Vega63 Gustav Voller si
alza dal letto. Guarda il corpo nudo della donna. Si sfila il preservativo e
lo getta nel cestino di fianco al tavolo. Poi versa dalla brocca un po’
d’acqua nella bacinella e si lava rapidamente il cazzo. Prende il telo per
asciugarsi, ma lo vede sporco e lo posa. Mentre si riveste, dà ancora
un’occhiata alla donna, che è rimasta distesa sul letto. Non ne valeva la
pena, ma aveva voglia di scopare e non potrà farlo per mesi. Forse non potrà
farlo mai più: il posto a cui lo hanno destinato è uno dei peggiori
dell’Afghanistan e i rischi di rimanerci secco sono alti. Gustav Voller apre la
porta ed esce, senza salutare: la scopata non ha contribuito a rilassarlo e
gli ha lasciato l’amaro in bocca. La donna dice solo: “Avanti” e il soldato
che aspetta vicino alla porta entra: il tempo a disposizione è molto ridotto,
se uno vuole rimanere più di venti minuti, deve pagare un extra. Gustav scende al piano
terra e lascia la casa. Torna alla base, ma non raggiunge la camerata: deve
andare all’ospedale militare per un controllo, Gustav non ha capito di che
cazzo si tratta, ma non ha importanza. Gli girano i coglioni all’idea di
dover perdere tempo così, anche se sa benissimo di non avere niente di meglio
da fare. Gustav raggiunge
l’ospedale. Gli controllano i documenti e lo indirizzano a un padiglione
interno, un basso edificio isolato, con le imposte chiuse. All’ingresso gli esaminano
di nuovo i documenti, poi lo fanno entrare in una stanza illuminata da un
neon: è pieno giorno, perché cazzo questi tengono le imposte chiuse e la luce
accesa? C’è un ascensore e Gustav si chiede a che cazzo serve, visto che c’è
solo un piano. Il soldato che lo accompagna preme il tasto di un citofono.
Una voce chiede di chi si tratta. - È il soldato Gustav
Voller. - Hai controllato
l’identità? - Certo. - Va bene, portalo giù. Il soldato preme il
pulsante dell’ascensore e la porta si apre. Entrano. Ci sono solo due tasti.
Il soldato preme quello inferiore. L’ascensore si mette in moto. La discesa
dura un buon momento. - Ma quanto è profondo? Il soldato scrolla le
spalle, senza dire niente. L’ascensore si ferma, la porta si apre. Un
sergente controlla di nuovo i documenti. Ma è un ospedale militare o una base
segreta? Gustav non dice nulla, tanto non sembrano intenzionati a dare
spiegazioni. Il sergente dice: - Seguimi. Il soldato rimane
sull’ascensore, che si chiude. Gustav segue il sergente fino a una porta
blindata. A fianco della porta c’è una tastiera. Il sergente compone un
numero, ma la porta non si apre. Si sente invece una voce: - Sì? - Soldato Gustav Voller.
Controllo effettuato. Un suono metallico e la
porta si apre. Il sergente fa cenno con il capo a Gustav, che entra. La porta
si richiude. Un uomo in camice guarda Gustav, poi gli indica con il dito una
porta e dice: - Entra in quella stanza e
spogliati completamente. Gustav entra. Il locale è
un minuscolo spogliatoio. Gustav si toglie tutto quello che ha addosso. Non
gli spiace rimanere nudo. Qui il caldo è meno forte rispetto a fuori, ma le
temperature rimangono piuttosto alte. La porta si apre. L’uomo
in camice guarda Gustav, verificando che non abbia niente addosso. - Niente orecchini,
piercing, cock-ring o altre cazzate? - No, niente. - Va bene. Stenditi sul
ripiano. L’uomo si sposta e Gustav
può vedere alle sue spalle un grande tubo metallico e davanti un ripiano,
coperto da una striscia di carta. Dev’essere l’apparecchiatura che serve per…
come cazzo si chiama? Risonanza magnetica, forse? Ma perché cazzo gliela
fanno? Gustav si stende. - Adesso ti metterò dentro.
Evita di muoverti. È una cosa lunga. Se ti addormenti non c’è problema. Il ripiano scivola dentro
il tubo. Uno sportello lo chiude completamente Gustav è perplesso, non
capisce di che cosa si tratta, ma non dice nulla. Probabilmente da fuori non lo
sentirebbero neppure. Gustav sente un ronzio,
che diventa via via più forte. È piuttosto fastidioso, ma Gustav cerca di non
concentrarsi sul rumore. Avverte una sensazione crescente di calore. Si
chiede se intendano cuocerlo. Sorride. Chiude gli occhi. Il calore diventa più
forte. Gustav incomincia a sudare. Mormora: - Merda! Gli sembra che il suo
corpo sia percorso da un formicolio. Non è piacevole. Poi il ronzio cessa ed
è sostituito da un suono più debole, come una scala di tre note che viene
ripetuta all’infinito. Gustav avverte un dolore alla testa. Non gli capita
mai di soffrire di emicrania, ma adesso è proprio fastidioso. Poi il mal di
testa svanisce e Gustav sente un forte calore al petto. Sta sudando
abbondantemente. È fradicio. Muove una mano per detergersi il sudore, ma
sente una voce: - Non ti muovere. Gustav pensa solo: merda!
Appoggia di nuovo la mano sul ripiano. Chiude gli occhi. Il calore ora sta diventando
più forte al ventre. Poi scende ancora e Gustav si accorge che il cazzo gli
si sta irrigidendo. La sensazione di calore si sposta alle cosce e infine
alle gambe, ma il cazzo rimane teso. Gustav pensa che sia
finito, ma il rumore varia nuovamente: ora sembra un triangolo colpito in
successione, tre o cinque volte. E il calore lascia il posto a un fresco che
dapprima è piacevole, ma poi diventa fastidioso. Gustav chiude gli occhi.
Si accorge di scivolare nel sonno. È una voca a svegliarlo. - Puoi alzarti. Gustav si scuote. Ha davvero
dormito. Meglio così, il tempo è passato più in fretta. - Quanto sono rimasto
dentro? - Il necessario. Bella risposta del cazzo!
Gustav non dice nulla. Passa nello spogliatoio e si riveste. C’è di nuovo la
trafila delle porte e dell’ascensore, ma tutto si svolge rapidamente. Gustav
esce dall’edificio e si ferma, allibito: fuori è notte. È entrato alle tre.
Dev’essere rimasto dentro parecchie ore. - Cazzo! Gustav lascia l’ospedale e
raggiunge l’edificio dove è alloggiato il suo reparto. L’ora della distribuzione
del rancio serale è già passata, ma in qualche modo il sergente era informato
che Gustav sarebbe rientrato tardi e gli ha fatto lasciare da mangiare. Il giorno dopo Gustav
raggiunge l’aeroporto di Kabul e un aereo porta lui e altri soldati a Kandahar.
Di lì una jeep accompagna Gustav e altri tre a un avamposto tra le montagne,
non molto lontano dalla città. Arrivano verso sera. La
base militare è piccola e vi stanno solo una ventina di soldati. Gustav e gli altri sono
ricevuti dal comandante e cenano insieme ai nuovi compagni. La base ha camere
piccole, da tre-quattro posti. Gustav è assegnato a una stanza in cui dormono
Paul e Lou. Un quarto letto è libero. Paul è il
classico orso, massiccio e barbuto, con un viso simpatico. Dev’essere sui
trentacinque, forse quaranta. Lou è un bel nero,
più giovane e snello di Paul. Dopo aver scambiato
qualche parola, Paul chiede: - Hai fatto anche tu
l’esame nel sotterraneo, quello dentro il tubo? - Sì, come lo sai? - Lo fanno parecchi di
quelli che vengono mandati qui, quasi tutti. L’ho fatto anch’io. - Ma perché? - Non lo so, ma se fai
quell’esame, poi ti mandano qui. E di solito non ci rimani a lungo. - Ti trasferiscono da
un’altra parte? - No, ti ammazzano. Questo
buco di culo di posto è uno dei peggiori del paese. E quelli che hanno fatto
l’esame vengono sempre scelti per le missioni più pericolose. Gustav è perplesso. - Sei sicuro? Non capisco
perché mai dovrebbero farti un esame per poi mandarti a farti ammazzare. - Non te lo so proprio
dire, ma è così. Quelli che hanno fatto l’esame muoiono entro un mese, di
solito. Spesso anche meno. Io sono un’eccezione. - Da quanto tempo sei qui? - Da tre mesi e sono
sfuggito alla morte due volte, per puro culo. E tutti quelli che ho visto mandare
qui dopo aver fatto l’esame sono morti, a parte Lou,
che però è qui solo da venti giorni. Paul guarda Lou e Gustav ha l’impressione che nel suo sguardo ci sia
una complicità che non è solo amicizia. Poi Paul indica il quarto
letto: - Lì c’era Henry. Anche
lui aveva fatto l’esame. Morto ammazzato da un cecchino tre giorni fa. Nel
letto che hai preso c’era Martin. Arrivato un lunedì, ammazzato il venerdì.
Ha fatto in fretta, lui. - Cazzo! Gustav è di cattivo umore.
Conosceva la fama del posto in cui si trova, ma la realtà è ancora peggiore
di come gliel’avevano presentata. Gustav si corica e si
addormenta in fretta, ma dopo un po’ si sveglia. Apre gli occhi. A destarlo è
stato un rumore che proviene da un letto vicino. Il letto sta vibrando.
Gustav non può vedere niente: la stanza è sotterranea e a luci spente il buio
è assoluto. Non gli è però difficile capire che cosa stanno facendo Paul e Lou: qualche gemito conferma l’ipotesi che ha fatto. Gustav sorride. Paul e Lou gli stanno simpatici e in fondo è contento che si
divertano. Se devono crepare, che almeno possano godere prima dell’ultimo
viaggio. Gustav non ha mai avuto
rapporti con altri uomini. Da ragazzo ha partecipato a qualche sega
collettiva, come tanti suoi coetanei. Qualche volta si è chiesto che cosa si
prova a prenderselo in culo, ma non ha mai pensato di fare l’esperimento. Non
gli spiacerebbe vedere Paul e Lou, ma nel buio
della stanza non si vede proprio nulla. Il mattino dopo Paul gli
chiede: - Hai dormito bene,
Gustav? Gustav sorride e dice: - Sì, a parte un’interruzione
per dei rumori… Paul ghigna e risponde: - Spero che non ti abbiamo
disturbato questa notte. - Disturbato no, però mi
scoccia quando di un film c’è solo il sonoro. Paul ride. - Questa sera teniamo la
luce accesa. - Può essere un’idea. La giornata scorre
tranquilla. Il comandante fornisce una serie di spiegazioni sulla funzione
della base e sulle attività che vi si svolgono. Nel pomeriggio due jeep fanno
un breve giro di perlustrazione. Gustav osserva il paesaggio, che è
affascinante: montagne brulle e selvagge, precipizi vertiginosi e cime aguzze,
immersi nella luce accecante di una giornata senza nuvole. Poche le tracce
della presenza dell’uomo: qualche capanna di fango secco, piccoli gruppi di
capre. La sera, al momento di
coricarsi, Paul chiede: - Allora, vuoi vedere,
oltre che sentire? Gustav sorride e annuisce. Paul e Lou
si spogliano davanti a Gustav. Paul è molto villoso: una fitta peluria scura gli
copre il petto, il ventre, le gambe e le braccia. Gustav nota che ha un
grosso cazzo circonciso. Lou invece ha un corpo
snello, poco peloso. Anche lui ha un bel cazzo. Paul si avvicina a Lou, lo prende tra le braccia e lo bacia. Un bacio
ardente, con la lingua che si infila nella bocca di Lou.
Intanto le sue mani stringono il culo del compagno e un dito scivola lungo il
solco. Paul e Lou
continuano a baciarsi e ad accarezzarsi e a Gustav viene duro. Non cerca di
nasconderlo: sarebbe assurdo. Gustav si spoglia. Si farà una sega alla fine
dello spettacolo (o magari anche prima della fine) e non è il caso di
sporcarsi le mutande. Paul guarda verso di lui e
gli dice: - Vuoi partecipare anche
tu? Gustav scuote la testa. - No. Magari un’altra
volta. Mi basta il film. - Come vuoi. Se cambi
idea, diccelo. Paul guida Lou a stendersi sulla schiena. Ora che si sono staccati,
Gustav può vedere che hanno entrambi il cazzo in tiro. Quello di Paul è
davvero uno spettacolo, molto voluminoso, rigido, una vena in rilievo, la
cappella più scura. Anche Lou non scherza,
comunque. Paul si mette le gambe di Lou sulle spalle e poi
avvicina la cappella al buco del culo di Lou.
Sputa, sparge un po’ di saliva e lentamente affonda il suo formidabile spiedo
dentro Lou, sul cui viso appare una smorfia. Gustav
pensa che non deve essere facile reggere una simile mazza. Paul incomincia a spingere,
muovendo avanti e indietro il grosso culo peloso. Gustav lo guarda e si
accarezza il cazzo e i coglioni. Si chiede che cosa provi Lou
a essere fottuto così. Lou sta sorridendo, anche se
a tratti corruga la fronte. Di certo non gli dispiace, ma un po’ deve fargli
male. Paul spinge a lungo, in un
movimento continuo. Lou geme piano. Infine le spinte divengono
più rapide e intense. Lou geme più forte e Paul
chiude gli occhi. Dev’essere venuto in culo a Lou.
Paul afferra il cazzo di Lou e con pochi movimenti
lo guida a venire. Il seme si sparge sul ventre del nero. Gustav guarda la
striscia biancastra e le gocce che la luce fa risplendere come diamanti. Gustav si rende conto che
basterebbe pochissimo a farlo venire. - Vuoi una mano, Gustav? Gustav guarda Paul. Alle
labbra gli è salito un no, ma la parola si è persa da qualche parte, prima di
uscire. Dev’essere rimasta impigliata tra i denti. Paul esce da Lou. Gustav guarda il cazzo, non più rigido, ma ancora
piuttosto voluminoso. Paul sorride e si mette
sul letto a fianco di Gustav. Gli afferra il cazzo con la destra, mentre con
la sinistra gli stringe delicatamente i coglioni. Gustav apre la bocca. Paul
muove la mano verso l’alto e verso il basso. Gustav sente il piacere crescere
e infine esplodere. Il seme schizza verso l’alto e ricade sul ventre di
Gustav e sulla mano di Paul. Gustav chiude gli occhi. - Cazzo! Paul si stacca. Si lecca
la mano. Gustav apre gli occhi e lo guarda. - Grazie, Paul. - Magari domani hai voglia
di partecipare… Gustav scuote la testa.
No, non intende partecipare, anche se lo spettacolo gli è piaciuto. L’indomani il sergente
comunica che loro tre partiranno in mattinata per un giro di controllo,
insieme a Henry. Paul sibila tra i denti: - Merda! Marca male. Quando sono sulla jeep,
Gustav chiede: - Perché dici che marca
male, Paul? - Perché abbiamo fatto
tutti e quattro l’esame. Mi spiace, Gustav, ma ci sono buone possibilità che
tu stabilisca il record di permanenza qui. In negativo, intendo. - Merda! Gustav però non è convinto.
La tesi di Paul lo lascia alquanto perplesso. Qual è il senso di mandare
degli uomini deliberatamente a morire? E qual è il senso di sottoporre a un
esame medico qualcuno destinato a morire presto? Gustav ha modo di
ricredersi quattro ore dopo, lungo la strada del ritorno. Dopo una curva nota
che la terra al centro della pista è smossa. Anche Lou,
che è alla guida, lo nota, ma non riesce a frenare in tempo. Non appena la
jeep raggiunge il punto in cui la terra è smossa, la mina, messa evidentemente
quella stessa mattina, esplode. La jeep salta per aria. Gustav si ritrova a
terra, un dolore atroce alla gamba, un braccio che non sente più. Paul è
vicino a lui. È ancora vivo, perché grida il nome di Lou
e si contorce, senza riuscire ad alzarsi. Il suo viso è una maschera di
sangue e non ha più le gambe. Lou non risponde.
Anche Henry tace. Probabilmente sono morti sul colpo. In questo caso sono
stati fortunati. Gustav non li può vedere, perché sono oltre la carcassa
della jeep. Paul forse ci riesce, perché è spostato rispetto a Gustav. - Lou!
Lou! Gustav vorrebbe dirgli che
è inutile, che Lou dev’essere morto e che comunque
sono morti anche loro, ormai. Ma prima che possa aprire bocca, vede spuntare
da dietro le rocce quattro uomini. Hanno i turbanti e la veste lunga, ma non
sono pastori o contadini: nelle mani stringono i mitra. Gustav vede uno di
loro puntare l’arma contro qualcuno che non può vedere: Lou
o Henry. La raffica copre l’urlo di Paul. Quando il rumore si
spegne, Paul grida di nuovo. - Lou!
Merda! Lou! Un altro degli uomini spara
una seconda raffica, destinata con ogni probabilità a Henry. Paul mormora: - Lou! I quattro si avvicinano a
loro. Uno punta il mitra su Paul, ridendo, e spara una raffica. Paul sussulta
all’impatto di ogni proiettile. Quando la raffica si spegne, Paul rimane
inerte. Gustav mormora: - Merda! Un altro uomo si avvicina
a lui. Non sorride. Gli punta il mitra al petto. La raffica gli spappola il
cuore. * Gustav si risveglia in un
locale immerso nella penombra. Apre gli occhi e vede una volta bassa, grigia.
Si chiede dove cazzo è. Il ricordo dell’esplosione e dell’ultima raffica
riemerge, nitidissimo. Ha sognato? No. Gustav si alza di scatto a
sedere. È su una tavola di pietra o cemento, nudo. Gustav guarda il proprio
corpo. Non ha ferite, niente. Nel locale ci sono cinque altre tavole e su tre
di esse ci sono Henry, Lou e Paul, seduti, che si
guardano. - Lou,
Paul, Henry… che cazzo…? Paul allarga le braccia. - E che cazzo ne so? Ci
hanno ammazzato, questo lo so. E adesso siamo qui. Non mi chiedere dove.
Vorrei saperlo anch’io. - Alzatevi e venite con
me. A parlare è stato un
soldato, fermo sulla soglia, alle loro spalle. I quattro scendono dalle
tavole e gli si avvicinano. - Ma dove siamo? - Che cosa… Il soldato li interrompe
subito: - Vi daranno tutte le
spiegazioni. Si volta senza dire altro
ed esce dal locale. Seguono il soldato, che li fa passare in un corridoio e
poi bussa a una porta. - Avanti. Il soldato apre la porta.
Dentro c’è un tenente, seduto a una scrivania. - Sedetevi. Ci sono quattro sedie
davanti alla scrivania. I quattro si accomodano. Prima che abbiano avuto il
tempo di dire qualche cosa, il tenente osserva: - Suppongo che voi vi
stiate ponendo delle domande. Vi darò alcune risposte. Lou osserva: - Sì, sono proprio curioso
di sentirle. Anche Paul fa un breve
commento. Gustav si limita ad annuire. Henry tace. - Voi siete morti
ammazzati in Afghanistan. Se i vostri cadaveri saranno recuperati, verranno riportati
negli Stati Uniti e sepolti da qualche parte. Adesso vi trovate su un pianeta
al di fuori del sistema solare. Noi lo chiamiamo Vega1, ma è un nome in
codice, non ha niente a che fare con la stella Vega. Tutti i pianeti e i
satelliti su cui noi agiamo hanno la sigla Vega e un numero. Questo è il
numero 1, perché è il centro di smistamento dei soldati morti. Chiaro? È Paul a rispondere: - Chiaro un cazzo! Se
siamo morti, com’è che siamo qui, vivi? Il tenente non si
scompone. Gustav si dice che non dev’essere la prima volta che gli tocca dare
spiegazioni a gente che si ritrova viva dopo essere stata ammazzata. - Prima di morire avete
fatto un esame particolare, che ha permesso di duplicare il vostro corpo: per
questo è stato possibile riportarvi in vita. La memoria di questo corpo è
stata via via aggiornata, per cui voi avete recuperato un corpo integro,
com’era al momento di fare l’esame, ma vi ricordate anche quello che è
successo dopo, fino al momento in cui siete stati uccisi vicino a Kandahar. Paul scuote la testa. Gli
altri rimangono immobili. Aspettano la spiegazione promessa. - È in corso una guerra,
in cui è stata coinvolta anche la Terra. Forze aliene hanno incominciato a
invaderla. Hanno tecnologie che non ci immaginiamo neanche. Non avremmo avuto
nessuna possibilità di difenderci, se non fosse che esistono altre forze che
sono venuto in nostro soccorso, anche loro tecnologicamente molto avanzate:
sono le loro tecnologie che ci permettono di riportare in vita i soldati
morti. Stiamo debellando le avanguardie dell’invasione sul nostro pianeta, ma
dobbiamo aiutare i nostri alleati nella loro guerra. Per questo servono
soldati. - Ma se hanno queste
tecnologie meravigliose, che cazzo possiamo fare noi? - Combattere contro altri
uomini o altri esservi viventi, con armi tradizionali. Le tecnologie in
possesso di queste forze non sono sufficienti, anche perché spesso possono
essere contrastate da altre tecnologie di segno contrario. Facciamo un
esempio: se vuoi infilarti in un formicaio senza distruggerlo non puoi farlo
tu, hai bisogno di altre formiche o comunque insetti. Paul ringhia: - Ci avete mandato a
morire deliberatamente. Il tenente alza le spalle. - Non mi occupo di questi
dettagli. So che i soldati prescelti sono inviati in missioni pericolose, ma
vi siete arruolati volontariamente e sapevate di rischiare la pelle per gli
Stati Uniti. E qui non sono in gioco solo gli Stati Uniti, ma tutto il
pianeta. Paul grugnisce e Gustav
scommetterebbe che non è proprio un verso di approvazione. - Comunque, se non vi va
bene, non c’è problema. Possiamo annullare il processo, sbarazzarci del
duplicato dei vostri cadaveri e la faccenda finisce qui. - Cioè, ammazzarci? - Siete già stati
ammazzati. Vi è stata data la possibilità di continuare a vivere. Siete
liberi di rifiutarla. Paul è chiaramente
incazzato e fa per dire qualche cosa, ma Gustav decide che è ora di
intervenire e lo precede: - Mi sembra che ormai
abbiamo poche possibilità di scegliere. Per cui per me va bene. Vado a
combattere dove mi mandate. Paul, Lou, Henry, credo
che vi convenga fare lo stesso. Paul annuisce, anche se è
evidente che l’incazzatura non è svanita. - Sì, per farsi ammazzare
c’è sempre tempo. Il tenente annuisce.
D’altronde dev’essere ben difficile che qualcuno decida di rimanere morto solo
per ripicca. - Voller, tu verrai
inviato su Vega63; Throne, su Vega18; Whitehorse e
Falls, suppongo che vogliate rimanere insieme. Paul guarda Lou e sorride, mentre risponde: - Sì. Lou conferma: - Anche per me va bene. - Allora verrete mandati
tutti e due su Vega 17. Vi mandiamo subito, come vi ho detto questo è solo un
centro di smistamento e si rimane il tempo necessario per chiarire la
situazione. Sarete fucilati tra dieci minuti, il tempo di radunare il
plotone. - Fucilati? E questo che
cazzo… - Il passaggio da un
pianeta all’altro per voi che siete stati preparati avviene solo attraverso
la morte. Ma, come scoprirete, l’effetto è piacevole: durante il trattamento
è stata operata una trasformazione, che, come tutte le altre, diventa
effettiva dopo la prima morte. Per voi il dolore oltre una certa soglia
provoca piacere. Questo accade per evitare che, se venite catturati, prima di
essere uccisi siate sottoposti a torture tali da demotivarvi a combattere
ancora. Il tenente chiama un
soldato. - Fate preparare il
plotone. Dodici uomini. Gustav scuote la testa.
Gli sembra tutto incredibile. - Posso chiedere una cosa? - Dimmi, Voller. - C’è un motivo per cui io
vengo mandato su Vega63 e loro su Vega17 e Vega18? - I nuovi arrivati vengono
inviati sui pianeti dove servono uomini. Teniamo conto delle loro
caratteristiche e anche dei loro rapporti: per questo i tuoi due compagni
staranno insieme. In base al tuo stato di servizio, tu potresti essere l’uomo
che serve su Vega63. Il tenente fa una breve
pausa, poi riprende: - Diciamo che si cerca di
essere graduali: la prima esperienza di solito è su pianeti simili alla
Terra, dove già combattono altri uomini. Per affrontare altri tipi di nemici
e realtà molto diverse, c’è tempo. Gustav vorrebbe chiedere
quali altri tipi di nemici si troveranno ad affrontare, ma per questo c’è
tempo, il tenente ha ragione. Il soldato entra. - Il plotone è pronto. - Portali al muro. Il soldato fa un cenno e
si avvia. Paul e Lou lo seguono. Gustav e Henry vanno
dietro di loro. Una porta immette in un piccolo cortile dove li aspettano una
dozzina di soldati e un sergente. Gustav pensa che per la
prima volta della sua vita si trova su un altro pianeta e in tutto e per
tutto ha visto due stanze e un cortile. Poi guarda gli uomini che li stanno
osservando. Guarda i fucili, con cui lo uccideranno. E si accorge che il
cazzo gli sta diventando duro. Merda! Come è possibile?! Questa poi! Quando però li fanno
mettere contro il muro, gli basta una rapida occhiata ai compagni per
rendersi conto che a loro sta succedendo la stessa cosa. E nudi come sono,
non c’è modo di nasconderlo. I soldati però non sembrano per nulla stupiti:
devono esserci abituati. Uno indica a un altro il cazzo di Paul e sghignazza.
L’altro annuisce, tra lo stupito e il divertito, ma devono essere le misure a
farli sogghignare, non il fatto che ce l’abbia duro. Il sergente ordina: - Plotone, ai vostri
posti! I soldati si dispongono in
una doppia fila, sei davanti e sei dietro. Gustav si volta verso i
compagni. - Addio, ragazzi, è stato
un piacere conoscervi. Paul scuote la testa e
ride. - Non è possibile. Abbiamo
sniffato qualche cosa… - Plotone, attenti! I soldati scattano
sull’attenti. - Plotone, in posizione! I soldati afferrano il
fucile. I sei della fila davanti si inginocchiano, i sei della fila dietro
rimangono in piedi. - Plotone, fucili in
posizione! Come un solo uomo, i
soldati alzano i fucili. - Plotone, pronti! Mirate! Gustav si rende conto che
il cazzo è tanto teso da fargli male. È sul punto di venire. - Fuoco! I colpi sbattono Gustav
contro il muro. Gustav sente il violento dolore al petto, ma il piacere è molto
più forte. Paul crolla davanti a lui e Gustav può vedere il seme che sgorga
abbondante dal grosso cazzo teso. Gustav barcolla e cade a terra, prono,
sopra il cadavere di Paul. Il piacere è fortissimo. L’ufficiale si china su
di lui e preme la canna della pistola contro la nuca. L’onda dell’orgasmo
travolge Gustav, un piacere violento che si spegne solo quando il proiettile
gli si conficca nel cervello. * Gustav apre gli occhi. È
di nuovo su un tavolo di pietra, in una stanza dal soffitto molto basso.
Gustav si mette a sedere. No, non ha sognato. Dev’essere su Vega63. - Ben arrivato. Alzati e
seguimi. Gustav scende dal tavolo e
guarda l’uomo che ha parlato. È un nero, sui quarant’anni. Indossa la divisa,
ma è a torso nudo. Gustav lo raggiunge. - Sono su Vega63? - Esatto. Ma le
spiegazioni te le darà il sergente Miller. Mettiti questa roba. L’uomo gli porge un
berretto e un paio di stivali. A Gustav viene da ridere: passi per gli
stivali, se devono camminare, ma che cazzo serve un berretto a uno che è nudo?
Per poterselo togliere se incontra un ufficiale? Gustav se lo mette,
ghignando. Il soldato lo guarda serio e dice: - Non è un normale
berretto. Ti rende invisibile dall’alto. Gustav è perplesso, ma
dopo quello che ha vissuto nella giornata, nulla più gli sembra impossibile.
Il soldato aggiunge: - E gli stivali servono
per non lasciare tracce. Non sono stivali normali. A Gustav verrebbe da dire
che di solito un paio di stivali lascia più tracce dei piedi nudi, ma non ha
senso fare osservazioni: non sa un cazzo del pianeta dove è stato inviato,
delle tecnologie che vengono usate. Escono dal locale. Sono
all’aperto ora. Gustav si guarda intorno. È buio, ma non completamente: c’è
una luce violacea che illumina l’area in cui si trovano, mentre in alcune altre
zone prevale un rosso cupo. Gustav alza gli occhi al cielo, visibile tra le
chiome degli alberi. Sopra di lui c’è una grande luna, di color viola e di
dimensioni nettamente superiori alla Luna della Terra. Più bassa, appena
visibile tra le fronde, un’altra luna, ancora più grande, rossa come il
fuoco. - Cazzo! Gustav fissa le due lune,
confuso. Il soldato dice: - Questo pianeta ha
quattro lune, di colori diversi, e non è mai del tutto buio. Ma avrai modo di
scoprirlo da te. Quattro lune di quattro colori diversi. Quando sono tutte in
cielo, qui è un arcobaleno e sembra quasi giorno. Camminano in mezzo a una
vegetazione lussureggiante. Le piante non sembrano molto diverse da quelle
della Terra, anche se ci sono alcuni fiori che Gustav non ha mai visto. Non
significa niente: potrebbero essere in qualche paese tropicale, a giudicare
dal caldo che fa. Ma le due lune in cielo non lasciano molti dubbi. Nei
tratti in cui filtra la luce della luna rossa, la vegetazione è rossiccia.
Dove invece arriva solo la luce dell’altra luna, tutto è violaceo. Procedono
spediti, perché il sottobosco è rado e non costituisce un ostacolo. Camminano
sotto le fronde di alberi molto alti, ma ogni tanto attraversano una radura. A un certo punto uno
sciame di piccole luci rosse attraversa il sentiero che stanno percorrendo. - Che cosa sono? - Diciamo insetti, come le
lucciole. Pare che si cibino dei corpi in decomposizione. Non lontano di qui
ce ne sono due. - Nemici? - No, due soldati dei
nostri che sono stati mandati su altri pianeti. - Ammazzandoli? - Certo. È il modo in cui
avviene il trasferimento. Ma questo lo sai già. - Ma perché mandare
qualcuno altrove, se qui avete bisogno di soldati? - Un ricambio è
necessario. Non reggiamo molto a lungo su un pianeta diverso: anche se c’è
ossigeno e la gravità è abbastanza simile a quella della Terra, a lungo
andare il corpo risente di tutte le differenze nell’aria che respiriamo,
nella durata del giorno e così via. E poi ci sono altri motivi. Sugli altri motivi il
soldato non dice niente. È chiaro che non vuole o non sa spiegare. Gustav
pensa che ci sarà tempo per scoprirlo. - Io mi chiamo Gustav. - Gustav? È un nome
tedesco. - Mio padre era tedesco,
ma io sono nato a Seattle. E mia madre era americana. - Io sono Rob. Nato a Cleveland e ammazzato a Mazar
e-Sharif. - Io vicino a Kandahar. Gustav scuote la testa e
prosegue: - È buffo dire di sé:
“Nato a Seattle, morto a Kandahar”. Uno di solito non si presenta dicendo
dove è nato e dove è morto. - È vero. Sulla Terra è
vero. Qui no. C’è un momento di
silenzio. Poi Gustav chiede: - Siete in molti, qui? - Siamo pochi; fino a
quindici giorni fa eravamo solo otto, adesso con te siamo venti soldati. Ma
di questo ti parlerà il sergente. Gustav chiede ancora notizie
sul pianeta. - Qui è sempre notte, ma
con queste lune non è mai davvero buio. Ed è sempre caldo. Un caldo fottuto.
La nostra divisa qui non prevede camicia o giacca. Rob ghigna e aggiunge: - Risparmiano
sull’equipaggiamento. Gustav annuisce. - Ma se è sempre notte,
come fa a essere così caldo? E come fa a esserci tanta vegetazione? Le piante
hanno bisogno di luce, no? Rob alza le spalle. - Che cazzo ne so?! Gustav non insiste
sull’argomento: Rob non dev’essere molto curioso.
Dice invece: - Qui si combatte contro
altri uomini, mi hanno detto. - Sì. - Tu hai combattuto anche
contro… altri esseri viventi? - Ho affrontato macchine e
alcune creature… ma di questo non posso dirti niente: non dobbiamo parlarne a
chi è alla prima missione. Rob sorride e completa: - Non dobbiamo
spaventarvi. - Capisco. Gustav chiede ancora.
Anche se le spiegazioni le darà il sergente, Gustav ha voglia di sapere
qualche cosa di più. - È molto tempo che sei
qui? - Tre mesi. Tra non molto dovremmo
entrare in azione, per questo sei stato mandato qui. Altrimenti me ne andrò
senza partecipare, perché qui il tempo massimo è di quattro mesi. - E verrai ttrasferito su un altro pianeta? - Certo. A meno che non
decida di morire definitivamente, ma non mi passa neanche per la testa. - Da quanto tempo sei
morto… sulla Terra, intendo. - Da cinque anni. Credo di
essere stato uno dei primi. - E hai visitato diversi
pianeti? Rob ridacchia. - “Visitato” forse non è
il termine adatto. Non sono stati viaggi turistici, direi. Ho combattuto su
diversi pianeti, almeno una dozzina, ma di questo non posso parlare, te l’ho
detto. - Già, altrimenti mi
spavento. Gustav ride. Anche Rob ride. - È lontana la base? - Sì, piuttosto. Non
dobbiamo correre il rischio che ci scoprano. La base e la camera degli arrivi,
quella dove si materializzano i soldati destinati qui, devono essere lontane,
per una faccenda di energia e calore… non so che cazzo sia. Se fossero
vicine, i loro droni potrebbero rilevare un’anomalia… termica… credo. Che
cazzo ne so?! Se ci scoprono sono cazzi acidi. Cazzo! Forse questo non dovevo
dirtelo. Se il sergente Miller scopre che ho chiacchierato troppo, mi pela
vivo. Non glielo dire. - Tranquillo, non dirò
nulla. - Mi fai chiacchierare… Rob ride e aggiunge: - Sono io che chiacchiero
volentieri, lo so. Qui siamo in pochi ed è un piacere vedere qualcuno di
nuovo. E poi quando sono fuori dalla base… questo fottuto silenzio mi dà sui
nervi. Gustav si rende conto di
non sentire nessun rumore: quando tacciono, il silenzio è assoluto. - Non ci sono rumori qui? - Solo l’acqua che scorre. - Allora ci sono fiumi,
torrenti. Piove? - Non so se piove. Spesso
c’è una specie di nebbia nell’aria. Dicono che la vegetazione viva
dell’umidità di questa nebbia. - Ma se l’acqua scorre, in
qualche modo poi deve evaporare, altrimenti i fiumi si seccherebbero. - Non ci sono fiumi, al
massimo qualche torrente. E non mi chiedere da dove viene l’acqua. A scuola
ero un disastro e l’insegnante di scienze era noiosissima. So soltanto che vivere qui è uno schifo. - Immagino. In otto, per
mesi e mesi senza vedere nessun altro… Non deve essere il massimo. E dopo
cinque anni di guerra, poi, cazzo! Non ci sono periodi di riposo? Rob annuisce. - Sì, abbiamo le licenze.
È stato creato un… come chiamarlo… un parco dei divertimenti? Non lo so… su
un satellite di qualche fottuto pianeta. Tra sei mesi, più o meno, avrai modo
di andarci: un periodo di libertà che di solito dura quindici giorni, ma può
anche arrivare a un mese, se è un anno che non hai licenze. Ci si diverte in
tutti i modi. - Una specie di
Disneyworld? Rob ride. - Non sono mai stato a
Disneyworld, ma non credo che si facciano le stesse cose. Rob scuote la testa e ride di nuovo. - No, di certo no. C’è
davvero di tutto. Vale la pena di esplorarlo. Ma ti tocca aspettare il tuo
turno, diciamo almeno sei mesi a combattere. Qualche cosa di meno se ti
distingui in qualche impresa. Chiacchierano ancora un
momento, poi Rob si ferma. - Da questa parte. Si china per passare sotto
alcuni rami. - Tra poco arriviamo. Raggiungono una piccola radura.
Rob si ferma vicino a un albero. Fa segno a Gustav
di avvicinarsi. - Eccoci. Gustav si guarda intorno.
Non si vede assolutamente niente. - E dove cazzo è? Qui
all’aperto? Dentro l’albero? Rob ghigna e scuote la testa. Gustav si
rende conto che la radura sta scomparendo e si ritrova in uno stanzino
angusto. - Ma come cazzo… - L’ingresso avviene
attraverso un processo di smaterializzazione e rimaterializzazione.
Non… Una voce forte interrompe
la frase di Rob. - Sull’attenti, soldato Voller. Voller si mette
sull’attenti. L’uomo che ha parlato è un
sergente, sicuramente quel Miller che Rob ha
nominato: difficile che ci siano due sergenti per venti uomini, anche se non
si può mai dire. È di statura media, ma ha spalle larghe e un torace
muscoloso, con una leggera peluria. Non ha capelli e non porta barba. Ha la
mascella squadrata e un viso da duro. Probabilmente non solo il viso. - Vieni con me, Voller. Gustav segue il sergente.
Ne osserva la schiena possente, le braccia forti. Dev’essere un Ercole. Entrano in una stanza. Il
sergente si siede e rimane in silenzio, osservando Gustav. Dopo un momento
dice: - Siediti, Voller. Gustav esegue. - So che è la tua prima
missione. Dopo morto, intendo. Ti darò alcune spiegazioni. Ficcatele bene in
testa. Il tuo stato di servizio è buono e non dovresti essere una testa di
cazzo come altri che sono passati di qui, ma non si sa mai. Gustav non dice nulla, né
il sergente sembra attendere una replica. Prosegue: - Questo è un avamposto.
Un fottuto pianeta dove le forze contro cui combattiamo si sono stabilite in
gran numero. Non possiamo pensare di conquistare il pianeta. Il nostro
obiettivo è un altro: attaccare la loro base centrale, che è un centro di
smistamento importante, come quello da cui provieni tu, per liberare i
prigionieri tenuti qui. Siamo qui da sei mesi e abbiamo esplorato il
territorio e raccolto quasi tutte le informazioni necessarie. Non è stato un
lavoro facile, anche perché non dovevamo farci scoprire: loro non devono
sospettare che siamo qui. Agiremo presto, per questo motivo abbiamo richiesto
più uomini. Tu sei l’ultimo che mancava. Nei prossimi giorni finiremo di preparare
l’azione e, se tutto va bene, tra due settimane, quando c’è la luna lontana,
agiremo. - La luna lontana? - Sì, qui ci sono quattro
lune e quella verde è più lontana delle altre e fa poca luce. C’è un periodo
di almeno sette ore in cui le altre lune non sono visibili: allora è davvero
notte. Sarà il momento in cui agiremo. Gustav annuisce. - Noi trascorriamo gran
parte del tempo qui sotto. Non c’è molto da fare, a parte dormire,
chiacchierare, scopare, tenersi in forma con gli esercizi e pulire. Usciamo
per un’ora o due ogni giorno, ma non di più: durante il resto del tempo
stiamo qui, se non andiamo in ricognizione. Il sergente fa una pausa,
osservando Gustav, come se volesse sincerarsi che abbia capito. Gustav
annuisce. Il sergente riprende: - Le ricognizioni servono a
preparare l’attacco, ma di questo ti parlerò quando sarà il tuo turno di
partecipare, che sarà comunque presto. La base è fatta in modo da avere
un’alternanza di giorno e notte simile a quella terrestre. Ci sono luci che
hanno le caratteristiche di quella solare e che rimangono accese per 16 ore,
poi rimangono solo le luci notturne, molto deboli. Tra qualche ora passiamo
alle luci notturne e si dorme. O si fa altro. La porta si apre mentre il
sergente sta finendo di spiegare. Compare un capitano. È un uomo sui
quaranta, magro, con gli occhiali, del tutto diverso dal sergente. Gustav si alza e si mette
sull’attenti. L’idea di mettersi sull’attenti nudo gli sembra buffa, ma il
regolamento è il regolamento e il sergente lo ha fatto mettere sull’attenti
quando è arrivato. Il capitano però alza la mano per fermarlo e gli dice: - Rimani pure seduto,
Voller. Gustav si rimette a
sedere. Il capitano si passa le
dita tra le palpebre e gli occhiali. Ha l’aria stanca. - Ho fatto l’ultimo
controllo, Miller. È come avevamo immaginato. - Perfetto, signor
capitano. Il capitano saluta ed
esce. Il sergente Miller
riprende: - Adesso ti mando nella
camerata. Così potrai fare conoscenza con i tuoi compagni. - Va bene, signor
sergente. - Una cosa: niente litigi.
Non ci servono teste di cazzo, qui. Quelle le mandiamo da altre parti. La camerata è un grande
stanzone con venti brande. I soldati sono in buona parte nudi e sono intorno
a Rob. Gustav scommetterebbe che gli stanno chiedendo
di lui, il nuovo arrivato. - Buongiorno a tutti. - Ben arrivato, Gustav. I soldati si mostrano
cordiali e curiosi. Gustav racconta di sé e pone un po’ di domande. Alcuni
soldati hanno un’ampia esperienza, come Rob. Solo
due sono alla loro prima missione e sono arrivati nelle ultime settimane. Alcuni chiedono notizie della
Terra: non si sono ancora abituati all’idea che non la rivedranno mai e che
ormai quello che succede laggiù conta poco per loro. Gustav si informa sullo
strano pianeta dove è stato inviato. Nessuno è in grado di spiegare perché sia caldo e ci sia vegetazione se
non è mai giorno. Uno dei soldati, Mike, dice che secondo lui le quattro lune
sono piccole stelle: per quello hanno colori diversi e riscaldano il pianeta.
Un altro non è d’accordo: sono troppo grandi; se fossero stelle sarebbero molto
più luminose e loro finirebbero tutti arrosto. Chiacchierano a lungo,
fino a che arriva l’ora di cena. Gustav si rende conto di essere alquanto
affamato: l’ultimo pasto fatto è stata la colazione del mattino. Del mattino!
Già, in una giornata è stato ammazzato due volte ed è stato su altri due
pianeti: insomma, non proprio un tranquillo giovedì come tanti. Prima di cena Gustav
riceve un paio di pantaloni e di stivali. C’è anche una piastrina, con un
numero. - Ma a che serve la
piastrina? Il soldato che gli ha dato
il vestiario alza le spalle. - Ha la funzione di
trasmettitore. O forse dovrei dire di ricevitore. Ogni elemento della nostra
divisa ha una funzione specifica. Rob ti avrà detto
che il cappello ti rende invisibile dall’alto. Non so esattamente la funzione
dei pantaloni, ma quando ci avviciniamo alla base nemica non possiamo
calarceli, per nessun motivo. Un soldato ride e dice: - Neanche per cagare. - O per prenderselo in
culo. Ridacchiano tutti. Gustav vorrebbe chiedere
perché al suo arrivo gli hanno dato solo stivali e cappello, ma probabilmente
erano lontano dalla base nemica. La cena è costituita da
polpette rettangolari sul cui contenuto Gustav preferisce non indagare, ma
che si rivelano particolarmente gustose. - Cazzo! Si mangia bene
qui. Uno dei compagni, Richard,
gli dice: - La presentazione non è
da cucina di lusso, ma il gusto è buono: bisogna mantenere alto l’umore dei
soldati. C’è anche un dolce, sempre
sotto forma di polpetta piatta. Anche quello è molto buono. Dopo cena chiacchierano un
po’, poi la luce nella stanza declina. - Ora di mettersi a letto,
ragazzi. Qualcuno va al cesso, chi
ha qualche cosa addosso se lo toglie. I giacigli hanno un unico lenzuolo. La luce si indebolisce
sempre più. Ora la stanza è immersa in una penombra che permette appena di
vedere. I soldati raggiungono le
loro brande. Quella di Gustav è a metà di una parete. Tra un giaciglio e
l’altro c’è appena lo spazio per scendere. Gustav nota subito che su
alcune brande ci sono due soldati che si accarezzano o si baciano: non si
coricano per dormire. Gustav non si stupisce: anche il sergente ha parlato di
scopare. E il sergente con chi scoperà? Con il capitano? Il giaciglio a destra del
suo è vuoto. Su quello a sinistra è steso Philip, che riceve la visita di
Richard. Richard prende in mano il
cazzo di Philip e si volta verso Gustav. - Gustav, vuoi partecipare? Gustav scuote la testa. - Mai scopato con uomini? - No. Gustav pensa alla sega che
gli ha fatto Paul, a quelle collettive quando era alla scuola superiore.
Aggiunge: - Non proprio. Richard sorride. - Ogni tanto ne arriva qualcuno
come te. Ma non dura molto. Richard scuote la testa e
si inginocchia sul pavimento per succhiare il cazzo di Philip, che si è
irrigidito. Gustav è venuto ieri sera,
ma si accorge che il cazzo gli si tende in fretta. Non sarebbe così strano,
visto che ha venticinque anni. Intorno a lui tutti paiono darsi alquanto da
fare e il coro di gemiti e sospiri rende difficile estraniarsi, anche se si
chiudono gli occhi. Gustav chiude davvero gli
occhi. Non ha sonno: vorrebbe soltanto ripensare a quello che è successo,
tutto troppo in fretta. È stato ammazzato due volte. Ha cambiato pianeta. Non
rivedrà mai più la Terra. Per un momento il pensiero della giornata trascorsa
lo distrae, poi l’ansimare e il gemere intorno a lui lo riportano al
presente. Gustav ha il cazzo duro,
tanto da fargli male. Si chiede se non farsi una
sega, tanto nessuno ci baderebbe. Mentre è incerto sul da farsi, sente
qualcuno appoggiarsi al fondo del letto. Apre gli occhi. Nella penombra
distingue Chris, che gli prende le caviglie e gli allarga un po’ le gambe,
poi si mette in ginocchio tra le sue cosce, si china su di lui e gli prende
in bocca il cazzo. Gustav sussulta. Nessun
uomo gli ha mai succhiato il cazzo. Le labbra di Chris lavorano sulla
cappella, poi la lasciano ed è la lingua ad accarezzare, a scendere fino ai
coglioni, a percorrerli e poi risalire lungo l’asta tesa. A Gustav sfugge un gemito.
Chris ci sa fare, cazzo!, se ci sa fare! La bocca calda e umida di Chris, le
sue labbra avide, la sua lingua avvolgente. Cazzo! Cazzo! Cazzo! Gustav richiude gli occhi.
È una sensazione fortissima. Apre e chiude due volte le dita e poi sente
l’ondata del piacere percorrerlo e il seme sgorga nella bocca di Chris, che
beve avidamente. Gustav mormora: - Oh, cazzo! Chris pulisce con cura,
leccando via ogni goccia di sborro, ma il contatto della lingua ormai è
diventato intollerabile. - Basta così. Gustav esita un momento,
poi dice ancora: - Grazie. Chris ride. - È stato un piacere. Nello stanzone l’attività
continua, ma Gustav si abbandona al sonno. L’indomani mattina hanno
appena finito colazione quando il sergente dice: - Partiamo in
ricognizione. Voller, Redpass, Brown,
venite nell’ufficio. Nella stanzetta che serve
da ufficio, Miller dà le istruzioni. - Tra un’ora ci muoviamo. Redpass e Brown, sapete già
tutto. Voller, ti devo dare alcune istruzioni. Non puoi toglierti il cappello
e gli stivali per nessuna ragione, perché se lo facessi, saremmo scoperti e
mesi di preparazione dell’azione andrebbero in fumo. Per te ci sarebbe la
corte marziale e questa volta sarebbe davvero la fine, senza trasferimento da
nessuna parte. Se vuoi crepare definitivamente, diccelo e provvediamo noi,
senza mandare a puttane la missione. Gustav annuisce. Il
sergente prosegue: - Noi abbiamo individuato
la base e il centro di trasmissione. Dobbiamo scoprire dove tengono i
prigionieri. - Sono nostri uomini che
sono stati catturati in azione, signor sergente? - Sì. Catturati in posti
diversi dell’universo, dove combattiamo questi fottuti invasori, e tenuti in
vita su questo pianeta perché uccidendoli li avrebbero liberati: come sai, chi
viene ucciso ritorna in vita. A meno che non sia stato condannato dalla nostra
corte marziale. Ma loro non sanno come ucciderci definitivamente. Nuovamente Gustav
annuisce. - Dobbiamo scoprire dove
sono, per poter distruggere la prigione e ucciderli tutti. Gustav ha un piccolo
movimento di stupore, poi pensa che è ovvio: uccidendoli, i soldati
ritorneranno in vita liberi, al centro di smistamento, con ogni probabilità. Il sergente non ha finito. - Se scopriremo dove sono
tenuti, non avremo altro da fare che aspettare la luna lontana per agire. Se
saremo scoperti, sarà la fine della nostra missione. Non dobbiamo farci
catturare vivi, a nessun costo. Altrimenti verremo tenuti anche noi
prigionieri, probabilmente in stato di incoscienza, in modo che non possiamo
tentare di liberarci o di ucciderci. Non useremo le armi, a meno che non
siamo scoperti: allora cercheremo di uccidere il maggior numero possibile di
quei figli di puttana e poi ci tireremo un colpo. Il sergente fornisce
ancora qualche informazione. - Quando ci avvicineremo
alla base nemica, non dovrai abbassarti i pantaloni per nessun motivo.
Chiaro? Pantaloni, stivali, berretto: tutto serve per evitare che i loro
fottuti macchinari ci individuino. Gustav fa ancora un cenno
con il capo. I tre soldati ricevono ognuno
un mitra e una pistola. Passano nello stesso
stanzino in cui Gustav è arrivato e un attimo dopo sono tutti fuori. In cielo
c’è solo la luna rossa, ma è bassa all’orizzonte, per cui molte aree sono del
tutto in ombra. Gustav non saprebbe dire se vanno nella stessa direzione da
cui è arrivato il giorno prima. Probabilmente no, perché la vegetazione gli
appare diversa, più fitta e senza radure. Si muovono quasi sempre in
silenzio, scambiandosi poche parole ogni tanto. Intorno a loro regna una
quiete irreale: non si sentono canti di uccelli o ronzii di insetti e molto
di rado si vede qualche cosa volare nell’aria, forse moscerini, ma non
producono rumore. Non c’è vento che agiti la vegetazione. In alcuni tratti si
sente lontano il rumore di acqua che scorre. Altrimenti quando nessuno parla,
il silenzio è assoluto. Chiede: - Ci sono solo insetti? - Altri animali non li
abbiamo mai visti, ma magari ci sono. Il sergente sembra sapere
molto bene dove andare, anche se non c’è traccia di sentiero. A un certo punto
Gustav chiede: - Ma come fate a sapere
dove passare? Wes Brown alza le
spalle. - Credo che il sergente
abbia una specie di navigatore. Gustav guarda il sergente
che procede davanti a tutti, la pistola nella fondina e il mitra in mano. E
dove sarebbe il navigatore? Wes risponde alla domanda inespressa: - Credo nel mitra. O nella
piastrina. Qui le cose non sono come quando combattevamo in Afghanistan.
Abbiamo tecnologie sconosciute sulla Terra, che sono state fornite dai nostri
alleati. Gustav alza le spalle. Guarda
ancora la schiena del sergente. Di nuovo pensa che è un maschio di tutto
rispetto. Dopo tre ore si fermano un
momento, per mangiare due tavolette. Gustav nota che
all’orizzonte sta comparendo una luce arancione. - Un’altra luna? Gli risponde Wes: - Sì, è la luna arancione.
Ci mette ore a sorgere, ma è la più luminosa. Arriveremo alla loro base
quando ormai sarà abbastanza alta da permetterci di vedere bene. Ma anche
loro ci possono vedere. - Il berretto non ci rende
invisibili? - Solo ai droni,
chiamiamoli così: interferisce con il loro sistema di rilevamento dati. Ma
alla base ci sono soldati come noi, che possono vederci. Non siamo invisibili
ad un occhio umano. - Quei soldati… è gente
che ha scelto di combattere dalla parte degli invasori? - Gente il cui cervello è
stato distrutto. Sono automi ormai, non uomini. Gli invasori, chiamiamoli
così, possono assumere il controllo completo di una mente. - Ma allora non possono
farlo anche con noi? - No, quella macchina in
cui ci hanno messo rende le nostre menti inattaccabili. Chris Redpass
interviene con una battuta: - Per quelli che un
cervello ce l’hanno. Per te non so, Wes. - Stronzo! Ridono. Il sergente non
dice nulla. Non è un tipo molto loquace. Camminano altre quattro
ore, poi si fermano a riposare. Il sergente dice: - Di qui in poi, silenzio
assoluto. Se è necessario comunicare qualche cosa, fatelo sottovoce. Molta
cautela nel muoversi. E non potete più calarvi i pantaloni. Per cui, se
dovete cagare o pisciare, fatelo ora. I soldati pisciano senza
allontanarsi. Poi si richiudono i pantaloni e la marcia riprende. La pendenza del terreno si
accentua. Adesso procedere è faticoso, tanto più che ormai camminano da molte
ore. Il sergente rimane sempre tra la vegetazione, aggirando le radure. Dove
la vegetazione è più bassa, procede chinato. Gustav e gli altri lo seguono da
vicino e lo imitano. Ora che tacciono, Gustav
avverte nuovamente l’assoluta assenza di rumori che lo ha colpito al suo
arrivo. Anche il loro muoversi non sembra produrre nessun suono. Gustav si
chiede se questo dipenda dalla loro attrezzatura, ma non può porre domande. Infine arrivano alla
cresta di un’altura, dove si fermano. Si accovacciano e, avanzando carponi
tra felci e cespugli, scendono oltre il crinale, fino a raggiungere un punto
da cui possono osservare il pendio sottostante. Il sergente muove la
testa, indicando con il mento più in basso. Gustav vede alcune costruzioni:
la base nemica. È costituita da tre edifici, disposti intorno a un cortile e
circondati da un muro. Il sergente sussurra: - L’edificio più lontano,
più piccolo, è il centro di smistamento, dove i soldati arrivano e ripartono.
Quello più grande è la caserma, se vogliamo chiamarla così. Il terzo contiene
uffici. Gustav vorrebbe chiedere
come fanno a saperlo, ma probabilmente non è il momento per porre la domanda.
Il sergente prosegue: - Dobbiamo scoprire dove
si trova la prigione. Non è in quei tre edifici, ma non può essere lontana.
Pensiamo che sia sotterranea, ma dobbiamo capire dov’è l’ingresso, per poter
organizzare l’azione. I nostri strumenti non ci danno nessuna informazione in
proposito. Rimaniamo in osservazione, nella speranza di riuscire a scoprire
qualche cosa. Quindi hanno degli
strumenti che in qualche modo forniscono dati, forse qualche cosa di simile
ai droni di cui parlava Wes. Il sergente dà le
istruzioni, assegnando a ognuno di loro un punto di osservazione: solo a
Gustav non dice nulla. Gli altri soldati si dirigono ai loro posti. Allora il
sergente si rivolge a Gustav: - Tu devi scendere fino a
quegli alberi, da cui si vede bene la parte che di qui rimane nascosta.
Guarda quello che accade e vedi se succede qualche cosa di interessante. Bada
a non farti scoprire, a nessun costo. Gustav annuisce. - Signorsì. - Quando la piastrina
vibrerà, ritornerai qui. Gustav china la testa e
guarda la piastrina. Sembra la solita piastrina militare come tutte le altre,
ma evidentemente ha la funzione di ricevente, come gli hanno detto. Gustav annuisce. Rimanendo
al coperto della vegetazione, scende fino al gruppo di alberi indicato dal
sergente. La prospettiva è diversa: si vede molto meglio una parte dell’area
recintata, che da sopra rimane nascosta dall’edificio della caserma. Gustav osserva i movimenti
degli uomini. La base non è molto affollata. Ogni tanto un uomo esce da un
edificio e passa in un altro. Gli spostamenti avvengono tra la caserma e gli
uffici. La porta del centro di smistamento rimane chiusa tutto il tempo. Le ore passano e la luce
cambia: una parte della base sembra immersa in una luce verdastra. Gustav
alza gli occhi e vede in cielo la luna verde. Effettivamente è più piccola
delle altre, probabilmente perché è più lontana. Ma Gustav non capisce perché
la sua luce non venga completamente coperta dalla luna arancione che ora è
alta in cielo. Si direbbe che non valgano le stesse leggi fisiche della
Terra. Gustav rimane al suo posto
di osservazione a lungo. Si annoia, perché non si vede nulla di interessante.
Cerca di non distrarsi, ma concentrarsi sul nulla non è facile. E vorrebbe
potersi muovere un po’, stirare i muscoli contratti dalla lunga permanenza
nella stessa posizione. Quando infine la piastrina
prende a vibrare, Gustav si sente sollevato. Ritorna al punto in cui si erano
lasciati. Anche gli altri arrivano. Il sergente non chiede nulla. Si limita a
uno sguardo interrogativo. Tutti scuotono la testa. In silenzio si allontanano
dalla base. Quando infine sono sufficientemente distanti, si fermano. Uno
dopo l’altro si mettono a pisciare, mentre il sergente formula ad alta voce
la domanda che ha già posto con lo sguardo: - Nessuna novità? Le risposte sono tutte
negative. Il sergente fa una
smorfia, poi si mette a pisciare anche lui. Gustav lancia un’occhiata al
cazzo: è davvero grosso, più ancora di quello di Paul. Gustav in qualche modo
se lo aspettava. Quando possono parlare
liberamente, i soldati commentano: - Merda! Anche oggi non
abbiamo cavato un ragno dal buco. - Rimarremo qui in eterno.
In questo buco di culo di posto. Wes osserva: - C’è di peggio. Voi non
siete stati su… Il sergente lo interrompe
brusco: - Brown!
Sai benissimo che non devi parlare di ciò che hai visto altrove, - Sì, signor sergente. Mi
scusi. Gustav è curioso di sapere
qualche cosa di più sui combattimenti che avvengono su altri pianeti, ma sa
che non può chiedere ora. Magari Wes accetterà di
raccontare quando saranno in camerata. La marcia di ritorno è
lunga e sono tutti alquanto stanchi: devono essere rimasti lontano dalla base
almeno una ventina d’ore. Quando arrivano alla base,
il sergente li manda a dormire. Wes va a stendersi
accanto a Frank, Gustav e gli altri due si infilano nel proprio letto. Si
addormentano tutti in fretta. O forse Wes e Frank
non si addormentano subito, ma Gustav non ci bada: è davvero esausto. Il giorno dopo si alzano
più tardi degli altri: nessuno li ha chiamati, ma evidentemente alla base gli
orari non sono rigidi. Dopo pranzo vengono convocati
dal capitano, che pone una serie di domande. Nessuno ha elementi
significativi da fornire. Il capitano conclude: - Eppure i flussi di
energia sono tutti concentrati in quell’area. La prigione dev’essere lì,
vicino a quella base, forse dentro la base. Probabilmente è sotterranea. Il sergente osserva: - Sì, ma… Il capitano lo interrompe. - Lo so, Miller, lo so. Se
non sappiamo dov’è, rischiamo di non riuscire a liberare i prigionieri prima
che ci uccidano. Dobbiamo capire dov’è l’ingresso, in modo che una squadra si
diriga immediatamente là. Il capitano si passa le
mani sulla faccia. Appare molto stanco, come se non avesse dormito bene. La sera, non appena si
passa alle luci notturne, nella camerata tutti si danno da fare. Gustav si
accorge che anche questa volta gli diventa duro molto in fretta. Gli si
avvicina Walter, un ragazzone biondo, che, senza dire niente, sale sul letto
e si mette a cavalcioni sulle gambe di Gustav. Si china e incomincia a
leccare il cazzo di Gustav. Passa la lingua dalla cappella ai coglioni più
volte, poi la lingua lavora un po’ anche tra le palle. Infine ritorna alla cappella
e le labbra l’avvolgono. Gustav geme. Walter lavora un buon
momento. Poi si sputa sulla mano, inumidisce il buco del culo e si sposta.
Ora è sopra il ventre di Gustav. Walter prende in mano il cazzo di Gustav e
lo tiene in verticale, mentre lentamente si impala. Gustav avverte la
sensazione della carne calda che avvolge la cappella e poi la inghiotte. È la
prima volta che lo mette in culo a un uomo. Gli sfugge nuovamente un gemito. Walter
ha rovesciato la testa all’indietro e chiuso gli occhi. Apre la bocca, ma non
emette suono. Si abbassa ancora, finché il cazzo di Gustav è tutto dentro di
lui. Quando il culo si appoggia sul ventre di Gustav, gli sfugge un verso,
una specie di grugnito. Walter prende ad alzarsi
ed abbassarsi ritmicamente. Ogni volta il cazzo di Gustav esce quasi
completamente dal culo di Walter e poi ne riprende possesso. Gustav sente la
tensione salire. Metterlo in culo a un maschio è bellissimo. Il piacere cresce, fino
a diventare troppo forte per poter
essere contenuto. A Gustav sfugge un: - Cazzo! Cazzo! E il piacere sgorga,
travolgendolo, mentre il suo seme inonda le viscere di Walter. Walter si afferra il cazzo
con la mano e incomincia a farsi una sega, rimanendo seduto sul ventre di
Gustav. Gustav guarda nella penombra la mano che stringe il cazzo e si muove
rapida verso l’alto e verso il basso, fino a che il seme di Walter non
schizza in alto e ricade sul petto di Gustav. Walter si china in av anti e lecca con cura lo sborro. Poi si solleva e il
cazzo di Gustav gli esce dal culo. Walter si sposta indietro, appoggia il
culo sulle gambe di Gustav e si china in avanti, poi incomincia a passare la
lingua sul cazzo di Gustav. Gustav lo guarda, perplesso. Glielo ha appena
messo in culo, non sarà di certo tanto pulito… Ma la sensazione della lingua
che gli scorre sul cazzo è troppo forte. Gli sta di nuovo diventando duro.
Come è possibile? È appena venuto! Non può… Può, può, Gustav si rende conto
che il cazzo duro si è rapidamente messo sull’attenti. Walter gli avvolge la
cappella con le labbra e lavora di nuovo, a lungo. Succhia e lecca, ogni
tanto accarezza con le dita l’asta tesa e i coglioni, oppure gli passa le
mani sul petto, fino a stringerli con forza i capezzoli. Walter lavora con
energia e Gustav sente nuovamente il piacere crescere, fino a diventare
incontenibile. Viene una seconda volta, mentre gli sfugge un: - Oh, cazzo! Walter beve con gusto, poi
si alza e lascia Gustav frastornato. Intorno si sentono ancora i rumori
dell’attività a cui si stanno dedicando più o meno tutti. Gustav sta scivolando
nel sonno, quando avverte che qualcuno si è avvicinato al letto. Gustav apre
gli occhi. È Rob, il nero che lo ha accolto al suo
arrivo sul pianeta. Gustav vorrebbe dirgli di lasciar perdere, che è appena
venuto due volte e che non gli diventerà certo duro. Rob
si siede di fianco a lui e incomincia a giocherellare con il cazzo e i
coglioni di Gustav. Non è delicato e ogni tanto, quando stringe con forza i
coglioni, Gustav sussulta. Ma queste mani che giocano con i suoi attributi
non sono per nulla spiacevoli e Gustav si accorge presto che il cazzo sta
nuovamente irrigidendosi. Si dice che non è possibile, non può proprio
essere: è appena venuto due volte. Ma la grossa mano nera che adesso gli stringe
i coglioni (e gli fa proprio male, tanto che Gustav l’allontana con la destra)
sta ottenendo l’effetto voluto. Rob sorride, si sposta e si mette sopra il
petto di Gustav, poi abbassa il culo, che ora è sopra la faccia di Gustav.
Gustav si chiede che cazzo intende fare il nero. Penserà mica che gli lecchi
il culo? Non ha nessuna intenzione di farlo, anche se, ora che ha formulato
il pensiero, l’idea in qualche modo lo tenta. Rob
attende un attimo, poi con la mano si stuzzica un po’ l’apertura, la
inumidisce con un po’ di saliva e infine scende e si mette a quattro zampe
nel ristretto spazio libero tra i due letti. Gustav si alza a sedere, guarda
il culo scuro che gli si offre e sorride. Gli sembra di essere leggermente
ubriaco. Il cazzo è teso e rigido. Gustav si dice che forse sta sognando.
Forse è in coma dopo essere saltato su una mina in Afghanistan e le
esperienze di questi giorni sono soltanto sogni. Gustav si mette dietro Rob, gli poggia le mani sul culo, divarica un po’ le
natiche e avvicina la cappella al buco. Poi affonda il cazzo nel culo del
nero, con un grugnito di piacere, e incomincia a darsi da fare, spingendo con
energia, mentre le sue mani pizzicano il culo. Quando sente che il piacere
cresce e ormai non manca più molto al gran finale, Gustav passa una mano
sotto il ventre di Rob, gli afferra il cazzo e lo
guida al piacere, mentre il suo seme si spande nel culo del nero. Gustav si lascia andare
sul corpo di Rob, mentre con la mano gli stringe
ancora il cazzo. Poi si stacca e si stende sul letto. Chiude gli occhi. Non è
reale, non può essere reale. Il giorno dopo rimangono tutti
nella base o nell’area intorno: possono uscire e rimanere fuori per qualche
ora, ma non devono allontanarsi. Gustav approfitta della prima uscita per
osservare l’ambiente intorno e chiacchierare un po’ con i compagni. Nella
base c’è una piccola palestra in cui si allenano, ma non c’è molto altro da
fare. I compiti da svolgere sono minimi: i pasti sembrano arrivare già
pronti; la pulizia non richiede molto tempo, dato che gli spazi sono molto
ridotti; non ci sono esercitazioni militari, ma solo gli esercizi in
palestra, che ognuno svolge per conto proprio. Dopo due giorni, il
sergente riparte con un altro gruppo di soldati, ma anche questa volta la
missione si conclude senza nessun risultato. Ogni giorno tutti i soldati
della base non impegnati in missioni si devono presentare dal capitano. Per
chi è da più tempo su Vega63, l’incontro può avere una durata variabile. Per
gli ultimi arrivati è sempre piuttosto lungo: il capitano vuole conoscere i
suoi uomini e aiutarli a superare le difficoltà che incontrano. Il capitano spiega a
Gustav la situazione, che ormai gli è abbastanza chiara: - Negli ultimi sei mesi
abbiamo raccolto tutti i dati disponibili. Ma non siamo riusciti a capire
dove si trova l’ingresso della prigione. E se non lo troviamo, rischiamo di
essere respinti prima di riuscire a liberare i nostri compagni. - Scusi, signor capitano,
se mi permetto, ma non pensa anche lei che se avessimo più uomini, attaccando
di sorpresa la base saremmo sicuri di avere la meglio e avremmo tutto il
tempo di trovare la prigione? Il capitano scuote la
testa. - No, Voller, non
possiamo. Questa base è al massimo delle sue possibilità e riusciamo a non
farci scoprire solo grazie alle tecnologie fornite dai nostri alleati. Una base
più ampia sarebbe scoperta. È una questione di flussi di energia, che non ti
posso spiegare. Ma più di venti non possiamo essere. Il capitano fa ancora un
cenno di diniego e prosegue: - Credo in questi sei mesi
di aver passato migliaia di ore a esaminare dati, senza risultati, almeno per
quanto riguarda ciò che più ci interessa. - Lei è qui da sei mesi?
Credevo che il tempo massimo fosse di quattro. - Lo è. Stare qui di più è
devastante. Io sono sempre stanco. Ma non posso essere sostituito. Il capitano sorride. - Non vedo l’ora che la
missione si concluda, perché l’effetto di questi mesi sul mio corpo sia
annullato. Non è piacevole essere sempre spossato, non avere l’energia per
fare altro che analizzare dati. - Direi che in generale
questo non è un ambiente piacevole in cui stare: questi spazi ristretti... E
se ha anche questi effetti sul corpo, ancora peggio. - Sì, è così. Quando si fa un nuovo giro
di esplorazione, Gustav è contento: meglio la fatica della marcia che la noia
delle giornate con poche cose da fare. Ma anche questa esplorazione si
conclude senza nessun risultato. Il giorno seguente Gustav
si allena due ore in palestra, insieme a Frank e Wes.
Sono tutti nudi, come sempre in palestra: non hanno abiti di ricambio. Al
termine dell’allenamento vanno insieme a farsi la doccia. Le docce sono quattro. Wes si mette sotto il getto d’acqua e Frank si
inginocchia davanti a lui. Il cazzo di Wes è a una
spanna dalla bocca di Frank, che avvicina la testa e lo avvolge con le
labbra. Gustav guarda Frank lavorare con la bocca. L’effetto è immediato.
Gustav si rende conto che da quando è alla base, è sessualmente molto più attivo:
gli basta pochissimo perché gli diventi duro e ha sempre voglia di scopare. Wes guarda Gustav e sorride. - Frank, mi sa che anche
Gustav ha bisogno di un po’ d’attenzione. Frank lascia la preda,
guarda Gustav, sorride anche lui e dice: - Direi che hai ragione.
Ci diamo da fare? Wes e Frank non chiedono a Gustav. Frank si
sposta, rimanendo in ginocchio, e passa dietro a Gustav. Incomincia a
mordicchiargli il culo, poi gli passa la lingua tra le natiche, la fa
scorrere sul solco più volte, preme contro il buco del culo. Anche Wes si mette in ginocchio e prende in bocca il cazzo di
Gustav, ormai duro come una roccia. - Oh, cazzo! Wes molla la sua preda, ride e osserva: - È la tua esclamazione
preferita, insieme a “Merda”! Gustav annuisce. Sorride,
ma la tensione in lui è troppo forte. Wes apre di
nuovo la bocca e avvolge la cappella. Gustav chiude gli occhi. Lascia che
l’acqua scorra sul suo corpo e si abbandona alla sensazione di piacere che
sale dal suo cazzo. Il sergente arriva mentre
Gustav emette un gemito e viene in bocca a Wes. Non
si mostra stupito o scandalizzato. Si limita a dire: - Voller, il capitano ti
vuole. - Vengo subito, signor
sergente. Appena il sergente è
uscito, Wes
osserva: - Ma sei già venuto! Frank scuote la testa. Wes ride. Gustav si asciuga ridacchiando. Due minuti dopo Gustav si
presenta dal capitano (rivestirsi non richiede molto tempo). - Scusi, signor capitano,
ero sotto la doccia. Il capitano sorride. È un
sorriso un po’ ironico: il sergente deve avergli detto che sotto la doccia
Gustav non si stava (solo) lavando. - Nessun problema, Voller.
Va bene così. Fa parte delle trasformazioni che sono state indotte in tutti
noi. Gustav aggrotta la fronte. - In che senso, signor
capitano? - Siamo stati tutti
modificati, Voller. Il macchinario in cui sei stato messo prima di essere
ucciso non crea soltanto una copia del corpo. Agisce anche sul cervello. - In che senso, signor
capitano? - Lascia perdere il
“signor capitano”. Il capitano tace un
attimo, poi riprende: - Qui si combatte e si
uccide. Nient’altro. Un uomo non può vivere solo per un mese di licenza
l’anno, anche perché non è comunque un mese di libertà, come sulla Terra. E allora bisogna che la sua
vita abbia un senso, che in qualche modo sia in grado di affrontare un’esistenza
di continui combattimenti. Il capitano si passa le
mani sul viso, in un gesto che Gustav gli ha visto fare più volte. - Un tipo di modifica
l’hai già sperimentato e riguarda il dolore. Oltre una certa soglia, diventa
piacere. La paura di morire scompare e l’attesa della morte crea una tensione
sessuale, molto forte. Quando si viene uccisi, si ha un orgasmo, di
un’intensità come di rado si sperimenta in un rapporto. Il capitano fissa Gustav.
Poi riprende: - Anche sulla sessualità si
interviene. Qui non c’è posto per le
donne: non possiamo pensare a famiglie o bambini, magari a gelosie tra gli
uomini e così via. Ma non possiamo neanche pensare a maschi che vivono in
astinenza. Qualcuno aveva proposto di spegnere il desiderio sessuale. Era
possibile, i nostri alleati sono in grado di farlo, ma che razza di vita
sarebbe stata? Allora si agisce sui meccanismo dell’attrazione. Chi non è
attratto dagli uomini riceve una stimolazione che attiva un’area… ma è
inutile che entri in certi dettagli. Il desiderio viene creato, a meno che
non ci sia una resistenza molto forte, e le inibizioni eliminate. E il
desiderio e la potenza sessuale vengono incrementati moltissimo: lo avrai
notato anche tu. Hai sempre voglia di scopare. È qualche cosa che rende
piacevole la vita che facciamo. Il capitano scuote la
testa e aggiunge: - In condizioni normali,
almeno. Per me, dopo sei mesi qui, il desiderio si è indebolito molto. Il mio
compagno è stato trasferito dopo i quattro mesi, ma devo dire che ormai di
rado provo desiderio. Gustav si stupisce della
franchezza del capitano. - Come mai è stato
trasferito? - Come sai, qui non si sta
più di quattro mesi. Io ci rimango perché devo. Separarci è stato duro per
entrambi, ma ci ritroveremo. Le coppie non vengono mai divise, finché
entrambi vogliono rimanere insieme. - Capisco. - Tu non hai ancora un
compagno, ma sei appena arrivato e non avevi esperienza di rapporti con
uomini. - No, quasi niente. C’è un momento di
silenzio. La conversazione è uscita completamente dal rapporto tra un soldato
e il suo capitano. Gustav è a disagio. Non sa
bene che cosa dire. Chiede: - Lei ha parlato delle
trasformazioni indotte dalla macchina. Ci sono anche altri cambiamenti? Il capitano guarda Voller
e annuisce. - Siamo macchine per
uccidere, ormai. E uccidere non deve provocare nessuna emozione negativa. Tu
non hai ancora ucciso, qui almeno, ma vedrai che proverai un piacere molto
intenso. Il capitano sorride e
scuote la testa. - In qualche caso, quando
già c’erano in ballo emozioni positive, uccidere provoca un orgasmo. Il
sergente… Il capitano si interrompe. - Sto chiacchierando
troppo. Credo che anche questo sia un effetto della stanchezza. E della noia.
Avrai modo di conoscere altri pianeti dove le condizioni sono molto dure, ma
questo credo che sia il posto più noioso in cui mi sono trovato dopo la mia
morte. Gustav non dice nulla,
anche se è curioso. Il capitano chiede ancora a Gustav come si trova e chiacchiera
un po’ con lui. Gustav vorrebbe riprendere il discorso sulle trasformazioni,
ma il capitano ha deciso di interromperlo, per cui deve adeguarsi. Più tardi, mentre sono
fuori, vicino alla base, Gustav parla con Wes e
Frank. - Ma il sergente e il capitano
con chi scopano? È Frank a rispondere. - Il capitano con nessuno,
secondo me. Il sergente con chi ha voglia di prendersi un cazzo da toro in
culo. Dirk, Ronald, Ben, per esempio. Frank ride e aggiunge: - Io glielo succhio, ogni
tanto. Di che slogarsi la mascella, ma ne vale la pena. Wes si guarda intorno, per sincerarsi che
nessun altro li senta, poi aggiunge: - Il sergente fotte i
morti, ma non lo raccontare in giro, perché mi ammazza. - Fotte i morti? Che cazzo
dici? - Gli piace uccidere,
glielo fa venire duro. Ed è lui a occuparsi di uccidere chi deve essere
inviato altrove perché ha trascorso quattro mesi qui o perché ha combinato
qualche guaio o per qualsiasi altro motivo del cazzo. - E allora? - Allora io e Frank una
volta lo abbiamo seguito, di nascosto. Era la nostra ora di aria e lui è
uscito con Zac, un bel nero, un colosso, anche lui con un cazzo da cavallo. Abbiamo
capito che era arrivato l’ordine di trasferire Zac: era qui da quattro mesi,
per cui ce lo aspettavamo. Ci siamo guardati e abbiamo deciso di seguirlo. Se
ci beccava, finivamo nei guai. Li abbiamo seguiti a distanza. Quando sono
arrivati al luogo dove avvengono le esecuzioni, Zac si è messo in ginocchio e
lo ha succhiato al sergente. Poi il sergente lo ha fottuto. Ci ha dato dentro
per un’infinità di tempo. Poi gli ha passato la corda intorno al collo. - L’esecuzione avviene per
strangolamento? - Sì. E il sergente lo fa
lentamente. Gli piace ammazzare. E quando Zac è morto, gli ha calato i
pantaloni e lo ha fottuto di nuovo. Gustav annuisce, senza
dire nulla. L’idea lo turba un po’. Ma ha il cazzo duro: ormai anche solo
parlare di scopare gli fa questo effetto. Gustav si rende conto di chiacchierare
volentieri con il capitano, che è cordiale e molto attento ai suoi uomini. Ci
sono momenti in cui Gustav non ha nemmeno la sensazione di parlare con un
superiore. Il capitano è seduto sulla
scrivania, Gustav su una sedia davanti a lui. Gustav racconta di quando
è stato ammazzato in Afghanistan. E poi chiede: - E lei? - Io l’ho scelto, Voller. Serviva
qualcuno con competenze tecniche di un certo livello. - Cosa? Non è stato
ammazzato… - Sono stato ammazzato,
certo. Da un rapinatore non identificato che mi ha tagliato la gola in un
vicolo di Detroit ed è scappato con il mio portafogli. Come avevamo
concordato. - Lo sapeva prima, quindi.
Lo ha accettato. - Certo. Gustav è perplesso. - Non so se avrei
accettato. Rinunciare per sempre a vivere sulla Terra… - Non avevo nessun
particolare motivo per restare sulla Terra. Il capitano sorride e
scuote la testa. - Non è esatto. Diciamo
che avevo buoni motivi per lasciare la Terra. Forse l’avrei fatto, comunque, - Intende dire… - … che magari mi sarei
tirato un colpo. La voglia l’avevo. Un pessimo periodo per me. Ma fuori dalla
Terra sono rinato, davvero. Adesso tu mi vedi spossato, ma qui sto benissimo.
In questi anni mi sono sempre sentito appagato. Faccio qualche cosa di utile,
più di qualsiasi cosa potessi fare sulla Terra. Ho un compagno con cui sto
bene. Scopo con grande soddisfazione. Il capitano scuote la
testa e prosegue: - Be’, adesso non è così.
Il desiderio è quasi spento. Ogni tanto c’è ancora una vampata. Adesso… Il capitano si interrompe
e fissa Gustav negli occhi. C’è un momento di
silenzio. Gustav annuisce. Il capitano si abbassa i
pantaloni, si volta e appoggia il torace sulla scrivania. Gustav guarda il
culo del capitano. Una peluria diffusa, ma non fitta. Gustav accarezza il
culo che gli si offre, due dita scivolano all’apertura. Gustav si sputa sulla
mano e sparge un po’ di saliva. Di nuovo le dita stuzzicano l’apertura,
l’indice si infila dentro senza tante cerimonie. Il capitano sussulta. Gustav
si cala i pantaloni. Il cazzo è teso in avanti, impaziente. Gustav lo
appoggia contro il culo, poi lo fa scivolare fino al buco e spinge con
cautela. Il capitano emette un gemito. Gustav spinge ancora più avanti,
finché il cazzo non scompare dentro il culo che lo accoglie. - Oh, cazzo! Gustav incomincia a
muovere il culo avanti e indietro, affondando ogni volta il cazzo nel culo
del capitano e poi ritraendolo. Intanto la sua mano scivola sotto il ventre e
trova il cazzo, che non è ancora rigido, ma è già pieno di sangue. Gustav
muove la mano, mentre continua a fottere il culo del capitano. Infine sente
il piacere esplodere. Emette un grugnito, mentre il suo seme si sparge. Ci
vuole un momento prima che il capitano venga. Il cazzo non gli diventa
completamente rigido, ma un po’ di seme esce. Gustav si ritrae, solleva
i pantaloni e chiude la cintura. Il capitano si rialza. Si volta e gli
sorride. - Grazie. Gustav annuisce. Non dice
nulla. - Ora vai. - Sì. Gustav non aggiunge
“Signor capitano”. Non avrebbe molto senso. Gustav lascia l’ufficio
del capitano. Incrocia il sergente, che è appena rientrato da un altro giro
di esplorazione. Gustav lo guarda. Che cosa penserebbe il sergente se sapesse
che lo appena messo in culo al capitano? Probabilmente niente. Forse lo
sospetta. Forse fotte anche lui il capitano. Il sergente è un gran
maschio. A Gustav piace. Lo conosce poco, anche se sono tre settimane che si
trova alla base. Ma il sergente è uno di poche parole e guida personalmente
tutte le missioni, per cui è spesso via. Per la terza volta Gustav
partecipa a un giro di esplorazione. È l’ultimo: se anche questa volta non
scopriranno niente, attaccheranno comunque. Il posto di osservazione
di Gustav è lo stesso della prima volta. Le ore passano e Gustav controlla
attentamente tutto ciò che avviene nella base, ma non vede niente di
significativo. Si rende conto che ormai è
quasi ora di andare. Se anche gli altri non hanno elementi nuovi, l’attacco
avverrà alla cieca. E mentre pensa al momento dell’assalto, che concluderà la
sua missione sul pianeta, la piastrina vibra. Il sergente li sta chiamando.
Gustav fa per sollevarsi, ma vede che la porta del centro di smistamento si
apre e ne escono quattro uomini. Uno di loro ha le mani legate dietro la
schiena. Un prigioniero, quindi! I soldati lo strattonano. L’uomo reagisce.
Dice qualche cosa, probabilmente un insulto. Uno dei soldati gli si mette
davanti a lui. Gustav ha l’impressione che il prigioniero gli sputi in
faccia, ma non può dirlo con sicurezza. Il soldato reagisce dandogli una
ginocchiata ai coglioni e poi, mentre l’uomo si piega in avanti, un pugno in
faccia. Un altro soldato gli molla un calcio in culo. Il terzo lo afferra per
i capelli. Tenendolo per i capelli e
mollandogli calci e pugni, lo fanno entrare nell’edificio degli uffici. La
piastrina vibra di nuovo, ma Gustav non si muove. Rimane a osservare
concentrato. Dopo un momento all’ultima finestra del piano terra si accende
una luce. Passano pochi minuti. La luce si spegne e subito dopo i tre soldati
escono dall’edificio e raggiungono la caserma, ridendo tra loro. La piastrina vibra per la
terza volta, molto più a lungo. A Gustav sembra quasi di vedere la furia del
sergente che lo sta richiamando. Gli viene da sorridere. Rimane ancora un momento
ad osservare, poi, non vedendo più nessun movimento, si sposta e, muovendosi
con cautela, raggiunge gli altri. Il sergente lo guarda. È
chiaramente furente. Sibila: - Voller, perché cazzo non
sei venuto subito quando ti ho chiamato? Gustav risponde piano: - Perché stava avvenendo
qualche cosa di significativo, signor sergente. Negli occhi del sergente
passa un lampo. - Che cosa? - È arrivato un
prigioniero e lo hanno portato nell’edificio degli uffici. Si è accesa la
luce nell’ultima stanza a piano terra. Poi i soldati che lo accompagnavano
sono usciti senza il prigioniero. Sul viso del sergente
appare un sorriso. - Fantastico. Mi racconti
dopo. Gustav ha già detto tutto
quanto c’era da dire, ma è logico che il sergente voglia sapere se ci sono
altri dettagli. Quando sono a distanza di
sicurezza, il sergente si fa nuovamente raccontare tutto quanto Gustav ha
visto. Poi riprendono la strada per la base. Sono stanchi, ma euforici: hanno
finalmente scoperto ciò che dovevano sapere per organizzare l’attacco.
All’arrivo comunicano la notizia agli altri, suscitando un grande entusiasmo.
Poi si mettono a dormire. Quando si svegliano, dopo
una notte di sonno (e altre attività), il capitano li raduna tutti nella sala
dove abitualmente mangiano, l’unico spazio abbastanza capiente da contenere
l’intera guarnigione della base. Ormai tutti si aspettano l’annuncio
dell’attacco. È una buona notizia, soprattutto per chi è alla base da molto
tempo. Il capitano comunica
quello che tutti si aspettano: - L’attacco avverrà tra
tre giorni, quando le condizioni di luce sono favorevoli. C’è qualche esclamazione
di gioia, ma i più si limitano a esprimere la loro soddisfazione con qualche
gesto. Il capitano prosegue: - Vedremo di colpire
quando sono in maggioranza a dormire: anche loro hanno un’alternanza di sonno
e veglia regolata da dispositivi come i nostri. Non si aspettano certo un
assalto, poiché non sanno della nostra presenza su questo pianeta, e, se
riusciamo a eliminare le sentinelle, questo ci darà un bel margine di
vantaggio. I dettagli dell’operazione ve li darà il sergente. Dopo una pausa, il
comandante aggiunge: - Molti di noi, forse
tutti, saranno uccisi nell’attacco e si ritroveranno direttamente su Vega1. I
feriti devono essere eliminati. I sopravvissuti devono tornare alla base, che
verrà abbandonata nel giro di una settimana. Quando il capitano ha finito,
il sergente passa poi a dare indicazioni per l’attacco. Conclude rivolgendosi
a Gustav: - Voller, io e te abbiamo
il compito di tagliare la gola alle sentinelle esterne: ce ne sono sempre due
e sappiano dove stanno. Se riusciamo a farlo senza essere scoperti, questo ci
permetterà di guadagnare qualche minuto. Gustav è contento di
essere stato scelto per svolgere questo compito: lo vede come un attestato di
stima da parte del sergente. È la notte della luna
lontana. Nei giorni in cui sono rimasti alla base un’altra luna è apparsa, ma
ha un ciclo molto breve, per cui adesso è scomparsa. Le vegetazione è immersa
in una luce verdastra. Tutti gli uomini della
base marciano in fila. Anche il capitano è con loro. Sembra molto più in
forma, ma Gustav sa che è solo l’effetto di un farmaco che ha preso per
l’azione. I venti uomini marciano
lentamente. Sono divisi in due drappelli da dieci uomini, uno guidato dal
capitano e l’altro dal sergente. Qualcuno osserva: - Spero che mi ammazzino
nell’azione. Non vedo l’ora di andarmene da questo buco di culo di posto. Gustav sorride. Di solito
non capita che uno si auguri di essere ammazzato in azione. Gustav non ha
fretta di andarsene: non è rimasto molto a lungo e non gli spiacerebbe
rimanere ancora un po’. E mentre lo pensa guarda il sergente, che guida il
suo gruppo. Osserva le spalle larghe e la schiena muscolosa, velata da una
peluria fitta nella parte più bassa. Il culo è fasciato dai pantaloni. Chissà
come sarebbe metterlo in culo al sergente? Nessuno alla base l’ha mai fatto.
Parlando con gli altri, Gustav ha sentito che diversi si sono fatti fottere
da lui, che oltre ad avere un grosso cazzo, è anche un bravo stallone. Ma il
sergente non se lo fa mettere in culo. Non lo succhia nemmeno. Chissà com’è
prenderselo in culo dal sergente? Chissà com’è prenderselo in culo? Gustav
non l’ha mai fatto, ma si rende conto che ormai l’idea lo incuriosisce. Forse
in fondo lo desidera. Gustav scuote la testa.
Stanno andando a compiere la missione decisiva e lui pensa a tutt’altro. Raggiungono infine la base
nemica. Ci sono luci accese ad alcune finestre degli uffici, ma la caserma è
immersa nel buio. Probabilmente dormono quasi tutti, a parte le sentinelle e
qualcuno che ha dei compiti da svolgere. Chissà se anche quelli della base
nemica scopano in continuazione? Gustav si dice che è una domanda stupida, in
questo momento. Dopo che si sono disposti
in base alle istruzioni, il sergente dice: - Voller, è ora di
muoversi. Scendono silenziosamente,
rimanendo al coperto della vegetazione, anche se la luce è troppo scarsa
perché sia possibile vederli a una certa distanza. Gli altri uomini si muovono
dietro di loro: se qualche cosa va storto e qualcuno dà l’allarme, devono
intervenire subito, prima che i nemici abbiano il tempo di organizzarsi. Le sentinelle si sono appena
incontrate al termine di un giro di perlustrazione e adesso stanno chiacchierando
tra di loro. Gustav non riesce a sentire quello che dicono, ma a un certo
punto uno dei due scoppia a ridere. Tra poco quell’uomo sarà morto. Gustav si
rende conto che all’idea di ucciderlo gli sta venendo duro: sono le
trasformazioni di cui parlava il capitano. Gustav guarda il sergente, che è
dietro a un albero. Può vederlo di profilo. Anche lui deve avercelo duro: la
protuberanza nei pantaloni non lascia dubbi. Deve avercelo duro e ha un cazzo
da toro. Il sergente sfodera la
lama. Anche Gustav estrae il coltello. La tensione al cazzo cresce. Poco dopo
le due sentinelle si separano e riprendono a muoversi, in direzioni opposte. A un cenno del sergente,
entrambi si avvicinano cautamente ai loro bersagli. Gustav si rende conto che
il cazzo è sempre più duro. Ha già ucciso, ma non aveva mai provato nulla di
simile. La sentinella si è fermata
e guarda verso la base. Non sospetta nulla, non pensa che ci possano essere
altri uomini, nemici, su questo pianeta. Gustav è dietro di lui. Scatta.
Mette una mano sulla bocca della vittima e con il coltello le recide la gola,
con un movimento rapido. Gustav sente il movimento convulso del corpo che ora
si appoggia contro il suo, il gorgoglio del sangue che sgorga abbondante, poi
l’abbandonarsi inerte. Gustav toglie la mano e il cadavere cade al suolo. L’erezione è tanto forte
da essere quasi dolorosa. Uccidere sarà così d’ora in poi? Gustav si muove nella direzione
in cui si era spostata l’altra sentinella. Vede il profilo massiccio del
sergente. - Fatto? - Fatto. Il capitano e gli altri
soldati li raggiungono. Ognuno sa qual è il suo
compito. Gustav segue il sergente e dietro di lui si muovono altri otto soldati,
mentre il capitano guida l’altra colonna, che si muove a poca distanza. Quando ormai non è più
possibile spostarsi rimanendo al coperto, scattano di corsa. Poco dopo alla base
qualcuno dà l’allarme, ma ormai è tardi: il sergente lancia la prima bomba e il
portone esplode. Tutti si precipitano dentro. Il sergente e gli uomini del
suo gruppo corrono verso la porta dell’edificio degli uffici. Il capitano e
gli altri si fermano nel cortile e sparano raffiche di mitra contro le
finestre della caserma e i piani superiori degli uffici. Poi i soldati
lanciano bombe attraverso le finestre. Il silenzio irreale in cui
Gustav è vissuto nelle ultime settimane ha lasciato il posto al caos di
esplosioni e raffiche, urla e bestemmie. Una nuova bomba distrugge
la porta degli uffici. Mentre il sergente e Gustav già stanno entrando, Wes, che è immediatamente dietro Gustav, lancia un grido
e cade a terra. Gustav sa che non deve fermarsi. Corre dietro al sergente.
Tre soldati nemici stanno scendendo dalle scale, ma una raffica di mitra li
falcia. Un quarto soldato arriva e punta la pistola contro il sergente, ma
Gustav spara. Il soldato emette un grido, si avvita su se stesso e rotola
lungo le scale. Il sergente già sta
correndo avanti lungo il corridoio. Fuori grida e spari si
susseguono ininterrotti. Due soldati sono alla
porta dell’ultima stanza. Sparano non appena li vedono arrivare. Il sergente
e Gustav si gettano a terra mentre sparano, ma la raffica prende in pieno Rob e un altro. Il sergente sta già rispondendo al fuoco.
I due soldati crollano al suolo contorcendosi. Ora sono nell’ultima stanza.
C’è una scala che porta sotto terra. Al fondo una porta. Il sergente butta un’altra
bomba. La porta esplode. Tutti corrono lungo le
scale, tranne due di loro che rimangono di guardia. Gli ultimi gradini sono
stati distrutti, ma saltando arrivano alla porta. Si trovano all’ingresso di
un’ampia sala, dove in tante teche trasparenti ci sono uomini nudi, che
sembrano dormire. - Eccoli. Voi controllate
che non arrivi nessuno. Gustav e gli altri
rimangono fuori dalla porta. Dalla soglia il sergente lancia le bombe. Le
esplosioni si succedono una dopo l’altra. Si sentono alcune esclamazioni
provenire dall’interno: qualche prigioniero ferito dalla bomba che si è
svegliato. Il sergente entra nella
stanza. Si sentono raffiche di mitra, che sembrano non finire mai. Poi il
sergente dice: - Venite dentro. Gustav e gli altri
entrano. Sulla soglia rimangono due uomini a controllare che non arrivi
nessuno. La grande stanza è un cumulo di macerie, da cui si leva qualche
lamento. Al fondo le bombe hanno acceso un incendio, che proietta la sua luce
in tutto il locale. - Aiutatemi a finirli. I soldati si muovono
rapidamente. Gustav ha l’impressione di vivere in un sogno, in cui tutto
appare irreale: i corpi nudi che si contorcono a terra, tutti con il cazzo
duro; i cadaveri, anche loro con il cazzo teso e il seme sparso sul ventre; i
gemiti dei feriti e i rantoli dei moribondi, in cui è difficile capire quanta
parte ha il dolore e quanta il piacere; le raffiche di mitra. E il cazzo, teso come una
lama; un desiderio violento dentro di lui, che l’odore di sangue e sborro
esalta. La gioia selvaggia di vedere i corpi sussultare all’impatto dei
proiettili e poi rimanere inerti. Ancora raffiche di mitra.
Poi la voce del sergente: - Adesso basta! Qualche colpo ancora e
nello stanzone cala il silenzio. Solo da fuori provengono urla e si sentono
altre raffiche. Non ci sono più rantoli. Cadaveri e sangue, dovunque. Gustav guarda il sergente.
C’è un’ampia macchia sui pantaloni, ben visibile alla luce delle fiamme. - Via, ora. Non è facile risalire
lungo la scala, perché la parte inferiore è crollata. Il sergente si piega in
avanti. Dietro di lui Gustav mette le mani una sull’altra, in modo che i
soldati possano appoggiare un piede sulle sue mani e di lì passare sulla
schiena del sergente e raggiungere i gradini. Quando sono passati tutti gli
altri, Gustav salta sulle spalle del sergente e raggiunge l’ultimo gradino
ancora integro, poi porge una mano e aiuta il sergente a issarsi. Fuori
risuonano ancora spari: gli uomini guidati dal capitano hanno preso possesso
degli uffici, ma dalla caserma i soldati nemici stanno sparando. Quando il sergente e gli
altri raggiungono il corridoio, il capitano chiede: - Fatto? - Fatto. Tutti morti. - Perfetto. Ora cerchiamo
di uscire da una delle finestre sul retro. Il sergente annuisce. Si organizzano
rapidamente. Al momento di saltare, il capitano dice: - Se qualcuno cade,
bisogna finirlo subito. Vicino alla porta d’ingresso
c’è Wes, che si è trascinato dentro. È ferito alla
schiena, al culo e a una gamba e non può camminare. Strisciando i pantaloni
si sono abbassati e Gustav può vedere che Wes ha il
cazzo duro. - Non possiamo portarti
con noi, Wes. Wes annuisce. - Lo so, sergente. Wes ride e aggiunge: - Adesso mi ammazzi, ma il
mio cadavere non puoi fotterlo. Il sergente ghigna e
annuisce. - Pronto per l’ultima
sborrata? Ma prima che Wes risponda, Frank interviene. - Lo ammazzo io. Frank punta il mitra su Wes. Il sergente non dice nulla. Si limita ad annuire. - A presto, Wes. - A presto, Frank. La raffica percorre Wes dal petto al ventre. Il corpo sussulta all’impatto di
ogni proiettile. Dal cazzo sgorga abbondante il seme, che si riversa sul
ventre e sul petto. Passano sul retro e
saltano fuori dalle finestre a piano terra. Alcuni soldati nemici sono
appostati non lontano e i loro colpi non vanno a vuoto: qualcuno lancia un
grido e cade. Il sergente è rimasto per ultimo. Dalla finestra spara sui
corpi dei suoi uomini caduti a terra. Poi corre a raggiungere il drappello in
fuga. I nemici gli sparano, ma non riescono a colpirlo. Uscendo dalla fortezza
perdono altri due uomini: ora sono solo sette. Camminano in fretta. Sono
esausti, ma non possono fermarsi. Gustav si accorge che, nonostante
la stanchezza, il desiderio è violentissimo. Proseguono senza dire una
parola. Man mano che si allontanano dalla base, le voci e i rumori svaniscono
completamente. Dal fragore assordante di esplosioni, urla, spari, si passa al
silenzio innaturale che domina sul pianeta. La stanchezza li inghiotte.
Marciano come automi, senza parlare. Giunti alla base, il
sergente e il capitano radunano i superstiti. - La missione è conclusa.
Saremo inviati su altri pianeti, progressivamente. Per una settimana qui
rimarrà una base, sempre che non ci attacchino prima: adesso sanno che noi
siamo presenti sul pianeta e sicuramente ci cercheranno. Il sergente interviene: - Nel qual caso l’unica
cosa che conta è non farsi prendere vivi. - Sì, ma non dovrebbe
essere un grosso problema. Abbiamo distrutto la prigione e non possono
costruirne un’altra in tempi brevi, per cui se ci catturano è facile che ci
ammazzino. Magari dopo essersi divertiti un po’ con noi. Gustav è esausto, come
tutti. Entrando nella camerata, pensa che questa notte i letti rimarranno in
maggioranza vuoti, ma l’idea non è angosciosa: sa che i compagni non sono
morti, ma solo trasferiti su un altro pianeta. Si spogliano per mettersi
a dormire, ma quando sono tutti nudi si guardano. Il desiderio e la
stanchezza sono ugualmente forti. Jorg spinge il suo letto contro quello
vicino, poi ne accosta ancora un altro. Si stendono tutti insieme sui tre
letti affiancati. Mani che accarezzano, che stringono. Gustav si abbandona
alle strette, alle carezze. Scivolano così insieme nel sonno, stretti gli uni
agli altri. Gustav si sveglia perché
sente che qualcuno sta giocherellando con il suo cazzo. Le luci sono accese,
è giorno nella base, ma nessuno di loro sembra intenzionato ad alzarsi,
nonostante la fame. Adesso prevale un’altra fame, che saziano in un intreccio
di corpi. Gustav non sa chi gli sta leccando il culo, chi gli succhia il
cazzo, di chi sono i coglioni che accarezza. Non gli importa scoprirlo. Sente
un cazzo premere contro il suo buco, ma si sposta. Quello no, per quello non
è pronto. E mentre lo pensa, gli appare l’immagine del sergente. Il gioco
prosegue, senza limiti. Qualcuno dice che ha bisogno di pisciare e qualche
bocca si offre. Gustav viene tre volte, come la maggioranza degli altri. E quando infine sono tutti
sazi, si alzano e vanno a mangiare. Dopo colazione, il
sergente dice a Gustav: - Complimenti, Voller. Sei
un ottimo soldato. - Grazie, signor sergente. - Ti sei inserito in
fretta e hai dato due volte un contributo importante all’esito della
missione. Gustav non sa che cosa
dire. Il sergente prosegue: - Direi che come prima
missione dopo la tua morte, puoi essere soddisfatto. E so che hai anche
imparato un sacco di altre cose, qui. Il sergente ghigna. Gustav
annuisce. Avverte una forte tensione. Guarda il sergente. In quel momento il
capitano apre la porta del suo ufficio. - Voller, cercavo giusto
te. Venga anche lei, Miller. Gustav e il sergente
entrano nell’ufficio. Il capitano si siede dietro la scrivania. Guarda Gustav
e gli dice: - Voller, è arrivato
l’ordine di trasferirti su Vega77. Devi essere là entro due ore. Gustav Voller pensa:
“Merda!”. Gli girano i coglioni all’idea di andarsene proprio ora, lasciando
in sospeso il discorso con il sergente, ma è un soldato e deve obbedire. - Sì, signor comandante. - Il sergente Miller si
occuperà del passaggio. Voller annuisce. Sa
benissimo che è il sergente a occuparsi dei passaggi, ma anche questa
faccenda gli scoccia. L’arrivo del capitano ha interrotto un dialogo che
ormai è troppo tardi per riprendere. Il sergente annuisce e
dice: - Ti passo a prendere tra
dieci minuti, Voller. La risposta cambia solo
leggermente: - Sì, signor sergente. Il pensiero rimane lo
stesso: “Merda!” Gustav raggiunge la
camerata. - Ragazzi, mi
trasferiscono su Vega77. Parto tra dieci minuti. Qualche esclamazione,
qualche augurio, poi Jorg chiede: - Se ne occupa il
sergente, vero? Sguardi ironici e sorrisi.
A Gustav giravano già prima, adesso gli girano ancora di più. - E chi, se non quel
figlio di una troia? - Di una troia e di un
toro, non lo scordare, Gustav. Tutti ridono. Gustav
digrigna i denti. - Io non glielo do. Gustav non sa perché
risponde così. In realtà non sa quello che farà. Gli scoccia non avere il
tempo di pensare, capire. - Se lo prenderà comunque,
dopo. - Cazzi suoi. - Il cazzo è il suo, ma il
culo è il tuo. Di nuovo una risata
generale. Gustav alza le spalle. - Io sarò ad anni-luce di
distanza. Il sergente arriva poco
dopo. - Muoviti, Voller. I compagni lo salutano. Gustav segue il sergente.
Si allontanano nella foresta che copre buona parte del pianeta. Due delle quattro
lune del pianeta splendono in cielo: la rossa, che è appena spuntata, e la
verde. Gustav guarda la schiena possente del sergente. Per l’ennesima volta
osserva la peluria che, più fitta subito sopra le natiche, diventa più rada
fino a scomparire nella parte superiore della schiena. Il cazzo gli si tende. Camminano in silenzio per un
buon momento. Poi il sergente dice: - Ci vuole una mezz’ora
per arrivare. Gustav annuisce. Non è mai
stato nel luogo dove viene preparato il passaggio, ma sa che è nei pressi della
base di arrivo, perché il giorno in cui è arrivato ha visto nelle vicinanze
le lucciole rosse. - Voller, sai benissimo
che quando qualcuno parte, se è d’accordo io glielo metto in culo. Gustav rimane interdetto:
non si aspettava che il sergente lo dicesse così francamente. Si limita a
replicare: - Sì, la voce circola. Il sergente annuisce. - Tu non te lo sei mai
preso in culo, vero, Voller? - No sergente. E… Il sergente completa la
frase per lui: - E non avresti intenzione
di incominciare ora. Quando sei arrivato qui non avevi mai scopato con un
maschio. Poi ti sei dato da fare anche tu, come tutti: dopo qualche settimana
o mese, non c’è nessuno che stia a vedere. E prima o poi vogliono provare
anche che cosa si sente a prenderselo in culo. Sempre che non la sappiano
già. Voller non dice niente. Il
sergente prosegue: - Io consiglio sempre a
chi non ha mai provato di farlo prima del passaggio. Ci sono almeno due
vantaggi: probabilmente non vedrai mai più chi te l’ha messo in culo; dove
arriverai nessuno lo saprà, per cui se non vorrai riprovare, non c’è
problema; se invece scopri che non è male, potrai darti da fare. Gustav volta la testa
verso il sergente. Sa che ha ragione, ma la faccenda gli scoccia. - Dovrei dire di sì,
perché tanto se dico di no, tu mi fotti una volta che sono morto? Il sergente sembra non
rilevare il passaggio al tu. Risponde; - Quello lo farò comunque.
Lo sai, te l’hanno raccontato: uccidere me lo fa sempre venire duro, anche se
sono appena venuto. Ma è un’altra faccenda. Non lo dico per me, Voller, lo
dico per te. La voglia di capire che cosa si prova ce l’hai e questa è
un’ottima occasione, proprio perché nessuno lo saprà mai. - Non mi dire che non
andrai in giro a vantarti. - Sai benissimo che non
racconto niente. Di Zac lo sai perché te l’hanno raccontato Wes e Frank, che mi hanno spiato. Come vedi, so anche
questo. Voller annuisce. Si aspetta che il sergente
insista, ma non dice più nulla, non chiede nemmeno una risposta. D’altronde
il sergente è uno di poche parole. Ha detto quello che ha da dire e adesso
tace. Gustav riflette.
L’incazzatura gli è passata. Il sergente ha ragione, Gustav lo sa. Non aveva
mai scopato con un altro maschio, ma ormai non avrà più l’occasione di
scopare con una donna. Ha scoperto che fottere un altro maschio gli piace,
parecchio. Ma si è sempre rifiutato di prenderselo in culo o di succhiarlo. Camminano in silenzio. A
un certo punto nell’aria compaiono mille piccole luci rosse. Il sergente dice: - Le chiamiamo le lucciole
dei morti, perché si cibano dei cadaveri. Sono gli unici insetti che si
vedono su questo fottuto pianeta. Infine raggiungono una
radura. Il sergente si ferma. - Qui. Poi si volta verso Gustav
e gli chiede: - Che cosa hai deciso,
Voller? Gustav guarda il sergente.
Annuisce. Si cala i pantaloni. Rimane nudo davanti al sergente. Il sergente si abbassa i
pantaloni, lentamente. Gustav guarda il cazzo, già teso in avanti. Lo ha già
visto altre volte, ma adesso pensa che quel cazzo gli entrerà in culo. - Te la senti di
succhiarmelo, Voller? Gustav annuisce. Ha
accettato. Si inginocchia e avvicina la bocca al cazzo del sergente. Avvolge
la cappella con le labbra e incomincia a succhiare. Gli piace, gli piace
sentire questa carne calda che gli riempie la bocca. Poggia le mani sul culo
del sergente. Gli piace stringerlo. Gustav succhia con avidità. Gli piace il
gusto di questo cazzo, che sa di sborro e di piscio. Poi Gustav si stacca. Guarda
il cazzo che tra poco gli entrerà in culo. Ce la farà a reggerlo? Gustav si mette a quattro
zampe. Il sergente passa dietro di lui. Gustav sente le dita premere contro
l’apertura. Ritornano più volte, inumidite, poi un dito si infila dentro. Il
sergente sparge ancora saliva. Gustav sente la cappella che si appoggia
contro il buco del culo. La pressione cresce e infine il cazzo forza l’anello
di carne. - Merda! Il dolore è violento.
Gustav chiude gli occhi. Eppure, nonostante la sensazione di sofferenza, c’è
anche piacere, un piacere che cresce man mano che il culo si abitua alla
pressione di questo cazzo che gli dilata le viscere. - Merda! Il sergente gli passa una
mano sulla testa, in una carezza inattesa. Poi incomincia a spingere.
Il dolore cresce, ma insieme anche il piacere, che diviene sempre più forte.
Il sergente ci dà dentro e le spinte squassano il culo di Gustav. Ma il
piacere si moltiplica. Quando infine Gustav sente
il seme del sergente riempirgli il culo, un’ondata di piacere lo travolge e
anche il suo seme si sparge. Gustav chiude gli occhi. Il sergente si stacca. A
Gustav spiace sentire il cazzo che lascia il suo culo. Avrebbe voluto che lo
uccidesse mentre lo fotteva. Un buon modo di finire. Si rialza, con una fitta.
Si volta. Il sergente lo guarda. - Ora sai com’è. Gustav annuisce, senza
dire nulla. Anche il sergente non dice nulla. C’è un momento di pausa.
Ci sono cose non dette tra di loro. È l’ultima occasione per dirle, ma
qualche cosa blocca entrambi. Il sergente dice; - Rivestiti. Rivestirsi significa
rialzarsi i pantaloni. È assurdo: il sergente lo spoglierà di nuovo, per
fottere il suo cadavere. Ma il protocollo prevede che chi effettua il
passaggio indossi l’uniforme, qualunque essa sia, e il sergente è molto ligio
alle regole. Gustav si tira su i
pantaloni. Il sergente passa dietro
di lui e gli lega saldamente le mani dietro la schiena. Evidentemente è
quanto è previsto. - In ginocchio, Voller. Gustav obbedisce. Dice: - Muoviti. - C’è tempo, non ho
fretta. Mi prenderò il mio piacere. Uccidere mi piace. E sai benissimo che
anche per te sarà un piacere. Gustav annuisce. Sa che il
sergente ha ragione, ma vorrebbe finire. Prova rabbia per non essere riuscito
a esprimere quello che prova, ma non riesce neppure a dargli una forma
precisa nella sua mente. Il sergente dice ancora: - Mi sarebbe piaciuto che
tu rimanessi, Voller. Gustav vorrebbe
rispondere, ma ormai è tardi. Il sergente gli passa la corda intorno al
collo. Incomincia a stringere. Lo fa piano, vuole gustare il momento. Gustav
sente la corda che preme sul collo e progressivamente blocca il passaggio
dell’aria. Spalanca la bocca, ma l’aria non scende più nei polmoni. Il
sergente avanza leggermente, fino a poggiare il ventre contro la schiena di
Gustav: ce l’ha di nuovo duro e a Gustav piace sentire questa pressione. Nei suoi
polmoni si accende un fuoco, ma il dolore violento è un piacere ancora più
intenso. La pressione sulle arterie
impedisce al sangue di raggiungere il cervello. Gustav vede il mondo svanire,
mentre un orgasmo violentissimo lo squassa. Il sergente Miller sente
che il corpo si affloscia e solo la corda lo sostiene, ma continua a
stringere per un buon momento. Tira ancora la corda, poi prende le due
estremità con una mano sola e trascina il cadavere fino a un tronco d’albero
abbattuto. Slaccia la cintura e abbassa i pantaloni di Gustav, fradici di
piscio e sborro. Guarda il culo di Gustav.
Sorride. Il sergente si cala i
pantaloni e avvicina il cazzo al buco del culo di Gustav. Infilza il cadavere
con un movimento deciso. Gli piace fottere questo culo forte e sodo. Gli
piace fottere l’uomo che ha ucciso. Il sergente fotte con energia, cercando
di far durare il più a lungo possibile il piacere. * Gustav si risveglia in una
capsula, che ruota, mettendosi in verticale. Gustav si ritrova in piedi. La
parte anteriore della capsula si apre e Gustav esce. È di nuovo su Vega1. Si
aspetta che lo mandino subito su un altro pianeta, ma il tenente che lo ha
accolto la prima volta gli spiega che non è così: - Dopo una missione, c’è
una pausa. Ci troviamo a combattere in situazioni del tutto diverse e un
piccolo stacco è necessario. Gustav si chiede se lo
manderanno al parco divertimenti, ma Rob e anche
gli altri gli hanno detto che solo dopo sei mesi di servizio si ha diritto a
una licenza. E in effetti il tenente dice: - È solo una pausa. Qui
c’è una caserma per i soldati in transito. Ci rimarrai cinque giorni. Gustav raggiunge la
camerata e trova Wes e gli altri compagni che sono
morti quando hanno attaccato la base. Gli fa piacere rivederli. - Ti hanno ammazzato
quelli? - No, abbiamo raggiunto la
base senza problemi. Sono stato trasferito. Wes ghigna. - Se n’è occupato il
sergente, vero? È compito suo. Gustav annuisce. Il
sorriso di Wes è ironico. - Mi sa che il tuo culo
non è più vergine, allora. Anche se magari non te ne sei accorto. Gustav guarda Wes. Esita un attimo, poi dice: - No, non lo è. E me ne
sono accorto. Wes sorride, ma non c’è più ironia, ora. - Vuoi dire che… - Gliel’ho dato, perché
volevo provare. Wes annuisce. - Sono contento per te. Poi aggiunge: - Magari permetterai anche
a noi di gustarlo. Gustav scuote la testa. - No, per il momento
almeno no. Mi fa ancora male. È vero. Il dolore al culo
è rimasto. Wes ride. Stanno ancora
chiacchierando quando vedono arrivare il capitano e i soldati superstiti. Li
guardano stupiti. - Frank, Paul… Che cazzo
ci fate qui? Non è neanche passata
un’ora da quando Gustav è arrivato. È il capitano a
rispondere: - La base è stata
attaccata e distrutta. Il capitano è molto
diverso da com’era alla base. Appare forte, pieno di energia. Sorride e spiega.
- Ci hanno individuato,
com’era prevedibile. E hanno lanciato alcune bombe. È stato molto rapido:
siamo morti tutti in pochi minuti. Gustav non riesce a
trattenere la domanda: - E il sergente? È qui
anche lui? - No, non era alla base.
Non era ancora tornato. Quando il capitano se ne
va, i soldati continuano a commentare. Walter osserva: - Così ci manca solo il
sergente. Wes guarda Gustav e dice: - Probabilmente stava
fottendo il tuo cadavere. - E adesso? - In qualche modo
ammazzeranno anche lui o si tirerà un colpo quando scoprirà che la base è
stata distrutta. Gustav è contento all’idea
di rivedere presto il sergente e riprendere il discorso lasciato in sospeso. Nelle ore seguenti Gustav
è irrequieto. Si aspetta che il sergente compaia da un momento all’altro, ma
non lo vede arrivare. Evidentemente non è ancora stato ucciso. Arriva la
sera. John Miller non si è visto. Come al solito, nella camerata è tutto un
intrecciarsi di corpi. Gustav scopa volentieri con i compagni, ma il pensiero
va spesso al sergente. Che cosa gli è successo? Perché non arriva? È stato catturato?
Sicuramente sì, altrimenti, trovando la base distrutta, si sarebbe tirato un
colpo e adesso sarebbe qui con loro. Lo terranno prigioniero come gli altri?
In questo caso non sarà certo possibile liberarlo: non sanno dove si trova e
in ogni caso non verrebbe organizzata una spedizione per salvare un solo uomo. Gustav vorrebbe
ritrovarlo. Vorrebbe averlo vicino. Vorrebbe dirgli quello che non gli ha
detto al momento della separazione. Il sergente Miller arriva
dopo tre giorni. È pomeriggio quando lo vedono arrivare, nudo e in ottima
forma. Ai soldati che si
accalcano intorno a lui spiega: - Mi hanno catturato
mentre tornavo alla base. Ho sentito l’esplosione in lontananza e sono corso per
vedere che cosa stava succedendo. Vicino alla base c’era un filo teso:
dovevano avermi individuato a aspettavano che arrivassi. Sono caduto e mi
sono saltati addosso in otto o nove. Wes ha un sorriso beffardo e dice: - Si sono divertiti con
lei, sergente? John Miller annuisce: - Puoi dirlo, per questi tre
giorni non hanno fatto altro. Gustav non capisce. - Divertiti? Il sergente lo guarda,
ghigna e spiega: - Diciamo che mi hanno
riempito di piscio e sborro, in bocca e in culo. Poi mi hanno castrato e
appeso a testa in giù fino a che sono crepato. Gustav non sa che cosa
dire. Il sergente aggiunge: - È così, Voller. Non
possono farci soffrire, allora cercano di umiliarci. Per qualcuno è dura. Ma se
pensano di piegarmi riempiendomi di piscio, sborro e merda, hanno sbagliato i
conti. Non me ne fotte un cazzo. Adesso sono qui e sono pronto ad ammazzarli
tutti. E loro non torneranno a raccontarlo. Gustav aggrotta la fronte. - Loro no? Non ritornano
in vita? - No, i loro alleati non
hanno queste tecniche. O non intendono usarle. Non gli importa niente di
qualche uomo del cazzo, per loro sono animali da usare. Possono sempre rapire
qualcun altro e distruggergli il cervello. Gustav ha sempre dato per
scontato che anche gli altri ritornassero in vita una volta ammazzati. La
scoperta lo stupisce. Più tardi, alzandosi da
tavola, John Miller dice a Gustav: - Non pensavo che ci
saremmo ritrovati, Voller. Ma vale quello che ti ho detto. Non racconto a
nessuno. Gustav guarda John Miller.
Che il sergente racconti o no, gli è del tutto indifferente. Ghigna. - Ho già raccontato io,
sergente. Comunque il culo mi ha fatto male fino a ieri sera. - Non è stata considerata
una ferita da guarire, altrimenti l’avrebbero riparata. - No. C’è un momento di pausa,
poi Gustav aggiunge: - Ma non mi dispiaceva
avere male al culo. Era… Gustav non sa come
proseguire, ma John è abbastanza sicuro di aver capito dove vuole andare a
parare Gustav. Sorride. - Possiamo rinnovare il
male al culo in qualunque momento. Gustav lo guarda, in
silenzio. Poi annuisce, senza dire nulla. John sente il desiderio afferrarlo:
è una mano che gli stringe i coglioni e gli mozza il fiato. La sua voce è
roca mentre dice: - Vieni in camera mia,
Voller. Gustav annuisce
nuovamente. Segue John Miller nella stanzetta. John chiude la porta, poi
si volta verso Gustav, si avvicina a lui, gli prende la testa tra le mani e
lo bacia. Gustav non si aspettava di essere baciato dal sergente. È la prima
volta che un uomo lo bacia. Accoglie nella bocca la lingua, che avanza decisa. John lo spinge contro il
muro, il corpo del sergente preme contro il suo, mentre le mani si muovono in
fretta, avide, impazienti, aprendogli la camicia e poi i pantaloni. Gustav lo
lascia fare, poi si mette anche lui al lavoro. Presto sono entrambi nudi, i
cazzi in tiro. Si accarezzano, si stringono, si baciano, finché il sergente
mette le mani sulle spalle di Gustav e lo guida ad inginocchiarsi davanti a
lui. Gli accarezza il capo, mentre Gustav accoglie nella bocca la cappella e
incomincia a succhiarla. Ogni tanto la lascia e la guarda: gli piace vederla
così grande, quasi violacea e lucida di saliva. Ci passa sopra la lingua, poi
riprende a lavorare con le labbra. Le sue mani stuzzicano i coglioni. Sono
voluminosi, duri, coperti da un pelame fitto. È bello giocherellare con
queste due grosse palle, stringerle. A John sfugge una bestemmia, quando
Gustav preme un po’ troppo. Gustav passa le mani sul culo del sergente, lo
stringe con forza. - Ora, Gustav. Il sergente gli mette una
mano dietro il collo, impedendogli di ritrarsi, e Gustav sente il fiotto
riempirgli la bocca. Inghiotte. È la prima volta che beve lo sborro di un
uomo, ma non gli dispiace, perché è quello di John. John gli accarezza i
capelli, poi si china su di lui e lo fa alzare. Lo bacia di nuovo, gli
afferra il cazzo duro e lo stringe con forza. Muovendo la mano lo guida al
piacere. Lo sborro schizza sul
ventre del sergente, che lo raccoglie con le dita, poi le porge a Gustav
perché le pulisca. Gustav apre la bocca e lecca con cura. Il sergente lo spinge sul
letto. È brutale, non chiede, ma a Gustav va bene così. Ora Gustav è disteso sul
letto e il sergente gli sta mordendo con forza il culo. Poi gli passa la
lingua sul solco, indugia sul buco del culo. Gustav geme. Poco dopo il cazzo
del sergente preme contro l’apertura e scivola dentro. - Merda! Il sergente ride, una
risata roca che è una carezza ruvida sulla pelle. John si muove piano. Il
dolore cresce, il piacere anche, indissolubilmente legati. Il sergente
procede a lungo. Gustav si dice che questa volta avrà male al culo per un mese.
Ma va bene così. Va bene così. Queste mani che gli pizzicano il culo, lo
accarezzano, lo stringono, questa bocca che si posa sulla sua nuca, che gli
morde la spalla, che gli bacia l’orecchio, questo cazzo che gli scava nelle
viscere. Questa è la perfezione. Gustav sente il piacere
esplodere e subito dopo le spinte di John diventano più violente e rapide e
il seme gli riempie il culo. - Tutto bene, Gustav? - Sì, è perfetto. Il sergente si mette sulla
schiena e guida Gustav a stendersi su di lui. Lo accarezza, piano. Gustav
sente contro il culo che il cazzo di John sta tornando duro. Non hanno finito
con i loro giochi, ma adesso una pausa fa bene. Gustav dice: - Mi spiace che ti abbiano
torturato e umiliato… - Il dolore era piacere,
lo sai. Quanto alle umiliazioni, chi se ne fotte? - Era… era la prima volta
che te lo beccavi in culo? John ghigna. - No, certo che no. Nel
periodo di licenza partecipo sempre alle cacce. - Alle cacce? - Caccia all’uomo, in cui
fai da preda e da cacciatore. Chi ha la meglio fa quello che vuole della
preda. E prima di ammazzare la preda ci si diverte. - Non pensavo… non pensavo
che su questo pianeta… Vega99 intendo, si facessero cacce,
cose di questo genere. - Se preferisci passare le
notti in discoteca o al mare a prendere il sole, puoi farlo. Ognuno fa quello
che cazzo gli pare. Ma sai che ci piace uccidere. Ed essere uccisi ci fa
godere. Per cui, che cosa è meglio di una bella caccia? Gustav non è molto
convinto, ma si limita a dire: - Vedremo. Tanto ci vorrà
parecchio tempo prima che io vada in licenza. - Io ci andrò tra pochi
giorni. Gustav avverte una fitta.
Pensa che le loro strade si separeranno di nuovo e questa volta
definitivamente. Ma John dice: - Prima di andarmene,
però… c’è una cosa che vorrei definire… C’è una pausa. Gustav
attende. - Gustav, che ne diresti
se chiedessimo di essere inviati sullo stesso pianeta? Sempre che non ti
spiaccia avere spesso male al culo. Gustav sorride. - Mi sembra un’ottima
idea. 2019 |