sia un orso. O forse lo è, ma gli orsi gli piacciono.

Sono giunti al secondo laghetto, il più lontano dalla villa.

- È una bellissima giornata, signor Kerbel. Che ne direbbe di bagnarci?

Hans guarda Jürgen. Pare sorpreso dalla proposta, poi annuisce e sorride. Ha un bel sorriso. A Jürgen piace molto quando sorride. In realtà gli piace molto sempre, di questo ormai si è reso conto.

- Mi sembra una bellissima idea.

Sulla riva del lago, Hans incomincia a spogliarsi. Si toglie la giacca e la camicia. Ha la pelle molto chiara e un fitto pelame rossiccio sul petto. Sorride e dopo essersi tolto le scarpe si cala i pantaloni e le mutande. È un bel maschio, vigoroso. Jürgen  sente la gola secca. Finisce in fretta di spogliarsi, prima che il suo corpo tradisca il desiderio che si accende. Entra subito in acqua.

Il laghetto è piccolo e anche nel punto più profondo l’acqua arriva solo fino al collo di Jürgen e alle spalle di Hans. Nuotano un po’, poi prendono a spruzzarsi ridendo. Dopo un buon momento escono, gocciolanti e sorridenti. Si guardano. Nuovamente Jürgen sente il desiderio assalirlo. Si stende al sole prono, per nascondere l’erezione. Hans si stende accanto a lui.

Di nuovo si guardano, senza parlare.

Una mano di Hans si appoggia sulla schiena di Jürgen, subito sotto la nuca.

- Posso?

- Sì.

Hans non ha detto che cosa, Jürgen ha risposto ugualmente. Hans può fare ciò che vuole.

Hans lo accarezza, dalla nuca al culo. È una carezza leggera, ma questa mano che appena sfiora la pelle trasmette sensazioni violente a Jürgen.

- Mi piace accarezzarla… Jürgen. Posso chiamarla così?

- Puoi chiamarmi come vuoi, Hans.

- Lo vuoi, Jürgen?

Jürgen annuisce.

Hans si sposta un po’. Lo bacia sul collo, poi sulla schiena, la sua bocca scende fino al culo, dove assesta due morsi decisi, che fanno sussultare Jürgen. Intanto le sue mani accarezzano.

Hans si mette in ginocchio. Divarica un po’ le gambe di Jürgen, che geme, abbandonandosi completamente.

Jürgen sente la lingua di Hans percorrere il solco tra le natiche, indugiare sull’apertura. Geme di nuovo.

Hans ripete:

- Lo vuoi, Jürgen?

Jürgen volta la testa verso di lui:

- Sì, Hans.

Hans si stende sul corpo di Jürgen.

Jürgen pensa che è bello sentire questo corpo forte e pesante sopra il suo ed è bello sentire la pressione del cazzo di Hans, che lentamente si fa strada nelle sue viscere.

- Hans!

Hans non dice nulla. Sono le sue mani a parlare con le carezze, la sua bocca che bacia e morde, il suo cazzo che affonda nella carne, fino in fondo, fino a che i coglioni battono contro il culo, e poi si ritrae, in un movimento continuo, che rallenta quando Hans è sul punto di venire e poi riprende. E sente che il corpo che possiede sta vibrando, che la tensione cresce anche in Jürgen. Allora passa un braccio sotto il corpo che stringe e si gira di lato, in modo da poter afferrare il cazzo di Jürgen, ormai rigido, e guidarlo al piacere. Vengono insieme, Hans versa il suo seme nel culo di Jürgen, che sparge il proprio sull’erba.

E mentre sono stretti uno all’altro, Hans dice:

- Ti ho cercato a lungo, Jürgen, tanto a lungo che avevo perso ogni speranza di trovarti. Ma ora sei qui. Non te ne andare.

Jürgen chiude gli occhi, travolto da ciò che parole di Hans destano in lui.

- Non me ne andrò, Hans. Ti amo.

Hans gli prende la testa tra le mani e la gira un po’, per poterlo baciare. È un bacio lungo, appassionato.

 

 

2022

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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