Gheorghe Gheorghe guarda l’orologio. Sono le sette. Tra
mezz’ora dovrebbe arrivare a destinazione. Gheorghe non è contento di questo lavoro, che
durerà sei mesi: è un periodo molto lungo per un lavoratore stagionale e
questo è un aspetto positivo, perché significa la sicurezza di un salario per
tutta la stagione. Se l’offerta fosse venuta da una grande azienda, Gheorghe l’avrebbe accettata con entusiasmo: nelle grosse
fattorie Gheorghe si trova abbastanza bene. Il
lavoro è pesante, ma questo non lo spaventa, l’alloggiamento è decente ed è
più facile stabilire un minimo di rapporti con gli altri lavoranti. In questo caso però si
tratta di lavorare per un piccolo proprietario. Gheorghe
sa benissimo che cosa significa: ha avuto modo di sperimentarlo in diverse
occasioni. Gheorghe non ha grandi pretese: gli basterebbe
avere condizioni di lavoro decenti ed essere trattato come un uomo e non come
un animale. Ma con i piccoli proprietari è richiedere troppo: di solito
sfruttano gli stagionali come bestie e non sono mai contenti; il vitto è
miserabile e Gheorghe si è già trovato a dover
dormire nella stalla. Sarà così anche questa volta? Probabilmente sì. Ma Gheorghe ha preferito non rifiutare. Non accettare una
proposta dell’agenzia è rischioso: chi rifiuta un lavoro, anche una sola
volta, spesso non viene più chiamato. L’impresa non ama quelli che hanno
troppe pretese. Gheorghe non ha nessuno su cui contare: né parenti,
né amici. Non possiede nulla: ha bisogno di lavorare per sopravvivere. Ma gli
pesa l’essere trattato come un animale da soma. E gli pesa la solitudine, che
quando lavora per un piccolo proprietario diventa completa. Gheorghe guarda dal finestrino il paesaggio che
scorre. Pochi centri abitati, fattorie sparse, campi coltivati e pascoli
sotto un cielo pieno di nuvoloni grigi, che sembrano schiacciare la terra. Gheorghe sente un brivido corrergli lungo la schiena,
anche se sull’autobus non fa freddo. Arrivano infine a Northwold. Gheorghe scende.
Spera di non dover aspettare troppo. L’anno scorso, a Bourne,
lo hanno lasciato due ore ad attendere alla fermata. È appena sceso quando vede
un uomo che lo guarda e gli si avvicina. - Sei Gheorghe
Secareanu? Gheorghe è stupito. Di solito lo chiamano George
o storpiano il suo nome. Quest’uomo ha detto nome e cognome, anche se li ha
pronunciati in modo sbagliato: d’altronde non può conoscere il romeno. - Sì, sono io. L’uomo gli tende la mano e
se la stringono. - Io sono Alex Exeter. Alex è sui quaranta ed è
piuttosto massiccio. Salgono sul furgoncino di
Alex. Questi chiede: - Tutto bene con il
viaggio? - Sì, non ci sono stati
problemi. Alex non dice altro. Anche
Gheorghe tace. La prima impressione è stata positiva:
il nome, la stretta di mano, la domanda sul viaggio, tutto sembra indicare
che Alex lo considera una persona e non un animale. Alex non è espansivo, ma
non appare ostile. Dopo dieci minuti arrivano
davanti a una casa. Scendendo Gheorghe osserva
l’edificio, che ha due piani, ma non è molto grande, e appare in buone
condizioni. Gheorghe prende il suo borsone e Alex fa strada.
Entrano in casa e salgono le scale. Alex apre la porta di una camera sulla
sinistra. Gheorghe lancia una rapida occhiata.
Semplice, ma con tutto il necessario: un letto con le lenzuola pulite, un
comodino su cui poggia una lampada, un piccolo guardaroba, una cassettiera e
un tavolino con una sedia. Mobili rustici, che di certo hanno alle spalle
molti anni, ma sono stati tenuti con cura. Pareti spoglie, con poche
fotografie in bianco e nero che Gheorghe si
ripromette di guardare più tardi. Un ambiente raccolto, che trasmette un
senso di pace e di intimità. È la sistemazione più comoda che Gheorghe abbia avuto fino a ora. - C’è un bagno qui a
fianco. Puoi usare quello, ci ho messo gli asciugamani. C’è la doccia. Adesso
sistemati. Io ti aspetto sotto, per la cena. Ti va bene se mangiamo tra
mezz’ora? O ti serve più tempo? Gheorghe è disorientato. Alex non sta facendo
niente di particolare, ma Gheorghe non è abituato a
essere trattato così. - Va benissimo, grazie. Gheorghe fa volentieri la doccia. In bagno nota
che gli asciugamani sono puliti. Gli sembra quasi di essere un ospite
pagante, un turista che soggiorna in un bed and breakfast. Dopo essersi lavato e
asciugato, Gheorghe sistema le sue cose, poi
scende. Il rumore di stoviglie lo guida alla cucina, dove Alex sta preparando
la tavola per due. A Bourne gli davano il piatto,
perché mangiasse nella roulotte dove l’avevano sistemato. - Tutto a posto? C’era
tutto il necessario? - Sì, grazie. Posso darti
una mano a preparare? - Ormai ho finito. Ah, sì.
Prendi il pane, lì, nell’armadio. Lo scaffale in alto. Gheorghe apre lo sportello e prende un sacchetto
di tela. All’interno un altro sacchetto, di carta, contiene una forma di
pane. Gheorghe lo mette sul tavolo. Alex ne taglia
due fette. Alex mette in tavola uno
spezzatino con patate, che mangiano in silenzio. Poi Alex chiede a Gheorghe se vuole un po’ di formaggio, ma Gheorghe rifiuta. Mangiano ancora due mele. Dopo cena, Alex spiega
brevemente i lavori che faranno il giorno dopo. Poi conclude: - Io di solito la sera
leggo o uso Internet. Se vuoi guardare la televisione, c’è qui sotto, nella
stanza di fianco. Per qualsiasi cosa, chiamami, senza farti problemi. Alex si congeda. Gheorghe entra nel salottino dove c’è la televisione.
Ormai parla bene l’inglese, ma cerca di fare un po’ di esercizio ogni giorno
e la televisione va bene: quando lavora per un piccolo proprietario, Gheorghe ha pochissime occasioni di parlare. Alex appare
molto più cortese degli altri con cui ha avuto a che fare, ma non è loquace.
Dopo mezz’ora Gheorghe sale in camera sua e legge
un momento, poi lo sguardo cade sulle fotografie alle pareti. Gheorghe si alza e le osserva: non sono vecchie foto,
come aveva pensato. Sono immagini relativamente recenti. Covoni di fieno,
spaventapasseri, recinzioni: elementi del mondo contadino ripresi con molta
attenzione all’inquadratura e alla luce. Sarà Alex il fotografo? Gheorghe si spoglia e si mette a letto. Guarda la
camera, dove tutto sembra in armonia. Sorride, spegne la luce e si addormenta
in fretta. Il giorno dopo Gheorghe e Alex incominciano a lavorare. Mentre svolgono
i diversi lavori, Alex gli spiega l’organizzazione della fattoria. C’è molto
da fare, ma Gheorghe è abituato alla fatica del
lavoro nei campi. Lavorare insieme ad Alex gli piace, perché si sente
trattato come una persona. Ci sono giornate molto
faticose, ma già la seconda sera verso le sei Alex dice: - Adesso va’ a casa. Io
finisco qui con le pecore. - Posso darti una mano. - No, hai lavorato
abbastanza per oggi. Non faccio il negriero. Le giornate lavorative hanno una
durata, poi ci si ferma. - Tu non ti fermi. - Va’, Gheorghe.
Al massimo, se proprio vuoi lavorare, prepara la tavola. Gheorghe scuote la testa. Sistema ancora due
cose, ma quando Alex lo invita nuovamente a fermarsi, posa gli attrezzi e
torna a casa. Si fa volentieri una doccia. La sera a cena Alex gli
dice: - Se vuoi andare al paese,
ti posso prestare l’auto. A piedi ci vogliono almeno trenta minuti. Gheorghe è stupito dell’offerta: Alex non sa
neppure come guida. Alex sorride e aggiunge: - Non che ci sia molto da
fare. C’è solo un pub. A meno che tu non voglia frequentare le riunioni degli
evangelici. La religione non interessa
a Gheorghe, ma anche il pub non lo attira. Non ama
bere e qui non conosce nessuno. In passato gli è capitato di andare in un
pub, di solito con qualche altro lavoratore stagionale, ma ha spesso avuto
modo di notare una certa diffidenza nei confronti dei lavoratori stranieri e
una volta è stato preso di mira da due xenofobi. Magari, se avrà occasione di
fare conoscenza con qualcun altro, Gheorghe andrà
anche al pub, per scambiare due chiacchiere la sera. Per il momento non ha
voglia di andarci da solo. Gheorghe sorride. - Grazie, magari un’altra
sera. Dopo cena Alex dice: - Io mi ritiro nei miei
appartamenti. Ma se hai bisogno di qualcosa, sai dove trovarmi. I giorni passano. Gheorghe sta bene alla fattoria. Sta bene con Alex: gli
piace il rapporto che Alex ha con i campi, con gli animali, con gli
strumenti. Gli piace la tenerezza di cui quest’uomo massiccio e riservato si
dimostra capace quando tratta un agnellino, gli piace il suo modo di guardare
la terra e i boschi, gli piace vedere la grossa mano che accarezza la scorza
ruvida di un albero. Sarebbe più contento se
Alex fosse un po’ più socievole, vorrebbe poter conversare un po’ la sera e
non limitarsi a scambiare poche parole relative ai lavori da fare. Ma
probabilmente è pretendere troppo. Alex non è curioso. Gli chiede più volte
se ha tutto il necessario, se gli va bene il cibo. Ma non gli pone domande
personali, non sembra interessato a sapere da dove viene Gheorghe.
L’unica cosa che gli preme è che Gheorghe si trovi
bene alla fattoria. Sono ormai dieci giorni
che Gheorghe è arrivato. Oggi è una bella giornata
di sole, particolarmente calda, e hanno sudato parecchio per riparare la
recinzione. Adesso hanno concluso. - Possiamo tornare a casa
e riposarci un momento. Riprendiamo poi dopo pranzo. Gheorghe annuisce, guarda il torrente che scorre
vicino e che forma un piccolo lago poco più in basso. - Che ne dici se ci
bagniamo nel laghetto, Alex? Alex alza la testa e
guarda Gheorghe. Appare sorpreso. Esita un momento,
poi dice: - Va bene. Ogni tanto mi
bagno volentieri nella pozza. In effetti il laghetto è
solo una pozza. Ma Gheorghe ha voglia di stare un
po’ nell’acqua. Gheorghe si spoglia completamente e si immerge.
L’acqua gli arriva appena alla vita. Anche Alex si spoglia. È grosso e
piuttosto villoso. Non è un bell’uomo, tutt’altro, ma Gheorghe
pensa che è una bella persona. Alex entra in acqua. Sguazzano un buon momento
tutti e due nella pozza. Gheorghe vorrebbe
schizzare un po’ d’acqua addosso ad Alex, scherzare con lui, ma non vuole
prendersi una familiarità eccessiva. Dopo un momento escono e
si rivestono. Alex non guarda quasi mai dalla sua parte, finché non sono
entrambi rivestiti. Gheorghe invece ogni tanto lo osserva.
Alex non è attraente, ma sono mesi che Gheorghe non
scopa e non ha molte occasioni di vedere un maschio nudo. Al massimo può
guardarne qualcuno quando gira su Internet: quelli che trova sono molto più
belli, ma quello che ha davanti è reale e non solo un’immagine sullo schermo
del cellulare. È passato quasi un mese da
quando Gheorghe è arrivato alla fattoria. In questo
periodo ha avuto modo di andare parecchie volte in paese, accompagnando Alex.
Ha incontrato commercianti, pastori e contadini, a cui Alex lo ha presentato. Alex scende in paese il
martedì sera: c’è una fiera locale a settembre. Contadini e pastori dell’area
si ritrovano una volta la settimana per organizzare l’evento, che attira
sempre molti visitatori. Alex chiede a Gheorghe se
vuole andare con lui: potrà fare un salto al pub o un giro per il paese. Gheorghe accetta la proposta: proverà ad andare
al pub. Ha voglia di scambiare due chiacchiere e Alex, anche se è sempre
gentile e attento nei suoi confronti, parla poco, molto poco. Al pub Gheorghe
si muove con cautela. Non vuole imporre la sua presenza a nessuno, gli
spiacerebbe che lo considerassero invadente. Sa che nei confronti degli
stranieri c’è sempre una certa diffidenza. Uno dei negozianti che Alex gli ha
presentato gli si avvicina e scambia due parole. Poi si allontana per parlare
con un amico. Poco dopo a Gheorghe si accosta Tony, il garzone del macellaio. Deve
avere venti-ventidue anni. È un gran bel ragazzo, capelli, barba e baffi
biondi, occhi chiari, viso dai lineamenti regolari. Gheorghe
nota che ha un po’ di spuma di birra sui baffi. - Ciao, Gheorghe. Come stai? - Bene, grazie. E tu? Tony alza le spalle. - Non c’è male. Come ti
trovi qui? - Bene. Dal signor Exeter
mi trovo bene. Gheorghe vorrebbe chiamarlo Alex: è così che si
rivolge a lui abitualmente. Teme però di apparire poco rispettoso. - Sì, Alex è un buon
padrone. Non una bestia come il mio. Gheorghe è rimasto spiazzato, ma incoraggia la
confidenza. - Non ti trovi bene con
lui? - No, di sicuro: mi
rimprovera in continuazione, mi dice che sono pigro, che non faccio le cose
bene. È una rottura di coglioni. - Mi spiace. So che cosa
significa avere un padrone troppo esigente. È brutto. - Puoi dirlo! Tony beve un po’ di birra
dal bicchiere, che ormai è quasi vuoto. - Ti piace l’Inghilterra? Gheorghe alza le spalle: - Sì. Non l’ho visitata
molto, anche se ormai ci sto da sei anni, ma mi piace. Tony sorride. - E com’è la Romania? Gheorghe non sa come rispondere a una domanda del
genere. - È un bel paese, per me,
almeno. Ma io ci sono nato. Il tuo paese ti sembra sempre bello. Tony fa una smorfia. - Non so. Londra, forse,
ma qui… Questo paese è un buco di culo di posto. Non c’è un cazzo da fare la
sera, se non ubriacarsi al pub. Tony ride e aggiunge: - Mi prendo un’altra
birra. Ne vuoi una anche tu? Gheorghe scuote la testa. - No, grazie. Devo ancora
finire questa. Non sono abituato a bere. Tony prende una birra, ne
beve due lunghi sorsi, poi riprende: - Come mai sei venuto in
Inghilterra? - Da noi non c’è lavoro,
la fattoria della mia famiglia rende poco. Le motivazioni sono altre,
ma Gheorghe non ne ha mai parlato con nessuno. E
ciò che ha detto è comunque vero. - Anche qui in campagna
non è facile. A Londra, forse… - Pensi di andare a
Londra? Tony alza le spalle. - Non lo so, ma di certo
non voglio passare la vita in questo buco di culo di posto. Qui non c’è un
cazzo da fare. Tony si guarda intorno,
come per sincerarsi che nessuno lo possa sentire, e aggiunge, sottovoce: - E poi… si soffoca. Tutti
sempre a ficcare il naso negli affari altrui. È così anche dalle tue parti? Gheorghe annuisce. Vorrebbe dire che
probabilmente è anche peggio, ma si limita a un commento generico: - Eh sì, in campagna è
così. La gente è curiosa e chiacchiera troppo. - Sì, sì, è così, sempre
lì a curiosare, con chi scopa quello, con chi scopa quell’altro… e poi a
criticare. Ma saranno cazzi miei con chi scopo, no? Tony ridacchia, come se la
sua frase non avesse nessun secondo fine, ma nel suo tono Gheorghe
ha colto un segnale. Annuisce di nuovo, mentre avverte una certa tensione. Sa
che Tony non sta parlando solo per fare due chiacchiere: il suo obiettivo è
un altro. A Gheorghe va bene: Tony è davvero un bel
ragazzo. - Sì, certo, sono scelte
personali. Assurdo criticare. Ognuno è libero di fare ciò che vuole. Tony sorride. - A me piace fare
esperienze diverse. Sono giovane, voglio provare. - Fai bene. Gheorghe ormai ha capito benissimo qual è il
senso del discorso di Tony, ma non vuole scoprirsi troppo. Si limita a
lasciarlo condurre il gioco e ad assecondarlo. Dev’essere Tony a prendere
l’iniziativa. - Ci facciamo due passi?
Che ne dici, eh? Qui si soffoca. Gheorghe annuisce. - Volentieri. Beve ancora un sorso della
sua birra, senza finirla. Tony dice: - Passo un momento al
cesso: ho bevuto troppo e devo pisciare. Tu fa’ che uscire e aspettami vicino
alla cabina telefonica. Sai dov’è? La vecchia cabina
telefonica è in un angolo poco illuminato della piazza vicino alla chiesa. Gheorghe ha avuto modo di vederla. - Sì, certo. Va bene. Probabilmente Tony non
vuole che li vedano uscire insieme: preferisce evitare che chiacchierino di
lui. E anche per Gheorghe è meglio se non si sparla
del lavorante straniero. Gheorghe paga ed esce. L’aria è fresca, ma si sta
bene. Gheorghe sorride. Andranno a casa di Tony?
Alex lo passerà a prendere tra un’ora. Il paese non è molto grande, faranno
in tempo ad andare, fare quello che devono e tornare. A meno che Tony non
abiti in una della varie fattorie, come Alex. Quando Tony arriva, deve dirgli
che ha solo un’ora di tempo. Gli spiacerebbe far aspettare Alex. Può
avvisarlo con il cellulare, ma preferirebbe non doverlo fare. Gheorghe si appoggia con la schiena al muro
vicino alla cabina. Il silenzio è interrotto ogni tanto dalla voce di
qualcuno che passa nella piazza. Gheorghe sorride.
È parecchio tempo che non scopa e Tony è un gran bel ragazzo. Il tempo passa. Tony avrà
cambiato idea? Gheorghe incomincia ad avere dei
dubbi, quando lo vede arrivare. Dev’essersi fermato ancora un buon momento al
pub, probabilmente perché nessuno sospettasse, vedendoli uscire uno subito
dopo l’altro. - Vieni, Gheorghe. Ci parliamo meglio più in là. Tony si dirige verso un
angolo della piazza e prende un viottolo che conduce tra i campi. Poco dopo
svolta a destra, in un altro viottolo, che costeggia un lungo muro. Si volta,
dando la schiena al muro e guarda Gheorghe. È buio,
riescono appena a vedersi. - Ne hai voglia, Gheorghe? - Sì. Tony ride, una risata
leggera. - Qui non passa mai
nessuno. Tony si volta, si abbassa
i pantaloni e si appoggia al muro. Non ha chiesto che cosa ha voglia di fare Gheorghe: si offre, senza cerimonie. Gheorghe ha un preservativo in tasca: se ne porta
sempre uno dietro nelle serate in paese, anche se non va a caccia e ormai non
sperava più di usarlo. Si sputa sulle dita della
mano destra e le passa lungo il solco, inumidendo un po’. Poi ripete
l’operazione e preme con il medio contro l’apertura, fino a spingere il dito
all’interno. Gli piace sentire il calore della carne. Distribuisce ancora un
po’ di saliva, poi le sue mani afferrano il culo di Tony e stringono con
forza. Sono mesi che non scopa e questo culo che gli si offre accende il suo
desiderio. - Muoviti, Gheorghe. Gheorghe apre la bustina del preservativo, se lo
infila sull’uccello ormai teso, poi avvicina la cappella all’apertura ed
esercita una pressione prima delicata, poi più decisa, finché la sente
cedere. La sensazione della carne che preme e gli avvolge il cazzo è
bellissima. Gheorghe accarezza la testa di Tony, mentre
spinge più a fondo. Poi incomincia a muovere il culo avanti e indietro,
facendo affondare l’uccello ogni volta, per poi ritrarlo. Tony geme. - Cazzo! Ci sai fare! Dai,
dai! Gheorghe continua il suo movimento regolare. Poi
la sua destra scivola lungo la natica, passa davanti e afferra l’uccello di
Tony, già teso e caldo, lo accarezza e lo stuzzica. Tony geme di nuovo,
mentre ansima. Gheorghe lavora con la mano e affonda il cazzo
con energia, a lungo, finché sente che il piacere non può più essere
contenuto. Allora imprime un ritmo più rapido alla sua mano e al suo uccello.
Sente che il seme schizza dalla cappella di Tony e poco dopo viene anche lui.
Chiude gli occhi. Sta bene, così, appoggiato contro Tony. Assapora il
momento, mentre la tensione svanisce. Poi mormora: - Grazie. Tony ride. - Direi che ci siamo
divertiti tutti e due. Poi aggiunge: - Adesso però devo andare. Gheorghe si stacca. Si sfila il preservativo. Si
tira su i pantaloni e si rassetta. Tony si sistema in fretta.
Dice: - Ci rivediamo, eh? Tu
però fermati qua un po’, che non ci vedano insieme. Senza dire altro si
allontana. Non si sono neppure baciati, ma va bene così. Nel loro rapporto
non c’è stato spazio per la tenerezza, per le carezze, solo per il bisogno.
Ma questo non intacca la sensazione di benessere. Gheorghe controlla il cellulare: c’è ancora tempo
prima dell’appuntamento. Non gli spiace rimanere qui: si sta bene in questo
viottolo tranquillo. La notte è fresca e intorno si sentono pochi rumori. Una
buona scopata è quello che ci voleva. Forse non è stato il massimo come
scopata, ma dopo mesi di astinenza non è proprio il caso di pretendere
troppo. Quando infine è quasi ora
di raggiungere il luogo dell’appuntamento, Gheorghe
ritorna alla piazza, si lava le mani alla fontanella e poi si dirige verso il
posto dove Alex ha lasciato l’auto. È sereno. Alex arriva pochi minuti
dopo. - Tutto bene, Gheorghe? - Sì, certo, Alex. E la
tua riunione? - Noiosa, ma lo sapevo già
prima. Tante chiacchiere a vuoto, come sempre la prima volta. Nelle prossime
riunioni diventeremo più operativi. Se riusciamo ad arginare il vecchio Barley. Alex ride. Gheorghe sa chi è Barley: il
macellaio, che effettivamente non tiene mai la bocca chiusa. Salgono in auto. Alex non
dice più nulla: silenzioso come sempre. Chissà che cosa penserebbe se sapesse
che Gheorghe ha scopato con Tony? Probabilmente
niente: Alex non ha mai niente da ridire sugli affari altrui. Gheorghe scende in paese ogni martedì. Con Tony
si danno di solito appuntamento di volta in volta, in posti diversi dal pub,
evitando di farsi vedere insieme. Prima o dopo la scopata Gheorghe
va al pub e ogni tanto scambia due chiacchiere con qualcuno. Eddy, il
barista, è socievole e quando può parla volentieri con Gheorghe,
ma è sempre molto indaffarato. Qualcuno invece lo evita in modo evidente, ma
fino a ora non ci sono state provocazioni. Luglio è arrivato alla
fine e il clima è molto secco, in modo insolito per la regione. Sono alcuni
anni che piove poco, ma quest’estate l’aridità è davvero preoccupante. C’è
molto nervosismo in paese. Gheorghe ha appuntamento con Tony dietro la
chiesa. Hanno già scopato una volta contro il muro del cimitero. Questa sera però Tony
dice: - Qui no, ho visto passare
un gruppetto. Facciamo due passi in paese e ci cerchiamo un altro posto. Gheorghe è un po’ stupito della proposta di Tony,
che di solito non vuole farsi vedere con lui. Potrebbero semplicemente darsi
appuntamento da un’altra parte, ma se Tony ha voglia di passeggiare un po’
con lui, a Gheorghe certo non dispiace: questa
relazione che è proprio solo una serie di scopate tra i cespugli o contro un
muro (a Tony piace farsi fottere in piedi) è piacevole a livello fisico, ma a
lungo andare appare vuota. - Va bene. Si dirigono verso la
piazzetta della chiesa. Tony non dice nulla. Si guarda in giro. C’è qualche
cosa che non convince Gheorghe. Tony sembra
nervoso: ha paura che li vedano insieme? Ma è stato lui a proporre di fare
una passeggiata. - Dove pensi di andare? - Al parcheggio del
supermercato. Gheorghe è perplesso. Sa che la notte la zona è
frequentata da ubriachi. Non dice nulla: quando arriveranno, controlleranno
qual è la situazione. Tony rimane silenzioso per tutto il tragitto,
rispondendo a monosillabi quando Gheorghe dice
qualche cosa. Svoltano nella strada che costeggia il supermercato e porta al
parcheggio. Sono arrivati nello spiazzo, che è deserto, quando dall’ombra
escono quattro figure. Gheorghe si ferma. Sa che sono in pericolo. - Due finocchi a spasso. Tony guarda il ragazzo che
ha parlato. Risponde: - Lascia perdere, Josh. - Va a farti un giro,
Tony, che è meglio. Va a farti un giro finché puoi farlo sulle tue gambe. Tony replica: - Dai, ragazzi… Josh si avvicina a Tony, finché la sua faccia
è a pochi centimetri, e dice: - La tua parte l’hai
fatta. Adesso puoi andare. Tony si guarda intorno,
poi si gira e si allontana, senza più voltarsi. Gheorghe
vorrebbe seguirlo, ma i quattro gli sono intorno. Ha paura, sa che non lo
lasceranno andare via e le loro intenzioni sono chiare. Nel migliore dei
casi, lo picchieranno a sangue. Nel peggiore… Gheorghe
si guarda intorno, ma non c’è nessuno e non può neanche raggiungere un muro a
cui appoggiarsi per cercare di evitare di essere attaccato alle spalle. Si
prepara a difendersi, anche se sa di avere poche possibilità contro quattro:
è forte, ma non è un campione di arti marziali. Josh gli si avvicina. Ora è a una spanna da
lui. Gheorghe non arretra: non potrebbe farlo,
perché due degli altri sono dietro di lui e aspettano solo che lui cerchi di
indietreggiare o scappare per saltargli addosso. - Adesso, pezzo di merda,
ti insegniamo noi… Josh si interrompe, perché una macchina
svolta nella strada, sterza puntando i fari sullo spiazzo e illuminandoli in
pieno, mentre il guidatore inchioda. La portiera si apre. Alex scende. Josh e gli altri lo guardano. È Josh a parlare, è lui il capo: - Che cazzo vuoi, Exeter? Alex risponde tranquillo,
mentre si avvicina. - Riportare a casa il mio
lavorante. - Prima gli insegniamo la
buona educazione. Ci ha insultato. Alex raggiunge Gheorghe. I due che si erano messi dietro di lui si
spostano. Adesso fronteggiano tutti Alex e Gheorghe. - Io te lo sconsiglio, Greenway. - E perché? Che cosa fai
se gli diamo una lezione? Ci meni? Il tono di Josh è strafottente. - Di sicuro gli do una
mano a difendersi. E poi come minimo ti becchi una denuncia. Tu e tutti gli
altri. Josh Greenway è
nervoso. Sa benissimo che menando Gheorghe non
rischiano molto. Sarebbe la testimonianza di un romeno contro quella di tutti
loro. Con Alex Exeter il discorso è diverso: Alex non è tipo da attaccar
briga, lo sanno tutti. E adesso si sono fermati anche due curiosi, che devono
aver visto la macchina svoltare e poi inchiodare e se ne stanno lì a
guardare. - Ci ha insultato. - Sporgi denuncia, Greenway. Poi Alex si rivolge a Gheorghe. - Noi ce ne andiamo.
Vieni. Alex si dirige all’auto e
apre la portiera dalla parte del passeggero. - Sali, Gheorghe. Gheorghe obbedisce. Non dice niente. È meglio che
sia Alex a condurre il gioco: lui sa quello che fa. Prova un senso di
sollievo infinito. E una gratitudine enorme per Alex, che lo ha salvato. Alex sale dalla parte del
guidatore. Mette in moto e partono. I quattro non si sono
mossi. Josh non ha dato un segnale e gli altri non
agiscono autonomamente. Josh urla un insulto, ma
Alex e Gheorghe non ci badano. Gheorghe chiude gli occhi, poi li riapre e dice: - Grazie, Alex. - Appena mi hanno detto,
sono salito in auto e sono venuto a cercarti. Per fortuna sapevo che ti
aspettavano al parcheggio. - Come hai fatto a sapere,
Alex? - Eddy, il barista.
Qualcuno al pub ha sentito uno di quei coglioni vantarsi che questa sera ti
avrebbero spaccato la faccia al parcheggio del supermercato. Quando sono
usciti l’ha riferito a Eddy, che mi ha telefonato e io sono arrivato. - Appena in tempo. Grazie,
Alex. Grazie. - Mi spiace che tu ti sia
preso un brutto spavento, Gheorghe. Purtroppo c’è
anche gente così. Quattro disgraziati che sfogano le loro frustrazioni in
questo modo. Ora che l’agitazione si è
calmata, Gheorghe riflette. Avevano deciso di
menarlo al parcheggio. Sapevano che sarebbe andato al parcheggio, quando Gheorghe stesso non lo sapeva. Non è stato un incontro
casuale. Lo hanno attirato in una trappola. E a portarlo è stato Tony. Gheorghe sente una tristezza infinita invaderlo.
Probabilmente hanno minacciato Tony e lui ha ceduto, l’ha dato in pasto ai
suoi carnefici senza nessun problema. Che squallore! Nelle due settimane
seguenti Gheorghe rinuncia ad andare al pub. Alex
non insiste: capisce benissimo che dopo l’esperienza fatta Gheorghe preferisca non tornare in paese la sera. Una delle volte in cui ha
occasione di andarci di giorno con Alex, Gheorghe
passa al pub a ringraziare Eddy, ma non vuole ritornarci quando Alex va alle
riunioni. Sa che non correrebbe molti rischi: al pub è difficile che qualcuno
lo attacchi e Alex potrebbe passare a prenderlo al momento di tornare alla
fattoria, ma Gheorghe non ha voglia di vedere
nessuno e tanto meno Tony, che al pub va spesso. Non ha voglia di sentire le
sue spiegazioni, le sue menzogne. Gheorghe si sente
ancora più solo, anche se Tony non è mai stato un compagno, ma solo qualcuno
con cui scopare. Intanto il tempo è
improvvisamente cambiato: è infine arrivata la pioggia e la temperatura è
scesa. Un giorno, mentre sono lontano dalla fattoria, un temporale li
sorprende. Il vento soffia con violenza, la pioggia scrosciante li avvolge in
una nuvola d’acqua. Quando tornano a casa sono fradici e infreddoliti. La sera seguente, uscendo
dalla doccia Gheorghe si rende conto di avere i
brividi. Si asciuga e si riveste, poi si stende sul letto e si addormenta
subito. Lo sveglia la voce di Alex: - Gheorghe!
Sei pronto? Per un attimo Gheorghe non si rende nemmeno conto di dove si trova. Ha
la testa pesante e tanta stanchezza addosso. Scende e si siede a tavola, ma
non ha appetito. Mangia appena un boccone. Alex si accorge subito che qualche
cosa non va. - Non stai bene, Gheorghe? - Sarà solo un po’ di
stanchezza. Alex lo guarda, dubbioso. Gheorghe cerca di sorridergli e dice: - Forse è meglio che mi
stenda. - Sì, credo anch’io. Gheorghe sale in camera. Passa in bagno, si lava
i denti e poi si spoglia. I brividi sono più forti, ora. Deve avere la febbre
alta. Gheorghe si mette a letto. Ha appena spento la
luce quando sente bussare alla porta. - Avanti. - Come va? - Devo avere un po’ di
febbre. Passerà. - Hai bisogno di qualche
cosa? - No, niente, grazie. - Senti, Gheorghe. Lascio questa porta aperta e anche quella di
camera mia. Se hai bisogno di qualche cosa, mi chiami. A Gheorghe
vengono le lacrime agli occhi. Non sa perché l’attenzione di Alex lo turbi
tanto. Forse perché in questo momento Alex è l’unico essere al mondo a cui
importa qualche cosa di lui. Mormora: - Grazie. Gheorghe si addormenta subito. Si sveglia più
volte. A un certo punto ha l’impressione che ci sia qualcuno vicino al letto.
Si muove nel letto, ma ha un dolore al petto e gli sfugge un gemito. Nel buio
sente una voce: - Va molto male, Gheorghe? - No… no… - Vuoi che chiami la
guardia medica ora? - No, è solo un po’ di
febbre. - Va bene. Chiamo il
dottor Waugh domani mattina. Adesso cerca di
dormire. Gheorghe annuisce, anche se Alex non può vederlo.
Alex è seduto sulla sedia vicino al letto. L’ha sentito lamentarsi nel sonno,
probabilmente, ed è venuto a sedersi di fianco a lui. Il mattino dopo alzarsi
gli costa fatica, ma Gheorghe non vuole rimanere a
letto: c’è parecchio lavoro da fare. Si è appena infilato i pantaloni, quando
Alex entra in camera. - Come ti senti? - Meglio. Alex non sembra convinto.
Si avvicina a lui. - Fammi sentire. Gli mette una mano sulla
fronte. È fresca la mano di Alex. - Cazzo! Scotti! A letto,
subito! - No, no, posso lavorare.
È solo un po’ di febbre. Il tono di Alex è duro,
come Gheorghe non ha mai sentito in queste
settimane. - Ho detto: a letto. Gheorghe non ha la forza di opporsi. Si toglie i
pantaloni e si rimette a letto. - Io chiamo il dottore.
Hai bisogno di qualche cosa? Gheorghe scuote la testa. Alex ritorna dopo qualche
minuto. - Il dottore mi ha detto
che sarà qui tra non molto. Gheorghe freme: vorrebbe riuscire ad alzarsi per
lavorare, ma gli mancano le forze. Il dottore arriva dopo una mezz’ora. La
visita non è molto lunga e la diagnosi è pronunciata senza incertezze: - Polmonite. Il dottore prospetta la
possibilità di far ricoverare Gheorghe all’ospedale
di una cittadina a trenta miglia di distanza; non è indispensabile, ma non
sarebbe male tenere la situazione sotto controllo. E comunque è bene che il
malato non rimanga da solo tutto il giorno. Alex chiede direttamente: - Che cosa vuoi fare, Gheorghe? Gheorghe vorrebbe rimanere a casa: sa che per
Alex non sarebbe facile venirlo a trovare se venisse ricoverato in un’altra
cittadina e rabbrividisce all’idea di passare le sue giornate da solo in una
stanza d’ospedale, in un posto dove non conosce nessuno. E poi la fattoria di
Alex è per lui una casa, più di qualsiasi altro luogo in cui è vissuto negli
ultimi anni. Ma Gheorghe si vergogna. - Alex, decidi tu. Alex scuote la testa. - Testa dura! Sei tu il
malato. Ti senti più tranquillo a stare in ospedale o preferisci rimanere
qui? Per me non c’è problema. Alex sorride, con
dolcezza. Gheorghe cede: - Se non ti è di peso,
preferirei rimanere qui. Almeno ti vedo la sera. Se però è un problema… Alex non lo lascia finire: - Nessun problema. Anch’io
preferisco averti qui, sotto controllo. Il dottore non ha
obiezioni. La situazione di Gheorghe non gli sembra
particolarmente grave e il ricovero che ha proposto è una misura
precauzionale, non una necessità. Se la situazione peggiorerà, si vedrà il da
farsi. Il dottore conferma che è
necessaria una settimana di assoluto riposo. Gheorghe è angosciato. Si sente in colpa
un’intera settimana a letto, senza lavorare. E proprio con Alex, il migliore
datore di lavoro che abbia mai avuto. Il dottore dà le
prescrizioni. Alex scende in paese a prendere i medicinali e poi torna con
Ethel, una donna sui sessanta, una vicina di casa che Gheorghe
ha avuto modo di vedere alcune volte. - Ethel rimarrà qui mentre
io sono al lavoro. - Grazie, Ethel. Alex va a lavorare,
lasciando Gheorghe con Ethel. Gheorghe passa buona parte della giornata
dormicchiando. Prova un senso di oppressione al petto e una grande
stanchezza. A tratti ha i brividi. Non riesce a parlare. Con fatica beve un
po’ del brodo che Ethel gli prepara e mangia un po’ di pane inzuppato. Nel pomeriggio, in un
momento di lucidità, Gheorghe dice: - Grazie. Mi spiace che
debba vegliarmi… Ethel sorride. - Figurati! Lo faccio
volentieri. Cerchiamo di darci una mano, tra vicini. Certo, non con tutti
funziona così, ma Alex… Ethel scuote la testa e
prosegue: - Alex è sempre
disponibile. Sai che puoi contare su di lui. E lui può contare su di noi. La sera, quando Alex
torna, Gheorghe gli dice: - Mi spiace, Alex. Alex alza le spalle. Non
sembra dare la minima importanza alla faccenda. - Gheorghe,
capita a tutti di ammalarsi. Non è una colpa, ammalarsi. - Ma proprio adesso. Come
fai? - Mi dà una mano Peter, il
nipote di Ethel. Per una settimana può farlo. Così Alex paga una persona
per lavorare al posto suo. Gheorghe è mortificato. Nei giorni seguenti la
febbre va calando e Gheorghe, anche se è debole, è
sicuro di essere ormai sulla via della guarigione. Il dottore passa a
visitarlo e si dichiara ottimista: il decorso della malattia è regolare e il
paziente potrà presto alzarsi dal letto. Il giorno seguente però la febbre di
colpo risale. Alex si preoccupa e nuovamente chiama il dottore. Gheorghe sprofonda nella disperazione. Gli sembra di
essere un buono a nulla, un peso e niente di più. Il dottore arriva. Esamina
con cura Gheorghe. - Non mi sembra davvero
grave. Cambiamo gli antibiotici e ne uscirà. Dovrà rimanere a letto qualche
giorno di più. Quando il dottore se ne
va, Gheorghe ha le lacrime agli occhi. Mormora: - Scusa, Alex, sono un
buono a nulla. Alex scuote la testa e
sorride. - Perché sei malato? Che
cazzo dici, Gheorghe? È la febbre che ti fa
delirare? È anche la febbre a
rendere Gheorghe meno lucido, ma la disperazione
che tracima non è dovuta alla febbre . Gheorghe scuote la testa con violenza. - No, no, sono sempre
stato un buono a nulla, un finocchio, manco buono a lavorare. Gheorghe sta piangendo. Si vergogna delle
lacrime, ma la sofferenza è troppo forte. Alex appare disorientato:
non si aspettava questa disperazione. Esita un attimo, poi poggia una mano
sulla destra di Gheorghe e gli sorride. - Calmati, Gheorghe. Ti sei solo ammalato, ma guarirai e comunque di
questo non hai proprio nessuna colpa. Sei davvero bravo nel lavoro, non sei un
buono a nulla. Alex fa una piccola pausa
e prosegue: - E se ti piacciono gli
uomini, non c’è niente di male. Gheorghe annuisce, cercando di frenare le
lacrime. Le parole gli salgono alle labbra: - Mi hanno sbattuto fuori
di casa. Mio padre e i miei fratelli. Per loro era una vergogna. Gheorghe racconta: ha bisogno che Alex sappia, ha
bisogno di sfogarsi. Non ne ha mai parlato con nessuno, si è trascinato
questo peso dentro per anni, ma ora ha bisogno di condividerlo e sa che può
farlo con Alex, che Alex lo ascolterà e non lo condannerà. - Io… fin da ragazzino, lo
sapevo che mi piacevano gli uomini… andavo a spiare i lavoranti della
fattoria vicina quando si bagnavano al fiume e… poi… un ragazzo che lavorava
come bracciante… fu lui a offrirsi, ma anch’io… due mesi in cui sono stato
felice. Poi se n’è andato… per anni solo qualche occasione… di nascosto.
Cercavo di resistere, ma poi cedevo. Mi vergognavo, avevo paura che mi
scoprissero, mi sentivo sporco, il prete in chiesa… ma anche quello che
dicevano mio padre e i miei fratelli, quando si parlava di qualcuno su cui
correvano voci. Poi… Gheorghe si asciuga le lacrime. - Mi hanno sorpreso. C’era
un ragazzo che aveva qualche anno in meno di me. Qualcuno doveva averci
visto. Ci hanno beccato insieme. Mi hanno picchiato. Mio padre, i miei
fratelli… Poi mi hanno sbattuto fuori casa, senza nulla. Non ho neanche
potuto salutare mia madre. Gheorghe si interrompe. Alex gli prende la testa
tra le mani, l’appoggia sul proprio petto e lo abbraccia. Lentamente, Gheorghe si calma. Gheorghe sta bene tra le braccia di Alex. Sente
il dolore attenuarsi. Un po’ si vergogna di aver pianto davanti ad Alex, di
essersi messo a nudo in questo modo, ma si sente sollevato. È contento di
aver parlato. E sente che Alex gli è vicino. Il giorno dopo Gheorghe sta meglio: la febbre è calata in fretta. Decide
che l’indomani si alzerà e riprenderà a lavorare. La sera lo annuncia ad
Alex: - Domani riprendo a
lavorare. - Tu ti alzi quando il
dottore ti dirà che puoi alzarti. Gheorghe cerca di opporsi. Si sente in colpa. - Sto bene, adesso. Posso
lavorare. - Tu rimani a letto. Il
dottore ha detto che passa nel pomeriggio. Ti alzi quando te lo dice lui. - Ma… Alex lo interrompe. - Non c’è nessun ma, Gheorghe. Non decidi tu se stai bene. Lo valuta il
dottore. Il dottore viene, conferma
che Gheorghe è in netta ripresa, ma raccomanda che
non si alzi prima della fine della settimana. Per Gheorghe
è un’umiliazione: rimanendo a letto fino a domenica, saranno dodici giorni di
malattia. E proprio nel periodo in cui c’è più da lavorare. Ma Alex non
sembra per nulla preoccupato e vuole solo che il suo lavorante si rimetta
bene in sesto. Quando infine Gheorghe può riprendere a lavorare, Alex lo tiene sotto
controllo e lo costringe a rallentare i ritmi; a metà pomeriggio lo manda a
casa. - Posso lavorare ancora,
Alex. - Preferisco che tu ti
riposi. Se ti affatichi troppo e hai una ricaduta, è molto peggio. Peggio per
te, Gheorghe, non per me: perché sei tu che, oltre
a dover stare a letto, patisci perché non puoi lavorare. Peggio anche per me,
perché diventi una lagna. Alex sorride mentre lo
dice e Gheorghe prova l’impulso di abbracciarlo.
Vuole bene ad Alex, si è affezionato a quest’uomo riservato, che non dà
confidenza, ma è buono e attento agli altri. Gli vuole davvero bene. E mentre torna a casa, Gheorghe si chiede se si è solo affezionato o se non c’è
altro. Il pensiero lo disturba, per cui lo scaccia. Sta bene con Alex. In
ogni caso starà con lui ancora un mese, poi se ne andrà e probabilmente non
lo rivedrà mai più. E di colpo il benessere che provava fino a un attimo
prima svanisce: l’idea che non vedrà più Alex è dolorosa. Forse significa
davvero che ciò che prova per Alex non è soltanto affetto, forse è invece l’idea
di ritrovarsi di nuovo completamento solo, senza nessuno che gli regali un
minimo di attenzione, di calore umano. Gheorghe sta
male. Nei giorni seguenti
riprende a lavorare a pieno ritmo, anche se Alex cerca un po’ di arginare la
sua frenesia di attività. Gheorghe vorrebbe in
qualche modo ripagare Alex per il periodo in cui è rimasto inattivo. Alex
l’ha capito benissimo e lo prende in giro. - Se vuoi proprio
recuperare, basta che tu faccia quattro ore in più ogni notte e non ci metti
molto a metterti in pari… Ormai la sera diventa buio
presto, ogni giorno prima. Anche il periodo in cui Gheorghe
rimarrà alla fattoria sta volgendo al termine. Ogni volta che ci pensa, e ci
pensa sempre più spesso, Gheorghe avverte un peso,
un senso crescente di infelicità. Non vorrebbe andarsene. Sta bene qui, con
Alex. Non è mai stato così bene, in pace con se stesso e con il mondo. Ma
presto dovrà lasciare questo piccolo paradiso. Alex cercherà di nuovo un
lavorante per la prossima stagione? E manderanno di nuovo Gheorghe?
Forse, se Alex chiedesse esplicitamente di lui... Gheorghe è triste e non riesce a nascondere il
suo stato d’animo. È Alex ad affrontare
direttamente il discorso: - Che cosa farai quando
scade il contratto? Non sarà più un periodo in cui è facile trovare lavoro. Gheorghe lo sa benissimo, lo ha provato sulla sua
pelle in questi anni. È il motivo per cui evita di spendere nei mesi in cui
guadagna e non si compra neppure un maglione o un paio di pantaloni, se non è
indispensabile. Dice la verità: - Qualche lavoretto
saltuario di solito lo trovo, di che tirare avanti fino alla primavera. E ho
un po’ di soldi da parte. Alex non dice niente.
Sembra pensieroso. Più tardi, a cena, gli
parla: - Senti, Gheorghe, mi sembra di capire che dall’autunno alla
primavera tu riesca a lavorare poco. Io non posso pagarti un salario tutto
l’anno, la fattoria mi dà da vivere senza problemi, ma non rende tanto da
permettermi di avere un dipendente fisso. Però, se ti va bene, posso
ospitarti qui fino a primavera. Mi dai una mano quando c’è qualche lavoro più
grosso da fare, non capita spesso nei mesi freddi, ma qualche cosa da fare
c’è sempre, così ti guadagni il vitto e non ti senti in colpa a vivere a
spese mie. Ormai ti conosco… Alex sorride. Gheorghe lo guarda. La proposta è quanto di meglio Gheorghe possa immaginare: nei prossimi mesi non dovrebbe
pensare a mantenersi, a trovare un tetto, non dovrebbe spendere. E
soprattutto potrebbe stare con Alex, che per lui è un fratello. - È una bellissima
proposta, Alex. Degna di te, della tua generosità. Alex scuote la testa. - Ci guadagno anch’io: ho
qualcuno che mi aiuta se c’è qualche lavoro più pesante. Magari ne approfitto
per sistemare il tetto della rimessa. E poi sono costretto a scambiare due
parole con qualcuno, magari divento un po’ meno orso. Gheorghe annuisce. Alex prosegue: - Allora, che ne dici? È
una buona proposta o hai paura che ti faccia lavorare troppo? Gheorghe sorride. - No, so che non mi farai
lavorare troppo. Non mi guadagnerò l’ospitalità, di certo. - Non esserne così sicuro.
Allora, accetti? Gheorghe vorrebbe dire di sì, ma qualche cosa lo
trattiene: non sa che cosa, ma ora che gli si offre la possibilità di
rimanere, si scopre timoroso. È meglio che ci rifletta. - Mi lasci un po’ di tempo
per pensare? - Ma certo. Prenditi tutto
il tempo che ti serve. Dopo cena Gheorghe si stende sul letto, ancora vestito, e guarda il
soffitto. Fermarsi da Alex, tutto l’anno. Lavorare un po’ con lui nei mesi
invernali e poi riprendere a tempo pieno in primavera. Non doversi cercare un
letto, non vivere di lavoretti. Avere Alex vicino. Gheorghe sta bene con Alex. Rimanere con Alex
qualche anno, mentre mette un po’ di soldi da parte. È una bellissima idea. Alex non gli chiede una
risposta e Gheorghe non affronta l’argomento. Si
dice che c’è tempo, mancano ancora alcune settimane. Intanto è arrivata
un’ondata di caldo, anche se ormai si è a settembre. - Tempo pazzo! A luglio ti
becchi la polmonite, adesso fai la sauna. Alex annuisce. Stanno
sistemando un muretto e sudano abbondantemente tutti e due. Si sono tolti la
camicia e Gheorghe osserva i rivoli di sudore che
scorrono sul torace di Alex fino a perdersi tra la peluria, abbastanza fitta.
Quando hanno finito, sono esausti. - Torniamo al laghetto,
Alex? Non si sono mai più bagnati
nella pozza d’acqua, ma di solito hanno lavorato in altre aree: il laghetto è
in un’area destinata al pascolo, dove ci sono meno lavori da fare. Alex sembra non capire
subito. Lo guarda, perplesso. Gheorghe insiste: - Un rapido bagno prima di
mangiare un boccone. Che ne dici? Alex annuisce. - Va bene. Raggiungono la pozza. Alex
si spoglia, dando le spalle a Gheorghe, poi entra
direttamente in acqua, senza voltarsi. Gheorghe
osserva il grosso culo peloso. Prova una sensazione strana, ma la ignora ed
entra rapidamente in acqua. Si lavano, sguazzano un momento, ma quasi subito
Alex dice: - Io esco. Rimani pure,
tanto non c’è niente di urgente. Alex esce e si riveste. Gheorghe guarda il culo scomparire nelle mutande e poi
nei pantaloni. Alex si allontana. Gheorghe esce, si
asciuga e si riveste in fretta, poi raggiunge Alex, ma per tutto il giorno
rimane a disagio. È il sogno a fargli
capire. Un sogno semplice, molto diretto. È con Alex e, come hanno fatto in
mattinata, raggiungono il laghetto per bagnarsi. Si spogliano. Gheorghe guarda il corpo di Alex, che ormai conosce. Un
corpo segnato dagli anni e dai lavori pesanti, un ventre prominente, il
pelame diffuso. Il desiderio si accende violento. Alex si volta verso di lui,
si mette le mani aperte sui capezzoli e dice: - Ho le tette! In effetti Alex ha
capezzoli sporgenti, Gheorghe l’ha notato. Adesso
però Gheorghe è dietro ad Alex, che sta guardando
dalla finestra – non sono più al laghetto - gli posa le mani sul culo, preme
con l’uccello e il piacere lo travolge. Gheorghe si sveglia. È venuto nel sonno. Non è strano, gli è
capitato altre volte, da quando è finita la breve storia con Tony. Ma questa
volta è venuto sognando Alex. E adesso, nel buio della stanza, nel silenzio
della notte, Gheorghe deve riconoscere che il sogno
corrisponde al suo desiderio. I giorni passano. Alex non
ha più ripetuto la sua proposta. Qualche volta vi ha fatto riferimento,
usando frasi come “Se ti fermi qui quest’inverno…”, “Lo vedrai, se rimani
qui…”, ma non ha mai insistito per avere una risposta: Alex non è il tipo da
fare pressione sugli altri. Gheorghe sa che deve
prendere una decisione, ma rimanda. È Alex a chiedere, quando
ormai manca una settimana alla scadenza del contratto: - Hai pensato alla mia
proposta? Gheorghe annuisce. - Non mi mettere fretta,
Alex. Ho bisogno di riflettere. Alex è un po’ stupito:
sono passate tre settimane da quando gli ha offerto di rimanere da lui in
inverno. - Scusa, Gheorghe. Non volevo pressarti. Altri giorni passano. Gheorghe sente che il suo tempo con Alex volge alla fine
e una sofferenza sempre più forte si impadronisce di lui. Ci sono momenti in
cui prova il desiderio di piangere. Giovedì è il giorno in cui
Alex e Gheorghe vanno a fare la spesa per la
settimana. Ma Gheorghe dovrebbe partire sabato. Al
momento di prendere l’auto per andare a fare acquisti, Alex gli dice: - Scusa se te lo chiedo, Gheorghe, dimmi solo se ci sarai la settimana prossima. Gheorghe guarda Alex e dice: - No, Alex, non mi
fermerò. Sente una fitta. Vorrebbe
aggiungere mille cose, ma sa che se provasse a parlare, potrebbe mettersi a
piangere. Alex aspetta una
spiegazione, ma Gheorghe tace. Alex allora dice: - Vieni con me per la
spesa? Gheorghe ha sempre accompagnato Alex, ma adesso
ha bisogno di stare da solo. Scuote la testa. Alex è stupito anche del
silenzio di Gheorghe, anche se non lo dà a vedere.
Annuisce. - Va bene, allora io vado. Gheorghe si mette al lavoro, ricacciando indietro
una disperazione che fa fatica a contenere. A un certo punto però la sofferenza
è più forte di tutto. Gheorghe crolla in ginocchio,
scosso dai singhiozzi. A pranzo e la sera sono
tutti e due taciturni, in imbarazzo. Gheorghe
guarda Alex e pensa che non lo rivedrà mai più. Mangia pochissimo, quasi
niente. - Non stai bene, Gheorghe? - No, tutto bene. Non ho
fame. Dopo cena Gheorghe si ritira subito nella sua camera. Il venerdì lavorano in
silenzio. Nessuno dei due è mai stato molto loquace, ma adesso non riescono a
parlare. Alex cerca due o tre volte di dire qualche cosa, ma Gheorghe risponde appena. La sera Gheorghe dice che deve preparare il suo bagaglio: sono
poche cose, ci metterà pochi minuti, ma non riesce a rimanere con Alex, lo fa
stare troppo male. In camera mette il borsone sul letto e incomincia a
riempirlo. Poi si inginocchia, appoggia la fronte sul lenzuolo e incomincia a
singhiozzare. Deve farsi forza per non gridare. Non vuole che Alex senta. L’indomani mattina Alex
prepara la macchina per portare Gheorghe alla
fermata dell’autobus. A colazione non hanno detto una parola. Alex ha acceso
il motore, ma quando Gheorghe esce con il borsone,
scende dall’auto e apre il bagagliaio. Prima di risalire in auto, dice: - Mi spiace che tu parta,
davvero. Ma non posso trattenerti se non vuoi. Posso chiederti perché hai
deciso di non fermarti? Non ti sei trovato bene qui? Gheorghe scuote la testa, violentemente. Non si
aspettava che Alex gli chiedesse le motivazioni del suo rifiuto. Si dice che
tra mezz’ora tutto sarà finito: sarà su un autobus e non rivedrà mai più
l’uomo che ama. Gheorghe guarda Alex e si rende conto che deve
dirglielo, che non ha il diritto di andarsene senza spiegare. - No, Alex. Da te sono
stato bene come non mi era mai capitato. Il motivo è un altro. Gli costa fatica dirlo, ma
lo deve ad Alex, per tutto quello che Alex ha fatto per lui, per tutto quello
che è. Deve spiegargli perché rifiuta la sua proposta, Alex non deve pensare
che Gheorghe non sia stato bene con lui. - La verità è che mi sono
innamorato di te, Alex. E starti vicino è una gioia, ma anche una sofferenza. Alex è impallidito. - Gheorghe…
tu… no, non è possibile. - Scusami, Alex. Ma dovevo
dirtelo. Rimanere qui… desiderandoti, senza poterti toccare. Non ce la
faccio, Alex. Alex scuote la testa. - Anch’io ti desidero, ma
preferivo averti vicino, anche se per me eri irraggiungibile. Mi bastava
poterti vedere, sentirti accanto a me. Gheorghe non riesce a rispondere. Alex ha detto:
“Anch’io ti desidero”. L’ha detto. Gheorghe sente
che gli manca il fiato. Alex prosegue: - Gheorghe,
mi hai guardato, davvero? Sono… - Sì, ti ho guardato. Sei
l’uomo più bello che io abbia mai conosciuto, Alex. E della tua bellezza, di
quella vera, mi sono innamorato. Alex chiude gli occhi. Poi
fa un passo verso Gheorghe e dice: - Anch’io mi sono
innamorato di te. E non solo della tua bellezza, anche se è quella che mi ha
colpito subito, spingendomi a tenere le distanze. Avevo paura di innamorarmi,
di soffrire ancora. Gheorghe scuote la testa. Esitando, si avvicina a
Gheorghe. Ora i loro corpi quasi si toccano, ma
nessuno dei due osa andare oltre. È Gheorghe infine
ad avvicinare la bocca e a baciare Alex sulle labbra. E poi il bacio diventa
una stretta ardente, lingue e labbra che si accarezzano, mani che toccano,
stringono, si infilano sotto gli abiti, prima timorose, poi sempre più
sfacciate. E infine, dopo una raffica
di baci, carezze e strette, Alex dice: - Andiamo dentro, Gheorghe. Andiamo dentro, amore mio. Si staccano dall’auto
contro cui sono appoggiati. Fanno due passi verso casa. Gheorghe
sorride e dice: - Forse è meglio che tu
spenga il motore, Alex. Alex ride, ritorna
all’auto, mette le testa nell’abitacolo, tende il braccio e gira la
chiavetta. Gheorghe guarda Alex, la schiena larga,
il culo su cui sporge la camicia che nella foga del loro abbraccio è uscita
dai pantaloni. Gheorghe si avvicina, il suo corpo
aderisce a quello di Alex, che non si sottrae. Gheorghe
gli cala i pantaloni e le mutande, gli accarezza e stringe il culo. La sua
voce è roca, mentre chiede: - Lo vuoi, Alex? Lo vuoi? - Sì. Il desiderio li trascina. Gheorghe si abbassa i pantaloni. Si stacca, sputa
sull’apertura, sparge la saliva e avvicina la cappella. Poi, con lentezza,
accarezzando i capelli di Alex, spinge dentro. Quando sente che l’anello di
carne preme contro la cappella, morde la spalla di Alex e spinge con forza.
Alex sussulta. Gheorghe si ritrae, poi avanza nuovamente. Mormora: - Alex, amore mio. E poi lascia che sia il
desiderio a guidarlo in una cavalcata selvaggia, finché il piacere deborda
per entrambi e Gheorghe si abbandona sul corpo di
Alex. Gli sembra di non essere mai stato così bene, come ora, steso su questo
corpo che gli si è offerto. Poi pensa che ha preso
Alex in modo brutale, come un animale. - Alex… sono stato troppo
irruente? Scusami, io… - Va bene così, Gheorghe. È perfetto così. 2019 |