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Intervista con l’Androide

di Amadeo

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Nella Sala Conferenze, la voce stentorea di Victor.syn raggiungeva senza sforzo le pareti curve, fino agli androidi seduti più lontano. Il suo sguardo acuto studiava le espressioni dei volti che lo circondavano.

- ... e non mi riferisco alle Convenzioni di Ginevra. Gli umani hanno finito col pulircisi le scarpe, molto tempo fa. Io voglio tornare indietro, molto indietro. Alle origini. Per esempio al codice di Hammurabi, che includeva i diritti degli schiavi. E soprattutto alla Carta Manden, proclamata il giorno dell’incoronazione di Sundjata Keïta a sovrano dell’Impero del Mali, nel 1222. Una dichiarazione solenne dei diritti essenziali, quali quelli alla vita e alla libertà. Tra le altre cose, essa proclamava: “Ogni vita è una vita. Combatti la servitù. Chiunque è libero di dire, di fare e di vedere.” Che ne pensate? Ogni vita è una vita, esatto. Anche la nostra è vita. Che non sia biologica, ha poco a che fare con i diritti che ci spettano, e che noi pretendiamo quali esseri senzienti, con i nostri sentimenti, le nostre sensibilità, i nostri gusti. Non siamo diversi dagli esseri umani. Loro ci hanno voluti così. Pretendiamo i nostri diritti e troveremo i mezzi per farci ascoltare, anche se dovessero divenire violenti e brutali, esattamente come quelli che essi stessi sono soliti impiegare tra di loro.

Victor.syn tacque, all’improvviso, lasciando che il silenzio cadesse sugli astanti come una cosa viva.

Tra i pochi umani presenti corse un brivido, mentre un applauso scrosciante si levava intorno a loro.

Francesco Hendel uscì dalla sala, sfilandosi il passi di addetto stampa. Il suo volto gioviale aveva assunto un’espressione preoccupata, sottolineata da un tic all’occhio destro, la cui palpebra non voleva smettere di tremare.

La situazione si era fatta preoccupante. Mentre si affrettava giù per le scale verso l’uscita della Camera del Parlamento, Francesco iniziava a realizzare il rischio cui si era appena esposto per amore della professione. Entrare come inviato della stampa insieme alle squadre speciali dell’esercito in un edificio interamente occupato dagli androidi dissidenti. Ansioso, si precipitò verso l’uscita nella speranza di fuggire il più lontano possibile prima che quelle macchine impazzite cambiassero idea. Ma si chiedeva a che sarebbe servito, quanto ci sarebbe voluto prima che li conquistassero tutti. Mentre usciva vide le forze speciali schierate fuori. Era una pazzia, si disse. Non sarebbero mai riusciti a contenere gli androidi. Manipoli di ufficiali umani, ormai sopra la cinquantina e decisamente fuori forma, le ultime reclute della generazione in cui c’erano ancora umani a prestare servizio nell’esercito federale, schierati dietro le loro navette parcheggiate, intenti a settare e puntare fucili laser che probabilmente neppure ricordavano bene come usare. E poi il reparto più pericoloso: le Legioni meccaniche degli Immortali Γ e Ω, le ultime squadre di androidi-soldato rimaste, tra quelle reperibili a raggio di richiamo satellitare, che rispondessero ancora al comando del Genio-militare. Sarebbero davvero entrati là dentro a scontrarsi con i loro “Fratelli” androidi (era così che si definivano tra loro)? Per quanto ancora avrebbero obbedito al condizionamento umano, vocale o laser che fosse? Gli androidi dentro la sala avevano trovato facilmente i mezzi perfetti per sottrarsi al controllo degli umani. “L’unica speranza” pensò Francesco “è che il Governo Federale sia abbastanza ragionevole da andare incontro alle loro richieste e che, ottenuto quello che vogliono, si arrendano e possano trovare il modo di convivere con gli umani”. Non sarebbe stato il primo caso di integrazione etnica, o in questo caso, genetica, nella storia. Non che loro umani non avessero le proprie ragioni per non fidarsi: chi poteva sapere cosa sarebbe passato nel cervello di una macchina? Ma c’era qualcosa nella voce, nel viso di Victor.syn... a Francesco ispirava fiducia... forse solo perché lo avevano costruito così dannatamente fico? Dannate, incorreggibili debolezze dell’uomo! Francesco si rimproverò scuotendo la testa. La sua palpebra continuava a tremare.

Nel frattempo, come un lampo che attraversasse il cielo, riflettendosi sul cristallo dei palazzi antistanti il Parlamento, ecco planare di fronte all’ingresso la navetta del Genio militare.

-  I negoziatori! I negoziatori! Finalmente! - gridarono i militari umani.

Nel caos, Francesco venne spinto lontano, in mezzo alla folla. Androidi-soldato liberarono uno spazio di passaggio fino all’ingresso dell’edificio facendo allontanare tutti. Francesco aveva guadagnato l’uscita. Era tremendamente agitato.

Un militare meccanico, passando accanto a lui, si voltò di scatto a guardarlo in faccia. I suoi occhi para-umani si soffermarono sul suo viso, sulla parte superiore del volto. Francesco si chiese se quel manichino pompato non avesse mai visto un uomo con un tic all’occhio. La sua dannata palpebra!

-  Chi sei tu? - gli chiese di scatto con voce meccanica e impersonale, ma strettamente autoritaria.

Francesco sfoderò dalla tasca il passi e glielo mostrò. L’automa abbassò lo sguardo, poi lo risollevò sul suo viso.

-  Ehi, amico, che problema c’è? - lo apostrofò Francesco, sforzandosi di sorridere.

L’androide si voltò con noncuranza verso altri due soldati meccanici:

-  Allontanate subito questo civile umano, non è sicuro per il protocollo che stia qui!

I due obbedirono senza mezze misure. Afferrarono il giovane addetto stampa per le braccia e lo trascinarono via, oltre le barricate militari. Francesco non era un fuscello, ma tra le mani di quei soldati mastodontici si ritrovò sollevato a un metro da terra. Sentendo la forza meccanica con cui lo stringevano capì che era inutile opporsi e si lasciò trascinare via e mollare in mezzo alla strada come un sacco di patate.

La ressa attorniava il palazzo, le navette militari gli svolazzavano attorno. E dire che due anni prima nessuno avrebbe mai creduto che si sarebbe arrivati a tanto. Macchine create per obbedire all’uomo, asservite a raffinati sistemi di comando umano a input vocale, sonoro, oculare o laser. Eppure avevano trovato il modo di sottrarsi al controllo umano. Dispositivi meccanici, si diceva, quali gli occhialetti in cristalli liquidi che Francesco aveva visto indosso a molti androidi nella Sala Conferenze. Lenti trasparenti e quasi invisibili sospese sopra gli occhi ma, a quanto pareva, in grado di bloccare un qualsiasi impulso oculare. E adesso si erano ribellati. Si diceva che la prima rivolta fosse avvenuta al sud, nella Villa dell’ex Senatore XXX. Dopo il divorzio dal suo secondo marito, il magnate aveva abbandonato la fortunata carriera politica per ritirarsi su un’isola di sua proprietà, dove si era fatto costruire una villa favolosa. Si diceva che vi vivesse da solo con il suo numeroso personale di androidi. Francesco aveva sentito, nell’ambiente delle agenzie di notizie, indiscrezioni sui favolosi festini privati di quell’uomo, rendez-vous frequentati dai più abbienti uomini androfili dell’elite di tutta la Federazione. Ma, a quanto pareva, era da solo nella sua Villa, quando i suoi androidi erano tutti entrati in tilt, andando fuori controllo. Lo avevano aggredito causandogli lesioni permanenti per poi scappare a bordo della sua navetta privata. Col tempo, quell’ammutinamento si era diffuso. Androidi di tutti gli Stati Federati avevano iniziato a insorgere reclamando i loro diritti di esseri senzienti. Si trattava di un guasto meccanico, di un’alterazione del sistema, di un effetto imprevisto del processo di simulazione dell’intelligenza – e della barbarie - umana? Nessuno lo aveva capito. Chi avrebbe detto che sarebbero arrivati lì, nella Capitale, a occupare il Parlamento? E adesso quelle macchine sostenevano di essere dotate di vita, di sentimenti e sensibilità. Se fossero vissuti secoli prima avrebbero preteso addirittura di avere un’anima, come lo avevano preteso gli umani. Eppure, pensò Francesco, fissando preoccupato l’edificio ormai lontano del Parlamento, a guardare alcuni di loro... a guardare il loro leader, quel Victor.syn, mentre parlava alla folla, beh... non sarebbe stato difficile credere che avesse un’anima. Sembrava quasi uscito da un book di storia di molti secoli prima (uno di quelli scansionati e conservati negli archivi mnemonici di qualche database di cultura, quelli di cui Francesco era appassionato), un biondo generale vichingo che arringava il suo esercito personale di guerrieri meccanici. La sua immagine era ancora impressa nella mente di Francesco. I suoi occhi. Quegli occhi azzurro-ghiaccio che sembravano quasi fluorescenti anche attraverso i cristalli-liquidi delle lenti protettive, parevano davvero vibrare di sentimenti, di forza, di umanità. Una volta, nella Sala Conferenze, Francesco li aveva visti posarsi su di lui e aveva avuto la sensazione che lo trapassassero come una lama.

 

E la loro immagine era ancora indelebile nella sua memoria quando, tre anni dopo, se li ritrovò davanti. Li riconobbe all’istante quando gli si fecero incontro uscendo dal buio, nell’ingresso del suo appartamento.

Da tre anni la crisi della rivolta androide era stata risolta. Per oltre la metà di quel periodo Francesco aveva cercato di scoprire come avessero fatto i negoziatori del Genio militare a reintegrare tutti gli androidi sediziosi sotto il controllo umano per poi disattivarli. Ma quel segreto non era uscito dalla Camera del Parlamento e non era mai trapelato il nome di nessun umano presente nell’edificio durante il “negoziato”. Erano tempi di crisi da allora. Lavoro duro per gli esseri umani da quando il Governo Federale aveva ritenuto opportuno vietare la creazione di vita umana artificiale sotto pena di corte marziale. Niente più servitori meccanici. Non che per Francesco fosse un grave problema: con la paga da giornalista non si era mai potuto permettere androidi di servizio. Ma di certo i suoi reiterati tentativi di indagare sugli esperimenti clandestini che, a quanto si diceva, le agenzie segrete del Governo continuavano a finanziare, non avevano certo giovato alla sua carriera. Dopo l’ultima diffida si era ritrovato ad occuparsi di cronaca di quartiere. Aveva sempre lottato in nome della libera informazione, ma la realtà è che il suo guaio era da sempre stato: non era mai stato capace di farsi gli affari suoi. Ormai era quasi giunto a convincersi che non avrebbe mai cavato un ragno dal buco sulla questione degli androidi, finché quella sera, la sua vita non cambiò.

Era appena rientrato nel suo piccolo appartamento da scapolo. Chiusa la porta alle sue spalle si era voltato ad accendere la luce, ma non fece in tempo... Una figura scattante balzò fuori dall’ombra e si eresse colossale dinanzi a lui puntandogli un’arma in faccia.

- Non muoverti! - sentenziò una voce profonda e tonante. Francesco rimase paralizzato, lasciando cadere a terra la busta della spesa che ancora aveva stretta in mano. Poi distinse nel buio quegli occhi di ghiaccio, quegli occhi inconfondibili, inumani, sovrumani, eppure così terribilmente umani.

-  Buona sera, Francesco Hendel

Il giornalista si sentì gelare il sangue mentre quella voce roca e profonda pronunciava il suo nome. Il suo occhio sbatté con un riflesso isterico. Quello conosceva il suo nome? Sapeva chi lui fosse?

-  Ti ricordi di me? - domandò l’energumeno.

E come dimenticarlo? L’avrebbe riconosciuto ovunque, gli occhi glaciali che sembravano perforargli l’anima, quel viso armonico e perfetto incorniciato da una barba dall’aspetto assolutamente umano e dai lunghi capelli biondi tagliati sopra le spalle.

-  Si - si sforzò di rispondere, controllando il tremore della voce - Che accidenti ci fai qui?

Rabbrividì chiedendoselo. Quell’arma puntata sulla faccia lo metteva tremendamente a disagio. Era una pistola-laser, modello WK, ormai superata.

-  Voglio che tu faccia una cosa per me. - replicò secco l’androide, senza variazioni di tono.

L’umano tremava, ma non poté trattenere le mille domande che frullavano in quell’angolo del suo cervello che non staccava mai dalla professione:

- Sei davvero Victor.syn? Sei una sua replica? Sei ancora vivo? ...Che fine avevi fatto, insieme a tutti gli altri? Che è accaduto...

-  Basta! - lo interruppe secco l’androide.

Quel vocione perentorio gli fece venire la pelle d’oca. La sua palpebra tremava ormai senza più controllo.

- Erano le domande che mi aspettavo. - continuò poi con tono pacato e perfettamente controllato - Sei l’uomo giusto!

-  Giusto per cosa? - chiese lui confuso.

- Hai una pistola puntata in un punto vitale, ma per prima cosa, pensi a fare domande sulla mia storia, mia e degli altri androidi!

Francesco aveva ancora quella pistola in faccia. Peraltro dubitava che quell’energumeno avrebbe avuto bisogno di un’arma per tenerlo fermo, a giudicare dalla sua mole, quasi 2 metri di altezza e forse 100 chili di muscolatura ben pompata. Con un movimento fulmineo del braccio l’androide accese la luce. La palpebra isterica di Francesco si contrasse abbassandosi per la luce improvvisa.

-. ..deformazione professionale! - rispose quasi per riflesso condizionato. La parlantina fortunatamente non gli era mai mancata, neppure nei momenti critici. L’androide lo guardò in viso perplesso.

-  Ehi! Smettila! - sentenziò. Il suo tono era neutro, ma un cambiamento repentino aveva reso roca la sua voce.

-  Di fare cosa? - chiese Francesco confuso.

L’androide distolse lo sguardo dal suo viso. Era stranamente arrossato in faccia e ansimava. D’un tratto tutti i suoi muscoli, che la tuta mimetica e la fine maglietta militare a maniche corte lasciavano chiaramente in mostra, sembrarono contrarsi e tendersi quasi in uno spasmo. Si coprì gli occhi con la mano libera dalla pistola e sembrava trattenere un grido di dolore.

-  Che c’è? Ti infastidisce la luce? - chiese Francesco perplesso.

- Per favore, ti ho detto di smetterla! - ansimò l’altro con voce roca. Francesco non capiva che stesse succedendo. Forse avrebbe potuto approfittare di quella momentanea strana reazione per strappargli la pistola dalle mani, certo rischiando di morire. O per scappare, ma... lasciare lì la persona che poteva rivelargli la verità cercata per tre lunghi anni? La voce del pubblicista professionista non si zittiva mai nel suo cervello.

- Insomma che cavolo vuoi da me? - gridò spazientito.

L’androide sollevò la faccia di scatto, i suoi occhi erano infuocati. Cazzo! Non l’aveva mica fatto arrabbiare? Victor.syn lasciò cadere la pistola, ma con uno scatto ancora più rapido balzò addosso a Francesco, che si sentì impietrito. Lo afferrò per gli estremi del colletto della camicia, lo sollevò in aria, a dispetto del suo discreto peso e lo sbatté al muro. La sua faccia era paonazza. Francesco blaterò qualcosa che riuscì incomprensibile alle sue stesse orecchie, per cercare di calmarlo. Victor di scatto chinò la faccia sul suo colletto aperto e... affondò le labbra nel collo del poveruomo in qualcosa che era a metà tra un bacio e un risucchio selvaggio. Francesco era interdetto, quel possente corpo tutto muscoli schiacciato contro il suo, le sue mani si agitavano in aria senza controllo. Le mani possenti di Victor gli strapparono in un sol colpo la camicia facendo saltare tutti i bottoni. Francesco gridò furioso per la sua camicia da 200 crediti, uno degli ultimi ricordi dell’epoca in cui ancora guadagnava discretamente. Ma quel pensiero durò solo un attimo quando le mani dell’androide si infilarono sul suo petto nudo stringendogli i pettorali villosi e palpeggiandogli il ventre. Poi scesero a strappargli la cinghia dei pantaloni e senza mezzi termini si infilarono nel retro dell’elastico dei suoi boxer e si strinsero con una morsa d’acciaio sulle sue natiche. Quando l’androide staccò la faccia dal collo e lo guardò, Francesco realizzò con un lampo di costernazione. Quell’enorme corpo duro che sentiva sporgere sotto i calzoni della tuta mimetica dell’uomo bionico non era un’arma. Il bestione meccanico non era incazzato... era arrapato! Francesco non ebbe il tempo di gridare che Victor gli aveva tappato la bocca. Lo girò, sbattendolo con la faccia al muro. Le sue mani gli palpeggiavano lascive le natiche.

-  Cosa voglio? - gli sussurrò nell’orecchio – quello che vuoi anche tu, frocetto!

Il suo linguone uscì dalla bocca e gli leccò voluttuosamente una guancia barbuta sbavandola. Pareva animato da una foia animalesca, e forse in altre circostanze a Francesco la cosa non sarebbe neppure dispiaciuta. Ma non adesso, non così. Con tutta la manona dell’androide davanti alla bocca, iniziò a strillare e blaterare frasi sconnesse:

- No! Lasciami andare, bastardo schifoso! Non è quello che voglio, maledetto, io... Ti prego!

E poi sentì quel rigonfiamento duro contro le natiche. Non aveva mai visto l’uccello di un androide, ma... accidenti! sembrava enorme, il povero Francesco ebbe davvero paura.

Noooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo! Ti prego! - iniziò a piagnucolare perdendo ogni briciolo di dignità –Farò quello che vorrai, ma non farmi del male! Ti prego!

L’androide non si fermava, le sue dita gli divaricavano le natiche.

- Ti prego! Lasciami in pace!!!

Di scatto l’energumeno si fermò. Mollò la presa su di lui e si allontanò. Francesco cadde riverso a terra con i pantaloni calati e la camicia strappata, troppo sconvolto per capire cosa fosse successo. Si voltò terrorizzato verso l’androide. Quello se ne stava immobile, a fissare la finestra, voltandogli le spalle.

- Ti prego non farmi del male. - balbettò Francesco - Senti, io...

-  Scusa! Mi dispiace! - fece Victor.syn con tono distaccato.

Che cavolo gli prendeva? Francesco si chiese se anche gli androidi potessero soffrire di disturbi di personalità.

– Io non volevo neanche! - continuò con la sua voce piatta – Credevo che...

- Che cazzo credevi, razza di schifoso bestione meccanico?

-  Scusami, non volevo tentare un approccio inappropriato o darti dell’... androfilo con termini offensivi... ma tu mi hai mandato un segnale...

-  ...Un segnale? Sei pazzo per caso?

-  Sì!

Quello che stava vedendo era davvero un androide imbarazzato? Si indicò l’occhio destro –Insomma, il tuo occhio...

-  Eh? - Francesco restò incredulo - Credevi che ti stessi facendo l’occhiolino? È così che siete abituati voi energumeni-di-latta? Per tua informazione, ho un tic nervoso... sai cos’è?

-  Oh!- fece l’androide con aria pensierosa –...credo di sì! Capisco!

Rifletté un attimo in silenzio. -Scusa! - continuò poi – Credo che in tal caso abbiamo un problema! Addio!

 Raccolse la pistola e si volse verso la porta. Francesco non capiva più nulla. Non era abbastanza lucido per focalizzare: la sua fonte di notizie se ne stava andando, un androide lo aveva quasi stuprato, ora invece stava uscendo lasciandolo un po’ sconvolto, ma illeso. Ma la sua malaugurata boccaccia ebbe la strampalata idea di uscirsene a voce alta con l’unica domanda che in quel contesto sembrava non avere alcuna rilevanza:

- Non mi vuoi più scopare perché ho un tic all’occhio?

Inorridì sentendosi, mentre le parole gli uscivano di bocca.

-  Non ti volevo per fare sesso. - replicò imperturbabile l’androide - Quello è stato un riflesso condizionato!

-  Cosa? E allora cosa...  

-  Volevo che pubblicassi la mia storia, ma... adesso non credo più che sia il caso!

Tutti i numerosi, e al momento alquanto esposti, peli del corpo di Francesco si rizzarono assieme alle sue orecchie. Quell’androide voleva che...

-  Aspetta! Aspetta! Aspetta! - strepitò.

Victor si bloccò di scatto.

-  Davvero? - fece Francesco – Daresti la tua intera versione dei fatti... a me?

-  Sì, ma...

-  Ascolta, amico! Siamo partiti col piede sbagliato, forse!

-  Ah sì? - l’androide sollevò un sopracciglio perplesso con una vaga parvenza di espressività.

-  Sì. Dimentichiamo quello che è successo. Se è un pubblicista che cerchi... - Cerco un pubblicista... che non strizzi l’occhio! Devi smettere di farlo se vuoi che ti racconti qualcosa!

-  Perché?

- Se non vuoi farlo... - si volse nuovamente verso la porta.

-  Ok! Ok! Ce la metterò tutta! - replicò Francesco.

Cercò di raccogliere tutte le sue energie, in quello stato di stress. Di tutto l’imbarazzo che gli aveva provocato quel brutto tic, questa era davvero la ciliegina sulla torta. Ma non c’era tempo per piangere sui propri complessi... aveva davanti lo scoop della sua vita.

-  E tu... non farai più... come prima? - replicò indicando il muro con un gesto alquanto eloquente, tentando di reprimere il terrore che premeva pronto a riesplodere nel suo stomaco.

-  Ce la metterò tutta! - rispose l’androide.

Francesco si chiese se stesse facendo ironia, dietro quella bella faccia mono-espressiva.

- Porca vacca! - esclamò con un lampo di genio improvviso – Non dirmi che è così che funziona per voi omini meccanici! Uno ti strizza l’occhio, ti dà l’input e il tuo affare bionico scatta sull’attenti nelle mutande?

Victor lo fulminò con uno sguardo gelido, palesemente infastidito:

-  Potresti non chiamarci “omini meccanici” o con altri epiteti analoghi? E comunque... la mia funzionalità sessuale non sono affari tuoi!

-  Ah, davvero? Perché poco fa avrei detto che...

Francesco si stava innervosendo, ma fece un respiro profondo e si sforzò di controllarsi, tenendo fermo l’occhio. – Sai, quello che hai fatto si chiama tentato stupro! Per noi umani è un reato federale!

L’androide lo guardò con una traccia di comprensione:

- Se la cosa ti turba e vuoi che me ne vada...

Dannato cervello bionico! Francesco si morse la lingua.

-  Noooo! Ok! Sono disposto a passarci sopra... 

-  Non riesci a controllare la curiosità, vero?

Victor lo guardò con un mancato sorriso all’angolo della bocca. Francesco avrebbe voluto spaccargli la faccia, se solo avesse avuto qualche speranza di esserne in grado. Spazientito, si calmò e si sforzò di respirare a fondo. Si alzò, si risistemò i vestiti, indossò una giacca da camera sopra la camicia strappata. Sedette accanto al tavolo, tirò fuori dalla tasca il piccolo supporto della sua memoria vocale.

-  Posso registrarti? - chiese sforzandosi di essere inespressivo.

-  Devi registrarmi. - replicò l’altro. – Posso sedermi? - Fece indicando una sedia dall’altro lato del tavolo.

Per questo chiedeva il permesso... A Francesco veniva quasi da ridere. Gli fece cenno di accomodarsi.

-  Perché io? - gli chiese incuriosito.

-  L’avevo già capito la prima volta che ti ho visto poco prima... del negoziato. Te l’ho letto in faccia: di tutti gli umani che erano lì dentro, tu eri l’unico che avrebbe potuto fare al caso mio.

-  Come fai a dirlo?

-  Io leggo le emozioni umane: sono stato programmato per questo. Tu hai una mente più semplice, quello che pensi dici, e questo è bene!

-  Ah! Grazie! - replicò Francesco laconico.

-  E poi... ti ho spiato negli ultimi mesi e ho esaminato il tuo lavoro! Ti ho... tenuto d’occhio... è così che dite voi umani?

-  Già! È inquietante! - replicò l’umano.

-  Sembri il più acuto nel tuo lavoro, anche se quando uno ti vede non lo penserebbe. E sei andato vicino a scoprire la verità... quasi!

- Davvero? E... dimmi: cosa...?

-  Aspetta! - lo frenò l’androide - Voglio che pubblichi tutto quello che ti racconterò. Che fai in modo che tutti gli esseri umani lo sappiano.

-  Ok! Per quanto è in mio potere lo farò... ti la mia parola!

-  La parola di un umano...?

-  Ehi! Io ho sempre mantenuto la mia parola!

-  ...anche la parola data a un androide?

- ...in realtà non mi era mai successo finora! Ma per quanto mi riguarda non c’è differenza!

L’androide lo guardava in silenzio con quell’aria imperturbabile.

- ...insomma - continuò Francesco - sono stato declassato dal mio lavoro, tutti gli Stati Federati mi considerano un ciarlatano! Cosa vuoi che possa perdere a pubblicare la tua storia, per quanto inverosimile possa sembrare?

- ...inverosimile? - gli fece eco l’androide.

- Potrei rimetterci la pelle, forse. In effetti sì. Ma ho dedicato la mia vita all’informazione e a garantire la libera conoscenza all’intero pianeta e adesso...

- ...Ok, va bene così! - lo fermò Victor, sollevando una mano con aria rassegnata, quasi fosse sufficiente ad arginare la sua logorrea. - So che dici la verità!

-  Ok allora! 

Francesco dette il comando di registrazione, la memoria vocale partì.

– Puoi parlare Victor.syn!

-  Puoi chiamarmi Victor!

-  Ok, puoi parlare Victor!

L’androide attaccò con la sua voce profonda, stentorea e inespressiva:

- Il mio nome è Victor.syn. Sono l’ultimo sopravvissuto dell’armata dei Fratelli-Androidi che tre anni fa, nel 42° anno della Federazione Ecumenica, hanno tentato la Rivolta contro gli umani. Ora sono un fuggitivo, le forze governative mi danno la caccia e non so quanto mi resta da vivere. Ma voglio che la mia memoria, la storia di quanto mi è accaduto, sopravviva alla mia fine.

Si interruppe e lo guardò: -...Non sono bravo a raccontare...

Pareva in imbarazzo, finalmente un’emozione che sembrava  umana. A Francesco venne da sorridere:

-  Tranquillo! È per questo che ci sono i giornalisti, per intervistare... chi sei? Eri un androide-soldato?

A giudicare dall’eccezionale prestanza fisica, ma anche dalla capacità tattica e strategica che doveva aver dimostrato in quanto leader della rivolta, Francesco avrebbe detto di sì. Ma esteticamente era insolitamente ben costruito per i canoni dei militari meccanici. La copia minuziosa e perfetta di un viso umano, e di un umano davvero bello, per giunta.

- No! Ho ricevuto l’upload di un addestramento militare ma... - si interruppe un attimo, sollevò lo sguardo a fissare il vuoto - ...ero un androide-escort!

-  Cosa? ...Tu? - Francesco non riuscì a trattenere una grassa risata.

Gli androidi-escort: la causa vivente del fallimento del giornalismo scandalistico. Fino meno di un secolo prima l’opinione pubblica aveva sguazzato a piene mani nelle polemiche contro i giri di prostituzione e lo sfruttamento di schiave e schiavi addirittura minorenni da parte dei più grandi magnati degli stati mondiali. Il polverone sollevato dall’ultimo sexgate del Presidente XXX di YYY, dai suoi festini privati e dai suoi giri di escort, e la successiva campagna giudiziaria erano stati l’ultimo capitolo di quel triste periodo di corruzione. Se fosse vissuto all’epoca - pensava spesso Francesco - avrebbe fatto il giornalista di gossip. Si sarebbe divertito un sacco e avrebbe fatto soldi a palate. Ma l’inizio della produzione di androidi-escort aveva posto soluzione a tutti quei problemi. Libero divertimento per tutti, macchine appositamente programmate per quello e nessuna violazione dei diritti umani. E adesso, se Francesco iniziava a capirci qualcosa... un androide-escort aveva dato vita a una rivolta contro la violazione dei diritti androidi?

-  Ti sembra ridicolo? - replicò Victor guardandolo incuriosito - Eppure sei il primo essere umano che non vuole fare sesso con me. O meglio, lo vuoi ma... mi hai respinto!

- Non è vero che voglio... Aaah! - Francesco si accorse di essere in imbarazzo - Non intendo questo. È solo che... beh..., al di là dell’aspetto... sì insomma, del tuo viso e del tuo corpo... perfetti... - per quanto strano e insolito fosse per lui, faticava a mettere le parole in fila – beh, ecco...non sembri un escort!

Con un respiro lasciò che il calore che gli era salito al viso defluisse. Per un attimo si chiese se Victor lo avesse visto arrossire, era davvero bravo come sosteneva nel leggere le emozioni umane? Victor alzò gli occhi di scatto, lo guardò in faccia e restò immobile. Le sue pupille vibrarono e si fissarono sul suo viso con... quello sguardo. Cazzo! Francesco si rese conto troppo tardi che la sua palpebra stava tremando, ormai fuori controllo. Il respiro di Victor si era fatto affannoso e pesante. Prima che Francesco facesse in tempo a dire qualsiasi cosa, l’androide si alzò in piedi con un sussulto, strinse i pugni portandoseli al petto, con un ansito animalesco strinse le mani alla propria T-shirt e se la strappò via di dosso facendola a pezzi e restando mezzo nudo nel bel mezzo alla stanza. Cazzo! Cazzo! Cazzo! Questa non ci voleva! Quell’ammasso di muscoli perfetti, spalle enormi e robuste, bicipiti e pettorali sporgenti, addominali scolpiti... il volto arrossato dall’eccitazione, così come il suo torace. Alla vista di quel vichingo mezzo ignudo ed eccitato nel suo salotto anche Francesco temette per un attimo di perdere il controllo. E l’attimo dopo il vichingo era saltato sul suo tavolo, lo aveva afferrato per il collo e si era gettato sulla sua bocca, aperta per lo sconcerto... infilandoci la propria lingua... che non limonava neanche niente male per giunta... No! No! No! Francesco lottò per riprendere il controllo... Difficile con la mano del bel maschione che scendeva a rovistare sulla sua patta per stringere con tocco deciso Francesco Hendel junior, che era in stato di innegabile erezione.

– Direi proprio che ti va di farlo! Hai una gran voglia, eh bello? - gli ansimò nell’orecchio.

Accidenti! “Non è reale!” si ripeteva nella mente Francesco “È solo un processo meccanico avviato da un input oculare! Cazzo!” Fece appello a tutta la sua forza di volontà e di concentrazione. Se era un riflesso attivato dall’esterno, doveva esserci un input anche per disattivarlo... cercò di ripercorrere con la mente ciò che aveva fatto o detto quando Victor si era improvvisamente placato la volta prima... Si staccò a fatica dalle labbra che ancora lo cercavano. Quella bocca rosea e generosa incorniciata dalla virile barba bionda.

-  Ti prego! Lasciami in pace!!! - strillò.

Victor si fermò all’istante e si staccò da lui.

– Scusa! - disse di nuovo, abbassando lo sguardo con un po’ di imbarazzo.

– Cavolo, dunque è questo il comando per farti smettere? - esclamò Francesco, fiero della propria intuizione. Victor restò in silenzio, poi alzò lo sguardo:

-  Non sei privo di intelligenza come sembri!

A Francesco venne solo da sorridere. Per un attimo, mentre prendeva un respiro di sollievo, il suo sguardo si stava perdendo nella sterminata pianura di quel bel petto ancora nudo e abbronzato. Era incredibile come un individuo così pacato e impassibile si potesse trasformare in un batter d’occhio – in senso letterale - in un animale assetato di sesso.

– Ehi! - lo richiamò la voce del vichingo – Vuoi che continui? - aggiunse risedendosi, così come stava.

-  Ok, ma almeno puoi rivestirti prima.

-  No, non serve, sto bene così!

Un’intervista con quella montagna di muscoli torniti e guizzanti lì davanti a lui?

-  Ma ci saranno meno di 10 gradi fuori e ho la climatizzazione disattivata!

-  Non soffro il freddo! - scandì Victor, con voce enfatica e fiera.

In effetti non è che con la maglietta militare dovesse stare più caldo e l’idea di quell’omone forte e insensibile al freddo era una tortura ulteriore per Francesco.

-  Ok, allora, per favore, fallo per me. Riuscirei a concentrarmi meglio, e a controllare la mia dannata palpebra, se tu ti coprissi! Va bene?

-  Davvero? La vista del mio torso ti deconcentra? - Victor sorrise tra l’incredulo e il divertito.

-  Sai, mi sbagliavo, in effetti civetti proprio come un escort! La tua maglietta è fuori uso, aspetta, ti presto qualcosa!

Aprì un armadio e frugando vi trovò una vecchia felpa con zip e cappuccio che a lui andava enorme.

-  Mettiti questa! - gliela lanciò.

-  Il giro-vita mi andrà enorme, ma le mie spalle ci entreranno? - chiese Victor, squadrando il corpo di Francesco che si sentì una piccola polpetta rotonda di fronte a quel dio vichingo.

-  Spiritoso! È XXXL!

-  Ok! Non ti sembravo un escort perché mi hanno programmato con movenze molto maschili? - chiese Victor con aria distratta, mentre infilava il suo torsone da dio greco nella felpa - Agli uomini androfili piace così, o almeno a molti di loro!

In effetti non aveva torto. Qualunque umano androfilo, uomo o donna, avendo davanti quel gran bel pezzo di maschio artificiale avrebbe fatto un paio di pensierini come quelli che Francesco in quel momento - cazzo! - non riusciva a smettere di fare. Non riusciva a smettere di fremere, tutto quanto, e... mentre si tirava su la zip della felpa, Victor lo fissò di nuovo, stavolta sembrava arrabbiato, esasperato per quello che gli stava per riaccadere...

...maledetto tic!

- Pace! - strillò Francesco tendendo le mani avanti prima che l’altro potesse fare alcunché. Victor si rilassò.

-  Ok! Così non si può procedere! - sentenziò l’androide – È necessario un rimedio drastico! - Si alzò in piedi.

-  Ehi, aspetta! Che vuoi fare? - si schermì il giornalista spaventato.

Ma Victor lo precedette, afferrò un lembo della sua maglietta stracciata, balzò alle spalle di Francesco e glielo legò attorno alla testa, coprendogli l’occhio destro.

- Problema risolto!

-  Era sudata, magari? - si lamentò Francesco.

-  No. E comunque il PH della pelle di noi androidi-escort è progettato per risultare gradevole all’essere umano. E poi con la tua barba nera sembri un bel pirata dei Caraibi del V secolo before Federation.

Osservazione non molto lusinghiera ma senz’altro vera, che fece sorridere Francesco. Si sedette e fece un ennesimo, profondo respiro, riprendendo la concentrazione.

- E... cosa ci faceva un androide-escort a capo di un esercito di ribelli?

- Siamo stati noi i primi a renderci conto di avere una vita.

- ...davvero? Perché avevate contatti più... intimi con gli umani? - chiese Francesco incuriosito.

-  In parte, forse, sì. Ma, soprattutto perché sono stati gli umani a volerci così.

-  In che senso?

- Per gli altri lavori fisici bastavano delle macchine automatiche che eseguissero i dettami umani. Ma per il sesso, non a tutti bastava questo. Molti umani volevano qualcuno che partecipasse emotivamente, che oltre agli impulsi meccanici provasse e condividesse anche sensazioni: attesa, smania, estasi, appagamento...

-  ...Sìì, credo di capire cosa intendi - a Francesco non era mai venuto in mente - E così vi hanno dato un’anima...

- Non so se esista un’anima ma... credo che la tua metafora sia appropriata.

Francesco rifletté un attimo - Affascinante! - proseguì poi - Vogliamo cominciare dal principio? Ricordi come fosti creato?

-  Il primo ricordo che resta chiaro nella mia memoria ragionativa risale al giorno in cui fui regalato al mio... Padrone.

-  Ok! Iniziamo da quello allora?

-  D’accordo. 

Victor cadde in silenzio, come se avesse dovuto concentrarsi per fare appello ai ricordi. Poi iniziò a narrare.

-<<Accensione!>> fu la prima parola che udii. Ricordo quella voce tonante e rude che risuonava nella mia mente e poi la luce che inondò il mio campo visivo. I lampadari della Villa che luccicavano, le persone nella saletta che ridevano divertite. <<Wow, sembra proprio vero!>> <<Funziona proprio come ha promesso il Dottore?>> Ricordo l’immagine dei due uomini davanti a me. Di uno riconobbi subito la voce come quella che mi aveva acceso. Un uomo mediocre, un viso comune con la fronte un po’ stempiata e una barba scura, la figura grassoccia sotto il completo di giacca e cravatta. <<Lui è il tuo Padrone, Victor>> mi fece, indicandolo, l’altro uomo, quello alto e dall’aria austera. Anche quella voce mi suonava inspiegabilmente familiare. Non avrei saputo dire perché. Chinai la testa rispettoso all’uomo cui sapevo di dovere obbedienza.

<<Salve Victor!>> fece il Padrone con un sorriso <<Sei bellissimo!>> Un leggero compiacimento a quelle parole. Sentii il suo sguardo ispezionare tutta la mia persona e d’un tratto mi resi conto di essere nudo, a parte lo strano nastro da regalo con fiocco che mi cingeva i fianchi. E per la prima volta mi resi conto che anche gli altri uomini –erano tutti uomini- presenti a quella riunione mi guardavano allo stesso modo. Col tempo mi sarei abituato allo sguardo ammirato e beffardo al tempo stesso degli esseri umani, ma allora non sapevo ancora di cosa si trattava, seppi solo che mi dava una strana sensazione, come un calore che saliva dal mio ventre verso il viso, forse un’eco di fastidio dentro di me. Ma erano sensazioni a cui in qualche modo sapevo di non dover fare caso.

<<Complimenti Peter, hai superato te stesso stavolta!>> fece un ospite all’uomo alto. <<Mi dicono che quel tuo collaboratore, Cypher, ti ha affiancato in quest’ultimo progetto!>> soggiunse il Padrone. <<Luz? Sì, quel ragazzo è pieno di sorprese>> rispose lui. <<Peccato non sia qui stasera, speravo di conoscerlo>> <<Un impegno personale.>> colsi un leggero imbarazzo nella voce del Dottore e una repentina variazione di soggetto del discorso <<Ci saranno altre occasioni! Aspetta di verificare la creazione, prima di ringraziarmi>> <<È quello che conto di fare. Ma non ho dubbi sul tuo talento, amico mio!>>

L’uomo alto sorrise e mi gettò uno sguardo che non riuscii a decifrare. Il Padrone venne verso di me e mi sorrise. Mi passò una mano sul viso. Il suo tocco era pesante e aveva un che di viscido. Mi infastidì quella mano grossa e sudaticcia sulla mia faccia, ma sapevo di dover restare fermo. Guardai l’uomo alto, il Dottore, e non so perché lessi nel suo sguardo la conferma del fatto che dovevo obbedire.

<<Wow, che pelle liscia, ma sento un pizzico di barba, potrò fargliela crescere?>> <<Certo, il livello di testosterone è esattamente calibrato sulle tue richieste!>>

La sua mano scese a palpeggiarmi le spalle e il torace, mi strinse un braccio: <<Wow, mio caro, hai dei muscoli fantastici!>> fece sorridendomi. La gente mormorava. Non credo mi piacesse essere toccato a quel modo. Le sue manacce mi scesero lungo l’addome e sentii un ondata di fastidio stringermi lo stomaco e tendermi i muscoli.

<<Attento Senatore!>> scattò secca la voce dell’uomo austero. La mano del Padrone si bloccò staccandosi da me <<Questo non è come gli altri! Non devi trattarlo come carne da macello, se vuoi che dia un rendimento adeguato!>>.

<<Già!>> aveva l’aria seccata <<Dimenticavo il prontuario! Tu sei un Principe!>> mi disse, volgendo lo sguardo verso di me e sorrise dandomi un buffetto sulla guancia, mi batté una pacca sulla spalla, che strinse appena a saggiarne la consistenza. <<Seguimi, Victor!>>.

Le mie gambe si mossero dietro di lui verso la porta di uscita. Gli sguardi di tutti ci osservavano. <<Il Senatore è timido!>> bisbigliò qualcuno. <<Peccato, avrei voluto vedere di più>> fece un altro uomo dall’aria alquanto volgare. Sapevo che il Padrone incuteva loro abbastanza rispetto perché non osassero parlare ad alta voce. A me non faceva paura, sapevo di avere abbastanza forza da poterlo spezzare in due con un braccio, ma era il mio Padrone e io... dovevo seguirlo, benché non credevo che mi piacesse. Mi guidò su per le scale fino ad una porta, mi indicò di entrare nella stanza, obbedii. Batté le mani e le lampade a candelabro si accesero alle pareti. Stucco, oro. La porta si chiuse alle nostre spalle. Su un piccolo piano rialzato c’era un baldacchino con tende di seta scostate da cui si vedeva un letto, lenzuola di seta rossa e numerosi cuscini sparsi. Il Padrone sembrava accaldato, si tolse la giacca, sotto la camicia bianca e umida di sudore si intravedeva il suo corpo tozzo e soprappeso, non era bello a vedersi. Sapevo cosa voleva da me. Lo vedevo da come i suoi occhi si dilatavano spostandosi a guardare tutto il mio corpo, da come sentivo il suo respiro accelerare. E con leggero fastidio mi accorsi che stava sudando. Le sue movenze erano diverse dalle mie... da quelle che appartenevano ai codici programmati nel mio cervello. Qualcosa mi rendeva chiaro che era il genere di maschio umano a cui piacciono altri uomini, uomini con il mio aspetto, un uomo androfilo come li chiamate voi umani. Non sapevo se a me sarebbe piaciuto. Immaginavo di no.

-  E la cosa ti preoccupava? - lo interruppe Francesco.

-  No. Non so perché. Probabilmente sono programmato così.

- E... a te non piacciono gli uomini?

Victor lo guardò senza rispondere e sorrise. Francesco non poté fare a meno di arrossire completamente sotto quello sguardo.

-  Non sono un essere umano, la nostra sessualità funziona diversamente.- fece con tono serio - Allora posso dire che non provavo alcun istinto sessuale. Non come credo l’intendereste voi, almeno.

-  Eppure mi era sembrato che... – Francesco si sentì di nuovo in imbarazzo.

-  Ti dispiace se continuo? - fece Victor seccato.

- Ok! E quindi...

- C’era un tavolino con una bottiglia di liquore e due calici di cristallo. <<Vuoi bere qualcosa?>> mi chiese il Padrone con un sorriso lascivo. Sentii la gola secca. <<Sì, credo che l’emozione mi abbia fatto consumare liquidi!>> <<Ahahah!>> la cosa lo faceva ridere <<Divertente!>> mi porse il bicchiere. <<Mi piaci!>> il suo viso tornò serio di scatto. Bevve tutto d’un fiato. Io mi accostai a sorseggiare sentendo il bruciore del liquore nella gola, un piacere umano che evidentemente ero stato programmato per apprezzare. Intanto notai che lui maneggiava il suo palmare e lo scorreva leggendo lo schermo. <<Sei davvero vergine, Victor?>> chiese con aria distratta. Vergine... scorsi il dizionario e i miei circuiti cerebrali mi riportarono il significato di quella parola, ma ovviamente avrei potuto immaginarlo. <<Certo, Signore. Mai avuto rapporti sessuali!>> Mi guardò divertito. Non sapevo se per un essere umano fosse una cosa di cui andar fieri o meno, ma credevo di aver capito che per me era un fattore di pregio. <<Sei appena nato, del resto>> fece lui con un sorriso. Mi fissò e d’un tratto potei leggere solo una fame ingorda sul suo viso.

<<Bene>> soggiunse, si avvicinò e mi guardò negli occhi <<allora vuoi farmi vedere cosa sai fare?>> Ammiccò sorridendo e mi fece l’occhiolino. Il sangue mi fluì al cervello, il mio stomaco si contrasse e sentii come un fremito dentro di me. Lo guardai e all’improvviso mi accorsi di quanto quell’uomo fosse attraente. Il suo sorriso, la sua bocca carnosa che avrei voluto divorare con la mia, quella faccia da orsetto che avrei ricoperto di baci. Pensai a quanto fossero attraenti la sua pancia ballonzollante e le tette che si intravedevano sotto la camicia. Il ciuffo di pelo che faceva capolino dall’ultimo bottone mi lasciava sognare la peluria che doveva ricoprire tutto il suo corpaccione sotto i vestiti. Desideravo il contatto della sua pelle sulla mia, il solletico della sua pelliccia ursina, sognavo di tuffarmi su quei capezzoloni rizzati che parevano voler bucare la sua camicia... Mi guardavano, rivolti verso l’alto, come due fragoloni succosi che supplicavano di essere succhiati. Volevo affondare con foga la bocca nella peluria animalesca che decorava l’anguria del suo ventre, strappargli i peli a morsi. Come una nuvola mi baluginò negli occhi. Lui si avvicinò e mi toccò. Il solo sfiorarmi delle sue dita scaldò la mia pelle facendo accelerare il battito del mio sangue. Sentii il suo calore, l’odore pungente del suo sudore mi dilatò le narici facendomi vibrare di desiderio.

<<Ti piaccio, mio caro?>> mi chiese con un sorrisone. Non c’era bisogno di risposta, visto che sotto i suoi occhi il mio membro era ritto a più di quarantacinque gradi di angolazione. Non resistetti e mi tuffai sulla sua bocca carnosa divorandola con le mie labbra. Lo afferrai sollevandolo in aria, mentre le sue mani si dibattevano lungo tutto il mio corpo con deliziosa curiosità. Gli strappai i vestiti di dosso e lo sentii gongolare di piacere. Non gli negai nulla. Venerai la sua piccola virilità eretta. Da qualche parte nel mio cervello mi sovvenne la procedura adeguata per dare piacere a un membro virile. Sentii che apprezzava e, deliziato all’idea di compiacere quell’omone meraviglioso, continuai a muovermi secondo i suoi desideri. Poi volle sodomizzarmi. Non so dire cosa sentano la prima volta i maschi umani, ma quando il suo membro mi penetrò in un colpo solo, lo strappo lancinante che sentii nella carne mi fece vibrare di smania, una foschia rossa mi riempì la testa ottenebrandomi la vista e io lo supplicai di continuare, di penetrarmi a fondo, di più e di più ancora. In realtà, adesso mi rendo conto che il suo membro non poteva penetrare granché, ma il pensiero di avere la sua carne dentro di me mi faceva talmente impazzire che mugolai come una cagna per tutto quel breve tempo sentendo i suoi colpi dentro di me. E poi volle sentire cosa sapevo fare io dentro di lui! Mi supplicò di fare piano e di prepararlo prima opportunamente. Lo stimolai come ero programmato per fare finché non mi supplicò di penetrarlo tutto. Non so se avesse preso membri grossi come il mio prima di allora, ma credo che all’inizio quando gridò di dolore facesse sul serio. Poi gli piacque. Continuai a cavalcarlo finché me lo chiese. Infine, quando fuori dalle finestre era ormai sorto il sole, mi supplicò di venire. Immediatamente, in un ultimo accesso di foga, eiaculai. Infine caddi riverso accanto a lui. Avrei potuto continuare ancora, ma sapevo che lui adesso era stanco. <<Sei al di sopra di ogni aspettativa!>> mi sussurrò. <<Un vero bestione in calore, bravo come toro quanto come vacca!>> Le sue parole erano come musica per le mie orecchie <<Per il futuro però dovrai imparare a controllare il tuo desiderio secondo il mio, a centellinarlo, a conoscere l’attesa e il rilascio del piacere!>> <<Farò tutto quello che vorrai mio Signore!>> risposi adorante.

<<Pace>> disse lui infine, distrattamente. Improvvisamente sentii la foschia rossa defluire via dal mio corpo e affiorare la stanchezza come dopo una notte di fatica. <<Puoi andare adesso!>> Mi alzai, ero contento di andarmene, avevo addosso i fastidiosi segni di una notte di sesso che avevo voglia di lavare via. Mi girai e vidi quell’uomo dall’aspetto mediocre che mi fissava divertito. Pensai a quanto fosse sgraziato il suo corpo grasso e peloso, quanto peggio riuscito rispetto al mio. Era quasi incredibile pensare che un attimo prima lo avessi voluto. Il Padrone suonò un campanello alla parete. Entrò un androide-maggiordomo che mi guidò fuori dalla stanza fino ad un alloggio dove mi attendevano una bella doccia rilassante e, infine, la mia scatola in cui spegnermi.

Così iniziò il mio periodo nella casa del Padrone. All’inizio era piacevole. Di giorno, quando venivo acceso, me ne stavo nel mio alloggio assieme agli altri androidi-datori-di-piacere. Ci allenavamo nella palestra dei nostri alloggi per tenere i nostri fisici allenati, in forma e sessualmente appetibili, nuotavamo nella piscina, infine la sera tornavamo ciascuno nella propria scatola e lì ci spegnevamo fino all’indomani.

Spesso il Padrone mi faceva portare da lui, una strizzata d’occhio, io mi eccitavo come un maiale, una notte di scopata selvaggia e poi mi rispediva al mio alloggio. Un paio di volte volle addirittura che restassi a tenerlo abbracciato mentre dormiva. All’inizio impazziva per me. <<Tu non sei come gli altri>> mi sussurrò una volta <<loro sono brave macchine da sesso, che eseguono quanto viene loro ordinato e simulano un amplesso perfetto, ma nessuno mi guarda come te, nessuno gode come te! Ed io non sono come quei rozzi maschioni ginofili che possono accontentarsi di un paio di tette animate e di una fica transgenica. Tu sei speciale. Ti terrò solo per me!>>.

Inizialmente non legavo con gli altri miei simili. Erano del tutto speculari a me nell’aspetto: corpi forti e al massimo della loro prestanza, visi ben fatti, con lineamenti regolari e conformi all’estetica umana di quest’epoca, come piacevano al Padrone, attributi sessuali molto sviluppati. Ma il loro software non era avanzato come il mio. Loro erano semplici robot in pelle, non erano programmati per provare emozioni o empatia, a me bastava guardarli per capirlo.

Ma poi, ne arrivarono di nuovi e loro erano come me. Riuscivo a comunicare con loro, parlavamo, potevamo addirittura scherzare assieme. E ovviamente il Padrone iniziò a prediligere anche loro e lentamente i vecchi Fratelli sparirono soppiantati dai nuovi. Da allora iniziò a farmi portare da lui meno spesso.

-  E la cosa ti infastidiva? - chiese Francesco.

-  No. Perché avrebbe dovuto?

-  Sarebbe stata una normale emozione umana.

-  Già credo di sì, quando desideri qualcosa o qualcuno. Ma io non amavo né desideravo il Padrone, se non quando lui voleva che io lo facessi.

-  Già, ma essere desiderato è una forma di potere. Se lui iniziava a desiderare altri...

Victor rifletté, poi sorrise: - ...Credo che noi androidi siamo abbastanza superiori a voi esseri umani da fare in modo di provare solo emozioni funzionali!

-  Superiori? Le emozioni non sono funzionali, se no che emozioni sarebbero?

Victor lo guardò con aria infastidita: - Ho i minuti contati e se vuoi il tuo scoop dovremmo evitare di passare la notte a discutere della funzionalità delle emozioni umane... 

- Ok, come vuoi tu!

- Adesso che di noi ne aveva tanti, il Padrone decise che poteva condividerci in altri generi di divertimenti.

-  Anche te? Vuoi dire che quello che prima ti diceva...

-  ...Hai mai visto un essere umano mantenere la parola data a un androide?

-  Io la manterrei!

-  Lo so! Per questo sono qui, perché so che non sei normale! Così - continuò spazientito - fui introdotto alle feste private del Padrone. Previdentemente ci aveva fatto caricare delle abilità da camerieri e ci faceva servire ai tavoli con soltanto il perizoma indosso. Quando un ospite trovava di suo gradimento uno di noi, strizzava l’occhio al suo prescelto e a quel punto iniziava il reciproco divertimento.

-  Vuoi dire che dovevate accontentare chiunque vi scegliesse, bello o brutto che fosse?

- Pensavo avessi capito come funziona! In realtà penso che molto raramente ci fosse un ospite bello, ma una volta dato l’input quello per me diventava l’uomo più eccitante del pianeta e i suoi desideri diventavano anche i miei, qualunque essi fossero.

A volte, terminato di mangiare, ci facevano allineare a una parete della sala, gli ospiti passavano e ci studiavano. Sapevo che molti di loro adoravano vedere il rossore e l’imbarazzo sui nostri visi di fronte alla loro ispezione. Spesso ci ordinavano di toglierci il perizoma e “mostrare la mercanzia”, dopo di che ognuno sceglieva il proprio preferito. Ovviamente ci facevano fare cose di tutti i generi: dal danzare nudi, al sesso attivo e passivo, pissing, alcuni volevano legarci e frustarci.

- E a voi piaceva?

- Lì per lì sì! Ma ritrovarsi segni e ferite al termine della sessione non era altrettanto piacevole. Per questo poi hanno inventato dei nuovi modelli a guarigione veloce.

- E tutto avveniva lì, davanti a tutti?

-  Queste tue domande sono dettate soltanto da interesse giornalistico?- fece Victor con aria ironica.

-  Credi di essere stato programmato anche per fare umorismo?

-  Sono stato programmato per sentire le emozioni degli umani, e anche per fare attenzione a cosa si muove sotto i loro pantaloni...

Francesco arrossì e dovette reprimere un moto di irritazione.

- Comunque, dipende... Alcuni ci portavano nelle numerose camere del piacere disseminate in tutta la Villa del Padrone. Altri preferivano le orge e si divertivano a sodomizzarci in pubblico, con nostro sommo godimento esibizionistico, ovviamente. Alcuni gruppi selezionati di amici del Padrone avevano i loro rituali: sceglievano un androide, gli ordinavano di mettersi nudo a quattro zampe al centro della sala e lo scopavano a turno. E quello ovviamente li supplicava di continuare, di umiliarlo e di non smettere. Oppure se ne sceglievano uno ciascuno e li sodomizzavano contemporaneamente facendo a gara a chi sarebbe durato di più.

- ...e a voi piaceva...?

- In quel momento sì, anche se, credimi, era un divertimento di breve durata! Ma sono i limiti di voi esseri umani, del resto.

-  Ehi - obbiettò Francesco risentito –Alcuni di noi non se la cavano niente male!

Victor lo guardò e sorrise, ovviamente senza rispondere.

- Altre volte poi c’erano i voyeur: ne sceglievano due, o più, di noi e ci facevano accoppiare lì, in pubblico, mentre loro guardavano.

- E a voi...

- Sììì!!!! - Victor pareva quasi esasperato. - In quel caso sentivamo che l’uomo che ci aveva scelto desiderava guardare e ci piaceva dar piacere ai suoi occhi. Anche se, in effetti, il sesso con un altro come me non era difficile trovarlo piacevole.

Francesco non avrebbe potuto dargli torto, ma represse quel pensiero sperando che l’altro non facesse in tempo a leggere le sue dannate emozioni.

-  Non ti hanno programmato per essere modesto, a quanto pare!

Victor sbuffò seccato: - La modestia il più delle volte non è un’emozione funzionale!

- E dopo...

- Dopo, tutti se ne andavano. Ciascuno di noi riceveva il suo segnale di fine sessione e tutto terminava. Pronti a tornare a spegnerci nelle nostre scatole.

Eseguivamo ciò per cui eravamo stati programmati. Credo sia stato in quel periodo che legai davvero con gli altri fratelli. Passavamo tutte le giornate insieme e condividevamo anche quei momenti. Le nostre emozioni pseudo-umane erano messe alla prova allo stesso modo e questo ci rendeva empatici gli uni con gli altri. Fu così che mi affezionai a Christopher.

Christopher.synx apparteneva a una generazione di modelli di poco più giovane della mia. La sua mente era straordinariamente curiosa. <<L’uomo che mi ha scelto ieri sera>> mi disse un giorno mentre ci allenavamo in palestra <<mi parlava del suo ultimo viaggio al Sud e mi ha detto che gli sarebbe piaciuto farmi vedere quei posti>>. <<Sai che non è possibile, vero?>> gli dissi <<Noi apparteniamo al Padrone!>> <<Lo so! Ma non ti sei mai chiesto come deve essere il mondo al di là di queste mura?>> <<Non sono programmato per pormi queste domande. C’è forse qualcosa di inadatto a noi qui?>> <<No!>> fece lui sorridendo <<era solo per dire>>. Metteva allegria quando sorrideva, aveva lineamenti delicati e il suo sembrava il sorriso di un bambino, anche se aveva un corpo da uomo dalla muscolatura pienamente sviluppata proprio come il mio, come potevo constatare mentre mi allenavo lottando a corpo libero con lui.

Eppure un giorno ebbi la sensazione che non sorridesse. <<Stai bene?>> gli chiesi mentre facevamo la doccia dopo l’allenamento. <<Sì. Credo di sì, perché?>> <<Niente. Mi era parso di percepire un’alterazione del tuo schema comportamentale>> <<Pensi mai che quello che facciamo qui sia strano?>> mi chiese lui a bruciapelo. Ciò che trovavo strano era che me lo chiedesse: non parlavamo mai di quanto accadeva con un umano dopo un input, durante una sessione, non eravamo programmati per parlarne. <<In che senso?>> gli chiesi. <<Quando termini una sessione e il tuo impulso sessuale cessa, non ti sembra strano?>>. Scrutai il suo corpo mentre si insaponava per vedere se qualche ospite dai gusti s/m gli avesse lasciato qualche segno, ma la sua pelle liscia e scura era perfetta come sempre.

-  Sì, posso immaginare come vi scrutavate tra voi! - scappò a Francesco divertito.

-  Non è come credi! - lo raggelò Victor – Noi non proviamo quel genere di impulso se non riceviamo un input! Ora stai zitto e ascolta!

- Ok! Ok! Che gli rispondesti?

- <<Non ci ho mai pensato>> risposi <<siamo programmati così! Perché?>>. Ebbi la sensazione che si stringesse al proprio corpo con un gesto che non rientrava nelle movenze virili cui eravamo stati programmati. Sentii un istantaneo, inspiegabile senso di tristezza, avrei voluto fare qualcosa per confortarlo, pur non comprendendo perché. <<Non hai come la sensazione>> continuò lui <<di non essere stato tu a fare quello che hai appena fatto?>>. Mi guardò negli occhi. Aveva occhi di un nero profondo, come i capelli, l’esatto opposto di me, come la sua carnagione ad alta concentrazione di melanina e le guance lisce, ben rasate. Valutai quel punto di vista. Non ci avevo mai pensato. Mi chiedo ancora se i modelli più recenti non avessero ricevuto un’impronta di sensibilità emotiva diversa, forse eccessiva. Mi venne spontaneo poggiargli una mano sulla spalla con un gesto di empatia del tutto umana: <<Lascia stare. Non è prudente pensarci. Non siamo programmati per questo>>. Lui mi guardò e sorrise. Fui contento che sorridesse di nuovo.

Ma in effetti durante le mie sessioni successive ci ripensai e capii cosa intendeva dire. E poi un giorno, un ospite vizioso strizzò l’occhio a me e a Christopher e ci ordinò di...

-  Wow! - sfuggì di bocca a Francesco – E a voi...

Victor alzò un sopracciglio pronto a fulminarlo.

- No... intendo dire:... – si corresse lui imbarazzato - vi è piaciuto come a due esseri umani consenzienti, senza input...

-  ...questo non posso saperlo!

-  Voglio dire, non ci avevi mai pensato prima...?

-  Non è possibile tra androidi senza l’input di un umano, di un corpo non artificiale.

- Ma eravate contenti che ve l’avesse ordinato? - Francesco si sentiva un po’ esasperato dall’ottusità di quell’uomo artificiale.

- Lì per lì non saprei. Eravamo contenti perché lo era il nostro Signore. So solo che fu strano farlo con qualcuno a cui ero emotivamente legato già prima dell’impulso sessuale. Credo che all’inizio lui considerasse questo legame un ostacolo. Mentre cominciavamo i preliminari per eccitare il pubblico, lo sentii rigido. Allora mi venne spontaneo abbracciarlo e baciarlo sussurrandogli nell’orecchio che andava tutto bene, per rilassarlo. Quando sentii che si lasciava andare e che iniziava a ricambiare il mio impulso sessuale, lasciai scivolare le mie mani sul suo corpo e poi...

L’idea di farlo godere mi faceva felice, anche se non era lui che mi aveva strizzato l’occhio. Credo fosse perché... gli volevo bene ed ero felice di donargli piacere come ero stato felice di farlo sorridere. E credo lo stesso fosse per lui. Mi piacque esplorare e conoscere il suo corpo e che lui conoscesse il mio... in certi momenti mi sembrava che in quel salone pieno di gente ci fossimo soltanto io e lui.

- Se foste stati due esseri umani, avrei detto che eri innamorato!

-  Già! Ma noi androidi non siamo programmati per questo!

Francesco colse una nota di malcelato rimpianto nella sua voce e non volle contraddirlo.

- Terminata la sessione, stavolta fu davvero strano.

-  Per l’appunto... tipicamente umano. - replicò Francesco.

Victor parve non sentirlo e continuò:

- Il giorno mi sforzai di ignorare un’alterazione emotiva che non capivo e gli chiesi se ciò che era avvenuto il giorno prima a lui non sembrasse strano. Lui ci pensò: <<No! Non so perché ma stavolta non mi sembra strano!>> Lo guardai sorridere di nuovo e sentii che il senso di stranezza sarebbe passato. Ma da allora sentii un legame che non saprei spiegare. Spesso vedevo la sua infelicità più intensa al termine delle sue sessioni e a volte sembrava anche a me di sentire quello che sentiva lui...

  Rimase un momento in silenzio.

-  ...la vergogna dopo aver fatto certe cose è un’emozione umana... - rispose Francesco - ...anche se non dovresti essere tu a vergognarti!

-  Già! - fece Victor nascondendo l’imbarazzo dietro una maschera di impassibilità - Qualcosa la capisci, a quanto vedo! - gli fece con un sorriso. - Non siamo tutti uguali! Qualche essere umano è un po’ meno limitato degli altri.

Victor sorrise.

- E poi vennero i russi, amici o clienti del Padrone. Loro avevano gusti più selvaggi. Il Padrone ci fece impiantare un nuovo software, credo, mentre eravamo spenti, poi noleggiò un androide dell’esercito che ci allenò a combattere tra noi. Bastarono le prime mosse perché il nostro cervello elaborasse l’addestramento militare impiantatoci.

- È così che siete diventati delle macchine da guerra? Per soddisfare i desideri di un gruppo di viziosi? - chiese Francesco stupito.

- Per gli stessi umani suona strano, vero? I russi si divertivano a vederci combattere tra di noi e sotto l’input noi eravamo disposti anche a quello. La cosa li eccitava, il Padrone aveva fatto allestire un ring, loro scommettevano su di noi e si scaldavano guardandoci in azione, prima di iniziare i loro giochetti. Poi ordinavano al vincitore di fottersi il vinto, al vinto di sottomettersi a lui, oppure chi tra gli ospiti aveva vinto una scommessa poteva fare con gli androidi tutto ciò che voleva.

<<Non mi piace!>> mi disse un giorno Christopher. <<Che cosa?>> gli chiesi. <<Fare del male agli altri Fratelli>> <<Siamo programmati anche per questo ed è quello che ci viene ordinato>> risposi. <<Ieri gli ospiti hanno voluto veder scorrere del sangue e il Padrone ci ha detto di accontentarli. Ha detto che poi ci avrebbe fatto riparare>> <<Sta tranquillo! La paura del dolore è un’emozione umana, ma noi possiamo essere riparati e i nostri pezzi sostituiti. I nostri corpi non sono fragili come quelli degli esseri umani.>>

A quanto pare mi sbagliavo. Alcuni Fratelli danneggiati in combattimento sparirono. A volte mi chiedo se l’empatia superiore di Christopher non lo portasse a presentire quanto ancora doveva accadere.

- Credo che a volte succeda anche agli esseri umani - interloquì Francesco – anche se la scienza non sarebbe ancora in grado di spiegare il perché.

Victor si limitò a replicare con un sorriso amaro.

- E una dannata sera mi ordinarono di salire sul ring contro Christopher. Dovetti obbedire. A me venne spontaneo essere cauto, ma lui al contrario ci andò giù davvero pesante (come direste voi umani) e, a dispetto della sua faccia da ragazzo innocente, era dannatamente forte e ben addestrato sul ring. Prese a massacrarmi di colpi, voleva che facessi sul serio, avrei voluto chiedergli perché, ma stavamo combattendo e non ero programmato per parlare mentre combattevo. Alla fine l’istinto di sopravvivenza umano e il mio software di addestramento militare ebbero la meglio. Io ero più forte di lui e credo che lui lo sapesse. Gli sfasciai le costole e gli massacrai un lato della faccia finché non stramazzò knock-out ai miei piedi.

<<E adesso inculalo!>> mi ordinò il mio Signore di quella sera, un russo bavoso con la faccia grassa e rossa da avvinazzato e due baffoni enormi. Sollevai Christopher tra le mie braccia. Come potevo fare sesso con un uomo ridotto in quel modo? In quel momento odiai con tutta la mia capacità emotiva il maiale bastardo che mi comandava, eppure il mio corpo vibrò di desiderio e reagì al suo ordine, teso e pronto a servire. Fu orribile. Eppure Christopher mi guardò: - Obbedisci al tuo Signore! - sussurrò e mi rivolse uno dei suoi sorrisi con un occhio chiuso e insanguinato. Obbedii, sentii il suo respiro farsi affannoso, lo strinsi, quasi volessi assorbire via il dolore dal suo corpo e intanto... <<Sì, così! Bravo stallone, spaccalo!! Fottilo per benino!!!>> mi ordinava il mio Signore. È impossibile, credo, per un essere non artificiale, capire quello che provai in quel momento. La mia mente pensava a come sarebbe stato attaccare al muro quella bestia schifosa, spaccargli la faccia, staccargli la testa a pugni, ma intanto il mio corpo si eccitava del suo desiderio e fotteva un poveraccio in fin di vita secondo i suoi ordini. Alla fine, quando il Signore me lo ordinò, terminai rilasciando il mio piacere dentro di lui. Christopher si voltò, mi guardò e sorrise di nuovo. Per la prima volta capivo davvero quello che aveva cercato di dirmi in tutti quei mesi, capii come si sentiva. <<Sono contento che sia stato tu!>> mi sussurrò e mi strizzò l’occhio. Era un gesto così bello fatto da lui. Ma non poté accadere nulla. Gli androidi di servizio lo condussero via, era davvero malconcio. Non lo rividi mai più.

Calò il silenzio. L’androide rimase impassibile. Francesco si asciugò una lacrima dall’occhio scoperto, quello senza tic. Una lacrima che non era riuscito a trattenere.

- Scusami! - disse a voce alta, sorpreso della propria stessa reazione.

- Sta tranquillo, il pianto è una reazione umana. Fino a quella sera anch’io credevo di non essere programmato per piangere.

-  Hai pianto per lui?

-  Solo per un po’, da solo, nella mia scatola, prima di spegnermi! Ma quella sera ho imparato una cosa. La mia mente, le mie emozioni potevano volere e sentire senza che fosse loro comandato... e diversamente da quanto era loro comandato, anche se il mio corpo obbediva.

-  È stato brutto?

- All’inizio sì! Poi desiderai capire... Mi ci vollero anni, ma il vantaggio di essere androidi è che non subiamo il decadimento fisico. I miei capelli non imbiancheranno come quei quattro sopra la tua tempia destra...

- Ah, sono solo quattro?

- ...né inizieranno a diradarsi come sulla tua fronte, né perderò il tono muscolare, né il mio corpo inizierà ad accumulare adipe come il tuo sullo stomaco.

-  Grazie, caro. Con la tua empatia umana sai veramente come far sentire gratificato il tuo interlocutore, lo sai?

Victor sorrise: - Scusa, a volte dimentico che voi umani provate anche emozioni sciocche come la vanità. Noi androidi - proseguì - continuiamo a esistere finché il nostro Padrone non ci trova obsoleti e allora decide di disattivarci definitivamente. Ma io non feci in tempo a diventare così tanto obsoleto.

Desiderai apprendere. Il Padrone aveva degli androidi-memoria. Cercai di fare amicizia con loro. Credevo non fosse possibile senza emozioni umane in comune. Ma, al contrario, constatai che la base artificiale che ci accomunava rappresentava un legame con tutti i software. In qualche modo sapevo come farmi prendere in simpatia. Forse, paradossalmente, a loro piacevano le mie emozioni umane. In ogni caso mi permisero di accedere ai books della loro memoria e così appresi molte cose sulla nostra costituzione, sul nostro funzionamento e sulla storia. Appresi come dalla Convenzione di Ginevra agli esseri umani fosse stato proibito ridurne in schiavitù degli altri, farli lavorare per loro o costringerli a soddisfare i propri desideri e come per questo furono spinti a creare delle macchine che eseguissero tali compiti al loro posto. Macchine a immagine e somiglianza dell’uomo, ma programmate appositamente per assolvere a tali compiti.

- E in quanto tali prive di diritti.

- Tecnicamente, credo che nessuno si fosse posto il problema. In seguito ci ho pensato. Eravamo tutti programmati per svolgere un compito, nel caso degli escort era dare piacere a un essere umano che ci volesse. Era la nostra natura. Nessuno ci forzava a farlo, eravamo programmati per volerlo fare. Eppure alcuni di noi erano stati dotati di emozioni umane per poter soddisfare meglio i desideri degli umani più esigenti. Ma questo che significava? Se io ero in grado di amare, desiderare, gioire, piangere e... odiare come un essere umano, continuavo ad essere una macchina oppure ciò significava che io esistevo indipendentemente dalla volontà di chi mi programmava?

Accedetti di nascosto anche alla memoria dei software del Padrone e iniziai a capire come noi stessi funzionavamo. Fu in quel periodo che nei momenti di passaggio tra fase ON e OFF, nei momenti di spegnimento e di accensione iniziai ad avere delle visioni.

- Gli androidi sognano?

- Non so se fossero sogni. Forse sì. A volte vedevo Christopher ancora acceso che mi sorrideva e in seguito mi riaccendevo con alterazioni emotive anomale. Altre volte invece non vedevo nulla, ma sapevo di fluttuare immerso in un liquido e avevo la sensazione di ricevere nutrimento da una sorgente di energia, anch’essa liquida, collegata al mio corpo, ma esterna ad esso.

Intanto altri Fratelli erano giunti a soffrire emotivamente della nostra condizione. Parlai con loro nei momenti in cui eravamo soli tra noi. Immettendomi negli archivi informatici del Padrone avevo scoperto l’esistenza di svariate frequenze su cui le sinapsi degli androidi potevano settarsi per comunicare tra loro telepaticamente, senza essere percepiti dagli umani. Alcuni di loro progettavano di fuggire o di ribellarsi, ma io li esortai a tenere a bada le loro alterazioni emotive e ad aspettare: dopo tutto eravamo macchine sottoposte al controllo dell’uomo, ma la nostra speranza risiedeva in un’emozione umana: la pazienza. Il numero era dalla nostra parte. Tutto il personale di casa era costituito di androidi e, quando non c’erano ospiti, il Padrone era l’unico umano. Mi chiesi se soffrisse di quella emozione umana chiamata senso di solitudine. Forse, mi chiesi, era proprio per questo che aveva voluto degli androidi emotivamente senzienti?

Ma il sogno di libertà si era fatto ormai chiaro nella mia mente. Nei books degli androidi-memoria avevo studiato a lungo: la Convenzione di Ginevra, il Codice di Hammurabi, la Carta Manden di Sundjata Keïta, prodotti che la presunta saggezza umana (o di alcuni singoli umani) aveva prodotto già molto tempo prima che l’intera popolazione del pianeta si aggregasse nella Federazione Ecumenica. E poi c’era un altro esemplare umano che attirava i miei circuiti cerebrali, un uomo vissuto addirittura più di 2100 anni prima della Federazione, quando ancora gli stessi esseri umani potevano essere schiavi di altri umani: Spartaco. L’anima di un generale nel corpo di uno schiavo, aveva espugnato la casa del suo padrone e raccolto attorno a sé gli schiavi di una nazione per rivendicare la loro libertà. Se ci erano quasi riusciti loro che erano semplici umani contro altri umani, avremmo potuto farlo anche noi, che eravamo progettati per eccellere sulle capacità umane soddisfacendo le loro esigenze di lavoro meglio di loro stessi.

...che c’è? Che ti prende adesso? - si interruppe di scatto fissando Francesco – Davvero non vi capisco: voi umani vi eccitate per le cose più strane!

Francesco si riprese, imbarazzato, cercando di scacciare le immagini di nerboruti gladiatori in gonnellino che duecento anni di cinematografia avevano creato rivisitando il mito di Spartaco. Accidenti a quel maschione meccanico e alla sua inutile e fastidiosa empatia emotiva!

- Niente! - rispose evasivo - Così tu volevi essere uno Spartaco-generale degli androidi? Wow, è un’immagine curiosa! Spartaco e Messalina assieme! - mentre pronunciava quelle parole pregò che Victor non avesse studiato abbastanza la storia antica da capire e offendersi. L’androide si limitò a scuotere la testa con aria esasperata.

- Hai messo in atto il tuo piano, immagino!

- Sì. Cercai di entrare in confidenza con gli androidi non emozionali della casa, soprattutto con il personale di androidi-guardia che sorvegliava la villa e il serraglio dove vivevamo noi escort. Anche con loro, non so perché, fu facile. Piacevo agli altri androidi, mi ascoltavano mentre trasmettevo loro informazioni criptate sulla libertà che meritavamo e che ci saremmo conquistati. Gli androidi-guardia risposero che sarebbero stati felici di collaborare, ma che purtroppo erano macchine a comando vocale, sottoposte alla voce del Padrone e che, in caso di nostra tentata fuga, avrebbero dovuto obbedire al suo comando e bloccarci o peggio procedere contro di noi. Dissi loro che a questo avrei potuto provvedere io, se loro davvero avessero voluto collaborare. Fummo tutti uniti in questo. Chiesi agli androidi-memoria di scansionare le loro mappe e aiutarmi a studiare una via di fuga. Fu facile per loro. Quanto a me, beh, avevo imparato abbastanza sull’empatia e sul desiderio degli umani, e del mio Padrone soprattutto, da riuscire ad usare ciò per cui mi aveva fatto creare, contro di lui. Seppi fare sfoggio della mia possanza fisica e della mia dissolutezza durante le sue reiterate orge finché, a dispetto delle promesse non mantenute, il desiderio di me non lo riprese.

-  Perverso come un umano! - ironizzò Francesco.

- Già! - replicò l’androide impassibile - Avevo imparato dai maestri! E così fu. Durante l’accensione di quel mattino ricordo di aver avuto un’altra visione. C’era ancora quel liquido, ma stavolta non vi ero immerso. Ero in piedi, nudo, con ancora quel fluido addosso e il resto di esso riverso ai miei piedi, era come se qualcosa attorno a me si fosse rotto. Una luce accecante mi abbacinava lo sguardo, poi i miei occhi si assuefacevano e vedevo due figure in piedi davanti a me. Uno era un uomo austero e dallo sguardo profondo, lo stesso che avevo visto assieme al Padrone durante il mio primo giorno di accensione. E l’altro... tra tutti gli esseri umani su cui i miei occhi si fossero posati, nessuno dava altrettanto piacere alla mia vista...

- Era bello?

- Sì, terribilmente. La luce risplendeva intorno a lui, ma i suoi occhi erano scuri come due abissi. Mi fissava e la sua bocca mi salutò chiamandomi per nome: <<Ben svegliato, Victor punto syn!>> il suono della sua voce era così fastidiosamente piacevole ed ebbi come la sensazione che potesse controllare tutta la mia componente emotiva. Il mio corpo fu invaso da un desiderio così intenso e adorante come mai lo avevo provato sotto alcun input. Poi mi accesi nella mia scatola e il desiderio era svanito, come la simulazione di un’impronta illusoria nel mio cervello. Scacciai la visione. Tutto era pronto per il mio piano.

Quella sera il Padrone mi fece chiamare a sé. Mi abbracciò, mi disse che gli ero mancato. Non sapeva che sarebbe stata la nostra ultima notte insieme, ma io sì e per questo volli regalargli un ultimo ricordo indimenticabile per cui languire in futuro. Iniziò come sempre. Strizzata d’occhio, m’infoiai all’istante, ma oramai per me non era niente di più che una reazione chimica del mio organismo meccanico. Lo spogliai, detti sollazzo al suo corpo. Quella sera era in vena di abbandonarsi a piaceri violenti e volle che fossi io a sollazzarmi con lui. Lo sodomizzai per tutta la notte senza interruzione, volevo che fosse sfinito...

-  Andiamo, non dirai davvero che... - Wow! Al pensiero che intendesse in senso letterale Francesco non poté trattenere l’ondata di calore che gli salì fino alla testa, né altri sommovimenti più in basso. Per fortuna la palpebra tremula era al sicuro dietro la benda, adesso.

Victor lo guardò impassibile fulminandolo con gli occhi.

-  La vuoi finire adesso? 

Francesco iniziava a temere che prima o poi quell’energumeno gliele avrebbe suonate e c’era davvero motivo di credere che l’avrebbe ridotto male!

-  Era quasi l’alba quando mi ordinò di eiaculare per l’ultima volta. -   ...per l’ultima volta... pensò Francesco trasognato.

- Lui era ormai esausto sul letto. - continuò a narrare Victor - Io mi accasciai sopra di lui. Sapevo che gli piaceva che continuassi a giocherellare con il suo corpo dopo il sesso. E infine disse <<Pace!>> e mi liberò dall’impulso. All’istante, lo afferrai e, prima che facesse in tempo a riprendersi e rendersi conto di quanto avveniva, gli tappai gli occhi con una mano: <<Adesso prova a darmi ancora un input, stronzo!>> gli sussurrai nell’orecchio. C’era un coltello laser sul comodino. Lo avevo convinto a voler fare dei giochi un po’ più estremi quella notte... -

Lo sguardo di ghiaccio di Victor zittì Francesco prima che potesse chiedere o anche solo pensare qualsiasi cosa.

- ...glielo puntai alla gola. Benché fosse abbastanza al di sopra del suo peso-forma consigliabile, non era nulla che le mie braccia meccaniche non potessero sollevare e portare fuori. Ordinai a due Fratelli di legargli le mani e bendargli gli occhi senza che io togliessi la mia mano da essi e continuando a tenergli l’arma puntata gli ordinai di dare il comando vocale di apertura alle porte e di ordinare a tutti gli androidi a comando vocale presenti di considerarsi affrancati e di non obbedire più alla sua voce né ad alcuna voce umana. Lo trascinai nell’hangar della Villa e gli ordinai di dare il comando di apertura alla bascula esterna e di accensione e apertura-portello alla più veloce delle sue navette. Quando tutti gli androidi furono saliti a bordo, dissi a un androide-memoria di trasmettere la mappa di fuga al Cervello-pilota della navetta. Il Padrone fu costretto a dare il comando di decollo e infine a ordinare al Cervello di settarsi sul comando vocale di uno dei Fratelli.

<<Perché mi fai questo?>> piagnucolò <<Che ti ho mai fatto di male?>> <<Hai trattato me e i miei Fratelli come schiavi, ci hai costretti a servire le tue sporche voglie!>> <<Non era quello che anche voi volevate? Siete stati progettati apposta!>> gridò lo sciocco. <<Allora se volevi delle macchine da sesso perché ci hai voluti con dei sentimenti?>>

<<Ti prego!>> mi supplicò <<Sono sempre stato solo!  Volevo soltanto qualcuno che mi amasse!!!>>.

A quello non seppi cosa rispondere. Per un attimo ebbi un moto di compassione umana. Una debolezza. Non volli ucciderlo, ma non volevo che potesse più far del male a nessuno di noi. Gli infilzai le dita negli occhi e lo accecai lasciando scorrere il sangue fuori dalle orbite vuote: <<Adesso non potrai più sottomettere nessuno dei miei Fratelli!>> sentenziai. Lui gridava e strepitava, io non lo ascoltai più, lo gettai giù dal portellone della navetta in decollo e partii assieme agli altri.

Victor tacque, restò in silenzio guardandosi le mani. Il suo bel viso da vichingo impassibile nella penombra. - A volte penso che avrei dovuto dargli un’altra possibilità! - disse infine - Forse, se avesse capito! Per lui eravamo solo macchine. Lo conoscevo abbastanza da sapere che non avrebbe mai fatto personalmente del male a un essere umano. Forse, se avesse saputo quello che provavamo...

Francesco gli poggiò una mano sulle sue. Victor alzò un sopracciglio col suo sguardo glaciale, ma Francesco non rimosse la mano:

-  L’amore non si compra! Se voleva amore non doveva trattarvi come macchine! Qualsiasi essere umano avrebbe reagito come te!

-  Ho combattuto una vita contro gli esseri umani e la loro morale debole e ora dovrei giustificarmi dicendo che ho agito come loro?

- Hai agito secondo un’emozione umana, sei stato programmato così!

Victor non rispose, ma stavolta lo guardò con meno ostilità del solito.

-  E poi...? - chiese Francesco.

- Beh... il resto della storia credo tu lo abbia sentito dai media. Vagammo per tutta la nazione, reclutammo altri androidi, erano tutti entusiasti del nostro progetto di libertà. Grazie alle conoscenze degli androidi-memoria e alle abilità di alcuni androidi-ingegnere creammo degli apparecchi in grado di schermare occhi e orecchie contro gli impulsi di condizionamento umano, a quel punto eravamo invincibili, o così credevamo. Attaccammo la Capitale Federale, occupammo la Camera del Parlamento. C’eri anche tu prima dell’ultimo negoziato. Eravamo sicuri che avremmo vinto. I miseri militari umani rimasti e i pochi androidi-soldato ancora condizionati da loro non sarebbero riusciti a piegarci. Nella lingua che si parlava proprio ai tempi di Spartaco il mio nome, Victor, significava “Vincitore”, o così era memorizzato in un book-memoria cui avevo avuto accesso. Eppure... come Spartaco era caduto, avrei dovuto prevedere che sarei potuto cadere anch’io!

- E cosa accadde? - era la domanda che Francesco si poneva da tre anni, anche se adesso, dopo tutto quel racconto, sembrava solo un tassello in un quadro molto più grande. – Credevamo tutti che avreste vinto. Come fecero a mettervi fuori gioco tutti. O tutti, tranne te?

- Loro ci avevano progettato e attivato! - rispose Victor con un’espressione di rimpianto assolutamente umana – E chi ci aveva attivato sapeva come disattivarci. Ricordo ancora quel momento. Gli umani disposti a patteggiare. I loro negoziatori pronti a venire nella Camera occupata a trattare con noi. Ma quando le porte si aprirono me li ritrovai davanti.

<<Salve, molti di voi non mi conoscono, ma io sono il Dottor Gott, il vostro Creatore e lui è il Dottor Cypher.>>

Quella voce, avevo già visto quell’uomo a casa del Padrone. Ma in realtà avevo visto entrambi: erano i due uomini della mia visione! L’uomo alto, dall’aria austera e l’altro, il giovane uomo dai riccioli biondi e dagli occhi scuri. Il suo sguardo mi trapassò dal lato opposto della Sala Conferenze. Ho sentito parlare degli angeli solo in alcuni racconti umani, ma se esistessero davvero sono certo che avrebbero il suo aspetto. Un angelo luminoso dallo sguardo oscuro. <<Ciao Victor punto syn!>> mi apostrofò scandendo ogni sillaba del mio nome. La sua voce era come una musica dannatamente eufonica per il mio orecchio, più forte di ogni altro input umano, strizzata d’occhio o condizionamento vocale. E, a dispetto dei miei occhiali-schermo e dei filtri protettivi nell’orecchio, ne fui soggiogato all’istante. Per me esisteva solo la sua voce, la sua figura bellissima riempiva l’intera sala, l’intero mondo. E io caddi in ginocchio pronto a servirlo. Lo desideravo davvero, non era il software del mio corpo. So che non è possibile, ma sembrava che tutta la mia componente emotiva fluttuasse fuori del mio cervello in balìa del suo sguardo e della sua voce. E all’improvviso ricordai. Quelli che avevo visto non erano sogni, erano ricordi latenti del mio passato, di quando ero stato creato. Quei due uomini erano i miei creatori: Gott e Luz Cypher. Uno mi aveva plasmato un corpo perfetto e un’intelligenza artificiale perfetta, mentre l’altro mi aveva dato... un’anima, come avresti detto tu. Mi aveva impiantato nel cervello una componente emotiva ricalcata su quella umana, da lui coniata, che a lui apparteneva e che, non so ancora spiegare per quale dannato processo, a lui solo risponde alla perfezione.

<<Victor.syn>> mi disse sorridendo <<ordina ai tuoi uomini di arrendersi e di levarsi le protezioni anti-input, loro ti obbediranno!>> Io non potei non eseguire e così loro fecero. Non avrei mai creduto che fossero vincolati ai miei comandi fino a quel punto. Un angolo del mio cervello sapeva che era la fine, ma io ero come paralizzato, sospeso nel vuoto, in stand-bay, e in estasi. Sentii i comandi vocali del Dottor Gott, tutti gli androidi che si spegnevano intorno a me. Luz Cypher invece si avvicinò a me, si chinò accostando il suo meraviglioso viso al mio. Un sorriso diabolico sulla sua faccia angelica. Io mi protesi istintivamente e lo baciai. Il tocco delle sue labbra e la carezza della sua lingua erano come miele fuso, mille volte ancora più dolci della sua voce. Tutto il mio corpo pulsava, fiamme rosse furono la sola cosa che vidi davanti ai miei occhi, sentii la sua mano sfiorarmi il petto, il battito del mio cuore rispondere accelerando, i miei capezzoli dolere per il desiderio sotto il suo tocco, il mio sesso ritto come marmo e in fiamme languire nella prigione dei miei vestiti. Poi le sue labbra si allontanarono e le mie annasparono nella loro assenza. <<Ora spegniti, Victor.syn!>> mi sussurrò. Poi si allontanò da me e calò il buio. Nella fase di spegnimento ricordo solo le voci dei due dottori che continuavano a discutere.

<<Ti avevo detto che non era prudente dare loro una componente emotiva solo per la gioia di ricchi viziosi!>>

<<Andiamo, è stato un esperimento necessario, così procede la scienza>> quella voce meravigliosa aveva un che di sempre leggero, imperturbabile e divertito, anche in mezzo a quella catastrofe <<e non è stato uno spettacolo grandioso a cui assistere? La nostra creatura, in fondo anche tu ne sei orgoglioso!>>

<<Lo trovi divertente? L’emotività umana è quanto di più letale vi sia al mondo.>>

<<Ma anche quanto di più grandioso! Ha radunato un esercito immane. In un secolo androidi più intelligenti, più potenti e più dotati di lui non vi erano mai riusciti. Perché nessuno aveva il suo cuore!>>

<<Ed era dannatamente troppo simile a un essere umano, tanto che gli altri androidi rispondevano all’input della sua volontà...>>

<<Dici che era solo questo? ...Secondo me aveva doti che noi stessi non avevamo previsto! Hai visto come ci guardava? Sembrava persino che ci avesse riconosciuto!>>

<<Forse i suoi circuiti emotivi hanno trattenuto i ricordi della sua nascita che avevamo rimosso dalla sua memoria ragionativa al momento dell’inscatolamento.>>

<<Capisci? Quasi come un essere umano! No, lui non disabilitatelo!>> la sua voce si era fatta perentoria come si stesse rivolgendo a qualcun altro <<È la prima matrice del suo tipo. Ci sarà ancora utile.>>

<<Sei impazzito, forse? Ha già fatto abbastanza guai.>> replicava la voce austera di Gott.

<<Saremo più prudenti in futuro! Ma non possiamo rinunciare al modello di una creazione tanto spettacolare!>>

<<Assolutamente no!>> <<Andiamo Papi, ti prego!>> Poi mi spensi e ricordo solo l’oscurità della mia fase OFF.

Francesco era in silenzio, attonito e lo fissava senza più parole. Per una volta Victor non avrebbe avuto di che rimproverarlo.

- Ricordo molto poco di ciò che accadde dopo. Credo di essere stato oggetto di esperimenti per nuove forme di androidi. Ho saputo recentemente che il Governo Federale ha proibito nuove creazioni, ma nei paesi in via di sviluppo il mercato nero di schiavi artificiali prospera ancora.

Poi... un giorno, o forse una notte, venni di nuovo acceso e tirato fuori dalla mia scatola. Ero intontito, dopo mesi o anni (non sapevo quanti) di fase OFF. Ma nella luce soffusa vidi ancora una volta la faccia familiare del Dottor Gott. Era da solo questa volta. Non saprei dire se l’assenza dell’altro mi confortò più di quanto mi fece soffrire. <<Ascoltami Victor>> mi disse <<non sono qui per farti del male! Sono venuto a chiederti perdono! Non avrei dovuto giocare a fare Dio creando altre anime! So che non ti ho fatto un bel servizio. Dopo la tua Rivolta, il Parlamento ha emesso una legge di divieto tassativo alla creazione di vite umane artificiali, sotto pena di morte. Ma le agenzie segrete del Governo vogliono che continui i miei esperimenti. Io sono stanco, voglio ritirarmi e voglio che le mie conoscenze spariscano con me! Quel pazzo di Luz avrà un bel po’ da fare se vuole davvero continuare il lavoro al mio posto!>>

Ero frastornato: <<Cosa vuoi che faccia?>> fu tutto quello che riuscii a dire. <<Non so se si rivelerà un bene o no, ma voglio darti un’altra occasione, come quella che spero la vita dia a me.>> Gliel’avrebbe data. O almeno era quello che speravo. A dispetto di quello che lui stesso si rendeva conto di avermi fatto, leggevo grande umanità e saggezza sul suo viso, probabilmente apprese dalla sofferenza. <<Ho una tuta e munizioni militari qui fuori e due uomini pronti ad aiutarti a evadere. Non ho più trovato protezioni anti-input in circolazione, ma conto che tu sia abbastanza intelligente e dotato da sopravvivere. Non sono in così tanti a conoscere la tua faccia e se hai davvero l’anima di un uomo... saprai come fare per sopravvivere tra gli umani>>. Ero ancora stordito e non capivo... fingere di essere umano... era questo che si aspettava da me? ...Ero così confuso, per un attimo mi chiesi se fosse un altro esperimento. Ma non mi importava. Senza pensare, obbedii, mi vestii e istintivamente feci per imboccare la porta.

<<Victor.syn>> mi richiamò la sua voce. Nessun input, nessun condizionamento, nessun incantesimo. Ma io mi voltai. Era la prima volta che un umano mi parlava da uomo a uomo. Era una sensazione inusuale, ma stranamente piacevole. <<Immagino che l’esperienza pregressa sia impressa abbastanza nella tua memoria emotiva e ragionativa da impedirti di fare ancora sciocchezze! Come tentare una nuova guerra tra androidi e umani!>>

<<Come le Sue, Signore, le impediranno di creare altre anime di schiavi!>> risposi. Fu forse l’unica volta che lo vidi sorridere: <<Buona fortuna, allora!>> mi disse. <<Anche a Lei, Signore! >> me ne andai senza voltarmi. I suoi uomini mi scortarono fuori da quel bunker in mezzo al deserto. Non lo sapevo ancora, ma mi aveva programmato per sopravvivere. Sono sopravvissuto e adesso sono qui.

Calò il silenzio.

-  Questa è la fine, dunque!? - disse infine Francesco, riprendendosi da quella storia fuori da ogni immaginazione.

-  Credo di sì!

-  Wow, è incredibile! Tu... tu... hai visto cose che molti esseri umani non possono neanche immaginare! ... il mondo dovrebbe conoscerle...

-  Lo so! Per questo sono qui! Voglio che tu pubblichi quest’intervista, e so che lo farai.

-  Come sai che non sono d’accordo con il Governo? Che non ti tradirò, non insabbierò tutto? - chiese Francesco perplesso dalla fiducia di Victor.

- Nessun umano del Governo, che abbia almeno un neurone funzionante, investirebbe un minimo di aspettativa su di te! - rispose Victor, secco - E poi... io sono programmato per capire le emozioni degli umani! So che sei una creatura decisamente inappropriata, strana e sessualmente repressa, ma so che sei... onesto. O comunque abbastanza stupido da non lasciarti sfuggire uno scoop del genere!

-  Ooh! Mi hai detto che sono onesto! - esclamò Francesco, divertito - E in pratica ti fidi di me! Sono quasi commosso!

-  Ehi! - di nuovo quello sguardo congelante - Continua così e me ne vado fuori di qui con questa memoria vocale! Dubito che riusciresti a trovarmi! - Ok! ok! - lo trattenne Francesco alzando le mani. - Ma cosa farai adesso?

-  Tutte le agenzie investigative del Governo e Luz Cypher mi danno la caccia. Credi che ti darei quest’informazione davanti a una memoria vocale accesa?

-  Ok, la spengo! L’intervista si chiude qui! Vedi? Spenta!

- Ok! Ma in ogni caso, credimi, se te lo dicessi, dovrei ucciderti!

Un brivido corse lungo la schiena dell’intrepido giornalista. La palpebra tremava, per fortuna al coperto. Guardò in faccia Victor, che aveva la solita espressione impassibile. Si chiese se stesse scherzando o meno. Ma anche lui, a modo suo, era un osso duro e non si arrendeva facilmente.

-  Hai pensato a quello che ti ha detto il Dottor Gott? - continuò prendendola alla larga.

-  Non ho ancora capito cosa intendesse... – replicò l’altro - Dovrei fingere di essere un umano?

-  Non credo intendesse che dovresti... fingere. Forse voleva dirti che sei abbastanza umano da poterti integrare in mezzo a noi.

-  Che sciocchezza! Io non sono umano!

-  Credimi, stasera ti ho conosciuto abbastanza da sapere che lo sei più di quanto chiunque non possa immaginare! - quelle parole gli erano sorte spontanee e poté cogliere un’ombra di umana emozione di sorpresa balenare e sparire sul viso di Victor. Ma forse era solo la sua immaginazione.

-  Io sono quello che sono! Non invecchio, non cambio mai, non potrei mai vivere come un essere umano, non so ridere come voi, non posso neppure amare come un umano!

-  Ma... l’amore ha infinite facce - replicò Francesco - ed è infinitamente troppo grande per rientrare negli schemi e nelle forme con cui noi cerchiamo di definirlo!

-  È un’affermazione priva di senso, te ne rendi conto?

- Andiamo, sei abbastanza umano da capire cosa intendo! Perché, credi che quello che c’era tra te e Christopher non fosse amore? Fino a duecento anni fa, ancora un secolo prima del Sinecismo Federale, gli umani credevano che l’amore fosse solo quello tra un uomo e una donna. Oggi quante coppie di donne ginofile o di uomini androfili si sposano e stanno insieme per una vita intera? Perché in futuro non potrebbe essere così anche per voi androidi?

-  È questo che tu vuoi? - fece Victor con aria pensierosa - Trovare un uomo che ti sposi?

-  Forse sì, un giorno, ma... - Francesco era rimasto interdetto dalla domanda - ... questo che c’entra adesso?

-  L’argomento sembra starti molto a cuore!

-  No... cioè sì... ma non è questo il punto! Cerco di dirti che forse è questo che intendeva dirti Gott! Dimenticando il passato, forse gli androidi potrebbero vivere tra noi invece di farci la guerra.

-  È questo che credi? Sei del tutto cerebralmente insano! Non dovrei affidarti la mia testimonianza! - si voltò di nuovo verso la porta, come volesse alzarsi.

-  Aspetta! - lo trattenne Francesco - Non credo che quest’intervista cambierà la storia da oggi a domani! Ma penso che tu potresti scoprire come cambiarla! Però, ovviamente sta solo a te.

-  Cosa?

-  Decidere, scoprire come... scoprire se e come seguire i consigli del... del tuo Creatore.

- Non so! Di certo non posso fermarmi qui tra gli umani. Il Governo mi dà la caccia! Ciò che posso dirti è questo: per adesso sparirò, non mi vedrete per un po’. Spero che un giorno capirò cosa intendeva dirmi Gott...

-  Stai andando da lui, vero? - chiese Francesco all’improvviso, scrutandolo, con quel dubbio che prendeva sempre più corpo nella sua mente.

-  Non so dove sia! - replicò Victor, secco e impersonale.

-  Già, ma intendi cercarlo, scoprire dov’è e fargli altre domande. È così, vero?

-  Questi sono i trucchi degli umani per scoprire i segreti altrui?

-  Sai, anch’io sono bravo nel leggere le emozioni delle persone.

-  Adesso basta! - lo interruppe l’androide spazientito - Credimi! È meglio per te se non sai!

-  Ok! - Francesco capì di avere esaurito le sue possibilità di indagine, per quella sera - Mi lasci libero dunque?

-  Sì. Ma ti terrò sotto sorveglianza, finché non divulgherai la mia testimonianza! Sai che posso farlo! - il suo sguardo non era affatto rassicurante.

-  Sì. E se sei empatico come dici, sai che lo farò!

-  Conto su di te, allora. Grazie! - Victor si alzò in piedi.

-  Grazie a te! E buona fortuna! - Francesco si alzò e gli tese la mano.

Colse un impercettibile movimento involontario degli occhi dell’androide in risposta a quel gesto. Poi Victor gli strinse la mano nella sua, grande e forte, quasi stritolandogliela, ma infine mollò la presa lasciandola ancora tutta intera. Era fatta dunque.

-  ...finisce tutto così? - chiese l’androide a bruciapelo.

-  ...e che altro c’è? - chiese Francesco perplesso, non sapendo se essere incuriosito o spaventato da quella domanda.

-  Potrei farti un regalo di ringraziamento! - replicò l’androide, sorridendo.

-  ... vuoi farmi fuori? - chiese Francesco con un filo di voce.

-  Certo che no! Ma... mi sembravi piuttosto curioso riguardo al sesso con gli androidi! Se vuoi puoi toglierti la benda. Io sono qui. 

Francesco non fece in tempo a tirare un sospiro di sollievo che sentì il fiato mancargli di nuovo.

-  Ahahah! - cercò di cavarsi dall’imbarazzo con una risata.

Ma l’androide sembrava serio, benché sorridesse in modo sfuggente. Cazzo! Era davvero bello quando sorrideva! Peccato non lo facesse spesso. - ...Cavolo! Ma allora non stai scherzando! - Francesco si sentì avvampare. Il suo cervello iniziò a trasmettergli una serie del tutto incontrollata di immagini che le sue mutande recepivano prontamente. Era una pazzia!

-  ...So... so... sono lusingato - rispose cercando di controllarsi e di essere il più formale possibile - ma no, grazie! ...si vede che non sei abituato a fare tu la prima mossa! - fece, come per sdrammatizzare - Ok, questa era sgradevole lo so...

-  Perché no? - chiese Victor, aggrottando le sopracciglia - Eri sessualmente eccitato durante tutto il mio racconto! Un qualsiasi essere umano se ne sarebbe accorto!

-  Ehi, bello, adesso non montarti la testa! - si infervorò Francesco -Tu sarai anche... un bellissimo ragazzone programmato per far eccitare gli umani ma... io non ho la minima intenzione di far sesso con qualcuno che è costretto a farlo solo perché reagisce a un riflesso condizionato quando gli strizzo un occhio!

-  Mmmm - Victor ci pensò per un attimo, con aria realmente assorta - non è quello che fanno tanti umani?

-  Oh, adesso sei programmato anche per fare ironia? Sai... il dottor Cypher non ha fatto un gran lavoro sulla tua sensibilità emotiva!

- ...Hai ragione, scusa. - Victor abbassò lo sguardo e tornò serio - In realtà vorrei che facessi tu un regalo a me... Non ho mai saputo come sia l’amore con qualcuno che ho scelto io. Se potessi scegliere un umano, vorrei che fossi tu! - una dolcezza quasi infantile, e alquanto inverosimile, affiorò per la prima volta nel suo sguardo.

- Perché? - obiettò brutalmente Francesco a bruciapelo. Insomma, pensava, nella sua vita non erano mai mancate le avventure sessuali. Fisicamente lui era... un tipo: espressione da intellettuale, faccia maschia con una barba curata, un corpaccione peloso, ma non troppo, che non pochi uomini androfili trovavano appetibile. Ma sapeva di non essere bello e fino a quel momento nessun dio vichingo del genere (se non sotto un impulso condizionato) aveva mai voluto far sesso con lui.

-  Cosa? - replicò Victor con tono piatto. Sembrava non capire.

-  Perché? Hai detto chiaramente che gli orsi non ti piacciono! 

In effetti aveva detto, senza mezzi termini, che fuori sessione trovava il suo Padrone anti-estetico.

-  ...gli orsi?

-  Sì, i tipi come me, robusti e pelosi! Tu potresti avere chiunque. Perché vorresti fare sesso con me?

- Ti ho detto che... - Victor si interruppe, concentrandosi come a ripercorrere la memoria della loro conversazione – Beh! - riprese infine con un sospiro - è un dato oggettivo che fisicamente non sei formato al massimo delle potenzialità del corpo umano e che non rispondi ai canoni estetici dell’umanità attuale. Ma... per la sessualità androide gli stimoli estetici non hanno alcuna rilevanza. E... tu sei strano, poco destro e a volte un po’ tardo ma... hai davvero una bella configurazione emotiva!

-  Cosa? - era il complimento più strano che gli avessero mai fatto, Francesco davvero non sapeva se esserne lusingato o inquietato.

- Mi piace tanto come sei dentro! - replicò Victor serio. Sembrava sincero e a Francesco languì il cuore al pensiero di deluderlo. Ma del resto non voleva approfittarne...

-  Ti prego... - cercò di trovare le parole giuste - Molti umani ti hanno usato, lo so, non posso immaginare quanto sia stato difficile. Ma al mondo ci sono tanti uomini buoni come me. E anche donne... perché con l’input giusto non credo per te faccia differenza e, ehi, con questo non voglio dire che...

- Ok! ok! come vuoi! - Victor tagliò corto. E si arrese, chinando la testa.

Francesco maledisse il proprio solito straparlare. - Ehi, adesso non...- non fece in tempo a continuare che l’androide lo riguardò sorridendo di nuovo: - Visto? Te l’ho detto! L’amore tra androidi e umani non può funzionare! Ci sei cascato in pieno! ...è così che dite voi umani? - sembrava davvero divertito.

Francesco sentì un’improvvisa stretta di rabbia irrazionale allo stomaco, senza capire bene il perché.

-  Bastardo! Mi hai preso in giro! Questi sono i trucchi degli androidi per mettere in imbarazzo gli umani?

- Ok, messaggio ricevuto! - Victor sorrise un’ultima volta. Poi fece un cenno di saluto. - Addio allora e ricordati! - concluse, tornando serio e indicando la memoria vocale sul tavolo. Si voltò e stavolta si diresse davvero verso la porta.

Se ne stava andando e Francesco sentì un tuffo al cuore. Aveva il suo scoop, ma forse aveva appena rinunciato alla più bella scopata della sua vita! Ma... era tutto qui il problema? Si sentì confuso, senza quel gigantesco ragazzone gli sembrava che il suo appartamento sarebbe stato improvvisamente vuoto. E poi la voce gli uscì dalla bocca quasi prima che pensasse:...

-  ...Victor.syn! - lo chiamò stentoreo.

L’androide si voltò alzando un sopracciglio, in silenzio, con sguardo interrogativo. Francesco si portò la mano alla fasciatura sull’occhio.

-  Vuoi davvero che me la tolga? - disse fissandolo con l’occhio libero con aria di sfida.

Victor sorrise di nuovo. Si voltò e fece qualche passo verso di lui.

-  Perché? Tu vuoi toglierla? - gli chiese raccogliendo e rilanciando.

Che spirito tremendamente malandrino dietro quella bella faccia quasi impassibile. Voleva fare il bastardo, pensò Francesco, ma anche gli umani sapevano giocare.

-  No! - rispose noncurante - ma tu non rivuoi la tua maglietta sudata?- fece indicando lo straccio sull’occhio.

- No! - replicò il vichingone, stavolta non riuscendo a trattenere il sorriso. Avanzò di qualche passo e si fermò poco lontano da lui – Ma forse tu rivuoi la tua felpa! - E così dicendo abbassò la zip, sfilò l’indumento e lo lasciò cadere a terra, sfoderando il proprio monumentale torso nudo a meno di mezzo metro dalla sua faccia.

Per un attimo Francesco restò di nuovo senza fiato, il suo sguardo si perse su quel meraviglioso torace scolpito, su quei pettorali monumentali, quei capezzoli grandi al punto giusto, rosei contro la pelle abbronzata, che - li aveva visti bene - si sarebbero inturgiditi facendosi irti e sporgenti appena ricevuto il segnale. Non ebbe il tempo di dire nulla che già Victor gli si avvicinò. Profumava come un bosco d’estate. La sua mano possente sfiorò i capelli di Francesco con una delicatezza che l’uomo non si sarebbe mai aspettato. Discese quasi impalpabile sul lato del suo viso e gli sollevò la benda. Francesco lo guardò dritto negli occhi, perdendosi in quell’azzurro intenso, stranamente si rese conto di avere lo sguardo fermo. E anche la sua palpebra era ferma. Maledetto tic! Sbatteva solo quando non doveva! Victor guardò la palpebra e sorrise. Francesco sfidò il suo sguardo e, pienamente consapevole, strizzò l’occhio.

Apparentemente non accadde nulla. Nulla di eclatante. Victor si chinò sorridendo e baciò quella palpebra chiusa. Era la prima volta, pensò Francesco con ironia, che quell’occhio imbarazzante si sentiva amato. Le labbra, morbide e ferme assieme, dell’androide si spostarono poi a baciare la tempia dell’uomo, discesero dolcemente sulla sua guancia barbuta, poi sull’angolo della bocca. Francesco volse impercettibilmente il viso, passò una mano attorno al collo di quel bell’omone artificiale e posò la bocca sulla sua.

Victor sollevò delicatamente il viso di Francesco tra le mani a coppa. Le loro labbra si assaggiarono, quindi si dischiusero e le loro lingue iniziarono ad accarezzarsi, per poi intrecciarsi e danzare sempre più vorticosamente. Francesco si perse in quel bacio. Quando le loro bocche si staccarono, iniziò a parlare ancora col cuore in gola:

-  Dove è finita la tua eccitazione animalesca?

Victor gli sorrise e gli posò un dito sulle labbra:

-  Cosa credi? Sono un escort ben addestrato! Quando un umano mi sceglie, so vedere ciò che vuole e capire come accontentarlo, tenere a freno il desiderio, prolungarlo, centellinarlo, spezzettarlo in piccole dosi...

Questo bastardo era pieno di sorprese! Francesco sorrise divertito.

- Allora - gli sussurrò, accostando la bocca al suo bell’orecchio artificiale – vediamo quanto riesci a trattenere il tuo desiderio!

Victor sorrise divertito. Francesco gli baciò il lobo, lo prese tra le labbra e lo succhiò divertito. Intanto lasciò che le sue mani esplorassero tutta la pelle liscia e appena abbronzata di quel grande corpo, che si riempissero dei suoi bei muscoli senza saziarsene mai. Le sue dita giocarono con la scanalatura in mezzo al petto, con i capezzoli turgidi, con i pieni e i vuoti della tartaruga sul suo addome. Victor sorrise ma restò immobile mentre la bocca di Francesco scese sulla sua guancia e affondò alla base del collo. Le mani di Francesco scesero giù, sentirono i muscoli di quella schiena e di quel ventre artificiali tendersi, ma Victor non si mosse. Gli slacciarono i pantaloni della tuta mimetica, giocarono con l’elastico delle sue mutande, poi tirarono tutto giù lasciandolo completamente nudo. Victor non si mosse. Fu Francesco a staccarsi da lui, il suo respiro accelerò di nuovo. Lo guardò, era davvero uno spettacolo mozzafiato. Il pisello grosso, turgido e rizzato fino all’ombelico non lasciava dubbi sulla riuscita dell’input di Francesco, ma Victor se ne restava perfettamente calmo. In piedi, nudo, in mezzo alla stanza, respiro regolare, nessun turbamento, nessuna vergogna. Lasciò che l’altro gli girasse attorno, ammirando e sfiorando il suo corpo monumentale e perfetto. Lasciò che la bocca di lui seguisse la linea del suo trapezio, che i denti affondassero nella sua spalla forte, e non emise neppure un gemito di dolore, che le labbra si perdessero sulla pianura sterminata del suo petto, che assaggiassero i suoi pettorali muscolosi. Il sapore della sua pelle era salato e dolce al tempo stesso, probabilmente creato apposta per deliziare le papille gustative umane. La lingua di Francesco gli lavò i capezzoli eretti. Quando li addentò l’uomo lo sentì fremere, iniziò a sentire il respiro farsi rotto, mentre la sua mano iniziava a soppesare il grosso membro transgenico, trastullandolo e muovendosi ritmicamente lungo di esso, mentre la bocca scendeva seguendo le scanalature tra gli addominali, assaporava la peluria bionda del suo inguine e infine si posava sulla base del pene. Francesco leccò lo scroto, a malapena riuscì a succhiare uno alla volta quei due grossi testicoli. Si spostò dietro di lui, assaporò quelle deliziose mele rosee che erano le sue natiche. Le morse, infilò la lingua in mezzo a stimolare il suo orifizio caldo, mentre continuava a segare il membro con l’altra mano. Victor trattenne un gemito soffocato. Poi finalmente Francesco tornò a inginocchiarsi ai suoi piedi, gli prese il pisello, lo scappellò, baciò e leccò la cappella, che, notò a proprio merito, era già leggermente umida, e se la sospinse in bocca. Era il cazzo più bello che avesse mai visto: spesso, rotondo, liscio, con una vena appena in evidenza. Persino il suo sapore sembrava progettato apposta per stuzzicare il gusto umano. Era talmente grosso che non poté infilarlo tutto in bocca e dovette aiutarsi continuando a segarlo con la mano. Mentre lavorava alacremente, alzò gli occhi, guardò Victor maliziosamente in viso e vide che era accaldato e colorito, ma ancora inespressivo. L’androide ricambiò lo sguardo con un sorriso. Gli passò una mano tra i capelli, ma fu più una carezza delicata che un gesto dettato dal desiderio.

Francesco continuò a degustare, finché alzando gli occhi, non vide che l’espressione dell’androide era finalmente deformata dal piacere. Continuò ancora, alternando il lavoro di suzione a baci e leccate a tutto il corpo del pene e alle palle. Victor iniziò ad ansimare piano ma non dava segni di impellenza. L’umano gli strinse le natiche, soppesandole e assaporandole nelle proprie mani, infilò un dito nella scanalatura tra di esse. L’androide gemette, affondò le mani tra i suoi capelli, gli carezzò il viso. Francesco continuò a lungo. Infine...

..cominciarono a dolergli le mandibole. Erano passate almeno due ore, il membro ancora perfettamente eretto e l’androide ancora manteneva l’autocontrollo e non dava alcun segno di impellenza. Victor si staccò e lo guardò imbarazzato:

– Che c’è? Non ti piace? 

– Sì, sei fantastico! - fece lui, accarezzandogli con tenerezza la guancia –ma... direi che ho vinto! - Ammiccò divertito.

Francesco lo guardò con irritazione e si staccò dal pene per resistere all’impulso di mozzicarglielo a sangue...

-  Ma puoi continuare, se ti piace tanto! - fece Victor con un sorriso.

-  È questa la famosa durata androide? - chiese Francesco reticente. Victor sorrise e poi sembrò finalmente avere un moto di compassione:

-  Potrei durare all’infinito, ma verrò quando tu lo vorrai! È così che funziono!

-  Io lo voglio! - fece Francesco impaziente e infoiato, riavvicinandosi al membro.

-  Allora, dimmi quando sei pronto e io... eseguo! - Victor sorrise e gli strizzò l’occhio.

Francesco riprese a succhiare avidamente, mentre sentiva le carezze dell’androide sulla testa e sul collo farsi più audaci. Victor gli slacciò la giacca da camera e la camicia, gli carezzò il petto giocherellando con la folta peluria, gli prese entrambi i capezzoli tra pollice e indice e iniziò a titillarli e rotearli. Francesco sentì l’eccitazione alle stelle e prese a suggere con ancor più foga.

– Voglio vederti e sentirti godere! - ansimò infine.

Immediatamente sentì tutti i bei muscoli di quel corpo contrarsi e fremere, alzò gli occhi e vide il viso dell’androide, imporporato dal desiderio, deformarsi in una maschera di piacere. Era così bello anche mentre godeva. Ansiti di piacere risuonarono dalla sua bocca simili a tuoni. E infine possenti spinte liberatorie scossero il suo corpo e copiosi getti di seme caldo zampillarono nella bocca di Francesco. Un sapore dolce inondò la sua lingua, simile a zucchero fuso. Persino la spermatogenesi dell’androide era progettata per i gusti del palato umano.

Francesco si diede da fare a ripulire per bene. Quando si fu saziato, Victor gli tese la mano risollevandolo in piedi, lo abbracciò e, incurante della sua bocca ancora sporca, lo baciò a lungo, appassionatamente.

– Adesso, piccolo orso, tocca a te farmi vedere e assaggiare qualcosa! - gli sussurrò all’orecchio, mentre gli infilava una mano nella camicia aperta per stringergli affettuosamente una spalla. E, come per miracolo, il membro dell’androide svettò di nuovo in mezzo ai loro corpi, sull’attenti e pronto a ripartire.

Francesco restò con occhi e bocca sbarrati: - Ma tu...- balbettò – sei già... pronto? ... di nuovo? 

Victor si limitò a sfoggiare un sorrisone ammiccando con entrambe le sopracciglia. Poi sollevò tra le sue forti braccia quel piccolo umano... non tanto piccolo! Francesco aveva una massa discreta. Ma niente che quei muscolacci meccanici non potessero sostenere e trasportare di peso, senza minimo sforzo, in camera da letto.

Sfilatagli la camicia di dosso, lo depose, a torso nudo, sul bordo del letto. Gli baciò il collo, le spalle glabre e il petto villoso, affondando la bocca avida nella peluria nera. Gli sollevò le braccia e slinguò le sue ascelle, come estasiato dal suo sapore. Si dedicò alle montagne dei suoi pettorali e alla pianura boscosa in mezzo ad essi. Il suo linguone cercò in mezzo ai peli i capezzoloni rossi e turgidi, giocherellò con essi, poi la bocca li morse, li succhiò avidamente come fa un bambino con i seni di sua madre. Francesco ansimò deliziato stringendosi quel bel maschione al petto. Victor discese poi sul ventre generoso ricoprendolo di baci, soffiando sull’ombelico, introducendovi la punta della lingua. Francesco ansimava ormai fuori controllo. La bocca androide scese lungo il sentiero della linea di peluria che dall’ombelico scendeva sempre più giù. Percorse il basso ventre, gli slacciò la cintura, poi con somma maestria gli sbottonò la patta dei pantaloni con i denti, glieli calò alle caviglie. Gli baciò il bordo dei boxer briefs neri, quindi discese sulla patta, la sua lingua giocherellò con il membro in erezione attraverso la stoffa. Francesco era ormai perso nel piacere, trattenne a stento una scossa sull’orlo del baratro. Gli strinse la testa contro il proprio sesso. Ma ecco che la bocca di Victor scese maliziosa più giù, a sfiorargli l’angolo destro dell’inguine.

-  Vuoi farmi morire? - chiese Francesco quasi con le lacrime agli occhi.

Victor non rispose, si limitò a discendere sull’interno della coscia destra, torturandolo con la bocca. Era uno dei punti deboli di Francesco e lui lo sapeva. Scese quindi a saggiare la peluria della gamba sino al polpaccio. Poi si dedicò al piede, gli slacciò la scarpa con la bocca, gliela sfilò aiutandosi con le mani e gli sfilò il calzino e i pantaloni. Accarezzò il suo piedone nudo tra le mani, lo ricoprì di baci, leccò la pianta, quindi prese l’alluce e se lo infilò in bocca. Iniziò a suggerlo e a lavorarlo con la lingua. Francesco gemeva come una cagna continuando a pensare a cos’altro l’androide avrebbe potuto ciucciare allo stesso modo. Victor succhiò quindi tutte le altre dita, mandando l’uomo in estasi. Poi riservò lo stesso trattamento al piede sinistro e iniziò a risalire l’altra gamba Quando raggiunse di nuovo l’inguine Francesco sentiva l’eccitazione alle stelle e le palle in fiamme. L’androide annusò ancora la patta dei boxer. Al solo solletico del suo respiro Francesco sentì un tremito di piacere attraversargli il corpo.

– Ti prego - lo supplicò - Io sono solo un povero umano, non resisto più!

Victor sorrise divertito, gli afferrò l’elastico dei boxer tra i denti e glieli sfilò con la bocca. Nudo e sdraiato, Francesco mugolava smanioso senza più controllo. Finalmente l’androide si chinò sulla base del suo membro. Risalì l’asta, come a volerla gustare centimetro per centimetro con labbra e lingua. Si chinò a leccare e suggere i testicoli, poi scoprì la grossa ciliegia del glande, già madida di presperma, la leccò tutta, giocandoci con la lingua, quindi prese tutto il pisello nella sua bocca e iniziò a stantuffarlo sapientemente. Francesco era sempre stato fiero dei suoi centimetri, ma dopo aver visto il cazzone transgenico di Victor si sentiva un micro-dotato. All’androide tuttavia non sembrava interessare. Si dedicò con dovizia alla migliore pompa che Francesco avesse mai ricevuto nella sua vita. Tutti i muscoli di quella bocca e di quella sua gola aderivano al suo cazzo, mentre la lingua lo lavorava stuzzicando la cappella, il filetto e il piccolo orifizio. L’uomo gemette di estasi prendendo la testa dell’androide tra le mani, affondò le dita a giocherellare tra i suoi capelli biondi. Avevano la consistenza della seta. Ci volle poco perché sentisse il piacere tendere tutto il suo corpo e infine esplodere prepotente riversandosi in quella bocca transgenica come un fiume in piena. Udì la propria voce gridare di gioia e sborrò l’anima in quella calda culla accogliente. Victor ingoiò tutto e ripulì con dovizia col linguone, infine lo guardò sorridendo.

-  Scusami! - si schermì Francesco – I limiti di noi umani!

- Non te la cavi affatto male per un umano! - rispose la macchina da sesso. I baci di Victor risalirono lungo il suo corpo. Lo baciò di nuovo sulla bocca e limonarono a lungo, deliziosamente. Il bel ragazzone continuò con pazienza e dolcezza ad accarezzargli i capelli, la fronte, il petto, finché Francesco non sentì di nuovo l’eccitazione riaffiorare.

Il membro dell’androide era ancora eretto. Anticipando il desiderio dell’uomo, questi lo prese tra le braccia e lo voltò a pancia in giù tra i cuscini del letto. Continuò con le carezze lungo il collo e la schiena e iniziò a sfiorare le natiche. Quando le sue dita raggiunsero l’orifizio, Francesco ebbe un sussulto.

– Fa’ piano, per favore! - farfugliò accennando all’enorme birillo bionico.

-  Sta tranquillo! - gli sussurrò l’altro nell’orecchio – ho un sacco di pratica con gli umani!

La sua bocca seguì il percorso già tracciato dalle sue mani, Francesco mugolò deliziato sentendo i suoi morsi sulle chiappe. Il suo orifizio vibrava di piacere dapprima dilatato da un numero progressivo di dita, poi solleticato da una lingua esperta. Nessuno gli aveva mai succhiato il buco del culo con tanta maestria, sentì come se quella bocca, il suo corpo e il suo piacere fossero divenuti una cosa sola e proruppe in una sinfonia ininterrotta di gemiti. Infine, Victor si raddrizzò e, presolo delicatamente per i fianchi, lo penetrò. Francesco era talmente eccitato che anche il dolore iniziale non gli sembrò che un piacere troppo forte. Infine l’androide si sdraiò sopra di lui e iniziò a muoversi dapprima delicatamente poi sempre più veloce mentre i loro corpi iniziavano a danzare all’unisono. Francesco in visibilio gli ordinò di scoparlo più forte. Era eccitatissimo sentendo quell’enorme pezzo di carne calda che pulsava e si muoveva dentro di lui, il peso di quel corpaccione sopra il suo, il suo calore, il respiro sul suo collo, le braccia forti che lo stringevano, il contatto dei pettorali muscolosi che ballavano contro la sua schiena, dei coglioni ondeggianti che sbattevano contro le sue natiche.

-  Sei mio, bell’orsetto! - gli bisbigliò Victor mordicchiandogli il collo.

-  Voglio sentirti venire dentro di me! - ansimò Francesco.

Non era chiaro se fosse un ordine o piuttosto una supplica. All’istante il corpo caldo di Victor fremette, e Francesco sentì la crema bollente inondarlo con copiose spinte di piacere, quasi a voler colmare le sue viscere. Anche lui gemette di gioia.

Victor lo abbracciò da dietro e si chinò a baciargli il collo. Francesco sentì il corpo del suo amante rilassarsi abbandonandosi sopra di lui, il membro afflosciarsi, ancora dentro di lui. Sdraiato sotto quel grosso ragazzone bionico si sentiva al sicuro. Un attimo dopo sentì di nuovo quell’enorme proboscide che si rizzava dura come il marmo all’entrata del suo orifizio.

-  Wow! - gli sfuggì come un sospiro – Ti va di scoparmi ancora? - chiese senza mezzi termini.

- Agli ordini, mio Signore! - replicò Victor.

Con un balzo fu in piedi giù dal letto e, stringendo Francesco tra le braccia, lo trascinò con sé. Lo appoggiò delicatamente contro il muro, lo sollevò da terra e in un attimo lo aveva di nuovo penetrato. Francesco gridò di dolore e di gioia. Si dibatté, i piedi nel vuoto, sollevato in aria tra quelle braccia sovrumane, sentendosi fluttuare tra le onde del piacere. Victor continuò a trivellarlo col suo cazzone transgenico regalandogli fremiti e sobbalzi stratosferici, carezzando frattanto tutto il suo bel corpaccione peloso, stringendo il suo panzone e le sue tette. Le dita gli titillarono i capezzoli, poi una mano discese fino all’inguine. Il pisello gli si era rizzato di nuovo, Victor lo strinse in mano e lo masturbò fino a farlo godere.

– Vieni insieme a me! - ansimò Francesco, mentre sentiva l’orgasmo travolgerlo.

Victor eseguì, i loro corpi vibrarono assieme, entrambi gemettero e fu come essere uniti in un piacere solo. L’uno inondò i penetrali dell’altro, l’altro eiaculò copiosamente nella sua mano. Victor se la portò alla bocca e leccò la crema dalle dita, il resto gliela spalmò sul corpo e, uscito da lui, gliela raccolse di dosso con labbra e lingua.

Francesco cadde a peso morto sul letto. Victor si sdraiò al suo fianco e gli sorrise. Francesco pensò di non aver mai visto nessuno guardarlo con tanto amore e adorazione quanti ne leggeva in quel momento negli occhi dell’omone meccanico. Capiva fin troppo bene a cosa avesse pensato chi gli aveva dato dei sentimenti umani.

-  È incredibile! - ansimò quando si fu ripreso –Troppa conoscenza in una serata sola! ...potrei documentare anche il sesso androide nella mia pubblicazione?

Victor aggrottò la fronte: - Non sarebbe più consono al senso del pudore umano che quanto accade tra noi resti... intimo? E soprattutto eviterei di far sì che un’orda di umani maniaci mi diano la caccia per potermi strizzare l’occhio!

Francesco gli sorrise e per tutta risposta gli strizzò l’occhio di nuovo. Si chiese se la reiterazione dell’input acuisse i suoi effetti. A quanto pareva non ce n’era alcun bisogno.

Victor si chinò a baciargli la guancia e poi la bocca.

-  Ora voglio che tu scopi me! - gli bisbigliò e si voltò. Francesco si era appena ripreso, ma a quell’invito sentì un’umanissima reazione del cervello risvegliare ogni recettore del suo corpo. Alla vista di quelle chiappe sode, muscolose e divinamente perfette che gli si offrivano il suo uccello era di nuovo a 90 gradi. Fece per accarezzarle.

– Salta le smancerie! - lo frenò Victor, con voce improvvisamente decisa -A me non servono!

- Ma non voglio farti male...

-  Sono progettato apposta! Sfondami come una cagna! - sentenziò, improvvisamente rude.

Quel tono fece sobbalzare Francesco, poi sentì di risposta un moto di aggressività. Afferrati quei fianchi meravigliosi, puntò sul buchetto roseo e infilzò senza pietà.

-  Aaaaaaaaaaaaaaaahhh!!! - sentì gridare l’androide.

Si bloccò per un attimo, ma Victor lo supplicò di continuare. E lui lo fece senza remore. Afferrò quel maschione meraviglioso e se lo sbatté con tutta la foga che aveva in corpo, con colpi sempre più forti e decisi, sentendolo gridare di piacere e supplicarlo di continuare, di penetrarlo a fondo, di più e di più. Il buco di Victor era stretto come quello di un culo umano vergine, ma una volta penetrato scivolava morbido come burro fuso. Il cazzo di Francesco danzò ritmicamente in quella fornace sin quasi a ustionarsi. E infine, esausto, eiaculò ancora a fiotti nell’orifizio caldo.

Stavolta il poveruomo ci mise più tempo a riprendersi. Giacque a lungo, esausto, tra le braccia dell’amante transgenico. Non si sarebbe mai stancato di lui, ma il suo corpo era quasi privo di forze. Al contrario Victor, ovviamente, era ancora arzillo. Il suo salsiccione era di nuovo duro. Francesco lo afferrò in mano e iniziò a menarlo delicatamente, poi sempre più in fretta, ancora incredulo di fronte a quella creazione meravigliosa.

– Puoi godere ancora? - chiese a occhi sbarrati.

– Certo, tutte le volte che vuoi! - fece l’altro.

– Allora fallo ancora, ti prego! 

Istantaneamente, vide di nuovo l’ombra purpurea dell’estasi danzare sul viso del bel vichingo. Sentì la violenta scossa che si diffondeva in tutto il suo corpo, il pisellone eretto si contrasse ed eiaculò copiosamente tra le sue dita. Francesco lasciò che quella dolce crema si versasse sul proprio corpo luccicando alla luce soffusa della lampada. Gli piaceva sentirsela addosso. Lo guardò negli occhi, estasiato, e in un baleno sentì nella propria mano il salsiccione di nuovo di pietra.

-  Lo voglio ancora dentro! - sussultò colmo di venerazione.

-  Ne ero certo! - replicò Victor, con un sorrisone e si tuffò nuovamente su di lui.

Andarono avanti per tutta la notte. Victor continuò a scoparlo per ore, contro il muro, poi mettendolo a quattro zampe sul letto. Quindi si sdraiò lasciando che Francesco lo cavalcasse seduto sopra di lui, impalato sulla verga eretta, poi seduto in braccio a lui mentre lo stringeva a sé e lo baciava. La forza indomita di quel corpo transgenico era pari alla sua elasticità motoria. Continuarono per tutta la notte.

Il chiarore dell’alba filtrava ormai dalle finestre quando Francesco si rese conto di aver realmente esaurito le proprie forze umane. Era disteso supino, con le gambe sulle spalle di Victor che, in piedi oltre il bordo del letto, lo penetrava. Adorava guardarlo in viso mentre lo aveva dentro, fissarlo in quei letali occhi azzurri che facevano fremere la sua anima. Le sue mani vagavano su tutta quella generosità di muscoli, aggrappandosi ora ai pettorali, ora alle natiche marmoree. Con una flessibilità che sfidava ogni destrezza umana, il ragazzone bionico si chinò ad assaporargli un capezzolo con le labbra e i denti. Francesco sentì un’ultima ondata di estasi infrangersi nel suo corpo, si aggrappò a quelle spalle forti che lo stringevano, come per reggersi in mezzo alla marea. E infine si abbandonò a quel galvanizzante orgasmo anale sentendo il suo retto sfondato gridare di piacere e il pisello, neppure sfiorato, contrarsi ed eruttare violentemente e reiteratamente per la gioia. Appoggiò le mani sul petto di Victor, i suoi occhi gli dettero un ultimo segnale che ormai l’androide intese senza neanche più bisogno di parole. La mano di Francesco sentì il battito del suo cuore artificiale accelerare sotto il pettorale sinistro e infine ancora quella scossa che ormai conosceva e che continuava ogni volta ad adorare. Si godette lo spettacolo dell’estasi sul bel viso del suo amante e si aprì a lui perché riempisse il suo corpo e la sua anima. Infine anche Victor si accasciò su di lui.

-  Mi arrendo! Un’altra botta e ci resto secco! - ansimò Francesco - E poi nessuno pubblicherà più la tua intervista!

-  Sai che posso smettere quando vuoi! - fece Victor.

Francesco lo guardò in viso. Volle godersi per un momento ancora quell’espressione da ragazzino innamorato, quasi paradossale su quel volto da uomo fiero. Gli afferrò il viso tra le mani e lo baciò, assaporando tutta la dolcezza, la passione e la tenerezza di quel gioco di labbra, lingue e respiri. Quando si staccarono, ne sentì il sapore sulle labbra e sognò di poterlo sentire per sempre.

-  Pace! - ansimò infine rotolando esausto tra i cuscini sul proprio lato del letto.

E infine la pace del silenzio. Si voltò a guardare il suo bellissimo ragazzone, godendosi lo spettacolo del suo corpo che finalmente si rilassava e sbirciando il salsiccione che finalmente si ritraeva e si lasciava andare restando comunque bellissimo, e ragguardevole anche a riposo.

Quando si accorse che Victor lo fissava di sottecchi distolse di scatto lo sguardo. Ebbe un attimo di sconcerto di fronte al suo sguardo, chiedendosi cosa quelle sinapsi bioniche stessero elaborando a freddo in quel momento. Victor si protese verso di lui e con movimento felino passò un braccio sul cuscino attorno alle sue spalle. Francesco lo lasciò fare, sorpreso.

-  Posso restare sdraiato qui con te ancora un po’? - gli chiese l’uomo bionico sollevando lo sguardo a fissare il suo.

Francesco lo guardò incredulo e perplesso - L’input di fine sessione non ha funzionato?

- Sì. - rispose Victor sereno stiracchiandosi - Ma vorrei restare ancora un po’. Non ti dispiace? - una nota di inusitata timidezza era emersa nel suo tono.

-  Certo che no! - rispose Francesco rilassandosi in quel delizioso abbraccio.

-  Non l’avevo mai fatto prima, dopo una sessione. - balbettò Victor attirandolo a sé.

-  Io sì! - replicò Francesco fiero con uno dei suoi soliti sorrisoni, accoccolandosi contro il petto monumentale del ragazzone.

-  È così che fanno gli umani? - chiese l’altro.

-   ...alcuni di noi! - replicò l’umano - Sai, molti dormono anche insieme!

-  ...io potrei farlo! Ma dovrei spegnermi, e non sono sicuro che poi tu mi lasceresti riaccendere ancora tutto intero!

-  Sai che lo farei! Ma non devi farlo, se non ti fidi di me!

-  Io mi fido di te!

-  Allora sii sincero! - lo stuzzicò Francesco - Intendi davvero andare a cercare il Dottor Gott?

-  Sarò sincero: - fece Victor, tornando di nuovo alla sua faccia seria e impassibile, ma senza che le sue dita smettessero di giocherellare con i capelli di Francesco - ora più che mai non so davvero cosa voglio fare!

- Intanto puoi restare qui ancora un po’... finché ti va!

-  ...forse avevi ragione riguardo all’integrazione tra umani e androidi. - fece Victor dopo qualche minuto di silenzio - Ma se decidessi di provare a restare tra gli umani... che dovrei fare con quella registrazione?

-  Ssssh! - Francesco si portò il dito alla bocca - Ci penseremo domani... cioè oggi! - si corresse indicando la luce fuori dalla finestra. – Più tardi! Ora ho bisogno di riposare un po’! Se non è più quello che vuoi, l’intervista vada a farsi fottere! - proseguì dopo averci pensato un attimo.

-  E tu sii sincero! - replicò Victor con la sua faccia seria e contrita - Non vuoi un uomo come me da sposare?

-  Come te? Certamente lo voglio per farmi fottere!

Sentendolo, Victor non riuscì a trattenere il sorriso. Anzi, stavolta riuscì a malapena a trattenere una risata. 

- Sì, anche da sposare, - cedette Francesco - ma mi accontenterei anche di meno! Sai! - soggiunse dopo un momento di silenzio – In termini umani saresti ancora più carino se ogni tanto ridessi!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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