Erba
L’odore dell’erba tagliata
di fresco che arriva dalla finestra aperta mi allarga le narici, alla pari
con le orecchie riempite dalla musica del lontano e insistente ronzio della
macchina che la taglia. Non so quale dei due sensi mi abbia svegliato, tutt’e
due insieme, forse, e forse prima ancora mi ha svegliato il cazzo duro che ha
subito pensato, ancor prima di me, al giardiniere più giovane, quello che in
questa stagione già lavora a torso nudo appena il sole spunta tra le nubi.
Sono in due, sempre gli stessi, li vedo spesso qui sotto: il prato verde del supercondominio è talmente ampio che ogni settimana ci
passano due giorni a tagliare, sistemare, ripulire, potare, piantare fiori,
innaffiare, raccogliere foglie e strappare erbacce. Anche l’altro non è
niente male, ben più anziano di lui, più o meno mio coetaneo, ma non ho
ancora capito se è il padrone e il ragazzo è un semplice lavorante, oppure se
sono due soci. O forse sono due operai di una ditta specializzata... non so
proprio. Lui sarà sui venticinque, forse anche qualcosa di più, capelli non
cortissimi lisci e folti, biondo scuro, e un corpo reso favoloso dal lavoro e
dalla fatica quotidiana: lo vedo sempre trafficare con attrezzi pesanti, fare
lavori pesanti, spostare e caricare sull’autocarro enormi mastelli pieni di
rami sfalciati o di erba tagliata... ci si fa i
muscoli molto meglio che in una banale palestra, insomma. Purtroppo l’area da
curare è talmente vasta che a volte non riesco a vederlo se non da lontano,
ma curo dalla finestra i loro movimenti e quando vedo che il ragazzo si avvia
a trafficare verso il camion o si avvicina alla zona dello scantinato dove
tengono le attrezzature allora mi precipito giù con una scusa: esco per poi
rientrare, vado a vedere la casella di posta, scendo in cantina... tutto
insomma pur di poterlo incrociare per qualche istante sul marciapiede
esterno, rallentarlo per un secondo con un sorriso e un buongiorno e
squadrarlo con uno sguardo insistito per imprimermi ben bene nella mente
tutti i dettagli del suo torace abbronzato sudato ansante cosparso di
frammenti d’erba e ogni volta più desiderabile. Ormai credo che abbia capito
che non può essere solo per caso se incontra me molto più spesso di ogni
altro condomino, ricambia sempre anche lui con un bel sorriso ma niente di
più, come faccio a capire se..?! L’altro è vicino ai cinquanta, capelli
brizzolati e barba grigia corta e scura e fitta che gli copre quasi del tutto
le guance, un corpo assolutamente apprezzabile che si intravede però soltanto
dalla canottiera sempre nera che non toglie mai e dalla cui scollatura si
affacciano dei peli neri un po' arruffati. Saluto anche lui, ma un po'
malvolentieri perché è sempre scorbutico e soprattutto non mi piace il modo
in cui tratta il ragazzo: molto duro, perennemente sbrigativo e senza mai
sorridere, solo pronto a dargli ordini, criticare, apostrofare e qualche
volta persino insultare scontento di tutto e di tutti. Il ragazzo invece lo
tratta sempre con cortesia e gli sorride anche quando l’altro lo tratta male,
uno strano rapporto fra di loro insomma, o quanto meno due caratteri talmente
diversi da essere veramente l’uno l’opposto dell’altro. Ho fatto una scoperta.
Recentemente ci sono stati dei lavori negli scantinati e han dovuto sistemare
delle tubazioni anche nella mia cantina; i muratori han dovuto rompere un
pezzo di un muro di separazione e ho scoperto che lì a fianco, proprio
confinante, c’è il locale di ricovero degli attrezzi dato in uso ai
giardinieri: scale, attrezzi vari, un bancone di lavoro, vasi, terriccio, la
macchina tagliaerba, alcuni mastelli in plastica per rimuovere l’erba
tagliata. Il lavoro non è finito, il muro rifatto è stato lasciato con una
piccola apertura intorno alla tubazione per stare a vedere fra qualche
settimana se la perdita è sistemata. Intanto ho conquistato un prezioso punto
di osservazione, non visto posso sbirciare un bello scorcio dell’ampio
locale, per altro sempre ben illuminato dall’alto attraverso tondi oblò nel
soffitto, a livello del giardino, in evidente contiguità con le cupolette
trasparenti della via sotterranea di accesso ai box. Ora quando vedrò il
ragazzo avvicinarsi al locale degli attrezzi potrò restare a spiarlo da
questo spiraglio, osservarlo non visto mentre si muove, lavora, traffica,
magari mentre si cambia gli abiti... Ma è inutile correre troppo con la
fantasia..! mi contenterò di vederlo, e basta. Sono tornati a lavorare,
lui oggi è forse meno spogliato ma ancora più sexy del solito: già al
mattino, arrivando, indossava una salopette di tela verde scuro senza nulla
sotto, con il quadrato della pettorina che non riesce a nascondere i
capezzoli scuri, e la schiena totalmente nuda salvo l’incrociarsi delle
sottili bretelle, che nei movimenti gli scivolano giù dall’una o dall’altra
spalla costringendolo spesso a risollevarle per rimetterle a posto, quasi
come un vezzo provocatorio e studiato. I pantaloni sono ampi, comodi, il
tessuto rigido appeso alle bretelle non si adagia sui fianchi ma ne rimane in
parte distante, formando sulle anche due ampi canaloni ondeggianti in perenne
movimento che paiono invitarti a infilarci le mani: e non troverebbero alcun
ostacolo di slip o mutande, ne sono certo, e potrebbero arrivare dritte al
suo uccello subito duro e guizzante... Eccolo, sta arrivando con
un altro mastello pieno d’erba da svuotare nel cassone dell’autocarro, è l’ultimo,
ha già impilato lì vicino gli altri ormai vuoti e poi li porterà nel
deposito: mi precipito verso la mia cantina mentre sento l’altro che gli urla
dietro di muoversi, di non perdere tempo, che c’è ben altro da fare ancora…
gli spaccherei il muso con un pugno se potessi fermarmi ma devo correre
subito a chiudermi nella mia cantina e al buio rubare la visione di qualche
banale attività del giardiniere più giovane. Ci sono, chiudo la porta e già
sento trafficare al di là della parete, lo vedo passare rapidamente un paio
di volte mentre trascina i mastelli vuoti e sposta altri attrezzi, poi resta
fuori dalla mia visuale mentre sposta o sistema ancora qualcosa finché sento
invece l’altro che arriva imprecando e urlandogli di sbrigarsi. Lui non si
scompone, prosegue il suo lavoro senza parlare, rientra nel mio campo visivo
e anche l’altro gli sta vicino e gli gira intorno ormai visibilmente
alterato. Il giovane pare avere esaurito la pazienza, ancora silenzioso si
raddrizza e gli sta davanti, si fronteggiano a pochi centimetri di distanza
mentre l’altro continua a riversargli addosso insulti del tutto gratuiti e
visibilmente pretestuosi. E’ un attimo, tutto succede in pochi istanti mentre
resto a guardarli come paralizzato: il giovane alza la mano e colpisce
l’altro con un sonoro e potente schiaffo seguito da una raffica di pugni
nello stomaco che lo fanno inginocchiare senza più forze e senza fiato: - Hai finito adesso di rompermi il cazzo,
eh..?! brutto stronzo..!! ora lo sai cosa ti aspetta, rompi e rompi finché
alla fine ottieni sempre quel che vuoi tu… Non potevi aspettare questa sera,
eh..?! nossignore..!! Sei solo un vecchio coglione, ecco che cosa sei..!! Resto allibito alla
improvvisa, violenta e imprevedibile reazione del giovane, e ancor più a quella
dell’altro, ora perfettamente calmo e senza alcuna reazione di difesa, mentre
il giovane ha recuperato da una tasca una piccola matassa di cordame da
giardino e con quella gli lega svelto le mani sul davanti e lo conduce al
tavolone da lavoro dove, costringendolo in ginocchio, fissa i lati lunghi
della funicella a una delle gambe. L’altro non protesta, non tenta di
divincolarsi. Lui da un’altra tasca prende un grande fazzoletto di cotone e
glielo ficca a forza tra le mascelle, legandoglielo stretto sulla nuca, poi
gli sfila la cintura dai pantaloni, la tiene per la fibbia e comincia a
menare scudisciate sul sedere del suo persecutore che geme ad ogni colpo
ma... sì... sono incredibilmente gemiti di piacere..! E’ incredibile,
evidentemente l’uomo maltratta e vessa il giovane fino a che riesce a farlo
incazzare talmente tanto da trasformarlo nel master di una seduta
sadomaso..!! Quante frustate? una decina almeno, poi il giovane butta la
cinghia e gli solleva la canottiera, gliela sfila arrovesciandola fino a
lasciarla penzolare sui polsi già prigionieri, gli apre i pantaloni e glieli
strappa giù fino alle ginocchia lasciandolo nudo con gli abiti arrotolati
addosso. Non vedo bene cosa sta succedendo perché ora mi dà le spalle e copre
in parte anche l’altro, il prigioniero. Ora si è spostato e lo vedo di
profilo, e di profilo gli spunta dalla salopette un cazzo durissimo che
svetta verso l’alto in cerca di una preda su cui sfogare l’istinto
primordiale della sopraffazione: si piega sulle gambe allargate, si lubrifica
il cazzo con una manciata di saliva colante e glielo infila di colpo
cominciando a incularlo con violenza, tenendogli forte le anche con le mani
per accompagnare in senso uguale e contrario il movimento dei due bacini e
affondare il più possibile il suo micidiale attrezzo di tortura, ben goduto
dal masochistico compagno che dalla bocca semiaperta e bloccata lascia uscire
liberamente gli intensi mugolii che accompagnano il ritmo sempre più serrato
e violento della scopata fino a concludersi con l’urlo represso del giovane
che sfila l’uccello ancora durissimo e accompagna con la mano la liberazione
di lunghi schizzi di sborra che percorrono tutta la schiena dell’altro. Il
giovane si rialza, continua a spremere il cazzo sempre duro fino a farne
uscire le ultime gocce, sfregando il glande sulle natiche del compagno per
ripulirsi. Richiude i bottoni della patta, ma l’eccitazione non è calmata e
la tela verde rimane visibilmente premuta da sotto e spinta verso l’esterno
da una punta non del tutto appagata. Ora il ragazzo sposta una vecchia sedia
di legno impagliato, libera i polsi dell’altro, lo rialza e lo costringe a
sedersi legandogli subito le braccia dietro la schiena, dolorosamente stirate
verso il basso, con i lati lunghi della funicella passati sui lati della
sedia a divaricare e stringere le caviglie per immobilizzare completamente il
compagno che ora vedo quasi di fronte a me, il segno chiaro della canottiera
disegnato con precisione sull’abbronzatura delle braccia e del collo. E’
eccitatissimo, tra le gambe divaricate a forza dalle funi il suo cazzo duro e
quasi violaceo svetta impudico, ondeggia come se volesse liberarsi con un
orgasmo che non può arrivare. Anch’io mi sono abbassato i pantaloni, non
posso fare a meno di masturbarmi lentamente nel buio, trattengo il respiro
per non fare rumore. Il giovane strattona i capelli dell’altro per
rovesciargli il capo all’indietro, gli abbassa violentemente il bavaglio, una
mano a chiudere il naso lo costringe a spalancare la bocca per sputarci
dentro più volte, fino a mantenere un filo colloso di saliva che dall’alto
scende e gli si infila in gola, costretto a deglutire per poter respirare.
Solo quando il tutto è stato interamente ingurgitato molla i capelli, gli si
fa davanti e d’improvviso lo colpisce con la mano, due potenti manrovesci che
gli scuotono la testa facendolo gemere di dolore, ma non urlare. I gemiti
continuano, perché ora con le sue dita forti strizza violentemente i due
capezzoli, li torce e li tortura, il giardiniere anziano mugola e si contorce,
dolore e piacere sono mescolati indivisibilmente, più alto è il piacere più
percepisce il dolore e più si intensifica il piacere, che diventa immenso
quando la mano del giovane scende a strattonargli il cazzo, a schiacciargli i
coglioni, a masturbarlo con violenza portandolo fino all’orlo dell’orgasmo e
subito ritraendosi per strizzargli ancora i capezzoli, più e più volte finché
l’orgasmo arriva con un urlo liberatorio strozzato subito sul nascere da una
copiosa cascata di sputi che lo fanno soffocare e tossire mentre la sborra
continua a colare dall’uccello impiastrando la mano che non smette di
masturbarlo, per poi ripulirsi sfregando le dita sul torace tra i suoi peli
scuri e luccicanti di sudore. Sono venuto anch’io, non ho potuto fare a meno
di accelerare il ritmo della mia mano uniformandolo al ritmo rapido della
mano del giovane, quasi fosse la sua mano a stringermi l’uccello e a farmi
schizzare sborra chissà dove, lì sul muro o sulle vicine bottiglie di vino
rosso. Ma ancora non è finita, perché il cazzo del giovane è rimasto sempre
in tiro e lui ora si è sfilato le bretelle e lascia scivolare giù la
salopette sulle scarpe, resta nudo dandomi le spalle, lo vedo strattonare di
nuovo la testa dell’altro avvicinandola con il chiaro intento di farsi fare
un pompino, o meglio: di scoparlo in bocca, perché infatti è lui a imprimere
il ritmo, incurante dei conati di vomito che produce nell’altro con la rapida
introduzione dell’intero uccello fino in fondo alla gola, avanti e indietro
accompagnando i movimenti del bacino con gli uguali e contrari movimenti che
imprime a due mani alla testa dell’altro. Vedo i potenti muscoli delle sue
natiche che si contraggono e si rilasciano ritmicamente, uno spettacolo che
da solo vale un’altra mia sega liberatoria anche se vorrei vedere meglio la
scena da un fianco, vedere il suo cazzo entrare fino a toccare in profondità
la gola del compagno, paonazzo per la mancanza d’aria e coi lineamenti
sconvolti per lo stupro doloroso e per il piacere che ne trae. Mi ritrovo di nuovo
le mani bagnate di sperma, mi lecco le dita prima ancora che il contrarsi
delle sue natiche acceleri il ritmo per allagare di un altro sperma la bocca
di quell’altro, a suo modo ben fortunato a poter godere di un tale compagno
di giochi... Il giovane si è ricomposto
rimettendo a posto la salopette, riprende a trafficare incurante dell’altro
sempre legato che resta immobile e muto, il respiro affannoso, colate di
sborra e saliva che scendono da un lato della bocca e scivolando verso il
basso si fermano tra i peli della barba o più giù, nel fazzoletto ancora al
collo. Da qui non vedo la porta di accesso al locale, ma sento che il giovane
entra ed esce più volte con degli attrezzi, facendo evidentemente la spola
con l’autocarro parcheggiato vicino. Ritorna a un tratto vicino alla sedia,
si mette a cavalcioni sulle gambe dell’altro e lo bacia: tranquilli,
appagati, senza parlare, non servono parole inutili per cementare un rapporto
così violento e così intimo, così profondo. Un coltello corto, robusto e seghettato
taglia la funicella liberando una mano al prigioniero, poi il giovane si
allontana di nuovo da lui dopo averne infilzato la punta tra le cosce,
sull’impagliatura, lasciandolo a sua disposizione per finire di liberarsi,
non prima però di aver passato la lama a carezzare e sollevare il suo uccello
ormai floscio e punzecchiare con la punta i testicoli e i capezzoli. Prima di
allontanarsi, all’improvviso, per alcuni lunghissimi istanti guarda fisso
verso il buco che unisce i due ambienti nel muro che li divide. Mi avrà
visto?! Impossibile, ma mi ritraggo spaventato, resto immobile senza neppure
respirare fino a che lo vedo allontanarsi mentre lancia uno straccio al
compagno per ripulirsi sommariamente. Prendo a caso, nel buio, tre quattro
bottiglie di vino per darmi assurdamente un contegno, una giustificazione per
essermi recato in cantina. Scappo come un ladro e mi sento agitato, nervoso,
confuso come dopo aver fumato un po’ d’erba, quasi lascio cadere a terra una
bottiglia mentre con la mano visibilmente tremante tento di richiudere a
chiave la porta di accesso al corridoio. Un’altra mano è pronta ad aiutarmi,
trattenendo svelta la bottiglia che oscillava insicura sotto il mio braccio:
è lui, mi sento avvampare. - Ah, grazie... – mormoro in un soffio sentendomi colto sul fatto. - Di nulla! – risponde lui con un sorriso complice e allegro,
sfacciato forse. – Così finalmente ci
presentiamo, dopo esserci incrociati tante volte!.. mi chiamo Daniele,
inutile dirle che sono uno dei due giardinieri incaricati dall’amministratore... - Sì sì.. lo so chi sei... ti vedo sempre insieme al tuo collega... - Collega..?! – ride
di gusto – non siamo colleghi, lui è il
padrone!.. non solo, è anche... Ah, eccoti: scusa, arrivo subito... stavo
solo aiutando il signore che aveva qualche difficoltà con le bottiglie... - Ah sì? Certo, ragazzo mio, non ti preoccupare... Piacere, mi chiamo
Saverio. - Io... Antonio... piacere... – credo di essere arrossito violentemente, notando al suo collo il
fazzoletto ancora annodato e unto di macchie di sborra saliva e sudore e
altre tracce di sborra che stanno disseccandosi tra i peli della barba
insieme a frammenti di erba sminuzzata
– Io.. io... ecco, posso regalarvi un paio di bottiglie..? si sarebbero
comunque rotte, se non fosse stato per Daniele che... - Ma grazie, sì!.. le berremo volentieri pensando a lei..! – Daniele mi appare davvero troppo a suo
agio e persino un po' strafottente, temo proprio che abbia indovinato la mia
presenza al di là del muro e ora si diverta a mettermi in imbarazzo, a
provocarmi, forse, se non ad eccitarmi deliberatamente. Il suo sguardo cade
su un particolare che non avevo neppure notato, prima: una minuscola
gocciolina bianca riga irregolarmente il vetro di una bottiglia, lasciando
dietro di sé una sottile traccia già disseccata. Allunga un dito, la
raccoglie, se la passa sulle labbra... sorride malizioso fissandomi con lo
stesso sguardo fermo che gli avevo visto poco fa al di là della breccia nel
muro: - Ah, ma questo non è vino
bianco, però..! - Sì... è... grignolino del piemonte... vado
io in collina a comprarlo... - Arranco confuso tra le parole ignorando la provocazione, per fortuna
anche Daniele cambia prontamente argomento ritornando su Saverio: - Le dicevo che lui non è un mio collega
perché è il padrone della ditta, e non solo: è anche mio padre. Questo è un colpo basso, un
pugno, un ariete come quelli che gli ho visto dare nello stomaco al compagno
più anziano, il respiro mi si blocca e annaspo in cerca d’aria tentando di
assumere un’aria indifferente: - Ah...
è... il papà..? - Mi schiarisco la voce per mormorare poco altro: - Lei... lei è fortunato... ad avere un
ragazzo così... Saverio sorride orgoglioso,
sì, è fortunato, dice, molto fortunato: un ragazzo serio, senza grilli per la
testa, pensa solo al lavoro, pochi amici, niente distrazioni, solo loro due
dopo che la mamma se ne è andata, ma prima o poi dovrà pur farsi una
famiglia, no..? intanto lavora lavora e lo aiuta a
tenere in ordine la casa e i conti dell’impresa... – Ma ci verrà a trovare, vero? così berremo insieme il suo vino... - Intanto
abbraccia da dietro il suo ragazzo con lo stesso gesto affettuoso dei due
cowboy di Brokeback Mountain, lo bacia tenero su
una guancia. - Sì papà, sono sicuro che
il signor Antonio vorrà venire a trovarci... L’aspettiamo senz’altro..! Due sorrisi compiaciuti e
due forti strette di mano, poi si allontanano sull’autocarro lasciandomi lì,
con le altre due bottiglie sottobraccio, quasi accecato dal troppo splendore
nell’erba. |