Festa di Natale A
Max Thomas Tommaso scende dalla
metropolitana e tira un sospiro di sollievo: il viaggio è stato massacrante,
in mezzo alla folla che lo schiacciava, gli mancava l’aria. Questi ultimi
giorni prima di Natale sono un incubo: tutti in giro a fare compere, tutti di
corsa. Ha dovuto lasciar passare due treni prima di riuscire a salire. È
stato spintonato, strattonato, insultato da una che aveva la luna per
traverso (si è beccato dello stronzo, alla faccia dello spirito natalizio),
si è trovato un pacco piantato nello stomaco per dieci minuti, gli hanno
pestato un piede, ha pure perso un bottone della camicia ed è sudato come se
fosse luglio. Tommaso odia il Natale. E proprio questa sera c’è
la cena natalizia della ditta. In realtà non è proprio un’iniziativa
aziendale: alcuni, che non hanno una famiglia o non possono
raggiungerla, hanno avuto la bella idea di organizzare una cena per
l’antivigilia, riservata a chi non trascorre le feste con i parenti. Dopo il
viaggio di ritorno, Tommaso ci rinuncerebbe volentieri, ma ormai ha aderito e
poi almeno la fanno abbastanza vicino a casa sua, non dovrà attraversare
tutta la città. Tra poco chiudono i negozi, la frenesia pre-natalizia si
spegne e in auto non dovrebbe metterci molto ad arrivare, al
massimo venti minuti. Tommaso sale le scale e
raggiunge l’appartamento dove abita. Va a piedi, anche se sta al quarto
piano: ha voglia di muoversi un po’. Qualcuno dei suoi vicini ha messo sulla
porta una decorazione: un pupazzo di neve, una ghirlanda, una scritta
augurale. Tommaso non ha messo nulla. Non ama festeggiare il Natale. È
costretto a passarlo lontano dalla sua famiglia, che vive all’altra estremità
della penisola. Andrà a trovarli più avanti, adesso ha solo un giorno di
vacanza, Santo Stefano, che è di lunedì, e allora, che senso ha? In aereo non
è comunque un viaggio comodo, perché poi ha due ore d’auto e poi avrebbe
dovuto prenotare con molto anticipo. In treno fa appena in tempo ad arrivare,
che è già ora di ripartire. Tommaso si spoglia e si
dirige verso la doccia. Sta bene anche nudo: casa sua è troppo calda, come
sempre. C’è il riscaldamento centralizzato, quelli degli appartamenti
dall’altra parte hanno sempre freddo, perché non c’è una casa attaccata da
quel lato; quelli dei piani più alti hanno freddo,
perché il tetto non è ben coibentato; quelli del primo piano hanno freddo
perché sotto c’è l’androne. Il risultato è che a casa di Tommaso di rado si
scende sotto i 22-23 gradi e ogni tanto gli tocca chiudere la valvola di un
termosifone o aprire una finestra in pieno inverno. Ma adesso che non ha
niente addosso, il calore è piacevole. Tommaso apre l’acqua, la
lascia scorrere finché non ha raggiunto la temperatura giusta, poi si infila
sotto il getto. Prende la boccetta dello shampoo, ne versa un po’ nella mano
destra e incomincia a sfregarlo sui capelli. Poi con le mani insaponate si
lava il corpo. Il telefono squilla
esattamente mentre sta lavandosi il culo. Tommaso non risponde. Non ha
nessuna intenzione di uscire dalla doccia tutto insaponato, bagnando ciabatte
e pavimento, per rispondere. Ritelefoneranno. Infatti il suono si interrompe e subito
riprende. Ma chi è che è così insistente? Ci sarà mica
qualche problema? Ieri suo padre non stava bene, ma sua madre ha detto che
era solo un raffreddore. Tommaso esce dalla doccia,
tutto gocciolante. Corre al telefono e fa in tempo a sollevare la cornetta
prima che riattacchino. - Pronto? - Buongiorno! La voce, femminile, è
squillante. - Buon… Tommaso non fa in tempo a
parlare, che la voce prosegue. È un messaggio registrato. - Signore, signora, per
lei un Natale meraviglioso. Lei ha vinto… - Vaffanculo! Tommaso ha urlato nel
telefono. Riattacca, furente. Ha fatto tre passi e sta per rientrare in
bagno, quando il telefono squilla di nuovo. Risponde, cercando di controllare
la rabbia: - Pronto? - Buonasera, signore. Questa volta, almeno non è
un messaggio registrato. - Posso chiederle che
operatore telefonico ha? Tommaso conta fino a
cinque (a dieci no, dieci è troppo), poi risponde: - Mi lasci in pace! E riattacca di scatto. Due passi, questa volta,
prima che il telefono squilli di nuovo. Tommaso si fionda sull’apparecchio,
sgancia e urla: - Vaffanculo!
Hai capito? Vaffanculo! C’è un attimo di silenzio,
poi Tommaso sente la voce di sua madre, spaventata e sull’orlo delle lacrime: - Tommaso, sei tu? Che cosa… Tommaso ha la precisa
sensazione che oggi non sia la sua giornata. Si scusa, le spiega che ha
ricevuto una serie di telefonate di disturbo (esagera un po’) e che ha perso
la pazienza. Dopo il bell’esordio non può certo dire a sua madre che era
sotto la doccia, sembrerebbe che lui non le voglia
parlare. Così sua madre incomincia a raccontargli della famiglia (per fortuna
papà sta meglio) e di tutto il parentado. Poi prosegue con qualche altro
aggiornamento sul clima, sui lavori che stanno facendo
in casa, sui preparativi per il matrimonio di sua sorella (che sarà a maggio,
mese mariano, ma bisogna pensarci per tempo) ed infine saluta. Finalmente Tommaso torna
in bagno, lasciando una piccola pozzanghera sul pavimento, sternutendo e
maledicendo il Natale. L’acqua calda gli toglie
un po’ del freddo che si sentiva addosso. Tommaso finisce di lavarsi, si
sciacqua e si infila un accappatoio. Si asciuga i
capelli e guarda l’orologio. Ha ancora venti minuti prima di uscire. Non è il caso di vestirsi
in ghingheri per questa cena. Qualcuno aveva parlato di vestirsi da Babbo
Natale, ma l’idea è ridicola e Tommaso non ha un costume natalizio: che se ne
farebbe, poi? Ci saranno alcuni colleghi
scapoli, gente che Tommaso non conosce molto. Però c’è
Arsenio e Tommaso lo vede sempre volentieri. Mentre sceglie che cosa mettersi,
Tommaso pensa ad Arsenio. Ha un nome buffo: il padre era un fanatico dei
gialli di Arsenio Lupin. Una volta Arsenio gli ha raccontato che c’è anche un
santo con quel nome, che si festeggia il 19 luglio. Tommaso ha controllato: è
vero, lo chiamano il Grande e per Tommaso Arsenio è davvero un grande.
Simone, che ha una lingua tagliente, lo chiama sempre Arse e poi dietro le
sue spalle dice a tutti che in inglese arse vuol dire culo. Con gli altri lo
chiama anche Arsenico e vecchi merletti, battuta vecchia e copiata da
un cartone animato, ma Simone è convinto di essere
divertente. Arsenio lo sa benissimo, ma sembra che non gli importi. È un tipo
riservato, a volte quasi lo diresti timido, ma sul lavoro sa essere molto
deciso. Ha quarantotto anni, quasi venti in più di Tommaso. Quando Tommaso ha
iniziato a lavorare nell’azienda, Arsenio era vice capufficio e lo ha aiutato
a imparare il nuovo lavoro. È bravo a spiegare, è paziente e non prende in
giro, a differenza di Simone, che è sempre pronto a criticare e punzecchiare. Arsenio gli ha dato una
mano quando Tommaso ha combinato un guaio, un grosso guaio: Tommaso era in
perfetta buona fede, ma l’errore avrebbe potuto
costargli il posto. Arsenio se n’è accorto e l’ha avvertito, senza dire nulla
al capo. Hanno sistemato insieme la faccenda. Si sono fermati una sera fin
dopo le due, per rifare tutto il lavoro, senza che nessuno se ne accorgesse,
a parte il guardiano notturno, ovviamente. Ma Arsenio è benvoluto da tutti,
per cui il guardiano non ha protestato, anzi: ha detto che era contento
perché così c’era qualcun altro che vigilava. A un certo punto era saltato
fuori un altro errore di Tommaso. Era una stupidaggine, ma era ormai l’una,
erano stanchissimi tutti e due, Tommaso già si vergognava per il guaio combinato
e la scoperta di quell’altro errore lo aveva mandato in tilt. Era stato sul
punto di scoppiare a piangere, ma Arsenio gli aveva messo una mano sulla sua,
gli aveva sorriso e gli aveva detto che tutti sbagliano e non doveva
scoraggiarsi. L’unico a cui Arsenio non
sta simpatico è Simone: sperava di diventare lui capufficio ed invece hanno promesso Arsenio e lui è rimasto vice.
Così adesso Arsenio ha cambiato ufficio e piano e Tommaso si è ritrovato a
dipendere da Simone, il che non è proprio il massimo. Per fortuna ormai
Tommaso ha imparato e di rado commette errori: Simone non perde occasioni per
farli notare a lui e soprattutto al capufficio. Tommaso è pronto. Scende,
prende l’auto in garage e raggiunge il ristorante dove si festeggia. Da fuori si vedono tre
Babbi Natale. Si vede che alcuni hanno deciso di affittare un costume. Quando
entra, Gino lo saluta e gli passa un cappello natalizio. - Questo almeno te lo
metti, altrimenti non ti siedi a tavola. Tommaso obbedisce. Sono in sei in tutto, ma
la tavola è riservata per undici. Non sono in molti ad avere aderito a questa
festa. Le uniche due donne hanno dato forfait quando hanno scoperto che ci
sarebbero stati solo colleghi maschi. Anche Tommaso
è stato sul punto di rinunciare, ma quando ha visto che dopo di lui aveva
aderito anche Arsenio, ha cambiato idea. Arsenio non c’è ancora. È ora di sedersi a tavola.
Tommaso aspetta, spera che arrivi Arsenio, vorrebbe stare vicino a lui. Hanno
conservato ottimi rapporti, anche se lavorano su due piani diversi e si
vedono molto di meno. Alla fine Tommaso deve scegliere un posto: la cena sta
per incominciare. Tommaso si accorge, sgomento, che gli unici due posti
liberi sono alle due estremità opposte del tavolo. Non potrà scambiare una
parola con Arsenio per tutta la serata, se non alzandosi. Sì, davvero non è
serata. Arsenio arriva poco dopo,
scusandosi: l’auto non gli è partita, in metropolitana e poi in autobus ci ha
messo una vita ad arrivare. A colpire Tommaso è
l’abbigliamento di Arsenio: è vestito da Babbo Natale, tutto in rosso, con i
bordi bianchi. Ha perfino un barbone finto che nasconde la sua barba grigia.
Quando Arsenio gli passa vicino per andare a sedersi, Tommaso gli dice: - Questa poi… come Babbo Natale non ti avevo
mai visto… - Si era detto di vestirsi
da Babbo Natale e io ho eseguito. - Dove l’hai preso il
costume? - L’ho comprato alcuni
anni fa, ho fatto da Babbo Natale per i miei nipotini tante volte, prima che
mio fratello si trasferisse. Tommaso sa che Arsenio ha
perso i genitori a vent’anni. È stato lui ad
occuparsi del fratello minore e a pagargli gli studi. Il fratello ha sposato
un’americana e due anni fa hanno deciso di stabilirsi a Boston. Per Arsenio è
stato un brutto colpo: è molto affezionato al fratello, alla cognata e ai due
nipotini, ma adesso li vede al massimo una volta l’anno. Si è ritrovato molto
solo. Arsenio sorride e
aggiunge: - Se con questa crisi mi
mandano a spasso, posso sempre andare a fare il Babbo Natale. - Sai com’è, Arsenio, è il
classico lavoro precario: per un mese o due ti spacchi la schiena e poi ti
mollano un calcio in culo ed è finita. - No, a gennaio posso
mettermi a fare la Befana e a marzo o aprile il coniglio pasquale. Interviene Raul: - E a novembre puoi fare
il tacchino per il giorno del ringraziamento… Arsenio ride e raggiunge
l’unico altro posto libero. Tommaso ha di fianco Gianni e davanti Raul, che
danno subito vita ad un’accesa discussione su Inter
e Milan: sono tifosi sfegatati e già alla fine dell’antipasto la controversia
sta trasformandosi in un litigio piuttosto aspro. Tutti e due cercano di
coinvolgere Tommaso, chiamandolo a testimone che quel goal è stato rubato,
che l’arbitro avrebbe dovuto fischiare il rigore, che…
A Tommaso non importa nulla del calcio. Si guarda sconsolato intorno e
incrocia il ghigno di Osvaldo, seduto dall’altro lato del tavolo, di fianco a
Raul. Osvaldo lo aggancia. Lui ha altri argomenti da proporre. Parte dal fatto che le colleghe non sono
venute. - Peccato, perché la Massotti ha proprio un bel culo. Ma avrei voluto che
venisse la Brambilla: che tette, quella! L’interesse di Tommaso per
le donne e la loro carrozzeria è pari a quello che
prova per il calcio. Diciamo che almeno una partita di calcio potrebbe
vederla: gli uomini in pantaloncini non sono male, se alla fine si sfilano le
maglie è ancora meglio ed il terzo tempo sarebbe
accettabile. Comunque preferirebbe il rugby: quelli dell’Oderzo
l’ultima partita dell’anno la giocano nudi! Tommaso spera solo che la
cena finisca presto. Il suo contributo alla conversazione si limita a sì, no,
certo, forse, se lo dici tu. Quando in tavola arriva il secondo, Osvaldo è
riuscito a coinvolgere Raul e Gianni nella sua discussione (più che discussione, con Tommaso era un monologo): adesso si tratta
di dare i voti alle colleghe. Tot punti per le tette, tot
per il culo, tot per la faccia, tot per la scopabilità
(supposta o conclamata): vediamo chi raggiunge il punteggio più alto. Premio:
una notte con il maschio migliore della serata. Chi è? Qualcuno dice che è
Tommaso, che in effetti è gran un bel ragazzo. Raul
gli chiede che cosa farebbe lui alla Verzé (secondo
Raul ha vinto, grazie ad un alto punteggio di scopabilità
e di culo; Osvaldo sostiene ancora la Brambilla: bassa scopabilità, ma tette da
10 e lode). Tommaso risponde in modo evasivo, mentre alcuni colleghi dicono
che cosa farebbero loro alla Verzé o alla Brambilla
(o a entrambe: Giuseppe se le prenderebbe tutte e due
insieme), con grande dovizia di particolari. Tommaso guarda sconsolato
il bicchiere e si dice che l’assenza delle colleghe alla cena di questa sera
è un punto a favore del genere femminile, come pure il fatto che questi suoi
colleghi non abbiano trovato moglie o siano stati
lasciati dalla consorte. Il fatto che invece lui sia lì, non depone a favore
della sua intelligenza, ma di certo non lo beccano mai più. Ogni tanto
sbircia Arsenio, ma è all’altra estremità del tavolo, sul suo stesso lato,
per cui non lo vede. E dire che sperava di passare la serata al suo fianco!
Merda! Il tono delle voci sta
salendo. Tutti stanno bevendo troppo, si chiamano da un lato all’altro,
urlano. L’atmosfera diventa presto pesante: c’è poco di natalizio nella
baldoria della serata, come c’è poca autentica allegria nel fuoco di fila di
battute gridate. Tommaso si annoia a morte. Arsenio sembra aver bevuto
troppo. Si è tolto la barba dal mento e se l’è messa
sulla schiena. A un certo punto mette le braccia sulla tovaglia, ci appoggia
la testa sopra e sembra addormentarsi. Gli altri ridono, ma presto non ci fanno
più caso, troppo occupati a raccontare l’ultima o a
fare allusioni pesanti. Infine l’allegria si
smorza, la baldoria si spegne. Tutti sembrano essere un po’ sbronzi e tristi.
Tommaso si ripete che non parteciperà mai più a una cena del genere. Ma non
ne faranno un’altra, nessuno sembra essersi divertito davvero. È il momento di pagare.
Tommaso si alza volentieri: non vede l’ora di tornare a casa sua. La serata è
stata la degna conclusione di una giornata tutta sbagliata. Tommaso si
avvicina ad Arsenio e lo sveglia, dicendogli che bisogna pagare. Arsenio
solleva appena la testa. Ha lo sguardo annebbiato e pare non capire, ma
quando Tommaso ripete, tira fuori il portafogli e poi si rimette a dormire.
Tommaso prende i soldi per pagare la quota di
Arsenio e poi paga la propria. A quel punto bisogna
svegliare di nuovo Arsenio per farlo uscire. Gli altri sono impazienti.
Tommaso dice di non preoccuparsi, ci penserà lui. Magari farà un giro più
lungo e lo accompagnerà alla fermata della metropolitana: Arsenio non sembra
davvero nelle condizioni di prendere un autobus. Gli altri se ne vanno.
Stanno pensando di finire la serata in qualche locale. Osvaldo ne ha proposto
uno dove fanno la lap-dance. - Arsenio. Arsenio.
Arsenio! Tommaso scuote Arsenio per
il braccio, ma c’è poco da fare: nessun risultato. Lo strattona un po’ e
infine, gemendo, Arsenio apre gli occhi e lo fissa, con lo sguardo
annebbiato. - Che cazzo c’è? La voce è quella di un
registratore con le pile scariche. - Arsenio, dobbiamo andare
a casa. Tra un po’ chiudono. Non è così tardi, in
realtà, ma di sicuro non intendono ospitarli per la notte. Arsenio scuote un po’ la
testa. - Su, ti aiuto ad alzarti. Tommaso cerca di sollevare
Arsenio. Questi si alza, ma non si regge in piedi e
Tommaso è costretto a farlo sedere di nuovo, per evitare un crollo. - Oh, cazzo! La ciliegina sul gelato!
Ci mancava solo questa! Se si trattasse di qualcun altro, Tommaso non si
preoccuperebbe troppo: chiamerebbe un taxi, darebbe all’autista l’indirizzo
di casa del collega e lascerebbe che se la sbrogliasse da solo. Ma mollare
così Arsenio, che non sembra neanche in grado di reggersi in piedi e non ha
nessuno che lo aspetti a casa, che possa dargli una mano…
Tommaso non se la sente proprio. Riaccompagnarlo? Dall’altra parte di Milano,
in un quartiere che Tommaso non conosce, proprio questa sera? No, la cosa più
sensata è che se lo porti a casa propria e lo metta a dormire. Domani
mattina, smaltita la sbornia, se ne tornerà per
conto proprio. Magari potranno parlare un po’, prima che Arsenio se ne vada. Tommaso solleva Arsenio,
che sembra ridestarsi, almeno in una certa misura. - Su, da bravo, Arsenio, ti accompagno a casa
mia, così dormi e domani mattina ti è passata. Arsenio sorride, singhiozza
e muove le gambe. Il tragitto fino all’auto si rivela assai meno faticoso del
previsto. L’aria pungente della serata sembra aver risvegliato Arsenio, che
si appoggia su Tommaso, ma non è un peso morto. Tommaso si chiede se non
chiamare davvero un taxi, ma non ha senso. Non è un problema se Arsenio dorme
una notte da lui. Non è un problema? No, ma è una faccenda che un po’ lo
inquieta. Tommaso lo sa benissimo, ma fa finta di niente. In auto Arsenio si
riaddormenta contro la portiera, ma quando arrivano, si sveglia e, sia pure a
fatica, scende dall’auto. Tommaso lo guida fino al portone di casa e poi
sull’ascensore. Qui Arsenio si appoggia
alla parete e si mette a dormire. A Tommaso sfugge: - Oh, cazzo! Ma arrivati al quarto
piano, Tommaso riesce a svegliarlo e a portarlo fin nel suo appartamento.
Arsenio grugnisce: - Devo pisciare. Dov’è il
cesso? Tommaso lo accompagna fino
alla porta del bagno. Vorrebbe lasciarlo entrare da solo,
ma Arsenio non sta in piedi e poi rischia di allagare il pavimento o di
bagnarsi i pantaloni. Lo trascina fin davanti
alla tazza. Fa per staccarsi, ma Arsenio quasi gli crolla addosso. Lo
sostiene. Arsenio grugnisce e si abbassa i pantaloni ed i boxer, rossi pure quelli, fino a
metà coscia. Tommaso vorrebbe guardare da un’altra parte, ma lo spettacolo
che si offre ai suoi occhi è troppo allettante. Ha spesso desiderato di
vedere Arsenio nudo e ora può vedergli l’uccello.
Tommaso lo fissa, tanto Arsenio è ubriaco e non se ne accorgerà neanche. È un
bell’uccello, un vero Signor Cazzo, grosso, non completamente a riposo, con
una vena in rilievo ben visibile sotto la pelle. - Bello, vero? Tommaso sussulta. Cerca di
fare l’indifferente. - E muoviti a pisciare.
Vuoi mica farmi stare qui tutta la sera? Arsenio ridacchia e
incomincia a pisciare. Tommaso tira indietro la pancia: gli sta diventando
duro. Però, mentre guarda il getto di piscio che scende, si dice che tutto
sommato lo spettacolo vale la serata. Arsenio ha finito. Sorride, un sorriso beato, e poi chiude gli occhi. Cadrebbe
lungo disteso se Tommaso non lo sostenesse. Tommaso si china, continuando a
sostenere Arsenio, e gli tira su i pantaloni: manovra non facile da eseguire.
Facendolo ha modo di ammirare da vicino il culo di Arsenio, coperto da una
peluria scura. Tommaso vorrebbe accarezzarlo, ma non può: anche se è ubriaco,
Arsenio se ne accorgerebbe. Poi Tommaso guida l’amico
fino al letto e lo aiuta a stendersi. Fatto questo, tira un sospiro di
sollievo e va in bagno anche lui. Sul letto Arsenio sembra
dormire. Tommaso lo guarda. Ha ancora il berretto, tutto di traverso, la
barba dietro la schiena, che sporge un po’, la giacca rossa con il bordo
bianco e i pantaloni rossi. È un bel Babbo Natale, non grosso come di solito
viene raffigurato, ma con un po’ di pancia. A Tommaso piace un casino. Tommaso si chiede che
fare, adesso. Spostare Arsenio, in modo da potersi stendere di lato? O
spogliarlo e metterlo sotto le coperte? Sarebbe più sensata la seconda scelta
e, dopo un momento di esitazione, Tommaso si mette al lavoro. Toglie la barba e il
cappello. Sfila gli stivali. Adesso esita un po’, ma lasciarlo con la giacca
e i pantaloni, non ha senso. Sbottona la giacca, poi cerca di farla scivolare
via, ma non è per niente facile. Due volte Arsenio emette
qualche verso, un borbottio, ma non collabora. E come potrebbe, in queste
condizioni? Infine Tommaso riesce nel suo intento. Ora Arsenio è in camicia e
pantaloni. Tommaso storce le labbra e
incomincia ad abbassare i pantaloni. Ha appena incominciato, che Arsenio si
sveglia di colpo e lo guarda incazzato. - Che cazzo stai facendo? Tommaso arrossisce. Sta
solo cercando di spogliare Arsenio perché possa dormire comodo, ma si sente a
disagio. Arsenio ghigna: - Vuoi portarmi a letto,
eh, troietta in calore? - Ma Arsenio, che cosa dici… io Arsenio deve avere la
sbronza cattiva. Lo afferra per la maglia e gli sibila: - Vuoi una scopata, eh? Te
ne approfitti perché ho alzato il gomito, eh? - Lasciami,
Arsenio, sei ubriaco. Ma Arsenio non molla la presa.
Tommaso cerca di allontanare le mani e finiscono tutti e due distesi sul
letto, lottando. Tommaso non capisce che cosa sta succedendo. Arsenio non lo
molla, lo ha avvinghiato. Tommaso cerca di staccarsi, ma il contatto con il
corpo di Arsenio ha un effetto immediato su di lui. Il desiderio si accende e
l’uccello si tende allo spasimo. Arsenio è sopra di lui e a un certo punto la
sua mano scivola sul rigonfio dei pantaloni di Tommaso. - E questo
cos’è, eh, troietta? Hai visto che ho bevuto
troppo e conti di poter fare i tuoi porci comodi… Le parole di Arsenio sono
un pugno nello stomaco. - No, Arsenio, no. Non
potrei mai farlo. Arsenio gli fa il verso: - No, Arsenio, no… non potrei mai farlo… però ce l’ho duro e
l’avrei fatto comunque. La verità sfugge dalla
bocca di Tommaso, parole che non riesce a fermare, come non può arrestare le lacrime che gli stanno spuntando: - No, non potrei farlo, Arsenio… Arsenio, io ti amo. Arsenio si immobilizza.
Uno strano sorriso gli compare sulle labbra, poi
Arsenio avvicina la sua bocca a quella di Tommaso e lo bacia. La lingua di
Arsenio entra nella bocca di Tommaso e le mani di Arsenio accarezzano il
corpo steso sotto il suo. Poi Arsenio si stacca e
dice: - Ricordatelo, stronzetto, che l'hai detto tu per primo a
me! E poi lo bacia di nuovo. Tommaso non capisce, ma
che cosa c’è da capire? Arsenio lo sta baciando, le sue mani lo stanno accarezzando (e mica solo: lo stanno pure
spogliando), la serata disastrosa si sta trasformando nella realizzazione di
un sogno, del più bello dei suoi sogni, e che importanza ha se Arsenio è
ubriaco e non sa quello che fa? Adesso Tommaso è felice, felice
di essere tra le braccia di Arsenio, di essere spogliato da Arsenio, di
baciare Arsenio. Felice e basta. Felice, ma non inoperoso:
anche le sue mani hanno incominciato a darsi da fare e c’è un gran movimento
di mani che accarezzano, slacciano, sfilano, mentre le bocche non vogliono
saperne di staccarsi. Il risultato è un groviglio di vestiti e di corpi che
emergono dagli abiti, senza essersene completamente liberati. Se si staccassero un minuto, completerebbero l’opera in quattro
e quattr’otto, ma nessuno dei due pare intenzionato a mollare l’altro nemmeno
per un secondo. Arsenio è un bell’orso,
peloso come piacciono a Tommaso, un po’ sovrappeso – ed anche questo va
benissimo a Tommaso. Tommaso è un bel ragazzo, un gran bel
ragazzo, come abbiamo già detto. E tutti e due paiono molto ansiosi di
conoscersi meglio. Le braccia di Arsenio avvolgono Tommaso, a cui pare di
galleggiare senza peso in un mare di felicità. Arsenio è ardente, lo sta
baciando dappertutto, ora, sulla bocca, sulla fronte, sulle guance, sulle
orecchie (lì c’è stata anche una leccata), sul collo, sui capezzoli (ahi! ha morso, ’sto fetente!),
sul torace, sull’ombelico, sul ventre, sulla cappella, sull’asta tesa, sui
coglioni. La bocca di Arsenio inghiotte la cappella, la succhia avidamente,
mentre Tommaso geme e le sue mani accarezzano i capelli di Arsenio (in realtà
gliene staccano anche qualcuno, ma sono tutti e due troppo presi per farci
caso). E di colpo le mani di Arsenio, che non sono state ferme un momento,
prendono Tommaso e lo voltano. “Ci siamo!”, pensa
Tommaso, che ha desiderato tante volte di essere preso da Arsenio. Ma è di
nuovo la bocca di Arsenio a lavorare, a baciare la nuca, a mordere la
schiena, ad azzannare il culo (cazzo! ma ha non ha
mangiato, a cena, Arsenio?), più e più volte e poi
la lingua, la lingua sul solco, la lingua contro il buco. Oh cazzo! Cazzo!
Cazzo! E infine, sì, anche il
cazzo si mette a lavorare e stuzzica un po’ l’apertura, ma si ritrae subito
(ma perché, accidenti?). Arsenio si stende su Tommaso, gli passa la lingua
dietro l’orecchio. - Il mio cazzo vuole
sapere se può portare un regalo di Natale al tuo bel culo. Tommaso ride. La sbronza di
Arsenio è passata da cattiva ad allegra. Che bello! - Digli che è sempre
benvenuto, purché sia un po’ delicato. - Conta su di lui, non è
come il padrone. E mentre lo dice, Arsenio
gli appioppa un morso alla spalla da staccargliela (sì, non deve proprio aver
mangiato). - Hai l’occorrente? A questo Tommaso non ha
proprio pensato, non aveva nessuna intenzione di scopare, lui, non sapeva
mica che Arsenio si sarebbe ubriacato (che bella invenzione il vino, però!),
per cui borbotta: - No, io… - Meno male che Babbo
Natale è ben fornito. Dalla tasca dei pantaloni
rossi di Arsenio emerge una confezione di preservativi. - Cazzo! Pensavi di
scopare questa sera?! - Ma che dici? Regalo di
Natale per i bambini un po’ più grandicelli… Guarda un po’! Arsenio
gira sempre ben provvisto. Tommaso è molto contento di questo. Lui lo usa
sempre, ma si rende conto che adesso, piuttosto che rinunciare, ne avrebbe
fatto a meno: un’emerita cazzata, lo sa benissimo, ma è un anno che è
innamorato di Arsenio, anche di più. - Mettimelo tu. Tommaso si gira, si
solleva, prende la scatola che Arsenio gli tende, ne estrae una bustina,
l’apre, getta a terra il contenitore vuoto e… - Cazzo! Gli è sfuggito: a vedere
quel bel pezzo di carne, succulento, con la grossa cappella scura, teso in
avanti, a pochi centimetri dalla sua faccia, è rimasto a bocca aperta. Ne
sente l’odore e lo prende un violento desiderio di gustarne il sapore. Arsenio ride. - Sì, hai indovinato, è un
cazzo. - Verifichiamo. E, senza perdere tempo,
Tommaso inghiotte la cappella ed un bel pezzo del
salsicciotto e si mette a succhiarlo avidamente. Poi lo accarezza con la
lingua, mentre le sue mani stringono il culo di Arsenio. È bello sentire
sotto le dita quella carne calda, accarezzare i peli. Arsenio gli sta accarezzando
la testa. - Basta! Altrimenti vengo. A malincuore Tommaso molla
la presa. Arsenio lo bacia sulla
bocca, la sua lingua ritorna a incontrare quella di Tommaso. Poi si ritrae.
Tommaso gli infila il preservativo, accarezzando il cazzo teso, con delicatezza,
poi la sua mano dà una strizzatina ai coglioni, facendo sussultare Arsenio
(questo pareggia i conti con i morsi). Arsenio lo volta, si stende su di lui,
lo bacia più volte sulla nuca, gli morde di nuovo la
spalle ed in quel momento scivola dentro di lui. Tommaso mugola di piacere.
Gli è sempre piaciuto prenderselo in culo e l’idea che è Arsenio a farlo lo fa impazzire. Arsenio prende a lavorare.
Procede lentamente e il piacere sale in Tommaso, sale dal culo infilzato da
quel magnifico spiedo, dalla pelle che le mani di Arsenio tormentano, accarezzano, stringono, dai morsi dei denti di Arsenio,
dal tocco della sua lingua. Tommaso geme, più volte,
mentre il piacere continua a salire. Arsenio procede senza interrompersi,
avanti e indietro, in un movimento inarrestabile. Il piacere si dilata,
cresce. C’è forse anche un po’ di dolore, ma serve soltanto per far
assaporare meglio il piacere. Tommaso vola, in alto,
sempre più in alto. Non saprebbe più dire dov’è, sa solo che Arsenio lo sta possedendo ed è felice. I movimenti di Arsenio
diventano più intensi ed una lunga serie di spinte
violente, queste sì, dolorose, dicono a Tommaso che il suo amico è venuto.
Arsenio è steso su di lui, Tommaso può sentirne il respiro affannoso, che
lentamente torna normale. Mormora: - Grazie. Arsenio gli sussurra: - Grazie a te. È stato
bellissimo. Vuoi prendermi tu o preferisci che ti faccia venire con la bocca? Tommaso vorrebbe fare
tutte e due le cose e magari anche una terza. Ma una scelta si impone. L’idea
di possedere quel bel culo peloso lo stuzzica alquanto. - A pancia in giù, che ti
rendo la pariglia. Arsenio esce da lui
(peccato!) e si stende, allargando le gambe. Per un attimo Tommaso si chiede
se ciò che sta facendo è giusto. Arsenio gli si offre perché ha bevuto
troppo, sta approfittando di lui. Poi però Tommaso guarda quel bel culo, lo
accarezza, e allora si dice che è uno scambio alla pari, anche se non crede
che riuscirà a dare ad Arsenio tutto il piacere che lui gli ha trasmesso. Tommaso prende un altro
preservativo. Si inumidisce due dita e le passa
intorno al buco, poi ne fa entrare uno. Ripete
l’operazione due volte ed infine avvicina la cappella all’apertura. Entra
dentro, delicatamente, ma va fino in fondo. Arsenio emette un grugnito. Tommaso spinge e di nuovo
ha la sensazione di volare, in alto, sempre più in alto.
Ma il piacere è troppo forte e diventa un’onda che lo travolge. Tommaso urla
il nome di Arsenio e, dopo una serie di spinte, si abbandona su di lui. Solo più tardi, con
fatica, abbandona il paradiso del culo di Arsenio, per trovarne un altro tra
le sue braccia. Scivolano nel sonno, ancora abbracciati. La luce del mattino
sveglia Tommaso. Il ricordo della sera prima appare
in un lampo. Tommaso si alza a sedere di scatto. Nel letto è da solo. Gli
abiti di Arsenio sono scomparsi. Ma non è stato un sogno, Tommaso lo sa
benissimo. Arsenio se n’è andato.
Senza nemmeno svegliarlo. Non gli importa nulla di lui. Ha scopato perché era
ubriaco, nient’altro. Quando si è svegliato, si è chiesto che cazzo ci faceva
lì e se n’è andato, senza neanche salutarlo. Ad Arsenio non gliene fotte un
cazzo di lui. Tommaso sprofonda
nell’angoscia. È un anno che ha capito di amare Arsenio, ma non ha mai avuto
il coraggio di dirglielo. Ieri sera è stato felice, ha realizzato il suo
sogno, e ora ritorna alla realtà. Magari martedì Arsenio lo ignorerà, non gli
rivolgerà la parola, forse lo insulterà perché se l’è portato a letto. Che
cosa ha pensato risvegliandosi nudo nel letto di Tommaso? La porta si spalanca e
Arsenio appare, con indosso solo un paio di boxer rossi ed
in mano un vassoio con una colazione per due. Dall’inferno al paradiso la
strada è breve: Tommaso la percorre in un attimo. - Arsenio! - Colazione per due, per
festeggiare! Tommaso scuote la testa. - Ho avuto paura che te ne
fossi andato. - Andarmene? Ci ho messo
una vita per arrivare fino qui! Me ne vado solo se mi sbatti via. Il cuore batte forte,
mentre Tommaso risponde: - Mi sa che allora ci
rimarrai per sempre. Arsenio sorride, sembra
felice. Posa il vassoio sul comodino e bacia Tommaso sulla bocca. Poi gli dice: - Scusami per ieri. - Scusarti? Meno male che
ti sei ubriacato. - Non ero ubriaco, per
niente. Ho solo bevuto quel tanto che mi serviva per darmi coraggio. - Come, non eri ubriaco? Tommaso non capisce.
Arsenio non si reggeva in piedi. Che cazzo vuole dire che non era ubriaco? - Tommaso, mi piaci, mi piaci da impazzire. O forse dovrei dirti che ti amo. Ma ho
vent’anni in più di te, non sono bello, mi sono sempre chiesto che cazzo
poteva trovarci un bel ragazzo come te in un vecchio orso come me. Ma non ce
la facevo più, ti desideravo da impazzire. E allora, ieri sera ho deciso che
ci avrei provato. Ho finto di essere ubriaco proprio perché tu mi portassi da
te o mi accompagnassi a casa mia. Contavo di metterti le mani addosso, con la
scusa di essere ubriaco. Tommaso scuote la testa, incredulo. E lui che per un anno lo ha amato senza dire
niente! In effetti a pensarci adesso, a mente
lucida, ieri sera da quando lui gli ha detto di amarlo, Arsenio non ha più
dato nessun segno di essere ubriaco o anche solo alticcio. Arsenio prosegue: - Se le cose fossero
andate storte, avrei dato la colpa all’ubriachezza
ed oggi avrei finto di non ricordarmi più niente. Sapevo che comunque non mi
avresti svergognato davanti agli altri. Ma tu hai detto di amarmi e allora… Arsenio sorride. - Ti amo,
Tommaso. Si baciano di nuovo. Le
brevi vacanze natalizie saranno incandescenti. E come regalo di Natale una
confezione gigante di preservativi sarà necessaria e
molto gradita, anche se finirà in fretta. 2011 |