Ritratto d’attore

 

 


Eldemar è emozionato all’idea di posare per Gustav Keller. Essendo un attore molto famoso, non gli capita spesso di sentirsi in soggezione di fronte agli altri: è più facile che si verifichi il contrario, che siano gli altri a sentirsi un po’ in imbarazzo quando parlano con il grande interprete, che tutta Vienna ammira. Ora però Eldemar si trova a posare per un maestro la cui fama va molto oltre Vienna, l’Impero e la stessa Europa: i quadri di Keller sono ricercati anche dai milionari americani, a riprova di un successo che non conosce confini.

Eldemar non è mai stato nella villa che Otto Wagner ha progettato per Gustav Keller. Arrivando ne ammira la semplice eleganza: un equilibrio perfetto di volumi, linee e forme, senza fronzoli, essenziale nell’armonia di tutti gli elementi.

 

Gustav lo riceve cordialmente.

Come hanno già concordato, il primo quadro sarà un normale ritratto in abito da sera. Gustav pensa di dipingere sullo sfondo delle scene teatrali. In diversi ritratti ama creare un contrasto tra il soggetto, spesso dipinto con una precisione fotografica, e lo sfondo, che riempie con motivi decorativi o con elementi che rimandano alle caratteristiche del soggetto, ma sono appena abbozzati.

Gustav ha avuto modo di vedere quasi tutte le opere in cui Eldemar ha recitato negli ultimi anni. Conta di inserire scene dal Faust, dal Don Carlos, dall’Anfitrione e naturalmente dall’Agamennone: saranno schizzi in cui giocherà sempre su due colori, gli stessi della cornice che intende creare sul bordo. Le linee colorate entreranno nel quadro e daranno vita alle figure.

Prima però deve dipingere la figura centrale, intorno a cui si disporranno le scene, e definire la posizione che Eldemar deve assumere.

- Signor Männer, dato che poi faremo un quadro in cui apparirà come Agamennone, io le proporrei di scegliere la stessa posizione per i due ritratti. Ma naturalmente non è necessario.

- Per me va benissimo. Come mi devo mettere?

- Direi in piedi, come Agamennone nell’ultima scena, dopo che si è tolto la tunica. Se le va bene, potrebbe appoggiarsi a un bastone da passeggio, che nell’altro ritratto diventerà la tunica che si è tolto. Che ne dice?

- Se ritiene che sia una buona posizione, non ho obiezioni, ci mancherebbe! È lei il pittore.

- Ma è lei il soggetto, per cui ha voce in capitolo almeno quanto me.

Sorridono entrambi. Eldemar si mette come indicato. Gustav suggerisce qualche piccola modifica della posizione, poi incomincia a lavorare.

Eldemar è un attore, abituato al controllo totale dei movimenti: è il modello ideale, capace di rimanere completamente immobile per tutto il tempo, senza cambiare espressione. Dipingerlo è piacevole anche per questo, oltre al fatto che è un bell’uomo ed è un piacere guardarlo.

Quando la seduta è conclusa, Gustav dice:

- Direi che per oggi può bastare. Non voglio abusare della sua pazienza.

Eldemar sorride e risponde:

- Non è stato un grosso sforzo. E senz’altro ne vale la pena. Sa, non avrei mai pensato di essere dipinto da lei un giorno. La proposta di Michael mi ha sorpreso.

- Lei è un soggetto interessante. La dipingo molto volentieri. Come le ho detto la sera dello spettacolo, stavo proprio pensando che mi sarebbe piaciuto farle un ritratto quando Michael mi ha chiesto se ero disponibile a dipingerla.

- Ha fatto un favore a tutti e due.

Eldemar esita un attimo, poi aggiunge:

- Posso vedere il quadro o preferisce non mostrarlo fino a quando non sarà completato?

- No, lo guardi pure, ma c’è solo il disegno di base.

Eldemar osserva la tela, dove i suoi tratti sono già perfettamente riconoscibili.

- Affascinante vedere un artista come lei al lavoro. Sono già tutto lì.

Gustav scuote la testa.

- È solo l’inizio.

- Sarà un piacere vedere tutte le tappe della creazione.

Eldemar esce soddisfatto. Keller è stato molto cortese e lo ha messo a suo agio. Nessuna traccia di boria, come Eldemar aveva temuto. D’altronde anche nelle serate mondane non ha mai visto Keller mostrarsi superbo o vantarsi. Ma nel suo studio la situazione poteva rivelarsi diversa: alcuni colleghi di Eldemar in società sembrano persone gradevoli, ma durante le prove e le recite si rivelano insopportabili. 

Quanto al ritratto, verrà benissimo: su questo non ha dubbi. Keller è Keller ed Eldemar non ha mai visto un suo quadro che non sia splendido. Eldemar sorride, mentre pensa che alla buona riuscita del dipinto concorrerà il soggetto. Sa di essere un bell’uomo e si concede di essere un po’ vanitoso, anche se lo tiene per sé.

 

La seconda seduta avviene una settimana dopo. Prima scambiano alcune parole. Al termine Eldemar osserva il ritratto su cui Gustav ha incominciato a stendere il colore. Scuote la testa, ammirato.

- Vederla al lavoro è un’esperienza fantastica. Mi sembra di trovarmi di fronte a un mago, che sa evocare dal nulla ogni possibile forma.

Gustav non sembra convinto.

- Non evoco dal nulla, ma copio fedelmente. E lei è un ottimo soggetto, che non mi fa mai dannare. Sa che mi è capitato di rinunciare a dipingere una persona che me l’aveva chiesto, perché non riusciva a mantenere la posizione più di cinque minuti?

- Dev’essere frustrante per un pittore. E anche per il soggetto, penso.

- Senz’altro.

Eldemar esita un momento, poi dice:

- Senta, mi scuso per l’indiscrezione, ma mi farebbe piacere poter vedere qualche suo quadro. Ho avuto modo di ammirare quelli che ha esposto negli ultimi anni e alcuni dei ritratti che ha fatto per nobili e borghesi. Ma credo che lei abbia qui altre tele, che tiene per sé. O mi sbaglio?

- Sì, certo. Ho una galleria personale, di quadri che ho dipinto per me e qualcuno che non ho venduto. Ha piacere di vederla?

- Mi piacerebbe molto, se non è un disturbo. Quando le è comodo, naturalmente.

- Nessun disturbo. Possiamo vederla anche ora, se ha tempo.

- Molto volentieri.

Attraverso una porta passano direttamente in un corridoio, che corre a fianco dello studio, per tutta la sua lunghezza. I quadri sono appesi sulle due pareti. Ci sono paesaggi e ritratti, ma anche alcune nature morte, un soggetto che Gustav non dipinge spesso.

A colpire Eldemar è il ritratto di un donna sui quaranta, con una grande capigliatura rossa coperta in parte da un cappello scuro, un boa di piume nere che le avvolge il collo fino al mento, lasciando appena intravedere il labbro superiore. La donna sembra guardare altrove, come se non volesse incontrare lo sguardo di chi la osserva. È un ritratto bellissimo, con un forte contrasto tra i colori caldi del viso e dei capelli e quelli più scuri e freddi degli indumenti e dello sfondo.

- Che gioiello!

Keller non dice nulla. Guarda anche lui il quadro, ma sembra assente.

- Chi è il soggetto, se posso chiederle?

- Mia madre.

Eldemar è stupito

- Una bellissima donna.

Sul viso di Gustav appare una contrazione.

- Sì, lo era.

Gustav non dice altro: è evidente che non ha voglia di parlarne. Eldemar non insiste. Gli sembra di aver commesso un’indiscrezione. Gustav passa oltre e gli indica un altro ritratto: un uomo che osserva le ninfee su uno stagno.

- Questo invece è mio padre. L’ho dipinto pochi mesi prima che morisse.

Eldemar legge la tristezza negli occhi di Gustav. Vorrebbe chiedere, ma gli sembrerebbe di essere indelicato. Osserva il quadro e poi passa agli altri. Lo colpisce una tela in cui è dipinto un laghetto in campagna. Il paesaggio è autunnale: gli alberi sono spogli, a terra vi sono foglie secche, il cielo è velato. Lo specchio d’acqua è grigio, quasi nero nella parte centrale. Non è un quadro realistico: i tratti sono molto marcati, gli alberi deformati, i colori, una sinfonia di grigi e neri, appaiono quasi gettati sulla tela con violenza.

Eldemar lo fissa, aggrottando la fronte.

- Questo quadro è inquietante.

Gustav annuisce. La sua voce è cupa.

- Sì, l’ho dipinto in un momento particolare della mia vita. Meglio dipingere il laghetto che affogarsi.

Eldemar è colpito dalle parole e dal tono di voce di Gustav. Non sa che cosa dire, ma il pittore non gli lascia il tempo di pensare. Gli mostra un altro quadro, un autoritratto sullo sfondo di un paesaggio di campagna.

- Questo lo dipinsi durante un soggiorno in Italia. Non pensavo proprio di ritrarmi, di solito in viaggio dipingo i paesaggi o qualcuno che mi colpisce. Ritrarmi in viaggio, quando posso farlo a Vienna, mi sembrerebbe una perdita di tempo. Quella volta però ho dovuto fermarmi per alcuni giorni in un piccolo borgo dell’Umbria e ne ho approfittato per questo autoritratto. C’era una bellissima luce.

Le parole di Gustav sono chiaramente un modo per sviare il discorso. Eldemar è turbato, ma lo nasconde. La richiesta di vedere i quadri si è rivelata un’intrusione in una dimensione privata di Gustav. Gli sembra di essere stato indiscreto. Sicuramente ha destato ricordi dolorosi.

 

Due giorni dopo Eldemar è invitato a pranzo dal conte Walser, insieme a Ruggero, Gustav, Janos ed Egon. Nel pomeriggio ha le prove di Casa di bambola, in cui si trova di nuovo a lavorare con Hanna Kröger: sono ormai una coppia affiatata sulla scena e i beniamini del pubblico viennese. Con loro lavora anche Klaus Bauer, un attore di cui Eldemar ha molta stima.

Dopo pranzo passano in salotto, ma Gustav deve andare via subito: ha una seduta di posa. Eldemar può fermarsi ancora una mezz’ora.

Michael gli chiede:

- Come procede il ritratto?

- Direi benissimo. Vedere il quadro nascere ed evolvere è splendido. Ti ringrazio per avermi dato questa opportunità.

- A me fa piacere avere il tuo ritratto, soprattutto quello come Agamennone, che mi ricorderà lo spettacolo.

Michael ha intenzione di regalare a Eldemar il suo ritratto vestito, ma non gliel’ha ancora detto. Terrà solo quello come Agamennone, che è quello che gli interessa davvero.

Eldemar aggiunge:

- Ho chiesto al signor Keller di farmi vedere alcuni dei suoi quadri. Ha accettato: è sempre molto disponibile.

- Sì, Gustav è gentile per natura.

- Ho visto un ritratto di sua madre. Gran bella donna.

- Splendida donna, pessima madre.

Eldemar è sorpreso.

- Perché dici questo?

- Sua madre aveva ventisette anni quando nacque Gustav, nove anni dopo il fratello. Era la seconda gravidanza, che non aveva desiderato. Di fatto, si disinteressò completamente di lui. Non voleva proprio averlo intorno. Lo mandò giovanissimo come interno in un collegio, dove solo il padre andava a trovarlo. Nelle vacanze estive lo spediva in campagna, nella proprietà dei genitori. Non l’ha mai amato e Gustav ne ha sofferto moltissimo.

- Come fai a sapere queste cose?

Michael ride.

- Gustav parla poco, è il contrario di me. Io sono sfacciato e gli chiedo. Lui è gentile e mi risponde. In qualche caso, quello della madre è stato il principale, mi sono vergognato della mia insistenza. Non lo dire, lo so: tutti sono convinti che io non mi vergogni mai. Sostanzialmente è vero, ma con Gustav invece mi capita. Mentre parlavamo mi sono reso conto che lo stavo facendo soffrire ed era l’ultima cosa al mondo che avrei voluto.

- Suppongo che ormai le ferite si siano cicatrizzate.

- Sì, certamente. Ma Gustav non ha avuto una vita facile. Può sembrare strano: ha avuto successo giovanissimo, prima di compiere trent’anni era già considerato il miglior pittore di Vienna e da allora la sua fama non ha fatto che crescere. Ma, anche se non ne parla mai, è stato in molte occasioni ferito, profondamente, forse perché è molto sensibile. E questo lo ha reso meno aperto.

Eldemar è stupito.

- Mi sembra un uomo molto sereno ed equilibrato, che ha buoni rapporti con tutti.

- Senza dubbio è un uomo dotato di un grande equilibrio e sa stare in società, senza mettersi sempre al centro dell’attenzione, come faccio io. Ma ha sofferto molto e mi sento di dire che questa sofferenza lo ha segnato profondamente.

Eldemar è perplesso. Nelle serata da Michael ha sempre visto Gustav parlare con gli altri serenamente e gli è piaciuto molto il suo modo di porsi: ne apprezza l’ironia, la cortesia, la riservatezza. Eppure nella visita alla galleria privata è emerso un altro Gustav, che conferma l’immagine fornita da Michael.

 

Nelle sedute successive Eldemar parla un po’ di sé e pone domande a Gustav. È curioso di conoscerlo meglio, ma non vuole essere invadente o toccare tasti dolorosi, per cui procede con cautela.

- Posso chiederle quando è nata la sua passione per il disegno e la pittura?

- In collegio ero piuttosto solo. Non ero molto popolare. Disegnare era il mio passatempo, solo più tardi divenne la mia passione.

- Come mai non era molto popolare? Lei mi sembra una persona cordiale, con cui è piacevole stare.

Gustav esita un momento. Eldemar riprende:

- Mi scusi, mi rendo conto di aver fatto una domanda indiscreta.

Gustav scuote la testa.

- No, no, non si preoccupi. Da ragazzino non avevo gli stessi interessi degli altri. Tendevo a rinchiudermi nel mio mondo… Ero molto solo, vedevo poco i miei genitori… Non ero socievole, non respingevo gli altri, ma avevo paura ad avvicinarmi.

- Non aveva qualche amico?

- Avevo un amico. No, credevo di averlo, ma mi sbagliavo. Non era mio amico, non lo erano neanche gli altri, anche se per qualche tempo mi ero illuso che lo fossero. Non fu piacevole scoprire la verità, rendermi conto di non contare niente per quelli che consideravo amici.

- Mi scusi, capisco che sto destando brutti ricordi. Non era mia intenzione.

Gustav alza le spalle.

- Non ha importanza. Quello che è stato, è stato.

Eldemar è dispiaciuto. Come durante la visita alla galleria, ha nuovamente risvegliato in Gustav memorie dolorose. Michael ha ragione, senza dubbio. Eldemar si ripromette di essere più attento. Gustav Keller lo incuriosisce, vorrebbe conoscerlo meglio, ma non vuole ferirlo.

 

Eldemar e Gustav si incontrano spesso alle cene che Ruggero e Michael offrono. Ruggero invita solo poche persone: si ritrovano in cinque o sei e sono contenti di conversare tutti insieme e dopo cena magari di parlare a coppie o in due gruppi. Michael alterna cene per pochi amici ad altre in cui c’è tutta la compagnia che Gustav gli ha fatto conoscere.

A una di queste cene si accorge che Eldemar e Gustav si danno del lei.

- Eldemar, Gustav, ma è possibile? Siete ancora a darvi del lei? Eldemar, posi per Gustav da qualche settimana, ormai lo conosci abbastanza. Gustav, tra un po’ lo dipingi nudo e gli dai del lei? Qui ci diamo tutti del tu.

Gustav sorride e si rivolge a Eldemar:

- Il padrone ha deciso che dobbiamo darci del tu. A me non spiacerebbe. E a lei?

- Molto volentieri.

- Meno male, così ci risparmiamo i rimproveri.

Gustav guarda Michael e dice:

- Obbediamo, padrone.

Michael ride.

In realtà a tutti e due fa piacere darsi del tu. Tra di loro si è creata una certa confidenza.

 

La seduta successiva è l’ultima. Eldemar evita ogni domanda diretta. Gustav gli dice:

- Sei stato un modello perfetto, Eldemar.

- Mi fa piacere sentirmelo dire. È la prima volta che poso, ma non l’ultima: sai che, oltre al ritratto che mi farai come Agamennone, Michael vuole che anche Egon mi faccia un ritratto. O, per essere precisi, due ritratti. Incominciamo tra due giorni.

- Sì, l’aveva detto la sera dello spettacolo.

Eldemar scuote la testa sorridendo e prosegue:

- Michael è abituato a soddisfare ogni suo desiderio.

- Sì, è un bambino capriccioso, ma è impossibile volergliene: è buono e generoso.

- È vero. Mi ha detto che il signor Schulte mi dipingerà qui.

- Sì, attualmente è mio ospite.

Gustav non aggiunge altro. Eldemar si chiede se Gustav ed Egon non siano amanti e non vuole apparire curioso.

 

Scopre la verità al termine della prima seduta con Egon. Osserva alcuni suoi quadri, tra cui un doppio ritratto maschile che il pittore deve ancora completare.

- E questi chi sono? Se non è una domanda indiscreta…

- Hans Kerbel e l’investigatore Jürgen Steiner. Me l’ha chiesto il signor Kerbel.

Poi Eldemar guarda un ritratto del conte Walser.

- Lei ha uno stile molto diverso da quello di Gustav Keller. Non ha imparato da lui, vero?

- No, non sono stato suo allievo, anche se adesso che sto qui lo posso vedere all’opera e parlare di pittura con lui: imparo ogni giorno nuove cose. E chi non imparerebbe, lavorando a fianco di un maestro come Gustav?

- Certo, poter lavorare con lui è un privilegio.

Egon annuisce.

- Ci sono giorni in cui mi sembra impossibile che mi sia capitata una simile fortuna. Pensavo di morire e invece…

- Di morire?

- Ero poverissimo. Spesso saltavo i pasti per comprarmi i colori. Vivevo in una soffitta gelida e quest’inverno sono davvero andato vicino a morire per una polmonite. Non avrei potuto reggere ancora a lungo. Non avevo neanche di che pagare l’affitto. C’erano momenti in cui pensavo di farla finita.

Egon scuote la testa.

- Mi scusi, le sto raccontando cose…

- No, l’ascolto volentieri.

- Gustav vide il mio quadro all’esposizione e si convinse che avevo un grande talento.

- Più che “si convinse” direi: “scoprì”.

- Sa che mi sembra ancora impossibile?

- Ma continui, sono curioso.

- Quella sera ero alla mostra. Mi presentarono a lui e mi invitò a cena con i suoi amici. Il giorno dopo volle venire nella mia soffitta a vedere i quadri. Mentre Gustav stava guardandoli, arrivò il padrone di casa… mi chiese i due mesi di affitto arretrato… avrei voluto scomparire sotto terra.

- Immagino. Una situazione davvero imbarazzante.

- Gustav saldò i miei debiti e disse che mi sarei trasferito. Mi propose di stabilirmi qui.

- Molto generoso da parte sua.

- Gustav è l’uomo più generoso che abbia mai incontrato nella mia vita. E non mi fa pesare minimamente il fatto di essere suo ospite. Riesce a farmi sentire come se fossi a casa mia. O in albergo. Conduco la mia vita in piena libertà, senza preoccuparmi di niente. Certe volte mi vergogno, ma se ne parlo con Gustav, mi convince che va benissimo così. Non intendo rimanere ancora a lungo, mi sto cercando un’altra sistemazione. Ora sono in grado di mantenermi con la pittura e non voglio approfittare oltre della generosità di Gustav. Ma credo che rimpiangerò questi mesi: qui sto benissimo. E con Gustav rimarrò sempre in debito.

 

Eldemar è rimasto molto colpito. Gli è chiaro che Gustav ed Egon non sono amanti e la generosità di Gustav lo sorprende.

Il grande pittore lo incuriosisce sempre di più. Quando Michael gli ha chiesto di posare per il celebre Gustav Keller, sapeva di entrare in contatto con un pittore considerato uno dei più grandi, se non il più grande, del suo tempo, ricchissimo, riverito, stimato al punto di essere diventato ancora giovane una leggenda vivente. Si aspettava di trovare un uomo orgoglioso, forse tronfio per l’enorme fama ottenuta,  magari altezzoso e scostante.

Nel pittore ha scoperto un uomo cortese e riservato, che non parla mai dei suoi grandi successi, un uomo sensibile, che la vita ha ferito profondamente, ma che nasconde le sue cicatrici, un uomo generoso e buono, un uomo solo.

Eldemar vorrebbe conoscerlo meglio, ma, per quanto sia sicuro di sé, non ha la sfacciataggine di Michael e non sa come superare il guscio protettivo che Gustav sembra aver creato intorno a sé.

Ora non ha più l’occasione delle sedute di posa, ma viene spesso invitato a cena a palazzo Walser o a palazzo Aquaforte. Quando è impegnato nelle recite, raggiunge gli altri più tardi: con loro si trova bene e si è inserito nel gruppo senza difficoltà.

In queste occasioni Eldemar cerca la compagnia di Gustav: gli fa piacere parlare con lui. Si rende conto di stare bene accanto a lui, anche quando non dicono nulla.

Gustav gli piace molto. Non è un bell’uomo, ma c’è qualche cosa in lui che risveglia in Eldemar una tenerezza infinita, forse il desiderio di lenire il dolore che avverte.

Ma non è solo quello: Eldemar si chiede se non si sta innamorando. Ha amato in passato, due volte. E sa leggere gli indizi di quello che gli sta capitando: la gioia di ritrovare Gustav in un’occasione in cui non si aspettava di vederlo; la delusione di una serata in cui invece contava di incontrarlo e scopre che non c’è; il piacere di rimanere al suo fianco, parlando di un qualsiasi argomento, anche il più insignificante; il pensiero di lui che si presenta nei momenti più inaspettati; la perdita di interesse per gli altri maschi, per quanto attraenti possano essere.

 

Egon ha dipinto i due ritratti di Eldemar: le sedute di posa sono state frequenti e i due ritratti sono stati completati rapidamente. Gustav è più impegnato, per cui ha tempi più lunghi. Ora non può incominciare il secondo ritratto, perché il Burgtheater gli ha affidato l’incarico di decorare il foyer. I bozzetti sono stati approvati e adesso deve provvedere all’esecuzione dei pannelli decorativi.

A Eldemar spiace non poter posare di nuovo per lui. Sente il bisogno di parlargli, di stargli vicino. È bellissimo parlare un po’ con Gustav, seduti accanto al camino, a palazzo Walser o a palazzo Aquaforte, oppure nello studio del pittore, come hanno fatto quando posava. Le altre serate mondane, a cui partecipava volentieri, hanno perso gran parte del loro fascino.

 

Intanto Egon ha trovato un appartamento che gli servirà anche come studio e si prepara a trasferirsi. Michael gli ha proposto di stabilirsi nel suo palazzo, dove si può facilmente ricavare un ampio spazio per dipingere. Egon è tentato dalla proposta, ma preferisce aspettare. È sicuro dei propri sentimenti e anche di quelli di Michael, ma vuole che il loro rapporto possa rafforzarsi prima di passare a una convivenza. Michael mugugna, ma non vuole forzare Egon, che comunque si ferma spesso a palazzo Walser per la notte. Lo studio lo fa allestire lo stesso e spiega a Egon:

- Serve per quando mi dipingi.

- Non posso dipingere sempre te.

- Sempre no, ma ogni tanto sì. E poi qui ci sono un sacco di soggetti che puoi dipingere. Tutta la servitù è a tua disposizione.

 

A fine aprile si svolge un’altra cena ristretta a palazzo Aquaforte. Ruggero ha invitato Egon, Eldemar, Michael e Gustav e comunica agli ospiti le sue intenzioni:

- A metà maggio Janos ed io andremo a Venezia. Contiamo di fermarci almeno un mesetto. Michael, Egon, Gustav, avete voglia di venire anche voi? Per due pittori Venezia è un soggetto ideale. Eldemar, a te non lo propongo, perché so che sei impegnato con gli spettacoli, ma se mai avessi qualche giorno libero, sarei felice di averti come ospite.

Eldemar sorride, ma si rende conto con sgomento che l’idea della partenza di Gustav gli pesa moltissimo.

- Grazie, Ruggero, sarei felice di venire, ma adesso non mi è proprio possibile. Fino alla fine di giugno sono impegnato a teatro.

- Per noi sarà un buon motivo per prolungare il nostro soggiorno, così potrai raggiungerci quando hai finito.

- Può essere un’idea. Mi piacerebbe molto.

Michael guarda Egon e gli chiede:

- Ci stai, Egon? Venezia è un gioiello e un pittore non può non averla vista… e dipinta.

- Mi sembra una bella idea. Sì, devo dire che partirei molto volentieri. Ho bisogno di cimentarmi con altri soggetti e un’altra luce.

Michael si rivolge a Ruggero:

- Allora noi ci siamo.

Poi si volta verso Gustav:

- Gustav, è ora che tu torni a Venezia. Da quanto mi dicevi, ci sei stato dieci anni fa. Vieni con noi.

Gustav non ha detto nulla. Gli spiace che i suoi amici lascino Vienna per stare via a lungo. Si ritroverà di nuovo solo, dopo un periodo in cui ha sentito il loro affetto.

- Mi spiace, ma ho preso l’impegno del foyer del Burgtheater e fino alla fine di giugno di certo non posso muovermi da Vienna.

Ruggero osserva:

- Allora tu ed Eldemar ci raggiungerete a luglio. Non è il periodo migliore per Venezia, forse, ma Venezia vale la pena di essere vista in tutte le stagioni. 

- Ne parleremo.

- Io farò preparare due stanze come studi, una per te e una per Egon. Non puoi lasciare vuoto il tuo.

Eldemar pensa che le occasioni di vedere Gustav si ridurranno drasticamente. L’unico elemento positivo è la possibilità di andare a Venezia con Gustav. Trascorrere alcuni giorni insieme sarebbe bellissimo. Se fosse sicuro che partiranno insieme, sopporterebbe bene la separazione, ma così, in una situazione di grande incertezza, questa prospettiva incerta è una magra consolazione.

 

Come programmato, a metà maggio Ruggero, Janos, Egon e Michael lasciano Vienna diretti a Venezia, dove Egon avrà occasione di cimentarsi con nuovi soggetti e darà qualche lezione a Janos, che ha incominciato a dipingere. Sono profondamente legati e tutti e quattro sono felici di trascorrere un lungo periodo insieme.

 

La loro partenza lascia un vuoto nelle vite di Gustav ed Eldemar.

Gustav è molto occupato dal lavoro, ma, come ha previsto, sente molto la solitudine: Michael ed Egon sono diventati i suoi amici e anche con Ruggero e con Eldemar sta nascendo un’amicizia. In loro ha trovato quell’affetto e quel calore umano che gli sono sempre mancati e adesso gli sembra di essere tornato indietro.

Anche Eldemar patisce per la situazione che la partenza degli amici comuni ha creato: vede molto di rado Gustav. Vorrebbe passare a salutarlo, ma adesso il pittore lavora soprattutto fuori casa.

Dopo un primo periodo soleggiato, maggio sembra intenzionato a dare il peggio di sé: il cielo è sempre grigio, piove quasi tutti i giorni e spesso soffia un vento freddo. Certe giornate sembrano quasi autunnali. A Eldemar pare che il tempo rifletta il suo stato d’animo.

In questo periodo è impegnato nell’allestimento del Filottete di Sofocle, che andrà in scena a giugno. Le prove sono il momento migliore della giornata. Nello spettacolo recita anche Klaus Bauer, con cui sta nascendo una bella amicizia: l’unico elemento positivo di questo maggio inclemente.

Eldemar si trova a commentare con lui la notizia di cui discute tutta Vienna: il ritrovamento del cadavere di Friedrich Scharr e di altri due corpi nel vecchio pozzo della villa del banchiere. Il giornalista Tobias Nebelwald, forse il più noto e stimato a Vienna, ha ricevuto una lettera anonima in cui si dava l’indicazione del luogo in cui cercare i corpi e si fornivano alcune altre notizie. Nel pozzo vi erano effettivamente tre cadaveri e uno è risultato essere quello del banchiere. Sulle altre informazioni contenute nella lettera, soprattutto accuse rivolte a Scharr, non ci sono conferme, ma tutti ne parlano.

- Possibile che Scharr davvero abbia ucciso due giovani in giochi sadici? Mi sembra incredibile.

A Klaus non sembra incredibile. Quando Scharr è scomparso, i giornali hanno pubblicato diverse sue foto e Klaus ha riconosciuto uno dei suoi clienti, Kahlenberg. La morte di Reichner prima, di Scharr dopo, ha dissipato le ultime preoccupazioni che aveva sull’emergere del suo passato: nessuno lo tirerà fuori.

- Non mi stupisce. Di Scharr si sapeva che era senza scrupoli. Alcuni sostengono che abbia fatto eliminare anche uomini che intralciavano i suoi affari.

- Davvero pazzesco. Che squallore!

Dopo un momento di pausa, Klaus chiede:

- C’è qualche cosa che non va, Eldemar? Mi sembra che tu sia triste in questi giorni.

- Hai ragione, Klaus.

- Non hai voglia di parlarne?

Eldemar sa che può contare sulla discrezione dell’amico.

- Credo di essermi innamorato. No, così non va. Mi sono innamorato.

- E non sei ricambiato?

- Non lo so… non credo… la verità è che non lo so.

- E non puoi appurarlo?

- È quello che intendo fare, ma non ho occasione di vederlo.

Eldemar aggiunge:

- È un uomo, Klaus.

Klaus non si stupisce: sa che Eldemar è attratto sia dagli uomini, sia dalle donne. E l’amico è a conoscenza del rapporto tra Klaus ed Erich.

- Pensi che lui non sia attratto dagli uomini?

- Non lo so.

- Potrebbe reagire male se tu gli raccontassi che l’ami?

- No, questo no. Abbiamo amici in comune che sono omosessuali e formano coppie. Escludo che possa avere pregiudizi. Ma non ho avuto modo di aprirmi prima e ora non riesco a vederlo quasi mai. Solo in rare occasioni, di sfuggita, magari a una serata dove c’è un sacco di gente… certo non le condizioni ideali per una dichiarazione d’amore. Ma conto di farlo appena sarà possibile.

- In bocca al lupo, Eldemar. Vorrei vederti felice.

- Grazie, Klaus.

L’affetto di Klaus gli fa bene.

 

A metà giugno infine Gustav conclude il lavoro che lo ha impegnato per alcuni mesi e comunica a Eldemar di essere disponibile per il secondo ritratto: è contento di poter rivedere almeno lui. Fissano una data.

Del viaggio a Venezia non hanno parlato. Ruggero ha rinnovato a entrambi l’invito, ma nessuno dei due ha preso una decisione. Eldemar non intende partire, se non lo farà Gustav, ma il pittore non si è espresso.

 

Il giorno stabilito Eldemar raggiunge lo studio di Gustav a piedi: ha voglia di fare una passeggiata. Dopo una coda d’inverno a maggio, l’estate è arrivata un po’ in anticipo, le giornate sono diventate calde e gli alberi si sono ricoperti di un tripudio di foglie. La gente passeggia tranquillamente, godendosi il sole e il leggero vento che rende il cielo ancora più terso.

Eldemar è allegro: è felice di ritrovare Gustav, di poter chiacchierare con lui, di riprendere il loro rapporto. Il periodo di separazione gli è pesato molto. Sa che deve parlargli e intende farlo, ma non ha fretta: ci saranno diverse sedute di posa.

Anche a Gustav fa piacere ritrovare Eldemar, con cui sta bene. L’attore gli piace molto, come persona e come maschio.

- Allora, Gustav, raggiungiamo gli amici a Venezia? Ho proprio voglia di rivederli. È buffo, prima dell’Agamennone non li conoscevo neanche, ma adesso che mi sono affezionato mi mancano molto.

Eldemar sente davvero la mancanza degli amici, ma sa di tenere a Gustav più che a tutti loro. Se il pittore intende rimanere a Vienna, Eldemar non partirà per Venezia, ma se Gustav avesse preso altri impegni, ad esempio se avesse accettato un invito a trascorrere due settimane nella tenuta di qualche conoscente? Eldemar non avrebbe nessuna possibilità di vederlo.

Anche Gustav sente il bisogno di ritrovare gli amici, di riannodare i fili di rapporti che per lui sono diventati molto importanti.

- Vale lo stesso discorso anche per me. Di Ruggero avevo fatto un ritratto, ma dopo non ci eravamo più visti, se non di sfuggita. Di Michael conoscevo appena l’esistenza. Egon e Janos erano due perfetti sconosciuti.

- Allora partiamo. Io tra dieci giorni sono libero.

- Non so se il ritratto sarà finito.

- Non ha importanza. Lo riprendi al ritorno.

Gustav esita, non sa bene neppure lui perché.

- Sei sicuro che rimarranno anche a luglio? Venezia è bellissima, ma se non ci sono loro, non intendo andarci.

- Ruggero mi ha detto che se andiamo, si fermano tutto luglio. E che se non andiamo ci tolgono il saluto.

Gustav ride.

- Va bene. Allora andiamo. Glielo scrivi tu?

Gustav è contento di viaggiare con Eldemar, anche se c’è qualche cosa che ancora lo frena.

- Sì, certamente.

Eldemar è raggiante. La prospettiva di trascorrere un periodo con Gustav e con gli altri è bellissima.

Gustav dice:

- Adesso mettiamoci al lavoro.

Mentre Eldemar si spoglia, Gustav chiede:

- Non ti crea problemi posare nudo, Eldemar?

- No, nessuno. D’altronde mi sono spogliato davanti a cinquanta persone per l’Agamennone.

- Ma ti si è visto solo di schiena. Mentre ti voltavi hanno lanciato la rete e sei finito a terra.

- Quel lancio della rete l’avremo provato cinquanta volte: non andava mai bene. Non so come non mi sono rotto l’osso del collo durante quelle prove. Dovevo finire ogni volta a terra, ma la rete non era mai come doveva essere e o mi faceva inciampare o mi prendeva solo un braccio o la testa. Una volta ho battuto la capoccia e gli altri temevano che fossi morto. Mi è venuto un bel bernoccolo.

- Un aspetto a cui non avevo pensato. Quando si guarda uno spettacolo, non ci si immagina tutte le difficoltà che ha posto la realizzazione,

- Sì, a volte le difficoltà non sono quelle che il pubblico pensa. Ma anch’io non mi sarei mai aspettato di dover provare quella scena un mare di volte.

Eldemar è nudo. Gustav si dice che è davvero un gran bell’uomo.

- Se a te va bene ti dipingerei di tre quarti, il che significa che ti si vedrà tutto, perché la tunica che tieni in mano non ti coprirà i genitali.

- Va benissimo. Non c’è problema. Comunque, Hugo mi ha chiesto di recitare anche nel suo Alessandro, il dramma che ha finito di scrivere. Lo ha definito un monologo per attore nudo.

- Allora saresti di nuovo nudo?

- Sì, ma per tutto il tempo. Seduto, in piedi, di fronte, di schiena. Il pubblico avrebbe tempo e modo di contarmi i peli, uno per uno.

- E tu che cosa hai risposto?

- Ti dirò: il testo è interessante ed è una bella prova d’attore. Ma non intendo recitare nudo tutto il tempo davanti a cinquanta o cento persone, di cui non so nulla o quasi. Posso farlo davanti a dieci o venti e persone al massimo, che conosco e di cui mi fido. A Hugo va bene, per cui probabilmente lo faremo. Da Michael, naturalmente.

- Spero di essere tra quei dieci o venti fortunati.

- Naturalmente lo sei. Ma tanto con questo ritratto avrai modo di vedermi come nessun altro.

- È vero.

Stabiliscono la posizione, che riprende quella del primo ritratto, poi Gustav incomincia a disegnare.

- Mantieni la posizione, ma non ti preoccupare per l’espressione del viso. Adesso disegno il corpo.

Eldemar osserva:

- Sai che Michael mi ha regalato il ritratto che mi hai fatto e anche quello di Egon, quello vestito, intendo? Dice che terrà solo questo che mi fai ora e che gli sembrava giusto ringraziarmi per aver accettato di posare.

- Non lo sapevo. Michael è generoso. Ma certamente tiene molto ad avere i tuoi ritratti come Agamennone. Gli ricordano lo spettacolo: per lui la messa in scena è stata un’esperienza bellissima.

Gustav sorride e aggiunge:

- E poi, se posso dirlo, credo che avere il ritratto di un bell’uomo come te gli farebbe piacere anche senza il ricordo dello spettacolo.

- Ti ringrazio, ma non insistere sull’argomento. Sono già abbastanza vanitoso.

- Ti sentirai dire spesso che sei un bell’uomo.

- Sì, è vero. Come a te diranno che sei un grande pittore. Ma la differenza è che sei diventato quello che sei lavorando duramente per affinare il tuo talento, mentre nell’essere un bell’uomo non vedo molti meriti.

- Anche tu hai lavorato a lungo per affinare il tuo talento di attore.

- Sì, ma non dipende dal mio aspetto.

- Però essere belli presenta alcuni vantaggi, suppongo.

- Sì, certamente. Ricevo diverse proposte e alcune di queste non mi dispiacciono. Ma… c’è anche un rovescio della medaglia.

- Qual è? Lo chiedo perché di certo a me non capita.

- Il rovescio è che a volte ho la sensazione di disperdermi in relazioni che non hanno senso. Quando hai vent’anni, una bella scopata, scusa se sono molto franco, ma partecipi anche tu alle cene a palazzo Walser e sei abituato a una certa franchezza, una bella scopata, dicevo, è il massimo. Quando ne hai trenta è piacevole, ma se della persona non ti importa niente, incominci a chiederti perché lo fai. E quando ne hai quasi quaranta, dopo aver scopato con un uomo che ti piace fisicamente, ma non stimi, ti dici che non ha davvero senso.

Eldemar non sa perché sta raccontando queste cose di sé. Sente di potersi fidare completamente di Gustav. Mentre parlava di scopare con un uomo, ha controllato l’espressione del viso di Gustav, che non ha mostrato nessuna reazione, limitandosi ad annuire.

- Capisco quello che intendi, anche se non mi è mai successo. Credo che tu abbia ragione. Ma il desiderio fa parte di noi.

- Sì, ma… a volte… sento il bisogno di un rapporto vero, di amare ed essere amato e non solo desiderato perché ho un corpo forte, un viso regolare e una buona attrezzatura. Insomma, sono un po’ stufo di una situazione che io stesso ho contribuito a creare, cogliendo le occasioni, senza rendermi conto che a un certo punto non erano più occasioni, non erano più… nulla.

- Amare ed essere amato… è bellissimo, ma il prezzo è alto, troppo alto.

Eldemar fissa Gustav.

- Le tue esperienze sono state così negative?

Gustav muove la testa in un cenno d’assenso, lo sguardo perso in lontananza. Poi fissa Eldemar e risponde:

- Ho amato un’unica volta, con tutto me stesso. Ho sofferto come non credevo che fosse possibile soffrire. Mai più, mai più. Credo che se non avessi avuto la pittura in quel periodo avrei finito per… scusa, Eldemar, non so perché ti racconto… io…

Gustav ha smesso di disegnare. Guarda in basso, scuotendo la testa. Gli sembra che un macigno pesi su di lui. Non sa perché questo dolore riemerga ora, parlando con Eldemar, con quest’uomo bello e forte. Si rende conto di avere le lacrime agli occhi e si vergogna.

Eldemar lascia cadere la tunica. Gli si avvicina, gli accarezza dolcemente una guancia con il dorso di due dita, poi lo guarda negli occhi, avvicina le labbra a quelle di Gustav e lo bacia. C’è molta tenerezza in quel bacio e Gustav ha l’impressione che qualche cosa di sopito si desti in lui. Ora prova paura, paura di quello che sente crescere dentro, di quello che il bacio di Eldemar ha risvegliato, paura che sia tutto un inganno, un’altra volta.

Si abbandona alle braccia di Eldemar che ora lo stringono, alla bocca che preme sulle sue labbra, alla lingua che gli si infila tra i denti, alla carezza delle mani che si muovono, scendendo verso il culo e stringendolo. Gustav sente il suo corpo ardere. Ma non è solo il suo corpo e questo lo spaventa. Ha la sensazione di aver lasciato cadere tutte le sue difese nei dialoghi con Eldemar e ora è, tra le braccia che lo stringono, davvero completamente nudo, senza più nulla a proteggerlo.

Scuote la testa e cerca di ritrarsi.

- No, no, fermati, Eldemar.

Eldemar lo lascia e lo guarda, una domanda in viso.

- Non voglio più soffrire, Eldemar. Non voglio più innamorarmi. Fermiamoci qui.

Eldemar non abbassa lo sguardo, mentre gli risponde:

- Per me è tardi. Io ormai mi sono innamorato di te.

Gustav respira a fatica. Gli sembra di essere dilaniato da desideri contrastanti. Vorrebbe dire a Eldemar di andarsene, perché ha paura, e nello stesso tempo vorrebbe cedere al sentimento che, ora se ne rende conto, è nato anche in lui.

Gli occhi gli luccicano mentre dice:

- Non farmi soffrire, Eldemar.

Poi china il capo e si appoggia contro il corpo di Eldemar, che lo stringe in un abbraccio, mentre gli accarezza i capelli e gli sussurra:

- Non ti farò soffrire, Gustav. Io ti amo.

E nuovamente lo bacia.

 

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