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   Doppio gioco 
 Miguel Orrispo
  è tornato a casa, quando nessuno se lo aspettava. Ha detto che gli hanno dato
  alcuni giorni di licenza. Mercedes è molto contenta, era oltre un anno che non vedeva l’ultimo dei suoi figli. Gli ha chiesto quanto
  può fermarsi, ma Miguel non ha dato una risposta precisa.  Ora che sono andati a
  dormire, Mercedes si rigira nel letto. È nervosa. C’è qualche cosa di strano
  in questo improvviso ritorno di Miguel, il ragazzo sembrava inquieto. Mercedes non riesce a
  prendere sonno. Dev’essere quasi mezzanotte quando
  sente un rumore di passi nella stradina. Mercedes si solleva a sedere, in
  apprensione. Il primo colpo alla porta le pare una fucilata sparata a
  bruciapelo. Continuano a battere, sembra che vogliano buttare giù l’uscio.  - Aprite o sfondiamo la
  porta! Urla e bestemmie
  accompagnano l’ordine. Mercedes si alza, tremante. Miguel è in piedi.
  Mercedes lo guarda, vorrebbe chiedergli che cosa deve fare. Miguel le dice: - Apri. Sono i gendarmi. Entrano e
  si buttano su Miguel. Gli mollano due pugni che lo fanno cadere a terra. Due calci ben piazzati gli strappano un grido. Per un
  attimo Mercedes rimane paralizzata, poi si aggrappa ai soldati, cerca di
  fermarli. - No! Che fate? Perché? Ma gli uomini la spingono
  via, senza curarsi di lei. È il sergente Mallorca a
  parlare:  - Alzati, bastardo!
  Credevi di poter fuggire, stronzo?! E ti sei pure
  nascosto in casa? Povero coglione! Miguel si alza, una smorfia di dolore in faccia. - Vestiti, stronzo, che ti
  portiamo in prigione. Mercedes continua a
  chiedere, a implorare, ma nessuno bada a lei. Solo Miguel le dice: - Taci,
  mamma. Non ti preoccupare. Lo trascinano fuori e
  prendono la strada che dal villaggio scende verso il fondovalle. Non lo
  porteranno in città questa notte, ci vogliono almeno otto ore di marcia.
  Raggiungono un posto di guardia, a due ore di strada dal villaggio, e si
  fermano lì a riposare. C’è una piccola camera, per il sergente e i tre
  soldati, ed una specie di ripostiglio, in cui viene
  rinchiuso Miguel. Il sergente fa distribuire un po’ di vino, poi si mettono a
  dormire: è notte fonda e sono tutti stanchi. Un soldato rimane fuori,
  per il turno di guardia, anche se non sarebbe necessario: nessuno verrà certo
  a liberare un disertore. Ed infatti Ramón Gomez non è molto vigile. A svegliarlo è la mano
  che gli tappa la bocca, ma non fa in tempo a capire ciò che sta succedendo,
  che il coltello già gli recide la gola. Miguel attende che il
  corpo non dia più segni di vita. Allora lo mette seduto contro la parete:
  vedendolo, alla scarsa luce delle stelle, si direbbe che dorma. Poi Miguel
  pulisce il coltello sulla divisa e si allontana in fretta: se i soldati lo
  ritrovano, la sua vita non vale nulla. Miguel non risale verso il
  suo paese, ma prende un altro sentiero, dirigendosi verso il passo delle
  Capre. Sono passate due ore
  quando José, uno dei soldati, si sveglia ed esce per pisciare. Ghigna vedendo
  che il suo compagno è seduto e sembra dormire. Quando però ha finito, si dice
  che è meglio svegliarlo. Non manca molto all’alba e il sergente si incazzerà
  se scopre che Ramón dorme invece di fare la
  guardia. José si china e mette una mano sulla spalla per scuotere Ramón, ma il corpo scivola a terra.  - Che cazzo,
  Ramón… José si curva sul cadavere
  e vede lo squarcio alla gola. - Merda! Entra urlando nella
  stanzetta. In un attimo sono tutti in piedi, ancora intontiti dal sonno. Il sergente Mallorca è furibondo: - Gli ha tagliato la gola.
  E come s’è procurato quel cazzo di coltello? E come s’è liberato dalle corde?
  Merda! Io vi faccio mettere tutti e tre agli arresti, coglioni che non siete
  altro. Alla corte marziale, stronzi, alla corte marziale finite,
  figli di puttana! Il sergente insulta e
  grida. Gli uomini non sanno che cosa dire.  - Non poteva avere un
  coltello, lo abbiamo perquisito. Il ceffone che colpisce
  Pascal, quasi lo scaraventa a terra. - Coglione! L’hai
  perquisito bene! Porcoddio! Proprio bene! Ne risponderai alla corte marziale,
  rottinculo! José suggerisce: - Mettiamoci alla ricerca.
  Non può essere andato lontano. - Non può essere andato
  lontano, stronzo? Quest’altro pezzo di merda che s’è fatto ammazzare è freddo
  ormai. E dove lo cerchi, coglione? - Torniamo al villaggio… José non finisce la frase:
  il colpo lo fa davvero cadere al suolo. - Stronzi! Manica di
  incapaci! Buoni solo a bere, a dormire quando siete di guardia ed a farvelo mettere in culo, finocchi di merda! Pensi che
  quello sia tornato a casa, per farsi prendere di nuovo da tre rottinculo come voi? Miguel è stanco. Sono tre
  giorni che cammina. Si muove soprattutto la notte, per sicurezza. Sa
  benissimo che lo stanno cercando, ma sa anche che trovare un uomo in questo
  intrico di valli di montagna non è facile. La gente del posto non collabora
  volentieri con l’esercito. Miguel ha una meta
  precisa: la valle del Rojas, dove vive il Lobo, il
  Lupo. Non è un buon posto per un soldato. Il Lobo è il più temibile dei
  briganti che infestano la Sierra, il peggior figlio di puttana che una donna
  abbia mai partorito. Contrabbandiere, assassino, ladro, stupratore. Miguel sa
  benissimo che il Lobo potrebbe farlo ammazzare solo perché non gli piace la
  sua faccia.  Per un disertore e un
  assassino, la valle del Rojas è il posto migliore
  per nascondersi. L’esercito non vi penetra quasi mai: tutti hanno paura del
  Lobo, che già due volte ha fatto strage delle squadre mandate a catturarlo.
  Una terza volta l’esercito è intervenuto con un grande spiegamento di forze,
  ma i banditi si sono spostati senza difficoltà in altre valli, aspettando che
  la tempesta passasse. Dopo che le truppe si sono ritirate, il Lobo ha ripreso
  il controllo del territorio.  Adesso un altro ufficiale ha preso il comando delle operazioni contro il Lobo: il
  tenente Vargas. È assai più abile di quelli che
  l’hanno proceduto e il Lobo ha capito di avere un nemico maledettamente
  pericoloso. Per due volte Vargas è riuscito a
  catturare un gruppo di uomini che il Lobo aveva inviato in missione. Li ha
  fatti giustiziare tutti e le loro teste sono state infilzate su pali nei
  villaggi da cui provenivano. La gente ha paura di Vargas,
  ora, ma la valle del Rojas è ancora un rifugio
  sicuro per chi vuole sfuggire all’esercito. Purché il Lobo lo voglia. Miguel si è steso a
  dormire ai piedi di un albero. La stanchezza lo aiuta a prendere sonno,
  nonostante la tensione: sa benissimo che gli uomini del Lobo lo hanno
  avvistato e che si faranno vivi. Ora la sua vita è appesa ad
  un filo, nelle mani di un assassino. Gli sembra di essersi
  appena addormentato quando lo svegliano con un calcio. Miguel si mette a
  sedere. Tre uomini gli stanno
  puntando addosso i loro fucili. Non può vederli in
  faccia, sono solo ombre scure contro un cielo nuvoloso.  - Chi sei? E che cazzo
  vuoi, qui? Miguel risponde: - Mi chiamo Miguel, Miguel
  Orrispo. I soldati mi danno la caccia. Se mi
  beccano mi ammazzano. - Che hai fatto? A parlare è sempre lo
  stesso uomo. - Ho disertato e quando mi
  hanno preso, ho ucciso uno di loro per scappare. - Bella storia. - È la verità. - Vieni con noi. Sei ha
  mentito puoi dire le tue preghiere. Un uomo lo perquisisce e
  gli sequestra il coltello, poi si avviano. Miguel si lascia condurre, senza
  dire nulla. Sa benissimo che non saranno loro a decidere, ma il Lobo. Domani
  mattina lo incontrerà. Miguel
  passa quel che resta
  della notte chiuso in un’altra stanza. È la seconda volta in quattro giorni
  che è chiuso in una stanza e qualcuno veglia fuori dalla porta. Ma Miguel non
  ha intenzione di scappare. Questa è la sua meta. La sua vita è nelle mani di
  Dio, come si dice, ma Miguel non crede in Dio. Il Lobo sa già di questo
  disertore che ha ammazzato un soldato per scappare. Il Lobo è sempre al
  corrente di quello che avviene nella Sierra: ha informatori in tutte le valli
  e le notizie gli arrivano in fretta. I soldati sono alla ricerca di Miguel e
  il Lobo sapeva che il fuggitivo si stava dirigendo verso il vallone del Rojas. Lo aspettava: ha un conto in sospeso con
  quest’uomo che non ha mai visto. Ramón Gomez, il soldato che Miguel ha ucciso
  per fuggire, era un uomo del Lobo, uno di quelli che fanno
  il doppio gioco. Un uomo utile, quello che gli ha permesso di sorprendere e
  massacrare il secondo dei due distaccamenti inviati a catturarlo. Altri possono prendere il posto del morto, ma al Lobo la faccenda ha
  fatto girare i coglioni. D’altro canto un uomo deciso, in grado di eludere la
  sorveglianza di quattro soldati e un sergente e di ammazzare una sentinella,
  può sempre tornare utile. Il Lobo deciderà il da
  farsi quando vedrà Miguel. Può farlo ammazzare subito o può
  decidere di servirsene. Vedrà come gli gira. Seduto sulla sedia, il
  Lobo osserva Miguel. Il primo pensiero che gli è venuto in mente, quando l’ha
  visto, è che il ragazzo è proprio bello. Questo pesa a favore di Miguel, non
  poco: il Lobo non fa mistero dei suoi gusti ed
  apprezza un bel culo non meno di una bella fica.  Un’altra cosa che gli
  piace è che il ragazzo non sembra avere paura: rimane diritto, fermo, lo
  guarda negli occhi, senza che gli tremino le mani, senza neppure sbattere le
  palpebre. Ramón Gomez è stato un coglione a farsi
  tagliare la gola: aveva solo da stare in guardia, che poi era il suo compito,
  e con questo epitaffio la faccenda è liquidata. - Che cazzo cerchi, qui,
  ragazzo? - Un posto in cui
  l’esercito non mi trovi, comandante. Il Lobo si fa chiamare
  comandante, questo lo sanno tutti, e al Lobo piace che il ragazzo lo chiami
  così.  - Perché ti cercano? Il Lobo non avrebbe
  bisogno di chiedere, ma vuole sentire che cosa ha da dire il ragazzo, per
  farsi un’idea di lui. - Ho disertato. E quando
  mi hanno preso, a casa mia, ho ammazzato un soldato per scappare. - Hai disertato e sei
  stato tanto coglione da tornartene al tuo paese? Sei una testa di cazzo! - Non credevo che
  arrivassero subito, pensavo che avrebbero scoperto la mia fuga solo a sera:
  avevo avuto l’incarico di portare un messaggio in un altro paese e sarei
  dovuto tornare in caserma solo il giorno dopo. Avevo tutto il tempo di
  passare da casa e poi andarmene prima che mi venissero a cercare. Ma qualche
  cosa non ha funzionato, hanno capito che me ne n’ero
  andato già nel pomeriggio. E sono venuti subito a prendermi. Il Lobo scuote la testa. - Perché hai disertato? - Il sergente Mallorca ce l’aveva con me. Da
  quando mi avevano trasferito alla guarnigione di Cerro Alto era un inferno.
  Non ne potevo più di punizioni e maltrattamenti. - Perché ce l’aveva con te? - E che ne so? È un figlio
  di puttana. Il Lobo annuisce. Mallorca ha guidato le truppe che hanno sorpreso dodici
  dei suoi uomini e li hanno ammazzati tutti. È davvero un figlio di puttana,
  al comando del Vargas. - Per rimanere qui,
  bisogna darsi da fare, ragazzo. Devi lavorare per me e questo comporta rischi. - Non ho paura, comandante. Mi metta alla prova. Il Lobo annuisce.  - Lo farò. Vedremo se hai
  i coglioni.  Il Lobo si dice che prima
  di provare se il ragazzo ha i coglioni, vuole gustare il suo culo. Allora
  aggiunge: - Devi obbedirmi in tutto.
  Pretendo un’obbedienza assoluta. Mentre lo dice, si accarezza
  con la destra la patta dei pantaloni. Miguel risponde senza esitare: - L’avrà,
  comandante. Il Lobo annuisce. È
  soddisfatto. - Va bene. Ti affido a
  Pablo, che ti darà il necessario. Questa sera, dopo cena, ti accompagnerà da
  me. Miguel sa che cosa
  significa l’ultima frase. Se lo aspettava. Già prima di spingersi quassù,
  sapeva benissimo che il Lobo, se non l’avesse ammazzato subito, lo avrebbe
  inculato. Ne avrebbe fatto volentieri a meno, ma la faccenda non lo
  impensierisce troppo: a Miguel piacciono i maschi ed
  il Lobo è un bel maschio, vigoroso. Alla luce del lume a
  petrolio, il tenente Pedro Vargas finisce di
  spogliarsi. Ora è nudo, davanti allo specchio. Il tenente non è tipo da
  guardarsi spesso allo specchio. Ha ben altro a cui pensare e non è che si
  curi del suo aspetto: si limita a controllare che la divisa sia in ordine,
  quando è nella capitale e deve presentarsi agli alti comandi o in un
  ministero o, se proprio non riesce a evitarlo, ad un
  ricevimento. Ma Pedro Vargas frequenta poco la capitale,
  è un uomo d’azione, non mira a far carriera, non gli interessa l’alta società. Abitualmente a Pedro Vargas poco importa della sua faccia o del suo corpo. Sa
  di non essere un bell’uomo: il viso ha lineamenti troppo marcati,
  che gli danno un’espressone quasi feroce. Il corpo è forte, ma un po’
  appesantito e segnato da diverse cicatrici. Oggi però Pedro si osserva e non
  è contento di ciò che vede. Pedro guarda il proprio cazzo, di tutto rispetto: non a caso lo chiamano il Toro.
  Senza rendersene conto si accarezza i coglioni,
  grossi e pelosi, poi li stringe con forza. Il tenente Vargas
  non è uomo da farsi le seghe. Fino a qualche tempo fa scopava molto spesso,
  se non era impegnato in qualche azione: nella sua posizione non ha mai avuto
  difficoltà a trovare un bel culo. Ma da due mesi Pedro non scopa. Molte cose
  sono successe nell’ultimo anno e gli hanno cambiato la vita, in modo
  inatteso. L’ultima è l’incarico che ha ricevuto, proprio due mesi fa:
  eliminare il Lobo e riportare la Sierra sotto il controllo del governo.  Quando gli è stato
  assegnato questo compito, Vargas si è dovuto
  separare dall’uomo con cui aveva condiviso quasi ogni notte nei dieci mesi
  precedenti, l’uomo di cui è innamorato, anche se Pedro fa fatica ad
  ammetterlo. L’amore non è mai entrato nei suoi progetti, nei suoi interessi.
  Uomo d’azione, Pedro non ha mai pensato di potersi innamorare. Ma l’amore è
  arrivato, inatteso, lo ha preso alla sprovvista e lo
  ha sopraffatto: ogni resistenza è stata del tutto inutile, anche se Pedro non
  lo ammetterebbe mai. E ora la lontananza dall’uomo che ama lo fa impazzire.
  Non pensava che fosse possibile. Roba da romanzi per signore, non da uomini.
  Eppure è successo. Appena ha ricevuto
  l’incarico, Vargas si è trasferito nella provincia
  di Magdalena e ha avviato una serie di manovre, che hanno avuto un notevole
  successo: ha inferto alcuni colpi al Lobo,
  rivelandosi un avversario temibile. Vargas sa
  benissimo che non ha vinto nessuna battaglia decisiva. Ormai il Lobo lo
  conosce e sta in guardia: questo significa che non sarà facile ottenere altri
  successi. Ma Vargas mira in alto, molto in alto:
  lui vuole arrivare al Lobo e sa come riuscirci.  Ora però non è a questo
  che pensa, ora il desiderio lo tormenta. Pedro Vargas
  pensa all’uomo che ama e il cazzo gli si irrigidisce. Pedro si accarezza con
  la destra, rabbioso. Guarda la cappella che svetta, turgida e rossastra. La
  sinistra stringe i coglioni, senza delicatezza. Fa male, ma la tensione
  cresce. Questo desiderio selvaggio, che non riesce a spegnere, lo fa impazzire.
  La destra scorre lungo il cazzo con un movimento brusco. Dai coglioni
  martoriati sale un dolore sordo, come se la sinistra volesse spegnere
  l’eccitazione che la destra suscita, ma non è così: il dolore non fa che
  rilanciare il piacere e Pedro Vargas viene. Il seme
  schizza in alto, abbondante, ricadendo sullo specchio. Il tenente lo vede
  scivolare sulla superficie. Si guarda la mano sporca che ancora stringe il
  cazzo, da cui escono le ultime gocce. Si fissa negli occhi, furente. Nella sua stanza il Lobo
  osserva Miguel. Sì, l’impressione della mattina era giusta: è davvero un bel
  ragazzo. - Ti ho detto che pretendo
  obbedienza assoluta, ragazzo. Miguel annuisce.  - Spogliati. Miguel, senza distogliere
  lo sguardo dal Lobo, si toglie la giacca e la camicia, poi le scarpe, i
  pantaloni e le mutande e rimane nudo davanti al Lobo. Il Lobo annuisce. Un
  corpo giovane, snello, armonioso. La sua voce è roca, quando dice: - Voltati. Miguel obbedisce. - Hai un bel culo, ragazzo. Miguel non dice nulla. Il Lobo gli si avvicina,
  gli si mette davanti. - Spogliami. Le mani di Miguel si
  posano sul giubbotto del Lobo, lo sfilano, poi sciolgono i lacci della
  camicia, scendono fino ai fianchi in una carezza, afferrano l’indumento e lo
  sollevano. Il Lobo alza le braccia per permettergli di sfilare la camicia e
  Miguel sente l’odore, intenso, di sudore. Il desiderio lo prende,
  sale dai coglioni. Miguel lascia cadere a
  terra la camicia e la sua bocca bacia il Lobo alla base del collo. Miguel
  annusa l’odore di quel corpo, un odore di bestia
  selvatica. Miguel passa le mani sul torace, mentre le labbra avvolgono un
  capezzolo e i denti lo mordono.   Il Lobo sussulta. Il
  piacere è intenso e del tutto nuovo. Scopare per lui è infilare il cazzo in
  un buco, fica o culo che sia, magari in una bocca. Ma il ragazzo sembra
  conoscere altre cose. Miguel succhia anche
  l’altro capezzolo, lo mordicchia, poi le sue labbra scivolano sul petto del
  Lobo, in un bacio che scende fino alla cintura, mentre Miguel si inginocchia.
  Le mani di Miguel aprono la fibbia e poi abbassano i pantaloni del Lobo.
  Davanti agli occhi di Miguel c’è il cazzo del bandito, che si sta drizzando.
  Miguel soppesa i coglioni, li stringe delicatamente, poi le sue mani
  accarezzano il cazzo e la sua bocca si avvicina. Sente l’odore di sudore, di
  piscio e di seme. A Miguel piace. Le sue labbra si posano sulla cappella, poi
  l’avvolgono completamente, mentre la lingua l’accarezza. Il Lobo geme. Il
  desiderio si dilata, dalla cappella si espande a tutto il cazzo, ai coglioni,
  al ventre, è un fuoco che gli brucia nelle viscere. Il Lobo chiude gli occhi.
  Voleva incularlo, ma si rende conto che sta per venire. Va bene, va bene così. Non potrebbe dirgli di smettere ora, vuole
  sentire la lingua che gli accarezza la cappella, le labbra che succhiano
  avidamente, i denti che stuzzicano, la mano che avvolge i coglioni, l’altra
  che preme dietro la sacca. Il Lobo chiude gli occhi.  Il piacere è
  un’esplosione, si moltiplica in una serie di ondate sempre più violente, che
  poi lentamente scemano, fino a lasciare il Lobo senza fiato. Il ragazzo ha bevuto il
  suo sborro, fino all’ultima goccia, e la sua lingua ancora lavora la
  cappella, ma il Lobo si ritrae: ora quella carezza è intollerabile. Il
  ragazzo sa come far godere un uomo. - Finisci di spogliarmi, ragazzo. Miguel ubbidisce. Ora sono
  entrambi nudi, il Lobo in piedi, Miguel ancora in ginocchio davanti a lui. Il
  Lobo si stende sul pagliericcio. - Stenditi accanto a me. Miguel esegue. Il Lobo
  vuole vedere che cos’altro sa fare il ragazzo. Non gli dice niente, ma Miguel
  prende ad accarezzarlo. Le sue dita scivolano sul torace e sul ventre,
  stuzzicando. A volte è il palmo a scivolare sulla pelle, altre volte solo due
  dita che sfiorano appena. Miguel avvicina il suo viso a quello del Lobo, gli mordicchia
  un orecchio, gli passa la lingua dentro, dietro. Al Lobo sfugge un piccolo gemito di piacere. È bellissimo stare così,
  lasciare che quelle mani esperte e quella bocca insaziabile riaccendano di
  nuovo il desiderio. Il ragazzo lavora a lungo. Ci sa fare,
  cazzo!  Il Lobo sente che sta di
  nuovo per venire, ma vuole possedere Miguel, vuole
  prenderlo. E allora gli ordina: - Adesso voltati! La voce è roca di
  desiderio. Miguel obbedisce. Il Lobo guarda il culo del ragazzo. È un bel
  culo. Le sue mani stringono le natiche. Si inumidisce il cazzo. Passa due
  dita umide sul buco, poi avvicina la cappella all’apertura. Sorride ed entra,
  con lentezza. Vuole assaporare ogni momento. È bellissimo. Spinge più a fondo
  e il ragazzo geme. È un gemito di piacere, il Lobo lo sa benissimo. Imprime
  un’ultima spinta e ora il cazzo è tutto dentro il culo del ragazzo. Il Lobo
  prende a muoverlo, avanti e indietro, con un movimento regolare. La tensione
  cresce e quando è sul punto di esplodere, il Lobo si ferma. Troppo bello è il
  momento, troppo forte il piacere. Vuole farlo durare il più possibile. Ma la
  terza volta il desiderio gli prende la mano e le
  spinte diventano più intense. Il Lobo emette un unico verso, roco, a cui
  risponde un gemito del ragazzo. Infine il Lobo sente l’esplosione del piacere
  che lo squassa. Spinge ancora con più forza, poi si affloscia sul corpo di
  Miguel. Sente che il ragazzo geme più forte. Anche lui è venuto.  Quando ha ritrovato il
  fiato, il Lobo dice: - Sei davvero una vacca,
  ragazzo. Il ragazzo risponde subito: - E lei è davvero un gran
  toro, comandante. Miguel ride. Il ragazzo ha
  la risposta pronta, ma non si prende troppa confidenza. Il Lobo esce da lui,
  guarda ancora il culo, la peluria leggera che lo vela, il solco, l’apertura
  che ha violato. È venuto due volte, ma il desiderio
  non è completamente spento. Con due dita preme sul buco, entra. Miguel geme
  di nuovo. Il Lobo ride. Ritira le dita. - Ora vestiti e va a
  dormire con gli altri. Questa è la regola, da
  sempre. Nessuno rimane a dormire nel letto del Lobo. Miguel obbedisce. Si
  riveste rapidamente, lascia la camera del Lobo e scende al piano terra, dove
  dormono gli uomini del Lobo. Nella stanza l’aria è greve dell’odore di corpi
  mal lavati. Sembrano dormire tutti, ma quando Miguel si stende sul suo
  pagliericcio, il suo vicino, Matías, gli sussurra: - Come va il culo, ragazzo? - Fatti i cazzi tuoi. Matías ride. In
  effetti il culo è un
  po’ indolenzito. Miguel si stende sulla schiena e riflette, prima di
  abbandonarsi al sonno. Il Lobo non lo farà ammazzare e di sicuro lo chiamerà
  ancora presso di sé. Due buone cose. Quanto a ciò che riserva il futuro, è
  ancora presto per poter capire. Il Lobo si sveglia con il
  cazzo duro. È venuto due volte, ieri sera, ma Miguel
  è tornato a visitarlo nei sogni ed il desiderio preme di nuovo. Il Lobo
  chiama, senza alzarsi dal pagliericcio. - Ignacio!
  Vieni qui. Ignacio, il suo servitore, entra. Vedendo il
  Lobo nudo sul letto, il cazzo in tiro, intuisce immediatamente. Aspetta solo
  che l’ordine venga formulato. - Vammi a prendere il
  ragazzo, quello che era qui ieri sera. È con gli altri. Miguel si è appena alzato,
  quando Ignacio arriva a dirgli che il comandante lo
  vuole. Matías ridacchia e gli dice che avrà male al
  culo per tutta la settimana. Miguel lo ignora. Il Lobo lo guarda entrare.
  Sorride. Non dice nulla. Rimane disteso, nudo, il cazzo teso allo spasimo.
  Miguel si spoglia in fretta e si avvicina. Prende le gambe del Lobo per le
  caviglie e le allarga un po’, poi sale sul letto e si inginocchia nello spazio
  che ha creato. Si china in avanti e la sua lingua incomincia a scorrere lungo
  l’asta tesa, prima da una parte, poi dall’altra. Scende ai coglioni e lavora
  con delicatezza, poi risale, percorre nuovamente il cazzo, questa volta da
  davanti, fino alla cappella. Le mani intanto accarezzano il corpo, stuzzicano
  i capezzoli, li maltrattano. Poi Miguel si protende in avanti, lasciando la
  cappella umida di saliva, e la sua lingua si infila nell’ombelico, risale sul
  ventre e poi lungo il torace, lecca i capezzoli, raggiunge il collo. Il Lobo
  chiude gli occhi, stordito dal piacere che lo investe e lo priva di forze.
  Miguel gli mordicchia una guancia, il lobo di un orecchio, poi la sua lingua
  ritorna sul collo.  - Stenditi. Voglio il tuo
  culo. La voce del Lobo è strozzata, ma Miguel non obbedisce. Si bagna due dita e le
  passa tra i fianchi, inumidendosi l’apertura. Poi, si siede sul ventre del
  Lobo. Al contatto del culo di Miguel sul cazzo, il Lobo mugola di piacere.
  Miguel si solleva sulle ginocchia, prende il cazzo del bandito con la mano e
  si abbassa, infilzandosi sull’arma tesa. Affonda lentamente e per il Lobo è
  una voragine di piacere, in cui precipita. Miguel si solleva e poi si
  abbassa, con una lentezza estrema, ed il Lobo
  vorrebbe urlare. Mai ha goduto così. Miguel si muove
  ritmicamente, mentre le sue mani torturano i capezzoli del Lobo, gli
  accarezzano la faccia, si infilano tra i capelli, tra il vello che ricopre il
  torace. Il Lobo sente l’esplosione del piacere che cancella la stanza ed il mondo intero. Le sue mani stringono convulsamente i
  fianchi di Miguel e la sua voce, roca, grida il suo nome. Per diversi giorni il Lobo
  chiama Miguel ogni sera. Non gli era mai successo, ma il ragazzo ci sa fare,
  con le mani e con la bocca, e ha un bel culo. Un gran bel culo. Di giorno,
  Miguel è uno dei tanti della banda: mangia e dorme con gli altri e viene
  impegnato in qualche azione. Per il momento il Lobo si muove con prudenza: sa
  che quel figlio di puttana del Vargas lo aspetta al
  varco. Il bandito sospetta che qualcuno dei suoi uomini possa fornire
  informazioni all’esercito: niente di strano, anche lui ha alcuni informatori
  tra i soldati. Ma adesso, di fronte a un avversario temibile, deve essere
  cauto. Qualcuno però, vedendo che
  il Lobo è meno attivo, cerca di approfittarne. Il Calobre,
  ad esempio, un bandito di mezza tacca che ha assalito alcuni villaggi
  sperduti: qualche donna violentata, qualche uomo ucciso, qualche casa
  incendiata. Le stesse cose che fa il Lobo, ma su
  scala ridotta: quel coglione ha pochi uomini, non duecento, ai suoi ordini.
  Il problema è che il Calobre agisce in quello che
  il Lobo considera il suo territorio. Il Lobo guarda Miguel. Gli
  piace il ragazzo: sempre attento, serio, rispettoso. Come se non scopassero
  insieme da quindici giorni, come se ieri sera non gli avesse leccato il culo
  fino a farlo urlare di piacere. Non gli era mai successo, l’idea gli sarebbe
  sembrata ridicola, ma al pensiero di quella lingua che gli accarezzava il
  solco e premeva sul buco, al Lobo sta tornando duro. - Miguel, voglio vedere
  che cosa sai fare.  - Mi dica,
  comandante. - Nel vallone di Potrerillos si è stabilito il Calobre,
  un figlio di puttana che non ha ancora capito che nella Sierra comando io. Ti
  do sei uomini. Tu mi porti la testa del Calobre. Miguel ha sentito parlare
  del Calobre. Annuisce. - Sa dove si trova,
  esattamente, comandante? - Turrialba lo sa e vi
  guiderà fino alla sua casa. - Quanto ci vuole di qui a
  Potrerillos? Otto ore? - Anche meno, se non
  perdete tempo. - Se le informazioni sono
  esatte, domani sera le porto la testa di quel figlio
  di puttana.  Il Lobo gli assegna alcuni
  uomini. Vuole che sia Miguel a guidare la spedizione, per vedere come se la
  cava. Gli manda insieme Peludo, che è uno dei suoi
  uomini più fidati e gli riferirà tutto ciò che vede. Mentre dà le istruzioni,
  il Lobo pensa al culo di Miguel. Ce l’ha di nuovo
  duro e gli scoccia pensare che questa sera non scoperà con Miguel. Gli uomini stanno per
  partire, ma il Lobo richiama Miguel. Chiude la porta, lo volta, lo spinge
  contro la parete e gli abbassa i pantaloni. Inumidisce l’apertura e lo
  infilza deciso. Il ragazzo sussulta. Il Lobo gli stringe il culo con le dita,
  tanto da fare male, da lasciare i segni sulla pelle. Spinge con forza,
  estraendo tutto il cazzo e poi infilandolo di nuovo. Non dice nulla, nessuno dei due parla. Il Lobo spinge, accecato dal
  desiderio, finché il piacere non esplode. Allora si ritira. Mentre si rassetta, dice a
  Miguel: - Rivestiti e vai. Miguel pare intontito, ma
  esegue. Il Lobo vede che ce l’ha duro. Il ragazzo esce. Dalla
  finestra il Lobo lo guarda allontanarsi.    Ramón Turrialba guida il piccolo gruppo al
  vallone di Potrerillos. Sa esattamente dove dorme
  il Calobre, con i suoi uomini. Raggiungono il paese
  nel tardo pomeriggio e rimangono nascosti, osservando i movimenti dei
  banditi. Sono solo sette e vivono in una casa più grande delle altre, ai
  margini del paese. I proprietari l’hanno dovuta cedere, per evitare di
  perdere anche la vita. Quando scende la notte,
  Miguel dice ai suoi uomini di riposare. Li sveglierà lui. Tre ore dopo,
  quando la luna è tramontata, Miguel chiama gli altri e si dirigono in
  silenzio verso la casa. L’oscurità è fitta, ma il percorso è breve e non
  presenta ostacoli. C’è un uomo di guardia. Il Calobre
  non si sente del tutto sicuro, sa che il Lobo non è contento di avere
  qualcuno che agisce per conto proprio in quello che considera il suo dominio. La sentinella va avanti e
  indietro davanti alla casa, per non cedere al sonno. Miguel si avvicina in
  silenzio e si apposta dietro l’angolo. Sente l’uomo arrivare. Quando la
  guardia si volta, per tornare indietro, Miguel sbuca da dietro l’angolo e gli
  si avvicina alle spalle. Con la mano gli tappa la bocca, mentre il coltello
  taglia. È la seconda volta in quindici giorni che Miguel uccide un uomo a
  sangue freddo, recidendogli la gola. Non l’aveva mai fatto, prima. Miguel lascia cadere a
  terra il cadavere e va a chiamare gli altri.  Entrano nella casa. Ci
  sono solo due stanze: una a destra, dove secondo il loro informatore dorme il
  capo, ed una a sinistra, dove sono i suoi sei uomini. Miguel entra da solo nella
  camera del Calobre. La lanterna cieca lascia appena
  intravedere l’uomo che riposa su un pagliericcio. Miguel solleva uno degli
  schermi, illuminando il corpo nudo del bandito. Quando il Calobre
  si accorge della luce ed apre gli occhi, Miguel
  spara. Un unico colpo, che prende l’uomo vicino alla tempia sinistra. Il Calobre ha un movimento convulso e si affloscia. Altri
  colpi risuonano nella stanza vicina. Miguel va a controllare che i suoi
  abbiano fatto un lavoro accurato. I banditi sono tutti morti o agonizzanti,
  ma gli uomini del Lobo continuano a sparare: si divertono a fare il tiro al
  bersaglio, a guardare i cadaveri che ad ogni colpo
  paiono sussultare. Miguel ritorna nella
  stanza dove dormiva il Calobre. Si china, prende un
  lenzuolo e lo mette intorno al collo del morto, in modo da evitare di
  sporcarsi troppo mentre recide la testa. È la prima volta che decapita un
  uomo, ma non è poi così difficile, solo separare le vertebre richiede un
  certo sforzo. Mette la testa in una sacca e l’affida a uno dei suoi uomini.  Si allontanano
  indisturbati: gli abitanti del paese si guardano bene dall’uscire dalle loro
  case. Aspetteranno il mattino per andare a vedere che cosa è successo.
  Nessuno di certo rimpiangerà il Calobre e i suoi:
  getteranno i corpi in qualche dirupo, per gli avvoltoi. Miguel e i suoi uomini
  camminano due ore, poi si fermano a riposare. In
  mattinata riprendono la marcia e a mezzogiorno raggiungono il vallone di Rojas. Miguel consegna al Lobo la
  sacca. - Missione compiuta,
  comandante. Il Lobo apre la sacca.
  Guarda la testa del Calobre. Ride. Sputa sul viso
  del morto. - Bravo, ragazzo. Sei
  stato di parola. Adesso raccontami come è andata. Quando Miguel ha finito il
  resoconto, il Lobo lo fa salire in camera. Intende rifarsi dell’astinenza
  della sera prima. Non è stata davvero astinenza: al pensiero di Miguel, il
  cazzo era duro da fargli male. Ha chiamato un altro dei giovani, ma quelli
  sanno solo offrire il culo. Miguel è un’altra cosa.  Ora che sono uno di fronte
  all’altro, nella camera, il Lobo sorride. - Datti da fare, Miguel. Devi recuperare. Miguel inizia a spogliare
  il Lobo. Quando hanno concluso, il
  Lobo non dice più a Miguel di tornare a dormire con gli altri. È la prima
  volta che succede e la voce circola. Se ne parla tra i banditi, nei paesi. Ne
  parlano anche gli informatori.  - Quel disertore, l’Orrispo, quello che ha ammazzato un soldato, è diventato
  l’uomo del Lobo. Dorme con lui tutte le notti. Vargas annuisce. L’uomo continua: - Il Lobo lo ha mandato ad
  ammazzare il Calobre. Orrispo
  gli ha portato la testa in una sacca. Li hanno fatti secchi tutti, gli uomini
  della banda. Vargas annuisce di nuovo; il sergente Mallorca, che è l’unico ad assistere al colloquio,
  commenta:  - Ci ha fatto un favore.
  Qualche figlio di puttana di meno da eliminare. Vargas infine chiede: - C’è altro?  L’uomo si stringe le
  spalle. - Niente. Il Lobo non fa
  niente. Si limita a mandare i suoi uomini a riscuotere dai contadini e dai
  pastori quello che gli devono dare, qualche minaccia a chi mugugna… ah! Dimenticavo: hanno ammazzato un oste giù a Bocas de Toro, ma questo già lo saprete. Vargas storce la bocca. L’oste era un altro
  informatore, ma è stato scoperto dal Lobo. L’hanno ritrovato con i coglioni
  in bocca in un fosso. Mallorca conclude: - Bada a non fare la sua
  fine, Chibos. Il Lobo ha deciso di
  mandare una spedizione a Muelle de los Bueyes, in gran segreto. Si
  tratta di attaccare la casa di un possidente e di fare bottino: denaro, oro,
  argenteria, la giovane figlia per cui poi chiederanno un riscatto, dopo
  essersi divertiti un po’. Il Lobo ne parla solo il
  giorno prima agli uomini che devono partire e raccomanda il silenzio a tutti:
  non vuole altre sorprese. Nessuno degli uomini torna
  indietro. Due giorni dopo arrivano le notizie: la spedizione è stata
  intercettata dai soldati di Vargas, che
  probabilmente erano a conoscenza del piano e hanno ucciso tutti i banditi.
  Poi li hanno decapitati ed hanno infilato le loro teste su pali all’ingresso
  del paese. È la terza volta che succede. Quel figlio di puttana di Vargas è maledettamente pericoloso. Non si può continuare
  così. Il Lobo ne parla con
  Miguel: ormai è il suo punto di riferimento. - Devo riuscire ad
  ammazzare quel figlio di puttana. Se ogni volta che mando i miei uomini, li
  uccide tutti, siamo fottuti. Questi stronzi mi tradiranno, lo stanno già
  facendo. Miguel annuisce. - Sì, me ne accorgo
  anch’io, c’è paura, malcontento. Ma non è facile
  ammazzare Vargas. Difficile che lasci Magdalena
  senza le truppe, non lo farà mai, e attaccare Magdalena richiederebbe un
  esercito, non duecento uomini che non sono abituati a combattere. - Bisogna attirarlo in una
  trappola. - Come?  - Già, come? Il Lobo ci pensa
  parecchio. Un’idea gli viene infine, due giorni dopo. Quando sono stesi sul
  pagliericcio, il Lobo dice a Miguel: - Dicono che a Vargas piacciano i ragazzi. - È vero. - L’hai sentito anche tu? - Sì, ero di guarnigione a
  Morrito, prima che mi mandassero a Magdalena, e là
  si dava alquanto da fare. - Quindi lo conosci. Miguel annuisce. - Certo, era lui il
  comandante a Morrito e poi anche a Magdalena, ma lì
  è arrivato dopo di me e ho avuto pochi contatti con lui. Di certo non ha
  cambiato gusti. Il Lobo lo fissa. Miguel
  si sente a disagio. - Voglio attirarlo in una
  trappola. Farlo venire a Pesé ed
  ammazzarlo. - A Pesé?
  Se ci verrà, ci verrà con centinaia di uomini. - Ci venga pure con
  migliaia. Lo farò fuori lo stesso. - Come? - So come introdurmi nel
  vecchio castello di Pesé, alla faccia di tutte le
  sentinelle. Una volta dentro, lo fotto. Il castello di Pesé è stato per un secolo un avamposto importante, ma da
  tempo ha perso la sua funzione ed ora serve come
  prigione e caserma. La presenza del Lobo nella zona gli ha restituito un
  certo ruolo, in quanto è la base militare più vicina al vallone del Rojas. La guarnigione è stata triplicata, ma non lascia
  mai la cittadina, senza un ordine di Vargas: tutta
  l’area circostante è pericolosa e Vargas non vuole
  perdere inutilmente uomini.    Miguel è stupito di quello
  che gli dice il Lobo: gli ingressi nel castello sono sicuramente tutti
  sorvegliati. - E come pensa di
  attirarlo nella trappola? - Questo lo farai tu, Miguel. - Io? - Gli piacciono i bei
  ragazzi, no? Miguel guarda il Lobo, in
  silenzio. Il bandito prosegue: - Andrai da lui. - Comandante, se mi
  avvicino a Magdalena, verrò preso e fucilato molto prima che abbia anche solo
  visto il tenente Vargas. - No, se lo informi che
  sai come catturare il Lobo. Miguel non risponde.
  Aspetta di capire che cosa ha in testa il Lobo. Ha la sensazione che la terra
  non sia ben ferma sotto i suoi piedi. - Doppio gioco, Miguel. Tu
  gli comunichi che intendi tradire me, se loro rinunciano a fucilarti e ti
  danno una certa somma di denaro. Mostrati avido. Vargas
  ci starà senz’altro, sarebbe disposto a vendere sua madre al diavolo per
  mettere le mani su di me. Ma in realtà tu lo attirerai in una trappola. Miguel annuisce. Ma il
  piano non gli è chiaro. - Che c’entra questo con
  il fatto che gli piacciono i ragazzi? - Lascia che ti fotta. Ti
  sarà più facile conquistare la sua fiducia. Devi esserci anche tu a Pesé, quella notte, nella camera del comandante. Io posso
  entrare nel castello, ma ho bisogno di qualcuno che sia nella sua stanza. Se
  vai a letto con lui, gli versi del sonnifero nel bicchiere e poi mi vieni a
  prendere dove io ti dirò. Tu potrai muoverti liberamente e quindi riuscirai a
  farmi arrivare nella camera. Quel figlio di puttana voglio
  ucciderlo con le mie mani. Miguel tace. China il
  capo. Lo rialza e fissa il Lobo negli occhi. Poi chiede: - E come faccio a farlo andare a Pesé? - Gli dirai che può
  sorprendermi vicino a Pesé. Che sai che io ho un
  incontro, diciamo tra un settimana, dieci giorni, e
  che non mancherò. - Non verrà certo da solo. - Lascia che venga con
  mille uomini. Io entrerò di nascosto nel castello e lo ammazzerò, con il tuo
  aiuto. Miguel annuisce. Il Lobo
  prosegue: - Quando troveranno il
  cadavere di Vargas, con il suo cazzo da toro e i
  coglioni in bocca, noi saremo già lontano da Pesé. Miguel guarda il Lobo. Fa
  segno di sì con la testa, lentamente, senza parlare.  L’ufficiale che ha chiesto
  di parlare con urgenza a Vargas entra nell’ufficio
  del tenente. Dopo i saluti, spiega il motivo del suo improvviso arrivo. - Un uomo del Lobo ci ha
  fatto sapere che vuole tradire e che può farci catturare quel bastardo. Vargas fissa l’ufficiale. Poi chiede: - Chi è quest’uomo? - Miguel Orrispo, un disertore che ha ammazzato uno dei nostri
  soldati. Pedro Vargas
  annuisce. Sa benissimo chi è Miguel Orrispo.  - È quello che è diventato
  il suo braccio destro, no? Ed il suo amante. Perché
  mai dovrebbe tradire il Lobo? - In cambio dell’impunità
  per l’omicidio del soldato e di una somma di denaro. Vargas ghigna. - Certo, c’era da
  aspettarselo. La vita sui monti è faticosa, meglio un buon gruzzolo da
  godersi andando a puttane in città. - Devo dargli una risposta
  domani, tenente. Un uomo verrà a ritirare un lasciapassare per lui, perché
  possa arrivare fin qui a trattare. Vuole parlare direttamente con lei. Vargas annuisce di nuovo. - Glielo daremo, il
  lasciapassare, ma se cerca di fare il doppio gioco, lo appendo per i coglioni
  all’asta della bandiera. L’uomo ha consegnato al
  Lobo quanto gli ha dato l’ufficiale di stanza a Remedios. - Cosa ti dicevo? Vargas ha risposto. C’è qui la lettera con il
  lasciapassare per te. Miguel annuisce. Sapeva
  benissimo che Vargas avrebbe risposto
  positivamente. Ma il pensiero lo turba. Molte cose in questa faccenda non gli
  piacciono, ma ha accettato di giocare e deve condurre il gioco fino in fondo. Parte subito: vuole
  raggiungere Magdalena entro la sera del giorno seguente.  Presenta il lasciapassare
  all’ufficiale della guarnigione di Remedios e
  quattro soldati a cavallo lo scortano fino a Magdalena. Miguel viaggia con un
  ampio cappello ed un mantello che lo coprono, perché
  nessuno possa vederlo in faccia: se qualcuno lo riconoscesse e la voce
  circolasse, il doppio gioco non sarebbe più credibile. Miguel arriva in serata e si presenta direttamente alla caserma. Lo
  accompagnano in una stanza, dove ci sono Vargas e
  tre ufficiali. Uno è il sergente Mallorca, che lo
  guarda in cagnesco. - Ecco qua l’uomo del
  Lobo, in persona.  La frase di Vargas è una staffilata. Sembra trasudare odio. Miguel alza le spalle.
  Deve recitare la sua parte. - Del Lobo mi sono rotto i
  coglioni. Ma so come farvelo catturare, se vi muovete. Vargas lo fissa, in silenzio. Poi dice: - E che cosa vuole l’uomo
  del Lobo in cambio del tradimento? Miguel fissa Vargas negli occhi: - Non pagare per la morte del
  soldato e avere il denaro per ricostruirmi una vita altrove. Qui non potrò
  rimanere. Un traditore non è mai al
  sicuro dove ha tradito, in effetti. - Quanti soldi vuole
  l’uomo del Lobo? Quell’ossessivo ripetere
  “l’uomo del Lobo” mette Miguel a disagio. Ogni volta è come uno schiaffo.  Miguel dice una cifra. Vargas ha una mezza risata. - L’uomo del Lobo vuole
  vivere bene. Dev’essere bravo a letto, il Lobo, per
  venderlo così caro. Miguel tace.  - Va bene, l’uomo del Lobo
  avrà quello che chiede, se catturiamo il Lobo. Altrimenti sarà fucilato. La voce di Vargas diventa dura: - Se hai raccontato una
  storia, ti farò pentire di essere nato, prima di ammazzarti. Miguel preferisce questa
  voce aspra all’ironia gelida di prima. Mallorca sibila: - Ed io ti strapperò i
  coglioni, figlio di puttana. Gli altri ufficiali non
  dicono niente. - Uscite tutti. Voglio
  restare solo con lui. Non dite una parola di questo incontro, a nessuno. I tre ufficiali escono. A
  Miguel pare di leggere odio nello sguardo di Pedro Vargas,
  un odio feroce. Non capisce. Perché? Anche la domanda lo
  sorprende: - Ti è piaciuto farti
  fottere dal Lobo? Fotte bene? Erano mille le cose che Vargas avrebbe potuto chiedere, a partire da come Miguel
  conta di far catturare il Lobo. Questa era l’ultima domanda a cui Miguel
  pensava di dover rispondere. Miguel apre la bocca, ma
  prima che abbia trovato le parole, l’ordine arriva: - Appoggiati alla
  scrivania e calati i pantaloni. Miguel guarda Pedro Vargas. Si fissano un buon
  momento, poi Miguel esegue, senza più fissare Vargas. Bocconi sulla scrivania,
  le gambe a terra, ben divaricate, Miguel attende. Vargas
  gli ha ordinato di calarsi i pantaloni e ora è dietro di lui, il suo cazzo
  taurino teso allo spasimo.  Vargas guarda il buco del culo di Miguel e
  ghigna. Lo incula con un colpo
  secco e Miguel ha un guizzo e geme. Miguel chiude gli occhi. Il dolore è
  atroce, gli pare di avere un coltello nelle viscere. Vargas
  spinge con forza e pare volerlo trapassare con il suo cazzo. Non gli dà un
  attimo di tregua e il dolore si ingigantisce. Non c’è traccia del piacere che
  Miguel ha sempre provato quando un uomo lo possedeva. C’è solo un dolore
  violento che cresce ad ogni spinta. Miguel chiude
  gli occhi. Vorrebbe piangere. Vargas sente l’esplosione del piacere e riempie
  il culo di Miguel del suo sborro. Si ritira, si guarda il cazzo. Scuote la
  testa. Tenendosi i pantaloni, passa davanti a Miguel. - Puliscimi,
  troia. Miguel lo guarda, poi
  ubbidisce. Pedro Vargas
  richiude i pantaloni e dice: - Adesso puoi andare,
  troia. Parleremo dopo di come catturare il Lobo. Mentre Miguel si tira su i
  pantaloni, Vargas apre la porta ed
  ordina ad un soldato di accompagnare Miguel in una stanza, dove deve essere
  tenuto sotto sorveglianza. Sono passati due giorni.
  Pedro Vargas e Miguel sono arrivati, con molti
  soldati, a Pesé. La sera entrano
  nella stanza che è stata destinata al tenente, quella che era del comandante
  del forte, un tempo. Da quando Vargas lo ha
  inculato sulla scrivania, non hanno più scopato e hanno parlato solo di come
  catturare il Lobo e i suoi uomini, ma questa sera il tenente porta con sé
  Miguel. Tre ore dopo, Miguel
  socchiude la porta ed esce. Non c’è nessuno nel corridoio. Prima di uscire,
  Miguel volta la testa verso la camera, appena rischiarata dalla luce della
  luna che entra dalla finestra, poi si dirige verso una delle scale. Miguel si
  muove sicuro, ma dentro di sé sente solo un vuoto enorme. Scende nei sotterranei e
  prende il corridoio che lo porta al luogo dell’appuntamento con il Lobo. Lo
  raggiunge senza problemi: non c’è nessun soldato lungo il percorso, tutti
  sono ai posti loro assegnati. I sotterranei sono ancora usati come prigione
  militare, ma attualmente non ci sono detenuti. La porta è al fondo del
  corridoio. Un tempo un passaggio sotterraneo collegava il forte a un’uscita
  oltre le mura della città, ma il passaggio fu fatto esplodere e nessuno sospetta che sia stato in parte ripristinato. Miguel posa la candela in
  un angolo e attende. Guarda nel buio. Avverte un peso, come se un macigno lo
  schiacciasse. Desidera solo che questa storia finisca in fretta.  La porta si apre. Il Lobo è davanti a lui,
  un sorriso feroce sulle labbra, il coltellaccio in mano. Miguel vorrebbe
  dirgli di usarlo per sgozzarlo subito, ma tace. - Tutto a posto? - Sì, tutto a posto. - Vargas? - Dorme. Ha bevuto il vino
  con il sonnifero. - Quel figlio di puttana
  non si sveglierà. Miguel fa
  strada. Il Lobo lo segue a distanza. In cima alla scala, Miguel spegne la
  candela: un po’ di luce entra dalle finestre ed è sufficiente per muoversi,
  senza rischiare che la fiamma li tradisca. Raggiungono la camera del
  tenente. Miguel apre la porta. Alla debole luce lunare, il Lobo guarda la
  figura distesa sul letto. Gli uomini guidano i muli
  lungo i sentieri. Ogni animale ha il suo carico: un cadavere, talvolta con addosso qualche abito, più spesso nudo. A questa
  latitudine le notti sono calde anche in montagna e i banditi dormivano senza
  abiti, tranquilli, certi che nessuno sarebbe venuto a cercarli nei loro
  rifugi. Gli abitanti dei villaggi
  sono tutti assiepati lungo le strade e i sentieri percorsi dalle carovane di
  muli. Ce ne sono tante, una dozzina, che provengono
  dai diversi rifugi della banda. Nella notte i soldati hanno assaltato tutte
  le case in cui dormivano gli uomini del Lobo: sapevano con precisione dove
  erano. I banditi sono stati uccisi nel sonno, pochi hanno avuto la
  possibilità di difendersi. I loro corpi, crivellati di proiettili, sfilano.
  La gente gli sputa addosso, li colpisce con sassi, fango e sterco di cavallo,
  esprimendo tutto l’odio accumulato in anni di soprusi. Dai muretti e dalle
  rocce poste più in alto, gli uomini pisciano sui cadaveri. I più sfegatati
  nel colpire sono quelli che collaboravano con i banditi: devono dimostrare a
  tutti che loro non stavano dalla parte del Lobo, per non correre rischi.
  L’esercito non ha effettuato rappresaglie sulla popolazione dei villaggi, non
  ha bruciato tutto, come fecero i soldati trent’anni fa, quando sterminarono
  gli uomini dello Zoppo. Le carovane passano per i
  borghi e, per strade diverse, raggiungono i principali paesi della valle. Qui
  i cadaveri, sporchi di sangue, piscio, merda e fango vengono decapitati. Le
  teste sono infilate su pali, cinque o sei per ogni villaggio, e i corpi
  abbandonati. Ci penseranno gli abitanti dei villaggi a seppellirli o a darli
  in pasto ai maiali. Altri cadaveri e i banditi catturati vivi saranno portati
  nel capoluogo, a Magdalena, per essere appesi nella piazza. Prima di essere
  fucilati, quelli che sono stati catturati vivi, soprattutto i più giovani,
  passeranno per le mani della guarnigione. Molti rimpiangeranno di non essere
  stati uccisi subito, come i loro compagni. La strage è stata
  completa. L’esercito ha ucciso oltre cento banditi, ne ha catturato
  una ventina.  Nel pomeriggio la folla si
  raduna di nuovo lungo la strada principale del vallone del Rojas. Qui sfilerà il Lobo. Il cadavere del Lobo è steso
  su un’intelaiatura di rami, legata a due buoi che la trascinano. È nudo e tra
  le gambe ha solo un grande squarcio: cazzo e coglioni sono in bocca. Non ha
  altre ferite. Dicono che Vargas lo abbia castrato
  personalmente, che gli abbia sparato in culo, che lo abbia violentato. Dicono
  tante cose, voci che si ingigantiscono, che tutti ripetono. Man mano che il
  viaggio prosegue, il cadavere viene sconciato e lordato dagli spettatori
  assiepati ai due lati della strada, anche se i soldati impediscono di
  avvicinarsi troppo. Quando giunge a Magdalena, il Lobo non è più
  riconoscibile. Lo fanno sfilare per le vie della città e poi lo appendono
  nella caserma, come ha deciso Vargas. Pedro Vargas
  ha condotto personalmente tutta l’operazione: un successo completo. Ha svolto
  la sua missione nel migliore dei modi. Il tenente dovrebbe essere contento,
  ma il suo viso è una maschera di indifferenza. È sera, ormai. Pedro Vargas e Miguel sono soli davanti al corpo del Lobo, nel
  piccolo cortile di fronte all’abitazione del comandante militare della
  provincia. Miguel è stato al fianco di Vargas tutto
  il tempo: è stato lui ad indicare dove si trovavano
  i rifugi dei banditi, le sentinelle da uccidere, i percorsi da seguire. Pedro tira fuori il cazzo
  e piscia sulla faccia del Lobo, i cui tratti si vedono appena. Il piscio lava
  via un po’ del sangue, del fango e della merda.
  Pedro guarda Miguel e ghigna, ma non c’è allegria, nella sua smorfia, piuttosto
  rabbia. - Tu non devi pisciare? Miguel lo guarda, senza
  dire nulla. Poi alza le spalle e si avvicina. Si sbottona
  i pantaloni, estrae il cazzo ed irrora la faccia del Lobo. Poi si rivolge al
  tenente:  - Contento, ora? Pedro lo guarda, furente. - Vieni con me, bastardo. Entrano nell’abitazione di
  Vargas. Nella camera da letto,
  Pedro si avvicina a Miguel, il visto stravolto in una smorfia di rabbia.
  Sibila: - Dovrei ammazzarti, Miguel. Miguel annuisce.  - Puoi farlo, se vuoi.  Pedro non dice nulla. Miguel
  incomincia a spogliarsi, senza fretta. Quando è nudo, si stende sul letto,
  allargando le gambe. - Infilami la pistola in
  culo, spara e facciamola finita. - Vuoi morire come lui,
  bastardo, eh? È questo che vuoi? Ti accontento. Vargas prende la
  pistola e avvicina la canna al buco del culo di Miguel. Spinge dentro, con
  forza, facendo sussultare il corpo. Miguel chiude gli occhi.
  Vorrebbe piangere. Una disperazione infinita gli toglie il fiato. Pedro scuote la testa.
  Improvvisamente gli sembra che gli siano piombate addosso tutta la tensione
  dell’ultima settimana e la fatica della notte insonne. Toglie la pistola. Si
  siede sul letto. Guarda la canna della pistola. C’è un po’ di sangue, solo
  due gocce. Il sangue dell’uomo che ama.  Pedro annuisce, a un pensiero
  che non esprime. C’è un’unica cosa da fare. Si infila la canna della pistola
  in bocca. Miguel volta la testa e lo vede. Scatta a sedere, urlando: - No! Gli afferra il braccio,
  allontana la mano dalla bocca. Lottano. Pedro cerca di resistere, ma di colpo
  gli sembra di non avere più forze. Lascia che Miguel gli tolga la pistola e
  la butti lontano.  Miguel si siede di fianco
  a Pedro. - Ma perché? Cazzo!
  Perché? Perché? Che senso ha? Pedro china la testa. Non
  risponde. - L’hai proposto tu! Ho
  fatto quello che avevi deciso tu. Ho finto di disertare, ho ucciso quel
  traditore, come eravamo d’accordo, ho raggiunto il Lobo e ho fatto in modo di
  legarmi a lui, per poterlo attirare nella trappola. Perché questa furia?
  Perché in questi giorni mi hai trattato come una puttana? Perché questa
  pazzia? Perché? Miguel cerca di trattenere
  le lacrime, ma non ci riesce. Pedro lo guarda, scuote la
  testa e lo abbraccia. Lo stringe a sé. - Perdonami,
  Miguel, perdonami. Sono impazzito. Quel giorno, quando mi hanno detto che eri
  diventato l’uomo del Lobo… sono davvero impazzito.
  L’idea che quel figlio di puttana ti toccasse… che
  tu potessi… che tu potessi… Miguel lo guarda. Gli
  parla come a un bambino: - Pedro, sono andato con lui
  perché così avevi deciso. Sei stato tu a dire che era bene che io andassi a
  letto con il Lobo, per avvicinarmi a lui. L’ho fatto, ma avevo sempre in
  testa te. E quando sono tornato pensavo che, usciti gli altri, tu mi avresti
  abbracciato, che ci saremmo amati… Dio! Avevo un
  bisogno disperato di abbracciarti, di sapere che mi volevi
  ancora, di sentire le tue mani che mi accarezzavano… Miguel sente di nuovo la
  disperazione degli ultimi giorni assalirlo. Le lacrime scendono abbondanti,
  ora. - …mi
  hai preso come un animale, mi hai insultato… Miguel non riesce più a
  parlare. Non è più il soldato in grado di fare il doppio gioco per incastrare
  un bandito, è solo un ragazzo disperato. Pedro gli accarezza il viso, poi lo
  guida a stendersi sul letto. Lo guarda e si mette su di lui. - Miguel, sono stato
  pazzo. Non avrei dovuto proporlo, non pensavo che…
  Quando me l’hanno detto… non potevo accettare
  l’idea di saperti tra le sue braccia, che lui ti prendesse, che tu facessi
  con lui quello che facevamo insieme. Non avrei
  dovuto proporti questo piano folle. Pedro si interrompe un
  attimo. - Scusami,
  Miguel. Miguel lo guarda negli
  occhi. Le lacrime si sono calmate. Pedro prosegue: - Ti chiedo scusa per
  questi giorni, per tutto quello che ho detto e fatto. Io… - Pedro… Miguel è l’unico uomo, al
  di fuori dei familiari, che chiama Pedro con il suo nome. Nei dieci mesi in
  cui si sono amati, prima che il piano li costringesse a separarsi, hanno
  raggiunto un’intimità che nessuno dei due aveva mai provato prima. - Dimmi che mi perdoni, Miguel. - Perdono tutto, se
  ritorni il Pedro che amo. Pedro annuisce. Con molta dolcezza bacia Miguel, mentre le sue mani lo accarezzano. 2012  |