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   Vega63 
  Gustav Voller si
  alza dal letto. Guarda il corpo nudo della donna. Si sfila il preservativo e
  lo getta nel cestino di fianco al tavolo. Poi versa dalla brocca un po’
  d’acqua nella bacinella e si lava rapidamente il cazzo. Prende il telo per
  asciugarsi, ma lo vede sporco e lo posa. Mentre si riveste, dà ancora
  un’occhiata alla donna, che è rimasta distesa sul letto. Non ne valeva la
  pena, ma aveva voglia di scopare e non potrà farlo per mesi. Forse non potrà
  farlo mai più: il posto a cui lo hanno destinato è uno dei peggiori
  dell’Afghanistan e i rischi di rimanerci secco sono alti. Gustav Voller apre la
  porta ed esce, senza salutare: la scopata non ha contribuito a rilassarlo e
  gli ha lasciato l’amaro in bocca. La donna dice solo: “Avanti” e il soldato
  che aspetta vicino alla porta entra: il tempo a disposizione è molto ridotto,
  se uno vuole rimanere più di venti minuti, deve pagare un extra.  Gustav scende al piano
  terra e lascia la casa. Torna alla base, ma non raggiunge la camerata: deve
  andare all’ospedale militare per un controllo, Gustav non ha capito di che
  cazzo si tratta, ma non ha importanza. Gli girano i coglioni all’idea di
  dover perdere tempo così, anche se sa benissimo di non avere niente di meglio
  da fare. Gustav raggiunge
  l’ospedale. Gli controllano i documenti e lo indirizzano a un padiglione
  interno, un basso edificio isolato, con le imposte chiuse. All’ingresso gli esaminano
  di nuovo i documenti, poi lo fanno entrare in una stanza illuminata da un
  neon: è pieno giorno, perché cazzo questi tengono le imposte chiuse e la luce
  accesa? C’è un ascensore e Gustav si chiede a che cazzo serve, visto che c’è
  solo un piano. Il soldato che lo accompagna preme il tasto di un citofono.
  Una voce chiede di chi si tratta. - È il soldato Gustav
  Voller. - Hai controllato
  l’identità? - Certo. - Va bene, portalo giù. Il soldato preme il
  pulsante dell’ascensore e la porta si apre. Entrano. Ci sono solo due tasti.
  Il soldato preme quello inferiore. L’ascensore si mette in moto. La discesa
  dura un buon momento. - Ma quanto è profondo? Il soldato scrolla le
  spalle, senza dire niente. L’ascensore si ferma, la porta si apre. Un
  sergente controlla di nuovo i documenti. Ma è un ospedale militare o una base
  segreta? Gustav non dice nulla, tanto non sembrano intenzionati a dare
  spiegazioni. Il sergente dice: - Seguimi. Il soldato rimane
  sull’ascensore, che si chiude. Gustav segue il sergente fino a una porta
  blindata. A fianco della porta c’è una tastiera. Il sergente compone un
  numero, ma la porta non si apre. Si sente invece una voce: - Sì? - Soldato Gustav Voller.
  Controllo effettuato. Un suono metallico e la
  porta si apre. Il sergente fa cenno con il capo a Gustav, che entra. La porta
  si richiude. Un uomo in camice guarda Gustav, poi gli indica con il dito una
  porta e dice: - Entra in quella stanza e
  spogliati completamente. Gustav entra. Il locale è
  un minuscolo spogliatoio. Gustav si toglie tutto quello che ha addosso. Non
  gli spiace rimanere nudo. Qui il caldo è meno forte rispetto a fuori, ma le
  temperature rimangono piuttosto alte. La porta si apre. L’uomo
  in camice guarda Gustav, verificando che non abbia niente addosso. - Niente orecchini,
  piercing, cock-ring o altre cazzate? - No, niente. - Va bene. Stenditi sul
  ripiano. L’uomo si sposta e Gustav
  può vedere alle sue spalle un grande tubo metallico e davanti un ripiano,
  coperto da una striscia di carta. Dev’essere l’apparecchiatura che serve per…
  come cazzo si chiama? Risonanza magnetica, forse? Ma perché cazzo gliela
  fanno? Gustav si stende. - Adesso ti metterò dentro.
  Evita di muoverti. È una cosa lunga. Se ti addormenti non c’è problema. Il ripiano scivola dentro
  il tubo. Uno sportello lo chiude completamente  Gustav è perplesso, non
  capisce di che cosa si tratta, ma non dice nulla. Probabilmente da fuori non lo
  sentirebbero neppure. Gustav sente un ronzio,
  che diventa via via più forte. È piuttosto fastidioso, ma Gustav cerca di non
  concentrarsi sul rumore. Avverte una sensazione crescente di calore. Si
  chiede se intendano cuocerlo. Sorride. Chiude gli occhi. Il calore diventa più
  forte. Gustav incomincia a sudare. Mormora: - Merda! Gli sembra che il suo
  corpo sia percorso da un formicolio. Non è piacevole. Poi il ronzio cessa ed
  è sostituito da un suono più debole, come una scala di tre note che viene
  ripetuta all’infinito. Gustav avverte un dolore alla testa. Non gli capita
  mai di soffrire di emicrania, ma adesso è proprio fastidioso. Poi il mal di
  testa svanisce e Gustav sente un forte calore al petto. Sta sudando
  abbondantemente. È fradicio. Muove una mano per detergersi il sudore, ma
  sente una voce: - Non ti muovere. Gustav pensa solo: merda!
  Appoggia di nuovo la mano sul ripiano. Chiude gli occhi. Il calore ora sta diventando
  più forte al ventre. Poi scende ancora e Gustav si accorge che il cazzo gli
  si sta irrigidendo. La sensazione di calore si sposta alle cosce e infine
  alle gambe, ma il cazzo rimane teso. Gustav pensa che sia
  finito, ma il rumore varia nuovamente: ora sembra un triangolo colpito in
  successione, tre o cinque volte. E il calore lascia il posto a un fresco che
  dapprima è piacevole, ma poi diventa fastidioso. Gustav chiude gli occhi.
  Si accorge di scivolare nel sonno. È una voca a svegliarlo. - Puoi alzarti. Gustav si scuote. Ha davvero
  dormito. Meglio così, il tempo è passato più in fretta. - Quanto sono rimasto
  dentro? - Il necessario. Bella risposta del cazzo!
  Gustav non dice nulla. Passa nello spogliatoio e si riveste. C’è di nuovo la
  trafila delle porte e dell’ascensore, ma tutto si svolge rapidamente. Gustav
  esce dall’edificio e si ferma, allibito: fuori è notte. È entrato alle tre.
  Dev’essere rimasto dentro parecchie ore. - Cazzo! Gustav lascia l’ospedale e
  raggiunge l’edificio dove è alloggiato il suo reparto. L’ora della distribuzione
  del rancio serale è già passata, ma in qualche modo il sergente era informato
  che Gustav sarebbe rientrato tardi e gli ha fatto lasciare da mangiare. Il giorno dopo Gustav
  raggiunge l’aeroporto di Kabul e un aereo porta lui e altri soldati a Kandahar.
  Di lì una jeep accompagna Gustav e altri tre a un avamposto tra le montagne,
  non molto lontano dalla città. Arrivano verso sera. La
  base militare è piccola e vi stanno solo una ventina di soldati.  Gustav e gli altri sono
  ricevuti dal comandante e cenano insieme ai nuovi compagni. La base ha camere
  piccole, da tre-quattro posti. Gustav è assegnato a una stanza in cui dormono
  Paul e Lou. Un quarto letto è libero. Paul è il
  classico orso, massiccio e barbuto, con un viso simpatico. Dev’essere sui
  trentacinque, forse quaranta. Lou è un bel nero,
  più giovane e snello di Paul. Dopo aver scambiato
  qualche parola, Paul chiede: - Hai fatto anche tu
  l’esame nel sotterraneo, quello dentro il tubo? - Sì, come lo sai? - Lo fanno parecchi di
  quelli che vengono mandati qui, quasi tutti. L’ho fatto anch’io.  - Ma perché? - Non lo so, ma se fai
  quell’esame, poi ti mandano qui. E di solito non ci rimani a lungo. - Ti trasferiscono da
  un’altra parte? - No, ti ammazzano. Questo
  buco di culo di posto è uno dei peggiori del paese. E quelli che hanno fatto
  l’esame vengono sempre scelti per le missioni più pericolose. Gustav è perplesso. - Sei sicuro? Non capisco
  perché mai dovrebbero farti un esame per poi mandarti a farti ammazzare. - Non te lo so proprio
  dire, ma è così. Quelli che hanno fatto l’esame muoiono entro un mese, di
  solito. Spesso anche meno. Io sono un’eccezione. - Da quanto tempo sei qui? - Da tre mesi e sono
  sfuggito alla morte due volte, per puro culo. E tutti quelli che ho visto mandare
  qui dopo aver fatto l’esame sono morti, a parte Lou,
  che però è qui solo da venti giorni. Paul guarda Lou e Gustav ha l’impressione che nel suo sguardo ci sia
  una complicità che non è solo amicizia. Poi Paul indica il quarto
  letto: - Lì c’era Henry. Anche
  lui aveva fatto l’esame. Morto ammazzato da un cecchino tre giorni fa. Nel
  letto che hai preso c’era Martin. Arrivato un lunedì, ammazzato il venerdì.
  Ha fatto in fretta, lui. - Cazzo! Gustav è di cattivo umore.
  Conosceva la fama del posto in cui si trova, ma la realtà è ancora peggiore
  di come gliel’avevano presentata. Gustav si corica e si
  addormenta in fretta, ma dopo un po’ si sveglia. Apre gli occhi. A destarlo è
  stato un rumore che proviene da un letto vicino. Il letto sta vibrando.
  Gustav non può vedere niente: la stanza è sotterranea e a luci spente il buio
  è assoluto. Non gli è però difficile capire che cosa stanno facendo Paul e Lou: qualche gemito conferma l’ipotesi che ha fatto. Gustav sorride. Paul e Lou gli stanno simpatici e in fondo è contento che si
  divertano. Se devono crepare, che almeno possano godere prima dell’ultimo
  viaggio.  Gustav non ha mai avuto
  rapporti con altri uomini. Da ragazzo ha partecipato a qualche sega
  collettiva, come tanti suoi coetanei. Qualche volta si è chiesto che cosa si
  prova a prenderselo in culo, ma non ha mai pensato di fare l’esperimento. Non
  gli spiacerebbe vedere Paul e Lou, ma nel buio
  della stanza non si vede proprio nulla. Il mattino dopo Paul gli
  chiede: - Hai dormito bene,
  Gustav? Gustav sorride e dice: - Sì, a parte un’interruzione
  per dei rumori… Paul ghigna e risponde: - Spero che non ti abbiamo
  disturbato questa notte. - Disturbato no, però mi
  scoccia quando di un film c’è solo il sonoro. Paul ride. - Questa sera teniamo la
  luce accesa. - Può essere un’idea. La giornata scorre
  tranquilla. Il comandante fornisce una serie di spiegazioni sulla funzione
  della base e sulle attività che vi si svolgono. Nel pomeriggio due jeep fanno
  un breve giro di perlustrazione. Gustav osserva il paesaggio, che è
  affascinante: montagne brulle e selvagge, precipizi vertiginosi e cime aguzze,
  immersi nella luce accecante di una giornata senza nuvole. Poche le tracce
  della presenza dell’uomo: qualche capanna di fango secco, piccoli gruppi di
  capre.   La sera, al momento di
  coricarsi, Paul chiede: - Allora, vuoi vedere,
  oltre che sentire? Gustav sorride e annuisce. Paul e Lou
  si spogliano davanti a Gustav. Paul è molto villoso: una fitta peluria scura gli
  copre il petto, il ventre, le gambe e le braccia. Gustav nota che ha un
  grosso cazzo circonciso. Lou invece ha un corpo
  snello, poco peloso. Anche lui ha un bel cazzo.  Paul si avvicina a Lou, lo prende tra le braccia e lo bacia. Un bacio
  ardente, con la lingua che si infila nella bocca di Lou.
  Intanto le sue mani stringono il culo del compagno e un dito scivola lungo il
  solco. Paul e Lou
  continuano a baciarsi e ad accarezzarsi e a Gustav viene duro. Non cerca di
  nasconderlo: sarebbe assurdo. Gustav si spoglia. Si farà una sega alla fine
  dello spettacolo (o magari anche prima della fine) e non è il caso di
  sporcarsi le mutande. Paul guarda verso di lui e
  gli dice: - Vuoi partecipare anche
  tu? Gustav scuote la testa. - No. Magari un’altra
  volta. Mi basta il film. - Come vuoi. Se cambi
  idea, diccelo. Paul guida Lou a stendersi sulla schiena. Ora che si sono staccati,
  Gustav può vedere che hanno entrambi il cazzo in tiro. Quello di Paul è
  davvero uno spettacolo, molto voluminoso, rigido, una vena in rilievo, la
  cappella più scura. Anche Lou non scherza,
  comunque. Paul si mette le gambe di Lou sulle spalle e poi 
  avvicina la cappella al buco del culo di Lou.
  Sputa, sparge un po’ di saliva e lentamente affonda il suo formidabile spiedo
  dentro Lou, sul cui viso appare una smorfia. Gustav
  pensa che non deve essere facile reggere una simile mazza. Paul incomincia a spingere,
  muovendo avanti e indietro il grosso culo peloso. Gustav lo guarda e si
  accarezza il cazzo e i coglioni. Si chiede che cosa provi Lou
  a essere fottuto così. Lou sta sorridendo, anche se
  a tratti corruga la fronte. Di certo non gli dispiace, ma un po’ deve fargli
  male. Paul spinge a lungo, in un
  movimento continuo. Lou geme piano.  Infine le spinte divengono
  più rapide e intense. Lou geme più forte e Paul
  chiude gli occhi. Dev’essere venuto in culo a Lou.
  Paul afferra il cazzo di Lou e con pochi movimenti
  lo guida a venire. Il seme si sparge sul ventre del nero. Gustav guarda la
  striscia biancastra e le gocce che la luce fa risplendere come diamanti. Gustav si rende conto che
  basterebbe pochissimo a farlo venire. - Vuoi una mano, Gustav? Gustav guarda Paul. Alle
  labbra gli è salito un no, ma la parola si è persa da qualche parte, prima di
  uscire. Dev’essere rimasta impigliata tra i denti.  Paul esce da Lou. Gustav guarda il cazzo, non più rigido, ma ancora
  piuttosto voluminoso. Paul sorride e si mette
  sul letto a fianco di Gustav. Gli afferra il cazzo con la destra, mentre con
  la sinistra gli stringe delicatamente i coglioni. Gustav apre la bocca. Paul
  muove la mano verso l’alto e verso il basso. Gustav sente il piacere crescere
  e infine esplodere. Il seme schizza verso l’alto e ricade sul ventre di
  Gustav e sulla mano di Paul. Gustav chiude gli occhi. - Cazzo! Paul si stacca. Si lecca
  la mano. Gustav apre gli occhi e lo guarda. - Grazie, Paul. - Magari domani hai voglia
  di partecipare… Gustav scuote la testa.
  No, non intende partecipare, anche se lo spettacolo gli è piaciuto. L’indomani il sergente
  comunica che loro tre partiranno in mattinata per un giro di controllo,
  insieme a Henry. Paul sibila tra i denti: - Merda! Marca male. Quando sono sulla jeep,
  Gustav chiede: - Perché dici che marca
  male, Paul? - Perché abbiamo fatto
  tutti e quattro l’esame. Mi spiace, Gustav, ma ci sono buone possibilità che
  tu stabilisca il record di permanenza qui. In negativo, intendo. - Merda! Gustav però non è convinto.
  La tesi di Paul lo lascia alquanto perplesso. Qual è il senso di mandare
  degli uomini deliberatamente a morire? E qual è il senso di sottoporre a un
  esame medico qualcuno destinato a morire presto? Gustav ha modo di
  ricredersi quattro ore dopo, lungo la strada del ritorno. Dopo una curva nota
  che la terra al centro della pista è smossa. Anche Lou,
  che è alla guida, lo nota, ma non riesce a frenare in tempo. Non appena la
  jeep raggiunge il punto in cui la terra è smossa, la mina, messa evidentemente
  quella stessa mattina, esplode. La jeep salta per aria. Gustav si ritrova a
  terra, un dolore atroce alla gamba, un braccio che non sente più. Paul è
  vicino a lui. È ancora vivo, perché grida il nome di Lou
  e si contorce, senza riuscire ad alzarsi. Il suo viso è una maschera di
  sangue e non ha più le gambe. Lou non risponde.
  Anche Henry tace. Probabilmente sono morti sul colpo. In questo caso sono
  stati fortunati. Gustav non li può vedere, perché sono oltre la carcassa
  della jeep. Paul forse ci riesce, perché è spostato rispetto a Gustav. - Lou!
  Lou! Gustav vorrebbe dirgli che
  è inutile, che Lou dev’essere morto e che comunque
  sono morti anche loro, ormai. Ma prima che possa aprire bocca, vede spuntare
  da dietro le rocce quattro uomini. Hanno i turbanti e la veste lunga, ma non
  sono pastori o contadini: nelle mani stringono i mitra. Gustav vede uno di
  loro puntare l’arma contro qualcuno che non può vedere: Lou
  o Henry. La raffica copre l’urlo di Paul.  Quando il rumore si
  spegne, Paul grida di nuovo. - Lou!
  Merda! Lou! Un altro degli uomini spara
  una seconda raffica, destinata con ogni probabilità a Henry. Paul mormora: - Lou! I quattro si avvicinano a
  loro. Uno punta il mitra su Paul, ridendo, e spara una raffica. Paul sussulta
  all’impatto di ogni proiettile. Quando la raffica si spegne, Paul rimane
  inerte. Gustav mormora: - Merda! Un altro uomo si avvicina
  a lui. Non sorride. Gli punta il mitra al petto. La raffica gli spappola il
  cuore. * Gustav si risveglia in un
  locale immerso nella penombra. Apre gli occhi e vede una volta bassa, grigia.
  Si chiede dove cazzo è. Il ricordo dell’esplosione e dell’ultima raffica
  riemerge, nitidissimo. Ha sognato? No. Gustav si alza di scatto a
  sedere. È su una tavola di pietra o cemento, nudo. Gustav guarda il proprio
  corpo. Non ha ferite, niente. Nel locale ci sono cinque altre tavole e su tre
  di esse ci sono Henry, Lou e Paul, seduti, che si
  guardano. - Lou,
  Paul, Henry… che cazzo…? Paul allarga le braccia. - E che cazzo ne so? Ci
  hanno ammazzato, questo lo so. E adesso siamo qui. Non mi chiedere dove.
  Vorrei saperlo anch’io. - Alzatevi e venite con
  me. A parlare è stato un
  soldato, fermo sulla soglia, alle loro spalle. I quattro scendono dalle
  tavole e gli si avvicinano.  - Ma dove siamo? - Che cosa… Il soldato li interrompe
  subito: - Vi daranno tutte le
  spiegazioni. Si volta senza dire altro
  ed esce dal locale. Seguono il soldato, che li fa passare in un corridoio e
  poi bussa a una porta. - Avanti. Il soldato apre la porta.
  Dentro c’è un tenente, seduto a una scrivania.  - Sedetevi. Ci sono quattro sedie
  davanti alla scrivania. I quattro si accomodano. Prima che abbiano avuto il
  tempo di dire qualche cosa, il tenente osserva: - Suppongo che voi vi
  stiate ponendo delle domande. Vi darò alcune risposte. Lou osserva: - Sì, sono proprio curioso
  di sentirle. Anche Paul fa un breve
  commento. Gustav si limita ad annuire. Henry tace. - Voi siete morti
  ammazzati in Afghanistan. Se i vostri cadaveri saranno recuperati, verranno riportati
  negli Stati Uniti e sepolti da qualche parte. Adesso vi trovate su un pianeta
  al di fuori del sistema solare. Noi lo chiamiamo Vega1, ma è un nome in
  codice, non ha niente a che fare con la stella Vega. Tutti i pianeti e i
  satelliti su cui noi agiamo hanno la sigla Vega e un numero. Questo è il
  numero 1, perché è il centro di smistamento dei soldati morti. Chiaro? È Paul a rispondere: - Chiaro un cazzo! Se
  siamo morti, com’è che siamo qui, vivi?  Il tenente non si
  scompone. Gustav si dice che non dev’essere la prima volta che gli tocca dare
  spiegazioni a gente che si ritrova viva dopo essere stata ammazzata.  - Prima di morire avete
  fatto un esame particolare, che ha permesso di duplicare il vostro corpo: per
  questo è stato possibile riportarvi in vita. La memoria di questo corpo è
  stata via via aggiornata, per cui voi avete recuperato un corpo integro,
  com’era al momento di fare l’esame, ma vi ricordate anche quello che è
  successo dopo, fino al momento in cui siete stati uccisi vicino a Kandahar.  Paul scuote la testa. Gli
  altri rimangono immobili. Aspettano la spiegazione promessa. - È in corso una guerra,
  in cui è stata coinvolta anche la Terra. Forze aliene hanno incominciato a
  invaderla. Hanno tecnologie che non ci immaginiamo neanche. Non avremmo avuto
  nessuna possibilità di difenderci, se non fosse che esistono altre forze che
  sono venuto in nostro soccorso, anche loro tecnologicamente molto avanzate:
  sono le loro tecnologie che ci permettono di riportare in vita i soldati
  morti. Stiamo debellando le avanguardie dell’invasione sul nostro pianeta, ma
  dobbiamo aiutare i nostri alleati nella loro guerra. Per questo servono
  soldati. - Ma se hanno queste
  tecnologie meravigliose, che cazzo possiamo fare noi?  - Combattere contro altri
  uomini o altri esservi viventi, con armi tradizionali. Le tecnologie in
  possesso di queste forze non sono sufficienti, anche perché spesso possono
  essere contrastate da altre tecnologie di segno contrario. Facciamo un
  esempio: se vuoi infilarti in un formicaio senza distruggerlo non puoi farlo
  tu, hai bisogno di altre formiche o comunque insetti. Paul ringhia: - Ci avete mandato a
  morire deliberatamente. Il tenente alza le spalle. - Non mi occupo di questi
  dettagli. So che i soldati prescelti sono inviati in missioni pericolose, ma
  vi siete arruolati volontariamente e sapevate di rischiare la pelle per gli
  Stati Uniti. E qui non sono in gioco solo gli Stati Uniti, ma tutto il
  pianeta.  Paul grugnisce e Gustav
  scommetterebbe che non è proprio un verso di approvazione.  - Comunque, se non vi va
  bene, non c’è problema. Possiamo annullare il processo, sbarazzarci del
  duplicato dei vostri cadaveri e la faccenda finisce qui. - Cioè, ammazzarci? - Siete già stati
  ammazzati. Vi è stata data la possibilità di continuare a vivere. Siete
  liberi di rifiutarla. Paul è chiaramente
  incazzato e fa per dire qualche cosa, ma Gustav decide che è ora di
  intervenire e lo precede: - Mi sembra che ormai
  abbiamo poche possibilità di scegliere. Per cui per me va bene. Vado a
  combattere dove mi mandate. Paul, Lou, Henry, credo
  che vi convenga fare lo stesso. Paul annuisce, anche se è
  evidente che l’incazzatura non è svanita. - Sì, per farsi ammazzare
  c’è sempre tempo. Il tenente annuisce.
  D’altronde dev’essere ben difficile che qualcuno decida di rimanere morto solo
  per ripicca. - Voller, tu verrai
  inviato su Vega63; Throne, su Vega18; Whitehorse e
  Falls, suppongo che vogliate rimanere insieme. Paul guarda Lou e sorride, mentre risponde: - Sì. Lou conferma: - Anche per me va bene. - Allora verrete mandati
  tutti e due su Vega 17. Vi mandiamo subito, come vi ho detto questo è solo un
  centro di smistamento e si rimane il tempo necessario per chiarire la
  situazione. Sarete fucilati tra dieci minuti, il tempo di radunare il
  plotone. - Fucilati? E questo che
  cazzo… - Il passaggio da un
  pianeta all’altro per voi che siete stati preparati avviene solo attraverso
  la morte. Ma, come scoprirete, l’effetto è piacevole: durante il trattamento
  è stata operata una trasformazione, che, come tutte le altre, diventa
  effettiva dopo la prima morte. Per voi il dolore oltre una certa soglia
  provoca piacere. Questo accade per evitare che, se venite catturati, prima di
  essere uccisi siate sottoposti a torture tali da demotivarvi a combattere
  ancora. Il tenente chiama un
  soldato. - Fate preparare il
  plotone. Dodici uomini. Gustav scuote la testa.
  Gli sembra tutto incredibile. - Posso chiedere una cosa? - Dimmi, Voller. - C’è un motivo per cui io
  vengo mandato su Vega63 e loro su Vega17 e Vega18? - I nuovi arrivati vengono
  inviati sui pianeti dove servono uomini. Teniamo conto delle loro
  caratteristiche e anche dei loro rapporti: per questo i tuoi due compagni
  staranno insieme. In base al tuo stato di servizio, tu potresti essere l’uomo
  che serve su Vega63.  Il tenente fa una breve
  pausa, poi riprende: - Diciamo che si cerca di
  essere graduali: la prima esperienza di solito è su pianeti simili alla
  Terra, dove già combattono altri uomini. Per affrontare altri tipi di nemici
  e realtà molto diverse, c’è tempo. Gustav vorrebbe chiedere
  quali altri tipi di nemici si troveranno ad affrontare, ma per questo c’è
  tempo, il tenente ha ragione. Il soldato entra. - Il plotone è pronto. - Portali al muro. Il soldato fa un cenno e
  si avvia. Paul e Lou lo seguono. Gustav e Henry vanno
  dietro di loro. Una porta immette in un piccolo cortile dove li aspettano una
  dozzina di soldati e un sergente. Gustav pensa che per la
  prima volta della sua vita si trova su un altro pianeta e in tutto e per
  tutto ha visto due stanze e un cortile. Poi guarda gli uomini che li stanno
  osservando. Guarda i fucili, con cui lo uccideranno. E si accorge che il
  cazzo gli sta diventando duro. Merda! Come è possibile?! Questa poi!  Quando però li fanno
  mettere contro il muro, gli basta una rapida occhiata ai compagni per
  rendersi conto che a loro sta succedendo la stessa cosa. E nudi come sono,
  non c’è modo di nasconderlo. I soldati però non sembrano per nulla stupiti:
  devono esserci abituati. Uno indica a un altro il cazzo di Paul e sghignazza.
  L’altro annuisce, tra lo stupito e il divertito, ma devono essere le misure a
  farli sogghignare, non il fatto che ce l’abbia duro. Il sergente ordina: - Plotone, ai vostri
  posti! I soldati si dispongono in
  una doppia fila, sei davanti e sei dietro.    Gustav si volta verso i
  compagni. - Addio, ragazzi, è stato
  un piacere conoscervi. Paul scuote la testa e
  ride.  - Non è possibile. Abbiamo
  sniffato qualche cosa… - Plotone, attenti! I soldati scattano
  sull’attenti. - Plotone, in posizione!  I soldati afferrano il
  fucile. I sei della fila davanti si inginocchiano, i sei della fila dietro
  rimangono in piedi.  - Plotone, fucili in
  posizione! Come un solo uomo, i
  soldati alzano i fucili.  - Plotone, pronti! Mirate! Gustav si rende conto che
  il cazzo è tanto teso da fargli male. È sul punto di venire. - Fuoco! I colpi sbattono Gustav
  contro il muro. Gustav sente il violento dolore al petto, ma il piacere è molto
  più forte. Paul crolla davanti a lui e Gustav può vedere il seme che sgorga
  abbondante dal grosso cazzo teso. Gustav barcolla e cade a terra, prono,
  sopra il cadavere di Paul. Il piacere è fortissimo. L’ufficiale si china su
  di lui e preme la canna della pistola contro la nuca. L’onda dell’orgasmo
  travolge Gustav, un piacere violento che si spegne solo quando il proiettile
  gli si conficca nel cervello. * Gustav apre gli occhi. È
  di nuovo su un tavolo di pietra, in una stanza dal soffitto molto basso.
  Gustav si mette a sedere. No, non ha sognato. Dev’essere su Vega63. - Ben arrivato. Alzati e
  seguimi. Gustav scende dal tavolo e
  guarda l’uomo che ha parlato. È un nero, sui quarant’anni. Indossa la divisa,
  ma è a torso nudo. Gustav lo raggiunge. - Sono su Vega63? - Esatto. Ma le
  spiegazioni te le darà il sergente Miller. Mettiti questa roba. L’uomo gli porge un
  berretto e un paio di stivali. A Gustav viene da ridere: passi per gli
  stivali, se devono camminare, ma che cazzo serve un berretto a uno che è nudo?
  Per poterselo togliere se incontra un ufficiale? Gustav se lo mette,
  ghignando. Il soldato lo guarda serio e dice: - Non è un normale
  berretto. Ti rende invisibile dall’alto. Gustav è perplesso, ma
  dopo quello che ha vissuto nella giornata, nulla più gli sembra impossibile.
  Il soldato aggiunge: - E gli stivali servono
  per non lasciare tracce. Non sono stivali normali. A Gustav verrebbe da dire
  che di solito un paio di stivali lascia più tracce dei piedi nudi, ma non ha
  senso fare osservazioni: non sa un cazzo del pianeta dove è stato inviato,
  delle tecnologie che vengono usate.  Escono dal locale. Sono
  all’aperto ora. Gustav si guarda intorno. È buio, ma non completamente: c’è
  una luce violacea che illumina l’area in cui si trovano, mentre in alcune altre
  zone prevale un rosso cupo. Gustav alza gli occhi al cielo, visibile tra le
  chiome degli alberi. Sopra di lui c’è una grande luna, di color viola e di
  dimensioni nettamente superiori alla Luna della Terra. Più bassa, appena
  visibile tra le fronde, un’altra luna, ancora più grande, rossa come il
  fuoco.  - Cazzo! Gustav fissa le due lune,
  confuso. Il soldato dice: - Questo pianeta ha
  quattro lune, di colori diversi, e non è mai del tutto buio. Ma avrai modo di
  scoprirlo da te. Quattro lune di quattro colori diversi. Quando sono tutte in
  cielo, qui è un arcobaleno e sembra quasi giorno. Camminano in mezzo a una
  vegetazione lussureggiante. Le piante non sembrano molto diverse da quelle
  della Terra, anche se ci sono alcuni fiori che Gustav non ha mai visto. Non
  significa niente: potrebbero essere in qualche paese tropicale, a giudicare
  dal caldo che fa. Ma le due lune in cielo non lasciano molti dubbi. Nei
  tratti in cui filtra la luce della luna rossa, la vegetazione è rossiccia.
  Dove invece arriva solo la luce dell’altra luna, tutto è violaceo. Procedono
  spediti, perché il sottobosco è rado e non costituisce un ostacolo. Camminano
  sotto le fronde di alberi molto alti, ma ogni tanto attraversano una radura. A un certo punto uno
  sciame di piccole luci rosse attraversa il sentiero che stanno percorrendo. - Che cosa sono? - Diciamo insetti, come le
  lucciole. Pare che si cibino dei corpi in decomposizione. Non lontano di qui
  ce ne sono due. - Nemici? - No, due soldati dei
  nostri che sono stati mandati su altri pianeti. - Ammazzandoli? - Certo. È il modo in cui
  avviene il trasferimento. Ma questo lo sai già. - Ma perché mandare
  qualcuno altrove, se qui avete bisogno di soldati? - Un ricambio è
  necessario. Non reggiamo molto a lungo su un pianeta diverso: anche se c’è
  ossigeno e la gravità è abbastanza simile a quella della Terra, a lungo
  andare il corpo risente di tutte le differenze nell’aria che respiriamo,
  nella durata del giorno e così via. E poi ci sono altri motivi. Sugli altri motivi il
  soldato non dice niente. È chiaro che non vuole o non sa spiegare. Gustav
  pensa che ci sarà tempo per scoprirlo. - Io mi chiamo Gustav. - Gustav? È un nome
  tedesco. - Mio padre era tedesco,
  ma io sono nato a Seattle. E mia madre era americana. - Io sono Rob. Nato a Cleveland e ammazzato a Mazar
  e-Sharif.  - Io vicino a Kandahar.  Gustav scuote la testa e
  prosegue: - È buffo dire di sé:
  “Nato a Seattle, morto a Kandahar”. Uno di solito non si presenta dicendo
  dove è nato e dove è morto. - È vero. Sulla Terra è
  vero. Qui no. C’è un momento di
  silenzio. Poi Gustav chiede: - Siete in molti, qui? - Siamo pochi; fino a
  quindici giorni fa eravamo solo otto, adesso con te siamo venti soldati. Ma
  di questo ti parlerà il sergente. Gustav chiede ancora notizie
  sul pianeta. - Qui è sempre notte, ma
  con queste lune non è mai davvero buio. Ed è sempre caldo. Un caldo fottuto.
  La nostra divisa qui non prevede camicia o giacca.  Rob ghigna e aggiunge: - Risparmiano
  sull’equipaggiamento. Gustav annuisce.  - Ma se è sempre notte,
  come fa a essere così caldo? E come fa a esserci tanta vegetazione? Le piante
  hanno bisogno di luce, no? Rob alza le spalle.  - Che cazzo ne so?!   Gustav non insiste
  sull’argomento: Rob non dev’essere molto curioso.
  Dice invece: - Qui si combatte contro
  altri uomini, mi hanno detto. - Sì. - Tu hai combattuto anche
  contro… altri esseri viventi? - Ho affrontato macchine e
  alcune creature… ma di questo non posso dirti niente: non dobbiamo parlarne a
  chi è alla prima missione. Rob sorride e completa: - Non dobbiamo
  spaventarvi. - Capisco. Gustav chiede ancora.
  Anche se le spiegazioni le darà il sergente, Gustav ha voglia di sapere
  qualche cosa di più. - È molto tempo che sei
  qui? - Tre mesi. Tra non molto dovremmo
  entrare in azione, per questo sei stato mandato qui. Altrimenti me ne andrò
  senza partecipare, perché qui il tempo massimo è di quattro mesi.  - E verrai ttrasferito su un altro pianeta? - Certo. A meno che non
  decida di morire definitivamente, ma non mi passa neanche per la testa. - Da quanto tempo sei
  morto… sulla Terra, intendo. - Da cinque anni. Credo di
  essere stato uno dei primi. - E hai visitato diversi
  pianeti? Rob ridacchia. - “Visitato” forse non è
  il termine adatto. Non sono stati viaggi turistici, direi. Ho combattuto su
  diversi pianeti, almeno una dozzina, ma di questo non posso parlare, te l’ho
  detto. - Già, altrimenti mi
  spavento. Gustav ride. Anche Rob ride. - È lontana la base? - Sì, piuttosto. Non
  dobbiamo correre il rischio che ci scoprano. La base e la camera degli arrivi,
  quella dove si materializzano i soldati destinati qui, devono essere lontane,
  per una faccenda di energia e calore… non so che cazzo sia. Se fossero
  vicine, i loro droni potrebbero rilevare un’anomalia… termica… credo. Che
  cazzo ne so?! Se ci scoprono sono cazzi acidi. Cazzo! Forse questo non dovevo
  dirtelo. Se il sergente Miller scopre che ho chiacchierato troppo, mi pela
  vivo. Non glielo dire. - Tranquillo, non dirò
  nulla.  - Mi fai chiacchierare… Rob ride e aggiunge: - Sono io che chiacchiero
  volentieri, lo so. Qui siamo in pochi ed è un piacere vedere qualcuno di
  nuovo. E poi quando sono fuori dalla base… questo fottuto silenzio mi dà sui
  nervi. Gustav si rende conto di
  non sentire nessun rumore: quando tacciono, il silenzio è assoluto. - Non ci sono rumori qui? - Solo l’acqua che scorre. - Allora ci sono fiumi,
  torrenti. Piove? - Non so se piove. Spesso
  c’è una specie di nebbia nell’aria. Dicono che la vegetazione viva
  dell’umidità di questa nebbia. - Ma se l’acqua scorre, in
  qualche modo poi deve evaporare, altrimenti i fiumi si seccherebbero. - Non ci sono fiumi, al
  massimo qualche torrente. E non mi chiedere da dove viene l’acqua. A scuola
  ero un disastro e l’insegnante di scienze era noiosissima.  So soltanto che vivere qui è uno schifo.  - Immagino. In otto, per
  mesi e mesi senza vedere nessun altro… Non deve essere il massimo. E dopo
  cinque anni di guerra, poi, cazzo! Non ci sono periodi di riposo? Rob annuisce. - Sì, abbiamo le licenze.
  È stato creato un… come chiamarlo… un parco dei divertimenti? Non lo so… su
  un satellite di qualche fottuto pianeta. Tra sei mesi, più o meno, avrai modo
  di andarci: un periodo di libertà che di solito dura quindici giorni, ma può
  anche arrivare a un mese, se è un anno che non hai licenze. Ci si diverte in
  tutti i modi. - Una specie di
  Disneyworld? Rob ride. - Non sono mai stato a
  Disneyworld, ma non credo che si facciano le stesse cose.  Rob scuote la testa e ride di nuovo. - No, di certo no. C’è
  davvero di tutto. Vale la pena di esplorarlo. Ma ti tocca aspettare il tuo
  turno, diciamo almeno sei mesi a combattere. Qualche cosa di meno se ti
  distingui in qualche impresa. Chiacchierano ancora un
  momento, poi Rob si ferma. - Da questa parte. Si china per passare sotto
  alcuni rami. - Tra poco arriviamo. Raggiungono una piccola radura.
  Rob si ferma vicino a un albero. Fa segno a Gustav
  di avvicinarsi. - Eccoci. Gustav si guarda intorno.
  Non si vede assolutamente niente.   - E dove cazzo è? Qui
  all’aperto? Dentro l’albero? Rob ghigna e scuote la testa. Gustav si
  rende conto che la radura sta scomparendo e si ritrova in uno stanzino
  angusto. - Ma come cazzo… - L’ingresso avviene
  attraverso un processo di smaterializzazione e rimaterializzazione.
  Non… Una voce forte interrompe
  la frase di Rob.  - Sull’attenti, soldato Voller. Voller si mette
  sull’attenti. L’uomo che ha parlato è un
  sergente, sicuramente quel Miller che Rob ha
  nominato: difficile che ci siano due sergenti per venti uomini, anche se non
  si può mai dire. È di statura media, ma ha spalle larghe e un torace
  muscoloso, con una leggera peluria. Non ha capelli e non porta barba. Ha la
  mascella squadrata e un viso da duro. Probabilmente non solo il viso. - Vieni con me, Voller. Gustav segue il sergente.
  Ne osserva la schiena possente, le braccia forti. Dev’essere un Ercole. Entrano in una stanza. Il
  sergente si siede e rimane in silenzio, osservando Gustav. Dopo un momento
  dice: - Siediti, Voller. Gustav esegue. - So che è la tua prima
  missione. Dopo morto, intendo. Ti darò alcune spiegazioni. Ficcatele bene in
  testa. Il tuo stato di servizio è buono e non dovresti essere una testa di
  cazzo come altri che sono passati di qui, ma non si sa mai. Gustav non dice nulla, né
  il sergente sembra attendere una replica. Prosegue: - Questo è un avamposto.
  Un fottuto pianeta dove le forze contro cui combattiamo si sono stabilite in
  gran numero. Non possiamo pensare di conquistare il pianeta. Il nostro
  obiettivo è un altro: attaccare la loro base centrale, che è un centro di
  smistamento importante, come quello da cui provieni tu, per liberare i
  prigionieri tenuti qui. Siamo qui da sei mesi e abbiamo esplorato il
  territorio e raccolto quasi tutte le informazioni necessarie. Non è stato un
  lavoro facile, anche perché non dovevamo farci scoprire: loro non devono
  sospettare che siamo qui. Agiremo presto, per questo motivo abbiamo richiesto
  più uomini. Tu sei l’ultimo che mancava. Nei prossimi giorni finiremo di preparare
  l’azione e, se tutto va bene, tra due settimane, quando c’è la luna lontana,
  agiremo. - La luna lontana? - Sì, qui ci sono quattro
  lune e quella verde è più lontana delle altre e fa poca luce. C’è un periodo
  di almeno sette ore in cui le altre lune non sono visibili: allora è davvero
  notte. Sarà il momento in cui agiremo. Gustav annuisce. - Noi trascorriamo gran
  parte del tempo qui sotto. Non c’è molto da fare, a parte dormire,
  chiacchierare, scopare, tenersi in forma con gli esercizi e pulire. Usciamo
  per un’ora o due ogni giorno, ma non di più: durante il resto del tempo
  stiamo qui, se non andiamo in ricognizione.  Il sergente fa una pausa,
  osservando Gustav, come se volesse sincerarsi che abbia capito. Gustav
  annuisce. Il sergente riprende: - Le ricognizioni servono a
  preparare l’attacco, ma di questo ti parlerò quando sarà il tuo turno di
  partecipare, che sarà comunque presto. La base è fatta in modo da avere
  un’alternanza di giorno e notte simile a quella terrestre. Ci sono luci che
  hanno le caratteristiche di quella solare e che rimangono accese per 16 ore,
  poi rimangono solo le luci notturne, molto deboli. Tra qualche ora passiamo
  alle luci notturne e si dorme. O si fa altro. La porta si apre mentre il
  sergente sta finendo di spiegare. Compare un capitano. È un uomo sui
  quaranta, magro, con gli occhiali, del tutto diverso dal sergente.  Gustav si alza e si mette
  sull’attenti. L’idea di mettersi sull’attenti nudo gli sembra buffa, ma il
  regolamento è il regolamento e il sergente lo ha fatto mettere sull’attenti
  quando è arrivato. Il capitano però alza la mano per fermarlo e gli dice: - Rimani pure seduto,
  Voller. Gustav si rimette a
  sedere. Il capitano si passa le
  dita tra le palpebre e gli occhiali. Ha l’aria stanca. - Ho fatto l’ultimo
  controllo, Miller. È come avevamo immaginato. - Perfetto, signor
  capitano. Il capitano saluta ed
  esce. Il sergente Miller
  riprende: - Adesso ti mando nella
  camerata. Così potrai fare conoscenza con i tuoi compagni. - Va bene, signor
  sergente. - Una cosa: niente litigi.
  Non ci servono teste di cazzo, qui. Quelle le mandiamo da altre parti.  La camerata è un grande
  stanzone con venti brande. I soldati sono in buona parte nudi e sono intorno
  a Rob. Gustav scommetterebbe che gli stanno chiedendo
  di lui, il nuovo arrivato. - Buongiorno a tutti. - Ben arrivato, Gustav.  I soldati si mostrano
  cordiali e curiosi. Gustav racconta di sé e pone un po’ di domande. Alcuni
  soldati hanno un’ampia esperienza, come Rob. Solo
  due sono alla loro prima missione e sono arrivati nelle ultime settimane. Alcuni chiedono notizie della
  Terra: non si sono ancora abituati all’idea che non la rivedranno mai e che
  ormai quello che succede laggiù conta poco per loro. Gustav si informa sullo
  strano pianeta dove è stato inviato. Nessuno è in grado di spiegare  perché sia caldo e ci sia vegetazione se
  non è mai giorno. Uno dei soldati, Mike, dice che secondo lui le quattro lune
  sono piccole stelle: per quello hanno colori diversi e riscaldano il pianeta.
  Un altro non è d’accordo: sono troppo grandi; se fossero stelle sarebbero molto
  più luminose e loro finirebbero tutti arrosto. Chiacchierano a lungo,
  fino a che arriva l’ora di cena. Gustav si rende conto di essere alquanto
  affamato: l’ultimo pasto fatto è stata la colazione del mattino. Del mattino!
  Già, in una giornata è stato ammazzato due volte ed è stato su altri due
  pianeti: insomma, non proprio un tranquillo giovedì come tanti. Prima di cena Gustav
  riceve un paio di pantaloni e di stivali. C’è anche una piastrina, con un
  numero. - Ma a che serve la
  piastrina? Il soldato che gli ha dato
  il vestiario alza le spalle. - Ha la funzione di
  trasmettitore. O forse dovrei dire di ricevitore. Ogni elemento della nostra
  divisa ha una funzione specifica. Rob ti avrà detto
  che il cappello ti rende invisibile dall’alto. Non so esattamente la funzione
  dei pantaloni, ma quando ci avviciniamo alla base nemica non possiamo
  calarceli, per nessun motivo. Un soldato ride e dice: - Neanche per cagare. - O per prenderselo in
  culo. Ridacchiano tutti. Gustav vorrebbe chiedere
  perché al suo arrivo gli hanno dato solo stivali e cappello, ma probabilmente
  erano lontano dalla base nemica. La cena è costituita da
  polpette rettangolari sul cui contenuto Gustav preferisce non indagare, ma
  che si rivelano particolarmente gustose. - Cazzo! Si mangia bene
  qui. Uno dei compagni, Richard,
  gli dice: - La presentazione non è
  da cucina di lusso, ma il gusto è buono: bisogna mantenere alto l’umore dei
  soldati. C’è anche un dolce, sempre
  sotto forma di polpetta piatta. Anche quello è molto buono. Dopo cena chiacchierano un
  po’, poi la luce nella stanza declina. - Ora di mettersi a letto,
  ragazzi. Qualcuno va al cesso, chi
  ha qualche cosa addosso se lo toglie. I giacigli hanno un unico lenzuolo. La luce si indebolisce
  sempre più. Ora la stanza è immersa in una penombra che permette appena di
  vedere. I soldati raggiungono le
  loro brande. Quella di Gustav è a metà di una parete. Tra un giaciglio e
  l’altro c’è appena lo spazio per scendere. Gustav nota subito che su
  alcune brande ci sono due soldati che si accarezzano o si baciano: non si
  coricano per dormire. Gustav non si stupisce: anche il sergente ha parlato di
  scopare. E il sergente con chi scoperà? Con il capitano? Il giaciglio a destra del
  suo è vuoto. Su quello a sinistra è steso Philip, che riceve la visita di
  Richard.  Richard prende in mano il
  cazzo di Philip e si volta verso Gustav.  - Gustav, vuoi partecipare? Gustav scuote la testa. - Mai scopato con uomini? - No.  Gustav pensa alla sega che
  gli ha fatto Paul, a quelle collettive quando era alla scuola superiore.
  Aggiunge: - Non proprio. Richard sorride. - Ogni tanto ne arriva qualcuno
  come te. Ma non dura molto. Richard scuote la testa e
  si inginocchia sul pavimento per succhiare il cazzo di Philip, che si è
  irrigidito. Gustav è venuto ieri sera,
  ma si accorge che il cazzo gli si tende in fretta. Non sarebbe così strano,
  visto che ha venticinque anni. Intorno a lui tutti paiono darsi alquanto da
  fare e il coro di gemiti e sospiri rende difficile estraniarsi, anche se si
  chiudono gli occhi. Gustav chiude davvero gli
  occhi. Non ha sonno: vorrebbe soltanto ripensare a quello che è successo,
  tutto troppo in fretta. È stato ammazzato due volte. Ha cambiato pianeta. Non
  rivedrà mai più la Terra. Per un momento il pensiero della giornata trascorsa
  lo distrae, poi l’ansimare e il gemere intorno a lui lo riportano al
  presente.  Gustav ha il cazzo duro,
  tanto da fargli male.  Si chiede se non farsi una
  sega, tanto nessuno ci baderebbe. Mentre è incerto sul da farsi, sente
  qualcuno appoggiarsi al fondo del letto. Apre gli occhi. Nella penombra
  distingue Chris, che gli prende le caviglie e gli allarga un po’ le gambe,
  poi si mette in ginocchio tra le sue cosce, si china su di lui e gli prende
  in bocca il cazzo. Gustav sussulta. Nessun
  uomo gli ha mai succhiato il cazzo. Le labbra di Chris lavorano sulla
  cappella, poi la lasciano ed è la lingua ad accarezzare, a scendere fino ai
  coglioni, a percorrerli e poi risalire lungo l’asta tesa. A Gustav sfugge un gemito.
  Chris ci sa fare, cazzo!, se ci sa fare! La bocca calda e umida di Chris, le
  sue labbra avide, la sua lingua avvolgente. Cazzo! Cazzo! Cazzo! Gustav richiude gli occhi.
  È una sensazione fortissima. Apre e chiude due volte le dita e poi sente
  l’ondata del piacere percorrerlo e il seme sgorga nella bocca di Chris, che
  beve avidamente. Gustav mormora: - Oh, cazzo! Chris pulisce con cura,
  leccando via ogni goccia di sborro, ma il contatto della lingua ormai è
  diventato intollerabile. - Basta così. Gustav esita un momento,
  poi dice ancora: - Grazie. Chris ride. - È stato un piacere. Nello stanzone l’attività
  continua, ma Gustav si abbandona al sonno. L’indomani mattina hanno
  appena finito colazione quando il sergente dice: - Partiamo in
  ricognizione. Voller, Redpass, Brown,
  venite nell’ufficio. Nella stanzetta che serve
  da ufficio, Miller dà le istruzioni. - Tra un’ora ci muoviamo. Redpass e Brown, sapete già
  tutto. Voller, ti devo dare alcune istruzioni. Non puoi toglierti il cappello
  e gli stivali per nessuna ragione, perché se lo facessi, saremmo scoperti e
  mesi di preparazione dell’azione andrebbero in fumo. Per te ci sarebbe la
  corte marziale e questa volta sarebbe davvero la fine, senza trasferimento da
  nessuna parte. Se vuoi crepare definitivamente, diccelo e provvediamo noi,
  senza mandare a puttane la missione. Gustav annuisce. Il
  sergente prosegue: - Noi abbiamo individuato
  la base e il centro di trasmissione. Dobbiamo scoprire dove tengono i
  prigionieri. - Sono nostri uomini che
  sono stati catturati in azione, signor sergente? - Sì. Catturati in posti
  diversi dell’universo, dove combattiamo questi fottuti invasori, e tenuti in
  vita su questo pianeta perché uccidendoli li avrebbero liberati: come sai, chi
  viene ucciso ritorna in vita. A meno che non sia stato condannato dalla nostra
  corte marziale. Ma loro non sanno come ucciderci definitivamente. Nuovamente Gustav
  annuisce. - Dobbiamo scoprire dove
  sono, per poter distruggere la prigione e ucciderli tutti. Gustav ha un piccolo
  movimento di stupore, poi pensa che è ovvio: uccidendoli, i soldati
  ritorneranno in vita liberi, al centro di smistamento, con ogni probabilità. Il sergente non ha finito. - Se scopriremo dove sono
  tenuti, non avremo altro da fare che aspettare la luna lontana per agire. Se
  saremo scoperti, sarà la fine della nostra missione. Non dobbiamo farci
  catturare vivi, a nessun costo. Altrimenti verremo tenuti anche noi
  prigionieri, probabilmente in stato di incoscienza, in modo che non possiamo
  tentare di liberarci o di ucciderci. Non useremo le armi, a meno che non
  siamo scoperti: allora cercheremo di uccidere il maggior numero possibile di
  quei figli di puttana e poi ci tireremo un colpo.  Il sergente fornisce
  ancora qualche informazione. - Quando ci avvicineremo
  alla base nemica, non dovrai abbassarti i pantaloni per nessun motivo.
  Chiaro? Pantaloni, stivali, berretto: tutto serve per evitare che i loro
  fottuti macchinari ci individuino.  Gustav fa ancora un cenno
  con il capo. I tre soldati ricevono ognuno
  un mitra e una pistola. Passano nello stesso
  stanzino in cui Gustav è arrivato e un attimo dopo sono tutti fuori. In cielo
  c’è solo la luna rossa, ma è bassa all’orizzonte, per cui molte aree sono del
  tutto in ombra. Gustav non saprebbe dire se vanno nella stessa direzione da
  cui è arrivato il giorno prima. Probabilmente no, perché la vegetazione gli
  appare diversa, più fitta e senza radure. Si muovono quasi sempre in
  silenzio, scambiandosi poche parole ogni tanto. Intorno a loro regna una
  quiete irreale: non si sentono canti di uccelli o ronzii di insetti e molto
  di rado si vede qualche cosa volare nell’aria, forse moscerini, ma non
  producono rumore. Non c’è vento che agiti la vegetazione. In alcuni tratti si
  sente lontano il rumore di acqua che scorre. Altrimenti quando nessuno parla,
  il silenzio è assoluto. Chiede:  - Ci sono solo insetti? - Altri animali non li
  abbiamo mai visti, ma magari ci sono.   Il sergente sembra sapere
  molto bene dove andare, anche se non c’è traccia di sentiero. A un certo punto
  Gustav chiede: - Ma come fate a sapere
  dove passare? Wes Brown alza le
  spalle. - Credo che il sergente
  abbia una specie di navigatore. Gustav guarda il sergente
  che procede davanti a tutti, la pistola nella fondina e il mitra in mano. E
  dove sarebbe il navigatore? Wes risponde alla domanda inespressa: - Credo nel mitra. O nella
  piastrina. Qui le cose non sono come quando combattevamo in Afghanistan.
  Abbiamo tecnologie sconosciute sulla Terra, che sono state fornite dai nostri
  alleati. Gustav alza le spalle. Guarda
  ancora la schiena del sergente. Di nuovo pensa che è un maschio di tutto
  rispetto. Dopo tre ore si fermano un
  momento, per mangiare due tavolette. Gustav nota che
  all’orizzonte sta comparendo una luce arancione. - Un’altra luna? Gli risponde Wes: - Sì, è la luna arancione.
  Ci mette ore a sorgere, ma è la più luminosa. Arriveremo alla loro base
  quando ormai sarà abbastanza alta da permetterci di vedere bene. Ma anche
  loro ci possono vedere. - Il berretto non ci rende
  invisibili? - Solo ai droni,
  chiamiamoli così: interferisce con il loro sistema di rilevamento dati. Ma
  alla base ci sono soldati come noi, che possono vederci. Non siamo invisibili
  ad un occhio umano. - Quei soldati… è gente
  che ha scelto di combattere dalla parte degli invasori? - Gente il cui cervello è
  stato distrutto. Sono automi ormai, non uomini. Gli invasori, chiamiamoli
  così, possono assumere il controllo completo di una mente. - Ma allora non possono
  farlo anche con noi? - No, quella macchina in
  cui ci hanno messo rende le nostre menti inattaccabili. Chris Redpass
  interviene con una battuta: - Per quelli che un
  cervello ce l’hanno. Per te non so, Wes. - Stronzo! Ridono. Il sergente non
  dice nulla. Non è un tipo molto loquace. Camminano altre quattro
  ore, poi si fermano a riposare. Il sergente dice: - Di qui in poi, silenzio
  assoluto. Se è necessario comunicare qualche cosa, fatelo sottovoce. Molta
  cautela nel muoversi. E non potete più calarvi i pantaloni. Per cui, se
  dovete cagare o pisciare, fatelo ora. I soldati pisciano senza
  allontanarsi. Poi si richiudono i pantaloni e la marcia riprende. La pendenza del terreno si
  accentua. Adesso procedere è faticoso, tanto più che ormai camminano da molte
  ore. Il sergente rimane sempre tra la vegetazione, aggirando le radure. Dove
  la vegetazione è più bassa, procede chinato. Gustav e gli altri lo seguono da
  vicino e lo imitano. Ora che tacciono, Gustav
  avverte nuovamente l’assoluta assenza di rumori che lo ha colpito al suo
  arrivo. Anche il loro muoversi non sembra produrre nessun suono. Gustav si
  chiede se questo dipenda dalla loro attrezzatura, ma non può porre domande.  Infine arrivano alla
  cresta di un’altura, dove si fermano. Si accovacciano e, avanzando carponi
  tra felci e cespugli, scendono oltre il crinale, fino a raggiungere un punto
  da cui possono osservare il pendio sottostante.  Il sergente muove la
  testa, indicando con il mento più in basso. Gustav vede alcune costruzioni:
  la base nemica. È costituita da tre edifici, disposti intorno a un cortile e
  circondati da un muro. Il sergente sussurra: - L’edificio più lontano,
  più piccolo, è il centro di smistamento, dove i soldati arrivano e ripartono.
  Quello più grande è la caserma, se vogliamo chiamarla così. Il terzo contiene
  uffici. Gustav vorrebbe chiedere
  come fanno a saperlo, ma probabilmente non è il momento per porre la domanda.
  Il sergente prosegue: - Dobbiamo scoprire dove
  si trova la prigione. Non è in quei tre edifici, ma non può essere lontana.
  Pensiamo che sia sotterranea, ma dobbiamo capire dov’è l’ingresso, per poter
  organizzare l’azione. I nostri strumenti non ci danno nessuna informazione in
  proposito. Rimaniamo in osservazione, nella speranza di riuscire a scoprire
  qualche cosa. Quindi hanno degli
  strumenti che in qualche modo forniscono dati, forse qualche cosa di simile
  ai droni di cui parlava Wes. Il sergente dà le
  istruzioni, assegnando a ognuno di loro un punto di osservazione: solo a
  Gustav non dice nulla. Gli altri soldati si dirigono ai loro posti. Allora il
  sergente si rivolge a Gustav: - Tu devi scendere fino a
  quegli alberi, da cui si vede bene la parte che di qui rimane nascosta.
  Guarda quello che accade e vedi se succede qualche cosa di interessante. Bada
  a non farti scoprire, a nessun costo. Gustav annuisce. - Signorsì. - Quando la piastrina
  vibrerà, ritornerai qui.  Gustav china la testa e
  guarda la piastrina. Sembra la solita piastrina militare come tutte le altre,
  ma evidentemente ha la funzione di ricevente, come gli hanno detto. Gustav annuisce. Rimanendo
  al coperto della vegetazione, scende fino al gruppo di alberi indicato dal
  sergente. La prospettiva è diversa: si vede molto meglio una parte dell’area
  recintata, che da sopra rimane nascosta dall’edificio della caserma. Gustav osserva i movimenti
  degli uomini. La base non è molto affollata. Ogni tanto un uomo esce da un
  edificio e passa in un altro. Gli spostamenti avvengono tra la caserma e gli
  uffici. La porta del centro di smistamento rimane chiusa tutto il tempo. Le ore passano e la luce
  cambia: una parte della base sembra immersa in una luce verdastra. Gustav
  alza gli occhi e vede in cielo la luna verde. Effettivamente è più piccola
  delle altre, probabilmente perché è più lontana. Ma Gustav non capisce perché
  la sua luce non venga completamente coperta dalla luna arancione che ora è
  alta in cielo. Si direbbe che non valgano le stesse leggi fisiche della
  Terra. Gustav rimane al suo posto
  di osservazione a lungo. Si annoia, perché non si vede nulla di interessante.
  Cerca di non distrarsi, ma concentrarsi sul nulla non è facile. E vorrebbe
  potersi muovere un po’, stirare i muscoli contratti dalla lunga permanenza
  nella stessa posizione. Quando infine la piastrina
  prende a vibrare, Gustav si sente sollevato. Ritorna al punto in cui si erano
  lasciati. Anche gli altri arrivano. Il sergente non chiede nulla. Si limita a
  uno sguardo interrogativo. Tutti scuotono la testa. In silenzio si allontanano
  dalla base. Quando infine sono sufficientemente distanti, si fermano. Uno
  dopo l’altro si mettono a pisciare, mentre il sergente formula ad alta voce
  la domanda che ha già posto con lo sguardo: - Nessuna novità? Le risposte sono tutte
  negative. Il sergente fa una
  smorfia, poi si mette a pisciare anche lui. Gustav lancia un’occhiata al
  cazzo: è davvero grosso, più ancora di quello di Paul. Gustav in qualche modo
  se lo aspettava. Quando possono parlare
  liberamente, i soldati commentano: - Merda! Anche oggi non
  abbiamo cavato un ragno dal buco. - Rimarremo qui in eterno.
  In questo buco di culo di posto. Wes osserva: - C’è di peggio. Voi non
  siete stati su… Il sergente lo interrompe
  brusco: - Brown!
  Sai benissimo che non devi parlare di ciò che hai visto altrove, - Sì, signor sergente. Mi
  scusi.  Gustav è curioso di sapere
  qualche cosa di più sui combattimenti che avvengono su altri pianeti, ma sa
  che non può chiedere ora. Magari Wes accetterà di
  raccontare quando saranno in camerata. La marcia di ritorno è
  lunga e sono tutti alquanto stanchi: devono essere rimasti lontano dalla base
  almeno una ventina d’ore. Quando arrivano alla base,
  il sergente li manda a dormire. Wes va a stendersi
  accanto a Frank, Gustav e gli altri due si infilano nel proprio letto. Si
  addormentano tutti in fretta. O forse Wes e Frank
  non si addormentano subito, ma Gustav non ci bada: è davvero esausto. Il giorno dopo si alzano
  più tardi degli altri: nessuno li ha chiamati, ma evidentemente alla base gli
  orari non sono rigidi.  Dopo pranzo vengono convocati
  dal capitano, che pone una serie di domande. Nessuno ha elementi
  significativi da fornire. Il capitano conclude: - Eppure i flussi di
  energia sono tutti concentrati in quell’area. La prigione dev’essere lì,
  vicino a quella base, forse dentro la base. Probabilmente è sotterranea. Il sergente osserva: - Sì, ma… Il capitano lo interrompe. - Lo so, Miller, lo so. Se
  non sappiamo dov’è, rischiamo di non riuscire a liberare i prigionieri prima
  che ci uccidano. Dobbiamo capire dov’è l’ingresso, in modo che una squadra si
  diriga immediatamente là.  Il capitano si passa le
  mani sulla faccia. Appare molto stanco, come se non avesse dormito bene. La sera, non appena si
  passa alle luci notturne, nella camerata tutti si danno da fare. Gustav si
  accorge che anche questa volta gli diventa duro molto in fretta. Gli si
  avvicina Walter, un ragazzone biondo, che, senza dire niente, sale sul letto
  e si mette a cavalcioni sulle gambe di Gustav. Si china e incomincia a
  leccare il cazzo di Gustav. Passa la lingua dalla cappella ai coglioni più
  volte, poi la lingua lavora un po’ anche tra le palle. Infine ritorna alla cappella
  e le labbra l’avvolgono. Gustav geme. Walter lavora un buon
  momento. Poi si sputa sulla mano, inumidisce il buco del culo e si sposta.
  Ora è sopra il ventre di Gustav. Walter prende in mano il cazzo di Gustav e
  lo tiene in verticale, mentre lentamente si impala. Gustav avverte la
  sensazione della carne calda che avvolge la cappella e poi la inghiotte. È la
  prima volta che lo mette in culo a un uomo. Gli sfugge nuovamente un gemito. Walter
  ha rovesciato la testa all’indietro e chiuso gli occhi. Apre la bocca, ma non
  emette suono. Si abbassa ancora, finché il cazzo di Gustav è tutto dentro di
  lui. Quando il culo si appoggia sul ventre di Gustav, gli sfugge un verso,
  una specie di grugnito. Walter prende ad alzarsi
  ed abbassarsi ritmicamente. Ogni volta il cazzo di Gustav esce quasi
  completamente dal culo di Walter e poi ne riprende possesso. Gustav sente la
  tensione salire. Metterlo in culo a un maschio è bellissimo. Il piacere cresce, fino
  a  diventare troppo forte per poter
  essere contenuto. A Gustav sfugge un: - Cazzo! Cazzo!  E il piacere sgorga,
  travolgendolo, mentre il suo seme inonda le viscere di Walter. Walter si afferra il cazzo
  con la mano e incomincia a farsi una sega, rimanendo seduto sul ventre di
  Gustav. Gustav guarda nella penombra la mano che stringe il cazzo e si muove
  rapida verso l’alto e verso il basso, fino a che il seme di Walter non
  schizza in alto e ricade sul petto di Gustav. Walter si china in av anti e lecca con cura lo sborro. Poi si solleva e il
  cazzo di Gustav gli esce dal culo. Walter si sposta indietro, appoggia il
  culo sulle gambe di Gustav e si china in avanti, poi incomincia a passare la
  lingua sul cazzo di Gustav. Gustav lo guarda, perplesso. Glielo ha appena
  messo in culo, non sarà di certo tanto pulito… Ma la sensazione della lingua
  che gli scorre sul cazzo è troppo forte. Gli sta di nuovo diventando duro.
  Come è possibile? È appena venuto! Non può… Può, può, Gustav si rende conto
  che il cazzo duro si è rapidamente messo sull’attenti. Walter gli avvolge la
  cappella con le labbra e lavora di nuovo, a lungo. Succhia e lecca, ogni
  tanto accarezza con le dita l’asta tesa e i coglioni, oppure gli passa le
  mani sul petto, fino a stringerli con forza i capezzoli. Walter lavora con
  energia e Gustav sente nuovamente il piacere crescere, fino a diventare
  incontenibile. Viene una seconda volta, mentre gli sfugge un: - Oh, cazzo! Walter beve con gusto, poi
  si alza e lascia Gustav frastornato. Intorno si sentono ancora i rumori
  dell’attività a cui si stanno dedicando più o meno tutti. Gustav sta scivolando
  nel sonno, quando avverte che qualcuno si è avvicinato al letto. Gustav apre
  gli occhi. È Rob, il nero che lo ha accolto al suo
  arrivo sul pianeta. Gustav vorrebbe dirgli di lasciar perdere, che è appena
  venuto due volte e che non gli diventerà certo duro. Rob
  si siede di fianco a lui e incomincia a giocherellare con il cazzo e i
  coglioni di Gustav. Non è delicato e ogni tanto, quando stringe con forza i
  coglioni, Gustav sussulta. Ma queste mani che giocano con i suoi attributi
  non sono per nulla spiacevoli e Gustav si accorge presto che il cazzo sta
  nuovamente irrigidendosi. Si dice che non è possibile, non può proprio
  essere: è appena venuto due volte. Ma la grossa mano nera che adesso gli stringe
  i coglioni (e gli fa proprio male, tanto che Gustav l’allontana con la destra)
  sta ottenendo l’effetto voluto.  Rob sorride, si sposta e si mette sopra il
  petto di Gustav, poi abbassa il culo, che ora è sopra la faccia di Gustav.
  Gustav si chiede che cazzo intende fare il nero. Penserà mica che gli lecchi
  il culo? Non ha nessuna intenzione di farlo, anche se, ora che ha formulato
  il pensiero, l’idea in qualche modo lo tenta. Rob
  attende un attimo, poi con la mano si stuzzica un po’ l’apertura, la
  inumidisce con un po’ di saliva e infine scende e si mette a quattro zampe
  nel ristretto spazio libero tra i due letti. Gustav si alza a sedere, guarda
  il culo scuro che gli si offre e sorride. Gli sembra di essere leggermente
  ubriaco. Il cazzo è teso e rigido. Gustav si dice che forse sta sognando.
  Forse è in coma dopo essere saltato su una mina in Afghanistan e le
  esperienze di questi giorni sono soltanto sogni.  Gustav si mette dietro Rob, gli poggia le mani sul culo, divarica un po’ le
  natiche e avvicina la cappella al buco. Poi affonda il cazzo nel culo del
  nero, con un grugnito di piacere, e incomincia a darsi da fare, spingendo con
  energia, mentre le sue mani pizzicano il culo. Quando sente che il piacere
  cresce e ormai non manca più molto al gran finale, Gustav passa una mano
  sotto il ventre di Rob, gli afferra il cazzo e lo
  guida al piacere, mentre il suo seme si spande nel culo del nero. Gustav si lascia andare
  sul corpo di Rob, mentre con la mano gli stringe
  ancora il cazzo. Poi si stacca e si stende sul letto. Chiude gli occhi. Non è
  reale, non può essere reale. Il giorno dopo rimangono tutti
  nella base o nell’area intorno: possono uscire e rimanere fuori per qualche
  ora, ma non devono allontanarsi. Gustav approfitta della prima uscita per
  osservare l’ambiente intorno e chiacchierare un po’ con i compagni. Nella
  base c’è una piccola palestra in cui si allenano, ma non c’è molto altro da
  fare. I compiti da svolgere sono minimi: i pasti sembrano arrivare già
  pronti; la pulizia non richiede molto tempo, dato che gli spazi sono molto
  ridotti; non ci sono esercitazioni militari, ma solo gli esercizi in
  palestra, che ognuno svolge per conto proprio.  Dopo due giorni, il
  sergente riparte con un altro gruppo di soldati, ma anche questa volta la
  missione si conclude senza nessun risultato. Ogni giorno tutti i soldati
  della base non impegnati in missioni si devono presentare dal capitano. Per
  chi è da più tempo su Vega63, l’incontro può avere una durata variabile. Per
  gli ultimi arrivati è sempre piuttosto lungo: il capitano vuole conoscere i
  suoi uomini e aiutarli a superare le difficoltà che incontrano. Il capitano spiega a
  Gustav la situazione, che ormai gli è abbastanza chiara: - Negli ultimi sei mesi
  abbiamo raccolto tutti i dati disponibili. Ma non siamo riusciti a capire
  dove si trova l’ingresso della prigione. E se non lo troviamo, rischiamo di
  essere respinti prima di riuscire a liberare i nostri compagni. - Scusi, signor capitano,
  se mi permetto, ma non pensa anche lei che se avessimo più uomini, attaccando
  di sorpresa la base saremmo sicuri di avere la meglio e avremmo tutto il
  tempo di trovare la prigione? Il capitano scuote la
  testa. - No, Voller, non
  possiamo. Questa base è al massimo delle sue possibilità e riusciamo a non
  farci scoprire solo grazie alle tecnologie fornite dai nostri alleati. Una base
  più ampia sarebbe scoperta. È una questione di flussi di energia, che non ti
  posso spiegare. Ma più di venti non possiamo essere. Il capitano fa ancora un
  cenno di diniego e prosegue: - Credo in questi sei mesi
  di aver passato migliaia di ore a esaminare dati, senza risultati, almeno per
  quanto riguarda ciò che più ci interessa. - Lei è qui da sei mesi?
  Credevo che il tempo massimo fosse di quattro.  - Lo è. Stare qui di più è
  devastante. Io sono sempre stanco. Ma non posso essere sostituito.  Il capitano sorride. - Non vedo l’ora che la
  missione si concluda, perché l’effetto di questi mesi sul mio corpo sia
  annullato. Non è piacevole essere sempre spossato, non avere l’energia per
  fare altro che analizzare dati.  - Direi che in generale
  questo non è un ambiente piacevole in cui stare: questi spazi ristretti... E
  se ha anche questi effetti sul corpo, ancora peggio. - Sì, è così. Quando si fa un nuovo giro
  di esplorazione, Gustav è contento: meglio la fatica della marcia che la noia
  delle giornate con poche cose da fare. Ma anche questa esplorazione si
  conclude senza nessun risultato. Il giorno seguente Gustav
  si allena due ore in palestra, insieme a Frank e Wes.
  Sono tutti nudi, come sempre in palestra: non hanno abiti di ricambio. Al
  termine dell’allenamento vanno insieme a farsi la doccia. Le docce sono quattro. Wes si mette sotto il getto d’acqua e Frank si
  inginocchia davanti a lui. Il cazzo di Wes è a una
  spanna dalla bocca di Frank, che avvicina la testa e lo avvolge con le
  labbra. Gustav guarda Frank lavorare con la bocca. L’effetto è immediato.
  Gustav si rende conto che da quando è alla base, è sessualmente molto più attivo:
  gli basta pochissimo perché gli diventi duro e ha sempre voglia di scopare. Wes guarda Gustav e sorride. - Frank, mi sa che anche
  Gustav ha bisogno di un po’ d’attenzione. Frank lascia la preda,
  guarda Gustav, sorride anche lui e dice: - Direi che hai ragione.
  Ci diamo da fare? Wes e Frank non chiedono a Gustav. Frank si
  sposta, rimanendo in ginocchio, e passa dietro a Gustav. Incomincia a
  mordicchiargli il culo, poi gli passa la lingua tra le natiche, la fa
  scorrere sul solco più volte, preme contro il buco del culo. Anche Wes si mette in ginocchio e prende in bocca il cazzo di
  Gustav, ormai duro come una roccia.  - Oh, cazzo! Wes molla la sua preda, ride e osserva: - È la tua esclamazione
  preferita, insieme a “Merda”! Gustav annuisce. Sorride,
  ma la tensione in lui è troppo forte. Wes apre di
  nuovo la bocca e avvolge la cappella. Gustav chiude gli occhi. Lascia che
  l’acqua scorra sul suo corpo e si abbandona alla sensazione di piacere che
  sale dal suo cazzo. Il sergente arriva mentre
  Gustav emette un gemito e viene in bocca a Wes. Non
  si mostra stupito o scandalizzato. Si limita a dire: - Voller, il capitano ti
  vuole. - Vengo subito, signor
  sergente. Appena il sergente è
  uscito,  Wes
  osserva: - Ma sei già venuto! Frank scuote la testa. Wes ride. Gustav si asciuga ridacchiando. Due minuti dopo Gustav si
  presenta dal capitano (rivestirsi non richiede molto tempo). - Scusi, signor capitano,
  ero sotto la doccia. Il capitano sorride. È un
  sorriso un po’ ironico: il sergente deve avergli detto che sotto la doccia
  Gustav non si stava (solo) lavando.  - Nessun problema, Voller.
  Va bene così. Fa parte delle trasformazioni che sono state indotte in tutti
  noi. Gustav aggrotta la fronte. - In che senso, signor
  capitano? - Siamo stati tutti
  modificati, Voller. Il macchinario in cui sei stato messo prima di essere
  ucciso non crea soltanto una copia del corpo. Agisce anche sul cervello.  - In che senso, signor
  capitano? - Lascia perdere il
  “signor capitano”. Il capitano tace un
  attimo, poi riprende: - Qui si combatte e si
  uccide. Nient’altro. Un uomo non può vivere solo per un mese di licenza
  l’anno, anche perché non è comunque un mese di libertà, come sulla Terra. E allora bisogna che la sua
  vita abbia un senso, che in qualche modo sia in grado di affrontare un’esistenza
  di continui combattimenti.  Il capitano si passa le
  mani sul viso, in un gesto che Gustav gli ha visto fare più volte. - Un tipo di modifica
  l’hai già sperimentato e riguarda il dolore. Oltre una certa soglia, diventa
  piacere. La paura di morire scompare e l’attesa della morte crea una tensione
  sessuale, molto forte. Quando si viene uccisi, si ha un orgasmo, di
  un’intensità come di rado si sperimenta in un rapporto. Il capitano fissa Gustav.
  Poi riprende: - Anche sulla sessualità si
  interviene.  Qui non c’è posto per le
  donne: non possiamo pensare a famiglie o bambini, magari a gelosie tra gli
  uomini e così via. Ma non possiamo neanche pensare a maschi che vivono in
  astinenza. Qualcuno aveva proposto di spegnere il desiderio sessuale. Era
  possibile, i nostri alleati sono in grado di farlo, ma che razza di vita
  sarebbe stata? Allora si agisce sui meccanismo dell’attrazione. Chi non è
  attratto dagli uomini riceve una stimolazione che attiva un’area… ma è
  inutile che entri in certi dettagli. Il desiderio viene creato, a meno che
  non ci sia una resistenza molto forte, e le inibizioni eliminate. E il
  desiderio e la potenza sessuale vengono incrementati moltissimo: lo avrai
  notato anche tu. Hai sempre voglia di scopare. È qualche cosa che rende
  piacevole la vita che facciamo. Il capitano scuote la
  testa e aggiunge: - In condizioni normali,
  almeno. Per me, dopo sei mesi qui, il desiderio si è indebolito molto. Il mio
  compagno è stato trasferito dopo i quattro mesi, ma devo dire che ormai di
  rado provo desiderio. Gustav si stupisce della
  franchezza del capitano. - Come mai è stato
  trasferito? - Come sai, qui non si sta
  più di quattro mesi. Io ci rimango perché devo. Separarci è stato duro per
  entrambi, ma ci ritroveremo. Le coppie non vengono mai divise, finché
  entrambi vogliono rimanere insieme. - Capisco. - Tu non hai ancora un
  compagno, ma sei appena arrivato e non avevi esperienza di rapporti con
  uomini. - No, quasi niente. C’è un momento di
  silenzio. La conversazione è uscita completamente dal rapporto tra un soldato
  e il suo capitano. Gustav è a disagio. Non sa
  bene che cosa dire. Chiede: - Lei ha parlato delle
  trasformazioni indotte dalla macchina. Ci sono anche altri cambiamenti? Il capitano guarda Voller
  e annuisce. - Siamo macchine per
  uccidere, ormai. E uccidere non deve provocare nessuna emozione negativa. Tu
  non hai ancora ucciso, qui almeno, ma vedrai che proverai un piacere molto
  intenso. Il capitano sorride e
  scuote la testa. - In qualche caso, quando
  già c’erano in ballo emozioni positive, uccidere provoca un orgasmo. Il
  sergente… Il capitano si interrompe. - Sto chiacchierando
  troppo. Credo che anche questo sia un effetto della stanchezza. E della noia.
  Avrai modo di conoscere altri pianeti dove le condizioni sono molto dure, ma
  questo credo che sia il posto più noioso in cui mi sono trovato dopo la mia
  morte. Gustav non dice nulla,
  anche se è curioso. Il capitano chiede ancora a Gustav come si trova e chiacchiera
  un po’ con lui. Gustav vorrebbe riprendere il discorso sulle trasformazioni,
  ma il capitano ha deciso di interromperlo, per cui deve adeguarsi. Più tardi, mentre sono
  fuori, vicino alla base, Gustav parla con Wes e
  Frank. - Ma il sergente e il capitano
  con chi scopano?  È Frank a rispondere. - Il capitano con nessuno,
  secondo me. Il sergente con chi ha voglia di prendersi un cazzo da toro in
  culo. Dirk, Ronald, Ben, per esempio. Frank ride e aggiunge: - Io glielo succhio, ogni
  tanto. Di che slogarsi la mascella, ma ne vale la pena. Wes si guarda intorno, per sincerarsi che
  nessun altro li senta, poi aggiunge: - Il sergente fotte i
  morti, ma non lo raccontare in giro, perché mi ammazza. - Fotte i morti? Che cazzo
  dici? - Gli piace uccidere,
  glielo fa venire duro. Ed è lui a occuparsi di uccidere chi deve essere
  inviato altrove perché ha trascorso quattro mesi qui o perché ha combinato
  qualche guaio o per qualsiasi altro motivo del cazzo. - E allora? - Allora io e Frank una
  volta lo abbiamo seguito, di nascosto. Era la nostra ora di aria e lui è
  uscito con Zac, un bel nero, un colosso, anche lui con un cazzo da cavallo. Abbiamo
  capito che era arrivato l’ordine di trasferire Zac: era qui da quattro mesi,
  per cui ce lo aspettavamo. Ci siamo guardati e abbiamo deciso di seguirlo. Se
  ci beccava, finivamo nei guai. Li abbiamo seguiti a distanza. Quando sono
  arrivati al luogo dove avvengono le esecuzioni, Zac si è messo in ginocchio e
  lo ha succhiato al sergente. Poi il sergente lo ha fottuto. Ci ha dato dentro
  per un’infinità di tempo. Poi gli ha passato la corda intorno al collo. - L’esecuzione avviene per
  strangolamento? - Sì. E il sergente lo fa
  lentamente. Gli piace ammazzare. E quando Zac è morto, gli ha calato i
  pantaloni e lo ha fottuto di nuovo. Gustav annuisce, senza
  dire nulla. L’idea lo turba un po’. Ma ha il cazzo duro: ormai anche solo
  parlare di scopare gli fa questo effetto. Gustav si rende conto di chiacchierare
  volentieri con il capitano, che è cordiale e molto attento ai suoi uomini. Ci
  sono momenti in cui Gustav non ha nemmeno la sensazione di parlare con un
  superiore. Il capitano è seduto sulla
  scrivania, Gustav su una sedia davanti a lui. Gustav racconta di quando
  è stato ammazzato in Afghanistan. E poi chiede: - E lei? - Io l’ho scelto, Voller. Serviva
  qualcuno con competenze tecniche di un certo livello. - Cosa? Non è stato
  ammazzato…  - Sono stato ammazzato,
  certo. Da un rapinatore non identificato che mi ha tagliato la gola in un
  vicolo di Detroit ed è scappato con il mio portafogli. Come avevamo
  concordato. - Lo sapeva prima, quindi.
  Lo ha accettato. - Certo. Gustav è perplesso. - Non so se avrei
  accettato. Rinunciare per sempre a vivere sulla Terra… - Non avevo nessun
  particolare motivo per restare sulla Terra. Il capitano sorride e
  scuote la testa. - Non è esatto. Diciamo
  che avevo buoni motivi per lasciare la Terra. Forse l’avrei fatto, comunque,  - Intende dire… - … che magari mi sarei
  tirato un colpo. La voglia l’avevo. Un pessimo periodo per me. Ma fuori dalla
  Terra sono rinato, davvero. Adesso tu mi vedi spossato, ma qui sto benissimo.
  In questi anni mi sono sempre sentito appagato. Faccio qualche cosa di utile,
  più di qualsiasi cosa potessi fare sulla Terra. Ho un compagno con cui sto
  bene. Scopo con grande soddisfazione. Il capitano scuote la
  testa e prosegue: - Be’, adesso non è così.
  Il desiderio è quasi spento. Ogni tanto c’è ancora una vampata. Adesso… Il capitano si interrompe
  e fissa Gustav negli occhi.  C’è un momento di
  silenzio. Gustav annuisce.  Il capitano si abbassa i
  pantaloni, si volta e appoggia il torace sulla scrivania. Gustav guarda il
  culo del capitano. Una peluria diffusa, ma non fitta. Gustav accarezza il
  culo che gli si offre, due dita scivolano all’apertura. Gustav si sputa sulla
  mano e sparge un po’ di saliva. Di nuovo le dita stuzzicano l’apertura,
  l’indice si infila dentro senza tante cerimonie. Il capitano sussulta. Gustav
  si cala i pantaloni. Il cazzo è teso in avanti, impaziente. Gustav lo
  appoggia contro il culo, poi lo fa scivolare fino al buco e spinge con
  cautela. Il capitano emette un gemito. Gustav spinge ancora più avanti,
  finché il cazzo non scompare dentro il culo che lo accoglie. - Oh, cazzo!  Gustav incomincia a
  muovere il culo avanti e indietro, affondando ogni volta il cazzo nel culo
  del capitano e poi ritraendolo. Intanto la sua mano scivola sotto il ventre e
  trova il cazzo, che non è ancora rigido, ma è già pieno di sangue. Gustav
  muove la mano, mentre continua a fottere il culo del capitano. Infine sente
  il piacere esplodere. Emette un grugnito, mentre il suo seme si sparge. Ci
  vuole un momento prima che il capitano venga. Il cazzo non gli diventa
  completamente rigido, ma un po’ di seme esce.  Gustav si ritrae, solleva
  i pantaloni e chiude la cintura. Il capitano si rialza. Si volta e gli
  sorride. - Grazie. Gustav annuisce. Non dice
  nulla. - Ora vai. - Sì. Gustav non aggiunge
  “Signor capitano”. Non avrebbe molto senso. Gustav lascia l’ufficio
  del capitano. Incrocia il sergente, che è appena rientrato da un altro giro
  di esplorazione. Gustav lo guarda. Che cosa penserebbe il sergente se sapesse
  che lo appena messo in culo al capitano? Probabilmente niente. Forse lo
  sospetta. Forse fotte anche lui il capitano. Il sergente è un gran
  maschio. A Gustav piace. Lo conosce poco, anche se sono tre settimane che si
  trova alla base. Ma il sergente è uno di poche parole e guida personalmente
  tutte le missioni, per cui è spesso via.  Per la terza volta Gustav
  partecipa a un giro di esplorazione. È l’ultimo: se anche questa volta non
  scopriranno niente, attaccheranno comunque. Il posto di osservazione
  di Gustav è lo stesso della prima volta. Le ore passano e Gustav controlla
  attentamente tutto ciò che avviene nella base, ma non vede niente di
  significativo.  Si rende conto che ormai è
  quasi ora di andare. Se anche gli altri non hanno elementi nuovi, l’attacco
  avverrà alla cieca. E mentre pensa al momento dell’assalto, che concluderà la
  sua missione sul pianeta, la piastrina vibra. Il sergente li sta chiamando.
  Gustav fa per sollevarsi, ma vede che la porta del centro di smistamento si
  apre e ne escono quattro uomini. Uno di loro ha le mani legate dietro la
  schiena. Un prigioniero, quindi! I soldati lo strattonano. L’uomo reagisce.
  Dice qualche cosa, probabilmente un insulto. Uno dei soldati gli si mette
  davanti a lui. Gustav ha l’impressione che il prigioniero gli sputi in
  faccia, ma non può dirlo con sicurezza. Il soldato reagisce dandogli una
  ginocchiata ai coglioni e poi, mentre l’uomo si piega in avanti, un pugno in
  faccia. Un altro soldato gli molla un calcio in culo. Il terzo lo afferra per
  i capelli. Tenendolo per i capelli e
  mollandogli calci e pugni, lo fanno entrare nell’edificio degli uffici. La
  piastrina vibra di nuovo, ma Gustav non si muove. Rimane a osservare
  concentrato. Dopo un momento all’ultima finestra del piano terra si accende
  una luce. Passano pochi minuti. La luce si spegne e subito dopo i tre soldati
  escono dall’edificio e raggiungono la caserma, ridendo tra loro. La piastrina vibra per la
  terza volta, molto più a lungo. A Gustav sembra quasi di vedere la furia del
  sergente che lo sta richiamando. Gli viene da sorridere.  Rimane ancora un momento
  ad osservare, poi, non vedendo più nessun movimento, si sposta e, muovendosi
  con cautela, raggiunge gli altri. Il sergente lo guarda. È
  chiaramente furente. Sibila: - Voller, perché cazzo non
  sei venuto subito quando ti ho chiamato? Gustav risponde piano: - Perché stava avvenendo
  qualche cosa di significativo, signor sergente. Negli occhi del sergente
  passa un lampo. - Che cosa? - È arrivato un
  prigioniero e lo hanno portato nell’edificio degli uffici. Si è accesa la
  luce nell’ultima stanza a piano terra. Poi i soldati che lo accompagnavano
  sono usciti senza il prigioniero. Sul viso del sergente
  appare un sorriso. - Fantastico. Mi racconti
  dopo. Gustav ha già detto tutto
  quanto c’era da dire, ma è logico che il sergente voglia sapere se ci sono
  altri dettagli. Quando sono a distanza di
  sicurezza, il sergente si fa nuovamente raccontare tutto quanto Gustav ha
  visto. Poi riprendono la strada per la base. Sono stanchi, ma euforici: hanno
  finalmente scoperto ciò che dovevano sapere per organizzare l’attacco.
  All’arrivo comunicano la notizia agli altri, suscitando un grande entusiasmo.
  Poi si mettono a dormire.   Quando si svegliano, dopo
  una notte di sonno (e altre attività), il capitano li raduna tutti nella sala
  dove abitualmente mangiano, l’unico spazio abbastanza capiente da contenere
  l’intera guarnigione della base. Ormai tutti si aspettano l’annuncio
  dell’attacco. È una buona notizia, soprattutto per chi è alla base da molto
  tempo. Il capitano comunica
  quello che tutti si aspettano:  - L’attacco avverrà tra
  tre giorni, quando le condizioni di luce sono favorevoli.  C’è qualche esclamazione
  di gioia, ma i più si limitano a esprimere la loro soddisfazione con qualche
  gesto. Il capitano prosegue: - Vedremo di colpire
  quando sono in maggioranza a dormire: anche loro hanno un’alternanza di sonno
  e veglia regolata da dispositivi come i nostri. Non si aspettano certo un
  assalto, poiché non sanno della nostra presenza su questo pianeta, e, se
  riusciamo a eliminare le sentinelle, questo ci darà un bel margine di
  vantaggio. I dettagli dell’operazione ve li darà il sergente. Dopo una pausa, il
  comandante aggiunge: - Molti di noi, forse
  tutti, saranno uccisi nell’attacco e si ritroveranno direttamente su Vega1. I
  feriti devono essere eliminati. I sopravvissuti devono tornare alla base, che
  verrà abbandonata nel giro di una settimana. Quando il capitano ha finito,
  il sergente passa poi a dare indicazioni per l’attacco. Conclude rivolgendosi
  a Gustav: - Voller, io e te abbiamo
  il compito di tagliare la gola alle sentinelle esterne: ce ne sono sempre due
  e sappiano dove stanno. Se riusciamo a farlo senza essere scoperti, questo ci
  permetterà di guadagnare qualche minuto. Gustav è contento di
  essere stato scelto per svolgere questo compito: lo vede come un attestato di
  stima da parte del sergente. È la notte della luna
  lontana. Nei giorni in cui sono rimasti alla base un’altra luna è apparsa, ma
  ha un ciclo molto breve, per cui adesso è scomparsa. Le vegetazione è immersa
  in una luce verdastra. Tutti gli uomini della
  base marciano in fila. Anche il capitano è con loro. Sembra molto più in
  forma, ma Gustav sa che è solo l’effetto di un farmaco che ha preso per
  l’azione. I venti uomini marciano
  lentamente. Sono divisi in due drappelli da dieci uomini, uno guidato dal
  capitano e l’altro dal sergente. Qualcuno osserva: - Spero che mi ammazzino
  nell’azione. Non vedo l’ora di andarmene da questo buco di culo di posto. Gustav sorride. Di solito
  non capita che uno si auguri di essere ammazzato in azione. Gustav non ha
  fretta di andarsene: non è rimasto molto a lungo e non gli spiacerebbe
  rimanere ancora un po’. E mentre lo pensa guarda il sergente, che guida il
  suo gruppo. Osserva le spalle larghe e la schiena muscolosa, velata da una
  peluria fitta nella parte più bassa. Il culo è fasciato dai pantaloni. Chissà
  come sarebbe metterlo in culo al sergente? Nessuno alla base l’ha mai fatto.
  Parlando con gli altri, Gustav ha sentito che diversi si sono fatti fottere
  da lui, che oltre ad avere un grosso cazzo, è anche un bravo stallone. Ma il
  sergente non se lo fa mettere in culo. Non lo succhia nemmeno. Chissà com’è
  prenderselo in culo dal sergente? Chissà com’è prenderselo in culo? Gustav
  non l’ha mai fatto, ma si rende conto che ormai l’idea lo incuriosisce. Forse
  in fondo lo desidera.  Gustav scuote la testa.
  Stanno andando a compiere la missione decisiva e lui pensa a tutt’altro. Raggiungono infine la base
  nemica. Ci sono luci accese ad alcune finestre degli uffici, ma la caserma è
  immersa nel buio. Probabilmente dormono quasi tutti, a parte le sentinelle e
  qualcuno che ha dei compiti da svolgere. Chissà se anche quelli della base
  nemica scopano in continuazione? Gustav si dice che è una domanda stupida, in
  questo momento.  Dopo che si sono disposti
  in base alle istruzioni, il sergente dice: - Voller, è ora di
  muoversi. Scendono silenziosamente,
  rimanendo al coperto della vegetazione, anche se la luce è troppo scarsa
  perché sia possibile vederli a una certa distanza. Gli altri uomini si muovono
  dietro di loro: se qualche cosa va storto e qualcuno dà l’allarme, devono
  intervenire subito, prima che i nemici abbiano il tempo di organizzarsi. Le sentinelle si sono appena
  incontrate al termine di un giro di perlustrazione e adesso stanno chiacchierando
  tra di loro. Gustav non riesce a sentire quello che dicono, ma a un certo
  punto uno dei due scoppia a ridere. Tra poco quell’uomo sarà morto. Gustav si
  rende conto che all’idea di ucciderlo gli sta venendo duro: sono le
  trasformazioni di cui parlava il capitano. Gustav guarda il sergente, che è
  dietro a un albero. Può vederlo di profilo. Anche lui deve avercelo duro: la
  protuberanza nei pantaloni non lascia dubbi. Deve avercelo duro e ha un cazzo
  da toro. Il sergente sfodera la
  lama. Anche Gustav estrae il coltello. La tensione al cazzo cresce. Poco dopo
  le due sentinelle si separano e riprendono a muoversi, in direzioni opposte. A un cenno del sergente,
  entrambi si avvicinano cautamente ai loro bersagli. Gustav si rende conto che
  il cazzo è sempre più duro. Ha già ucciso, ma non aveva mai provato nulla di
  simile. La sentinella si è fermata
  e guarda verso la base. Non sospetta nulla, non pensa che ci possano essere
  altri uomini, nemici, su questo pianeta.  Gustav è dietro di lui. Scatta.
  Mette una mano sulla bocca della vittima e con il coltello le recide la gola,
  con un movimento rapido. Gustav sente il movimento convulso del corpo che ora
  si appoggia contro il suo, il gorgoglio del sangue che sgorga abbondante, poi
  l’abbandonarsi inerte. Gustav toglie la mano e il cadavere cade al suolo. L’erezione è tanto forte
  da essere quasi dolorosa. Uccidere sarà così d’ora in poi?  Gustav si muove nella direzione
  in cui si era spostata l’altra sentinella. Vede il profilo massiccio del
  sergente. - Fatto? - Fatto. Il capitano e gli altri
  soldati li raggiungono. Ognuno sa qual è il suo
  compito. Gustav segue il sergente e dietro di lui si muovono altri otto soldati,
  mentre il capitano guida l’altra colonna, che si muove a poca distanza. Quando ormai non è più
  possibile spostarsi rimanendo al coperto, scattano di corsa. Poco dopo alla base
  qualcuno dà l’allarme, ma ormai è tardi: il sergente lancia la prima bomba e il
  portone esplode. Tutti si precipitano dentro. Il sergente e gli uomini del
  suo gruppo corrono verso la porta dell’edificio degli uffici. Il capitano e
  gli altri si fermano nel cortile e sparano raffiche di mitra contro le
  finestre della caserma e i piani superiori degli uffici. Poi i soldati
  lanciano bombe attraverso le finestre.  Il silenzio irreale in cui
  Gustav è vissuto nelle ultime settimane ha lasciato il posto al caos di
  esplosioni e raffiche, urla e bestemmie.  Una nuova bomba distrugge
  la porta degli uffici. Mentre il sergente e Gustav già stanno entrando, Wes, che è immediatamente dietro Gustav, lancia un grido
  e cade a terra. Gustav sa che non deve fermarsi. Corre dietro al sergente.
  Tre soldati nemici stanno scendendo dalle scale, ma una raffica di mitra li
  falcia. Un quarto soldato arriva e punta la pistola contro il sergente, ma
  Gustav spara. Il soldato emette un grido, si avvita su se stesso e rotola
  lungo le scale.  Il sergente già sta
  correndo avanti lungo il corridoio. Fuori grida e spari si
  susseguono ininterrotti. Due soldati sono alla
  porta dell’ultima stanza. Sparano non appena li vedono arrivare. Il sergente
  e Gustav si gettano a terra mentre sparano, ma la raffica prende in pieno Rob e un altro. Il sergente sta già rispondendo al fuoco.
  I due soldati crollano al suolo contorcendosi.  Ora sono nell’ultima stanza.
  C’è una scala che porta sotto terra. Al fondo una porta. Il sergente butta un’altra
  bomba. La porta esplode. Tutti corrono lungo le
  scale, tranne due di loro che rimangono di guardia. Gli ultimi gradini sono
  stati distrutti, ma saltando arrivano alla porta. Si trovano all’ingresso di
  un’ampia sala, dove in tante teche trasparenti ci sono uomini nudi, che
  sembrano dormire. - Eccoli. Voi controllate
  che non arrivi nessuno. Gustav e gli altri
  rimangono fuori dalla porta. Dalla soglia il sergente lancia le bombe. Le
  esplosioni si succedono una dopo l’altra. Si sentono alcune esclamazioni
  provenire dall’interno: qualche prigioniero ferito dalla bomba che si è
  svegliato.  Il sergente entra nella
  stanza. Si sentono raffiche di mitra, che sembrano non finire mai. Poi il
  sergente dice: - Venite dentro. Gustav e gli altri
  entrano. Sulla soglia rimangono due uomini a controllare che non arrivi
  nessuno. La grande stanza è un cumulo di macerie, da cui si leva qualche
  lamento. Al fondo le bombe hanno acceso un incendio, che proietta la sua luce
  in tutto il locale. - Aiutatemi a finirli. I soldati si muovono
  rapidamente. Gustav ha l’impressione di vivere in un sogno, in cui tutto
  appare irreale: i corpi nudi che si contorcono a terra, tutti con il cazzo
  duro; i cadaveri, anche loro con il cazzo teso e il seme sparso sul ventre; i
  gemiti dei feriti e i rantoli dei moribondi, in cui è difficile capire quanta
  parte ha il dolore e quanta il piacere; le raffiche di mitra.  E il cazzo, teso come una
  lama; un desiderio violento dentro di lui, che l’odore di sangue e sborro
  esalta. La gioia selvaggia di vedere i corpi sussultare all’impatto dei
  proiettili e poi rimanere inerti. Ancora raffiche di mitra.
  Poi la voce del sergente:    - Adesso basta! Qualche colpo ancora e
  nello stanzone cala il silenzio. Solo da fuori provengono urla e si sentono
  altre raffiche. Non ci sono più rantoli. Cadaveri e sangue, dovunque.  Gustav guarda il sergente.
  C’è un’ampia macchia sui pantaloni, ben visibile alla luce delle fiamme.  - Via, ora.  Non è facile risalire
  lungo la scala, perché la parte inferiore è crollata. Il sergente si piega in
  avanti. Dietro di lui Gustav mette le mani una sull’altra, in modo che i
  soldati possano appoggiare un piede sulle sue mani e di lì passare sulla
  schiena del sergente e raggiungere i gradini. Quando sono passati tutti gli
  altri, Gustav salta sulle spalle del sergente e raggiunge l’ultimo gradino
  ancora integro, poi porge una mano e aiuta il sergente a issarsi. Fuori
  risuonano ancora spari: gli uomini guidati dal capitano hanno preso possesso
  degli uffici, ma dalla caserma i soldati nemici stanno sparando. Quando il sergente e gli
  altri raggiungono il corridoio, il capitano chiede: - Fatto? - Fatto. Tutti morti. - Perfetto. Ora cerchiamo
  di uscire da una delle finestre sul retro. Il sergente annuisce. Si organizzano
  rapidamente. Al momento di saltare, il capitano dice: - Se qualcuno cade,
  bisogna finirlo subito. Vicino alla porta d’ingresso
  c’è Wes, che si è trascinato dentro. È ferito alla
  schiena, al culo e a una gamba e non può camminare. Strisciando i pantaloni
  si sono abbassati e Gustav può vedere che Wes ha il
  cazzo duro. - Non possiamo portarti
  con noi, Wes. Wes annuisce. - Lo so, sergente.  Wes ride e aggiunge: - Adesso mi ammazzi, ma il
  mio cadavere non puoi fotterlo. Il sergente ghigna e
  annuisce. - Pronto per l’ultima
  sborrata? Ma prima che Wes risponda, Frank interviene. - Lo ammazzo io. Frank punta il mitra su Wes. Il sergente non dice nulla. Si limita ad annuire. - A presto, Wes. - A presto, Frank. La raffica percorre Wes dal petto al ventre. Il corpo sussulta all’impatto di
  ogni proiettile. Dal cazzo sgorga abbondante il seme, che si riversa sul
  ventre e sul petto. Passano sul retro e
  saltano fuori dalle finestre a piano terra. Alcuni soldati nemici sono
  appostati non lontano e i loro colpi non vanno a vuoto: qualcuno lancia un
  grido e cade. Il sergente è rimasto per ultimo. Dalla finestra spara sui
  corpi dei suoi uomini caduti a terra. Poi corre a raggiungere il drappello in
  fuga. I nemici gli sparano, ma non riescono a colpirlo. Uscendo dalla fortezza
  perdono altri due uomini: ora sono solo sette. Camminano in fretta. Sono
  esausti, ma non possono fermarsi.  Gustav si accorge che, nonostante
  la stanchezza, il desiderio è violentissimo.  Proseguono senza dire una
  parola. Man mano che si allontanano dalla base, le voci e i rumori svaniscono
  completamente. Dal fragore assordante di esplosioni, urla, spari, si passa al
  silenzio innaturale che domina sul pianeta. La stanchezza li inghiotte.
  Marciano come automi, senza parlare. Giunti alla base, il
  sergente e il capitano radunano i superstiti. - La missione è conclusa.
  Saremo inviati su altri pianeti, progressivamente. Per una settimana qui
  rimarrà una base, sempre che non ci attacchino prima: adesso sanno che noi
  siamo presenti sul pianeta e sicuramente ci cercheranno.  Il sergente interviene: - Nel qual caso l’unica
  cosa che conta è non farsi prendere vivi. - Sì, ma non dovrebbe
  essere un grosso problema. Abbiamo distrutto la prigione e non possono
  costruirne un’altra in tempi brevi, per cui se ci catturano è facile che ci
  ammazzino. Magari dopo essersi divertiti un po’ con noi. Gustav è esausto, come
  tutti. Entrando nella camerata, pensa che questa notte i letti rimarranno in
  maggioranza vuoti, ma l’idea non è angosciosa: sa che i compagni non sono
  morti, ma solo trasferiti su un altro pianeta.  Si spogliano per mettersi
  a dormire, ma quando sono tutti nudi si guardano. Il desiderio e la
  stanchezza sono ugualmente forti. Jorg spinge il suo letto contro quello
  vicino, poi ne accosta ancora un altro. Si stendono tutti insieme sui tre
  letti affiancati. Mani che accarezzano, che stringono. Gustav si abbandona
  alle strette, alle carezze. Scivolano così insieme nel sonno, stretti gli uni
  agli altri. Gustav si sveglia perché
  sente che qualcuno sta giocherellando con il suo cazzo. Le luci sono accese,
  è giorno nella base, ma nessuno di loro sembra intenzionato ad alzarsi,
  nonostante la fame. Adesso prevale un’altra fame, che saziano in un intreccio
  di corpi. Gustav non sa chi gli sta leccando il culo, chi gli succhia il
  cazzo, di chi sono i coglioni che accarezza. Non gli importa scoprirlo. Sente
  un cazzo premere contro il suo buco, ma si sposta. Quello no, per quello non
  è pronto. E mentre lo pensa, gli appare l’immagine del sergente. Il gioco
  prosegue, senza limiti. Qualcuno dice che ha bisogno di pisciare e qualche
  bocca si offre. Gustav viene tre volte, come la maggioranza degli altri. E quando infine sono tutti
  sazi, si alzano e vanno a mangiare. Dopo colazione, il
  sergente dice a Gustav: - Complimenti, Voller. Sei
  un ottimo soldato. - Grazie, signor sergente. - Ti sei inserito in
  fretta e hai dato due volte un contributo importante all’esito della
  missione. Gustav non sa che cosa
  dire. Il sergente prosegue: - Direi che come prima
  missione dopo la tua morte, puoi essere soddisfatto. E so che hai anche
  imparato un sacco di altre cose, qui. Il sergente ghigna. Gustav
  annuisce. Avverte una forte tensione. Guarda il sergente. In quel momento il
  capitano apre la porta del suo ufficio. - Voller, cercavo giusto
  te. Venga anche lei, Miller. Gustav e il sergente
  entrano nell’ufficio. Il capitano si siede dietro la scrivania. Guarda Gustav
  e gli dice: - Voller, è arrivato
  l’ordine di trasferirti su Vega77. Devi essere là entro due ore. Gustav Voller pensa:
  “Merda!”. Gli girano i coglioni all’idea di andarsene proprio ora, lasciando
  in sospeso il discorso con il sergente, ma è un soldato e deve obbedire. - Sì, signor comandante. - Il sergente Miller si
  occuperà del passaggio. Voller annuisce. Sa
  benissimo che è il sergente a occuparsi dei passaggi, ma anche questa
  faccenda gli scoccia. L’arrivo del capitano ha interrotto un dialogo che
  ormai è troppo tardi per riprendere. Il sergente annuisce e
  dice: - Ti passo a prendere tra
  dieci minuti, Voller. La risposta cambia solo
  leggermente: - Sì, signor sergente. Il pensiero rimane lo
  stesso: “Merda!” Gustav raggiunge la
  camerata. - Ragazzi, mi
  trasferiscono su Vega77. Parto tra dieci minuti. Qualche esclamazione,
  qualche augurio, poi Jorg chiede: - Se ne occupa il
  sergente, vero? Sguardi ironici e sorrisi.
  A Gustav giravano già prima, adesso gli girano ancora di più. - E chi, se non quel
  figlio di una troia? - Di una troia e di un
  toro, non lo scordare, Gustav. Tutti ridono. Gustav
  digrigna i denti. - Io non glielo do. Gustav non sa perché
  risponde così. In realtà non sa quello che farà. Gli scoccia non avere il
  tempo di pensare, capire. - Se lo prenderà comunque,
  dopo. - Cazzi suoi.  - Il cazzo è il suo, ma il
  culo è il tuo. Di nuovo una risata
  generale. Gustav alza le spalle. - Io sarò ad anni-luce di
  distanza. Il sergente arriva poco
  dopo. - Muoviti, Voller. I compagni lo salutano. Gustav segue il sergente.
  Si allontanano nella foresta che copre buona parte del pianeta. Due delle quattro
  lune del pianeta splendono in cielo: la rossa, che è appena spuntata, e la
  verde. Gustav guarda la schiena possente del sergente. Per l’ennesima volta
  osserva la peluria che, più fitta subito sopra le natiche, diventa più rada
  fino a scomparire nella parte superiore della schiena. Il cazzo gli si tende. Camminano in silenzio per un
  buon momento. Poi il sergente dice: - Ci vuole una mezz’ora
  per arrivare. Gustav annuisce. Non è mai
  stato nel luogo dove viene preparato il passaggio, ma sa che è nei pressi della
  base di arrivo, perché il giorno in cui è arrivato ha visto nelle vicinanze
  le lucciole rosse. - Voller, sai benissimo
  che quando qualcuno parte, se è d’accordo io glielo metto in culo. Gustav rimane interdetto:
  non si aspettava che il sergente lo dicesse così francamente. Si limita a
  replicare: - Sì, la voce circola. Il sergente annuisce. - Tu non te lo sei mai
  preso in culo, vero, Voller? - No sergente. E… Il sergente completa la
  frase per lui: - E non avresti intenzione
  di incominciare ora. Quando sei arrivato qui non avevi mai scopato con un
  maschio. Poi ti sei dato da fare anche tu, come tutti: dopo qualche settimana
  o mese, non c’è nessuno che stia a vedere. E prima o poi vogliono provare
  anche che cosa si sente a prenderselo in culo. Sempre che non la sappiano
  già. Voller non dice niente. Il
  sergente prosegue: - Io consiglio sempre a
  chi non ha mai provato di farlo prima del passaggio. Ci sono almeno due
  vantaggi: probabilmente non vedrai mai più chi te l’ha messo in culo; dove
  arriverai nessuno lo saprà, per cui se non vorrai riprovare, non c’è
  problema; se invece scopri che non è male, potrai darti da fare. Gustav volta la testa
  verso il sergente. Sa che ha ragione, ma la faccenda gli scoccia. - Dovrei dire di sì,
  perché tanto se dico di no, tu mi fotti una volta che sono morto?  Il sergente sembra non
  rilevare il passaggio al tu. Risponde; - Quello lo farò comunque.
  Lo sai, te l’hanno raccontato: uccidere me lo fa sempre venire duro, anche se
  sono appena venuto. Ma è un’altra faccenda. Non lo dico per me, Voller, lo
  dico per te. La voglia di capire che cosa si prova ce l’hai e questa è
  un’ottima occasione, proprio perché nessuno lo saprà mai. - Non mi dire che non
  andrai in giro a vantarti. - Sai benissimo che non
  racconto niente. Di Zac lo sai perché te l’hanno raccontato Wes e Frank, che mi hanno spiato. Come vedi, so anche
  questo.  Voller annuisce. Si aspetta che il sergente
  insista, ma non dice più nulla, non chiede nemmeno una risposta. D’altronde
  il sergente è uno di poche parole. Ha detto quello che ha da dire e adesso
  tace. Gustav riflette.
  L’incazzatura gli è passata. Il sergente ha ragione, Gustav lo sa. Non aveva
  mai scopato con un altro maschio, ma ormai non avrà più l’occasione di
  scopare con una donna. Ha scoperto che fottere un altro maschio gli piace,
  parecchio. Ma si è sempre rifiutato di prenderselo in culo o di succhiarlo. Camminano in silenzio. A
  un certo punto nell’aria compaiono mille piccole luci rosse. Il sergente dice: - Le chiamiamo le lucciole
  dei morti, perché si cibano dei cadaveri. Sono gli unici insetti che si
  vedono su questo fottuto pianeta. Infine raggiungono una
  radura. Il sergente si ferma. - Qui. Poi si volta verso Gustav
  e gli chiede: - Che cosa hai deciso,
  Voller? Gustav guarda il sergente.
  Annuisce. Si cala i pantaloni. Rimane nudo davanti al sergente. Il sergente si abbassa i
  pantaloni, lentamente. Gustav guarda il cazzo, già teso in avanti. Lo ha già
  visto altre volte, ma adesso pensa che quel cazzo gli entrerà in culo.  - Te la senti di
  succhiarmelo, Voller? Gustav annuisce. Ha
  accettato. Si inginocchia e avvicina la bocca al cazzo del sergente. Avvolge
  la cappella con le labbra e incomincia a succhiare. Gli piace, gli piace
  sentire questa carne calda che gli riempie la bocca. Poggia le mani sul culo
  del sergente. Gli piace stringerlo. Gustav succhia con avidità. Gli piace il
  gusto di questo cazzo, che sa di sborro e di piscio. Poi Gustav si stacca. Guarda
  il cazzo che tra poco gli entrerà in culo. Ce la farà a reggerlo?  Gustav si mette a quattro
  zampe. Il sergente passa dietro di lui. Gustav sente le dita premere contro
  l’apertura. Ritornano più volte, inumidite, poi un dito si infila dentro. Il
  sergente sparge ancora saliva. Gustav sente la cappella che si appoggia
  contro il buco del culo. La pressione cresce e infine il cazzo forza l’anello
  di carne.  - Merda! Il dolore è violento.
  Gustav chiude gli occhi. Eppure, nonostante la sensazione di sofferenza, c’è
  anche piacere, un piacere che cresce man mano che il culo si abitua alla
  pressione di questo cazzo che gli dilata le viscere. - Merda! Il sergente gli passa una
  mano sulla testa, in una carezza inattesa. Poi incomincia a spingere.
  Il dolore cresce, ma insieme anche il piacere, che diviene sempre più forte.
  Il sergente ci dà dentro e le spinte squassano il culo di Gustav. Ma il
  piacere si moltiplica. Quando infine Gustav sente
  il seme del sergente riempirgli il culo, un’ondata di piacere lo travolge e
  anche il suo seme si sparge. Gustav chiude gli occhi. Il sergente si stacca. A
  Gustav spiace sentire il cazzo che lascia il suo culo. Avrebbe voluto che lo
  uccidesse mentre lo fotteva. Un buon modo di finire. Si rialza, con una fitta.
  Si volta. Il sergente lo guarda. - Ora sai com’è.  Gustav annuisce, senza
  dire nulla. Anche il sergente non dice nulla. C’è un momento di pausa.
  Ci sono cose non dette tra di loro. È l’ultima occasione per dirle, ma
  qualche cosa blocca entrambi. Il sergente dice; - Rivestiti. Rivestirsi significa
  rialzarsi i pantaloni. È assurdo: il sergente lo spoglierà di nuovo, per
  fottere il suo cadavere. Ma il protocollo prevede che chi effettua il
  passaggio indossi l’uniforme, qualunque essa sia, e il sergente è molto ligio
  alle regole. Gustav si tira su i
  pantaloni. Il sergente passa dietro
  di lui e gli lega saldamente le mani dietro la schiena. Evidentemente è
  quanto è previsto. - In ginocchio, Voller. Gustav obbedisce. Dice: - Muoviti. - C’è tempo, non ho
  fretta. Mi prenderò il mio piacere. Uccidere mi piace. E sai benissimo che
  anche per te sarà un piacere. Gustav annuisce. Sa che il
  sergente ha ragione, ma vorrebbe finire. Prova rabbia per non essere riuscito
  a esprimere quello che prova, ma non riesce neppure a dargli una forma
  precisa nella sua mente. Il sergente dice ancora: - Mi sarebbe piaciuto che
  tu rimanessi, Voller.  Gustav vorrebbe
  rispondere, ma ormai è tardi. Il sergente gli passa la corda intorno al
  collo. Incomincia a stringere. Lo fa piano, vuole gustare il momento. Gustav
  sente la corda che preme sul collo e progressivamente blocca il passaggio
  dell’aria. Spalanca la bocca, ma l’aria non scende più nei polmoni. Il
  sergente avanza leggermente, fino a poggiare il ventre contro la schiena di
  Gustav: ce l’ha di nuovo duro e a Gustav piace sentire questa pressione. Nei suoi
  polmoni si accende un fuoco, ma il dolore violento è un piacere ancora più
  intenso.  La pressione sulle arterie
  impedisce al sangue di raggiungere il cervello. Gustav vede il mondo svanire,
  mentre un orgasmo violentissimo lo squassa. Il sergente Miller sente
  che il corpo si affloscia e solo la corda lo sostiene, ma continua a
  stringere per un buon momento. Tira ancora la corda, poi prende le due
  estremità con una mano sola e trascina il cadavere fino a un tronco d’albero
  abbattuto. Slaccia la cintura e abbassa i pantaloni di Gustav, fradici di
  piscio e sborro. Guarda il culo di Gustav.
  Sorride. Il sergente si cala i
  pantaloni e avvicina il cazzo al buco del culo di Gustav. Infilza il cadavere
  con un movimento deciso. Gli piace fottere questo culo forte e sodo. Gli
  piace fottere l’uomo che ha ucciso. Il sergente fotte con energia, cercando
  di far durare il più a lungo possibile il piacere.   * Gustav si risveglia in una
  capsula, che ruota, mettendosi in verticale. Gustav si ritrova in piedi. La
  parte anteriore della capsula si apre e Gustav esce.  È di nuovo su Vega1. Si
  aspetta che lo mandino subito su un altro pianeta, ma il tenente che lo ha
  accolto la prima volta gli spiega che non è così: - Dopo una missione, c’è
  una pausa. Ci troviamo a combattere in situazioni del tutto diverse e un
  piccolo stacco è necessario.  Gustav si chiede se lo
  manderanno al parco divertimenti, ma Rob e anche
  gli altri gli hanno detto che solo dopo sei mesi di servizio si ha diritto a
  una licenza. E in effetti il tenente dice: - È solo una pausa. Qui
  c’è una caserma per i soldati in transito. Ci rimarrai cinque giorni.  Gustav raggiunge la
  camerata e trova Wes e gli altri compagni che sono
  morti quando hanno attaccato la base. Gli fa piacere rivederli.  - Ti hanno ammazzato
  quelli? - No, abbiamo raggiunto la
  base senza problemi. Sono stato trasferito. Wes ghigna. - Se n’è occupato il
  sergente, vero? È compito suo. Gustav annuisce. Il
  sorriso di Wes è ironico.  - Mi sa che il tuo culo
  non è più vergine, allora. Anche se magari non te ne sei accorto. Gustav guarda Wes. Esita un attimo, poi dice: - No, non lo è. E me ne
  sono accorto. Wes sorride, ma non c’è più ironia, ora. - Vuoi dire che… - Gliel’ho dato, perché
  volevo provare. Wes annuisce. - Sono contento per te.  Poi aggiunge: - Magari permetterai anche
  a noi di gustarlo. Gustav scuote la testa. - No, per il momento
  almeno no. Mi fa ancora male. È vero. Il dolore al culo
  è rimasto. Wes ride. Stanno ancora
  chiacchierando quando vedono arrivare il capitano e i soldati superstiti. Li
  guardano stupiti. - Frank, Paul… Che cazzo
  ci fate qui?  Non è neanche passata
  un’ora da quando Gustav è arrivato. È il capitano a
  rispondere: - La base è stata
  attaccata e distrutta.  Il capitano è molto
  diverso da com’era alla base. Appare forte, pieno di energia. Sorride e spiega.
   - Ci hanno individuato,
  com’era prevedibile. E hanno lanciato alcune bombe. È stato molto rapido:
  siamo morti tutti in pochi minuti. Gustav non riesce a
  trattenere la domanda: - E il sergente? È qui
  anche lui? - No, non era alla base.
  Non era ancora tornato. Quando il capitano se ne
  va, i soldati continuano a commentare. Walter osserva: - Così ci manca solo il
  sergente. Wes guarda Gustav e dice: - Probabilmente stava
  fottendo il tuo cadavere.  - E adesso? - In qualche modo
  ammazzeranno anche lui o si tirerà un colpo quando scoprirà che la base è
  stata distrutta. Gustav è contento all’idea
  di rivedere presto il sergente e riprendere il discorso lasciato in sospeso.  Nelle ore seguenti Gustav
  è irrequieto. Si aspetta che il sergente compaia da un momento all’altro, ma
  non lo vede arrivare. Evidentemente non è ancora stato ucciso. Arriva la
  sera. John Miller non si è visto. Come al solito, nella camerata è tutto un
  intrecciarsi di corpi. Gustav scopa volentieri con i compagni, ma il pensiero
  va spesso al sergente. Che cosa gli è successo? Perché non arriva? È stato catturato?
  Sicuramente sì, altrimenti, trovando la base distrutta, si sarebbe tirato un
  colpo e adesso sarebbe qui con loro. Lo terranno prigioniero come gli altri?
  In questo caso non sarà certo possibile liberarlo: non sanno dove si trova e
  in ogni caso non verrebbe organizzata una spedizione per salvare un solo uomo. Gustav vorrebbe
  ritrovarlo. Vorrebbe averlo vicino. Vorrebbe dirgli quello che non gli ha
  detto al momento della separazione.  Il sergente Miller arriva
  dopo tre giorni. È pomeriggio quando lo vedono arrivare, nudo e in ottima
  forma. Ai soldati che si
  accalcano intorno a lui spiega: - Mi hanno catturato
  mentre tornavo alla base. Ho sentito l’esplosione in lontananza e sono corso per
  vedere che cosa stava succedendo. Vicino alla base c’era un filo teso:
  dovevano avermi individuato a aspettavano che arrivassi. Sono caduto e mi
  sono saltati addosso in otto o nove. Wes ha un sorriso beffardo e dice: - Si sono divertiti con
  lei, sergente? John Miller annuisce: - Puoi dirlo, per questi tre
  giorni non hanno fatto altro. Gustav non capisce. - Divertiti? Il sergente lo guarda,
  ghigna e spiega: - Diciamo che mi hanno
  riempito di piscio e sborro, in bocca e in culo. Poi mi hanno castrato e
  appeso a testa in giù fino a che sono crepato.  Gustav non sa che cosa
  dire. Il sergente aggiunge: - È così, Voller. Non
  possono farci soffrire, allora cercano di umiliarci. Per qualcuno è dura. Ma se
  pensano di piegarmi riempiendomi di piscio, sborro e merda, hanno sbagliato i
  conti. Non me ne fotte un cazzo. Adesso sono qui e sono pronto ad ammazzarli
  tutti. E loro non torneranno a raccontarlo.  Gustav aggrotta la fronte. - Loro no? Non ritornano
  in vita? - No, i loro alleati non
  hanno queste tecniche. O non intendono usarle. Non gli importa niente di
  qualche uomo del cazzo, per loro sono animali da usare. Possono sempre rapire
  qualcun altro e distruggergli il cervello. Gustav ha sempre dato per
  scontato che anche gli altri ritornassero in vita una volta ammazzati. La
  scoperta lo stupisce. Più tardi, alzandosi da
  tavola, John Miller dice a Gustav:  - Non pensavo che ci
  saremmo ritrovati, Voller. Ma vale quello che ti ho detto. Non racconto a
  nessuno. Gustav guarda John Miller.
  Che il sergente racconti o no, gli è del tutto indifferente.  Ghigna. - Ho già raccontato io,
  sergente. Comunque il culo mi ha fatto male fino a ieri sera. - Non è stata considerata
  una ferita da guarire, altrimenti l’avrebbero riparata. - No. C’è un momento di pausa,
  poi Gustav aggiunge: - Ma non mi dispiaceva
  avere male al culo. Era… Gustav non sa come
  proseguire, ma John è abbastanza sicuro di aver capito dove vuole andare a
  parare Gustav. Sorride. - Possiamo rinnovare il
  male al culo in qualunque momento. Gustav lo guarda, in
  silenzio. Poi annuisce, senza dire nulla. John sente il desiderio afferrarlo:
  è una mano che gli stringe i coglioni e gli mozza il fiato. La sua voce è
  roca mentre dice: - Vieni in camera mia,
  Voller. Gustav annuisce
  nuovamente. Segue John Miller nella stanzetta. John chiude la porta, poi
  si volta verso Gustav, si avvicina a lui, gli prende la testa tra le mani e
  lo bacia. Gustav non si aspettava di essere baciato dal sergente. È la prima
  volta che un uomo lo bacia. Accoglie nella bocca la lingua, che avanza decisa. John lo spinge contro il
  muro, il corpo del sergente preme contro il suo, mentre le mani si muovono in
  fretta, avide, impazienti, aprendogli la camicia e poi i pantaloni. Gustav lo
  lascia fare, poi si mette anche lui al lavoro. Presto sono entrambi nudi, i
  cazzi in tiro. Si accarezzano, si stringono, si baciano, finché il sergente
  mette le mani sulle spalle di Gustav e lo guida ad inginocchiarsi davanti a
  lui. Gli accarezza il capo, mentre Gustav accoglie nella bocca la cappella e
  incomincia a succhiarla. Ogni tanto la lascia e la guarda: gli piace vederla
  così grande, quasi violacea e lucida di saliva. Ci passa sopra la lingua, poi
  riprende a lavorare con le labbra. Le sue mani stuzzicano i coglioni. Sono
  voluminosi, duri, coperti da un pelame fitto. È bello giocherellare con
  queste due grosse palle, stringerle. A John sfugge una bestemmia, quando
  Gustav preme un po’ troppo. Gustav passa le mani sul culo del sergente, lo
  stringe con forza. - Ora, Gustav. Il sergente gli mette una
  mano dietro il collo, impedendogli di ritrarsi, e Gustav sente il fiotto
  riempirgli la bocca. Inghiotte. È la prima volta che beve lo sborro di un
  uomo, ma non gli dispiace, perché è quello di John.  John gli accarezza i
  capelli, poi si china su di lui e lo fa alzare. Lo bacia di nuovo, gli
  afferra il cazzo duro e lo stringe con forza. Muovendo la mano lo guida al
  piacere. Lo sborro schizza sul
  ventre del sergente, che lo raccoglie con le dita, poi le porge a Gustav
  perché le pulisca. Gustav apre la bocca e lecca con cura. Il sergente lo spinge sul
  letto. È brutale, non chiede, ma a Gustav va bene così. Ora Gustav è disteso sul
  letto e il sergente gli sta mordendo con forza il culo. Poi gli passa la
  lingua sul solco, indugia sul buco del culo. Gustav geme. Poco dopo il cazzo
  del sergente preme contro l’apertura e scivola dentro.  - Merda! Il sergente ride, una
  risata roca che è una carezza ruvida sulla pelle. John si muove piano. Il
  dolore cresce, il piacere anche, indissolubilmente legati. Il sergente
  procede a lungo. Gustav si dice che questa volta avrà male al culo per un mese.
  Ma va bene così. Va bene così. Queste mani che gli pizzicano il culo, lo
  accarezzano, lo stringono, questa bocca che si posa sulla sua nuca, che gli
  morde la spalla, che gli bacia l’orecchio, questo cazzo che gli scava nelle
  viscere. Questa è la perfezione. Gustav sente il piacere
  esplodere e subito dopo le spinte di John diventano più violente e rapide e
  il seme gli riempie il culo. - Tutto bene, Gustav? - Sì, è perfetto. Il sergente si mette sulla
  schiena e guida Gustav a stendersi su di lui. Lo accarezza, piano. Gustav
  sente contro il culo che il cazzo di John sta tornando duro. Non hanno finito
  con i loro giochi, ma adesso una pausa fa bene. Gustav dice: - Mi spiace che ti abbiano
  torturato e umiliato… - Il dolore era piacere,
  lo sai. Quanto alle umiliazioni, chi se ne fotte? - Era… era la prima volta
  che te lo beccavi in culo?   John ghigna. - No, certo che no. Nel
  periodo di licenza partecipo sempre alle cacce. - Alle cacce? - Caccia all’uomo, in cui
  fai da preda e da cacciatore. Chi ha la meglio fa quello che vuole della
  preda. E prima di ammazzare la preda ci si diverte. - Non pensavo… non pensavo
  che su questo pianeta… Vega99 intendo, si facessero cacce,
  cose di questo genere. - Se preferisci passare le
  notti in discoteca o al mare a prendere il sole, puoi farlo. Ognuno fa quello
  che cazzo gli pare. Ma sai che ci piace uccidere. Ed essere uccisi ci fa
  godere. Per cui, che cosa è meglio di una bella caccia? Gustav non è molto
  convinto, ma si limita a dire: - Vedremo. Tanto ci vorrà
  parecchio tempo prima che io vada in licenza. - Io ci andrò tra pochi
  giorni. Gustav avverte una fitta.
  Pensa che le loro strade si separeranno di nuovo e questa volta
  definitivamente. Ma John dice: - Prima di andarmene,
  però… c’è una cosa che vorrei definire… C’è una pausa. Gustav
  attende. - Gustav, che ne diresti
  se chiedessimo di essere inviati sullo stesso pianeta? Sempre che non ti
  spiaccia avere spesso male al culo. Gustav sorride.  - Mi sembra un’ottima
  idea. 2019  |