Daddy

 

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Sulla soglia saluto Andrea, che sta uscendo con Mauro. Nessuno dei due ha l’aria molto contenta. Come si dice in giro, devono essere al capolinea. Andrea si ferma a scambiare due parole. Con me è sempre gentile, mi regala grandi sorrisi: direi che mi ha puntato la prima volta che mi ha visto, quasi due mesi fa. Adesso starà cercando un rimpiazzo? Se si tratta di qualche scopata, ben venga: una scopata non si nega a nessuno (va bene: quasi a nessuno, riconosco che talvolta mi nego, ma davvero di rado, faccio fatica a ricordare quando mi è capitato). Di più no, Andrea non fa per me. Dei due preferirei Mauro, di gran lunga.

Ci salutiamo ed io entro. Mentre imbocco il corridoio, lo vedo all’altra estremità. È una faccia del tutto nuova, ma questo non significa molto: sono a Torino da appena tre mesi e, anche se mi do molto da fare, di certo non conosco tutti.

‘Sto tizio mi piace, mi piace un casino. Dev’essere sui cinquanta, barba e capelli grigi, un po’ sovrappeso, ma alquanto muscoloso. Insomma: il mio tipo. A Milano gli amici mi prendevano per il culo per quella che chiamano “la mia passione per i vecchietti”: è vero, mi piacciono gli uomini che hanno parecchi anni in più di me. Ezio dice che sono alla ricerca del padre che non ho mai avuto. Forse, ma chissenefotte?

Non stacco gli occhi dal tipo, che intanto ha preso a fissarmi. Mi sorride. Ha un bel sorriso, dolce. Stiamo per incrociarci, ma lui si sposta leggermente, in modo da trovarsi esattamente di fronte a me, bloccandomi il passaggio. Si ferma quando i nostri corpi quasi si toccano.

Potrei evitarlo, ma mi fermo anch’io e gli sorrido.

- Devi proprio entrare? Conosco un posto molto più interessante in cui potremmo andare, tu ed io.

È diretto, non ci gira intorno. Questo mi piace.

- E quale sarebbe questo posto?

- Casa mia.

- Va bene, se tu dici che è interessante…

Ezio mi direbbe che sono pazzo. A casa di uno sconosciuto: potrebbe ammazzarmi (dopo avermi contattato in mezzo ad un sacco di gente?), violentarmi (perché dovrebbe prendere con la forza ciò che sono ben contento di offrirgli?), derubarmi (per quello che ho nel portafogli!), chiedermi cose folli (quali? C’è qualche cosa di folle che non ho provato? Se è così ditemelo subito, che voglio provarla). Ma io non mi pongo tanti problemi. Forse perché sono forte e quindi non un bersaglio facile. Forse perché mi fido del mio sesto senso nel giudicare le persone e di grosse sorprese non ne ho mai avute (di piccole sì, tantissime, non sempre piacevoli, lo riconosco).

Lui sorride di nuovo e lì, nel corridoio, mi prende la testa tra le mani e mi bacia sulla bocca. Cazzo! Questa non me l’aspettavo. È piacevolissimo. Questo tipo mi piace.

Poi si stacca e mi dice:

- Allora andiamo?

- Aspetta un attimo. Non mi sembra che sia venuto così bene.

Una scusa, ovviamente. Lo capisce anche lui, se non altro dal mio sorriso.

Adesso sono io che gli metto le mani sulle guance e lo bacio, spingendo pure la lingua tra i denti. Mai rimanere indietro.

È davvero piacevole.

Quando mi stacco, lui mi passa una mano dietro la schiena e mi fa voltare. Ci dirigiamo verso l’uscita e mi fa piacere sentire il suo braccio intorno alla vita. Camminiamo così, fino alla sua auto. Lui infila la chiave nella serratura dalla parte del passeggero e la fa scattare, poi mi spinge contro la portiera e mi bacia di nuovo, mentre il suo corpo preme sul mio. L’effetto è immediato. Si stacca un attimo e dice, ghignando:

- Ce la fai a reggere fino a casa mia?

- Dipende da dove abiti.

La mia è una battuta: tanto non è che possiamo scopare qui, in strada.

- Non così lontano. Sali.

Salgo. Lui entra in auto dall’altra parte, ma, prima di partire, mi bacia di nuovo. Insisto,sto tizio mi piace.

Mette in moto e dice:

- Mi chiamo Davide. Molti mi chiamano Daddy.

Daddy”, papà. Che cosa direbbe Ezio…

- Io sono Alessandro.

- Bene, Alessandro, non ero venuto a rimorchiare, ma quando ti ho visto, mi sono detto che nella vita bisogna essere flessibili.

- Io invece ero venuto per entrare all’Angolo del Cerchio, ma anch’io mi sono detto che bisogna essere flessibili.

Davide ride. Ha una bella risata. Mi piace. Temo di incominciare a essere ripetitivo, ma è così.

Casa sua è ai piedi della collina ed è una villa con giardino. Cazzo! Questa non me l’aspettavo. Né l’auto, né i vestiti di Daddy danno l’idea di uno molto ricco. Ma, anche se la villetta non sembra grande, villa e giardino in questa posizione valgono un casino.

Daddy apre il cancello con il telecomando e scendiamo la rampa che porta nel garage sotterraneo. Dal garage, alquanto spazioso (due posti auto e ne avanza: Daddy ha anche una grande moto e in effetti accanto alla Bravo su cui siamo c’è pure una Volvo – mi correggo sull’auto non lussuosa), entriamo direttamente in casa. Proprio direttamente no, prima ci scambiamo alcuni baci alquanto ardenti sul cofano dell’auto e poco ci manca che non lo facciamo qui. Ma Daddy si stacca e passiamo nella stanza accanto, una specie di tavernetta. Saliamo due piani di scale. Apre una porta su un corridoio buio e mi fa accomodare nella stanza a fianco. La camera è ampia, con un grande letto matrimoniale.

Daddy è alle mie spalle. Mi cinge con le braccia e i nostri corpi aderiscono. Mi bacia sul collo. Sono suo prigioniero e sto bene. È bello sentire il suo corpo contro il mio.

La lingua di Daddy mi passa dietro l’orecchio. Rido, stuzzicato da quella carezza lieve. Posso sentire il suo odore, in cui si mescolano un po’ di sudore e una leggera traccia di profumo. Sto bene così (sì, sono ripetitivo, lo riconosco). Gli accarezzo le mani, grosse mani forti, con una peluria scura. Rimarrei così, anche se so benissimo che quello che segue sarà meglio, molto meglio.

Una mano di Daddy scende sulla mia patta e stringe. Il cazzo, che si era rilassato un po’ in auto, si mette di nuovo sull’attenti. Mugolo e rovescio la testa all’indietro, sulla sua spalla. Cazzo, se sto bene così (per non ripetermi, evito di dire che so di ripetermi).

Le mani di Daddy incominciano a sbottonarmi la camicia, ma si fermano subito. Dopo tre bottoni una si è già infilata dentro e sta stuzzicando un capezzolo, poi scende ad accarezzarmi il ventre e risale. L’altra si accomoda al suo posto, sulla patta.

Non mi aspetto il morso al lobo dell’orecchio, ma è piacevole. Non c’è nulla che non sia piacevole in questo nostro stare qui, allacciati. Non ho fretta, lascio che sia lui a condurre il gioco. Lo sa fare.

Ed ora le sue mani stanno aprendo la fibbia della cintura e poi completano l’opera con la cerniera lampo, per cui mi trovo in jock-strap, i pantaloni a terra. Lui si china e sento la sua lingua scivolare sul solco. Gemo, forte. Non mi aspettavo neanche questo.

Né i due morsi, forti, alla natica destra, e poi di nuovo lo scorrere della lingua, mentre le sue mani riposano sulle cosce. Chiudo gli occhi. Ci sa fare, cazzo se ci sa fare. Lavora a lungo con la lingua ed io mugolo, mentre il cazzo mi si tende. Ogni tanto si stacca e morde.

Di colpo, mi ritrovo le sue mani davanti, i jock strap scivolano a raggiungere i pantaloni. Una mano stringe con delicatezza i coglioni, l’altra mi accarezza il cazzo. E la lingua continua a scivolare lungo il solco ed ora preme contro il buco.

Poi Daddy si alza ed io mi sento abbandonato. Passa davanti a me. Mi bacia sulle labbra. Si stacca, sorride e lentamente riprende a sbottonarmi la camicia.

- Sono sudato. Vuoi che mi faccia la doccia?

Sorrido.

- No, va bene così.

È vero. Mi piace il suo odore di sudore. Aggiungo, sorridendo, per dare il giusto senso alla frase:

- Mi piacciono i maiali.

Il sorriso di Daddy si allarga.

- Allora ti piaccio senz’altro. Porco con certificato di autenticità. Suino DOP.

Gli rispondo con la mia vecchia battuta:

- Io sono un porco solo al 50%.

- Soltanto 50%? Peccato.

- Per l’altro 50% sono una troia.

Daddy scoppia a ridere.

- Credo che ci intenderemo benissimo.

Lo penso anch’io.

Daddy ha finito di sbottonarmi la camicia, mentre io ho provveduto a sfilare le scarpe ed a liberarmi dei pantaloni e dei jock-strap. Io sono nudo come mamma mi ha fatto, lui è ancora vestito. Bisogna pareggiare i conti.

Lo bacio di nuovo, perché mi piace baciarlo. Gli accarezzo la barba e poi incomincio a sbottonargli la camicia. Lui fa volare via le scarpe.

È abbastanza villoso, senza essere un gorilla. Io gli passo le mani sul torace e poi sul ventre. Fa anche lui palestra, come me: si vede immediatamente.

Daddy lascia che io finisca di spogliarlo. Quando gli calo gli slip, rimango un momento senza fiato.

Ce l’ho grosso, decisamente. Quando, ai tempi del liceo, si facevano i soliti confronti idioti, uscivo sempre vincitore alla grande. È gradevole quando qualcuno mi guarda senza vestiti ed emette un fischio di apprezzamento, mi è capitato ancora recentemente in palestra.

Questa volta però sono io che fischio. Dotazione da cavallo. Non più a riposo, ma neanche ancora teso del tutto. Può ancora crescere.

Daddy sorride e dice:

- Devo pisciare. Vado in bagno?

La sua domanda è chiarissima. Mi inginocchio davanti a lui e prendo in bocca il suo voluminoso arnese. Anche la mia risposta è chiarissima. Mi piace bere il piscio. Daddy incomincia ed io assaporo il getto. Lo bevo tutto. E poi pulisco bene, per cui il cazzo di Daddy riprende a crescere.

Lo tengo in bocca, lo accarezzo con la lingua e con le labbra, lo succhio, lo mordicchio con molta delicatezza. È un signor cazzo, uno di quelli che sono l’alfa e l’omega, come diceva il mio professore di greco (lui non lo diceva dei cazzi, ma questo è irrilevante).

Daddy mi accarezza i capelli e la dolcezza della sua carezza mi piace.

Il cazzo si riempie di sangue e ormai in bocca riesco a tenerne solo un pezzo, nonostante tutti i miei sforzi.

Daddy mi forza a sollevarmi (mi spiace lasciare il suo cazzo regale, ma so che prima di domani avrò avuto modo di gustarlo ancora).

Daddy mi fa stendere sul letto, sul bordo, poi mi solleva le gambe e se le mette sulle spalle. Non so come, nella sua mano è apparso un preservativo. Guardo mentre se lo mette. Dev’essere di misura extra-large. Per un attimo mi chiedo se ce la farò: l’esperienza è una buona cosa, l’allenamento pure, ma c’è un limite a tutto. Daddy però ha tirato fuori anche una crema lubrificante (un uomo attrezzato, in tutti i sensi!) e se la mette sull’indice, che poi mi infila in culo. Mugolo sentendo l’indice che entra e accarezza. Lo fa tre volte ed io non ce la faccio più: quest’uomo è una bomba, dovrebbero arrestarlo, metterlo in prigione e buttare via la chiave. Ovviamente dopo avermi rinchiuso con lui.

Per fortuna adesso quella che preme contro il buco del mio culo è la sua mazza ferrata, che lentamente si fa strada. Nonostante il lubrificante, mi fa male, non poco, ma è anche una delizia: nessun maschio mi ha mai riempito il culo così. Mi piace guardare Daddy mentre mi entra dentro. Lui mi sorride, mi accarezza, mi tormenta i capezzoli, mi dice parole sconce. Mi piace un casino (sulle ripetizioni, vedi sopra). Man mano che avanza, il dolore aumenta e ad un certo punto gemo più forte. Daddy si ferma. Non si tira indietro, ma mi accarezza. Lentamente il mio culo si abitua a questo ospite. Io gli dico:

- Ancora, fino in fondo.

So che mi farà male, ma voglio sentirlo tutto. Sono un po’ (parecchio) masochista, oltre che sadico.

Daddy sorride e spinge con maggiore decisione. Urlo, un urlo di dolore e di piacere. Daddy mi guarda, serio. Si ritira quasi completamente, lasciandomi respirare per un attimo, e poi spinge fino in fondo. Urlo di nuovo. Daddy questa volta esce completamente e poi mi infilza. Sento il suo palo che si fa strada senza pietà ed ancora grido. Daddy prosegue così, ritraendosi e poi avanzando ed io sento un dolore intollerabile e un piacere incontenibile. Le mani di Daddy mi passano sul viso, mi schiacciano, mi accarezzano, mi schiaffeggiano. Sono pesanti, le mani di Daddy, sono grandi, sono forti e non hanno pietà. Ansimo, in un delirio di sofferenza e di piacere che mi squassa. Mi pare non aver mai sofferto e goduto tanto. Urlo senza ritegno e le mie grida sembrano destare nuova violenza in Daddy, le sue mani diventano più pesanti, il suo cazzo spinge più in fondo. Io sprofondo in un gorgo. Le spinte di Daddy diventano più violente, il dolore intollerabile, ma una mano di Daddy mi stringe i coglioni e l’altra mi accarezza il cazzo. Sento un’esplosione di piacere, un delirio incontenibile. Urlo ancora e vengo, spargendo il mio seme sul ventre e sul torace. Daddy lo raccoglie con la mano e mi fa leccare le sue dita, il palmo. Sento il gusto del mio sborro, del suo sudore, i due odori che si mescolano.

Chiudo gli occhi. Mi sembra di galleggiare nel vuoto. Daddy esce da me e si abbatte sul mio corpo, schiacciandolo. Mi bacia sulla bocca.

Sono esausto, ansimante.

Daddy scivola di lato, ma la sua destra mi stringe i coglioni, senza delicatezza. Chiudo gli occhi. Ezio ha ragione: può essere pericoloso accettare un invito a casa da un perfetto sconosciuto.

Quando incomincio a calmarmi, Daddy mi dice:

- Ti va uno spuntino, prima di una seconda tornata?

In effetti, l’attività mi ha messo appetito.

Usciamo dalla camera. Daddy accende la luce. La casa è più grande di quanto mi era sembrata: probabilmente l'ingresso al garage è su un lato, per cui arrivando mi è apparsa più stretta. Ci sono sei o sette porte nel corridoio qui sopra e questo è solo uno dei due piani, in più c'è il sotterraneo con il garage e la tavernetta.

La cucina, al piano terreno, è molto ampia: non dico che ci stia tutto il monolocale dove vivo, ma poco ci manca. Il frigorifero di Daddy è fornito di ogni ben di Dio, Lo spuntino, a base di prosciutto crudo e robiola fresca, con un buon pane di giornata (quello non era in frigo, ma avvolto nella tela in un cassetto) è eccellente. Daddy si tratta bene. Tira fuori anche i grissini, avvolge una fetta di prosciutto intorno ad uno, poi incomincia a stuzzicarmi, avvicinandolo alla bocca e tirandolo indietro. Alla fine riesco ad addentarlo ed a staccarne un pezzo. Sono sazio di cibo, ma si sta risvegliando un’altra fame. Daddy mette via e mi chiede:

- Ti piace il gelato?

Io annuisco. Sono sazio, ma il gelato ci sta sempre. Mi sa che quando avrò l’età di Daddy sarò anch’io sovrappeso, anche se continuerò ad andare in palestra.

Daddy tira fuori il gelato. Non è un gelato confezionato. È una vaschetta e ci scommetto la testa che dev’essere di uno dei migliori gelatai di Torino (dove, devo dire, l’arte del gelato è davvero un’arte: in questi tre mesi ho avuto modo di verificarlo).

- E i mirtilli?

Credo che scoppierò. Certo che mi piacciono i mirtilli.

- Sì, molto.

Daddy estrae dal frigo una vaschetta di mirtilli. Li lava con cura, li asciuga con carta da cucina. Poi con un aggeggio prende due palle di gelato, le posa su un piatto e ripone il resto.

Si mette a sedere sul tavolo. Poi si stende, a pancia in giù. Mi sorride.

Non so bene che cosa si aspetta da me, anche se lo intuisco. Gli metto le due palle di gelato sulla schiena. Rabbrividisce. Sono ancora freddissime, congelate, ma a contatto con la sua pelle si scalderanno in fretta. Poi ci verso su un po’ di mirtilli. E, quando vedo che il gelato si sta sciogliendo, incomincio a mangiare, direttamente con la bocca. Sì, lo so, si dovrebbero usare le posate o almeno le mani, ma le posate non ci sono ed una mano è occupata (il dito medio della destra si sta infilando nel culo di Daddy, che ha un grugnito di apprezzamento) e poi provate voi a raccogliere con le dita un gelato che si scioglie.

Alla fine lecco bene (lo so, non si lecca il piatto, ma la schiena di Daddy non è un piatto). Sono rimasti alcuni mirtilli e ce li dividiamo. Poi ci baciamo, con la lingua viola.

Adesso ho anch’io voglia di pisciare. Lo dico a Daddy.

Daddy sorride e dice:

- Torniamo sopra.

Daddy si dirige al bagno e per un momento penso che intenda farmi pisciare nel cesso (che delusione!). Ma Daddy apre la porta della cabina doccia, dove ci stanno tranquillamente sei persone. Richiude la porta e si inginocchia davanti a me.

- Fammi una bella doccia, visto che prima non mi sono lavato.

Rido. Incomincio a pisciargli addosso. Mi offre prima i capelli, poi la faccia e lascia che il piscio gli scorra sul resto del corpo. Solo alla fine apre la bocca e beve. Poi mi afferra e mi fa scivolare su di lui. Ora siamo distesi tutti e due sul piatto della doccia (ci stiamo pure comodi) e riprendiamo il nostro gioco. Daddy è disteso sotto ed il cazzo gli sta diventando duro. Il mio è già teso allo spasimo.

Daddy mi indica il portasapone, dove c’è l’occorrente per procedere con sicurezza: sì, Daddy tiene i preservativi anche nella doccia. È uno molto previdente. Secondo me ne ha anche in cucina. Ma verificheremo dopo (spero).

Daddy è disteso sulla schiena, il cazzo duro ed io gli infilo il preservativo. Poi mi siedo su di lui. Sento il suo cazzo tra le cosce, ci premo sopra con il culo. Poi lo sollevo e, lentamente, mi impalo.

Non è facile. Daddy incomincia a parlare. Racconta di Alessandro, corsaro lombardo, che viene impalato dai Turchi. È una cosa strana, non mi era mai successa. Chiudo gli occhi e mi pare che il cazzo di Daddy sia davvero un palo. Daddy racconta della folla che grida oscenità al prigioniero cristiano, del boia dal grosso cazzo che forza il corpo di Alessandro ad infilzarsi sul palo. Ed io assaporo il dolore e il piacere di questo palo che nuovamente mi entra dentro, squassandomi. Daddy rimane immobile. Di lui esiste la voce, che racconta del palo che trapassa il corpo del prigioniero. Esiste l’odore, piscio e sudore, che sale alle mie narici e mi inebria. Esiste il calore del corpo su cui siedo. Esiste il palo, atroce e splendido, su cui penso che davvero potrei morire.

Arrivo infine in fondo e come prima il dolore è tanto violento da essere quasi intollerabile. Decido di sollevarmi un po’, ma le mani di Daddy mi bloccano i polsi, mentre la sua voce esalta il martirio del corsaro lombardo. Deliro, prigioniero di Daddy, impalato dal suo cazzo, rassegnato al destino. Daddy mi prende le natiche e mi solleva, poi mi trascina a fondo ed io urlo di nuovo. “Il cane cristiano urla, mentre la folla ride.” È un delirio, privo di senso, ma come prima la sensazione è di non aver mai avvertito una tensione così forte.

Daddy muove leggermente il culo ed io gemo. L’ondata di piacere è tanto forte, che mi stordisce. Barcollo. Le mani di Daddy mi sostengono, mentre nuovamente spando il seme, su di lui, questa volta. Spinge ancora, mentre la sua voce racconta del cadavere che sprofonda sul palo, e poi viene anche lui, con un grugnito sordo.

Non sono in grado di rimanere seduto. Lascio che Daddy mi aiuti a stendermi su di lui.

Riemergo lentamente, molto lentamente, dal delirio in cui sono sprofondato. Daddy mi bacia, mi accarezza. Ora le sue mani sono delicate, leggere.

Ricambio i suoi baci, le sue carezze.

Gli chiedo come cazzo gli è venuta l’idea di descrivere un impalamento mentre mi infilzava. L’ha presa da un romanzo. Immagino il genere di romanzo. Devo farmelo prestare. Amo la buona letteratura.

Poi Daddy dice:

- Adesso ce la facciamo per davvero la doccia?

Annuisco. Ci alziamo. Daddy apre il getto e mi mette sotto. È lui ad insaponarmi ed a lavarmi, con una cura ed una dolcezza che mi sgomentano.

Ci sono, naturalmente, due accappatoi: uno ha una D ricamata, l’altro non ha nulla. Daddy non lascia niente al caso.

- Allora, ci mettiamo a dormire per recuperare energie per domani mattina?

- Sì, è una buona idea.

Torniamo in camera da letto. Ci mettiamo sotto le coperte.

- Ti va se dormiamo abbracciati o preferisci stare per conto tuo?

- Dormiamo abbracciati.

Daddy mi avviluppa nelle sue braccia.

 

È bello svegliarsi tra le braccia di Daddy dopo una notte come quella che abbiamo trascorso, con una sensazione di appagamento. Mi piace rimanere tra queste braccia forti, mentre guardo filtrare dalle imposte la luce del mattino (mattino? Guardo l'ora alla sveglia di Daddy. Sì, ancora mattino, ma non per molto: è quasi mezzogiorno). Ed è bello riprendere le attività della sera (notte) precedente (sì, lo so, ho parlato di appagamento, ero appagato dieci minuti fa, ma adesso, sarà che il cazzo di Daddy preme contro il mio culo, sarà che comunque dobbiamo pisciare, per cui o ci alziamo o beviamo tutti e due qualche cosa senza alzarci - scegliamo la seconda ipotesi - adesso non mi sento più così appagato). Sento il bisogno di ripassare quanto abbiamo fatto, approfondire qualche punto ed esplorare nuovi territori: in questo caso il culo di Daddy, un signor culo, grosso, muscoloso, piuttosto peloso. Insomma il mio culo ideale.

E allora bisogna darsi da fare, senza tirarsi indietro di fronte alla fatica, utilizzando tutti gli strumenti a disposizione: denti da affondare, mordicchiando leggermente o mordendo decisi; lingua per accarezzare e sentire la diversa consistenza della pelle e del pelame; naso per cogliere i diversi odori; labbra per schioccare qualche bacio (gli inquisitori dicevano che nei sabba le streghe baciavano il culo del diavolo - a volte mi chiedo perché avessero queste fantasie...). E dopo aver giocato con tutti gli elementi a mia disposizione (con risultati apprezzabili: il concerto di sospiri, mugolii, esclamazioni di Daddy dimostra il suo pieno sostegno alla mia esplorazione – e poi dicono che in Italia non si incentiva la ricerca scientifica), è il momento di impadronirsi del preservativo e di utilizzare uno strumento diverso, in grado di penetrare in profondità. Lo strumento è pronto all’uso, diciamo pure un po’ impaziente.

Entro con dolcezza e mi piace sentire il calore e la resistenza della carne che sto forzando. Avanzo e mi ritraggo, più volte, mentre Daddy ha assunto un’aria beata. Gli mordo un orecchio, gli lecco le pieghe del collo, gli bacio la nuca, gli mollo pizzicotti al culo. E continuo ad avanzare ed arretrare.

Vado avanti per un po’, finché il piacere tracima e mi abbandono all’ondata che mi investe.

Io adesso sono sazio, però Daddy ha il cazzo teso che sembra un manico di scopa (anche come lunghezza ci si avvicina - d'accordo, sto esagerando, ma ieri sera quando me lo sentivo in culo, l'impressione era quella): non può certo muoversi per casa in queste condizioni, per cui, per pura bontà d'animo, decido di usare la bocca e la lingua per esplorare a fondo anche quest'altro territorio (lo ammetto: accanto alla bontà d'animo c'è anche l'impegno nella ricerca scientifica: avevo già esplorato, ma occorre proseguire con le indagini). Anche qui uso la lingua (Daddy geme), le labbra (Daddy sospira), i denti (Daddy protesta), il naso (Daddy mi accarezza la testa) e poi inghiotto quanto posso: certo, buona parte della preda rimane fuori, ma mi do da fare per impadronirmi il più possibile del territorio nemico.

Il risultato è una resa totale, con una fuga degli occupanti della fortezza, che si riversano fuori, ma sono inghiottiti tutti, senza pietà.

Dopo che ci siamo ripresi, Daddy dice:

- Per la colazione forse è tardi. Passiamo direttamente al pranzo?

A questo punto in effetti ho una fame da lupo e la proposta di Daddy di pranzare mi sembra molto interessante: lo spuntino notturno è stato ampiamente digerito, grazie all'intensa attività fisica.

Una rapida doccia (di acqua), interrotta da Daddy che mi spinge contro il muro e mi bacia come se volesse strapparmi l’anima, poi scendiamo le scale.

Daddy mi chiede se ho desideri o esigenze particolari. Io gli lascio carta bianca, ma lui mi descrive il menù, chiedendomi se mi va bene.

Daddy si mette ai fornelli. Si muove con sicurezza e non ho dubbi sulla qualità del pasto che mi aspetta. Ed in effetti, il pranzo non mi delude: il primo è una semplice pasta alla carbonara, ma non credo di averne mai mangiata una migliore; l'insalata mista è quanto mai appetitosa ed il piatto di formaggi che mi viene presentato è degno di un grande ristorante.

Dopo pranzo, Daddy infila i piatti nella lavastoviglie e mi guida in biblioteca, attraversando un vasto salone.

- Hai una casa enorme.

- In effetti ho tutto lo spazio che voglio.

Daddy ha un sacco di soldi, ma non è un problema: non devo mica viverci insieme. Non ho la mentalità del mantenuto e non mi metterei mai con uno molto più ricco di me (non che ci voglia molto ad essere più ricco di me). E per scopare ogni tanto (potendo scegliere, con Daddy preferirei scopare tanto ogni poco, anzi pochissimo), non è un problema se lui nuota nell'oro ed io devo fare attenzione a quello che spendo per non ritrovarmi in bolletta prima della fine del mese.

La biblioteca è ampia ed ha un caminetto, ma siamo a maggio, per cui non è proprio il caso di accendere il fuoco, anche se il cielo è grigio e noi due siamo nudi. Però scopare sui tappeti davanti al fuoco del camino non deve essere male.

Quando ci sediamo, Daddy dice:

- Non ti avevo mai visto prima. Vero è che non frequento molto l'ambiente, però se ci fossimo incontrati, di certo ti avrei notato. Non passi inosservato.

Sorrido per il complimento implicito nella frase.

- Sono a Torino soltanto da tre mesi. Mi sono trasferito per lavoro.

Ho finalmente trovato un lavoro che potrebbe diventare stabile: a ventott'anni non è troppo presto, anche se ci sono parecchi miei coetanei messi peggio di me.

- Che lavoro fai?

- Programmatore. Lavoro in una compagnia di assicurazioni.

Gli dico il nome. Lui annuisce.

- È una grande azienda, solida.

- E tu che lavoro fai?

- Sono avvocato.

Parliamo un po' dei nostri lavori, poi Daddy chiede:

- Dove vivi? Se non sono indiscreto.

- Ho affittato un monolocale ammobiliato a Santa Rita.

Daddy annuisce.

- Di sicuro ti costa un occhio della testa ed hai appena lo spazio per girarti.

Rido:

- Ma no, ma no. Devi solo fare attenzione a scansare il lavandino quando vai al cesso e a non battere la testa contro il tavolo quando ti alzi dal letto...

Ride anche lui.

- Questo fine settimana potresti avere uno spazio maggiore, se ti fermi qui. O hai da fare?

Posso benissimo fermarmi: non ho nessun programma definito, non mi sono ancora fatto molti amici. Non conoscevo nessuno qui, prima di trasferirmi, a parte mio nonno che ha l'Alzheimer e vive con una badante: non proprio la compagnia ideale per un fine settimana. Mia madre è nata a Torino, ma se n'è andata prima che nascessi io. Avevo anche pensato di tornare a Milano domenica, a trovare gli amici, ma posso vederli in un altro momento.

Devo dire che la proposta di Daddy mi fa piacere, molto. Esclusivamente per motivi scientifici, naturalmente: devo proseguire con le mie esplorazioni.

In realtà trascorro volentieri un fine settimana con Daddy, perché mi piace un casino (so di averlo già detto: sono ripetitivo) e non solo sul piano fisico: sto bene con lui, mi sento a mio agio. Rispondo:

- Ho un fitto programma di impegni mondani, ma declinerò l'invito degli Agnelli e rimarrò qui.

Daddy sorride, un bel sorriso caloroso. Si alza, si avvicina, mi bacia sulla bocca e mi dice:

- Fai bene. Gli Agnelli sono noiosissimi.

Da come ne parla, si direbbe che li conosca. Non mi stupirebbe.   

Più tardi Daddy propone:

- Che ne dici? Facciamo due passi? Ti faccio conoscere un po' Torino, visto che sei arrivato da poco. Ti porto in una serie di posti dove scommetto che non sei mai stato. Sabato pomeriggio non è proprio il massimo, c'è un casino di gente in giro, ma non credo che tu sia libero durante la settimana.

- Perché, tu lo sei?

- Sì, non lavoro a tempo pieno. Di solito tre, al massimo quattro giorni a settimana. Solo quando c'è qualche problema pressante ci dedico più tempo.

Mi chiedo quale sia il suo onorario per potersi permettere una casa come questa senza neanche lavorare tutti i giorni. Ma è una domanda indiscreta. Spero di non avere mai bisogno di un avvocato, ma se mi dovesse capitare, chiederò a Daddy se posso pagarlo in natura: certo, questo comporterebbe un impegno sul lungo periodo, ma non mi dispiacerebbe. E mentre lo penso mi dico che davvero non mi dispiacerebbe, che con Daddy vorrei stare un po'. Lo conosco da meno di ventiquattr'ore. Sto andando un po' troppo in fretta, temo. Spero di non schiantarmi alla prima curva.

Ci muoviamo a piedi. La giornata è sempre grigia, con un cielo quasi autunnale, ma la temperatura è piacevole. Prima passiamo lungo il Po, poi ci muoviamo per le vie del centro. Daddy evita le vie più note, quelle che conosco anch'io, scegliendo invece strade secondarie e intanto mi racconta episodi del passato e storie recenti, mescolando un po' di tutto: dal bastione delle mura cinquecentesche ad un'incredibile casa che viene chiamata “La fetta di polenta” e che a me sembra proprio la fettina di una torta; dal palazzo dove si è consumato un delitto efferato ad alcuni cortili la cui bellezza mi sorprende; dal ristorante storico alle cisterne sotterranee dove tenevano il ghiaccio per il mercato; da un moderno albergo con un bell'ingresso a torre ad un’autentica torre medioevale che spunta dal muro di una casa. E una tappa in un piccolo caffè nascosto in una piazzetta, davanti ad una grande chiesa, costituisce un piacevole intermezzo.

Quando incomincia a imbrunire, mi rendo conto che abbiamo camminato per ore ed ore, ma l'impressione è che il pomeriggio sia volato in un attimo: non avrei mai creduto che una visita turistica potesse essere così affascinante. Vorrei dirgli che avrebbe dovuto fare il cicerone, ma credo che come avvocato guadagni di più.

- Eviterei di cenare fuori, il sabato sera, se ti va. Troppa gente.

- Se non ti pesa cucinare, mi sacrifico ad assaggiare quello che preparerai per cena...

Ride, poi mi chiede se ho bisogno di prendere qualche cosa a casa. In effetti un po' di biancheria di ricambio non mi farebbe schifo. Chiama un taxi, anche se io gli dico che posso prendere il 10, un tram: lo prendo sempre per venire a lavorare perché l'assicurazione ha sede in pieno centro e tutti i parcheggi sono a pagamento. Passiamo a casa mia e poi raggiungiamo casa sua. Mi sento leggermente a disagio, perché paga lui il taxi: è vero che è stato lui a chiamarlo, ma serviva per andare a casa mia.

Sabato sera trascorre in modo molto piacevole, con qualche variazione sul tema ed uno spostamento dei limiti: si conferma che né io, né Daddy abbiamo raccontato storie quando ci siamo definiti due maiali (o, per essere esatti: un maiale ed un maiale/troia). Non credo di aver mai incontrato nessuno così schietto e sereno nel proporti le peggiori (dipende dal punto di vista: io le definirei migliori) sconcezze: non mi forza in nessun modo (ci mancherebbe, tutto ciò che mi propone mi piace un casino, a parte ciò che non ho ancora provato e che quindi sono impaziente di provare: vero spirito scientifico!) e procede con gradualità quando mi vede un po’ incerto. Alla fine una bella doccia ci ripulisce (ne avevamo entrambi un gran bisogno: sulla nostra pelle c’è un po’ di tutto) e ci mettiamo a letto.

Prima di spegnere la luce, Daddy mi propone un'altra camminata per il giorno dopo, con partenza molto presto. Accetto.

 

Il tempo è dalla nostra parte: a differenza di ieri, oggi è una bella giornata. Quando ci alziamo, la città dorme ancora. Ci inoltriamo per i sentieri della collina. Senza prendere l'auto ci troviamo in quattro e quattr'otto tra i boschi e infine sbuchiamo davanti alla grande basilica sulla collina, che si vede da tanti punti della città.

Daddy dice:

- Qui oggi pomeriggio sarà un carnaio, ma adesso si sta benissimo.

In effetti non c'è nessuno.

- La collina è anche un buon posto per vedere le stelle, ma non qui, qui è troppo luminoso. Ti piace osservare le stelle?

Non ho mai avuto molte occasioni per farlo, vivendo a Milano. Qualche volta mi è capitato, in campagna, ad esempio all'agriturismo di Mattia.

- Mi è successo poche volte.

- Se hai voglia, una di queste sere ti porto.

"Una di queste sere ti porto". Fa pensare a una continuazione, a qualche cosa che non finirà questa sera e che va oltre il letto. Mi fa un piacere enorme sentirmelo dire. So che non è solo l’amore per la ricerca a guidarmi e questo mi spaventa un po’.

- Sì, molto volentieri.

- Allora dobbiamo venirci presto, prima del calore estivo.

Scendiamo. La città si è svegliata, ma ha il ritmo lento della domenica mattina. Noi entriamo in casa e Daddy mi prende a tradimento, spingendomi contro il muro dell'ingresso. Mi cala i pantaloni e, dopo essersi infilato l’immancabile preservativo – doveva averlo in tasca – mi incula con violenza. Questa volta il rapporto è rapido e brutale, sembra che non gli interessi per nulla quello che provo, ma lui ormai sa benissimo che cosa voglio: la sua violenza mi piace e il dolore, forte, è piacere. Viene e poi mi afferra il cazzo con la destra, rimanendo dentro di me. La sinistra mi stringe i coglioni. Mi fa male. Ed io sento il piacere montare e poi dilagare, annullando per un momento il dolore. Più uno stupro che una scopata, se la vittima non fosse stata più che consenziente (e non avesse incoraggiato più volte lo stupratore).

Nel pomeriggio invece lo facciamo in giardino: il muro è alto e c'è una zona non visibile dalla strada, tra alcuni grandi alberi. Decidiamo che ci affronteremo in una lotta. Ci spogliamo lentamente, senza perderci di vista un secondo: il risultato è che quando siamo nudi ce l’abbiamo tutti e due in tiro. Poi ci muoviamo in cerchio, studiandoci, come due lottatori di sumo. E infine lui si scaglia su di me. Non gli ho detto che ho praticato judo e karate: sono stato un po’ scorretto, lo so, ma è un ercole e in qualche modo devo pure difendermi. Lo colgo di sorpresa e riesco a mandarlo a terra e a bloccarlo. Scoppia a ridere. Non se l’aspettava.

- Bravo! Mi hai fottuto!

- Non ancora, quello lo faccio adesso!

Poi lo prendo, con violenza. Grugnisce senza ritegno. Quando ho finito mi alzo. Lui si volta sulla schiena, sorridendo. Io gli piscio addosso, mentre lui si fa una sega. Viene sotto il getto del mio piscio.

 

La domenica sera arriva in fretta, troppo in fretta. Ho trascorso uno dei fine settimana più piacevoli (e più incandescenti) della mia vita. Mi spiace andarmene. Spero che Daddy mi offra un aggancio per rivederci.

Lo fa, senza menare il can per l'aia: è molto diretto ed è un'altra cosa che apprezzo di lui.

- Detesto fare la carta moschicida, per cui se non ti va dimmi di no e mandami a fare in culo - sorride e fa una pausa - il che nella compagnia giusta non mi dispiacerebbe per nulla. Alessandro, mi farebbe piacere rivederti.

Non amo farmi desiderare, almeno non dagli uomini che mi piacciono davvero, per cui rispondo francamente:

- Anche a me. Dimmi tu quando ti va bene.

Daddy sorride e mi bacia (credo di essere stato baciato di più in questi due giorni che negli ultimi due anni).

- Domani sera va bene?

- Sì.

- Allora ti passo a prendere quando esci dall'ufficio. Portati dietro l'occorrente per fermarti qui per un po'.

La proposta mi spiazza un momento, ma perché no? Daddy è molto diretto ed io gli rispondo a tono:

- Per un po'? Un po' quanto?

- Finché va bene a tutti e due. Che ne dici?

Vorrei dire che mi sembra bello e che spero che a lui vada bene a lungo, ma sono un po' spaventato. Vivere un fine settimana a spese sue non è un problema. Se però rimango da lui a lungo, dovrei partecipare alle spese: non mi va di farmi ospitare gratis a tempo indeterminato. Ma il mio conto in banca (molto snello, per non dire anoressico) non è in grado di reggere: Daddy ha un altro livello di vita. Poi mi dico che magari martedì sarà già stufo. Io no, sento che non mi stuferò presto.

Vediamo, in qualche modo dovremo parlarne. Tanto non mi fermerò a lungo, qualche giorno, una settimana al massimo.

 

*

 

Ho completato il trasloco oggi ed ora tutte le mie cose sono qui da Daddy. È andata bene: avevo affittato il monolocale per sei mesi, contando di cercare qualche cosa di meglio alla fine del periodo di prova. Cinque mesi sono passati. Ho comunicato che non intendo rinnovare, ma l'appartamento rimane a mia disposizione fino alla fine del mese prossimo: se le cose dovessero andare storte, posso sempre tornarci. Non credo che andranno storte. Perché sono così ottimista? Le mie esperienze precedenti non sono state entusiasmanti. Ma negli ultimi due mesi sono vissuto molto più a casa di Daddy che a casa mia e tutto è filato liscio come l'olio, a parte la discussione sulle spese: lì Daddy non ha voluto sentire ragione. La casa è di sua proprietà, guadagna in un giorno più di quello che io guadagno in una settimana, è ricco di famiglia: si rifiuta di accettare un centesimo da me. La discussione è finita così:

- Se non ti va...

Io ormai mi ero arreso, ma ho raccolto la sfida.

- Se non mi va?

- Se non ti va, ti rapisco e ti chiudo in cantina, dove ti incatenerò e ti utilizzerò per soddisfare i miei bassi istinti, più o meno tutti i giorni...

- Però, mica male...

- Potremmo provare, no?

Abbiamo provato, ovviamente. C'è un ripostiglio che Daddy ha già usato per questo tipo di giochi. Un fine settimana intero bendato e legato, con Daddy che scendeva ogni tanto ed "abusava" di me in tutti i modi. E la sera della domenica, quando infine mi ha sciolto, una tenerezza sconfinata.

Abbiamo anche invertito le parti. Lui mi ha fornito due film porno di sevizie in prigione e mi ha anche mostrato alcuni strumenti: bavagli, fruste, strumenti per torturare il cazzo e i coglioni, dildo. Con me non li aveva usati. Io con lui me ne sono servito. È stato bello infilargli un grosso dildo in culo, mentre era bendato e legato, con un bavaglio in bocca. E poi frustarlo, guardando i segni rossi che si moltiplicavano sul suo culo. Stringergli con le mollette i capezzoli. Legargli il cazzo. Appendergli un peso ai coglioni. Mettergli un cappuccio e pisciargli sopra. L’ho torturato ben bene e aveva quasi sempre il cazzo duro.

Ma la sera del sabato l'ho sciolto: non ho retto all'idea di dormire nel letto, lasciandolo bendato in cantina, sul pavimento bagnato di piscio. In realtà avrei potuto farlo, ma preferisco averlo nel letto che mi stringe.

 

*

 

Daddy questa sera vede un amico a cena. Non è la prima volta che Daddy esce per conto suo. Non capita spesso, più di frequente mi porta con sé ed ho fatto conoscenza con diversi suoi amici. A volte però esce con un amico che ha piacere di vedere da solo.

È una situazione strana: se un altro uomo mi dicesse che deve vedere un amico, avrei dei dubbi, ma con Daddy non mi vengono.

Quando Daddy esce, talvolta esco anch'io e vado in giro per locali. Mi fa piacere ritrovare gli amici, anche se forse la parola "amici" è un po' troppo. Diciamo che mi fa piacere mantenere i contatti con alcuni di quelli che ho conosciuto nei primi tre mesi a Torino, quando non ero ancora "fidanzato" (ho sempre trovato questo termine idiota). Se Daddy dovesse stufarsi, mi ritroverei del tutto isolato: ho pochissimi contatti con altre persone. A volte penso che lui potrebbe stufarsi di uno che non ha metà della sua esperienza e della sua cultura (potrei aggiungere: e meno di un centesimo dei suoi soldi, ma so che non gliene importa nulla). Non penso mai che potrei stufarmi io.

Di cacciare non ho più voglia, anche se io e Daddy ci siamo dati piena libertà. Io non ne faccio uso e sono convinto che non se ne serva neanche lui. Non sono molto motivato ad andare in giro, per cui, quando Daddy mi abbraccia prima di uscire, gli dico:

- Rimango a casa.

"Casa". Sì, per me è casa mia, questa, come nessun’altra lo è stata. Aggiungo:

- Leggo un po' o magari guardo qualche film.

Daddy si stacca, mi guarda e ghigna.

- Che genere di film vorresti vedere?

Mentre lo dice mi guarda all'altezza del cavallo. Sì, lo ammetto: abbracciare Daddy, baciarlo, pizzicargli il culo (ho fatto tutte queste cose mentre lui mi abbracciava) mi ha fatto un certo effetto.

Ghigno anch'io, senza rispondere.

Daddy ha uno sguardo malizioso, mentre dice:

- Ti do io un buon western. Se è troppo per te, sai dove sono gli altri film.

Daddy ha una piccola cineteca di film a luci rosse: come per il cibo o i vini, la quantità non è notevole, ma la qualità è ottima. La pellicola di cui mi parla però fa parte di qualche collezione che non mi ha mostrato. "Troppo" per me? A questo punto sono molto curioso.

Daddy aggiunge:

- Poi mi dici che cosa ne pensi.

Il DVD ha una copertina con un'immagine in controluce: sei uomini, tre a cavallo e tre a piedi, guardano un uomo impiccato.

Sono solo sagome scure sullo sfondo di un tramonto infuocato.

Ceno in fretta e mi metto davanti allo schermo non appena ho finito: avrei incominciato anche mentre cenavo, ma non c'è televisore o lettore di DVD (con maxi-schermo) né in cucina, né in sala da pranzo. Per Daddy a tavola si mangia e si parla, guardare film o TV si può fare in altro momento.

La prima scena mi lascia senza parole: si vede Daddy, vestito da cow-boy, con la stella da sceriffo, che cavalca in una zona montuosa. Poi si ferma, mangia qualche cosa, piscia e si mette a dormire.

Daddy ha fatto l'attore? Io mi aspettavo un film hard ed invece è un normale western. Sono tanto curioso che mi verrebbe da aumentare la velocità, ma mi trattengo: sono un buongustaio, anche se non al livello di Daddy, per cui preferisco assaporare questo piatto dal sapore inatteso.

Nella scena successiva sei uomini si avvicinano all'accampamento di soppiatto. Sembra essere mattina presto. Puntano una pistola in fronte a Daddy, che sta dormendo, gli tolgono le armi e poi prendono a menarlo e ad insultarlo (non faccio fatica a seguire, il mio inglese è ottimo: due mesi come cameriere a Londra per tre estati di fila mi sono stati utilissimi; noto che anche l'inglese di Daddy è eccellente). Dopo averlo picchiato, gli dicono che gli spaccheranno il culo. Gli calano i pantaloni. Sussulto. Non è un normale western. Quello che segue è un film porno, ben girato e ricco di dettagli, con una buona dose di violenza. Uno stupro di gruppo.

Quando i sei hanno riempito di sborro la bocca ed il culo di Daddy, gli pisciano ancora addosso. Gli fanno scavare la fossa in cui getteranno il suo cadavere. Poi gli legano le mani dietro la schiena e preparano la corda. Penso alla foto di copertina. Lo impiccheranno? Daddy è vivo e vegeto, è uscito di casa meno di un'ora fa, ma questo film che sto guardando è maledettamente realistico.

Quando la corda è pronta, lo sollevano da terra e gli infilano la testa nel cappio. Ha i pantaloni calati ed il grosso cazzo ben visibile e teso. Lo lasciano cadere e quasi subito Daddy incomincia a scalciare disperatamente. È una lunghissima agonia, talmente realistica e dettagliata che se il protagonista non fosse Daddy, penserei ad uno di quei film, "snuff movie" di cui ho sentito parlare, quelli in cui qualcuno viene davvero ucciso. Ed in ogni caso Daddy non mi sembra il tipo da procurarsi materiali di quel genere, no, di sicuro non lo è.

Il viso di Daddy diventa sempre più rosso, il sudore gli cola sulla fronte, la bava scende da un angolo della bocca. Infine Daddy viene, mentre gli uomini ridono. A quel punto gli assassini sembrano stufarsi: tirano fuori le pistole e lo crivellano di colpi.

Poi il cadavere viene calato a terra e mostrato nei dettagli, davanti e dietro (uno degli uomini lo volta con un calcio): posso guardare i fori aperti dalle pallottole, sporchi di sangue, il viso congestionato, il culo sporco di merda. Se non sapessi che Daddy è vivo, direi che lo hanno ammazzato davvero. Infine lo trascinano nella fossa, gli pisciano sopra ancora una volta e lo ricoprono di terra.

Il film non è lungo: circa un'ora. Quando Daddy torna, non molto tardi, sto vedendo il film per la terza volta e sono venuto due. Sono nudo davanti al DVD, cosparso di sborro e con il cazzo nuovamente duro.

Daddy entra, vede che sto guardando il film, sorride e dice:

- Ho capito, ti ha annoiato a morte.

Io non rispondo. Malgrado sia venuto due volte, sento una tensione violentissima. Tendo un braccio. Lui si china su di me. Gli afferro la testa e lo forzo a pulirmi con la lingua. Mi piace vederlo, elegantissimo, in giacca e cravatta, che lecca il mio sborro e poi mi succhia il cazzo.

Gli comunico la mia tensione, perché mi prende quasi con violenza, senza spogliarsi, sul pavimento della biblioteca, facendomi male, come in questo momento desidero.

Solo dopo, mentre siamo stesi sul pavimento, io nudo, lui con i pantaloni abbassati, ma ancora la camicia e la cravatta, gli chiedo del film.

L'hanno girato negli USA, due anni fa. Ha contattato una casa produttrice specializzata in film di questo genere, fornendo il copione ed alcune indicazioni. Poi ha trascorso una settimana negli USA girando il film e assistendo al montaggio.

- Costerà un casino.

- Sì, in effetti, se vuoi un prodotto di qualità. Ma è un'esperienza.

- È un film molto violento.

Daddy sorride:

- Corrisponde ad alcune mie fantasie.

- Si direbbe... che ti menavano davvero.

Daddy annuisce.

- Sì, è così, anche se non con la violenza che appare. Ma volevo che fosse un'esperienza... realistica.

- Anche l'impiccagione?

- La corda mi sosteneva alla vita ed alle spalle, per quello non ho potuto farmi impiccare nudo. Però stringeva un po' anche al collo.

L'idea mi disturba.

- Non era rischioso?

- No, sapevano quel che facevano. Comunque per girare l’impiccagione ci abbiamo messo due giorni. Se fai attenzione vedi che la luce non è sempre la stessa.

- Non mi hai mai raccontato di avere fantasie di questo tipo.

- Non ne parlo con nessuno di quelli che frequento. Non ne ho mai parlato con gli altri uomini con cui ho vissuto. Ma a te volevo dirlo.

So che cosa significa questa frase.

- Grazie.

- Tu non hai fantasie di violenza e di morte?

- Di violenza, sì. Di morte no, quasi mai...

Ne parliamo a lungo. Daddy ha spesso fantasie di impiccagione e fucilazione. Mi fa vedere alcuni siti Internet dedicati a questi temi. E poi mi mostra alcune foto che lui ha inviato. Belle foto, di qualità di gran lunga superiore alle altre presenti nei siti.

Sono turbato e non lo nascondo.

- Alessandro, sono fantasie. Non ti preoccupare. Non intendo metterle in pratica.

Questo mi tranquillizza.

- Sai com'è, Daddy io e te non abbiamo molti limiti e vedo che tutti e due tendiamo a sperimentare ciò che ci incuriosisce. Non vorrei...

- No, te l'ho detto. Per me sono solo fantasie. C'è un unico caso in cui lo farei.

L'idea mi spaventa. Lo guardo senza dire nulla.

- Quando è morto un mio amico, Daniele, dopo mesi di sofferenze e cure inutili, ho pensato che se mi avessero diagnosticato qualche malattia senza speranza, avrei deciso di andarmene così, come in quel film. È un buon modo di andarsene.

- Non credo sia facile trovare chi ti ammazza in quel modo e magari ci gira pure un film.

- Facile no, ma mi sono informato e si può fare.

Il fatto che Daddy si sia informato mi turba, più di quanto voglia mostrare. So che fa parte del suo stile di vita: non lasciare nulla al caso, non negarsi ciò che desidera, essere padrone della propria vita e, nei limiti del possibile, della propria morte. Ma mi angoscia l'idea che Daddy possa morire.

Daddy sorride ed aggiunge:

- Potresti farlo tu... Essere uno degli assassini del film, il primo e l'ultimo a violentarmi, quello che mi solleva e mi lascia appeso, quello che spara il primo colpo e l'ultimo.

L'idea non è eccitante: è angosciosa. Daddy capisce, mi bacia e mi ripete:

- Alessandro, sono solo fantasie. Mi piace vivere e non ho nessuna intenzione di anticipare la fine. Faccio controlli periodici e sono in ottima forma. Non voglio preoccuparti.

Andiamo a dormire. Dormiamo spesso abbracciati e questa notte Daddy mi stringe forte.

 

Del film abbiamo parlato ancora più volte. Ne esistono altri due in cui lui è protagonista: uno girato in Italia ed un altro negli USA, il primo molto breve ed il secondo invece lungo come quello che ho visto. Ma Daddy non intende farmeli vedere ora. Sono meno forti del western.

Venerdì sera, Daddy mi chiede:

- Hai mai giocato con le armi?

Non sono sicuro di capire che cosa intende.

- Da bambino. Poi non più.

- A me piace farlo, ogni tanto. Hai voglia di provare o ci limitiamo a qualche bella maialata di routine?

Una delle tante cose che mi piacciono di Daddy è che non cerca di forzarmi.

Rido e dico:

- Perché no?

Scendiamo nei sotterranei. C'è uno stanzone in cui Daddy non mi mai portato, accanto al garage, alla tavernetta, alla palestra (dove ci esercitiamo: mai provato a fare le flessioni con un peso da un quintale – o poco meno – sulla schiena, ben fissato da due braccia che vi stringono ed un cazzo in culo?), al bagno turco (ideale per il relax, ma anche per altre attività) ed al ripostiglio-cella.

Daddy apre un armadio e ne estrae due pistole.

- Sono pistole ad aria compressa. Scacciacani. Non ci sono neanche i proiettili. Provane una. Sparami.

Sparo contro la parete. Troppe volte ho letto di gente uccisa perché chi ha sparato credeva che l'arma fosse scarica. Daddy non è stupido e se mi ha detto che è una scacciacani, lo è. Però la visione del film l'altra sera mi ha turbato e l'idea di sparargli in qualche modo m'inquieta.

Naturalmente si sente solo un leggero clic. Nessun proiettile, vero o finto.

Sparo a Daddy, che si porta le mani al ventre, lancia un urlo di dolore, cade e si contorce a terra, finché non lo finisco con un colpo in bocca. Lui ci sa fare: preme la canna della pistola contro il ventre e poi spara, mi colpisce al cazzo (duro come una pietra) e ai coglioni e intanto mi insulta. Quando sono a terra, mi infila la pistola in culo e mi “finisce” così. Le prime volte sono impacciato, ma entro presto nel gioco, che si conclude sempre con una bella scopata. Le scene diventano più complesse e articolate e devo dire che mi appassiono.

Seguono cacce all'uomo in giardino, la notte, esecuzioni sommarie e vari altri giochini. Dopo un po’ di prove, incominciamo a usare i proiettili della scacciacani. Fanno male, senza provocare ferite, ovviamente, ma è un gioco che mi piace, sempre di più. C’è qualche cosa che non mi piace quando si tratta di sesso e di Daddy? Temo di no.

Poi c’è la boxe. Daddy ha praticato anche boxe, per alcuni anni, ma sempre a livello amatoriale. Ed anche rugby. Ma rugby in due non funziona. La boxe invece sì. Ci permette di tirare fuori il sadico e il masochista che sono in entrambi. Ci meniamo, a volte in modo abbastanza pesante, ma sempre sapendo quando fermarci.

Non dedichiamo tutto il tempo a questi giochi: ci sono intere settimane in cui il sesso è solo tenerezza e puro piacere.

 

*

 

Sono le undici in punto quando mi infilo nel corridoio d'ingresso dell’Angolo del Cerchio. All'altra estremità del corridoio Daddy avanza, sul lato opposto, ma quando stiamo per incrociarci, si sposta e mi blocca la strada.

Mi ferma, mi bacia sulla bocca, mi prende per la vita e usciamo.

Poche persone hanno assistito alla scena e chi ci conosce e sa che stiamo insieme da un anno, di certo non ha capito. È stato il nostro modo, buffo, di celebrare l'anniversario. Si è concluso l'anno più felice della mia vita, ma spero di averne ancora tanti davanti.

A casa parliamo del nostro rapporto, Daddy dice che ha davvero avuto una pazienza infinita, io gli rispondo che mi so accontentare, poi scoppiamo a ridere e passiamo ai fatti.

Dopo, stesi sul letto, parliamo. Gli dico che mi sono sempre piaciuti gli uomini di una certa età. Lui mi guarda come se lo avessi offeso, ma poi ride. Aggiungo:

- Un mio amico di Milano, Ezio, dice che sono alla ricerca del padre che non ho mai avuto.

Ho parlato a Daddy di mio padre, che se ne andò quando mia madre rimase incinta, scomparendo nel nulla.

Daddy sorride, ma c'è tristezza in quel sorriso.

- Se tu sei alla ricerca di un padre, allora io sono alla ricerca del figlio che non ho mai conosciuto.

Lo guardo, stupito. Non chiedo nulla, ma il mio sguardo è una domanda. Daddy prende a raccontare.

- È una storia di tanto tempo fa, ma mi fa ancora male. Avevo ventisei anni e dai quindici sapevo benissimo di essere gay: non era teoria, avevo fatto molta pratica, come puoi immaginare. Avevo avuto qualche rapporto con donne, ma non erano state esperienze esaltanti. Conobbi una ragazza molto carina, che si innamorò di me. Io le spiegai che ero gay. Lei voleva "guarirmi".

Daddy scuote la testa. Poi prosegue:

- Tieni conto che ero giovane. Le dissi chiaro e tondo che non ero innamorato di lei e che non mi interessavano le donne. Lei insistette, mi disse di provare, che mi avrebbe fatto cambiare idea. Lo so, Alessandro, gestii malissimo la faccenda, ma, a parte questa sua fissazione, lei era molto cara e stavo bene con lei, come si sta con un'amica. Avrei dovuto tagliare subito. Insomma, ci furono alcuni rapporti che la convinsero che io non ero gay.

Daddy fa una pausa.

- Lei prendeva la pillola. Almeno così mi diceva. Smise di prenderla, senza dirmelo. Rimase incinta. Me lo disse. Pensava che all'idea di diventare padre io avrei chiuso con la vita che facevo.

C'è un'altra interruzione.

- Reagii molto male, all'inizio: mi sentii preso in giro, non aveva il diritto di ingannarmi così, di coinvolgere un bambino in questo. Fui molto duro con lei. Poi mi diedi una calmata e ragionai. Visto che non voleva saperne di abortire, le dissi che mi sarei assunto le mie responsabilità nei confronti del bambino, ma non intendevo vivere con lei, né tanto meno sposarla.

Daddy si ferma. Riprende.

- Decise di andarsene, cambiò città. La cercai, ma non si fece trovare, mi fece solo sapere che non voleva più avere nessun contatto con me.

Daddy conclude:

- Così ho un figlio o una figlia da qualche parte, che non sa nemmeno che faccia ha suo padre.

- Di lei non hai più saputo niente?

- No, niente. È come se fosse scomparsa nel nulla. Mi rimane soltanto una vecchia foto di noi due.

Daddy si alza ed io lo guardo uscire dalla stanza, nudo, sporco del mio e del suo seme. Torna dopo qualche minuto con una busta. Ne estrae una foto e me la porge.

- Ecco qua, tutto quello che mi rimane.

Daddy è giovane e non è difficile riconoscerlo in questa foto di ventotto anni fa. Non è difficile neanche riconoscere la donna al suo fianco, a cui Daddy cinge la vita con il braccio: anche mia madre non è cambiata così tanto.

 

2011