Esplorazioni Dirk Verso le nove scrivo su
Twitter: Soldier Dirk @Soldier Dirk
8 settembre 2018 Ora
di salutare tutti. A mezzanotte chiudo l’account. Il mio tempo è scaduto. Sono in molti a scrivere. Mi
chiedono se intendo davvero chiudere e quando confermo parecchi si dichiarano
dispiaciuti che io lasci il campo. Qualcuno vorrebbe sapere le motivazioni,
ma mi limito a ripetere che il tempo è scaduto. A Sgt Swine che insiste
rispondo: Soldier Dirk @Soldier Dirk
8 settembre 2018 @SgtSwine Sarò
fucilato domani all’alba. SgtSwine @SgtSwine 8 settembre 2018 @Soldier Dirk Cosa darei per comandare il plotone,
avvicinarmi quando cadi a terra, guardarti agonizzare e venire mentre ti sparo
il colpo di grazia! Dopo il messaggio di Sgt Swine
arriva quello di Max. Non ha risposto subito, ha aspettato che qualcun altro
gli fornisse l’occasione di scrivere ciò che vuole. Captain Max @Max Captain 8 settembre 2018 @Soldier Dirk Addio, soldato. Onore a chi va incontro
alla morte con la testa alta e il cazzo duro, senza paura. Gli rispondo: Soldier Dirk @Soldier Dirk
8 settembre 2018 @Max Captain Onore a chi è riuscito a battermi. Davanti
a lui chino il capo, sottomesso. Max replica: Captain Max @Max Captain 8 settembre 2018 @Soldier Dirk La posizione giusta per succhiarmi il
cazzo e poi bere il mio piscio, soldato, prima di prendertelo in culo. Sì, ha fatto bene a
smorzare la solennità del primo commento. Difficile che qualcuno sospettasse,
ma non si sa mai. Dai messaggi successivi, è chiaro che nessuno dà peso a
quello che ha scritto Max: appare una risposta a Sgt Swine e nient’altro. Sgt Swine prosegue: SgtSwine @SgtSwine 8 settembre 2018 @Soldier Dirk Sei contro il muro, il culo a terra. Io ho
il cazzo duro e lo struscio contro la tua faccia, mentre ti infilo la pistola
in bocca. Non gli rispondo: non vale
la pena. Ma lui continua: SgtSwine @SgtSwine 8 settembre 2018 @Soldier Dirk Mi apro la patta e ti struscio il cazzo sulla
faccia. Mentre premo il grilletto vengo. Ti riempio la faccia di sborra. Qualcuno commenta sullo
stesso tono, lui conclude: SgtSwine @SgtSwine 8 settembre 2018 @Soldier Dirk Mi stacco. Guardo il tuo cadavere pieno di
sangue, la faccia coperta di sborra. Ti piscio addosso. Ti gettiamo nella
latrina del campo. Metto via il cellulare,
senza badare ai tweet che continuano ad arrivare. Li guarderò più tardi. Per tutto il giorno si
accavallano commenti. Ad alcuni rispondo, a molti no. Qualcuno osserva che
già una volta avevo sospeso il mio account, ma poi ero ritornato. Io
rispondo: Soldier Dirk @Soldier Dirk
8 settembre 2018 @BlackDirtyBear Talvolta le cose non vanno come previsto. Non è vero, con Edgar andò
come previsto, ma questo non posso scriverlo. A mezzanotte chiudo
l’account di Twitter. Lascio invece il blog. A Max ho detto che preferisco
che in rete rimangano le foto e i filmati dei miei incontri. Ci sono tutti:
le tante vittorie e le poche sconfitte, tra cui l’ultima, a opera di Max. Guardo lo stanzone dove ci
affronteremo. Qui ho lottato molte volte, uscendo vincitore da tantissimi
incontri. Alcuni lottatori sono riusciti a battermi in uno dei round, ma solo
Edgar e Max mi hanno sconfitto in tutti e tre. A differenza delle altre
volte, non c’è nessuno che faccia riprese. Max non avrebbe accettato:
naturalmente un assassino preferisce non essere filmato mentre uccide la sua
vittima. Non c’è neanche un arbitro, per lo stesso motivo. Solo io e lui. E
naturalmente anche a me va bene così. Non essendoci testimoni, Max
potrebbe venir meno ai patti, per non correre rischi o anche solo per
pigrizia. Potrebbe arrivare, spararmi e prendere la borsa con i soldi. Ho
accettato di correre questo rischio, ma sono convinto che Max terrà fede ai
patti: è leale. Anche se ha avuto diversi guai con la giustizia – mi sono
informato, ovviamente – è uno di cui ci si può fidare. Ha il suo codice
d’onore, che magari non corrisponde a quello della maggioranza, ma a cui si
attiene. Ho preparato tutto,
secondo gli accordi presi. Adesso sono teso, impaziente. Guardo l’ora.
Mancano ancora venti minuti. Alle undici sento il
rumore dell’auto. Max è puntuale: su lui si può sempre contare. Non suona:
abbiamo deciso così, anche se la casa è isolata e nessuno può sentire. Gli ho
dato il telecomando del garage, perché potesse mettere la sua auto al coperto.
Adesso sta entrando, lascia l’auto e dal corridoio passa in questo locale sotterraneo,
dove ci affronteremo. Entra e viene verso di me.
Ci guardiamo senza dire niente. Mi piace il suo viso. Non è bello, Max, per
niente, ma la mascella squadrata, il naso aquilino, la cicatrice sulla
guancia, tutto trasmette un’immagine di forza, di virilità. L’assassino
perfetto. Sorrido. Anche lui
sorride. Penso che intende uccidermi e il cazzo mi si tende. Lui chiede; - Pronto, soldato Dirk? Annuisco. - Pronto, capitano Max. - Non hai cambiato idea? - Io no. E tu? - Neanch’io. Farò tutto
quanto concordato. Sorrido. Sì, sarà tutto
come previsto. - I soldi? Con il capo gli indico la
borsa su uno dei tavoli. Lui la raggiunge e la apre. Guarda il contenuto e
annuisce. - Va bene. - Allora possiamo
incominciare. Mi sposto verso un angolo
e mi tolgo la tuta che ho indossato. Sotto ho solo un costume da bagno blu.
Mi metto la cavigliera blu. La mia divisa di combattimento. Max si è diretto
all’angolo opposto e si sta spogliando. Ha un corpo possente. È molto alto,
quasi un metro e novanta, e ha una muscolatura da atleta. Impossibile
batterlo. Sotto gli abiti ha il costume rosso e alla caviglia si mette la
fascia che gli ho lasciato, anch’essa rossa. Guardo il suo corpo, i tatuaggi,
la peluria abbondante. Guardo le sue mani, forti, mani da assassino. Mi ha
detto di aver strangolato tre uomini. Gli piace uccidere. Siamo pronti. Ci
avviciniamo al centro della stanza. Max sorride: - E il fischio d’inizio? Con il capo indico il mio
cellulare sul tavolo. - Suonerà tra due minuti.
E poi tra dodici e così via. - Sapevi che sarei stato
puntuale. Annuisco. - Su di te si può contare.
Per tutto. - Sì. Ci guardiamo sorridenti.
Guardo quest’uomo che è venuto a uccidermi e mi sento bene. Tra poco, quando
l’orologio suonerà, ci affronteremo. Tre incontri di lotta, di dieci minuti
l’uno, intervallati da pause di cinque minuti. Un incontro può durare di
meno, se lui mi blocca. L’ultima volta che ci siamo affrontati, mi ha
bloccato nel secondo tempo dopo sei minuti e nel terzo dopo nove. Se dovesse
succedere, cambierò l’impostazione dell’orologio. Vincerà, perché è più
forte. E anche perché è quello che voglio. Ma intendo fargli sudare la sua
vittoria. Il cellulare suona.
Incominciamo a muoverci, tenendoci a una certa distanza, poi mi faccio sotto
e gli salto addosso. Finiamo tutti e due a terra, ma non riesco a bloccarlo.
Rotoliamo avvinghiati, poi ci stacchiamo e la lotta riprende. A tratti prendo
l’iniziativa e mi scaglio su di lui, in altri momenti è lui che mi afferra.
Lottiamo in piedi e più spesso a terra. Questo primo incontro è molto
equilibrato. Questa volta non c’è un arbitro a decidere chi avrà la vittoria.
Vedremo il da farsi. Preferirei che non ci fossero dubbi, ma non intendo
certo rinunciare a farlo sudare. Quanto a sudare, sudiamo
tutti e due, abbondantemente. Non è particolarmente caldo, ma questa strenua
lotta fa scorrere il sudore a rivoli. A un certo punto, mentre
siamo a terra, lui mi afferra il costume e lo abbassa. Lo facciamo sempre
negli scontri: togliere il costume all’avversario dà punti. Cerco di
impedirgli di togliermelo, ma ormai il costume è solo di impaccio. Rinuncio a
difenderlo e cerco di abbassargli il suo. Non ci riesco subito, ma al secondo
tentativo lo faccio. Siamo di nuovo pari. Il primo round è quasi finito e
nessuno dei due si è dimostrato più forte. Ma mentre lo penso, lui si
china, mi afferra e solleva un piede, mandandomi a terra. Mentre cerco di
rotolare via, salta su di me e dopo una breve lotta mi blocca. Mi sforzo di
liberarmi, ma non ci riesco proprio. - Merda! È la prima parola che dico
nell’incontro: abbiamo lottato in silenzio, contrariamente al solito.
Insulti, provocazioni, prese per il culo sono frequenti, fanno parte del
gioco. Max ride e dice: - Soldato, sei fottuto. Sì, ha ragione, sono
fottuto. Ha vinto il primo round. Era quello che volevo, una vittoria netta,
che non gli ho regalato, ma che ha conquistato. Siamo ancora a terra,
quando il cellulare suona. Lui si alza e io faccio altrettanto. Beviamo tutti
e due un sorso d’acqua: poco, perché prendersi una botta in pancia è facile e
se la vescica è piena, si rompe. - Ti sei difeso bene,
soldato. Ma hai perso. Annuisco. - Vediamo il secondo
round, capitano. Lo chiamo volentieri
capitano. Gli riconosco il grado. - Vedremo. Ci guardiamo. Ora siamo
tutti e due nudi: la fascia alla caviglia è l’unico indumento che indossiamo.
I nostri corpi sono coperti da una patina di sudore e sul petto di Max
scorrono alcuni rivoli: Max è più massiccio di me e suda parecchio. Questo
rende più difficile afferrarlo. Guardo il cazzo che, come il mio, è mezzo
duro. Quel cazzo mi entrerà in bocca e in culo. Guardo le sue mani. Le sue
mani forti, dalle grandi dita, il dorso ricoperto da una peluria scura. Ho la
gola secca. Il suono d’inizio del
secondo round mi coglie di sorpresa. Contemplavo Max e non ero concentrato
sull’incontro. Max non approfitta della
mia distrazione. Si limita a dire: - Pensa a difenderti,
soldato. Devi vincere questo incontro. Annuisco. Se non voglio
essere sconfitto, devo vincere il secondo incontro e il terzo. In realtà
voglio che sia lui a vincere, ma perché è più forte, non perché io glielo
permetto. Cadiamo a terra
avvinghiati. Lui mi colpisce al petto con una testata. Mi afferra mentre
cerco di sollevarmi e mi sbatte due volte a terra. - Merda! - Ti fotterò, soldato. - Non ce la farai, capitano. Con i piedi riesco a
spingerlo lontano e mi alzo, ma lui mi salta nuovamente addosso. Riesco a
sgusciare via, ma lui mi blocca la caviglia. Cado. Mi salta sopra. Con uno
sforzo mi libero ancora e quando cerca di prendermi gli mollo un calcio in
faccia. Questi colpi sono permessi solo per tenere a distanza l’avversario. - Bastardo! Ora la nostra lotta non è
più silenziosa. Accanto a una serie di suoni inarticolati, escono parole, per
lo più insulti, bestemmie, commenti. Mi afferra e io mi libero
con un calcio, beccandolo ai coglioni. Ha una smorfia di dolore. - Pezzo di merda! Rido: - Tanto oggi non ti
servono. Si avventa su di me, ma
all’ultimo minuto scarta, si lancia a terra e afferrandomi una gamba mi fa
cadere. Prima che possa rialzarmi o scivolare via, è sopra di me. Mi ha di
nuovo bloccato. - Merda! - Sei fottuto, soldato. E mentre ripete le parole
che ha usato prima, realizzo che è davvero così, che ha vinto il secondo
round e a questo punto io sono fottuto. Ripeto solo: - Merda. Ma il cazzo è rigido. E lo
è anche il suo che preme contro il mio culo. - Ti arrendi? - Mi arrendo. - “Mi arrendo, signor capitano”. - Mi arrendo, signor capitano. Ci alziamo. Il round è
durato solo quattro minuti. Metto a posto l’orologio. Beviamo di nuovo un
mezzo bicchiere. Ci guardiamo. Fisso il suo torace che si alza e si abbassa,
mentre cerca di riprendere fiato. Fisso il suo cazzo, teso in avanti. Fisso
le sue mani, le sue mani forti. Lui ghigna. - Ne hai già persi due.
Due incontri, la sfida e la vita. Adesso però ti fotterò ancora una volta. - Vedremo chi fotterà chi. Il cellulare suona. - L’ultimo round,
dell’ultima lotta. Siamo tutti e due fradici
di sudore: per ognuno dei due è difficile afferrare l’altro. Le nostre mani
scivolano. Ansimiamo ed emettiamo qualche grugnito. Ogni tanto diciamo: – Merda! Poi, mentre siamo a terra,
lui libera un braccio e mi molla due pugni allo stomaco. Così avevamo deciso,
su mia proposta: nel terzo round valevano anche colpi in attacco e non solo
per difesa. Il dolore è violento e non riesco a difendermi. Cerco di alzarmi,
ma mi ritrovo nuovamente bloccato tra le sue braccia, in ginocchio. Per
quanto cerchi di far leva sulle gambe, non riesco a scuotermelo di dosso. - Soldato, ti ho fottuto
di nuovo. - Merda! Non è ancora
detto. Lui ride. - Sei un coglione,
soldato. - Bastardo! Ma, per quanti sforzi faccia,
non riesco a liberarmi. - Allora, soldatino, vuoi
continuare a fare don Chisciotte contro i mulini a vento? - Bastardo! Mi sbatte a terra, con
violenza. Il colpo mi intontisce. Mi piega un braccio dietro la schiena. Mi
fa male. - Mi arrendo. Non lascia la presa, la
allenta appena un poco. - “Mi arrendo, signor capitano”.
Te l’ho già detto. - Mi arrendo, signor capitano. - “Riconosco di essere
stato sconfitto e di meritare tutto quello che lei mi farà, signor capitano”. - Riconosco di essere
stato sconfitto e di meritare tutto quello che lei mi farà, signor capitano. - Bravo, soldatino. Così
mi piace. Mi lascia e si alza. Va al
tavolo, prende la bottiglia e incomincia a bere. La svuota molto in fretta.
Apre la seconda e beve ancora. Io mi avvicino. Lui scuote la testa. Rimango disorientato. Non
avevamo concordato niente del genere. - Devi chiedere,
soldatino. - Capitano, posso bere
anch’io? - “Signor capitano”. - Posso bere anch’io,
signor capitano? - Quando avrò finito. Beve ancora. Non me ne
lascia molta. Faccio per sistemare il
cellulare, ma lui mi dice: - Lascia stare, tanto non
manca più molto. È vero, mancano solo tre
minuti all’ora prevista per la fine del terzo round. Lui aggiunge: - Hai qualche minuto in
più da vivere. Annuisco. Lui mi guarda e dice: - Non sarà una
passeggiata, soldatino. Scuoto la testa. - Per l’ultima volta,
soldatino, è quello che vuoi? - Sì, capitano. Il ceffone è inatteso: non
l’avevo previsto. La guancia è in fiamme. - “Signor capitano”, pezzo
di merda! - Sì, signor capitano. È
quello che voglio. Max annuisce. - Dirk, a questo punto io
non mi fermerò più. Chiaro? Qualunque cosa tu possa dire o fare. Annuisco. Avevamo
concordato che sarebbe stato così, che nessuna supplica da parte mia lo avrebbe
fermato. - Sì, signor capitano. Il cellulare suona.
Sobbalzo, ma poi penso che non è ancora il momento, è solo la fine del terzo
round. L’ultima pausa è più lunga, dieci minuti. Max mi guarda e sorride. - Sarà un piacere,
soldatino. Per me, almeno. Ride. Poi si siede su una panca
e non mi guarda più. Mi siedo anch’io. Sono stanco. Penso a quello che sta
per succedere. Quando il cellulare suona,
ci spostiamo in mezzo al campo. Max dice: - Senza bisogno di
arbitro, il capitano Max viene proclamato vincitore per tre a zero
nell’incontro con il soldato Dirk. Dirk, devi sottometterti e accettare di
essere fottuto, umiliato e ammazzato. Annuisco. Max conclude: - Incomincia il quarto
round. Il quarto round non è un
combattimento: semplicemente lui si prende il premio della sua vittoria. Lui mi afferra la testa
con le mani e mi forza a inginocchiarmi davanti a lui. Ora ho a una spanna
dal mio viso il suo cazzo, grosso e proteso in avanti. Lui si avvicina. La
cappella preme contro le mie labbra. Apro la bocca e l’accolgo. Muove
ritmicamente il culo, fottendomi. Smette dopo poco, si volta
e mi dice. - Leccami il culo,
soldatino. Eseguo. Dopo un po’, Max
dice: - Spingi bene la lingua
dentro il buco. Datti da fare. Annuisco ed eseguo. Lui si gira di nuovo e
riprende a fottermi in bocca. Spinge a fondo e a tratti il suo grosso cazzo
mi toglie il respiro. Mi sento soffocare, ma lui ogni tanto si ritrae,
lasciandomi prendere fiato. Per tre volte mi fa
succhiare il suo cazzo e poi leccare il suo culo. La quarta volta mi infila
il cazzo tra i denti e le labbra, poi di nuovo in bocca. Questa volta spinge
a fondo e quasi mi soffoca. Poi si stacca e mi spinge
a terra. Avanza verso di me e mi poggia il piede sulla faccia. Lo preme,
schiacciandomi la testa contro il pavimento. - Tira fuori la lingua,
soldatino. Apro la bocca, esito un
attimo, poi tiro fuori la lingua. Lui ci passa sopra il piede due volte. - Adesso a quattro zampe,
soldatino. Obbedisco. Ora. Ora mi
inculerà. Pochi possono vantarsi di aver gustato il mio culo e, a parte
Edgar, quasi tutti in un passato lontano, ma Max può farlo: mi ha sconfitto. Mi divarica le natiche,
sputa sopra il buco e senza tante cerimonie mi trapassa con il cazzo, come si
infila lo spiedo in culo a un pollo. Sobbalzo. Mi fotte con violenza,
facendomi un male bestiale. Ci dà dentro con gusto, a lungo. Il dolore è
forte, ma riesco a controllarmi. Mi ha vinto, può prendermi. Le spinte sono
talmente intense che faccio fatica a non crollare a terra. Questo bastardo ci
sa fare. Infine viene. Esce da me e
mi molla un calcio al culo. Finisco pancia a terra. Lui mi appoggia un piede
sulla schiena, poi la fa scivolare, finché l’alluce non passa lungo il solco
e preme contro il buco. La pressione aumenta. Un po’ di sborro esce fuori.
Lui toglie il piede e poi preme ancora. Altro sborro esce. - Adesso voltati sulla
schiena. Eseguo. Lo guardo
troneggiare, imponente, su di me. È un maschio magnifico. - Apri la bocca. Obbedisco. Mi ficca l’alluce in
bocca. - Pulisci bene. Con le labbra e la lingua
gli ripulisco le dita del piede dal mio sborro. Lui toglie il piede e mi
guarda, sorridendo. Poi mette i piedi uno a destra e uno a sinistra della mia
testa e incomincia a pisciarmi in faccia. Chiudo gli occhi. Quando ha finito, dice: - Ora di incominciare il quinto
round, soldatino. Annuisco. Il quinto round
è quello in cui lui mi ammazzerà. Max Come siamo d’accordo, mi
dirigo all’angolo in cui c’è il tavolo con le corde e il dildo. Quando arrivo
davanti al tavolo, dall’alto cala una gabbia: evidentemente una cellula
fotoelettrica ha fatto scattare il meccanismo quando sono passato. Mi ritrovo
prigioniero. Mi volto verso di lui, fingendo di essere furente. - Che cazzo significa? Lui si alza. Si lecca le
labbra. Gli piace sentire il gusto del mio piscio. Si avvicina a me. - Non amo essere
sconfitto, Max. E mi piace uccidere. E cosa c’è di meglio che uccidere un
maschio vigoroso, uno che mi ha battuto e fottuto? Ride. Pensa che ormai io abbia
capito le sue intenzioni: non sarà lui a crepare, questa sera. La vittima
sono io. - Figlio di puttana, così
stai ai patti? Alza le spalle. - Dei patti me ne fotto. - Che intendi fare,
bastardo? - Ti ammazzerò, ma non
sarà rapido, né piacevole. Ma, come hai detto tu, per me sarà un piacere. - Non è la prima volta,
vero? La domanda lo stupisce. Ma
risponde, tanto è convinto che ormai non andrò a raccontarlo a nessuno: - No, l’ho già fatto con
un altro. Anche lui mi aveva battuto. Mi ha di nuovo sconfitto qui e mi ha
inculato come hai fatto tu, ma… sono stato io a fotterlo davvero. - Figlio di puttana. E che
ne farai del mio cadavere? - Come ti avevo detto di
fare con il mio: una fossa nel giardino. Quel povero coglione, Edgar si
chiamava, è sotto le ortensie. Annuisco e sorrido. Lui mi
guarda perplesso. Non capisce perché sorrido. Ma io vedo già Fred e Donovan dietro
di lui, con le pistole puntate. La voce alle sue spalle lo
fa sobbalzare. - Alza le mani, pezzo di
merda. Si volta. Vede i due poliziotti
che lo tengono sotto tiro. - Che cazzo significa? - Ti ho detto di alzare le
mani, stronzo. Obbedisce, anche se è
assurdo: non ha armi ed è nudo. - Con la faccia contro il muro, le braccia in
alto. Esegue. Fred si avvicina,
gli mette un paio di manette a un polso, poi gli abbassa il braccio, in modo
che sia dietro la schiena, lo forza ad abbassare l’altro e chiude le manette.
- Voltati, stronzo. Si volta verso Fred e
Donovan. È confuso. È stato tutto molto rapido e completamente inatteso. - Adesso dicci come apriamo
quella gabbia. E non fare scherzi. Esita un momento, ma ha
capito anche lui che non ha senso cercare di opporsi. Spiega come devono
fare. Un minuto dopo sono davanti
a lui. - Sono alcuni mesi che
indaghiamo sulla scomparsa di Edgar Carver. Lui aveva raccontato a un amico dell’incontro
che doveva fare con qualcuno conosciuto su Internet. Qualcuno che lui avrebbe
battuto e poi ammazzato, in cambio di una bella somma. - Quel bastardo! Si era
impegnato a non raccontare niente a nessuno! Io rido e proseguo: - Abbiamo pensato subito
che quel qualcuno potessi essere tu. Non è stato difficile contattarti. Il
resto lo puoi immaginare. Sì, il resto lo può
immaginare. Io sono arrivato con Fred e Donovan, che si sono nascosti dietro
la porta e hanno atteso il momento giusto per intervenire, quando lui ha
detto di aver ammazzato Carver e ha rivelato dove l’ha sepolto. Mi guarda e osserva,
ironico: - Direi che non sei stato
ai patti. Rido. - Da che pulpito vien la
predica! Fumo il sigaro, affacciato
alla finestra. Se fumo in ufficio, l’ispettore mi rompe i coglioni. Me li
rompe lo stesso, perché mi chiama quando ho appena incominciato. Spengo il
sigaro e passo nel suo ufficio. Ci sono già Alan, Fred e
Donovan. - Ragazzi, avete fatto un
ottimo lavoro. La tua idea era giusta, Max. La strategia che hai ideato è
stata alquanto particolare, ma ha dato i risultati sperati. Abbiamo catturato
l’assassino di Edgar Carver e di altri tre uomini. Scavando nel giardino di Dirk
Maler sono saltati fuori altri cadaveri. Donovan chiede: - Si sa chi sono? - No, Maler rifiuta di
collaborare, ma ne verremo a capo. Comunque, ragazzi, avete davvero fatto un
buon lavoro. L’ispettore ci dà ancora
alcune informazioni, poi congeda Donovan e Alan e si rivolge a me e Fred: - Ragazzi, quello che
abbiamo fatto per catturare l’assassino è stato alquanto… particolare. È
meglio che non si sappia in giro. Al processo se ne parlerà brevemente, ma
non credo che sia interesse della difesa approfondire e naturalmente non lo è
neanche nel nostro. Gli rispondo io: - Stia tranquillo,
ispettore, il capitano Max e il sergente Swine non entreranno nei dettagli. Fred sorride e aggiunge: - Il sergente Swine ha ben
poco da raccontare, ispettore. Ho solo fatto da spalla a Max. Lui invece di
cose da raccontare ne avrebbe. E anche molto interessanti. Fred ride. L’ispettore lo
squadra e gli dice: - Sono sicuro che Max
terrà la bocca chiusa. E tu farai altrettanto, vero, Fred? Ci sono un sacco
di aspiranti poliziotti che sarebbero ben felici di essere assunti se il tuo
posto si rendesse libero. La minaccia è scherzosa:
Fred è un ottimo agente e di sicuro l’ispettore non lo licenzierebbe. Ma
l’invito a stare zitti va preso sul serio: se si sapesse che cosa abbiamo fatto
– e in particolare che cosa ho fatto io – qualcuno avrebbe da ridire, di
sicuro. Fred ha fatto poco, nel suo ruolo di sergente Swine ha scambiato tweet
con Maler, ma niente di più: Maler ha agganciato me e non lui, perciò a quel
punto Fred si è limitato a farmi da spalla. Al processo non se ne parlerà
neanche: quei tweet non hanno nessuna rilevanza. Uscendo dalla stanza
dell’ispettore, Fred mi chiede se voglio un caffè. L’idea non mi dispiace e
poi chiacchiero volentieri con Fred. Ha un’aria tranquilla, da bravo ragazzo,
ma è un tipo tosto, con i coglioni. Ho parecchia stima di lui. Fred sorride e dice: - Certo che hai avuto un
bel coraggio: quel bastardo poteva ammazzarti senza nessun preavviso. Scuoto la testa. - No, Fred, anzi, sergente
Swine, Maler non è il tipo. Lui voleva godersi l’agonia e la morte. Sarebbe
stata una cosa lenta. Ero sicuro che tu e Donovan avreste avuto tutto il
tempo di intervenire. - Ci credo. Ma non conosco
abbastanza questa realtà per giudicare. - Direi che come sergente
Swine eri bravissimo. Fred ride. Ha una bella
risata, calda, piacevole. - All’inizio era un po’ in
imbarazzo. Mi dicevo: e se poi qualcuno scopre che questi tweet li ho scritti
io? - Te la cavavi davvero
bene. Non eri mai a corto di idee da maiale, per tenere fede al nome che ti
eri dato. - Non era una parte
difficile. A te posso confessarlo: queste fantasie mi divertivano e certe
volte me lo facevano anche venire duro. La tua parte era molto più
impegnativa. Ed era alquanto pericolosa. Però aveva anche aspetti piacevoli.
O mi sbaglio? Fred ride di nuovo. Annuisco. - No, non ti sbagli. Sai
che questo genere di cose mi piacciono. I colleghi sanno che ho
una passione per il sesso violento, la lotta e il bondage, anche se di solito
non ne parlo in ufficio. Non è un caso se l’ispettore ha scelto me per
agganciare Maler, facendomi anche costruire un’identità falsa su Facebook. Fred annuisce. - Sì, credo che per te sia
stata un’esperienza interessante. - Senza dubbio. Maler è un
figlio di puttana, che non sta ai patti, ma affrontare uno come lui… cazzo! - Sì, era chiaro che ti
stavi divertendo. - Divertendo forse non è
il termine giusto. Ma mi è piaciuto, tutto. - Ti sarebbe piaciuto
anche ucciderlo? La sua domanda mi spiazza.
Non me l’aspettavo. Dico la verità: - No, direi di no. Lui è
un assassino, io no: a me non piace uccidere. Ma tutto il resto è stato
davvero forte. Fred annuisce. Io
aggiungo, ironico: - Mi sa che anche voi,
dietro la porta, vi siate divertiti. Fred ridacchia. Forse ora
è leggermente imbarazzato. - In effetti. Non so a
Donovan, ma a me è venuto duro. Era un bello spettacolo, anche se non
potevamo vederlo bene, per evitare di essere scoperti. Una lotta così. E poi
il finale… Ha abbassato gli occhi.
Una cosa insolita in Fred, che ti guarda sempre diritto negli occhi. È
decisamente in imbarazzo. Una mezza idea mi passa per la testa. - Avresti voluto essere al
mio posto? O a quello di Maler? Fred mi guarda un attimo, di
nuovo abbassa lo sguardo e ridacchia. - Non so davvero come me
la caverei, in una situazione del genere. - L’unico modo per saperlo
è provare. L’ho detto seriamente.
Anche lui diventa serio e mi guarda diritto negli occhi. È disorientato.
Vorrebbe provare, questo è sicuro, ma è incerto. Non voglio forzarlo, ma mi
piace parecchio e sarebbe bello… Sorride. - Tu dici che lancio un
tweet dicendo che voglio partecipare a un incontro di lotta con finale di
sesso brutale? - No, conosco una via più
semplice. - E sarebbe? - Vieni a casa mia questa
sera. È giusto venerdì e domani e dopodomani non siamo di turno, no? Fred non sorride più. Mi
guarda, molto serio, e mi dice: - Max, di te mi fido
pienamente e non ho paura di mettermi nelle tue mani. Mi prometti che ti
fermerai quanto te lo dirò io? Sorrido. - Sì, non occorre fare
tutto la prima sera, no? Anche Fred sorride.
Annuisce. - Sì, un po’ per volta. - A che ora? - Ti va bene verso le
otto? Tanto è meglio che tu non ceni. Meglio non avere niente sullo stomaco,
in questi casi. Magari ci facciamo uno spuntino dopo… Fred annuisce di nuovo, senza
dire nulla. Mi sembra che sia scosso, ma se non vuole venire, basta che lo
dica. Sorride ancora e dice: - Va bene, questa sera
alle otto. Mi faccio una doccia prima. - Te la puoi fare da me. - D’accordo. A dopo. Fred torna alla sua
scrivania e si mette al lavoro. Anch’io faccio altrettanto, ma a un certo
punto sento che mi sta fissando e alzo lo sguardo. Lui mi sorride. Mi piace
il suo sorriso. Penso a questa sera. E mi
accorgo che ce l’ho duro. Sarà la prima volta che mi dedico ai miei giochi
con un collega, con qualcuno con cui condivido altre cose, potrei dire con un
amico: Fred, anche se non siamo particolarmente legati, è un amico, perché so
che su di lui posso sempre contare. Ogni tanto mi capita di
affrontare qualcuno di nuovo, ma di solito lotto con gli altri del giro.
Molti li conosco e so in che misura posso fidarmi di loro, so quali fanno uso
regolare del preservativo e quali invece ne fanno a meno, magari ricorrendo
ai farmaci PrEP. Con alcuni mi trovo molto bene, ma non sono miei amici: con
loro parlo quasi esclusivamente di lotta. Abbiamo un gruppo segreto su
Facebook, che ci permette di scambiarci informazioni e di organizzare
incontri e qualche volta piccoli tornei. Nei giorni scorsi,
parlando dell’inchiesta relativa a Maler, Fred mi ha detto che non ha quasi mai
praticato la lotta al di fuori della formazione che riceviamo in quanto
agenti. Di solito evito quelli che non ne sanno proprio niente: rischiano di
farsi male e di fare male pure a te. Un mio amico è finito all’ospedale
perché un coglione alle prime armi è andato in panico e gli ha lesionato due
vertebre. Ma Fred è uno che sa quello che fa e ha l’esperienza degli
addestramenti. Guardo Fred e penso che
questa sera scoperò con lui. Lo fotterò, di questo sono sicuro: Fred è forte
e ben addestrato, ma io sono più forte di lui e ho un’esperienza di gran
lunga maggiore di lotta. Pochissimi possono vantarsi di avermi battuto. L’idea
di fottere Fred me lo fa venire duro immediatamente. Cazzo! Non sarà facile
reggere fino a questa sera. Dovrei cercare di pensare a qualche cos’altro,
magari al lavoro, per cui mi pagano pure, ma le parole di Fred e l’idea che
stasera ci affronteremo hanno dato ai miei pensieri un’altra direzione e poi,
dopo quest’indagine, alquanto impegnativa a ogni livello, un po’ di riposo me
lo sono pure meritato. Chissà se Fred entrerà nel
giro? Mi immagino Fred che viene fottuto da Daniel. O che fotte Michel.
Cazzo! Il mio cazzo è sempre più duro. Penso a come ho
incominciato io. È stato Martin, il Tedesco, come lo chiamavano nel giro, a
iniziarmi a queste pratiche, quando già scopavamo insieme da mesi. Ci siamo
conosciuti alla palestra di lotta. Lui aveva quindici anni in più di me, li
ha ancora, perché non è morto: anche se ho perso i contatti con lui, so che è
vivo e vegeto. Martin mi ha insegnato
molte cose: grazie a lui ho conosciuto la realtà del sesso violento e di
questa lotta che si conclude con la totale sottomissione di uno dei due; ho
scoperto il legame tra il piacere e il dolore: ho imparato a conoscermi
meglio, anche le parti più oscure di me. Non ho seguito Martin fino in fondo:
lui era molto oltre. Ma era un buon maestro e non ha mai cercato di forzarmi.
Mi ha sempre detto che aveva senso fare solo ciò di cui ero davvero convinto
o che almeno ero curioso di provare, senza impormi ciò che era estraneo al
mio modo di essere. Ho amato Martin. Quando se
n’è andato, mi è sembrato di impazzire. Poi mi sono reso conto che è stato il
suo ultimo insegnamento: non attaccarsi alle persone. Quando voglio scopare,
posso farlo. Anche se sono brutto, il mio corpo forte attira sempre un po’ di
maschi, soprattutto giovani. E poi ci sono le lotte e le sedute di bondage.
Non rimango mai a stecchetto. Quanto all’amore, si vive benissimo senza. Fred arriva puntuale. Su
questo non avevo dubbi: Fred è sempre puntuale. I cani lo annusano un po’
e gli scodinzolano intorno. Licker, che è sempre in cerca di coccole, si
struscia contro di lui. Fred lo accarezza. Adesso non se lo toglie più di
torno. Non l’avevo avvisato dei
cani, non ci avevo proprio pensato. C’è gente che ne ha paura, ma Fred evidentemente
non è tra questi. Fred non è in divisa, naturalmente,
e ha con sé un borsone. - Guarda che un
accappatoio pulito da darti l’avevo anch’io. - Ho fatto che prendere la
borsa della palestra. - Sei pronto? Lui annuisce. Smette di
accarezzare Licker e risponde: - Un po’ spaventato, ma
pronto. Mi piace la sua sincerità.
Rido e osservo: - Hai ottimi motivi per
essere spaventato… Lui scuote la testa,
sorride e dice solo: - Stronzo! Sorrido anch’io. - Dai, andiamo a farci la
doccia. Raggiungo la scala che
porta al seminterrato. - Hai la doccia nello
scantinato? - Quella che uso in queste
occasioni, certo. Se facciamo un incontro ci dev’essere tutto il necessario. - Anche la vasca per
sciogliere i cadaveri nell’acido? Rido e dico: - Certamente. In effetti ho attrezzato
il seminterrato per le mie attività : un locale per gli incontri di lotta, un
altro per il bondage, una piccola palestra, lo spogliatoio, le docce, il bagno
turco e il cesso. È stata l’eredità di uno zio, un fratello di mio padre a
cui piacevo molto perché mi trovava brutto come lui (non l’ha mai detto in
questi termini, ma l’idea era quella): grazie a quei soldi ho potuto far
risistemare tutto il seminterrato come volevo io. Chiudo la porta di accesso
dietro di me, lasciando fuori Licker, che protesta, e Gruntie: durante gli
incontri preferisco evitare di avere i cani che gironzolano. Nello spogliatoio ci
togliamo il non molto che abbiamo addosso: ormai è quasi estate e, sarà il
riscaldamento climatico, sarà che la California non è propriamente vicino al
Polo, una maglietta e i pantaloni leggeri sono più che sufficienti. - Cazzo, Max, ma sembra di
essere in palestra. Gli armadietti, le panche… pure le ciabatte da doccia
hai! Gli armadietti sono solo
otto: è difficile che abbia più di tre ospiti, per un piccolo torneo a
quattro, ma non è che aggiungerne quattro facesse molta differenza. Fred ha le sue ciabatte da
doccia e se le mette. Io non me le metto: tutto è stato pulito e nelle ultime
settimane non è venuto nessuno qui, perché la faccenda di Soldier Dirk mi ha
impegnato parecchio e non mi sono dedicato ai miei passatempi preferiti. - Qualche volta ho ospiti.
Poi ti faccio vedere il resto. Passiamo nelle docce. Non
è uno spazio molto grande: quattro docce senza divisori di nessun tipo. È
bello guardarsi quando ci si lava prima o dopo l’incontro. Ci laviamo e intanto gli
chiedo: - Ti va bene lottare nudi
o preferisci se ci teniamo gli slip fino a che non riusciamo a toglierli
l’uno all’altro? Però ti avviso: se li togliamo nella lotta, può capitare che
li laceriamo. Di solito usiamo jock-strap o costumi elastici. - Va bene nudi. Ci asciughiamo con gli
accappatoi, poi li appendiamo. Quando siamo di nuovo nudi lo guardo e penso
che glielo metterò in culo. E il cazzo mi si tende in un attimo. Fred ride e dice: - Ti vedo alquanto
impaziente. Guardo il suo cazzo, che
non è neanche lui a riposo. - Non è che io sono impaziente.
Sei tu che sei lento. Fred scoppia in un’altra
risata. - No, è che ho un’idea di
quello che mi aspetta. È il mio turno di ridere. - Hai pisciato? La vescica
dev’essere vuota. Lui annuisce. - Lo so, Max. Passiamo nel locale
adibito agli incontri. È una stanza quadrata, con il pavimento in legno
rivestito da uno strato di materiale che attutisce gli urti. - Fred, credo che tu
conosca le regole abituali. Si tratta di bloccare l’avversario. Non si usano
pugni o calci, se non per difendersi. Per il resto, va bene più o meno tutto.
Ma le regole non sono rigide, per cui se preferisci che ne stabiliamo altre,
basta che tu lo dica. In questi incontri molti preferiscono allargare o
restringere ciò che è permesso. - No, va bene così. Se
faccio qualche cosa che non devo, me lo dici. - Certo. E se a un certo
punto vuoi che mi fermi, basta che tu me lo dica. Lui annuisce. - Voglio andare fino in
fondo, Max, ma se mi rendo conto che non ce la faccio, ti avviserò. - Allora imposto
l’orologio. Al suono incominciamo. Dopo dieci minuti suona di nuovo e ci
fermiamo per un intervallo. Dopo che ho sistemato
l’orologio, ci mettiamo in posizione, uno davanti all’altro, in mezzo alla
stanza. Quando l’orologio suona,
incominciamo a muoverci, ma per un momento nessuno dei due si avvicina
troppo. Poi sono io a saltargli addosso e a farlo cadere. Reagisce con un sonoro
“figlio di puttana!”, ma anche con un rapido movimento che gli consente di
sfuggire alla mia presa. Forse se mi fossi mosso con maggiore convinzione, lo
avrei bloccato, ma non mi sto impegnando troppo, un po’ perché sono sicuro di
batterlo e un po’ perché non voglio che l’incontro si concluda subito: non ci
sarebbe gusto né per lui, né per me, anche se io sono impaziente di gustare
il suo culo. La lotta prosegue, con la solita
sequela di insulti da una parte e dall’altra. Ci diamo a vicenda del bastardo
e del pezzo di merda. Quando non ci insultiamo o non ci minacciamo,
imprechiamo. È abbastanza frequente in
questa lotta, ma Fred lo dice sorridendo e mi piace sentirlo imprecare e
maledirmi. L’unico elemento che mi
impaccia un po’, è la tensione sessuale. Mi sembra che il cazzo sia sul punto
di scoppiare. In queste lotte avercelo duro è normale: il continuo contatto
con il corpo dell’altro accende il desiderio e spesso stringere il cazzo o i
coglioni o stuzzicare il buco del culo dell’avversario è un modo per
distrarlo. Ma questa volta la tensione è fortissima. Mi chiedo se non verrò
durante la lotta. Non mi succede da molto tempo, ma nei primi incontri si era
verificato. È una cosa che di solito capita ai lottatori molto giovani o alle
prime armi. Io ormai ho trentaquattro anni e ho un’ampia esperienza. I minuti passano e mi
rendo conto che Fred è un osso assai più duro del previsto. Mi impegno di più
e, poco prima che la suoneria dell’orologio segni la fine del primo round,
riesco infine a bloccarlo. Sono disteso a terra, sulla schiena. Lui è sopra
di me e il mio braccio gli stringe il collo, premendo sulle arterie. Non può
liberarsi, perché con una gamba gli impedisco di ruotare. - Ti arrendi? Tra pochi
secondi svieni. Di certo se ne rende conto
anche lui, ma la sua risposta non è quella che mi sarei aspettato. - Se non è troppo
pericoloso, stringi. Io annuisco e aumento la
pressione. Fred ha due movimenti convulsi delle gambe, il suo corpo si tende
e poi si affloscia. Mollo la presa. Conosco
benissimo questo tipo di pressione sul collo, che riduce l’afflusso di sangue
al cervello e fa perdere i sensi, ma non ha altre conseguenze, se non è
prolungata. Bisogna fare molta attenzione quando si preme sul collo: se uno
non sa esattamente come fare, può provocare danni gravi. Ma con me Fred non
corre rischi. Fred si risveglia poco
dopo, mentre la suoneria del telefono ci dice che il round è finito. - Tutto a posto, Fred? - Sì, perfetto. Grazie. Il fatto che mi ringrazi
mi stupisce. Lui rimane fermo, steso su di me. È piacevole, parecchio, anche
se sentire il suo culo premere sul mio cazzo rischia di farmi venire. - Non sono un materasso, per
cui alza il culo, pigrone. Fred ride e si alza,
rispondendomi: - Peccato, come materasso
mi sembravi perfetto. Dotato di tutto il necessario, compresi accessori che i
materassi di solito non hanno. E mentre lo dice mi sfiora
il cazzo con la mano. Credo se me lo avesse afferrato, sarei venuto. Ora siamo in piedi tutti e
due. Lo guardo e mi chiedo se riuscirò a reggere fino alla fine del terzo
round. Ho una voglia pazza di fotterlo, qui e ora. Non credo che mi direbbe
di no, ma è venuto qui per provare altro (o meglio: anche altro), per cui non
mi sembrerebbe corretto. Beviamo un sorso d’acqua,
perché abbiamo tutti e due la gola secca. Guardo di nuovo Fred. Mi
piace, cazzo!, se mi piace. Non è bello neanche lui, ma è un vero maschio. Ci disponiamo per il
secondo round. Quando il telefono suona,
scatto in avanti, ma non riesco a prendere Fred di sorpresa. Lui scarta e
tendendo la gamba mi fa cadere. Mi salta addosso e lottiamo a terra. È forte,
‘sto bastardo, più di quanto mi aspettassi. Mi fa piacere lottare con lui. Riesco a liberarmi. Fred
si rialza e rimaniamo un momento a guardarci. Mi dico che adesso gli salto
addosso e lo fotto, perché non sono più in grado di aspettare. Per fortuna ho
un buon autocontrollo. La lotta riprende. A un
certo punto ci ritroviamo nella posizione in cui eravamo alla fine del primo
round, ma lui sotto e io sopra. Lui cerca di stringermi alla gola, ma io ho
fatto in tempo a mettere la mano sotto il suo braccio e gli impedisco di
stringere a sufficienza. Intanto però sento la pressione del suo cazzo contro
il mio culo ed è una sensazione violenta, che mi fa abbassare la guardia.
Fred ne approfitta per rafforzare la sua posizione, ma io faccio forza e
riesco a liberarmi. Dopo alcuni colpi, finiamo di nuovo a terra. Questa volta
gli afferro i coglioni e lui ha un guizzo. Colgo il momento e lo blocco. Non
è una presa sufficientemente forte per tenerlo fermo, ma mi permette di
sculacciarlo: la mia mano batte con forza sul suo culo, lasciando segni
rossi. Lui mi dà dello stronzo e mi afferra il cazzo. Io trattengo il fiato e
lui riesce a liberarsi. Alla fine del secondo
round arriviamo sudati fradici, tanto che quando cerchiamo di afferrarci, non
riusciamo a fare presa. Il telefono suona. Fred è
riuscito a non farsi bloccare. Beviamo tutti e due,
svuotando la bottiglia: prima che la vescica si riempia, sarà finito anche il
terzo round. Fred chiede: - E quando in un round
nessuno riesce a bloccare l’altro, come è successo adesso, che si fa? - Se c’è un arbitro, è lui
a decidere a chi va l’incontro. Altrimenti lo valutiamo noi. - Non è che ognuno
pretende di aver vinto? Scuoto la testa. - C’è gente così,
naturalmente, ma quelli che amano davvero la lotta li evitano o quando
vogliono affrontarli, prendono un arbitro. Fred ride e dice: - Ci sono corsi di
formazione per diventare arbitri in questo genere di lotta? - No, se ne occupano altri
lottatori. Ho fatto parecchie volte da arbitro. - E che giudizio daresti
di questo incontro? - 2-1 per me. Ti sei
difeso molto bene, ma ho avuto il sopravvento. Il primo incontro è ovviamente
3-0, perché ti ho bloccato. - Allora ormai ho perso. - Se ti fidi del mio
giudizio, sì. Ma non ha importanza: al terzo round ti fotto. E poi ti fotto. Ride. Il terzo round si rivela
più difficile di quanto mi aspettassi. Io cerco una vittoria netta, ma Fred
riesce sempre a sfuggirmi e in più momenti mi mette in difficoltà. Incomincio
a pensare che in questo round sarebbe lui ad avere il giudizio più alto, ma in
un momento in cui riesco ad afferrarlo da dietro e i nostri corpi aderiscono,
avverto un’incertezza: il contatto turba anche lui. Ne approfitto: fingo di
mollarlo e abbozzo una presa diversa. Lui reagisce, ma io con un movimento
rapido lo blocco di nuovo, come prima. Il mio braccio gli stringe il collo.
Sento che si abbandona. - Ti arrendi? - Sì. Lo lascio. Si stacca. Ansima,
leggermente piegato in avanti. Guardo il suo culo. Non ce la faccio più. Lui
si volta e mi dice: - Adesso c’è il quarto
round, no? - Dopo che abbiamo bevuto
e tirato il fiato. Sei così impaziente? Con la mano mi indica il
suo cazzo, perfettamente in tiro. - Ma no, che dici? Poi guarda il mio cazzo,
che sembra sul punto di scoppiare, e aggiunge: - Meno male che tu invece… Ridiamo. Poi beviamo tutti
e due. Io bevo parecchio. Intanto il telefono suona la fine del round, ma
ormai l’incontro è concluso. Dopo un buon momento, io
dico: - Ora, agente Fred,
incomincia il divertimento. Il mio. Lui sorride e annuisce. - Sono pronto. - Io ti farò una serie di
cose e ti darò alcuni ordini. Normalmente chi è stato sconfitto obbedisce e
basta. Ma tu hai il potere di dire no a quello che non vuoi fare. Questa
volta. Mi domando se davvero mi
chiederà di fermarmi. Ho l’impressione che non lo farà. Fred è un tipo tosto
e io in realtà non faccio nulla di speciale, a parte il bondage, di cui non
abbiamo parlato e che perciò oggi non utilizzerò. Ci sono lottatori che vanno
molto oltre. A me non interessa e alcune cose che ho visto fare non mi
piacciono proprio. - In ginocchio, agente
Fred. Fred obbedisce e risponde: - Ai suoi ordini, agente
Max. O devo chiamarti capitano Max? - Non sono capitano, sono
solo un agente. Gli prendo la testa e
l’avvicino al mio cazzo. Lui apre la bocca e io glielo infilo in bocca. Muovo
il culo e lo fotto in bocca un buon momento. Lui non sa bene che cosa deve
fare, ma capisce che non gli sto chiedendo niente. La sensazione della sua
bocca calda e umida intorno al mio cazzo è splendida. Spingo a fondo,
parecchio, fermandomi quando il mio cazzo è quasi tutto dentro la sua bocca.
Vedo che respira a fatica. Fa parte del gioco. Poi mi ritiro. - Leccami coglioni,
agente. Fred annuisce e incomincia
a passare la lingua sui coglioni. È evidente che non gli spiace per niente.
Lecca, succhia anche un po’, li prende in bocca, uno per volta. - Ora leccami il culo. Ci siamo lavati bene,
prima, ma adesso siamo madidi di sudore. Fred non esita. Rimanendo
in ginocchio, passa dietro di me e incomincia a passare la lingua sul solco,
più volte. Mi molla anche due morsi e si becca una sberla (non troppo forte). - Non ti ho detto di
mordere. - Mi scuso, agente.
Eccesso di zelo. Ripassa la lingua, preme
contro il buco. - Il cazzo ora. Ritorna davanti. Gli
infilo il cazzo in bocca. - Succhia, lecca. La sua lingua, le sue
labbra! Cazzo! Cazzo! Rischio di venire qui e ora. - Fermo! Mi ritraggo. - A quattro zampe. Lui obbedisce. Prendo dal cassetto del
tavolo i preservativi. Me ne infilo uno. Guardo il suo culo. Guardo
il buco. Mi inumidisco due dita e
preparo l’apertura. Certe volte entro molto deciso, ma non voglio fare troppo
male a Fred e so che ce l’ho molto grosso. Il culo di Fred non è certo
vergine, ma se entro deciso gli faccio male. Non questa volta. Spingo il cazzo contro
l’apertura, la forzo. Lui respira a fondo e china il capo. Io avanzo il culo
e il mio cazzo scivola dentro, fino in fondo. Fred sussulta. - Hai perso, agente Fred.
E ora ce l’hai in culo. È quanto ti sei meritato. Lui annuisce. Spingo avanti e indietro
ed è una meraviglia. Il culo di Fred è caldo e sodo. Non deve prenderselo
spesso in culo. Spingo e mi ritraggo. È davvero splendido. Ogni tanto mi
fermo, perché altrimenti vengo troppo presto. Vorrei che continuasse
all’infinito, ma infine arriva il momento in cui non riesco più a contenere
il piacere che esplode. Vengo con una serie di spinte violente, che strappano
a Fred un gemito. Chiudo gli occhi e
lentamente riprendo a respirare normalmente. Poi ritiro il cazzo, mi
tolgo il preservativo e ordino. - Stenditi sulla schiena. Lui si volta. Mi sembra un
po’ scosso. Devo avergli fatto male, più di quanto volessi. Lo guardo un attimo,
perplesso. - Tutto bene? Lui annuisce. Prendo il preservativo e
gli rovescio lo sborro in faccia, sulla bocca, la barba e i baffi. Poi passo
il mio piede sulla sua faccia, spargendo lo sborro. - Lecca! Gli metto il piede sulla
bocca. Lui tira fuori la lingua e lecca con cura. Io gli passo altre due
volte il piede sulla faccia, poi glielo metto sulla bocca e lui di nuovo
lecca. - Adesso rimani così e ti
fai una sega mentre bevi il mio piscio. Lui annuisce. - Incomincia! Si afferra il cazzo, che è
bello duro, e incomincia a menarselo. Io mi siedo sul suo torace. - Apri la bocca. Lui esegue e incomincio a
pisciare. Dopo un po’ non ce la fa più a inghiottire, per cui chiude la
bocca. Allora gli piscio in faccia. Poi riapre la bocca e beve
ancora un po’. Intanto vedo che si tende e infine geme. Mi alzo e gli guardo
il ventre. Dal suo cazzo lo sborro si sparge sul ventre e sul torace. Allora
mi chino e gli passo il mio cazzo sul corpo, raccogliendo il suo sborro. Poi
glielo infilo in bocca. - Pulisci. Lui esegue. Succhia con
cura. Quando ha finito, mi siedo
accanto a lui. - Direi che per oggi può
bastare. Lui annuisce. - Sì, può bastare. Mi stendo al suo fianco. Fred
mi prende la mano e la stringe. Il suo gesto mi sorprende, ma mi fa piacere. - Grazie, Max. Rido. - Di che? Di averti
inculato? Di averti fatto bere piscio e sborro? Lui annuisce. - Sì, di essere stato
all’altezza, di non avermi tradito. Di non esserti frenato. O invece ti sei
frenato? Lo guardo e scuoto la
testa. - No, direi di no. Non
vado molto oltre, qui. Nel locale di là, con il bondage, il gioco è diverso…
Se hai voglia, ti farò vedere. - Sì, ne ho voglia. Ma per
il momento va bene così. Grazie. Fred È stata un’esperienza fortissima.
In primo luogo perché è stato con Max, che mi attrae come di rado mi è
capitato in vita mia. Anche solo scopare con lui sarebbe stato bello. Lottare
con lui è stato superlativo. Ma non è solo questo. Volevo davvero provare,
lottare, mettermi completamente nelle mani di Max. E mi è piaciuto,
moltissimo. Quando mi ha stretto il collo… Cazzo! Ero nelle sue mani, senza
difese. Avrebbe potuto uccidermi. Ma sapevo di potermi fidare di lui. Sì, è
questo che mi eccita: l’essere senza difese in mano a un uomo forte, il
rischio, ma anche la certezza che quest’uomo non mi farà male. La voce di Max mi
riscuote. - Ora di alzarsi. Adesso do
una lavata. Queste cose non le faccio fare alla signora delle pulizie. Lo guardo mentre prende da
un armadietto straccio, secchio e spazzolone. Rapidamente cancella ogni
traccia dei nostri liquidi: sudore, sborro, piscio. Poi dà una lavata allo
straccio e lo mette vicino alla lavatrice. Dopo ci facciamo la
doccia. Guardo il corpo possente di Max. Lontanissimo dagli Apollo che si
vedono in rete, quasi inquietante nella sua forza brutale, che questa sera ho
sperimentato. Il culo mi fa ancora male, ma va benissimo così. Mi piace. Mi
piace fisicamente. Mi piacciono le sue mani, grosse, forti, pelose. Mi piace
il suo corpo vigoroso. Mi piace il suo cazzo, splendido, che ho sentito in
bocca e in culo. Mi piacciono i suoi coglioni, di cui ora conosco il gusto.
Mi piace persino la sua faccia: mi piace la sua bruttezza maschia. Quando abbiamo quasi
finito di lavarci e l’acqua ha portato via le tracce di quanto è avvenuto, mi
avvicino a lui. Gli prendo la testa tra le mani e dico: - Posso? Lui sorride e annuisce. Lo
bacio sulla bocca. Lui mi stringe e rimaniamo abbracciati, sotto il getto
d’acqua. Poi ci separiamo, ci
asciughiamo e saliamo al piano di sopra. I cani ci accolgono festosi. Mi sono
sempre piaciuti i cani e questo scuro di pelo è un coccolone. Lo accarezzo. Max dice: - Non so tu, ma io ho una
fame da lupo. - Anch’io. Max annuisce. - La lotta mette sempre
appetito. - Potrò mangiare anch’io o
dovrò rimanere sotto il tavolo e scodinzolare, sperando che tu sia tanto
buono da gettarmi qualche tozzo di pane? Lui ride. - No, master/slave non è
il mio genere. Lottiamo, ti spacco il culo, magari se facciamo una seduta di
bondage faccio di peggio, ma poi siamo due amici che mangiano insieme. E
comunque sotto il tavolo non riusciresti a mangiare neanche un boccone: se li
prenderebbero tutti Gruntie e Licker. Rido. - Allora grazie per
permettermi di sedermi a tavola. Sei anche un buon cuoco? - Quante pretese! Io gli chiedo ancora: - Ma perché li hai
chiamati Gruntie e Licker, i cani? - Io li avevo chiamati
Andy e Jerry, ma Andy passava il tempo fin da quando era cucciolo a leccarmi
la faccia, le mani e qualsiasi parte del corpo avessi scoperta. - Qualsiasi? Max mi guarda, scuote la
testa e ride. - Sì, qualsiasi. Ma lecca
solo, non morde. - Meno male. - Per quello ha ricevuto
il soprannome di Licker. - E Gruntie? - Gruntie, alias Jerry, è geloso
di Licker e brontola sempre. - Secondo me perché non
gli presti abbastanza attenzione. Max si mette a cucinare e
intanto mi dà le istruzioni per preparare la tavola. Vedo che sembra
abbastanza sicuro di sé ai fornelli. Quando ho finito di preparare, giocherello un po’ con i cani. Sono
adorabili. Licker mi lava la faccia e le mani. Io distribuisco carezze a lui
e a Gruntie in misura uguale. Quando infine è ora di
metterci a tavola, devo lavarmi le mani (e la faccia). Ci sediamo e Max porta il
piatto che ha preparato: bistecca con patate. Niente cucina francese o
italiana, ma la bistecca è buona e le patate pure. C’è anche del formaggio e
poi un gelato. Dopo che abbiamo finito,
dico quello che devo dire: - Max, non voglio impormi.
Dopo l’incontro e la cena, è previsto che l’ospite torni a casa, suppongo. Max aveva parlato del
fatto che domani e domenica siamo liberi, ma questo non significa niente e
non voglio in nessun modo forzarlo. Lui sorride e risponde: - Sì, di solito è così,
anche se più volte mi è capitato di ospitare per il fine settimana qualcuno
che veniva da fuori per combattere. Però… - Però? - Però se il mio collega
Fred avesse voglia di fermarsi domani e anche dopodomani, io sarei più
contento. E magari domani potremmo fare un bis o potrei dargli qualche
lezione di lotta. Le sue parole mi fanno
immensamente piacere. Ho voglia di passare la notte accanto a Fred, di
scopare ancora con lui, di provare anche qualche cosa di nuovo. - Il tuo collega si ferma
volentieri. Dopo cena vediamo un film
alla televisione, seduti uno di fianco all’altro. Avrei una mezza voglia di
scopare di nuovo, ma non voglio prendere l’iniziativa. I cani si avvicinano:
vogliono un po’ di carezze e a me piace coccolarli. Ogni tanto invece
accarezzo Max, dicendogli: - Altrimenti diventi
geloso dei cani. Lui ride. Licker mi lecca le mani e
la faccia. Io rido. È davvero coccoloso. Gruntie si struscia contro Max.
Accarezzo un po’ anche lui. Poi ce ne andiamo a letto.
I cani li lascia fuori. - Altrimenti domani
mattina ci ritroviamo in quattro nel letto. Gruntie si lamenta. - Li fai dormire con te,
qualche volta? - Ogni tanto lascio la
porta aperta, ma questo significa ritrovarseli addosso il mattino. Poi Max mi abbraccia e ci
addormentiamo così. Il mattino dopo mi sveglio
perché Max si è alzato. Lo sento andare in bagno. Mi alzo anch’io, perché ho
bisogno di pisciare. Lui mi vede arrivare e rimane a guardarmi mentre svuoto
la vescica. Poi mi abbraccia e dice: - Torniamo a letto. È
troppo presto per alzarsi. Non so che ora sia, ma
l’idea di stare a letto con Max mi piace moltissimo. Anche perché non credo
che ci limiteremo a rimanere sdraiati uno accanto all’altro. In effetti non appena ci
stendiamo, Max incomincia a baciarmi, abbracciarmi, pizzicarmi, leccarmi,
succhiarmi. Mi ritrovo disteso sulla pancia, mentre lui mi morde il culo. Gli
dico: - Se hai fame, possiamo
fare colazione. - È quello che sto
facendo. E morde con decisione. - Cazzo! Lui mi volta sulla schiena
e poi mi mordicchia il cazzo. Infine lo prende in bocca e lo succhia un buon
momento. Io gli accarezzo la testa. - Che ne dici di un
sessantanove? - Non mi va molto, direi
che preferisco un novantasei. Mi guarda un attimo
perplesso, poi scoppia a ridere. - Sei forte, Fred. Ci
mettiamo in posizione e ci diamo dentro! In effetti ci diamo dentro
ed è piacevolissimo. Poi rimaniamo un buon
momento abbracciati. Infine ci alziamo. Dopo una doccia e la colazione, Max
mi chiede se mi va bene andare con lui a fare la spesa settimanale. A me va
benissimo. Mi piace questa intimità del fare insieme le cose quotidiane,
parlando del più e del meno. E mi piace che al momento di scegliere, mi
chieda se mi va un certo cibo o se ho preferenze per una marca. Mi fanno
piacere queste piccole attenzioni. Passiamo a fare il pieno, perché è quasi a
secco, e io lo prendo per il culo, chiedendogli se si riduce sempre al sabato
a fare la spesa e il pieno. Lui ride e risponde: - Certe volte la domenica.
Una volta la macchina si è fermata perché non c’era più una goccia di
benzina. Per fortuna il distributore non era tanto lontano. Passiamo da casa mia, così
prendo un po’ di biancheria di ricambio e delle scarpe per escursioni, perché
Max propone di andare a camminare domani mattina. Torniamo da lui e sistemiamo
tutte le provviste. È tardi, ormai, per cui prepariamo il pranzo. Nel pomeriggio stiamo un
po’ sul divano. Io metto la testa in grembo a lui: è bellissimo. I cani
chiedono un po’ di coccole e alla fine siamo tutti e quattro sul divano. Dopo
un po’ Max mi chiede se mi va bene riprendere le attività di ieri. - Sono qui per questo, no? Scendiamo nuovamente nel
seminterrato. Max mi chiede: - Che ne dici di un bel
bagno turco dopo che avremo fatto un po’ di esercizio? - Hai pure il bagno turco? - Sì. Ho dilapidato
l’intera eredità di mio zio per sistemare questa casa come la volevo. Il
bagno turco mi piace, per cui gli dico di sì. Lui lo accende, poi ci
spogliamo, ci laviamo e ci esercitiamo un po’. Max mi fa vedere alcune prese
e le relative liberazioni. Conosco queste tecniche, ma non ho mai avuto molte
occasioni di esercitarmi al di fuori degli allenamenti periodici. Lottiamo a
lungo e, benché abbiamo scopato solo poche ore fa, ben presto abbiamo tutti e
due il cazzo in tiro, ma non ce ne occupiamo. A un certo punto siamo a
terra e lui mi blocca di nuovo come ieri, mettendomi il braccio intorno al
collo. - E da questa come mi
libero? - Se non sei riuscito a
mettere la mano tra il mio braccio e il tuo collo e se la mia gamba ti blocca,
direi che non ti liberi. Se fossimo in piedi, sarebbe diverso, ma così… - Quindi adesso mi
strozzi… - No, ci siamo dimenticati
di comprare l’acido per sciogliere il corpo, al supermercato. Che me ne
faccio del tuo cadavere? Ridiamo. Lui mi molla. Mi
sarebbe piaciuto che mi avesse fatto svenire come ieri, ma ho esitato a
chiederglielo e ormai è tardi. Alla fine grondiamo tutti
e due di sudore. Così ci facciamo la doccia
e passiamo nel bagno turco, a sudare di nuovo. - Mi piace starmene nel
bagno turco e rilassarmi. - Anche a me. Ma lo posso
fare solo in palestra. - Se mi paghi il giusto,
ti faccio fare un abbonamento al mio bagno turco. Dieci dollari a volta. - Però sei esoso! E poi se
pago ogni volta, non è un abbonamento. Parliamo della giornata di
domani e della sua proposta di fare una passeggiata. - Io di solito la domenica
vado a camminare un po’ nei boschi. Ti va? - Molto volentieri. - Se partiamo presto il
mattino, possiamo dedicare il pomeriggio ad altro. - Ad altro? - Sì. Vuoi provare del bondage,
Fred? - Perché no? - I perché sarebbero
tanti, ma è meglio che non te li dica. - Detto così, è un po’
inquietante. Max ride. - Senti, Fred, il problema
è lo stesso della lotta: dipende dalla persona con cui hai a che fare. Ci
sono molti dilettanti che sono coscienti dei loro limiti, per cui non
combinano grossi guai, e altri che pensano di saper fare tutto. Se finisci
nelle loro mani, rischi grosso. - Ma tu non sei del
secondo tipo. E neanche del primo. Sei un professionista. - Quasi. Con me non corri
rischi. Non ti provocherò abrasioni, stiramenti, strappi, fratture, blocchi
della circolazione sanguigna e necrosi dei tessuti... - Mica male. Non c’è
altro? - Certo che c’è altro. Non
ti soffocherò. Se mi renderò conto che hai un attacco di panico o una crisi
respiratoria, interverrò subito. Insomma, per questi aspetti puoi
considerarti al sicuro. - Ma…? Perché c’è un ma,
non lo negare. Lui annuisce. - Sì. Scoprirai delle cose
di te, Fred. Non è detto che ti piacciano. Annuisco. Non è detto che
mi piacciano, è vero, ma sono curioso di scoprirle. Dopo una nuova doccia,
risaliamo al piano di sopra e giochiamo un po’ con i cani. La sera guardiamo
un altro film, poi ci corichiamo presto, perché domani ci aspetta una
levataccia. È bello svegliarsi di
fianco a Max, ma questa volta non ho tempo per godermelo. Ci alziamo e ci
vestiamo in fretta. La colazione è robusta, perché il pranzo dovrà essere
molto leggero: pare che il bondage con lo stomaco pieno non sia il massimo. Anch’io faccio gite nei
boschi, ma non conosco il posto dove Max mi porta. Prendiamo un sentiero e camminiamo
a lungo. I cani corrono avanti e indietro, felici di poter scorrazzare.
Licker torna spesso per strusciarsi contro la mia gamba ed estorcere qualche
carezza, che non gli nego. - Tu non hai un cane,
vero, Fred? - No. - Come mai? Direi che i
cani ti piacciono. - Puoi dirlo, ma vivo in
un appartamento al sesto piano e davvero un cane lì sarebbe sacrificato. Un
cane vero, intendo, come i tuoi. Non un botolo da salotto. Lui ride. Per l’una siamo di
ritorno. Un rapido spuntino e poi una pausa sul divano, sempre con i cani
intorno. Poi scendiamo di nuovo nel
seminterrato. - Il bondage è
sottomissione totale. Facciamo un incontro di lotta come ieri e, dopo che ti
ho vinto, ti sottopongo a una seduta di bondage. - E se vinco io? Ti lego
io? Max ride. - Col cazzo, Fred. Col
cazzo. Per quello che ti ho detto ieri, non mi metterei mai nelle mani di uno
che non ne sa niente. Tu non hai nessuna intenzione di farmi male, ma saresti
ugualmente pericoloso. So che ha ragione. Dopo una pausa, Max
aggiunge: - E comunque, col cazzo
che mi batti. Anche su questo ha
ragione. Ci spogliamo, poi ci
facciamo la doccia. Questa volta Max non ce l’ha duro. Mi spiace. È bello
vederglielo in tiro. Uno spettacolo superbo. Max sistema il telefono e
facciamo i tre incontri. Cerco di capire come si muove, ma riesce a bloccarmi
nel primo incontro e poi di nuovo nel secondo. Nel terzo però mi difendo
molto meglio e lo metto in difficoltà. Max conclude: - Questo terzo round ti
spetta, ma avendoti bloccato negli altri due, sei fottuto, Fred. Annuisco. - Vieni con me. Passiamo nel locale per il
bondage. Vedo ganci alle pareti e al soffitto, corde in quantità, bende,
bavagli, fruste. Promette bene… - Fred, non so se quello
che faremo ti farà venire la voglia di provare altro o te la farà passare del
tutto, ma voglio dirtelo subito: attenzione a quello che fai e soprattutto
alle persone con cui lo fai. - Intendi dire che prima
di farmi legare da uno, devo essere sicuro che non sia un assassino? Mi
sembra logico. - Più che altro devi
essere sicuro che non sia un coglione. I coglioni sono più pericolosi degli
assassini. Credono di saper fare tutto, vogliono provare cose che hanno
visto, magari in un film, e provocano danni. Se ti bendo e ti lego le mani
dietro la schiena, è difficile che provochi qualche problema, ma certe posizioni
sono pericolose. Qualcuno si è anche ammazzato facendo questi giochi. - Sì, lo so. Non credo che
proverò con qualcun altro. E tu non sei un coglione. Faccio una pausa e
aggiungo: - Al massimo un assassino. Max ride. - Non ti imbavaglio
subito. Così hai il tempo di abituarti. Alcuni vanno in panico all’idea di
non poter comunicare. Non credo che mi
succederà, perché mi fido di Max, ma, proprio perché mi fido, non faccio
nessuna obiezione. Lui sa quello che fa. Max è dietro di me e mi
mette una benda sugli occhi. Non vedo più nulla. Lui la fissa bene. Poi si
stacca e c'è un lungo momento di silenzio. È un po’ inquietante. Poi sento che Max mi
afferra e mi ritrovo al suolo. Istintivamente cerco di rialzarmi, ma poi mi
controllo e rimango fermo. Max non dice nulla. Mi passa una corda intorno al
polso destro e poi alla caviglia destra. Stringendo la corda, mi costringe a
piegare la gamba completamente. Il polso rimane bloccato poco sopra la
caviglia. Max fa lo stesso dall’altra parte, ma non si accontenta: un’altra
corda passa sotto il ginocchio destro e lega saldamente la gamba al braccio
corrispondente, subito sotto il gomito. Poi Max fa lo stesso dall’altro lato.
Sono completamente bloccato, le gambe piegate contro le braccia e sollevate
da terra, il culo scoperto. E il cazzo duro, perché in questa operazione il
cazzo si è teso come una lama. Max diceva che avrei potuto scoprire qualche
cosa di me. Diciamo che la prima scoperta è che essere completamente nelle
sua mani mi eccita. Sarebbe lo stesso anche se non fosse Max? Non credo, ma
non sono interessato a scoprirlo. Max non ha detto una
parola, io neanche. Adesso non so che cosa stia facendo e, come prima, il
silenzio mi inquieta un po’. Il mio cazzo dev’essere di parere diverso,
perché mi sembra che si tenda ancora di più. - Ora ti passo una corda
anche sulla bocca. Non ti impedirà completamente di emettere suoni, ma quasi.
Annuisco. Mi passa la corda,
passandola sulla bocca e facendola girare più volte intorno alla testa. Di nuovo silenzio. Poi il
getto, che mi prende in faccia. Mi sta pisciando addosso. Poi sento le sue mani sul
mio corpo: scivolano lungo le cosce. Che cosa sta facendo? Il dito che mi
entra di sorpresa in culo mi fa sussultare. La mano che mi stringe i coglioni
provoca un guizzo. Cazzo! Lui stringe con forza. Mi fa male. Toglie il dito. Lascia la
presa. Qualche cos’altro preme contro il mio buco del culo. Caldo… non è il
suo cazzo… forse… sì, il suo piede, l’alluce che spinge deciso. Poi la pressione svanisce.
Mi schiaccia la faccia con un piede. Silenzio. Nessun contatto. Un colpo secco al culo. Un
secondo. Due frustate? Non sono state davvero dolorose, forse non è una
frusta. Ma sentire il movimento sul culo, subito sotto i coglioni, mi ha
fatto un certo effetto. Se sbaglia mira e becca i coglioni… Mi dico che Max
non sbaglierà mira. Ma lui non mi colpisce più. E poi Max mi afferra per i
piedi e li solleva, appoggiandoseli sulle spalle. Mi trovo in una posizione
scomodissima, a testa in giù. Un sacco di patate mezzo rovesciato. Entra dentro di me deciso.
Il suo cazzo si fa strada con prepotenza e io ho un guizzo. Mi fa male, ma va
bene così. Mi fotte a lungo, tanto a
lungo che dimentico tutto il resto. Rimane solo la sensazione di questo cazzo
che mi sfonda il culo. Max È sera e Fred ha preparato
le sue cose. Mi spiace vederlo andare via. Spiace anche ai cani, che gli
scodinzolano intorno, mentre lui dispensa le sue ultime carezze. Vorrei che
rimanesse. - Tutto bene, Fred? Non è
stato troppo? Abbiamo fatto molto poco,
in realtà: di bondage solo un assaggio. Ma non volevo forzare i tempi. - Sì, tutto bene. Ti
ringrazio, Max, sono state due giornate, tre con la sera di venerdì,
splendide. Ho l’impressione che si
aspetti qualche cosa da me. Spero che sia quello ho in mente io. Gli dico: - Allora dobbiamo
ripeterle. - Molto volentieri, Max,
se non ti pesa. Pesarmi? Figuriamoci. È
quello che desidero. Gli dico: - Mi farebbe piacere. Il
prossimo fine settimana? - Sabato sono di turno. - Merda! Che altro giorno
hai libero in settimana? - Nessuno. Avrò il lunedì
successivo. - Allora vieni sabato
sera. E vedo se riesco a spostare i turni, in modo da avere anch’io lunedì libero. Non è difficile scambiare
un turno di servizio di lunedì con uno di sabato: molti preferiscono avere il
sabato libero. E io ho voglia di trascorrere il prossimo fine settimana (fine/inizio
in questo caso) con Fred. Lui sorride. - Grazie di tutto, Max. - Grazie a te. Mi bacia e io ricambio. Mi
piace baciare Fred. Lo stringo forte e ci baciamo a lungo. Non bacio spesso.
Tra quelli del giro delle lotte di solito non ci si bacia. E quando vado a
caccia, di solito sono più interessati al mio cazzo che alla mia bocca. Poi lui apre la porta e se
ne va. Licker gli scodinzola un po’ intorno, fino al cancelletto, poi torna
indietro, un po’ mogio: Fred lo ha conquistato. Chiudo la porta e mi siedo
sul divano. Non accendo subito la TV. Penso a Fred. Mi piace, molto. Licker e
Gruntie mi si strusciano addosso: sentono già la mancanza di Fred che
dispensava coccole a tutto andare. Guardo Licker e gli dico: - Sei una puttana, Licker.
Disposto a venderti con due coccole. Se Fred ti avesse fatto un fischio, mi
avresti mollato. Per tutta risposta lui mi
lecca la faccia. Gruntie brontola. Li accarezzo tutti e due.
E intanto penso a Fred. Mi rivolgo di nuovo a
Licker: - Ti piace, eh, Fred? Ti
piace! Rido e aggiungo: - Anche a me. Penso che domani lo
rivedrò in ufficio. Sono contento. In ufficio mi rendo conto
che cerco sempre la compagnia di Fred. Se ho un momento libero, scambio due
chiacchiere con lui. A tratti, ripensando a quello che abbiamo fatto nel fine
settimana, mi viene duro. Mi rendo conto che la
tensione sessuale è forte. Mi chiedo se non andare in un locale, una di
queste sere. Sabato mi sembra lontanissimo: oggi è solo mercoledì. Ma non ho
voglia di andare in un locale. Ho voglia di Fred. - Fred… - Dimmi, Max. Sorrido. - Sei libero questa sera? Anche lui sorride. - Sì. - Allora sei occupato. Fred annuisce. - Perfetto. Avevo proprio
bisogno di un invito a cena… Fred Sono passati due mesi
dalla prima volta. Ci siamo affrontati quasi tutti i fine settimana e qualche
volta anche in altre serate, ma di solito quando ci vediamo la sera, scopiamo
senza lottare. Oggi Max mi ha bloccato
tutte e tre le volte. Ormai un risultato del genere non gli riesce più: gli
allenamenti fatti insieme mi hanno permesso di migliorare e gli do parecchio filo
da torcere. Inoltre ho imparato a conoscerlo meglio e so sfruttare i suoi
punti deboli (pochissimi, peraltro). In questi due mesi sono perfino riuscito
a bloccarlo una volta e l’ho messo in difficoltà in parecchie occasioni.
Prima o poi lo batterò, ma mi ci vorrà ancora un po’ di tempo. Oggi però sono poco
concentrato. In mattinata sono stato coinvolto in una sparatoria, Edward è
stato ferito e ha ammazzato uno dei criminali; io ho ferito l’altro, che
stava per finire Edward. Per fortuna Edward non è grave e anche il
delinquente se la caverà, ma sono ancora abbastanza scosso: diciamo che non è
stata proprio una tranquilla giornata di lavoro d’ufficio. Max non ha partecipato
all’azione, ma sa quello che è successo. Quando sono arrivato, mi ha detto
che forse era meglio lasciar perdere la lotta, ma io ho pensato che sarebbe
servita a distrarmi. Max mi tiene bloccato e mi
dice: - Fred, oggi non ci sei
tanto con la testa. Lascerei perdere quanto ti ho promesso. La promessa, che poi era
piuttosto una minaccia, me l’ha fatta il mese scorso: mi avrebbe fatto
provare un tipo particolare di sospensione, alquanto pericoloso, se fosse
riuscito a bloccarmi tre volte. Ormai era sicuro che non sarebbe più
successo. Io ghigno e dico: - Una promessa è una
promessa. E sai che sono curioso. Fred grugnisce e mi molla. - L’hai voluto tu. Passiamo nella stanza del
bondage. Ora che abbiamo fatto
diverse sedute, devo dire che il bondage mi piace, parecchio, ma che non lo
farei con nessun altro. Mi piace questa sottomissione totale, l’essere
completamente nelle mani di Max. Non mi dispiace neanche la sofferenza che
accompagna alcune pratiche. Max mi aveva detto che avrei scoperto delle cose
di me. Una certamente l’ho scoperta: sono un po’ masochista. Non molto, solo
un po’. Sono curioso di conoscere
questo tipo di sospensione a cui Max ha accennato una volta, dicendomi che
non intendeva farmela provare. Anche per gli altri tipi di sospensioni, Max insiste
sempre sul fatto che sono pratiche a rischio: è facile provocare una
distorsione o una slogatura, oltre alle solite abrasioni. Ma con lui so che
non ci sono pericoli. Con questo tipo di sospensione i problemi paiono essere
più seri. - Fred, sei sicuro… - So che non corro rischi. - No, ma non è piacevole. - Ho perso, hai promesso,
datti da fare. Max annuisce. - Mettiti in ginocchio, le
braccia dietro la schiena. Obbedisco. Lui incomincia
a legarmi le braccia e le gambe. Utilizza diverse corde, che mi stringono. Mi
ritrovo sul pavimento, gambe e braccia ripiegate e legate dietro di me. Max
riunisce e blocca le diverse corde, poi mi issa in aria. Adesso sono sospeso a
mezzo metro dal suolo, le gambe ripiegate, i talloni e le mani contro il
culo. Il massimo di movimento che posso fare e aprire e chiudere le dita. Max ha preso un dildo e lo
sta lubrificando. - In questa posizione,
farà male, parecchio. Sei sicuro… Non lo lascio finire. - Ecchecazzo, Max!
Piantala di chiedere. Hai detto che mi avresti fatto provare. Lui annuisce. - Peggio per te. Passa dietro di me. Sento il dildo premere
contro il buco del culo. Benché sia ben lubrificato, la posizione in cui sono
legato rende la penetrazione difficile. Mi fa male, mentre entra, parecchio. Max spinge ancora
(cazzo!), poi passa davanti a me. - Mancano ancora due corde.
Quella che preme sulla bocca, che ti metterò tra poco. L’altra è quella che
passa davanti al collo. Sei sicuro di volere anche quella? Max mi ha messo in guardia
più volte dalle corde che premono sulla parte anteriore del collo. I rischi
sono molto forti: facile provocare la morte o danni cerebrali permanenti.
Capisco che si senta responsabile. Ma di lui mi fido. - Vai avanti, Max. Lui scuote la testa, ma mi
passa la corda intorno alla testa, costringendomi ad aprire la bocca. Ora la
corda preme contro gli angoli della bocca e mi blocca la lingua,
schiacciandola. Non è piacevole, per niente. Poi Max passa l’ultima
corda, alla base del collo. La sensazione di
soffocamento è immediata. Cerco di fare entrare aria, ma non ci riesco. La
gola mi brucia. Per quanto abbia fiducia in Max, per un momento mi chiedo se
morirò. Max La corda che preme sul suo
collo lo sta lentamente strangolando. È un gioco molto pericoloso e mi pento
di averglielo proposto, anche se tengo la situazione sotto controllo. Vedo che sta perdendo i
sensi. Il suo cazzo è duro come una roccia. Dalla bocca cola della saliva.
Non intervengo, ma rimango vigile. Ancora un momento. Ora. Ha perso i sensi. Con una mano tiro un po’
indietro il torace, per ridurre la pressione della corda, e con l’altra
l’allento. Poi lo calo a terra e sciolgo alcuni dei legami. Lascio solo le
corde che stringono le braccia. Mi stendo a terra e lo metto su di me. Lo
accarezzo, piano. È bello stare così,
sentire il suo peso su di me. È bello accarezzarlo, passargli la mano sulle
guance, sul viso, sul collo, sul petto, sul ventre, accarezzargli il cazzo, i
coglioni. Si sta svegliando. Si
rende conto di essere su di me. - Cazzo, Max! - Com’è andata, Fred? Ci vuole un momento prima
che risponda. - In gola ho l’inferno e
in culo pure. Ma sto cazzo di dildo, non puoi toglierlo? Scuoto la testa. - A meno che tu non mi
chieda di fermarmi, quel cazzo di dildo sarà sostituito da un cazzo. Lui annuisce. Io gli
accarezzo ancora la testa. - È stato troppo, Fred? - No, Max. Non è stato
troppo, ma… non lo so. Fred Non lo so davvero. È stata
una sensazione intensissima. Non era piacevole. La pressione delle corde era
fastidiosa e la sensazione di soffocamento terribile. Prima di svenire ho
pensato che sarei morto, che Max mi stava uccidendo. Sapevo che non era così.
Eppure… eppure una parte di me lo voleva, voleva questo dolore, voleva questo
abbandono totale, anche a costo di morire. La gola mi fa male, il
culo pure. Non credo che lo farò più, ma sono contento di averlo fatto. Lui estrae il dildo. Poi mi accarezza, a lungo.
Carezze leggere, prima, poi più decise. La sua mano mi stringe il cazzo, che
si irrigidisce in fretta. Poi mi solleva un po’ e
sento il suo cazzo entrare dentro di me. Mi fa male, perché il culo è ancora
dolorante, ma va bene così. Quando infine viene dentro
di me, mi afferra il cazzo e lo stringe con forza. Muove la mano e il piacere
cresce in fretta, finché non vengo. Mi sfugge un grido. Rimaniamo a lungo distesi,
poi lui mi slega, ma ci rimettiamo come prima, io steso su di lui. Sto bene
così, sul suo corpo, tra le sue braccia. Max Non mi aspettavo che
riuscisse a battermi. Ma abbiamo lottato molte volte, ha affinato le tecniche
e ormai mi conosce bene. Uno a testa i primi due incontri e poi al terzo mi
ha bloccato. Cazzo! Non mi dispiace che mi
abbia battuto. Non mi dispiace che Fred me lo metta in culo. Sono curioso di vedere
quello che farà. Fred sorride. Ho l’impressione
che ci sia una certa presa per il culo nel suo sorriso. - Allora adesso posso fare
tutto quello che voglio, vero? Non ho posto limiti. Mi
gratto la testa e dico: - Non puoi ammazzarmi,
castrarmi, mutilarmi. - Quanti limiti! Non me ne
avevi mai parlato. - Erano sottintesi. - Va bene, pazienza.
Comunque sei nelle mie mani. Annuisco. - Incominciamo così. Mi prende la testa tra le
mani e mi bacia. Rimango senza parole. Intanto sento la sua lingua che entra
nella mia bocca, a fondo. Ci siamo baciati un sacco di volte, ma non mi
aspettavo che mi baciasse adesso, dopo avermi vinto. Poi lui si stacca e
dice: - Stenditi a terra, sulla
schiena. Obbedisco. Lo guardo e
sorrido. Lui si stende su di me e
mi bacia di nuovo, più volte. Mi accarezza, mi guarda negli occhi, mi pizzica
il culo (ahia!). Poi mi solleva le gambe e se le mette sulle spalle. E infine sento il suo
cazzo forzare l’apertura e, lentamente, entrare dentro di me. Si ritrae e poi entra di
nuovo, sorridendo. Ancora una volta si ritira
ed entra, senza riguardi. Ho un guizzo, quando il suo cazzo mi affonda
bruscamente in culo. Mi fotte sorridendo e
anch’io sorrido. Sono contento che Fred mi prenda, che me lo metta in culo.
Sono contento quando sento il suo sborro spargersi nel mio culo. Lui mi afferra il cazzo,
che è già duro. Vengo in fretta e il mio sborro mi si sparge sul petto. Lui
lo raccoglie con la mano e poi mi fa leccare le sue dita. Non vuole altro. Io gli
faccio molto di peggio, certe volte. Lui mi bacia ancora. Il giorno dopo andiamo a
camminare. Lo porto al mio posto segreto, un’area di bosco rado con molto
muschio. Non è una gran camminata, come abbiamo fatto altre volte, ma questo
posto ha il vantaggio che non ci viene mai nessuno: non ci sono sentieri, né
cose particolari da vedere. È un po’ il mio regno. I cani scorrazzano
liberamente e giochiamo con loro. Poi noi ci sediamo su un tronco abbattuto e
i cani si fermano vicino a noi. Grunty si avvicina a me e mi si struscia
contro. Licker si attacca a Fred e gli lecca la faccia e le mani: ormai se ne
è appropriato. Noi tiriamo pezzi di legno che loro corrono a prendere e
riportano. Ogni volta che Licker torna e Fred prende il pezzo di legno per
lanciarlo di nuovo, Licker gli passa la lingua sulla faccia o sulle mani.
Fred ride. Fa caldo. Ci apriamo la
camicia e ci togliamo le scarpe. Poi Fred si toglie anche i pantaloni e le
mutande e io faccio lo stesso. Non tiriamo più pezzi di legno e i cani se ne
vanno a scorrazzare un po’ in giro, ma ogni tanto Licker ritorna per leccare
Fred. Ma che cazzo ci troverà, a leccargli la pancia o il culo? Io mi alzo e vado a
pisciare contro un albero. Fred si apre la camicia e si stende sul tronco. Io
ritorno e mi stendo su di lui. Incominciamo a baciarci. Baci, carezze,
pizzicotti, morsi. Ci viene duro in fretta, ma non è il caso di mettersi a
scopare qui. Non viene mai nessuno, ma se qualcuno vedesse due poliziotti,
nel bosco… A malincuore ci
stacchiamo. Ci stendiamo sul muschio a
prendere il sole. Fred poggia la testa sulla mia spalla e io gli accarezzo il
petto. Di nuovo il desiderio cresce. Tolgo il braccio, mi giro e mi stendo su
di lui. Ci baciamo e ci stringiamo, a lungo. Adesso abbiamo di nuovo tutti e
due il cazzo duro. Mi stacco. Ci alziamo e ci guardiamo negli occhi. Fred si
appoggia a un albero. Io mi avvicino e lo bacio. Poi mi stringo a lui. Ci stacchiamo di nuovo.
Vorrei dirgli di andare a casa, perché non ce la faccio più ad aspettare.
Vorrei dirgli di scopare qui, tanto non passa mai nessuno. Fred fa due passi e dice: - Devo pisciare. - Aspetta. Mettiamoci qui. Lo spingo con la schiena
contro un albero e mi inginocchio davanti a lui, gli metto le mani sul culo e
stringo, mentre apro la bocca. Dico ancora: - Da’ un’occhiata che non
arrivi qualcuno. Poi faccio un cenno con la
testa. Lui sorride e incomincia a
pisciarmi in bocca. Bevo. Quando ha finito, avvolgo
il cazzo con le labbra. Lecco e succhio. Mi piace sentire il gusto, di piscio
e sudore. Mi piace sentire l’odore. Il cazzo gli si rizza in
fretta. Fred chiude gli occhi, poi li riapre. Tiene sotto controllo il bosco,
ma siamo in un punto molto riparato. Il suo cazzo ormai è teso. Io continuo a
leccare la cappella e a succhiarla. Con le mani gli stuzzico un po’ i
coglioni. A Fred piace parecchio, anche quando gli faccio un po’ male. Fred emette un suono
inarticolato e sento la scarica in bocca. Inghiotto ogni goccia e poi
continuo a succhiare, finché è Fred a sussurrare: - Basta! Mi alzo. Ho il cazzo duro
come una pietra. Non ce la faccio a continuare così. - Voltati, Fred. Lui annuisce: ha capito
benissimo. Si volta. Guardo il suo culo. Non ho mai desiderato nulla come il
suo culo. Mi bagno due dita, gli inumidisco il buco del culo. Mi sputo sul
palmo della mano, spargo la saliva sulla cappella e premo contro l’apertura.
Entro dentro di lui e la sensazione è, come sempre, fortissima. Do ancora un’occhiata
intorno e incomincio a fotterlo, dandoci dentro, mentre le mie mani gli
pizzicano il culo. Quando sento che il
piacere esplode, spingo con più forza, poi chiudo gli occhi. - Cazzo! Fred! Lo abbraccio. Sto bene,
come mi sembra di non essere stato mai. Sento che Licker mi sta
passando la lingua sul culo. Anche Gruntie si avvicina. Fred è costretto ad
accarezzare questi due ruffiani, gelosi delle nostre carezze. Siamo tornati a casa. Ci facciamo
la doccia e poi ceniamo. Mentre stiamo sparecchiando,
gli dico: - Devi proprio andare a
casa? Puoi andarci domani mattina. Fermati a dormire qui. - Va bene. Guardiamo un po’ la
televisione, poi saliamo in camera e ci mettiamo a letto. È tardi ormai. Quando siamo a letto, gli
dico: - Non mi piace più dormire
da solo. Non sono sicuro di aver
fatto bene a dirlo. È la verità, ma riconoscerlo mi turba un po’. Fred mi guarda e dice: - Posso trasferirmi qui,
Max, se lo vuoi. Lo guardo. Ho la vaga
impressione di essere sull’orlo di un abisso. Spero che ci sia una corda a
cui aggrapparmi. Lui sorride e aggiunge: - Max, sai benissimo che
io sono innamorato di te. Non c‘è nessuna corda. E
qualcuno (Fred) mi ha dato una spinta. Lo guardo senza riuscire a dire
niente. Mi manca il fiato. Poi lui aggiunge: - E credo che tu lo sia di
me, anche se non te lo sei ancora detto. Riesco solo a replicare: - Cazzo! Fred! Io… - Non è il caso che tu
dica niente prima di averci pensato su. Hai bisogno dei tuoi tempi per
riflettere. Sei un po’ lento. Sorride, ironico. - Ne parliamo domani
mattina. Buona notte, Max. Mi bacia, spegne la luce e
io rimango come un idiota a guardare nel buio, incapace anche solo di
augurargli la buona notte. Guardo il soffitto, su cui
i lampioni della strada proiettano strisce di luce. Mentre precipito, cerco di
ragionare (tanto dev’essere una caduta di qualche migliaio di metri, per cui
ho tutto il tempo). Insomma, qualche elemento
ce l’ho. Negli ultimi mesi Fred ha
trascorso più tempo qui che a casa sua (e ormai da me c’è un armadio pieno dei
suoi abiti). In quelle sere in cui non si è fermato, mi è mancato, devo
riconoscerlo (ma mi è mancato ancora di più il mattino: svegliarsi accanto a
lui è il modo perfetto di incominciare la giornata). Non ho più cercato nessun
altro con cui scopare, neanche quando Fred è dovuto andare via cinque giorni
per lavoro (cinque giorni che non passavano mai). Ho fatto alcuni incontri
di lotta (pochissimi) solo con vecchi amici a cui non volevo dire di no. Le
due volte che sono stato via l’intero fine settimana per gli incontri, sono
partito come se dovessi andare a un funerale, anche se mi dicevo che ero
proprio contento di ritrovare Jack o Willie; poi ho rifiutato ogni invito. Abbiamo smesso di usare il
preservativo, dopo aver fatto tutti e due il test: per la prima volta nella
mia vita scopo senza prendere precauzioni. Quando in ufficio guardo
Fred, mi viene sempre da sorridere (questo forse non è così significativo) e
spesso mi viene duro. Tutti hanno capito benissimo che tra noi è nata una
storia e Donovan ci prende per il culo (anche questo non è molto
significativo). Tutto ciò vuole dire
qualche cosa, devo riconoscerlo, anche se mi scoccia ammetterlo. Non mi sono
mai chiesto che cosa provo per Fred. Assurdo, me ne rendo conto, ma ho
preferito non pormi domande. Avevo paura delle risposte. È passata mezzanotte
quando mi decido. Afferro i coglioni di Fred, forte. So che gli sto facendo
male, ma se lo merita. Lui si sveglia di colpo. - Che cazzo fai, Max? - Ho riflettuto a quello
che mi hai detto, Fred. - E hai concluso che devi
stritolarmi le palle? - No, ho concluso che hai
ragione, Fred, su tutta la linea. Lo sento sospirare. - Lo sapevo, Max. Allora gli stringo ancora
di più i coglioni. Lui geme. Mi sa che domani si troverà un livido. Si merita
anche quello. Gli dico: - E questo significa che
sarà alquanto dura per te, Fred. Lui sospira e dice: - Sapevo anche questo,
Max. Io sorrido e mi chino su
di lui. Senza mollare i coglioni (ma stringendo un po’ di meno), lo bacio
sulla bocca. 2018 |