Frontiere

 

Frontiere1

 

Il soldato fa cenno di fermarsi.

Friedrich accosta l’auto al bordo della strada. Lotte gli passa una mano tra i capelli, sulla nuca, sorridendo.

L’ufficiale del posto di blocco si avvicina, mentre Friedrich abbassa il finestrino.

- Dove state andando?

La risposta è ovvia, la strada porta soltanto a Schwarzberg.

- A Schwarzberg, vogliamo fare una gita con i bambini.

Dal sedile posteriore il piccolo Hans chiede:

- Mamma, vero che ci sono anche i cavalli?

Lotte si volta, sempre sorridente, e risponde:

- Certo, Hans.

L’ufficiale annuisce. Non chiede i documenti, è inutile: si tratta di una famigliola di puro sangue tedesco in gita.

- Potete proseguire.

- Grazie, signor tenente.

Friedrich rimette in moto. L’angoscia che lo attanagliava si attenua: non ci saranno più posti di blocco.

Lotte si volta di nuovo verso Hans:

- Sei stato bravissimo!

Hans sorride, tutto contento del complimento. Eric non dice nulla. È più grande di Hans, ma è di carattere più timido, non riesce a sostenere una parte. E poi è molto affezionato a sua madre, non se la sentirebbe di chiamare “mamma” questa donna che ha visto ieri per la prima volta nella sua vita. Per Hans è un gioco, non sospetta la gravità della loro situazione.

Friedrich guida con attenzione, ma la sua testa è altrove, il pensiero va a ciò che li aspetta. Riusciranno a passare la frontiera e ad arrivare in Svizzera?

Giunti a Schwarzberg, Lotte gli dà alcune indicazioni su come raggiungere un parcheggio. Scendono dall’auto e prendono un’ampia strada sterrata che sale sul fianco di una collina e poi si trasforma in un comodo sentiero. I bambini corrono in avanti, si fermano allo steccato di una fattoria ad osservare le mucche, fanno qualche domanda, soprattutto Hans. Eric è più silenzioso: si rende conto che ci sono problemi molto seri, è preoccupato.

Si fermano ai bordi del sentiero. Friedrich stende a terra la coperta ed i bambini si siedono. Dopo un po’, si mettono a dormire: si sono alzati molto presto, questa mattina. Lui e Lotte si spostano qualche metro più in là, in modo da poter parlare liberamente, senza perdere d’occhio i bambini.

Lotte guarda verso il paese. Le sue parole forniscono tutte le indicazioni necessarie, senza che nessun gesto possa far capire ad un eventuale osservatore di che cosa sta parlando.

- Vede la casa più alta, davanti al laghetto?

- Quella con l’insegna?

- Sì, quella. Oltre la casa, sulla sinistra ce ne sono altre quattro, molto vicine, e poi una staccata, con il recinto di legno.

- Sì, quella allungata.

- Esatto, quella. Lì vive Siegfried. È l’unico che può accettare di farle passare il confine anche se lei non lo può pagare. Se riesce a convincerlo di averne davvero bisogno. Nessun altro lo farebbe.

- Fa passare la gente gratuitamente?

- No, si fa pagare, parecchio. È il più caro, ma è anche il più affidabile. Non ha mai tradito nessuno ed ha sempre fatto arrivare tutti. Ce ne sono alcuni che se incontrano una pattuglia scappano via, lasciando quelli che accompagnano a cavarsela da soli. Diversi sono stati catturati. Quest’inverno una coppia più anziana si è persa nel bosco e li hanno ritrovati morti alcune settimane dopo. Inoltre Siegfried è uno dei pochi che accetta di portare i bambini.

Friedrich guarda i piccoli e sente un brivido lungo la schiena.

- E perché non dovrebbe farmi pagare?

- Perché lei non può pagare. Deve solo essere sicuro che lei ha davvero bisogno di aiuto e che non ha niente. Ha già avuto a che fare con spie che si fingevano ebrei od oppositori in fuga, ma non è mai cascato nella trappola. Però è diffidente. Se non lo fosse sarebbe in prigione.

Friedrich annuisce. È la sua unica speranza di salvezza. Non ha molta scelta.

Lotte prosegue:

- Adesso aspettiamo qui fino a che i bambini si svegliano; più riposano, meglio è: dovranno passare buona parte della notte a camminare. Mangiamo qualche cosa e nel primo pomeriggio scendiamo da quella parte. Lei si ferma con i bambini davanti alla casa, io proseguo per la strada. Lei bussa alla porta. Le aprirà Siegfried Grosstein. Lei chiede se può parlargli da solo un momento e poi… si affidi completamente a lui. 

- E se non mi crede?

- Nessun altro potrebbe aiutarla. Posso aspettarla all’auto e possiamo dirigerci verso Friburgo, dove nessuno la conosce, ma attraversare il Reno non è facile. Nella sua situazione non ci sono altre vie d’uscita.

Friedrich annuisce. Non è solo un ebreo che cerca di espatriare clandestinamente. È un ebreo ricercato. Ed ogni minuto che passa, la sua situazione peggiora. Fortunatamente ha previsto l’arrivo della tempesta ed ha preso per tempo i contatti con le persone giuste. Ma davvero, come ha detto Lotte, non ci sono altre vie d’uscita. La sua foto verrà diffusa nelle prossime ore. Magari già oggi al posto di blocco che hanno superato qualcuno porterà la foto di un ebreo in fuga con due bambini. No, di tre ebrei in fuga, perché per la legge anche i suoi figli lo sono. Friedrich non è un criminale, non è un cospiratore, non ci saranno grandi cacce all’uomo. All’uomo… per quelli lui non è neanche un uomo, è poco più di un animale.

 

Nel pomeriggio scendono seguendo un altro sentiero. Davanti alla casa di Grosstein, Lotte si congeda.

- Farò passare due ore, poi, se quando torno all’auto lei non c’è, me ne andrò. Buona fortuna.

- Grazie, Lotte, grazie di tutto.

Lotte sorride, accarezza i bambini sulla testa e scende verso il paese.

Friedrich ha paura. Sono in gioco la sua vita e quella dei bimbi. Ha fatto bene a portarli via? Sì, in quanto figli di un ebreo e di una mezzosangue sono ebrei anche loro. Christa, sua moglie, non potrebbe salvarli.

Il pensiero di Christa è una sofferenza continua. Il loro matrimonio è andato a pezzi da tempo. Ma perché denunciarlo? Friedrich conosce la risposta: paura. Anche la relazione con quell’ufficiale delle SS, certamente, ma soprattutto paura. Paura che si scoprisse che lui è ebreo.

Ed ora? Come lo accoglierà Grosstein?

C’è un recinto intorno alla casetta, ma il cancelletto è aperto. Friedrich si dirige alla porta. Bussa.

L’uomo che gli apre ha più o meno la sua età. Robusto, capelli, baffi e barba di un castano scuro, occhi di un azzurro molto chiaro. Lo saluta, scrutandolo con aria interrogativa.

- Buongiorno.

- Buongiorno. Scusi se la disturbo. Avrei bisogno di parlarle.

L’uomo aggrotta la fronte. Non si scosta dalla soglia.

- Di che cosa?

- Preferirei parlare in casa, se non le spiace.

L’uomo è diffidente, ma lo fa entrare.

Friedrich si rivolge ai bambini:

- Hans, Eric, rimanete qui davanti. Non vi allontanate.

L’uomo esce, va al cancelletto e lo chiude, in modo che i piccoli non possano uscire, poi fa cenno a Friedrich di entrare in casa e chiude la porta. Non gli dice di sedersi. Rimangono in piedi, uno davanti all’altro.

Friedrich non sa da che parte incominciare. Quest’uomo che lo osserva senza sorridere lo mette in soggezione. Nessun segno di cordialità da parte sua.

- Ho bisogno di aiuto. Devo raggiungere la Svizzera, con i due bambini.

- Non ci sono strade che portano in Svizzera, di qui. C’è un posto di frontiera a venti chilometri, ma deve tornare fino a Rheintur e prendere la strada verso Sciaffusa.

La voce è dura, ostile. Friedrich fissa l’uomo. Anche lo sguardo è ostile.

- Non posso passare per la strada. Io ed i bambini…

Friedrich china la testa. Vorrebbe andarsene, ma non ci sono altre possibilità per loro tre.

- … sono ebreo, signor Grosstein. E i bambini sono di sangue misto. Sono stato denunciato. Se mi prendono…

Non occorre continuare. Grosstein sa benissimo che cosa succede se lo prendono.

- Non ha la faccia di un ebreo. Sembra tedesco, più di me. E anche i bambini sembrano due magnifici esemplari di puro sangue tedesco.

Forse c’era una punta di ironia nella voce di Grosstein, quando ha pronunciato l’ultima parte della frase, ma potrebbe essere solo un’impressione. Friedrich prosegue, a fatica.

- Ci siamo sposati nel 1929… Quando sono cominciate le persecuzioni, abbiamo cambiato città ed io ho nascosto la nostra identità: il mio cognome è tedesco. Sono riuscito a far credere di essere tedesco. I bambini non sono stati circoncisi, mia moglie non voleva e poi, quando Hitler ha preso il potere... no, c’erano già abbastanza rischi.

- E allora qual è il problema?

- Mia moglie mi ha denunciato.

L’uomo lo guarda dubbioso: è evidente che non gli crede. Friedrich riprende a parlare, cercando di spiegare, anche se non è facile, anche se la verità non è convincente. Ed è umiliante.

- Il nostro matrimonio era in crisi da tempo, lei si è innamorata di un altro, un militare, un nazista convinto, e poi… non ce la faceva più a vivere con la paura, paura che si scoprisse che aveva sposato un ebreo, che i suoi figli non sono di puro sangue tedesco.

Friedrich lancia un’occhiata fuori dalla finestra. Eric e Hans giocano tranquilli. Domani potrebbero essere… Friedrich rabbrividisce.

- Sua moglie avrebbe denunciato lei ed i suoi figli! E io dovrei crederle? Senta, non so perché ha scelto me per raccontarmi queste storie, ma non mi interessano. Se vuole raggiungere la Svizzera, si accomodi, ci sono tanti sentieri per la montagna…

Friedrich abbassa gli occhi, sconfitto. Avverte tutta la sua impotenza.

- Signor Grosstein, tutto quello che le ho raccontato è vero.

Grosstein lo guarda negli occhi. Poi la replica arriva secca, una frustata:

- Si cali i pantaloni.

Friedrich lo guarda. Gli sembra che gli manchi il respiro. Chiude gli occhi. Li riapre. Guarda fuori dalla finestra i suoi figli. Apre la fibbia e slaccia la cintura. Abbassa i pantaloni e le mutande.

Grosstein si avvicina. Si china e gli osserva con attenzione il pene. Annuisce.

- Sì, proprio un cazzo da giudeo.

Friedrich ha le lacrime agli occhi. Tira su mutande e pantaloni, si volta e, senza dire una parola, si dirige verso la porta, mentre chiude la fibbia della cintura.

- Si fermi!

Non è un invito. È un ordine. Friedrich si volta verso Grosstein. L’uomo ha cambiato espressione. Non ci sono più la diffidenza e l’ostilità di prima.

- Mi spiace, ma devo essere sicuro. La circoncisione è un elemento importante, ma la sua umiliazione era la conferma che mi mancava. Hanno già cercato di incastrarmi e se scoprono quello che faccio, la mia vita non vale più della sua.

Friedrich annuisce. Non riesce a rispondere.

- Si sieda, ora.

Friedrich ubbidisce. Gli sembra di essere esausto.

- Che bagagli ha?

- Nessuno, assolutamente nessuno. Non ho potuto portare via niente. I soldati mi aspettavano nel mio appartamento. Per fortuna mi ha avvisato un vicino: gli avevo chiesto di controllare, perché temevo che potesse succedere. Ero andato a prendere i bambini a scuola, come al solito, io insegno… insegnavo… francese… Ho solo il passaporto con me, quello lo tenevo sempre, vista la situazione… E…

C’è un’ultima cosa da dire, un altro peso da togliersi:

- … ho pochissimo denaro. Non posso pagarle quello che lei chiede, qualunque cifra sia. Questo è tutto quello che ho.

Friedrich tira fuori il portafogli, lo apre e mette i pochi biglietti di banca sul tavolo.

Grosstein annuisce.

- Meglio non avere bagagli. Già dovremo portare i bambini. Si riprenda quei soldi, che non le serviranno a molto, temo. Ha amici, parenti, qualcuno che possa aiutarla una volta giunto in Svizzera?

Friedrich scuote la testa:

- Nessuno, assolutamente nessuno.

Friedrich preferisce non pensare a quello che succederà dopo. Senza denaro in un paese straniero. Una cosa per volta. Non è ancora detto che ci arrivi, passare la frontiera non è così facile. Prosegue:

- Signor Grosstein, chi mi ha indirizzato da lei mi ha detto che lei è disponibile ad accompagnare senza richiedere pagamento, ma io intendo pagare se…

Grosstein lo interrompe bruscamente:

- Credo che questo sia l’ultimo dei problemi, no? Faccia entrare i bambini, ora.

Friedrich obbedisce. Grosstein controlla come sono vestiti i piccoli.

- Abiti troppo leggeri. È estate, ormai, ma le notti sono fredde. Vediamo un po’… due mantelli per loro li ho. E lei, non ha altro da mettersi?

Friedrich scuote la testa.

- No, non ho potuto passare da casa, non ho nulla…

- A lei posso dare una mia giacca. Le starà un po’ larga, ma non è un problema.

Grosstein prepara tutto. Dà le istruzioni necessarie per il viaggio, poi, dopo una cena leggera, si mettono a dormire.

I bimbi si addormentano subito. Grosstein anche: Friedrich ne sente il respiro regolare. Friedrich non riesce ad assopirsi. Rivive gli ultimi giorni. L’ostilità crescente di Christa, la sua paura, le loro aspre discussioni, quelle urla sussurrate, perché i vicini non sentissero. Friedrich era disposto ad andarsene, purché non succedesse niente ai bambini, ma Christa non si preoccupava per loro, Christa temeva per sé, perché aveva sposato un ebreo, perché aveva fatto dei figli con lui. Rivedeva continuamente le immagini delle sinagoghe distrutte, dei negozi devastati e saccheggiati, degli ebrei scannati per le strade. La paura le scavava dentro, ogni giorno più forte, soffocando la ragione ed i sentimenti. E di quell’ufficiale si era davvero innamorata? Friedrich si chiede se per Christa quel rapporto non sia soltanto un’ancora di salvezza, un modo per riscattare la colpa di aver sposato un ebreo.

E poi Friedrich pensa alle proprie manovre per assicurarsi una via di fuga. Erano riuscite grazie alla disponibilità completa di Paul Grünewald, che lo aveva avvisato della presenza dei soldati. Gli era andata bene: avrebbero potuto venire a prenderlo a scuola ed allora tutte le sue precauzioni sarebbero state inutili. Per fortuna avevano scelto di aspettarlo a casa. E adesso? Che cosa lo attende? Chi è quest’uomo che dorme nel letto di fianco al suo? C’è davvero da fidarsi? E poi? Che cosa succederà, dopo? Se arriveranno in Svizzera, come se la caverà? C’è possibilità di trovare lavoro per un professore di francese che viene dalla Germania?

 

Quando Grosstein si sveglia e accende un lume, Friedrich non ha chiuso occhio. Grosstein lo guarda e non dice nulla. Insieme preparano i bambini. Grosstein mette un cerotto sulla bocca di Hans, che è mezzo addormentato e non protesta, poi ricorda ad Eric che non deve aprire bocca per nessun motivo. Dice loro di rimanere in casa. Esce da solo, lasciando la porta aperta. Non c’è la luna, ma ci sono le stelle: si può vedere abbastanza. Grosstein arriva fino al cancelletto e ci si appoggia. Si accende una sigaretta. Se qualcuno fosse nelle vicinanze, potrebbe pensare che è uscito per fumare. A Friedrich questi minuti che passano paiono interminabili. Ascolta. Nessun rumore. Hans è appoggiato contro le sue gambe. Sta riaddormentandosi. Friedrich lo sostiene.

Finalmente Grosstein torna indietro, prende la sacca che ha lasciato dietro la porta e sottovoce dice di uscire. Chiude la porta, poi apre il cancelletto, li fa passare, chiude e rapidamente si infilano tutti nel bosco. Rimangono fermi un buon momento, nel buio fitto sotto gli abeti. Poi Grosstein si muove. I due piccoli seguono e Friedrich chiude la fila, come sono d’accordo. 

Camminano per un’ora. Hans si stanca presto e rallenta il passo. Grosstein se lo carica sulle spalle e procede spedito. Dopo un po’, anche Eric dà segni di stanchezza, anche se non vuole mostrarlo. Friedrich fa per prenderlo, ma Grosstein gli passa Hans e si carica Eric. 

La prima parte è in salita, ma su un pendio dolce. A tratti seguono un sentiero, in altri momenti tagliano per prati e campi. Non si sale molto, fortunatamente: ora che porta Hans sulle spalle, Friedrich sente la stanchezza crescere.

Ogni tanto Grosstein si ferma e si mette in ascolto. In quei momenti Friedrich ha il cuore in gola. Due volte sentono in lontananza dei movimenti, una volta anche delle voci. Friedrich ha l’impressione che le gambe non lo reggano. Grosstein gli prende la mano e gliela stringe. Quel contatto calma la sua angoscia.

Poi lasciano la strada sterrata che stavano seguendo e fanno un ampio giro nel bosco. Grosstein depone Eric e gli dice che per un po’ deve riprendere a camminare, perché dovranno chinarsi e passare sotto i rami bassi degli alberi: non è possibile portare qualcuno sulle spalle. Poi prende Hans, che dorme, in braccio. Friedrich lo lascia fare. Ha piena fiducia in quest’uomo che non conosce. Dopo un po’, prendono un sentiero. Grosstein si carica di nuovo in spalle Eric e passa Hans a Friedrich.

Friedrich sente la stanchezza che cresce: non è abituato a camminare in montagna e gli pare che Hans diventi più pesante ad ogni momento che passa. Non dice nulla e cerca di non rimanere indietro: ne va delle loro vite.

Ad un certo punto incominciano a scendere lungo un sentiero, piuttosto agevole. Friedrich spera che non manchi più molto, perché è al limite delle forze. Gli sembra che le gambe siano diventate pesantissime. È spuntata la luna, ma è solo una minuscola falce. 

È ancora buio quando arrivano a un fienile ai margini di un bosco.

- Entriamo qui.

Friedrich obbedisce. Grosstein estrae dalla tasca una candela, l’accende e controlla la situazione. Mette Eric sul fieno, poi prende Hans dalle spalle di Friedrich, gli toglie il cerotto dalle labbra e lo depone accanto al fratello. Si rivolge a Friedrich e gli indica un posto accanto ai piccoli:

- Si stenda qui.

Friedrich è felice di potersi infine riposare.

Grosstein spegne la candela e si corica vicino a Friedrich. Gli spiega:

- Da due ore siamo in Svizzera, mancano pochi chilometri per raggiungere la cittadina. È meglio non arrivarci la notte: ci possono essere guardie e sono piuttosto diffidenti da queste parti. Non accolgono volentieri chi scappa dalla Germania, soprattutto se senza soldi: più volte hanno rimandato indietro gente in fuga, con un pretesto o con un altro. Ma noi non abbiamo niente da preoccuparci. Se mai dovessero fermarci, lasci parlare me. Rimarremo qui alcune ore. Scenderemo in tarda mattinata, come se avessimo fatto una gita partendo il mattino presto. A quell’ora nessuno baderà a noi. Può dormire, ora, senza problemi. Non è più in Germania e non la rispediranno indietro.

Friedrich annuisce, anche se al buio Grosstein non può vederlo.

- Grazie.

Hanno passato la frontiera, grazie a Dio hanno passato la frontiera! Friedrich prova un sollievo infinito. Si dice che non riuscirà a prendere sonno, ma in pochi minuti la stanchezza ha il sopravvento.

 

Quando Grosstein lo chiama, è giorno pieno. Grosstein incomincia a ripulire gli abiti dei bambini dal fieno. Friedrich lo aiuta. Poi ognuno dei due si pulisce sul davanti e lascia che l’altro gli pulisca la schiena. Friedrich si sente turbato mentre le sue mani sfiorano il dorso ed i fianchi di Grosstein. È sempre stato attratto dagli uomini, anche se lo ha accuratamente nascosto: un giudeo finocchio nella Germania nazionalsocialista… Non ha mai avuto rapporti con maschi, quella è una frontiera che non ha mai attraversato, che non attraverserà mai. Una frontiera che gli fa paura.

Uscendo, Friedrich vede che il fienile è isolato, al margine di un ampio prato, vicino al bosco. Scendono tranquilli, come se stessero tornando da una gita. Il paese non è lontano. È molto grande, quasi una cittadina. Molti alberghi. Dev’essere un centro turistico.

Grosstein percorre alcune strade, fino a raggiungere una casa a più piani. Entra e la portiera lo saluta.

- Buongiorno, signor Grosstein. È tornato?

- Buongiorno, signora Zumthor. Sono tornato per accompagnare mio cognato. Si fermerà qui quest’estate, i bambini hanno bisogno di un po’ di aria di montagna.

Grosstein fa le presentazioni. Friedrich saluta, mentre si chiede che cosa intende fare Grosstein, che sembra aver deciso anche per lui, senza consultarlo. Ma quali possibilità di scelta ha Friedrich? Qualunque aiuto gli offra Grosstein, è benvenuto.

L’appartamento comprende una sala abbastanza ampia e due camerette molto piccole, ognuna con due letti vicini, oltre al bagno ed alla cucina.

- Per questa sera dovremo arrangiarci. Io parto domani notte e le lascio libero il campo. Questo appartamento è in affitto, pagato fino alla fine di settembre.

Friedrich vorrebbe chiedere, ma non osa. Potrà vivere in questo appartamento per i prossimi mesi? Sarebbe una meraviglia. Un problema in meno. Un tetto per i bambini e per sé, mentre si cercherà un lavoro.

- Si sieda sul letto. Devo parlarle.

Friedrich ubbidisce.

- Tra poco andremo in banca a depositare del denaro, che le servirà per vivere nei prossimi due mesi. Io verrò alcune volte, di solito quando accompagno altre persone: mi fermerò a dormire, ma non porterò nessun altro in questa casa. Per la fine dell’estate lascerò la Germania.

Friedrich lo guarda interrogativamente.

- La guerra scoppierà presto ed io non intendo combattere per una banda di criminali assassini. Ho messo da parte una certa somma e sono in trattative per vendere anche la mia casa. Intendo stabilirmi in Svizzera. Non qui, ma questa sarà la prima tappa.

Grosstein fa una pausa.

- Lei ha due bambini piccoli e poco denaro. Qui conosco diverse persone. Metterò in giro la voce che lei è disponibile a dare lezioni di francese. Ma i soldi che le lascerò saranno comunque sufficienti a comprare il necessario per vestirsi e a vivere decentemente fino alla fine di settembre. Poi, se non ci sono problemi, se non vengo arrestato, sarò anch’io qui e vedremo il da farsi.

Friedrich è rimasto senza parole. Guarda Grosstein, che ha conosciuto ieri, a cui non ha potuto neanche pagare l’attraversamento del confine e che ora gli dà i soldi necessari per vivere.

- Perché fa questo?

Grosstein alza le spalle.

- Una volta mi hanno detto che sono pazzo. Forse è vero…

Più tardi escono con i bambini e vanno in banca. Grosstein presenta Friedrich come suo cognato ed aprono un conto intestato a Friedrich, da cui potranno attingere entrambi. Grosstein vi deposita una somma consistente, in franchi svizzeri.

La giornata è piena: c’è da fare un po’ di spesa per mangiare, da comprare il vestiario necessario, da contattare la donna che veniva a fare le pulizie una volta la settimana ed adesso verrà tre volte per i lavori domestici, da spiegare a Friedrich ed ai bambini molte cose sul paese e su come comportarsi. Grosstein gli dice che devono darsi del tu, visto che vogliono far credere di essere parenti.

La sera è Grosstein a preparare la cena: in cucina se la cava molto meglio di Friedrich. Poi decidono di coricarsi, prima ancora che sia buio: le giornate di fine giugno sono molto lunghe, ma loro sono tutti esausti.

Nell’appartamento fa caldo. Mettono a letto i bambini. Grosstein ci sa fare con i piccoli: ha già conquistato sia Hans, sia Eric. Dà loro il bacio della buonanotte con molta naturalezza e loro due ricambiano:

- Buonanotte, Siegfried. 

Anche Friedrich li bacia e li accarezza, mentre pensa a quanto sentiranno la mancanza della madre. Sarà dura per loro.

Poi passano nella loro camera. Friedrich si toglie pantaloni e camicia e si stende sotto il lenzuolo. Grosstein si spoglia completamente, dandogli la schiena, e si mette a letto, senza coprirsi. Dice solo:

- Non sopporto il caldo.

Gli augura la buona notte e si addormenta quasi subito. Friedrich, per quanto stanco, non dorme. Dalle imposte filtra un po’ della luce della sera. Guarda il corpo nudo di Siegfried Grosstein, steso su un fianco, rivolto verso la parete opposta. Un corpo robusto, forte, le natiche pelose, la schiena larga. Il desiderio si accende improvviso, impetuoso. Friedrich prova vergogna. Si volta dall’altra parte, cercando di scordare il corpo steso accanto al suo, ma il respiro regolare che sente lo turba, profondamente, ed il desiderio gli brucia dentro. Nonostante la stanchezza della notte in cui ha dormito poco, la tensione ancora forte, le preoccupazioni per il futuro, nonostante tutto questo, il desiderio brucia.

Il cielo diviene sempre più scuro e nella camera scende il buio più completo. Friedrich è voltato contro il muro, ma gli sembra di vedere ancora davanti a sé quel corpo che è steso vicino al suo, di cui sente il respiro.

 

Quando si sveglia, il mattino successivo, Siegfried Grosstein è già in piedi, vestito. Friedrich ne è contento. Quel corpo nudo, che ha visto solo di schiena, lo ha turbato profondamente.

Passano buona parte della giornata insieme, Siegfried porta a spasso i bambini e gioca con loro. In serata parte, come se volesse fare una passeggiata: attraverserà la frontiera durante la notte. Friedrich si chiede se non corra qualche rischio, anche se è da solo. D’improvviso si scopre in apprensione per quest’uomo che ha conosciuto l’altrieri.

Nei primi giorni i problemi sono molti e Friedrich ha parecchie preoccupazioni. Sono soprattutto i due bambini a dargli pensiero: sentono la mancanza della madre, per quanto Christa negli ultimi tempi non fosse certo molto affettuosa con loro; inoltre non hanno amici, non conoscono nessuno. E poi ci sono i dubbi sul futuro. Friedrich riesce a procurarsi qualche allievo a cui dare lezioni di francese, tra i numerosi villeggianti: Siegfried Grosstein ha diversi conoscenti che hanno sparso la voce. Di certo quello che guadagna non gli basterebbe per vivere, ma ci sono i soldi sul conto. Friedrich li usa con parsimonia: non sono suoi. E più volte si chiede perché Siegfried gli abbia messo a disposizione tanto denaro.

Siegfried torna dopo una settimana. Ha accompagnato un gruppo numeroso, di otto persone. Arriva nel primo pomeriggio e chiede se può stendersi a riposare un po’. A Friedrich la richiesta sembra assurda: Siegfried ha affittato la casa, paga lui le spese. Sono loro che sono suoi ospiti.

Friedrich dice ai bambini di non fare rumore e si sforza di non pensare a Siegfried che riposa, forse nudo, sul letto, oltre la porta chiusa. Due ore dopo Siegfried esce dalla camera. I bambini sono contenti di ritrovare “zio Siegfried” e Friedrich si chiede come sia possibile che gli si siano già affezionati. Friedrich ha una lezione e Siegfried si prende cura di loro, li porta in giro. Rientrano tardi e sembrano contenti, come di rado lo sono stati in questi giorni.

La sera, dopo cena, Siegfried e Friedrich parlano della situazione. Siegfried ha venduto la casa in Germania, entro la fine di luglio si trasferirà in Svizzera, anche se tutti pensano che intenda stabilirsi a Stoccarda. I controlli alla frontiera divengono sempre più pesanti. La notte precedente hanno incontrato quattro pattuglie. La guerra è vicina.

Quando si mettono a dormire, è buio. Friedrich si spoglia come tutte le sere e si mette a letto. Siegfried fa altrettanto. Questa volta Friedrich può vederlo nudo di fronte, un momento, prima che Siegfried spenga la luce: un corpo robusto, una peluria più leggera sul torace, più densa sul ventre, il sesso vigoroso. Friedrich si volta verso la parete e chiude gli occhi, ma l’immagine è nella sua testa, precisa in ogni dettaglio. Il desiderio lo assale nuovamente, violento.

Friedrich si sente a disagio, sporco. Desidera il corpo di quest’uomo, che gli ha salvato la vita, che permette a lui e ai suoi figli di non sprofondare nella miseria e nella disperazione. Che cosa penserebbe di lui Siegfried, se sapesse quanto lo attrae? Gli spaccherebbe la faccia? Lo insulterebbe? Lo scaccerebbe dalla casa? No, Friedrich è sicuro di no. Ma lo disprezzerebbe.

Il mattino dopo Friedrich si sveglia presto. Si volta verso Siegfried. Vede che non dorme. Ha le mani dietro la testa e Friedrich può vedere la fitta peluria sotto le ascelle.

- Buon mattino, Friedrich.

Friedrich ha la gola secca, deglutisce, fa fatica a rispondere a tono: il sesso di Siegfried non è a riposo, è un po’ gonfio, appoggiato di sbieco sul ventre. Siegfried pare non preoccuparsene. Ma quella vista turba Friedrich, che avverte il rapido affluire del sangue al suo uccello. Fortunatamente il lenzuolo lo copre. Friedrich solleva un po’ le ginocchia, in modo da evitare che la protuberanza diventi troppo visibile.

Siegfried lo guarda in un modo strano e Friedrich ha l’impressione che sospetti qualche cosa. Ma Siegfried gli chiede che progetti ha per il futuro. Friedrich non ne ha. Ha bisogno di un lavoro fisso, ma non sarà facile. Non può vivere solo delle lezioni che dà e quando l’estate sarà finita ed i villeggianti saranno andati via, dovrà trovare un’altra sistemazione, probabilmente cambiando posto. Sa che sta accumulando un debito e vorrebbe poter essere in grado di restituire i soldi.

Siegfried lo invita a non pensare ai debiti. Gli chiede se vuole far avere una lettera a sua moglie, più che altro per i bambini. Friedrich non ci ha pensato. Che cosa potrebbe dirle? Sa benissimo che è stata lei a denunciarlo, per paura. Alla fine decide che scriverà.

Lo fa in mattinata, con grande fatica. La informa che sono in Svizzera e che stanno bene. Non le manda il suo indirizzo, ma, su indicazione di Siegfried le dice anche come può contattarlo, attraverso un intermediario che sta in un’altra località.

Christa non risponderà mai.

 

Siegfried riparte nella notte. Nelle due settimane seguenti ritorna più volte. Accompagna persone in fuga. Sono sempre di più, la guerra si avvicina, la paura spinge molti a cercare scampo in altri paesi: ebrei che si sentono minacciati; uomini che non vogliono combattere; oppositori politici che temono le persecuzioni. Molti hanno denaro, potranno raggiungere altri paesi, alcuni progettano di stabilirsi negli Stati Uniti, altri in Francia o in Inghilterra. Qualcuno pensa di rimanere in Svizzera.

Quando Siegfried ritorna in paese, la sera lui e Friedrich parlano a lungo. Scoprono di avere diverse cose in comune. Acquistano una maggiore confidenza l’uno nell’altro, parlano della loro vita passata. Siegfried non è sposato. Viene da una famiglia benestante, ma ha scelto di diventare falegname, nonostante l’opposizione dei suoi: ama lavorare con le mani, anche se ha ricevuto una buona istruzione, gli piace leggere e ama la musica. Ama Wagner, soprattutto: un amore che gli hanno trasmesso i suoi genitori; non è un caso se lo hanno chiamato Siegfried. Friedrich ha l’impressione che Siegfried sia più un artista che un falegname: molti dei suoi mobili sono pezzi unici, scolpiti, che vende a caro prezzo.

Ogni volta che Siegfried parte per tornare in Germania, Friedrich si accorge di provare una paura crescente: sa che la vita di Siegfried è a rischio e si rende conto che si sta innamorando, per la prima volta, di un uomo.

Poco oltre la metà di luglio, Friedrich gli chiede se può stabilirsi da loro fino a quando non lasceranno il paese. Tornerà ancora in Germania, per far passare la frontiera a persone in fuga, ma ormai lo hanno individuato e lo cercano. Deve stabilirsi in Svizzera. Friedrich ripete ciò che gli ha già detto:

- È casa tua, Siegfried. Siamo noi gli ospiti.

Siegfried lo guarda. Friedrich ha la netta sensazione di aver dato la risposta sbagliata, ma non saprebbe spiegare perché.

- La casa è piccola, non voglio essere d’impiccio.

Friedrich cerca una risposta diversa.

- I bambini ne saranno felici. Li hai conquistati.

Siegfried annuisce, ma Friedrich ha la stessa sensazione di prima.

Siegfried parte due giorni dopo, nel pomeriggio: non torna più a Schwarzberg, ma ogni volta fissa un luogo d’incontro diverso con le persone che deve accompagnare. Come, Friedrich non sa: Siegfried fa parte di una rete di collegamenti molto vasta.

Friedrich sa solo che ha paura, sempre più paura. Ma Siegfried torna. Altri tre viaggi, ma in paese si dice che la frontiera è sempre più strettamente sorvegliata, che hanno beccato diversi che aiutavano i profughi a passare e che molti sono stati arrestati, alcuni uccisi sul posto. Ogni volta che sente una notizia del genere, a Friedrich pare che le gambe non lo reggano più. Siegfried potrebbe essere in prigione, potrebbero averlo ucciso. Siegfried. L’uomo che ama.

Ma Siegfried ritorna, ogni volta incolume. Una sera, quando Siegfried sta per andarsene, Friedrich non regge più l’angoscia che prova ad ogni partenza.

- Perché lo fai? Non hai guadagnato abbastanza?

Siegfried lo guarda e di nuovo Friedrich ha la netta sensazione di aver detto ciò che non doveva. È vero, lo sa benissimo. Siegfried si fa pagare, anche parecchio, da chi può permetterselo, ma aiuta anche chi non ha un marco. Friedrich non trova mai le parole giuste con Siegfried.

E di colpo la verità gli viene alle labbra:

- Ho paura, Siegfried, una paura dannata. Paura che ti succeda qualche cosa.

Siegfried gli sorride. Quel sorriso fa bene a Friedrich.

- Credo che sarà l’ultima volta, Friedrich. Mi danno la caccia ed ormai cercare di passare con me è un rischio grosso.

- Perché lo fai, allora?

- Perché nessun altro lo fa, Friedrich. Hanno rinunciato tutti. Troppi controlli.

- Non andare, Siegfried, non andare. Se ti cercano… Siegfried.

Friedrich non riesce più a parlare. Siegfried scuote la testa, prende la sua sacca, se la mette in spalla, poi gli si avvicina, ma si ferma ed esita.

Friedrich lo abbraccia e lo stringe disperatamente, poggiando il capo sulla sua spalla.

Siegfried gli accarezza la nuca, con una delicatezza che sconvolge Friedrich, poi si scioglie dall’abbraccio e gli dice:

- Tornerò, Friedrich. È una promessa. E…

Non completa la frase.

Friedrich lo guarda uscire. Dalla finestra lo vede incamminarsi verso le montagne. L’angoscia lo strazia, troppo forte perché la gioia di quell’abbraccio possa emergere: il cuore di Friedrich è gravato da un sentimento di morte.

Il pomeriggio e la sera sono un incubo di disperazione. Poi viene la notte. Il sonno di Friedrich è continuamente interrotto: ogni volta si sveglia con il cuore che batte forte. Poi non regge più. Si alza. Siegfried è in pericolo. Siegfried verrà arrestato, ucciso. Geme. Gli pare di impazzire. Apre le imposte della finestra. Notte nera, senza stelle, senza luna. Una buona notte per passare inosservati. Ma a Friedrich pare che in quel buio si nascondano mille minacce. Friedrich sta impazzendo di angoscia.

Friedrich torna a letto, ma non riesce a dormire. Il cielo incomincia appena a schiarirsi ad oriente.

E poi il rumore della chiave che gira nella serratura, qualcuno sta entrando in casa. Friedrich accorre. È Siegfried, la giacca aperta, la camicia macchiata di sangue, pallido. Friedrich sta per urlare, ma Siegfried gli dice, imperioso:

- Taci.

Si siede su una sedia, sfinito. Friedrich gli si avvicina. Trema, ma  non se ne accorge.

- Siegfried, Dio mio, Siegfried. Dove sei ferito?

Siegfried scuote la testa, sorride.

- Niente di grave, Friedrich. Niente di grave. Un colpo di striscio. Ma sono riuscito a farli passare anche questa volta.

- Vado a cercare un medico.

Siegfried ride.

- No! Non serve. Aiutami a pulire e disinfettare la ferita. È proprio solo un graffio.

Siegfried si toglie la giacca e poi la camicia.

Friedrich osserva la ferita. È vero, è molto superficiale, la pallottola ha appena scalfito il costato, a sinistra. Ma qualche centimetro più all’interno avrebbe colpito il cuore… A Friedrich pare di svenire.

Siegfried gli dà le istruzioni. Friedrich esegue, altro non saprebbe fare: è troppo sconvolto. Pulisce, disinfetta con cura. Quando ha bendato la ferita, scivola in ginocchio davanti a Siegfried e si mette a piangere disperatamente. La tensione atroce della notte si scioglie in lacrime che scendono ininterrotte.

Siegfried gli prende la testa tra le mani, gli accarezza i capelli, poi lo forza ad alzarsi, si solleva anche lui, lo stringe e lo bacia sulla bocca. Friedrich ha paura di fargli del male, di premere contro la ferita, ma il desiderio lo incalza e si abbandona completamente a quella stretta, che gli ridà pace. Friedrich poggia la testa sulla spalla di Siegfried e riprende a piangere. Trema ancora. Rimangono stretti, l’uno contro l’altro. Siegfried lo accarezza e lentamente le lacrime si asciugano, l’angoscia si dissolve, il tremito si arresta.

Passano in camera da letto. Siegfried chiude a chiave la porta. Si baciano ancora. Poi Siegfried incomincia a spogliarlo. Friedrich mormora:

- Siegfried!

- Non lo vuoi anche tu, Friedrich?

Friedrich annuisce. Lascia che Siegfried gli tolga il poco che indossava per la notte. Poi, incerto, con le mani che nuovamente gli tremano un po’, cerca di aprire la fibbia dei pantaloni di Siegfried. Si ferma. Guarda l’uomo che ama, lo guarda negli occhi.

- Ho paura, Siegfried.

- Di che cosa?

Friedrich scuote la testa. Non saprebbe dire.

- Che non sia vero.

Non è questo. Friedrich non sa di che cosa ha paura. Di ciò che avrebbe potuto succedere, del futuro, di non essere all’altezza, di questa prima volta. Gli sembra di dover attraversare nuovamente una frontiera, per raggiungere il territorio della sua libertà, dove potrà essere se stesso, dove potrà vivere con Siegfried, l’uomo che ama. Ma non è facile superare questa frontiera.

Siegfried capisce: già una volta lo ha guidato a superare una frontiera e lo condurrà anche questa volta. Gli prende di nuovo la testa tra le mani, lo bacia e gli dice:

- Ti amo, Friedrich. Per te è la prima volta, vero?

Friedrich annuisce, poi poggia il capo sul petto di Siegfried. Mormora:

- Amore mio. Amore mio. Tu non sai quanto ti desidero.

Siegfried si slaccia la cintura e si abbassa pantaloni e mutande. Sorride, un sorriso dolce, anche se la battuta è scherzosa:

- Puoi vedere da te quanto ti desidero.

Sì, l’uccello perfettamente in tiro di Siegfried non lascia dubbi. Siegfried si slaccia e si toglie anche gli scarponcini. Friedrich deve superare l’angoscia di questa notte, del vedere Siegfried ferito, il suo desiderio non ha ancora assunto contorni precisi.

Friedrich guarda il corpo di Siegfried, la benda che attraversa il torace.

- Siegfried, la tua ferita… Non è il caso che…

Siegfried sorride.

- Non cercare scuse. Hai visto anche tu che è un graffio da niente.

Ora Siegfried è nudo, davanti a lui, e Friedrich ha l’impressione di non aver mai visto niente di più bello. Ora è Siegfried ad esitare:

- Dovrei lavarmi. Sono tutto sudato…

Friedrich fa segno di no. Gli è difficile parlare. Gli pare di non riuscire più a stare in piedi. Ed allora si allunga sul letto e tende le braccia verso l’uomo che ama, che lo guiderà in un territorio inesplorato, oltre la frontiera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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