Piero e Paola

di Emme U.

 

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A Carlo C., perché mi restituisca

il cuore che mi ha portato via.

“Tanto non te ne fai nulla!”

 

PROLOGO

Che strano!

Tra tutte quelle possibili, l'immagine che gli si parava davanti agli occhi della mente, mentre guardava fuori dalla finestra, aperta su muri di cemento sporco e su parte di un'altra finestra dirimpetto, era quella di un  campo di girasoli nel pomeriggio assolato di Luglio di  alcuni anni prima.

La macchina ferma sul ciglio della strada, lui era sceso per pisciare: si stava trattenendo da quando era rimasto imbottigliato sul Raccordo Anulare tra la Tuscolana e l' Appia, più di un'ora prima. Senza dubbio colpa dell'aria condizionata.

Troppo alta, come al solito, alla velocità 5 su 6.

Il freddo è per lui il diuretico più potente, ma niente come il caldo lo infastidisce.

E sì che quando era bambino il caldo gli piaceva, perché significava vacanze, niente scuola (ma questo era il minimo: lui amava a suo modo studiare), e due mesi al mare sul litorale a Torvaianica, a casa di sua zia, zitella (guai a chiamarla nubile, come si direbbe oggi, che si dà dell'operatore ecologico al netturbino, o del collaboratore scolastico al bidello!).

Di quelle estati di oltre trenta anni prima, solo vaghi ricordi, piacevoli, di giochi in comitive di almeno quindici ragazzini e ragazzine. I primi amori, i primi bacetti sulle labbra, i primi turbamenti, le prime masturbazioni...

Niente pero' che lo avesse colpito come quel campo di girasoli... sterminato, come un mare verde pieno di teste gialle di bagnanti, come una piscina sovraffollata a Ferragosto.

Dopo aver dato sfogo all'urgenza che lo attanagliava, era rimontato in macchina e partito alla volta di Viterbo. Provava un senso di pace, proprio come le prime volte che andava da lui, da Marco.

 

I cellulari allora erano grandi come scatole da scarpe, costavano quanto lo stipendio mensile di un impiegato, ed usarli costava ancora di più, ma nonostante questo Piero aveva rinunciato a sostituire un mobile per il soggiorno e si era deciso per l'acquisto di un telefonino: Marco meritava questo e altro. Era un tormento non poterlo sentire ogni volta che lo desiderava, ma dalle otto alle diciotto era in ufficio e non erano ammesse telefonate personali dagli apparecchi dell'azienda.

Lo aveva avvisato del ritardo.

 

Marco sapeva quindi che Piero non sarebbe arrivato per le quindici, come concordato, e che si sarebbero visti alle sedici nella piazza principale, sotto i portici del Palazzo Comunale.

Ma nonostante conoscesse il ritardo imprevisto di Piero, Marco avrebbe trovato sicuramente il modo di farsi attendere.

 

Fu un giorno come tanti. Né più bello, né più incolore.

Unica nota degna di ricordo, sebbene non se ne spiegasse il perché, quel campo di girasoli.

 

Si girò verso l'altro lato del letto, dove una superba schiena nuda emergeva dal lenzuolo bianco, e si muoveva ritmicamente, lentamente, su e giù, seguendo il respiro.

 

PERSONAGGI PRINCIPALI

CAPITOLO 1: PAOLA

 

Mi presento: Paola Cantagallo ! Si, proprio come il galletto cantastorie che fa da narratore nel Robin Hood del cartoon disneyano; d'altronde, i cognomi mica che una se li sceglie ! E poi, come si dice ?:  Nomen, omen.

 

Latinismi a parte, sono l'anima gemella di Piero, la classica, solita, scontata, ma immancabile “migliore amica del gay di turno”.

Perché poi i gay sentano tanto il bisogno di un'amica, questo non lo so proprio. E non so neppure perché io, donna, debba passare tutto il mio tempo libero insieme, fisicamente o telefonicamente, ad un maschio che amavo perdutamente ai tempi del Liceo ma che da ben 25 lune fa so che non potrò mai fare mio in senso...biblico!.

 

Mi confessò di essere gay seguendo un cammino piuttosto lungo e tortuoso, parlandomi prima di certi strani sogni che aveva fatto, in cui faceva sesso con ragazze che poi assumevano assurde sembianze maschili, poi di certe curiosità che gli erano venute negli spogliatoi nell'ora di educazione fisica, per dirmelo poi, tutto in un fiato, il giorno degli esami di maturità:

“Paola, sono gay!”.

 

Ditemelo pure: sono una scema ! Da allora mi sono ancorata a lui come una cozza allo scoglio. Ho sacrificato tutte le altre amicizie, femminili e maschili, per stare vicino a lui, per vivere lui, per entrargli dentro, per fondermi con lui. Ci mancava solo il sesso, ma … per quello ognuno faceva da sé.

 

Ditelo che vorreste mandarmi da uno psicanalista, e di quelli bravi: ebbene, sappiate che ci sono andata, e che ho pagato cinquantamila lire alla settimana per due anni (alla fine due milioni e mezzo di vecchie lire) per sentirmi dire che mi sono legata a lui per colpa delle mie insicurezze di donna, del mio vedermi sempre più brutta allo specchio, del mio sentirmi inadeguata ad un rapporto con un uomo per via del mio eccesso di peso.

Con Piero avevo un uomo, ma non dovevo preoccuparmi di essere donna per lui. Mi capite ?

Lui non mi chiedeva nulla, non dovevo essere altro che me stessa con lui.

Concordo con la costosa diagnosi.

 

Tutto filò liscio, per quanto la situazione bizzarra lo permettesse, per diversi anni, fino a quando lui passò dai rapporti mordi e fuggi con degli emeriti sconosciuti, conosciuti anche grazie a me -capirete poi come!-, all'incontro con l'uomo della sua vita.

Accadde sotto i miei occhi.

Lo capii prima ancora di lui.

Prima anche dell'altro !

Lo capii dagli occhi di Piero, che non vedevano più altri che Marco: tutto il mondo attorno era svanito, ed io con esso.

 

Ma andiamo con ordine.

Lo zodiaco non avrebbe visto di buon occhio un nostro rapporto, neppure di amicizia, essendo io del segno della vergine (pignola, precisina, sempre coi piedi per terra) e lui dell'acquario (insicuro, sognatore, spesso approssimativo). Forse avrei dovuto dare retta all'oroscopo, ma si sa, del senno di poi...

 

Conobbi Piero quando avevamo tredici anni e frequentavamo la stessa classe al Liceo Ginnasio.

Per ben cinque anni, fino alla terza Liceo, Piero neanche si accorge della mia presenza, eppure già subisco i primi turbamenti erotici e li collego invariabilmente alla faccia di Marco, sempre compagno discreto nei miei pensieri “impuri”.

In terza Liceo Piero, come poi mi confessò, seppe dei miei sentimenti per lui da una compagna di classe,che reputavo un'amica fidata!, e lui pensò che ero la candidata ideale per la sua “rivelazione” (oggi è più diffuso parlare di “coming out”).

 

Fui pertanto “folgorata” da questa rivelazione e, inaspettatamente per me, ma come da copione per lui, nacque tra noi un legame unico, irripetibile,che da solo potrebbe dare un senso ad una vita.

 

Lui non lo farà mai, ma se vi va, Vi racconto io una storia.

Io so tutto, perché in parte l'ho vissuto direttamente, in parte me lo ha raccontato Piero.

Mi nascondo dietro le pagine e Vi narro cosa successe, con una unica morale: non sempre con l'Amore si può superare tutto, ma l' Amore non muore.

No, no, non sto anticipando il finale.

Tranquilli.

 

CAPITOLO 2

Un pomeriggio tipo

 

PIERO: Signora, c'e' Paola ?

PAOLA: mamma, abbassa la cornetta, ho risposto dal telefono in camera mia

PIERO: vai a controllare, non mi va che stia ad origliare

PAOLA: aspetta!

Passa una manciata di secondi, scandita dal ciabattare di Paola che va a controllare se la madre è tornata nel suo regno, in cucina

PAOLA: tranquillo, è di là

PIERO: senti un po' qua: “bel trentenne, alle prime esperienze omo, incontrerebbe giovane max 25nne per divertimento e per esplorazione reciproca”. Mi piace l'idea dell'esplorazione, che ne dici?

Mi ci vedi lì a farmi esplorare con un cannocchiale infilato nel c...

PAOLA: Piero !!!!!!!!!

PIERO: ah, già, mi scusi madre superiora, corro a confessarmi, ho peccato in pensieri, parole e opere... e che opere! A momenti urlo quando sono venuto!

PAOLA: Pierooo!!!! ….ma stai studiando o ti chiudi al bagno con quel giornalaccio, accidenti a quando te l'ho comprato !

PIERO: me lo hai preso perché sapevi che lo desideravo tanto e che non avrei mai avuto la faccia di bronzo che hai tu per chiederlo al giornalaio.....

PAOLA: se finisci all'inferno sarà colpa mia!

PIERO: vabbè, ci vedremo laggiù, tanto, mi vieni a fare compagnia, no ?

PAOLA: lo sai che ti seguirei ovunque, scemo! Ma tua madre oggi non si è accorta che sono ben cinque minuti che siamo al telefono? Non la sento dare in escandescenze...

PIERO: no, ho aspettato che uscisse con papà, mi sono messo sui libri presto per liberarmi appena se ne andavano.

PAOLA: ti va una pizza stasera?

PIERO: e la tua dieta?

PAOLA: chissene... Ma, a proposito di quell'inserzione: vuoi conoscere il tipo ?

PIERO: beh, se a te non dispiace andare al fermoposta...

PAOLA: Pierooooo!

PIERO: e dai, lo sai che mi vergogno

PAOLA: io pure

PIERO: dai, dai, è l'ultima volta

PAOLA: si, come no? È sempre l'ultima.....

 

Ai giovani di oggi sembrerà un metodo preistorico, ma a quei tempi le rare inserzioni gay si trovavano sulle altrettanto rare pubblicazioni gay, dove non si pubblicava il numero di telefono (i cellulari non esistevano ancora, e si sarebbe dovuto pubblicare il numero di fisso, e sarebbe bastata una telefonata alla Telecom per sapere nome e cognome dell'intestatario dell'utenza, e addio privacy!). Ci si limitava quindi a dare indirizzi di fermoposta, e cioè, invece di mettere Mario Rossi Via Verdi Roma, si metteva: Documento Carta di Identità n. 1234567 fermoposta Roma San Silvestro. L'intestatario del documento si recava poi allo sportello fermoposta dell'ufficio postale prescelto e ritirava la posta indirizzata a quel numero di documento. Neppure troppo difficile, se si accettava l'occhiata sospettosa e di malcelata riprovazione che ti rifilava l'impiegato postale. D'altra parte, dal suo punto di vista, se si fosse trattato di normale posta, perché riceverla al fermoposta e non direttamente a casa?

 

Seguito standard di quello che potrebbe chiamarsi “il percorso degli incontri”:

 

Alcuni giorni dopo:

Paola sta aspettando sotto casa, attenta ad avvistare nel traffico la Panda rossa di Piero. Appena la vede, attraversa la strada e si butta dentro l'abitacolo, prima che i soliti cafoni del traffico comincino a suonare i clacson per non perdere secondi di tempo e centimetri di strada preziosi.

 

PAOLA: Allora, come ti senti ?

PIERO: Teso come una corda di violino

PAOLA: Se non ti piace puoi sempre tirare dritto e non fermarti

PIERO: E se mi piace ma io non piaccio a lui ?

PAOLA: Senti, sei alto, hai un bel corpo, occhi azzurri, perchè non dovresti piacergli?

PIERO: Tu dici così perché piaccio a te, ma ti assicuro che ai maschi non piaccio, non sono il tipo giusto, sono troppo alto e magro e non ho un filino di muscoli

PAOLA: Allora vai in palestra

PIERO: No, troppa fatica

PAOLA: Senti, non ha una Opel verde il tipo, come si chiama?, Giuseppe?

PIERO: Si, la vedi già?

PAOLA: Lì, guarda. Dall'altra parte della piazza

PIERO: Aiuto! No, non ce la faccio, torniamo indietro.

PAOLA: Senti, ormai siamo qui, ti fermi, scendi e lo conosci! Sennò ci vado io e te lo porto qua!

 

Quante volte una scena del genere si è ripetuta !

A volte Piero concludeva una bella serata con la persona appena conosciuta, altre se ne tornava in macchina con il morale sotto terra e l'autostima in frantumi.

In ognuno dei casi, scattava, inevitabile come la morte, la telecronaca a Paola per raccontare cosa si era fatto con Tizio e Caio o come ci si sentiva ad essere rifiutati ancora una volta.

 

Come se non lo sapessi già !

CAPITOLO 3

Piero

 

 

Quando hai 30 anni e ti sei già fatto le tue esperienze di sesso, più o meno soddisfacenti, cominci a sentire il bisogno di altro.

Il bisogno di sentirti meno diverso. I

l bisogno di formare una coppia, come fanno gli etero; qualcuno si spinge anche a parlare di famiglia e figli adottivi.

Beh, quando questo sarà possibile nella papalina Italia io sarò già concime per i cipressi !

 

Il fatto è che non avere qualcuno con cui condividere te stesso ti fa sentire come storpio, incompleto, senza un pezzo, e fa male, male da morire.

 

Paola, dal canto suo, ha sempre cercato di essere presente, di essere lei l'altra metà della mela, e per un po' l'ho anche incoraggiata, egoisticamente.

Sentivo di avere poco, ma senza Paola non avrei avuto nulla !

Gli inizi, i primi passi nel mondo gay, erano stati lenti, difficili, frenati dalla paura, dai pregiudizi che noi gay per primi ci portiamo dentro.

Fu solo grazie a Paola e a certe letture assai (troppo) stimolanti di Jean Genet  che mi decisi a mettere la leva dei motori su “avanti tutta”.

 

E dagli oggi, dagli domani, arriva l'incontro fatale, quello con la vera altra metà della mela: Marco.

 

Solita inserzione sul televideo di una Tv locale, che l'aveva studiata proprio bene: inserzioni collegata con una segreteria telefonica numerata. Costo: un botto ! Risultati: più veloci e anche un  po' più sicuri.

Leggevi sulla pagina 585 del teletext tutte le inserzioni, ti segnavi il numero di quella che ti interessava e poi famigerato prefisso 144, e selezionando sulla tastiera il numero dell'inserzione prescelta, potevi sentire la voce registrata dell'inserzionista e lasciargli a tua volta un messaggio in segreteria: o il numero di telefono per un contatto rapido o un appuntamento da qualche parte.

 

Parafrasando quello che già Manzoni ha scritto per la Monaca di Monza... “lo sventurato rispose”!

 

Incontrai Marco a Civitavecchia, sul litorale, nel mese di Luglio. Io era in compagnia di Paola che, discretamente, dopo le presentazioni, si è allontanata per un breve shopping, lasciandomi con Marco.  Civitavecchia era stata una soluzione salomonica del tipo “incontriamoci a mezza strada”. Per di più c'è il mare …

 

Il colpo di fulmine esiste, non è una stronzata inventata dai romantici: dopo pochi minuti che gli avevo stretto la mano, ero come uscito da me stesso, e mi osservavo andare col pilota automatico, rispondere alle sue domande, fargliene io.

Fisicamente avvertivo solo il suo profumo e sentivo la sua presenza come se io fossi un pezzo di ferro e lui un magnete.

Il tempo passava senza che me ne accorgessi.

Non me ne accorsi neppure quando tornammo alle macchine dopo tre ore invece che una, come avevo pattuito con Paola, e vidi Paola che mi fulminava con gli occhi.

Occhi che promettevano una bella ramanzina con scenata finale del tipo: “Mi hai abbandonata, scaricata come uno straccio”.

Pur riconoscendo i segni del temporale imminente, feci ancora di peggio: le comunicai che andavo a cena con Marco e che la sua presenza non era richiesta !

 

Ancora non so quale potente incantesimo mi abbia salvato dalle occhiate omicide che Paola mi ha rivolto per tutto il tragitto di 8 km. mentre la accompagnavo da Civitavecchia a Santa Marinella dai suoi che stavano lì in vacanza.

 

Ma il dado era tratto. Io ero perdutamente innamorato, e mi sembrava, da come mi guardava e da alcune cose che aveva detto, che anche Marco ricambiasse, quanto meno, un interesse nei miei confronti.

 

Quella sera facemmo l'amore in macchina, sotto uno splendido cielo stellato ed una  luna piena che illuminava tutto il paesaggio.

Nonostante il traffico della domenica sera dei vacanzieri del week end che se ne tornavano a Roma o a Viterbo o a Terni, riuscimmo a trovare un posticino tranquillo dove liberarci dai vestiti.

Fu la notte più bella della mia vita, anche se, per una esagerata timidezza, non riuscii a raggiungere l'orgasmo.

Ricordo però il calore esagerato del suo fiato, della sua bocca, le dimensioni notevoli del suo attrezzo, il suo abbraccio che, come in un gioco di prestigio, aveva fatto sparire tutto quello che avevamo intorno. Ripenso a quella sera e vedo solo un cielo blu stellato fuori dal finestrino della mia vecchia Ford, e ripenso ancora alla sua presenza dentro di me, al modo magistrale in cui mi ha penetrato con quel grosso arnese senza farmi alcun male.

In genere mi sono sempre innamorato di chi mi aveva scopato bene, ma stavolta era grave, grave davvero: mi ero innamorato prima di scopare e la scopata era stata pure favolosa!

Senza di lui non concepivo più alcuna vita per me.

 

Ci rivedemmo ancora. E ancora.

Per anni.

E i miei sentimenti per lui non furono mai, neppure per un solo istante, in discussione.

Ero suo per sempre.

Mi aveva affondato le mani nel petto e portato via il cuore.

Sapeva bene come fare, perché qualcun altro aveva portato via il suo!

 

CAPITOLO 4

Marco

 

 

Remo è stato il grande amore della mia vita.

Lo sarà per sempre.

Quello che non capirò mai è perché non sia riuscito a farmi amare da lui.

Lui voleva solo il mio corpo, e quando ho chiesto di più, mi ha cacciato via dalla sua vita.

Volevo farla finita, si, lo confesso, il pensiero mi ha toccato, soprattutto perché in quel periodo, già fuori corso di sei anni, mi trovavo a cimentarmi con la redazione di una tesi di laurea che quella stronza della Ferretti mi ha voluto a tutti i costi affibbiare: la figura della dark lady da Medea ai giorni nostri.

Mi ditemi voi: che razza di stronzata è mai questa ?

Medea una dark lady !

E poi i miei, che non mi davano tregua perché non riuscivo a concludere con l'università.... uff !

 

Comunque 'sta cazzo di laurea l'ho presa ed ho pure avuto culo, perché mi sono messo subito in lista per le supplenze in attesa degli esami di abilitazione e si può dire che abbia cominciato subito a lavorare.

Subito,... beh, a 29 anni ! Ci ho messo un po' a laurearmi, ma a me non fregava granché. Erano i miei a tenerci.

 

Però Remo era sempre una spina nel mio cuore, e ci misi un bel po' prima di decidermi a cercare qualcun altro. Lo feci per puro istinto di sopravvivenza.

 

Quando sulla mia casella vocale del teletext di una Tv locale di Roma che a Viterbo si prendeva ad intermittenza, ho sentito la voce calma e placida di Piero, mi sono sentito incuriosito.

Mi aveva lasciato il suo telefono, così lo chiamai un paio di volte.

Siamo stati al telefono almeno un'ora ogni volta e quando ci siamo incontrati mi è subito piaciuto.

 

Un po' tiepidino nel fare sesso, devo dire, ma mi piaceva la sua struttura fisica: alto, avvolgente, solido.

 

Ma si: diamogli una chance.

Voto da 1 a 10: 7.

 

Certo che però Remo.......

 

CAPITOLO 5

Remo

 

REMO: Marco?

Una palla al piede. Per carità, a letto una bomba, ma dopo... sempre lì a frignare “Ma tu mi ami ?”

“Ti manco quando non sono con te ?”

Ma che si crede, che è l'unico a Viterbo con cui scopo? Glielo ho detto chiaro e tondo: finita. FINITA!

SAVERIO: quindi non vi vedete più?

REMO: senti, quando mi tira, mi vien voglia di chiamarlo, ha un gran bel culo e abita qua dietro: basterebbe fargli due moine e me lo infinocchierei su, ma dopo.... quando penso a tutte quelle lagne...

SAVERIO: se ti va io sono libero stasera. E non me ne frega niente se mi ami o no ! Il culo te lo do lo stesso !

REMO: alle dieci da me.

 

Salve ! Scusate, ero al telefono, alle prese con la mia vita sociale.

Io sono Remo, l'uomo della sua vita di Marco. Mio malgrado.

Non giudicatemi male: sono un gran bel tocco di manzo, sono alto 1,85, peso 75 chili e faccio nuoto da quando avevo 6 anni.

Quindi: spalle larghe, fianchi stretti, un bel culetto con le fossette e un cazzo da paura (ma per questo il nuoto non c'entra!).

Per darvi un'idea del viso, pensate a Simon Rex.

Dubito che lo conosciate, ma basta andare su Google ….

Uno così è normale che abbia la fila di spasimanti sotto casa, anche in una cittadina piccola, tranquilla e benpensante come Viterbo (che nel '200 è stata pure sede papale!).

Come si può non approfittarne ?

 

Insomma, sarebbe pure un peccato di mancata riconoscenza da parte mia verso la Madre Natura che mi ha dato un fisico così: la mia è una missione, faccio felici gli altri concedendomi a loro.

Dovreste vedere che faccia che fanno quando li invito a casa !

Alcuni si vede proprio che non riescono a crederci, che non si capacitano di come un bono come me si degni di scoparli. E si fanno fare di tutto !

Io poi, sono di bocca buona.

Basta che riesco a scopare con persone diverse: vedere sempre le solite facce mi smoscia.....

 

E quella piattola di Marco ha deciso di essersi innamorato di me senza neppure consultarmi prima !

Si piazza a casa mia tutti i week end e non c'è verso di fargli capire che per me lui è solo sesso: mi piace il suo culo, con quella leggera peluria che lo ombreggia appena, e che si fa più folta nel solco tra le natiche.

Mi piace  come il suo sfintere si contrae attorno al mio uccello quando lui viene, mi piace che voglia cucinare per me (almeno mi faccio riempire la dispensa, e per tutta la settimana non devo far altro che riscaldare questo o quello).

Rispetto a certe persone che mi porto a casa, lui è tutta un'altra cosa, se non altro perché non se ne va via quatto quatto dopo la scopata, tanti saluti e a presto, è stato un piacere !

Ma anche un piatto di caviale, alla lunga può stufare, e poi io non sono di gusti raffinati. Mi piace la carne, e più ne trovo e più sto bene.

 

 

 

CAPITOLO 6

I primi anni

 

 DICEMBRE 1999- Fine Anno

 

 

La pioggia batte incessante sul parabrezza della macchina, i tergicristalli cigolano, si lamentano, imitano lo scricchiolare sinistro di una porta in uno scadente B-Movie dove i soliti liceali finiscono chiusi nella solita casa isolata con il solito pazzo maniaco omicida.

Prendere la Cristoforo Colombo è stata proprio una cazzata.

Primo perché quando piove Roma si blocca, secondo perché le prime a bloccarsi sono proprio le grandi arterie, perché tutti si riversano lì.

Ho già avvisato Paola che sarei arrivato in ritardo, ma quello che più mi secca è che rischio di far tardi ad arrivare alla stazione dove Marco scenderà per venire a passare il capodanno insieme a me.

Tra Paola e Marco corre lo stesso malanimo che c'era tra i Montecchi e i Capuleti, e quindi non era proprio il caso di farli incontrare.

Marco avrebbe dovuto probabilmente aspettarmi per un po'.

 

PAOLA:“Cosa fate stasera dopo il concerto?” mi chiede

PIERO: “Penso che ce ne andremo in albergo. Lui è in vacanza, ma io oggi ho lavorato e sono stanco”

PAOLA: “Devi cominciare a pensare di andare a vivere da solo, non puoi sempre andare in albergo. Ma quanto ti costa?” incalza lei

PIERO: “Paola, con poco più di un milione e mezzo al mese dove vado a prendere casa? Qui a Roma ti chiedono otto/novecentomila lire per uno scantinato riadattato, poi come campo?”

PAOLA: “Puoi sempre chiedere a tuo zio se ti affitta la mansardina a Ostia”

PIERO: “Certo, e poi per andare al lavoro ci metto tutte le mattine due ore...!”

PAOLA: “Trasferisciti da lui a Viterbo, allora” insinua, velenosa

PIERO: “Sai bene che a Viterbo lui non accetterebbe mai di vivere con un altro uomo: il paese è piccolo e la gente mormora! Lo sai che quando vado da lui ci sono interi quartieri off-limits ? Non ho mai visto la scuola dove insegna, né casa sua, né siamo mai passati vicino a casa di suoi parenti”
PAOLA: “Perché non lo mandi affanculo?”

PIERO: “Ti piacerebbe, eh?”

PAOLA: “Ma non vedi che ti sei ridotto a fargli da schiavetto?”

PIERO: “Non mi pare proprio, Paola. Si fa presto a parlare quando si vive in una realtà grande come Roma. In un piccolo centro è tutto diverso”

PAOLA: “E' inutile, tanto qualunque cosa fa o dice Marco, per te è legge! Gli fai da zerbino”

PIERO: “Paola, vogliamo finire l'anno litigando?”

PAOLA: “Lo sai questo è il primo capodanno che non passiamo insieme?” frecciata avvelenata

PIERO: “Paola, lo so, ti capisco, ma voi due insieme non ci potete proprio stare. Staremmo male tutti e tre. Si vede lontano un chilometro che vi odiate!”

PAOLA: “Lo odio per come ti tratta!”

 

 

 

 

Marzo 2000 – Gita a Firenze

 

PIERO:“Che freddo boia! Non pensavo che Firenze avesse inverni così...glaciali!”

MARCO: “E dai, Piero, dopo cena voglio andare in quel localino che abbiamo visto oggi pomeriggio!”

PIERO: “Marco, di quel locale mi hanno detto cose tremende. C'è pure un gabbia, nel mezzo, dove ti chiudono dentro e ti pisciano addosso! E poi, hai visto quel cartello all'entrata ? Quello che dice che chi entra lo fa consapevolmente a suo rischio e pericolo”

MARCO: “Si, vabbè... come no ? Dillo che non ci vuoi andare e basta”

PIERO: “OK: non voglio andarci”

 

Spero così di aver chiuso la conversazione, ma mi sbaglio, perché dopo nemmeno cinque minuti, lui se ne esce dal bagno della camera dell'hotel con una camicia Versace sgargiante, bianca con delle zebre variopinte (ai miei tempi le zebre erano solo bianconere), di quelle tipo: anche al buio e se sei completamente cieco capisci che sono gay!

Si rimira allo specchio e dice: “L'avevo portata apposta! Venire a Firenze senza andare al XXXX è come andare a Roma e non vedere il Colosseo!”.

 

Cerco allora di farlo ragionare, di fargli capire che il week end a Firenze non e' un'occasione per lui di mettersi in mostra, ma un'occasione per noi per stare insieme. A Viterbo, ma anche a Roma, evitiamo di girare abbracciati o di scambiarci piccole effusioni in pubblico, ma a Firenze... chi ci conosce ? Facciamoci un po' di coccole, no ?

 

Al termine del week end a Firenze il bilancio era, al solito, catastrofico:

ero entrato per la prima volta in una disco gay,

ci avevo lasciato buona parte del contenuto del mio stomaco (e si che non sono un moralista!),

ero stato divorato dalla gelosia( lo guardavano tutti, e non solo per la camicia),

ero stato alleggerito per regalini vari di circa metà dello stipendio.

Poverino, lui il mese prima non aveva lavorato e il suo conto corrente era in picchiata verso il rosso....

Il mio, invece, era in rosso da tempo.

 

Luglio 2000 – L' anniversario

 

Il nostro primo anniversario:

lui se ne dimentica.

Io ci sto male da morire, ma non gli dico niente.

Resisto per solo un giorno, dopo una notte insonne a cercargli una giustificazione, prima di vomitargli addosso tutto il mio livore.

Mi ride addosso, al telefono, mi dà del “formale”, mi dice che contano i fatti e non le parole.

In un impeto di rabbia gli dico che, visto che contano i fatti, quando facciamo l'amore lo chiamerò troia mentre lo carezzo, e stronzo mentre lo masturbo, e figlio di puttana mentre mi fotte.

Vediamo se darà più importanza alle parole o a quello che sto facendo!.....

 

Ma come al solito, mi basta vederlo il sabato successivo, vedere il suo sorriso, per non pensarci più, per stringermi a lui e per pensare che senza di lui non ci sarebbe vita per me.

 

 

 

Dicembre 2001 – La fine

 

   I miei rapporti con Paola hanno alla fine ceduto, corrosi quotidianamente da una intimità sempre meno tale, sempre con lo spettro di Marco appollaiato sulla mia spalla, finché lei ha finito con il realizzare che il posto che lei sentiva suo per diritto acquisito, era passato da tempo nel pieno possesso di Marco, il rivale, l'approfittatore, il mostro !

Come si addice ad un rapporto troppo stretto, non erano possibili mezze misure.

Non si poteva continuare a frequentarci evitando ogni accenno a Marco e a ciò che lo poteva ricordare. Insomma un po' come dover tenere una conferenza e non pronunciare mai la lettera A. Era diventato un gioco di abilità estrema, e non ce la facevo più.

Anche lei era esausta, lo percepivo, e per la prima volta capii veramente che stava male, che stava male a causa mia, perché mi voleva, e perché stava finalmente realizzando di essersi illusa per oltre tredici anni.

Decisi a quel punto di fare un gesto nobile dicendole che i nostri rapporti si chiudevano lì, e che non dovevamo più rivolgerci la parola.

Questa scelta mi fece stare male per tutti gli anni che seguirono,  perché comunque, anche se non me ne ero reso conto, anche lei era una parte della mela, magari la buccia, ma comunque una parte importante, e in più di un'occasione ebbi a rimpiangere amaramente quel gesto.

Se il mio amore per Marco non fosse stato così totale ed assoluto, mi sarei chiesto se era valsa la pena di rinunciare a Paola per lui.

 

 

 

 

CAPITOLO 7

Si mette male.

 

PIERO: “3393345... No, no, dopo il 9 due volte 3. si, così ok.”

MARCO: “Ma perchè hai cambiato numero ?”

PIERO: “Marco te l'ho detto: tutti hanno almeno due numeri. Questo in ufficio non lo do, così quando esco dall'ufficio lo spengo e i colleghi non possono rompere, ma tu puoi chiamarmi”

MARCO: “Senti un po', è parecchio che non andiamo da qualche parte nel week end, perché non mi porti a Bologna?”

PIERO: “Va bene, vedo se riesco ad organizzare. In questi giorni c'è il Motor Show, non sarà facile trovare posto”

MARCO: “Allora a Firenze, o Perugia”

PIERO: “Marco, lo sai, odio negarti qualcosa, ma sono sulle spese, ora ho casa e l'affitto da pagare, perché andare a pagare autostrada, alberghi e quant'altro?”

MARCO: “Devi sempre rimarcare il fatto che paghi quasi tutto tu ?”

PIERO: “Ma che dici, scemo?! Lo so che non trovi sempre delle supplenze e che ci sono mesi che non becchi un quattrino! Dicevo solo che per stare insieme un posto ce l'abbiamo. E l'ho preso solo per stare con te, perché lo sai, a casa dei miei ci stavo bene: avevo sempre i pasti pronti, i vestiti lavati e stirati...”

MARCO: “Insomma, è colpa mia se ti sei reso autonomo... magari potessi farlo io !”

PIERO: “Marco, dai, vedrai che prima o poi ci sarà un altro esame di abilitazione e stavolta ce la farai.”

MARCO: “Si, magari risalgo dal 49' posto in graduatoria al 48'....”

PIERO: “Sei una testa dura: vorrei sapere perché, quando ti hanno offerto quel posto in quella scuola privata, non ci sei andato?”

MARCO: “Io voglio insegnare latino, lì mi davano una cattedra solo per storia e geografia!”

PIERO: “Si, ma i soldi che ti davano a fine mese erano buoni come quelli che danno ai prof di latino!”

 

Non c'è niente di peggio che avere a che fare con una persona che pretende di riversare su di te tutte le sue frustrazioni. Anzi, si, c'è  di peggio: amarla, una persona così!

Per otto anni sono stato vicino a Marco, sempre pronto ad incoraggiarlo nelle sue scelte, a sostenerlo, a dargli consigli su come fare cosa.

L'Amore si consuma ? No, posso dirlo, ma ahimè ho scoperto che in una relazione non c'è solo l'amore a dire la sua.

Certo, la sua è la parola più importante, ma sono in tanti i galli a cantare.

Alla fine, in otto anni la passione, quella si, si è spenta.

Intendiamoci, fare sesso con lui è ancora bello, ma gli odori sono sempre gli stessi, le cose che si fanno sono sempre quelle perché ormai si conoscono i gusti reciproci (o si crede di conoscerli) e ci si comincia a chiedere come sarebbe farlo con il vicino di casa che esce sempre in mutande sul terrazzetto della cucina di fronte e che ha un gran bel pacco, nonché due belle cosce modellate.

Cominciai a sentire il bisogno di un nuovo corpo da esplorare, di provare cose nuove con persone nuove.

Ma non feci nulla, finché non ebbi a scoprire che anche Marco provava le stesse sensazioni, e che, diversamente da me, non si faceva scrupolo di andare a cercare altrove ciò che non trovava più in me.

Se fosse tornato con Remo lo avrei forse pure capito, perché, in fondo, io l'ho sempre saputo dentro di me che Marco era ancora cotto di Remo. Avevo fatto di tutto per tenerlo stretto a me, per fargli capire che da me avrebbe avuto tutto quello che voleva, tutto quello di cui avrebbe avuto bisogno.

Ma, si sa, al cuor non si comanda e quando si è innamorati è inutile cercare di far funzionare il cervello.

 

 

 

CAPITOLO 8

Tradimento.

 

 

Con Marco non abbiamo mai vissuto insieme.

Sebbene io avessi preso in affitto un bilocale a Cinecittà proprio con la speranza un giorno di vivere insieme, lui si era asserragliato nella sua Viterbo, non aveva intenzione di tentare l'insegnamento a Roma e non voleva lasciare casa dei suoi.

Avevo aspettato che cambiasse idea, ma non c'era stato verso. 

Il sospetto che non si volesse allontanare da Viterbo per continuare a vedere ogni tanto Remo mi aveva sfiorato, ma il pensiero era stato scacciato come una zanzara molesta dalla mia mente.

Il massimo che ero riuscito ad ottenere era stato passare dei week end insieme, da me a Roma.

Lui arrivava con il treno delle 17 il sabato pomeriggio e si fermava da me fino a lunedì mattina, quando, sulla strada per l'ufficio, lo lasciavo alla stazione di Valle Aurelia e lui se ne ritornava a casa sua.

 

Lo spunto per concedermi un po' di intraprendenza me lo diede il mio datore di lavoro.

Poiché le cose andavano abbastanza bene, e la clientela era in aumento, il mio capo decise di tentare l'esperimento dell'orario continuato, per agevolare tutte quelle persone che  facevano il nostro stesso orario ed avevano difficoltà a venire nei nostri uffici, costretti per farlo a prendere permessi o roba del genere.

Questo comportò, ovviamente, la creazione di orari differenziati con turni diversi: quindi a volte, a seconda del turno, mi trovavo ad avere il pomeriggio libero dalle 15,30 !

Stupidamente, o forse automaticamente, il pensiero andò per primo a concepire spostamenti infrasettimanali a Viterbo per stare con Marco, ma poi, visto anche lo scarso entusiasmo mostrato da Marco all'idea, decisi di dedicare quei pomeriggi alla ricerca di … sesso !

 

Oramai, di mezzi di contatto ce ne sono a bizzeffe, internet primo tra tutti, e così mi fu abbastanza facile entrare in contatto con un ragazzo 25nne che si diceva alle prime esperienze.

 

“Il cliente da lei chiamato non è al momento raggiungibile”

E che cazzo ! Ma quando sei raggiungibile ?  Sono otto volte che provo oggi ! Beh, se gli va, mi richiama lui... e che cavolo!

 

Fa caldo, la primavera si sta rivelando molto afosa, sarà l'umidità, sarà che ho tutte le finestre esposte al sole nel pomeriggio, sarà cos'altro, ma dentro casa ci sono 26 gradi. E non è ancora Giugno ! Mi spoglio con calma, meditando su cosa fare per cena, se scongelare dell'arrosto o telefonare “casualmente” alla mamma e farmi invitare a cena. Tanto lo fa ogni volta che la chiamo....

 Mi dirigo in bagno, e non posso fare a  meno di notare una volta di più il cattivo gusto di chi ha messo in bagno mattonelle a rombi rossi e neri. Se non fosse per il costo e per il casino che gli operai per casa ti fanno sempre, sarebbe il caso di cambiarle: magari un bel giallo pallido!

La doccia al solito manda una prima scarica di acqua bollente, ma ormai lo so e non mi faccio fregare.

Mi guardo nudo nello specchio: niente male per un 36nne!

Non palestrato, ma nemmeno rilassato, niente pancetta, la solita faccia da ragazzino che avevo anche a quindici anni.

Non fosse per un po' di grigio che si è affacciato sulle tempie, potrei dire di avere 29 anni ! Quasi quasi, per i prossimi contatti....

Con la sinistra mi allungo a sentire se il getto d'acqua della doccia e' tornato a temperatura accettabile e quindi mi immergo nella mia libidine preferita:

spargo sul piatto doccia del bagnoschiuma da aromaterapia (sapete, quelle cose tipo ginseng, ylang ylang, yuzu, qualunque cosa essi siano), mi faccio assalire dagli odori e mentre l'acqua calda mi accarezza la pelle, mi masturbo, immaginandomi di essere nel bagnetto dell'ufficio, costretto a togliermi i calzoni e le mutande e ad appoggiarmi al lavabo da quel nuovo impiegato insopportabile (ma con un pacco così che gli si vede dai jeans), che si abbassa la zip e tira fuori dagli slip un affare di proporzioni mastodontiche e mi comunica che mi farà molto male, se non collaborerò.

Io, ma solo nelle mie fantasie, oppongo sempre resistenza, perché mi piace essere costretto a fare ciò che in realtà bramo.

Nella realtà, però, sono un timido e non sono mai riuscito a comunicare ad un partner certe mie...tendenze teatrali!

Le mie docce durano quindi in media 30 minuti, visto che le mie fantasie sono così...articolate!

Vi stupite che l'ACEA poi mi manda bollette di oltre 100 euro per volta?

 

Ma stavolta, mentre me ne sto lì a smanettarmi l'uccello, mi pare di sentire in lontananza un motivetto conosciuto di Madonna.

Lì per lì non realizzo, perso nelle mie fantasie masturbatorie, ma poi, in un angolino del mio cervello, si fa strada la consapevolezza che il motivetto altro non è che la suoneria del mio cellulare!

In genere, quando sto sotto la doccia, e con l'attrezzo in mano, evito di scapicollarmi a rispondere al cellulare, ma stavolta ebbi la netta sensazione che la chiamata potesse essere interessante.

Ho scaricato due suonerie sul cellulare: Madonna con Like a Virgin e Mina con Parole, parole (si, lo so: sono scontato e prevedibile!), la prima collegata a numeri interessanti, “cioè caldi”, l'altra collegata ai  numeri dei vecchi amici (invero pochissimi).

Mi misi in fretta l'accappatoio e mi precipitai a rispondere. Come sempre accade quando ti precipiti a fare una cosa, non ci arrivi per un soffio.

L'ultimo squillo mi sorprese col cellulare ad un palmo dalla mia mano, ma quando risposi oramai la linea era stata chiusa.

Ma c'era il numero del chiamante: il 25nne alle prime esperienze ! Bene, bene, bene...

Lo richiamo all'istante.

ALEX: “Pronto?” una bella voce, calda, di gola

PIERO: “Ciao, sono Piero, mi hai chiamato un istante fa, ma ero sotto la doccia e...”
ALEX: “Ah, si, ciao. Ho trovato le tue chiamate. Io sono Alex.”

PIERO: “Senti, io sarei interessato a vederci, come sei messo?”

ALEX: “Un metro e ottanta, settanta chili, ben dota...”

PIERO: “No, no, intendevo con gli orari! Per incontrarci”

ALEX: “Ah, scusa, sai, non sono pratico, sei il secondo che mi risponde”

PIERO: “Beh, se ti serve uno con un po' di esperienza, con me vai sul sicuro, Alex. In che zona stai?”

… esitazione...

ALEX: “Zona Termini”

PIERO: “Hai la macchina o ti sposti coi mezzi?”

ALEX: “Preferisco la metro”

PIERO: “Bene, se scendi alla fermata Subaugusta della linea A, basta che ...”

ALEX: “Senti, non dirmi tutto adesso, ché poi tanto mi scordo. Prendo la metro e quando scendo ti richiamo. Ok?”

PIERO: “Come vuoi tu. Quando?” sentivo già odore di pacco: nel senso romanesco del termine, non mi fraintendete. Diciamo allora che mi aspettavo una sòla!

ALEX: “Vengo anche subito”

PIERO: “Ok allora, quando esci dalla metro, chiamami” si, decisamente una sòla. Questo non si fa vivo, non gli è piaciuta la voce, o mi reputa troppo lontano dalla sua zona.

 

Mi aspettavo che venisse davvero con le stesse probabilità con cui mi aspetto di vincere ogni settimana quando gioco al superenalotto, ma... a volte il destino è beffardo e, quando meno te lo aspetti, ti stupisce con un regalo.

 

Alle 20,00 squilla il mio cellulare.

Lampeggia il numero di Alex.

Rispondo sorpreso:

PIERO: “Pronto?”

 ALEX: “Sono appena uscito dalla metro”

WOW ! Ha fretta il ragazzo o … magari e' solo fame !

PIERO: “Vedi l'edicola? Superala e poi gira  a destra. Dovresti vedere da lontano la croce di una farmacia....Ci sei ? La vedi?”

ALEX: “Un palazzo verde?”

PIERO: “Quello! Vai che scendo e ti aspetto”

 

Invece mi piazzo sul terrazzo e cerco di individuare Alex.

Lo vedo arrivare; sono al secondo piano quindi riesco a vedere bene in strada.

Appena si avvicina, vedo un ragazzetto dall'aspetto pulito, un bel paio di gambe fasciate da jeans sapientemente strappati sulle cosce e una camicia aperta sul petto.

Un cappellino con visiera non mi consente di vedere bene i lineamenti del viso, ma lo chiamo dal balcone e gli grido: “Secondo piano”.

Apro il portone, socchiudo la porta, mi tolgo la maglietta e resto con addosso solo i pantaloni della tuta.

Fremo dall'impazienza, è la prima volta che faccio sesso con qualcun altro che non sia Marco da otto anni !

Sento che sale le scale a piedi, quasi di corsa, ed alla fine, eccolo lì, incorniciato dallo stipite della porta aperta:  Alex è proprio un bel ragazzo.

Alto almeno un metro e ottanta, magro ma solido, ma cosa avrà lì davanti?

Qualcosa in tasca o un dono della natura ? Se non si tratta di un telefonino o di una pistola, stasera sono proprio fortunato.

Mi viene subito in mente una battuta che Johanna Cassidy nel cartoon “Chi ha incastrato Roger Rabbit”fa all'investigatore: “Hai un coniglio nella tasca o sei semplicemente contento di vedermi ?”

Di viso rassomiglia un po' a quell'attore, non mi viene il nome, quell'attore svedese che ha fatto i prequel di Guerre Stellari: Hayden Qualcosa.....Christensen, mi pare ?

Gli mostro casa, per avere un pretesto per guardargli anche il culo.

Casa è molto piccola, quindi faccio presto a finire il giro turistico, così mi lancio all'attacco:

PIERO: “Senti che caldo che fa... mi sono appena fatto la doccia e non sopporto addosso che i pantaloni! Anzi, vabbè, i pantaloni li ho messi adesso perché salivi tu...”

ALEX: “Eri nudo ?”

PIERO: “In mutande”

ALEX: “Secondo me stai bene in mutande” dice malizioso

PIERO: “Vediamo subito”   e penso: ragazzino, sei tu quello alle prime armi !

In un eccesso di zelo, però, con la tuta vengono via anche le mutande, e mi ritrovo lì, imbarazzato, con l'uccello di fuori e Alex che mi guarda sbigottito, come se davanti gli si fosse svestita la Statua della Libertà!

PIERO: “Ehmm... ho esagerato, vero? Scusami, non volevo...”

ma in un attimo Alex il verginello è su di me, intorno a me, dentro di me.

La sua lingua mi si insinua in bocca con la violenza di una trivella, una mano già tra le mie chiappe che cerca il varco per entrare e io … lì come un salame senza fare nulla, inebetito, che balbetto “piano, piano”...

Tempo cinque minuti e ci stiano già rotolando nudi sul mio letto.

In tasca non aveva né il telefonino né una pistola, né un coniglio, ma almeno ventidue centimentri di carne calda e soda tra le gambe!

Lui ha visibilmente fame, io non riesco a credere alla mia fortuna e mi comporto da diciottenne alle prime esperienze.

Tanto perché dovevo essere io ad istruirlo nella sublime arte del sesso, mi ritrovai a mugolare e gemere come un animaletto in calore mentre Alex  il porco riusciva senza neanche troppe contorsioni a ficcarmelo in bocca e a mettermi due dita nel culo.

Mi sentivo come la bambola della canzone di Patti Pravo: mi prendeva su e mi buttava giù e me lo infilava dentro, pompava per un po'  e poi mi girava e me lo metteva in bocca.

Mi ha scopato per quasi due ore prima di venire (lui! Io, nel frattempo, tre volte)...

Quando se ne è andato di corsa per non perdere l'ultima corsa della metro, io ero sazio !

 

 

CAPITOLO 9

Il rimorso.

 

Esco dalla doccia, stavolta piuttosto rapida, e mi dirigo in camera da letto dove sembra siano passati Attila e tutti i suoi Unni: coperte per terra, lenzuola sui comodini, cuscini esausti per gli usi impropri cui sono stati sottoposti (ci si poggia la testa sopra, non la pancia !)... Anche se sono sfinito, tiro fuori dall'armadio lenzuola pulite e rimedio anche un vecchio cuscino ortopedico per la cervicale di Marco (i miei cuscini erano ancora un po'...umidi!).

Appena mi metto a letto immagino di cadere subito tra le braccia di Morfeo, e invece... sento nettamente sul cuscino l'odore di una lozione che Marco si mette sui capelli e con quell'odore, si materializza di fronte a me Marco. Ha un'espressione seria, corrucciata, sembra rimproverarmi per quello che ho fatto.

Ma che cavolo, mi dico io, ha cominciato lui, Marco !

 ha lasciato il cellulare acceso mentre faceva la doccia, e quando ha suonato... come resistere ?

Ho sbirciato chi lo chiamava.

Lo stava chiamando BelculoTR !

Ora: ammesso e non concesso che tra i disgraziati con cognomi osceni ci sia anche un signor Belculo di Terni , non capivo che rapporti potesse avere con Marco?

Quando il sig. Belculo ha visto che Marco non rispondeva, ha pensato bene di mandare un sms e... chi c'era lì a leggerlo? Indovinato ! IO !|

Il sig. Belculo di Terni ringraziava Marco VT per la bella serata di giovedì e gli chiedeva se per caso anche stasera potevano fare “bum bum”?

E io che dovevo fare ? Una scenata di gelosia ? Lo conosco Marco, lui sarebbe partito al contrattacco sbandierando la mia disonestà nell'aver violato la privacy del suo cellulare ecc.ecc.!

Così ho scelto di tacere. Ho sofferto, non lo nego, perché lo amo. Ma immaginarlo fare “bum bum” con un mignottone di Terni mi dava oltremodo fastidio.

Comunque, Alex RM batte Belculo TR 3 a 1 perché Belculo farà pure “bum bum”, ma Marco non viene mai più di una volta, il sesso lo spossa.

Alex invece mi ha fatto venire 3 volte !

 

CAPITOLO 10

A volte ritornano.

 

Passata l'euforia post-Alex, nonché certi doloretti posteriori durati un paio di giorni, fui assalito dalla depressione.

Marco mi tradisce.

Marco non vuole vivere con me.

Marco non mi ama più.

Forse Marco mi ama ancora?

No, Marco ha sempre amato solo Remo: stava con me perché gli facevo sempre regali, lo portavo fuori sempre a spese mie, gli consentivo tutto.

Forse Belculo TR è stato solo un episodio e dopo Marco è stato male come lo sono stato io dopo Alex?

Aiuto !

L'aiuto si materializzò nella sua forma più logica e nello stesso tempo più inaspettata.

 

Nella migliore tradizione prostitutoria che da sempre accompagna chi opera nel libero mercato, fui costretto ad attraversarmi tutta Roma con un pacco di polizze da far firmare ad una vecchia rimbambita, ma ovviamente piena di soldi, e, ciliegina sulla torta, pioveva a dirotto. E, ciliegina sulla ciliegina, avevo la macchina in officina per il tagliando annuale.

Risultato: bagnato fradicio con un ombrello bucato e con gli ombrelli altrui a sgocciolarmi sui calzoni quando salivo su un autobus. Al mio capo questa non gliela perdonerò mai!

Ma ecco che, arrivato dalle parti di Piazza Re di Roma, riconosco a sensazione un ombrello. Un ombrello unico direi, perché l'ho comprato io in Grecia, durante l'unica vacanza all'estero fatta: una specie di pagoda verde e rossa con dei ciondoli gialli e disegni di pappagalli gialli, verdi e blu. Con la proprietaria dell'ombrello (gli ombrelli non si regalano: porta male! Glielo ho venduto per 1 euro)

non mi vedevo da anni, ma ero sicuro al 100% che si trattasse di lei.

Al punto che, pioggia o non pioggia, scendo dall'autobus e corro dietro a quella mostruosità kitch, comprata proprio per il suo essere talmente kitch da risultare quasi elegante.

Sotto la pagoda multicolore, lei: Paola.

Ci guardiamo per un istante che sembra un'eternità; detto e non detto non passano più dalla bocca, ma dai nostri sguardi. Chi farà il primo passo ?

Vorrei dire per orgoglio che fu lei a sciogliersi in lacrime e ad abbracciarmi, ma la realtà è ahimè un'altra: mi sono inginocchiato davanti a lei e le ho chiesto perdono, ho cominciato a piangere, a chiederle scusa per averla fatta soffrire, a dirle che mi mancava da morire e che non facevo altro che sognare una nostra rappacificazione.

Miracolo: non mi ha respinto. Mi ha abbracciato e mi ha detto semplicemente:”mi sei mancato anche tu”.

Imbocchiamo il primo bar a portata di mano e ci sediamo davanti a due vassoi di pasticcini e the' al gelsomino.

In un'ora ci siamo raccontati la nostra vita dal momento dell'abbandono a un'ora prima.

Mi sentivo meglio, più leggero, meno in colpa per Alex, meno incazzato con Marco.

Ovviamente Paola mi suggerì di rivedermi con Alex perché, a suo dire, era la prova vivente che i miei sentimenti per Marco avevano raggiunto il capolinea!

Non potei fare a meno di pensare che l'antico fiume di veleno che correva tra lei e Marco non si era assolutamente prosciugato.

PAOLA: Non ti ha mai amato, ha solo approfittato di un Babbo Natale che invece che solo il 25 Dicembre lo riempiva di regali tutti i week end!”

PIERO: Ma non è vero !

PAOLA: Piero, fermo un attimo! … così, si, così, ...aspetta ! Ecco: ora ti levo le fette di prosciutto dagli occhi !

PIERO: Stronza!

PAOLA: Idiota!

PIERO: .......

PAOLA: ….......

PIERO: Ti voglio bene!

PAOLA: Anch'io ...

 

Ci scambiammo i cellulari e poi lei tornò a casa ed io mi dovetti rifare il tragitto per arrivare dalla vecchia babbiona per le firme sulle polizze, delle quali, a dire il vero, mi stavo proprio scordando.

 

CAPITOLO 11

Indovina chi viene a cena

 

A questo punto, in un film, ci starebbe bene la cenetta tra i due maialini in calore rovinata all'ultimo minuto dall'improvvido arrivo del cornuto di turno!

E allora ce la mettiamo, non ci facciamo mancare nulla.

Pur essendo sabato, sapevo che Marco avrebbe inventato una scusa per non venire, in quanto, dopo il cellulare (e anche alcune parti anatomiche) gli avevo violato le password per la posta elettronica.

D'altronde, se uno è tanto scemo da mettersi a chattare sul pc del compagno e non rifiuta la memorizzazione della password su quel pc, che diritto ha di incavolarsi se poi il compagno si fa gli affari suoi?

Ebbene, un tal CIOMBELLANO, uno che probabilmente non sa che si scrive con la A (o forse sono io che non vedo i doppi sensi?), lo invita a casa sua a Vetralla vicino Viterbo, sulla strada per Roma, per la sera di sabato, e aggiunge che ha invitato anche due amici bisex (tradotto: sposati, ma con una gran voglia di prenderlo in culo).

 

Guarda caso, Marco proprio venerdì sera mi comunica di avere un forte mal di stomaco e che non sa se il giorno dopo verrà e Roma.

“Non ti preoccupare, riguardati” gli dico io, sornione, mentre già penso ad Alex.

Certo, io ho solo Alex, quel porco di Marco, se ho tenuto bene i conti, con quelli di sabato sera va a quota nove......

Mi consolo con la solita storia della qualità che è preferibile alla quantità...(vallo a dire a chi muore di fame !...).

 

Alex arriva strizzato in dei jeans che non lasciano davvero nulla all'immaginazione, a vita bassa con tutto l'elastico dei boxer in vista ed anche un accenno del solco tra le natiche.

Sopra, una t-shirt bianca che ne mette in risalto il rilievo dei capezzoli sporgenti e lascia trasparire il colore più scuro delle areole. E' da violenza carnale !

Gli salgo sopra due secondi dopo che è entrato in casa.

Dopo un minuto siamo nudi.

Dopo due minuti siamo già sul letto a lubrificarci reciprocamente tutti gli orifizi a disposizione e poi... giù e altro che “bum bum” !

Senza dirglielo avevo soprannominato Alex “Trivellone” perché oltre ad essere assai ben messo lì davanti, ha anche delle mani molto grandi e dita molto lunghe, che usa in maniera sublime sia quando insaliva l'ano per prepararlo alla penetrazione, sia per altri giochini che ora, per pudore, non menzionerò.

 

Mentre siamo lì appiccicati in un groviglio picassiano, dove non si capisce a quale dei due corpi appartengano gli arti che sbucano qua e là dalla massa informe dei nostri corpi avvinghiati, ecco farsi strada quella strana sensazione che ti fa percepire che qualcuno ti sta guardando.

Mi giro verso la porta e chi ti vedo lì impalato ?

Marco.

Ha una faccia che … che … non so perché, ma scoppio a ridere sguaiatamente, nonostante il dolore che sto provando in quel momento di maggior penetrazione del Trivellone.

Trivellone scambia il mio ridere per gemiti di dolore e allora si ritrae confuso, sfila dal mio didietro almeno una decina dei venti e più centimetri di trivella e mi fa:

“Così va meglio?”.

 

CAPITOLO 12

L'abbandono.

 

Ma insomma, cosa avrò fatto mai?

Lui Belculo TR si e io Alex RM no ?

 

Senza una parola Marco svanisce dallo stipite della porta così velocemente ed silenziosamente che io credo di essermi immaginato tutto.

Unica traccia concreta del suo passaggio: l'apparire del suo mazzo di chiavi di casa mia sul tavolo in soggiorno. E meno male che se le è dimenticate ! Mai dare ad altri le chiavi di casa propria, a meno che non si sia amanti delle sorprese ! E di quelle spiacevoli...

Alex si era addormentato, erano le due passate e non avrebbe fatto in tempo per l'ultima corsa della metro: lo lasciai dormire.

 

Un laconico sms in nottata mi aveva avvisato che lui, Marco, era profondamente ferito da quel che aveva visto e che tra noi poteva dirsi finita !

 

Una riflessione si imponeva ora: cosa provavo?

 

Volevo ancora Marco ? Volevo Alex ?

Per la prima volta in otto anni esitai a rispondere.

Una volta vidi un film, dove la protagonista femminile dice ad un personaggio che le chiedeva se amava suo marito:

“Un giorno mi sono svegliata e mi sono accorta di non amarlo piu'”

Ecco: io mi sentivo come quell'attrice.

Amavo un Marco che avevo idealizzato, che avevo creato apposta per non sentirmi solo, per non sentirmi troppo diverso, per sentire di avere una storia, di avere qualcuno, ed in nome di questo avevo sacrificato tanto, troppo. Un'amica come Paola, e poi tutte le possibilità che in otto anni avrei avuto di conoscere una persona davvero adatta a me.

Io avevo amato Marco, con tutto me stesso, ma, accecato dal mio stesso amore, non avevo capito ciò che era evidente: il mio amore non era ricambiato ! Non avevo voluto capirlo !

Io lo Amavo con la A di amore, lui mi contraccambiava con la a di affetto (con la a di approfittatore, avrebbe detto Paola).

 

E Alex? Lo amavo ? No, siamo realistici: ci scopavo bene. Prima o poi mi sarei stancato anche di lui e dei suoi boxer stravaganti.

 

Ne aveva di tutti i tipi: da quelli più sconci, neri con un bel peperoncino rossi sulla patta, ad altri bianchi con un goloso pasticcino sul pube, ad altri con … con... ma si' ecco ! Altri con la riproduzione dei Girasoli di Van Gogh !!!!!!!!!

 

Ecco perché, guardando fuori dalla finestra avevo ripensato a quel pomeriggio di qualche anno prima !

Vedete, proprio come succede con la memoria, anche con le persone è così: quando smetti di sforzarti di trovare quella giusta, allora sarà lei a venire da te.

 

 

CAPITOLO 13

QUALCHE AGGIUNTA FINALE DI PAOLA

 

Come promesso, vi ho raccontato la piccola storia che però ha tanto segnato le piccole vite di almeno quattro persone.

D'accordo, ho usato una forma un po' insolita, ho messo del mio per quanto riguarda le situazioni in cui ero presente, ed ho fatto parlare gli altri con le parole riferitemi da Piero.

Su Remo, confesso di aver “ricostruito” ad intuito il tipo: la descrizione fisica me la ha fatta Marco stesso in una delle rarissime occasioni in cui abbiamo parlato, ed anche un'altra persona, mentre l'atteggiamento diciamo “disinvolto” di Remo mi è apparso chiarissimo da alcuni aneddoti che Piero mi ha riferito dopo che Marco glieli aveva raccontati.

Ho sempre saputo che Marco amava ancora Remo e che stava con Piero solo per i regali e le gite che lui gli concedeva, e Piero in cuor suo lo sapeva, tant'è che una volta Piero è venuto da me in lacrime perché una volta, a Viterbo, aveva visto Marco sbiancare all'improvviso mentre un bel ragazzo alto, visto però solo di sfuggita, usciva da un bar.

Marco e Remo (era lui il bel ragazzo) si erano salutati, ma Marco non aveva più aperto bocca per tutto il pomeriggio, se non quando rispondeva alle domande che Piero gli faceva occasionalmente per tenere un minimo di conversazione.

Sapete cosa? Non chiedetemi come ho fatto, ma so cosa è successo dopo questa storia non solo a Piero (come non potrei non saperlo?), ma anche a Marco e a Remo.

E ora come dopo i titoli di coda di un film, qualche quadretto col futuro dei protagonisti, ovviamente in ordine di importanza (per me):

 

PIERO: ormai non lo chiamo più Piero, ma Scoglio, perché lui ha preso a chiamarmi Cozza.

Siamo sempre insieme.

Come una volta.

Lui e Alex si vedono ancora, ma Piero, dopo essersi bruciato una volta con l'acqua calda, ora ha paura anche di quella fredda, e tiene a freno i sentimenti e cerca di tenere collegato il cervello e scollegato il cuore.

Ma tanto, come dice lui, il cuore non lo ha più, glielo ha preso Marco e non glielo ha più ridato.

La mia paura più grande è che Marco vinca il suo smisurato orgoglio e torni a farsi vivo con Piero, perché so bene che Piero, al minimo cenno di Marco, correrebbe di nuovo all'inferno  tra le sue braccia !

 

PAOLA: ha rinunciato all'idea di trovare marito ed ha rinunciato al quindicesimo tentativo di mettersi a dieta a perdere quindici chili.

Si è messa l'anima in pace: a cosa serve un marito, se tanto non ti senti materna e non vuoi fare figli ? E poi, tanto, c'è Piero su cui vigilare, per tenerlo lontano dalle grinfie di eventuali Marco 2 la vendetta !

Continua a lavorare presso uno studio legale e a spendere cifre ragguardevoli in telefonate personali  perché, nonostante Piero glielo dica da anni, lei continua a tenersi quella vecchia tariffa da 19 cent.

al minuto.

Sta pensando seriamente di andare a vivere da sola, per poter rientrare a casa quando vuole senza il coprifuoco impostole dalla madre (nell'opera di convincimento Piero sta avendo una parte molto attiva!).

 

MARCO: il deficiente (consentitemelo!) si ostina ad iscriversi nelle graduatorie della sua città e solo per latino e italiano.

Mi risulta che non riesce a trovare un posto, e mi sembra ormai destinato ad un precariato perenne, e ad una perenne ricerca di qualcuno che si sostituisca ai genitori per mantenerlo. In cambio magari di sesso ? Sarebbe in tono col personaggio.

Lo odio ancora, anche se so che non è un bel sentimento da provare, ma ancora non mi va giù che mi abbia potuto portare via Piero, e ancora meno mi va giù che la sua è un'arma ancora carica, pronta a sparare e che sicuramente centrerebbe il bersaglio, se il bersaglio fosse Piero.

Solo per questo gli auguro di innamorarsi di qualcuno e di dimenticare Remo (che ha amato) e Piero (che ha sfruttato).

 

REMO: si è innamorato, finalmente, ma di uno sposato !

Ora sa anche lui cosa si prova a desiderare di passare la vita con qualcuno che però è interessato a te solo in quanto hai un bel cazzo !

Lo sposato non intende certo rinunciare alla sua bella facciata di normalità (che brutta parola, inadeguata, poi!), e lo cerca solo quando il prurito in fondo alla schiena supera la paura di essere scoperto dalla moglie. 

Lo so bene perché mio fratello ha sposato una collega di Viterbo e si è trasferito proprio lì.

So da tempo che mio fratello è gay: dopo tanti anni con Piero, so oramai distinguerne uno come e meglio di un altro gay.

E guarda caso, ora mio fratello si confida con me (sono accerchiata da gay!): quando Stefania, mia cognata, ha impegni di lavoro fuori città, Saverio, mio fratello, si vede con Remo...

 

Vendetta, dolce vendetta !

 

Un bacione a tutti !

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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